«Ora studiamo le nostre maschere dimenticate»

annuncio pubblicitario
46
L’ECO DI BERGAMO
MARTEDÌ 5 FEBBRAIO 2013
Cultura
C’era una volta Twitter
Ogni volta che un attore recita
non si nasconde, ma mostra se stesso
JEANNE MOREAU
[email protected]
www.ecodibergamo.it
a
«Ora studiamo
le nostre maschere
dimenticate»
Personaggi abbandonati, Sartirani risponde
Milesi: «Ma Bergamo capitale della cultura
per ora sta trascurando la commedia dell’arte»
VINCENZO GUERCIO
a Pedrolino, Scapino,
Truffaldino, Tabarrino… Personaggi bergamaschi dimenticati
della commedia dell’arte, su cui
ha rialzato il sipario, ieri, nelle
pagine dell’Eco di Bergamo,
Emanuele Roncalli. Possibile, o
alle viste, una riesumazione? «Le
tante e diverse informazioni presenti su L’Eco di ieri – commenta Claudia Sartirani, assessore
a Cultura e Spettacolo del Comune – sulla varietà delle maschere
nate in quella culla della commedia dell’arte che è Bergamo, ci
danno l’opportunità di divulgare
che proprio queste caratteristiche sono oggetto di espliciti progetti nel dossier di candidatura
per il 2019».
Il progetto 2019 «e alcune imminenti attività del neonato Laboratorio delle arti vanno attivando un recupero che dia nuova attenzione e rispetto a una
tradizione così ricca e importante». Nelle iniziative previste per
il Carnevale 2013, continua l’assessore, «abbiamo promosso,
con Fondazione Bergamo nella
storia e Ateneo, un intermezzo
teatrale in cui gli Zanni rivivono». Alla commedia dell’arte,
inoltre, è dedicata un’apposita si occupa delle faccende domesezione della Casa delle Arti, stiche. È sempre attento a sposa«per la quale collaboriamo con re le ragioni del padrone, anticiMarco Rota, uno dei massimi pa il maggiordomo». Invece lo
esperti in materia».
Zani e Arlecchino «erano spiriti
Sabato 25 maggio alle 21 è in più liberi, volevano far valere la
cartellone, al Sociale, La pazzia loro indipendenza». E i vari Pedi Isabella, canovaccio di Flami- drolino & C.? «Servivano a risolnio Scala messo in scena nel vere situazioni in scena, più che
1589. «Nello stesso mese orga- rappresentare l’identità di una
nizzeremo un convepopolazione. Appargno internazionale
tengono più alla storia
sull’arte e il nuovo
teatro che alla rapUmberto del
Teatro Popolare».
presentazione dell’iZanetti: dentità di una gente».
Come mai sono
scomparsi Pedrolino
vero che Pierrot
«Stiamo traeÈorigine
e compagni? «Le madal bergaperdendo masco Pedrolino?
schere si estinguono –
risponde il citato
darsi, attraverso
la nostra «Può
Marco Rota, attore e
successive evoluzioni
identità» all’estero. Ma, per alregista teatrale, anima
di Teatro Viaggio, che
tro verso, non ci vedo
da otto anni porta in Europa il molta attinenza con lo Zani, se
Festival internazionale “Zani et non per le comuni radici dalle fiArlichini” –. Quello che è soprav- gure della commedia dell’arte».
vissuto più a lungo è Arlecchino, Anche tutte le maschere tradiperché assurto a dimensione an- zionali, segnacoli, una volta, di
tropologica. Rappresenta lo spi- caratteristiche e identità regiorito dell’irrazionale. Per questo nali/municipali, sono quasi dipiace moltissimo ai bambini».
menticate. «Nelle scuole ho cerBrighella è «più interessante cato di riportare maschere e covariazione/evoluzione dello Za- stumi tradizionali. Ma sono perni. Smette di fare il servo libero e so in mezzo ad altri modelli culdiventa servo stabile di casa, che turali: la fatina, le tartarughe
Pablo Picasso, «Arlecchino con la chitarra», 1918 (particolare)
Ninja... I commercianti, per vendere, devono fare personaggi che
si vedono in tv».
«Negli ultimi tre anni, come
Provincia, abbiamo fatto varie
produzioni teatrali ex novo, da
testi originali quattrocenteschi,
con protagonisti gli Zani – aggiunge Giovanni Milesi, assessore provinciale alla Cultura –. Li
abbiamo portati nel circuito della Bergamasca». Quanto ad
aprirsi ulteriormente, «si farà:
per adesso c’è molto freno, perché queste maschere, per i bergamaschi, equivalgono a sentirsi presi in giro». Invece «hanno
un significato culturale fortissimo. Significavano il riscatto delle classi popolari rispetto ad aristocrazia e borghesia».
Nel Comitato per Bergamo
capitale europea della Cultura,
aggiunge Milesi, «la commedia
dell’arte è nettamente in secondo piano. Si lascia alle varie ed
eventuali: cosa che mi ha fatto
anche un po’ arrabbiare. In tanti anni siamo riusciti a portare la
commedia dell’arte al Sociale,
ma mai al Teatro Donizetti».
Progetti? «Il problema è lavorare tutti insieme: Provincia, Comune, attori, associazioni, università. Legame indispensabile
per partecipare in modo significativo, organico, al Carnevale di
Venezia. Ancora non ci siamo
riusciti, ma la nostra ambizione
è questa. Ce lo siamo detti, fra
istituzioni, più volte, ma quando
si arriva al concreto, c’è sempre
quello che la vede in maniera diversa».
Il Carnevale che perde terreno rispetto a feste allogene come
Halloween, Brighella e Pantalone che lasciano il posto alle
Winx: «Noi italiani stiamo perdendo completamente la nostra
identità – prorompe Umberto
Zanetti, noto studioso di cultura locale –. A partire dall’identità
linguistica, da cui procede tutto
il resto. I nostri nonni andavano
ai veglioni mascherati. I nostri figli fanno le street parade e la movida. Un mondo perduto. La cultura popolare è la coralità, non la
massa; oppure la cultura dello
studio, della fatica, dell’apprendimento. Con l’impoverimento
generale, è chiaro che si perdono
anche questi tratti distintivi.
Continuando a tagliare le radici,
il risultato è questo». E non ci
vanno di mezzo solo le maschere. ■
«Pedrolino e Scapino si sono persi
perché sono fuori dal tempo»
bre il nome d’arte di Arlecchino,
hanno affermato nella memoria
storica non solo un tipo comico
universale, ma hanno anche contribuito a diffondere nel mondo
la storia del teatro italiano e la
commedia dell’arte. Fenomeno
culturale che, come il teatro d’opera, sono patrimonio culturale
universalmente riconosciuto e
apprezzato proprio perché italiano. Ma di cui proprio noi italiani
non abbiamo coscienza».
che è quello televisivo. Attualmente la maschera regionale
(Stenterello, Meneghino) o quelle derivate dalla commedia dell’arte sembrano inusuali, fuori
del tempo. Perdiamo le nostre
radici, disconosciamo un patrimonio storico».
È vero che Pedrolino è l’origine del
grande Pierrot?
«Appartengono al patrimonio
culturale del teatro dei burattini,
ormai dimenticato».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
a
A
nna Maria Testaverde
insegna Storia del Teatro all’Università di
Bergamo.
Professoressa, che funzione teatrale avevano, e perché sono scomparsi i vari Pedrolino, Scapino, Truffaldino, Frittellino, e affini?
«Tutti i nomi citati indicano personaggi storici (attori) che effettivamente sostennero questi nomi “d’arte”, e che la storiografia
ha definitivamente identificato:
Scapino era Francesco Gabrielli;
Pedrolino era Giuseppe Pellesini; Frittellino era Piermaria Cecchini; Trivellino erano Andrea
Frajacomi e Domenico Locatelli. Nella storia aneddotica e nella
vulgata questi nomi, però, stanno a indicare più genericamente
un tipo comico. La verità sta nel
fatto che tutti i sopracitati sostenevano, nella propria compa-
gnia, la parte – ma si chiama “tipo fisso” – dello Zanni bergamasco (“primo Zanni”). Brighella, in
compagnia, era il “secondo Zanni”. Proprio per questo è stato dimenticato, perché secondario rispetto ad Arlecchino».
«È storia tutta da verificare e anche questa resta nell’aneddoto.
Fausto Niccolini, autore di una
celebre Vita di Arlecchino così lo
tramanda, ma non ci sono elementi sicuri».
La loro scomparsa che cosa significa,
in termini di (eventuale) perdita culturale?
«La loro scomparsa non è tanto
legata alla loro immagine e alla
loro maschera, ma a un fraintendimento storiografico, a uno scivolamento verso la storia popolare folkloristica più retriva, che
ne ha abbassato il valore e la qualità culturale, riducendoli a sopravvivenze adatte al Carnevale
per l’infanzia. Il che ne ha facilitato l’oblio. La storia dello Zanni
bergamasco, così come di quell’attore (Tristano Martinelli) che
nella parte dello Zanni rese cele-
Una volta, da bambini, la geografia
italiana ci restava in mente anche
grazie agli accostamenti regioni, o
città, e rispettive maschere. Oggi?
Meneghino, Brighella, Pantalone, Arlecchino e Gioppino
«I miei figli, quando hanno deciso di travestirsi, hanno scelto i
personaggi che erano più loro
pertinenti. All’epoca c’erano i
Transformer, Gig Robot, Ninja.
Perché appartenevano al “bagaglio” culturale del loro tempo,
Che fine hanno fatto altre maschere
tipicamente bergamasche, come il
«grigna poc» (che diventa poi un
bravo manzoniano) o il «mastica
broeud»?
Cosa fa e intende fare l’università
per il recupero e lo studio di questi
«tipi fissi»?
«In tredici anni di permanenza
ho lavorato molto con saggi, convegni, interventi. Sono usciti tanti libri: l’ultimo esito di una ricerca di una giovane dottoranda, tre
anni di ricerche finanziate dal
Comune di Bergamo, pubblicazione finanziata dalla Provincia:
Il tipo del bergamasco in commedia, (Lubrina, 2012). Significativo, no?». ■
V. G.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Scarica