La Repubblica islamica dell’Iran Religione e democrazia in un governo teocratico Storia di un paese millenario:dal califfato alla Repubblica L’Iran è un paese estremamente complesso,frutto di una storia millenaria,descritto dagli studiosi come “il paese cerniera tra il mondo arabo e il mondo asiatico”,nonostante sia diverso ed indipendente da entrambi. Erede della tradizione dell'impero persiano,l'Iran ha sempre mantenuto una spiccata individualità nel mondo islamico,grazie all'origine indoeuropea del suo gruppo etnico principale e alla compattezza dell'adesione alla confessione sciita.La conquista araba (634-651) inserì l'Iran nell'impero musulmano che si andava creando nei primi anni dopo la morte di Maometto,diffondendo nel paese l’Islam,che sostituì quasi del tutto l'antica religione. Nel 1925, con un colpo di stato,il comandante militare Reza Palhavi salì al potere,auto proclamandosi Scià di Persia.La presa del potere coincise con il tentativo da parte dell'Unione Sovietica di invadere il paese.Infatti,sin dai primi anni del XX secolo, dopo il crollo dell'Impero Ottomano e la scoperta di vasti giacimenti petroliferi,l'Iran era entrato nelle mire espansionistiche delle nazioni europee. Per tenere lontana sia l'ingerenza sovietica che quella britannica, Palhavi stipulò una serie di accordi con la Germania di Hitler.Ma allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale,per il suo supporto al regime nazista,le truppe Anglo-Sovietiche invasero l'Iran.Per garantire l'indipendenza del paese,Reza Palhavi, con l'appoggio degli Stati Uniti, fu costretto a lasciare il trono a suo figlio,che fu nominato imperatore nel 1941,mentre il paese era occupato dalle forze straniere, politicamente instabile e in ginocchio per la grave crisi causata dalla guerra. Nonostante la difficile situazione, la vita politica e culturale iraniana rifiorì.Nel frattempo in quegli anni prese piede il Fronte Nazionale,un movimento formato da nazionalisti,partiti di sinistra non comunisti ed ecclesiastici il cui leader era Mohammad Mosaddeq,avvocato di lunga carriera,ostile alla casa reale.Egli,dopo aver vinto le elezioni del 1951,come prima cosa nazionalizzò l'industria petrolifera e le tensioni tra il governo e lo Scià andarono peggiorando, fino a quando quest'ultimo non fu costretto a lasciare il paese e a cercare riparo in Europa. Successivamente,con l'appoggio della CIA,Stati Uniti e Gran Bretagna organizzò un colpo di stato ai danni di Mosaddeq, permettendo nel 1954 il suo rientro in patria. Un volta tornato nel suo paese,con l'aiuto dei servizi segreti statunitensi e israeliani, formò lo SAVAK (acronimo di Sazman-e Amniyyat va Ettela'at-e Keshvar, Organizzazione di Sicurezza Nazionale), una forza di polizia segreta, onnipresente a tutti i livelli della società iraniana.L'opposizione fu messa a tacere e il regime divenne sempre più duro. A partire dal 1963, lo Scià lanciò la “Rivoluzione Bianca”,un ambizioso programma sociale e politico che avrebbe dovuto trasformare l'economia e la società iraniana.In questo modo,il governo ridistribuì i terreni a 2 milioni e mezzo di famiglie, favorendo la scolarizzazione e migliorando le condizioni sanitarie nelle aree più rurali del paese. La riforma, però, non riuscì a portare sufficiente ricchezza ai piccoli coltivatori che si riversarono in massa nelle grandi città in cerca di fortuna. Inoltre,la Rivoluzione Bianca attirò a sé le ire degli ulema,i leader spirituali,contrari sia all’espropriazione dei latifondi amministrati dalla gerarchia sciita, sia alle innovazioni politiche (come il voto alle donne) estranee all’ortodossia islamica. Tra i capi religiosi che si opponevano alle politiche dello Scià, si fece strada Ruhollah Musawi Khomeini,insignito per la sua battaglia politico-religiosa col titolo di Ayatollah (in arabo, "segni di Allah", cioè il titolo più elevato per il clero sciita).Egli si distinse per essere un punto di riferimento dell’opposizione religiosa e per questo motivo venne costretto all’esilio. Khomeini fu confinato, prima in Turchia,Iraq e poi in Francia. Nonostante l'esilio del proprio leader,il movimento degli ulema fece sempre più proseliti,soprattutto tra i disoccupati che avevano lasciato la campagna per cercar fortuna nelle grandi città,ritrovandosi dopo il boom economico degli anni '60, ai margini della società. A cominciare dal gennaio 1978, in risposta alle accuse mosse contro Khomeini sui quotidiani della capitale,migliaia di studenti islamici scesero per le strade di Teheran.La risposta dello Scià, da tempo malato di cancro,fu piuttosto confusa. In un primo momento le milizie regali repressero nel sangue le proteste,causando un'inevitabile recrudescenza della violenza e dello scontento contro la famiglia reale.Ma nel 1979,quando le sue condizioni di salute si aggravarono,lo Scià cercò riparo negli Stati Uniti per ricevere un trattamento medico adeguato, lasciando il paese nel caos.Nonostante il diniego da parte di Washington (per non prendere parte diretta nella difficile situazione politica iraniana) l'episodio ebbe un'eco molto pesante all'interno del movimento rivoluzionario iraniano, e con molta probabilità fu la scintilla che portò al rapimento dei 55 diplomatici americani. Ad un anno dalle prime insurrezioni, Pahlavi lasciò l'Iran,per riparare prima in Iraq e poi in Egitto,dove morì. Intanto le proteste a Teheran continuarono,fino a quando il primo febbraio del 1979 Khomeini rientrò dal suo esilio.La presa del potere da parte dell'Ayatollah trasformò radicalmente il paese che divenne una teocrazia di stampo islamico sciita.I gruppi religiosi,inoltre,si sforzarono per eliminare ogni influenza occidentale all'interno della società,spesso utilizzando la violenza, e causando l'abbandono del paese da parte di molti intellettuali. Nel settembre del 1980, in seguito ad una disputa sui confini nella parte sud occidentale dell'Iran,il presidente iracheno Saddam Hussein lanciò un assalto militare alla provincia iraniana del Khuzestan,una delle zone col maggior numero di giacimenti petroliferi e popolata per lo più da etnie arabe.La guerra proseguì per 8 anni,con una serie di attacchi che raggiunsero sia Teheran che Baghdad e la conseguente perdita di numerosi civili da ambo le parti. Soltanto nel luglio del 1988, in seguito ad una serie di operazioni militari irachene che permisero a Saddam Hussein di riconquistare buona parte dei territori perduti durante il conflitto,Khomeini annunciò la fine delle ostilità, accettando la risoluzione delle Nazioni Unite. La risoluzione imponeva ai due Stati il ritiro nei rispettivi confini e l'osservazione del “cessate il fuoco”, che divenne effettivo dal mese di agosto dello stesso anno.Dopo la fine delle ostilità, l'Iran si ritrovò in una profonda crisi economica, a seguito della quale si aprì un vasto dibattito circa la normalizzazione delle relazioni diplomatiche con le nazioni occidentali e se introdurre delle riforme che avrebbero aperto in senso riformista la struttura sociale e politica del paese. Khomeini morì nel giugno 1989 e al suo posto salì Ali Khamenei,già Presidente dell'Iran negli anni precedenti. Nelle elezioni di luglio,venne eletto presidente Rafsanjani.Egli favorì una parziale liberalizzazione dell'economia iraniana,aprendo uno spiraglio di dialogo con le nazioni occidentali,ma le sue politiche trovarono la dura opposizione di Khamenei e dell'ala più conservatrice del parlamento.Rafsanjani resta in carica dal 1989 al 1997,passando poi il testimone a Kathami,il Presidente,di stampo riformista,emblema dell’Iran “moderno”.Infine nel 2005 gli iraniani eleggono Ahmadinejad,personaggio sicuramente criticabile ma che ha ottenuto la fiducia del suo popolo anche nelle recenti elezioni (2009). Il resto è storia di oggi,ovvero di una teocrazia in pieno XXI secolo che in tutto il Medio Oriente è faro e modello di “Stato islamico”,pur con elementi distintivi,che fanno dell’Iran la faccia moderna dell’Islam. Nel panorama dei paesi musulmani,l’Iran si distingue per il proprio ordinamento sociale e istituzionale,fondamentalmente per 3 elementi: 1- religione 2- costituzione 3- cultura In primo luogo la religione ufficiale iraniana è quella islamico-sciita,che in realtà rappresenta una minoranza nel contesto dei paesi islamici che invece sono a maggioranza sunnita. Il secondo elemento caratterizzante è il suo assetto costituzionale:la Costituzione del 1979 da una parte utilizza elementi classici delle costituzioni democratiche occidentali,dall’altra degli istituti giuridici sconosciuti anche allo stesso diritto islamico.Essa è il frutto della rivoluzione promossa dall’unione tra commercianti,intellettuali ed esponenti del clero,ed infatti leggendola rilevano delle apparenti contraddizioni frutto di questa insolita alleanza. La Costituzione iraniana è diversa sia rispetto alle costituzioni che adottano la Shari’a (legge islamica) come legge fondamentale,sia rispetto alle costituzioni “laiche” del mondo islamico. Il precursore di tale sperimentazione giuridica e culturale,volta ad affermare un significato diverso al termine “democrazia”,è stato Khomeini,che ha distinto la sovranità divina sugli uomini da quella popolare sulle istituzioni (anche se come vedremo tale distinzione è piuttosto labile).Khomeini afferma la necessità prima di tutto di assicurare al popolo sciita un governo stabile,facendo leva sul fatto che il pensiero islamico non traccia un confine netto tra le norme che governano la natura delle cose e le norme che regolano gli affari umani nella società. Un ulteriore elemento di originalità è dato dall’aspetto culturale e sociale dell’Iran,che erroneamente viene considerato un paese monolitico,di chiara impronta fideistica.In realtà esso è il teatro di una vivacità culturale senza eguali nel mondo islamico,un esempio su tutti è la sua capitale Teheran che vive una frenesia identica a tante capitali europee. E’ l’unico paese tra quelli fondati sulla legge islamica in cui è riconosciuto anche alle donne il diritto di voto,pieno accesso alla vita pubblica e in cui gli organi politici si rinnovano con cadenza fissata in costituzione. La popolazione alfabetizzata ammonta all’87% tra gli uomini e al 77% tra le donne ed è l’unico paese islamico a raggiungere queste percentuali.Le scuole e le Università iraniane sono le più rinomate nei paesi arabi anche grazie ad una rigidissima selezione degli studenti basata sul principio di meritocrazia:solo i cittadini migliori hanno diritto ad accedere alle Università pubbliche,dopo aver superato un concorso nazionale,gli altri possono accedere alle Università private che però non attraggono studenti particolarmente brillanti. L’errore che viene commesso più comunemente è quello di considerare l’Islam una struttura monolitica.In realtà esso è suddiviso in numerose fazioni in cui convivono varie interpretazioni dei testi sacri. La principale divisione è quella tra sciiti e sunniti.Quella tra sciiti e sunniti non è solo una divisione basata su dispute teleologiche,ma un vero contrasto storico-politico dopo la morte di Maometto. Secondo alcuni fedeli (sciiti da shi’a ovvero fazione),infatti,il successore del Profeta doveva essere dotato di eccezionali qualità religiose tali da renderlo l’intermediario tra il popolo e Dio,ed essi lo individuavano nel cugino e genero di Maometto.Per altri invece,la maggioranza (sunniti da sunna ovvero tradizione),l’erede di Maometto non doveva essere necessariamente dotato di particolari doti religiose ma bensì dovesse garantire la tutela della comunità dei fedeli,sia dal punto di vista religioso che politico.Essi indicarono come successore Abu Bakr attraverso un’elezione popolare,ed egli fu nominato primo Imam.A Bakr succedettero altri due Imam ed infine lo stesso leader degli sciiti;per quest’ultimi quindi egli era il primo Imam. Proprio quando sembrava che le divergenze tra le due comunità potessero risolversi la divisione divenne insanabile.Contro Ali (Imam e parente di Maometto) si scontrò il cugino del precedente Imam,Muawiya governatore della Siria,il quale gli contestava di non essere intervenuto contro l’assassinio del cugino.Muawiya spodestò Ali divenendo così il quinto Imam.Si apre con il suo califfato l’epoca della separazione tra autorità politica e autorità religiosa (gli ulema=interpreti dell’islam e protettori della religione). Mentre il califfato diveniva una monarchia,i dissidenti diventavano sempre più numerosi.Essi negavano la legittimità dei primi tre Imam sostenendo che Dio non avrebbe mai affidato la guida della comunità a dei comuni mortali eletti dalla stessa comunità,ma solo gli eredi di Maometto. La visione sciita dell’islam trovò il suo culmine nella battaglia di Karbala,quando il sesto Imam,figlio di Muawiya,uccise il figlio di Ali disconoscendolo come legittimo successore.La figlia di Ali portò al cospetto dell’Imam la testa del fratello così sfidandolo e indicando nel nipote il legittimo successore.Ella fu uccisa e il suo martirio rappresentò la frattura insanabile per la comunità sciita che da allora definì i suoi ideali:dedizione all’autorità religiosa e impegno a combattere la tirannia. Il contrasto tra sunniti e sciiti tuttavia non si limita solo alla questione su chi sarebbe dovuto succedere a Maometto,ma anche sulla sua funzione.Secondo i sunniti la Guida (erede del Profeta) non è un mediatore tra Dio e il popolo,essendo quest’ultimo in grado da solo di comprendere la verità religiosa.Al contrario,secondo gli sciiti la Guida ha un rapporto privilegiato con Dio,esattamente come Maometto,e si fa interprete di esso.A sua volta questa interpretazione non è univoca all’interno della comunità sciita,il che conferma ancora l’assoluta non monoliticità dell’islam:una corrente,detta “duodecimana imamita”,la maggioritaria in Iran,riconosce la successione di 12 Imam a partire da Ali fino a Muhammad al-Mahdi che poi si è occultato. Lo sciismo si basa su cinque pilastri comuni anche ai sunniti: 1- professione di fede 2- preghiera rituale 3- il pellegrinaggio alla Mecca 4- l’elemosina 5- il digiuno ma ne aggiunge altri due: 6- la difesa dell’islam 7- l’ingiunzione a fare il bene ed evitare il male Il clero sciita a differenza di quello sunnita è strutturato secondo ordini e gradi (gerarchia):alla base vi sono i mullah che guidano le preghiere dei fedeli,poi vi sono i predicatori delle moschee,gli hojjat al-Eslam che dimostrano l’esistenza dell’islam,i mujtahid ed infine gli ayatollah (“i segnati da Dio”). In comune sciiti e sunniti hanno la credenza nell’unico Dio,nella profezia,nella giustizia divina e nella risurrezione.Ciò che però li contrappone è la questione sull’imamato:per gli sciiti l’Imam riassume in sé il potere temporale e quello spirituale. Sotto la monarchia dei Safavidi,gli ulema e i giurisperiti furono i principali interpreti e produttori di norme giuridiche,sostituendosi di fatto all’Imam.Gli ulema elaborarono così una nuova teoria del governo secondo cui essi,pur riconoscendo la monarchia,la consideravano la miglior forma di governo auspicabile in attesa del ritorno dall’occultamento del 12° Imam.Questo “contratto” è sopravissuto per 500 anni fino alla rivoluzione del 1979,quando Khomeini impose la dottrina teocratica del governo del giureconsulto islamico. Il diritto islamico rappresenta il terzo grande sistema giuridico insieme a quelli di common law e civil law,ed è il frutto della sovrapposizione di precetti religiosi e norme giuridiche. Il testo fondamentale del diritto islamico è il Corano,il testo sacro dei musulmani,di derivazione divina e immodificabile dall’uomo.Tuttavia,sia perché è scritto in arabo e sia perché vi sono pochi precetti di natura giuridica,l’interpretazione di giuristi esperti è assolutamente necessaria;ne consegue che scienza giuridica e teleologia sono imprescindibilmente collegate. Mentre negli ordinamenti occidentali la contrapposizione fondamentale è tra ciò che è lecito e ciò che è illecito,nel diritto islamico l’azione giuridica può essere obbligatoria,raccomandabile,lecita,riprovevole e proibita.Da questo punto di vista il diritto islamico risulta essere più flessibile ed è proprio questa caratteristica che ne ha permesso una diffusione senza eguali nel mondo. Il complesso delle norme religiose,giuridiche e sociali fondate sul Corano prende il nome di Shari’a. La Shari’a è “comando eterno,immutabile” (Corano 33,38) e può essere tradotta come “via giusta” ma anche come “sentiero che conduce alla fonte” implicando così un ruolo attivo del fedele. Fonti del diritto e fonti della teologia islamica coincidono:l’islam è tutto,è morale ed etica,stile di vita e diritto. Al vertice delle fonti del diritto islamico si colloca dunque il Corano.Dopo la morte di Maometto si è formata una seconda fonte del diritto islamico,ovvero la sunna,la tradizione sacra,l’insieme dei fatti e dei discorsi attribuiti al Profeta tramandati in una catena ininterrotta dai suoi seguaci.Anche questo aspetto della tradizione è oggetto di scontro tra sciiti e sunniti:per i primi infatti la vita di Maometto può essere tramandata solo dai dodici Imam familiari del Profeta,mentre per i sunniti può essere tramandata dai fedeli. Vi è poi la ijma,ovvero l’interpretazione,elaborata da i giuristi più autorevoli,del Corano e della sunna,accettata come giusta da tutti i fedeli.Infine vi è per i sunniti l’interpretazione analogica (qiyas) e per gli sciiti l’equità ( ‘aql);la ragione infatti per gli sciiti è il mezzo giuridico attraverso cui decidere su situazioni che non sono disciplinate dal Corano e/o dalla sunna. Accanto alle fonti fin qui analizzate vi sono poi fonti non canoniche quali la consuetudine,il decreto del califfo e l’interesse pubblico. Mentre per i sunniti l’interpretazione del corano si è conclusa all’inizio del XII sec.,gli sciiti ritengono che l’Imam possa sempre interpretarlo. Durante il suo esilio Khomeini sviluppò una propria teoria dello Stato islamico basata sul principio della “tutela del giurisperito islamico”.Secondo tale principio,nel periodo di assenza dell’Imam la funzione di governo della comunità può essere supplita da un “esperto della legge intelligente e giusto” a cui la comunità deve riferirsi come figura sostitutiva.Il giurisperito è quindi quel soggetto esperto di diritto islamico e di teologia che sia in grado di guidare la comunità dei fedeli in attesa del ritorno del XII Imam. Secondo Khomeini non si tratta però di uno Stato tirannico e assoluto,ma bensì di uno Stato costituzionale,ovviamente non secondo la definizione occidentale di “costituzionale”,ma nel senso di ritenere le regole soggette al Corano e alla sunna (“Lo Stato islamico può essere definito come il governo della legge divina sugli uomini” Khomeini).Di conseguenza la potestà legislativa non spetta all’uomo ma a Dio e i parlamenti hanno soltanto il compito di definire i programmi per i governi alla luce dei precetti dell’Islam.Si tratta quindi di una “democrazia islamica”. Attribuendo ad un esponente del clero il ruolo di Guida suprema,Khomeini spezza la tradizionale gerarchia orizzontale sciita,ricomponendo in qualche modo la frattura tra politica e religione avvenuta con l’occultamento del XII Imam:l’autorità politica non è più illegittima in attesa del suo ritorno.Il clero in questo modo diviene un soggetto attivo all’interno della vita politica e sociale del paese. Il preambolo della Costituzione riflette queste posizioni:dopo aver ricostruito le ragioni che hanno portato alla rivoluzione del 1979,definisce la forma di Stato iraniana come “espressione degli ideali politici del popolo,unificato da una stessa religione,che dà a se stesso un’organizzazione (…) movendo verso Dio”. Vi è una immedesimazione degli elementi religiosi con quelli politici,e in questo senso infatti lo Stato iraniano può essere definito come “teocratico” più che “confessionale”,dal momento che l’ordinamento religioso viene costituzionalizzato e ai religiosi è riconosciuto un ruolo politico attivo. L’art.2 Cost. basa la Repubblica islamica su otto principi: - monoteismo - attribuzione della sovranità e della potestà normativa solo a Dio - centralità del Corano come legge fondamentale - resurrezione di tutti gli uomini - giustizia divina - Imam come guida ininterrotta - dignità dell’uomo - libero arbitrio Il compito di costruire una tale forma di Stato non è affidata soltanto agli organi di governo,ma anche ad altri centri di potere come ad esempio l’esercito che deve essere “ideologicamente ispirato e pronto al sacrificio per la realizzazione degli ideali della rivoluzione islamica” (art.144 Cost.),così come i mezzi di comunicazione di massa,il potere giudiziario (che deve essere fondato sulla giustizia islamica) ecc. In definitiva per poter formare uno Stato islamico l’ordinamento giuridico deve sottoporsi alla Shari’a. La supremazia della Shari’a viene menzionata in molti articoli della Costituzione:illegittimità delle leggi contrarie ai principi e alle direttive religiose (art.72),obbligo per i giudici di disapplicare le regole che contravvengono la legge islamica (art.170),rapporti con altre religioni (artt.12-14) ecc. Secondo Guolo: “la legittimità dell’azione di governo e le funzioni degli organi costituzionali trovano origine nell’obbiettivo di istituire uno Stato islamico,in quanto rappresentanti del dominio di Dio (…) la religione viene a svolgere un ruolo totalizzante anche sul piano politico”. Mentre prima al clero veniva riconosciuto soltanto il ruolo di interprete della legge coranica e della tradizione,la Costituzione gli affida il controllo sulla legislazione parlamentare attraverso l’organo del Consiglio dei Guardiani: “l’attività legislativa (…) sarà attuata in conformità al Corano e alla Tradizione.Di conseguenza si rende necessario un controllo attento e preciso da parte di individui giusti,virtuosi,impegnati e buoni conoscitori della teologia e del diritto islamico”. Il periodo di redazione della Costituzione fu caratterizzato da un aspro dibattito tra esponenti religiosi ed intellettuali,e lo stesso ayatollah aveva espresso l’estraneità del governo del clero nella tradizione sciita.Inoltre,a quanti chiedevano che accanto all’espressione “Repubblica islamica” fosse aggiunto l’aggettivo “democratica” Khomeini rispondeva che se fosse stato aggiunto qualsiasi aggettivo se ne sarebbe sminuito il significato. Proprio perché si ha una congiunzione di elementi tipici di uno Stato islamico con elementi di tradizione laica,il testo costituzionale presenta qualche contraddizione intrinseca. L’art.4 Cost. pone al vertice delle fonti del diritto la legge islamica (Shari’a),disponendo che “tutte le leggi (…) devono essere fondate su principi islamici” e ne affida il controllo al Consiglio dei Guardiani.Il parlamento non può legiferare in contrasto con i principi e le norme della Costituzione e della religione ufficiale dello Stato (art.72 Cost.). Tra legge islamica e legge ordinaria è emersa una fonte del diritto non prevista espressamente dalla Costituzione,frutto quindi della consuetudine:la fatwa,ovvero il parere della Guida suprema.Le biblioteche e le librerie iraniane sono piene di raccolte di fatwa pronunciate da Khomeini prima e da Khamenei dopo.Questi pareri sono vincolanti per la comunità dei fedeli a cui la Guida si riferisce ma hanno un’efficacia limitata nel tempo che coincide con la durata in vita della Guida che li ha emessi. Allo stesso livello della legge ordinaria si trova il referendum popolare:la Costituzione prevede che per questioni di particolare rilevanza il potere legislativo possa ricorrere al voto diretto del popolo (art.59 Cost.) attraverso un referendum,che può essere richiesto su delibera di 2/3 del parlamento. La Costituzione inoltre riconosce al parlamento la facoltà di delegare al governo l’esercizio del potere legislativo,fissando principi e criteri direttivi (quella che nel nostro ordinamento è lo strumento della legge delega).Sulla legittimità dei decreti governativi vigila il giudice amministrativo,anche se in alcuni casi il Consiglio dei Guardiani è intervenuto di propria iniziativa. L’organizzazione dello Stato e gli strumenti giuridici della decisione politica L’art.56 Cost. pur affermando la sovranità divina riconosce all’uomo il diritto di essere padrone del proprio destino.Si tratta di una sovranità di derivazione divina,che viene esercitata dal popolo tramite il potere legislativo,esecutivo e giudiziario (si ha quindi un riconoscimento dei tre poteri statali). 1) La Guida suprema E’ il vertice del sistema costituzionale iraniano,ha il compito di guidare la società e curarne gli affari economici,politici e religiosi.Essa è eletta a vita da un’Assemblea di esperti,è infallibile (cioè non può essere criticata) e gode di una totale immunità dal momento che rappresenta il sostituto del XII Imam in fase di occultamento. La Guida suprema vigila su tutti i poteri dello Stato,funzione che prima della riforma costituzionale del 1989 era affidata al Presidente della Repubblica. La forma di governo delineata dalla Costituzione è caratterizzata da un complesso sistema di pesi e contrappesi tra i poteri dello Stato e la Guida suprema è l’ago della bilancia.Una parte della dottrina iraniana ha cercato di ricondurre la forma di governo iraniana alle forme di governo occidentali e c’è anche chi l’ha definita erroneamente un “governo presidenziale a gestione diumvirale”. Poteri della Guida: - nomina tutte le supreme magistrature e autorità giudiziarie - concede la grazia e condona le pene - comanda le forze armate e presiede il Supremo Consiglio di Difesa - nomina i 6 membri religiosi del Consiglio dei Guardiani - indice i referendum deliberati dal parlamento firma il decreto di nomina del presidente della Repubblica,ma può anche destituirlo - definisce le linee politiche generali dell’azione di governo A tutti questi poteri vanno poi aggiunti tutti quelli (indefiniti) derivanti dal suo ruolo morale. La Costituzione prevede una modalità di selezione della Guida suprema,attribuendo all’Assemblea degli Esperti,un organo formato da 86 membri eletti ogni otto anni a suffragio universale,il compito di verificare le competenze di tutti i candidati al ruolo e quindi scegliere il migliore. In base al testo originario della Costituzione,per essere nominati Guida suprema occorreva rivestire una delle massime autorità teleologiche del paese.In base a questo presupposto Khomeini aveva indicato il proprio successore che però poi fu giudicato un traditore;trovandosi senza nessun candidato meritevole Khomeini si trovò di fronte ad una scelta:modificare il testo costituzionale,modificando i requisiti richiesti,oppure applicare la “clausola di salvaguardia” secondo cui qualora l’Assemblea degli Esperti non fosse riuscita ad individuare un candidato,i poteri della Guida suprema sarebbero stati affidati ad un comitato direttivo scelto sempre dall’Assemblea degli esperti.Egli optò per la prima soluzione e nel 1989 la Costituzione fu riformata,prevedendo due requisiti per la nomina a Guida suprema: 1- competenza scientifica e virtù morali 2- perspicacia,coraggio,forza e determinazione in campo politico,amministrativo e sociale In questo modo Khamenei succedette a Khomeini,pur non essendo un vertice del clero.Si ebbe cioè una “desacralizzazione” della figura della Guida suprema,valorizzandone invece il ruolo politico. Indubbiamente una rivoluzione nella rivoluzione. 2) Il Presidente della Repubblica e l’organizzazione del governo Il Presidente della Repubblica è la più alta carica dopo la Guida suprema.Come abbiamo visto,prima della riforma costituzionale del 1989,coordinava i poteri dello Stato,nominava il primo ministro e lo sottoponeva alla fiducia del parlamento;dopo la riforma la figura del primo ministro è stata sintetizzata in quella del Presidente della Repubblica,che quindi è il titolare dell’azione di governo. Secondo l’art.115 Cost.,egli è scelto tra le personalità di rilievo sia in campo politico che in quello religioso,deve essere di nazionalità e origine iraniana,deve essere affidabile ed onesto,non deve far parte necessariamente del clero ma deve essere assolutamente musulmano,deve quindi rispettare i principi del diritto islamico,ed infine deve essere un uomo.Il presidente è eletto ogni 4 anni a suffragio universale al massimo per due mandati consecutivi (come negli USA). Al momento del suo insediamento egli è tenuto a giurare fedeltà alla religione islamica,alla Repubblica e alla Costituzione. Egli è responsabile delle proprie azioni soltanto nei confronti del popolo,nonostante comunque il parlamento possa sfiduciarlo su richiesta di 1/3 dei suoi membri e con una maggioranza di 2/3 di essi.Nel caso in cui egli fosse destituito,assente dal paese o malato per un tempo superiore a due mesi,oppure fosse posto in arresto per l’accertamento da parte della magistratura di fatti commessi prima del mandato ma che violano norme costituzionali o precetti dell’Islam,le sue funzioni possono essere supplite dal suo vice con la fiducia della Guida suprema,altrimenti occorre indire nuove elezioni. Il Presidente rappresenta lo Stato nel panorama internazionale firmando accordi e trattati. Esercita le funzioni del potere esecutivo:nomina e revoca i ministri,i quali devono ricevere la fiducia del parlamento. La Costituzione prevede espressamente delle ipotesi di incompatibilità con la carica di Presidente e di ministro:essi non possono svolgere altre professioni. 3) Il Parlamento Uno dei motivi alla base della rivoluzione del 1979 era il desiderio di centralità del parlamento e la Carta costituzionale ha recepito tale richiesta,riconoscendogli il ruolo di luogo in cui si formano le decisioni ma anche luogo di incontro delle diversità (politiche,etniche,religiose) del paese. Il parlamento è costituito da 290 membri eletti a suffragio universale ogni 4 anni.Il territorio è diviso in tanti collegi quanti sono i seggi da assegnare,con la particolarità che ogni minoranza abbia garantito un proprio membro (art.64 Cost.).I parlamentari sono eletti senza vincolo di mandato e rappresentano il paese,questo permette loro di essere particolarmente liberi nelle loro votazioni.Gli interessi di parte vengono meno dopo il momento elettorale (in cui sono in competizione i patronati) e di volta in volta,a seconda delle questioni,si ricompongono. L’art.86 Cost. garantisce ai parlamentari la libertà di manifestazione della propria opinione e del proprio voto.La Costituzione riconosce inoltre il diritto del parlamento a deliberare a maggioranza l’istituzione di commissioni di inchiesta,con il solo limite degli affari che riguardano la Guida suprema. Dopo la revisione costituzionale del 1989 che ha abrogato la figura del primo ministro,facendola coincidere con quella del Presidente della Repubblica,il voto di fiducia del parlamento è diretto solo nei confronti dei ministri,e,al contrario di ciò che si potrebbe pensare,non è mai scontato;dal 1980 ad oggi sono stati numerosi i casi in cui i ministri indicati dal Presidente non hanno trovato la fiducia del parlamento.Il parlamento ha il potere di sfiduciare sia i ministri che il Presidente della Repubblica. La funzione principale del parlamento è quella di legiferare,ma tale funzione è sottoposta al vaglio del Consiglio dei guardiani che ne verifica la conformità ai precetti dell’Islam e della Costituzione. Nel caso in cui il Consiglio si esprima positivamente,la legge viene promulgata dalla Guida suprema.Qualora il Consiglio giudichi una legge non conforme,questa torna all’esame del parlamento (la comunicazione di non conformità di una legge fa sì che vengano sospesi tutti gli altri lavori parlamentari).Il parlamento ha cinque giorni di tempo per rinunciare al provvedimento,modificarne il contenuto come richiesto dal Consiglio,oppure approvarlo ugualmente a maggioranza qualificata;in questo ultimo caso il testo sarà trasmesso,su iniziativa della Guida,al Consiglio per la Risoluzione delle Controversie che si esprimerà come giudice supremo sull’entrata in vigore o meno del provvedimento. 4) Il Consiglio dei Guardiani Il Consiglio dei Guardiani ha il compito di “tutelare la Costituzione e i principi islamici,assicurando che nessun atto approvato dal parlamento sia in contrasto con essi” (art.91 Cost.) E’ un organo costituito da 12 membri:6 nominati direttamente dalla Guida suprema tra religiosi esperti di legge islamica,6 eletti a maggioranza semplice dal parlamento tra giuristi esperti e qualificati nei vari rami del diritto,su proposta della Suprema Corte di giustizia.I 6 membri esponenti del clero hanno il compito di verificare la conformità delle leggi ai precetti islamici,tutti e 12 verificano la conformità della legge alla Costituzione. I membri del Consiglio dei guardiani hanno un mandato di sei anni,e vengono rinnovati per metà ogni tre anni. Il Consiglio non emette sentenze,ma pareri obbligatori e vincolanti;anche per questo motivo la dottrina tende ad identificarlo con la “seconda Camera” chiamata ad intervenire nel procedimento di approvazione delle leggi.Tuttavia molti studiosi iraniani osservano che esso assolve ad una funzione diversa rispetto a quella riconosciuta dalle costituzioni contemporanee alle seconde Camere. Nella storia della Repubblica le decisioni del Consiglio sono state spesso determinanti e significative.Durante la presidenza di Khatami (1997-2005) il Consiglio ha bocciato numerosi provvedimenti ritenuti dallo stesso Presidente urgenti per la modernizzazione del paese e il rilancio dello sviluppo economico. Il Consiglio ha il diritto di interpretare la Costituzione e le sue interpretazioni hanno lo stesso valore di vere e proprie disposizioni costituzionali,se votate con una maggioranza di ¾,altrimenti non sono vincolanti. Al Consiglio è inoltre affidato il controllo delle elezioni del Presidente della Repubblica,delle elezioni parlamentari e dei referendum;nonostante in teoria si tratti di un controllo sulla correttezza della campagna elettorale,di fatto poi il Consiglio ritiene di dover vagliare le candidature e verificarne la lealtà costituzionale e religiosa.Di fatto il Consiglio verifica da un lato che il candidato non svolga altri incarichi politici,dall’altro che egli sia un fedele islamico onesto e leale;mentre il primo profilo di giudizio sembra basato su solidi presupposti di fatto,è evidente che invece il secondo sia un giudizio molto discrezionale che tende ad escludere i potenziali oppositori della Guida suprema. 5) Il Consiglio per la Risoluzione delle Controversie Dirime le controversie tra parlamento e consiglio dei guardiani ed è divenuto l’organo di consulenza della Guida suprema Khamenei. E’ composto da membri nominati discrezionalmente dalla stessa Guida,in numero non definito dalla Costituzione e per un mandato di 6 anni rinnovabile.Per prassi ne fanno parte i 6 giudici religiosi del Consiglio dei Guardiani (con conseguente opinabilità di terzietà nelle controversie). Le decisioni del Consiglio non sono né pubbliche né contestabili: “Nessun organo legislativo o esecutivo ha il diritto di discutere le decisioni del Consiglio per la risoluzione delle controversie”. Esso opera spesso come ago della bilancia tra i poteri costituzionali,tanto da essere considerato dalla dottrina l’organo di maggiore potere politico dopo la Guida suprema. 6) Il potere giudiziario Formalmente indipendente,il potere giudiziario è però esercitato in conformità alle norme islamiche.Al vertice vi è il Consiglio Supremo di Giustizia,che elabora disegni di legge in materia giudiziaria e si occupa di aspetti funzionali all’esercizio della giurisdizione,come la creazione di strutture giudiziarie e l’assunzione,rimozione,assegnazione e trasferimento dei magistrati.Il Presidente della Corte Suprema e il Procuratore generale sono scelti tra esponenti di teologia e giurisprudenza islamica e sono eletti dalla Guida. Dal consiglio supremo di Giustizia dipendono i c.d. tribunali speciali,ovvero i Tribunali della rivoluzione islamica e il Tribunale speciale per il clero. I primi hanno il compito di indagare e giudicare in merito ai reati contro la sicurezza interna,ai reati contro Dio e di corruzione sulla terra,ovvero il complotto contro il governo islamico,sugli attentati a esponenti politici e sui reati rivoluzionari.Il tribunale per il clero fu istituito da Khomeini nel 1987:il Presidente e il Procuratore sono nominati dalla Guida e devono indagare sui reati commessi da membri del clero,anche quelli di opinione.Sebbene il Tribunale speciale abbia continuato a mantenere una sostanziale autonomia dal resto del sistema giudiziario,il potere pervasivo della Guida ha fatto sì che tale potere sia facilmente influenzabile,proprio in ragione delle direttive morali che impone sulla giustizia. Diritti e libertà Con la rivoluzione del 1979 il popolo iraniano auspicava l’inizio di un nuovo regime che lo liberasse dalla tirannia e dall’oppressione,ma che allo stesso tempo rispettasse i valori islamici.La Costituzione che ne è scaturita è orientata in questa direzione,tracciando l’Iran come uno Stato islamico ma allo stesso tempo riconoscendo i diritti individuali.In realtà però il riconoscimento dei diritti sconta le contraddizioni di fondo dell’intero sistema istituzionale dovute da una parte al ruolo preminente del clero,dall’altra la dipendenza del potere giudiziario alla Guida suprema. Nonostante tutto comunque la Costituzione iraniana è l’unica ad avere un elenco di diritti e libertà fondamentali rispetto a tutti gli altri Stati fondati sulla legge islamica:la terza parte della stessa Costituzione è infatti dedicata interamente ai “diritti del popolo”. “Non v’è bisogno,per noi,di andare indietro fino al XVIII sec. e pensare al liberalismo europeo e leggere Kant o Mill per comprendere cosa significhi libertà.La libertà è un tema islamico,e l’Imam Ali ha chiesto a tutti noi di essere liberi nel pensare (…).A differenza del mondo occidentale,per noi la libertà individuale è un dono di Dio e dunque ogni offesa alla libertà dei singoli è un’offesa a Dio” (Khomeini) L’art.19 Cost. proclama il principio di uguaglianza e il divieto di discriminazione,stabilendo che tutti i cittadini iraniani,qualunque sia la loro origine etnica,godono degli stessi diritti e non possono essere discriminati per ragioni di razza,colore della pelle,lingua e altre caratteristiche individuali.L’art.28 Cost. sembra quasi un richiamo alla nostra Costituzione italiana laddove prevede che è compito dello Stato assicurare a tutti gli individui uguali opportunità in campo lavorativo e nella sfera individuale.L’ordinamento iraniano quindi accoglie il principio di uguaglianza di genere,con però delle eccezioni,in particolare per ciò che riguarda ad esempio i reati a sfondo sessuale per cui vi è un trattamento distinto per l’uomo e per la donna,o tra individui di religione diversa (mentre i rapporti sessuali promiscui tra musulmani sono puniti con 100 frustate,gli stessi atti compiuti tra una donna musulmana e un uomo non musulmano sono puniti con la morte).Altri ambiti in cui viene meno l’uguaglianza di genere sono:la maggiore età (15 anni per i maschi,9 per le femmine),conseguente capacità giuridica e l’impossibilità per una donna di candidarsi alla carica di Presidente della Repubblica. La Costituzione elenca una serie di diritti fondamentali di cui riconosce il libero esercizio a tutti i cittadini (quindi non a tutti,non agli stranieri). Art.22 Cost. diritto alla vita,alla proprietà,all’onore,all’abitazione,al lavoro Art.24 Cost. libertà di stampa e di espressione del pensiero Art.27 Cost. libertà di associazione politica Sono previste inoltre garanzie simili a quelle previste nel nostro ordinamento per il procedimento penale (es. presunzione di innocenza fino a sentenza irrevocabile di condanna). Tuttavia,questo articolato elenco di diritti e libertà,a un primo sguardo invidiabile persino dai paesi occidentali più liberali,in realtà è implicitamente limitato:le norme si “auto-rinnegano”. Si tratta della c.d. normativa rinnegante.Un esempio tra tanti è la libertà di associazione politica:c’è libertà di associazione però alla condizione che non vengano violati l’indipendenza,la libertà,la sovranità e l’unità del paese,ma soprattutto le norme islamiche. Ad una lettura più attenta dei “diritti del popolo” ci si rende conto che essi non solo vengono limitati dalla legge,ma anche dai principi islamici;questo significa che l’esercizio dei diritti non è sottoposto soltanto alla volontà del legislatore ma anche e soprattutto al volere del clero! Vero anche però che in Iran,a differenza di altri paesi,il riconoscimento dei diritti è facilitato dall’interpretazione giurisprudenziale,molto più ampia e flessibile nel contesto sciita piuttosto che in quello sunnita. - La donna nell’islam sciita e nella Repubblica islamica dell’Iran La posizione della donna all’interno dell’ordinamento iraniano è l’espressione più evidente della “normativa rinnegante”. Storicamente alla donna è sempre stato riconosciuto un ruolo determinante:nel 1982 fu fondamentale l’apporto delle donne al boicottaggio contro lo Shah,come nel 1925 sempre le donne furono le grandi sostenitrici dei mercanti e del clero nell’ascesa di Reza.Come abbiamo visto in precedenza,anche dal punto di vista della storia dello sciismo la donna ha un ruolo centrale (Fatima).Lo stesso Corano dedica molti versetti al ruolo della donna: (4,19) “E’ prescritto agli uomini di trattare le donne con gentilezza,perché se trattate con disprezzo loro con disprezzo è come se disprezzaste Dio”.Le donne e gli uomini hanno pari dignità perché entrambi sono stati creati da Dio.Lo stesso Khomeini affermò il diritto delle donne alla partecipazione della vita politica del paese in quanto “dovere religioso”;questa posizione fu considerata talmente rivoluzionaria che lo stesso dovette fare marcia indietro,introducendo forti limitazioni al divorzio per le donne e l’eliminazione della custodia dei figli in loro favore,introducendo l’uso del velo prima negli uffici pubblici poi in tutti i luoghi aperti al pubblico. Sull’argomento del velo però Guolo ci ammonisce di procedere con cautela e soprattutto di non commettere l’errore madornale di porci dal punto di vista “occidentale”.Il Corano infatti,egli sostiene,non presenta il velo come un segno di sottomissione della donna,ma piuttosto un segno distintivo e di difesa per le stesse per proteggerle da eventuali insulti ed aggressioni.Il velo,coprendo le parti del corpo considerate pudiche (awrat) tiene a bada le pulsioni carnali degli uomini;del resto,anche gli uomini sono tenuti a coprire certe parti del corpo per le stesse ragioni.Vi è quindi una relativa uguaglianza nella repressione sessuale. Khomeini non ha mai impedito la formazione di movimenti,associazioni femministe (è stato grazie a questo che le donne hezbollah hanno ottenuto la partecipazione nella milizia rivoluzionaria) e per tutte queste associazioni il velo è un’espressione dell’identità femminile,il perfetto contrario della segregazione e anzi uno strumento per rivendicare la loro islamicità,accusando le donne occidentali di aver perso la propria identità nella disperata ricerca della parità con gli uomini. Un ruolo ancora maggiore è stato poi riconosciuto alle donne sotto la presidenza di Khatami,il quale nominò come vicepresidente una donna,e altre 4 ministri.Anche il Presidente Ahmadinejad lo ha fatto,tuttavia per onor di cronaca,bisogna evidenziare che dopo il suo insediamento molti movimenti femministi sono stati sciolti e nel 2007 le due maggiori attiviste della “Campagna per la parità” sono state arrestate e condannate con l’accusa di aver violato la sicurezza nazionale.Tutto questo per dire che la condizione delle donne non è certamente facile da delineare né che si possa assolutamente parlare di parità con gli uomini;sono ancora molti,infatti,i motivi di discriminazione,legati soprattutto all’interpretazione del Corano e della Sunna (es. c.d.matrimonio temporaneo come legalizzazione della prostituzione.Da prima abolito con Khomeini,Khamenei lo ha reintrodotto). - Il diritto alla vita:la legge del taglione e la pena capitale Sia la Costituzione che Dichiarazione islamica dei diritti umani considerano la vita come un dono di Dio,tuttavia essa può essere tolta a chi commette reati contro i principi fondamentali dell’Islam.Sulla scia di tale considerazione (vita come dono di Dio) vien da sé che il reato di omicidio sia punito con le pene più severe,l’omicida infatti è punito con la pena di morte a meno che non venga graziato da un parente della vittima,oppure nel caso in cui la vittima sia una persona incapace (in questo caso è prevista solo una pena pecuniaria a favore dei familiari).Altri comportamenti proibiti dal Corano sono puniti con la pena capitale:si tratta dei reati di “fornicazione”,di calunnia,di adulterio e di omosessualità.In particolare quest’ultima è considerata come una violazione della legge di Dio,l’omosessualità non è un reato in quanto atto sessuale tra due uomini,e che quindi non è finalizzato alla riproduzione,ma in quanto trasforma un uomo in una donna;la pena prevista è la morte mediante lapidazione pubblica,che quindi ha scopo “educativo”. Insieme alla Cina e agli USA,secondo le statistiche di Amnesty International,l’Iran è il paese con il più alto tasso di esecuzioni capitali. - La libertà di stampa e di comunicazione La Costituzione garantisce la libertà di espressione e quindi di stampa,seppur comunque con la tecnica della “normativa rinnegante” e cioè “purchè non vengano offesi i principi fondamentali dell’Islam o i diritti della collettività”. Una legge del 1986 disciplina tale libertà,definendo la “missione” principale della stampa,i suoi diritti e i suoi limiti.La stampa infatti deve “informare l’opinione pubblica e incrementare il livello di conoscenza della popolazione;attuare gli obbiettivi indicati dalla Costituzione (…) propagandare la genuina cultura islamica e i principi etici dell’Islam”.La stessa legge prevede che qualora un giornale pubblichi articoli che sostengano l’ateismo,o pregiudichino la legge islamica,ovvero siano osceni o offensivi per la religione,promuovano il consumismo e il lusso sfrenato,rilevino segreti di Stato,offendano l’Islam e i suoi capi o le istituzioni,l’autorità possa ordinarne la chiusura. Ogni pubblicazione,di qualsiasi natura deve passare il vaglio e l’approvazione del Ministro della cultura e della Guida suprema,attraverso il lavoro di un organismo interno al ministero:il consiglio della stampa.Tale consiglio deve verificare le condizioni sopra-citate e deve verificare che il richiedente sia un uomo di almeno 25 anni,iraniano,coerente ai principi islamici (…viene quindi da chiedersi:quale libertà?). Alla luce di ciò possiamo affermare certamente l’assenza di libertà di stampa in Iran,anche tenendo conto degli innumerevoli giornalisti che sono stati arrestati e condannati a morte per questo.Discorso analogo può essere fatto per l’informazione televisiva,dal momento che i vertici di essa sono scelti direttamente dalla Guida suprema. - Le minoranze religiose ed etniche L’art.12 Cost. riconosce la religione islamica sciita come religione ufficiale del paese e riconosce pieno rispetto alle altre scuole islamiche.Il successivo art.13 riconosce le religioni ebraica,cristiana e zoroastra come legittime minoranze che possono professare liberamente la loro fede,aprire scuole e centri culturali,regolare i rapporti civili tra i loro fedeli secondo la propria tradizione,nonché essere rappresentate in parlamento.La Costituzione inoltre invita i musulmani a trattare con rispetto i non musulmani,così come stabilito dallo stesso Corano: “Dio non vi proibisce di trattare con gentilezza e giustizia coloro che non hanno combattuto contro la vostra religione e non vi hanno cacciato dalle vostre case:certamente Dio ama gli uomini giusti,purchè non cospirino e agiscano contro l’Islam e la Repubblica islamica”. La protezione delle minoranze religiose,riconosciuta in Costituzione,è in conflitto però con una disposizione del codice civile iraniano:l’art.88 infatti,priva i non credenti della capacità successoria e di essere titolari di rapporti di diritto privato. A parte ciò,alle minoranze riconosciute è data la possibilità di aprire scuole e centri culturali e di chiedere che all’interno delle scuole pubbliche sia insegnata la propria religione,accanto a quella di Stato. L’insediamento di Ahmadinejad e le sue sconcertanti dichiarazioni sulla “cancellazione dello Stato di Israele” e la disconoscenza dell’Olocausto,hanno reso più difficile ultimamente l’esistenza della minoranza ebraica.Inoltre la situazione è estremamente diversa per tutti coloro che appartengono alle religioni non riconosciute dall’ordinamento iraniano:essi non solo non possono professare liberamente la loro fede ma di fatto sono costretti a convertirsi per non essere esclusi dalla vita sociale del paese,dal momento che ad esempio la fede musulmana è un requisito obbligatorio per accedere ai concorsi pubblici. Nel mondo islamico non è facile distinguere il concetto di sovranità divina da quello di sovranità popolare.Come si legge nel Corano (35,15): “la sovranità sul popolo appartiene a Dio:l’uomo è stato creato a sua immagine e somiglianza per esserne rappresentante sulla terra”. Tuttavia,in un contesto in cui vengono apparentemente fuse l’autorità politica e quella religiosa,le espressioni “sovranità divina” e “sovranità popolare” sembrano essere tra loro incompatibili. La Costituzione dell’Iran ha cercato di superare questa incompatibilità richiamando più volte la volontà del popolo come atto fondante della Repubblica.Nello stesso preambolo si sottolinea come la Costituzione sia stata voluta dal popolo prima con la rivoluzione e poi con il referendum popolare,ed anche i successivi artt.6-121-126 richiamano questo concetto disponendo che gli affari del paese siano gestiti in conformità ai voti espressi dalla popolazione,tramite l’elezione del Presidente della Repubblica,del parlamento e del Consiglio dei guardiani. La Costituzione iraniana quindi,pur facendo propria la tradizione sciita,attribuisce al popolo un ruolo centrale nel sistema istituzionale,che però resta di derivazione della volontà divina.Per questo quando si parla di Iran lo si considera una “teocrazia costituzionale”. La critica interna alla Repubblica Il modello di Stato nato dalla rivoluzione del 1979 è criticato da un gruppo di filosofi, teologi e chierici,detti “intellettuali religiosi”, che intendono unire religione e democrazia e sono contrari al principio del velayat-e faqih (governo del clero) e al ruolo politico degli ulama,membri istruiti del clero sciita.Se il movimento di riforma democratica iraniano ha un intellettuale di riferimento, questo è Abdolkarim Soroush.Soroush è uno delle voci riformiste più note dell’ Islam,per questo motivo è stato soprannominato il “Martin Lutero dell’ Islam”.Egli è un uomo pericoloso dal punto di vista dei mullah iraniani al potere,dal momento che si oppone alla tesi di Khomeini,secondo cui Dio legittima il loro diritto a governare.Attivista musulmano durante la rivoluzione del 1979,egli ha gettato le basi per il pluralismo islamico,cioè l’idea che lo Stato islamico non sia un concetto definito,ma condizionato dalle diverse interpretazioni dei testi sacri,e che quindi sia inevitabilmente soggetto a tali interpretazioni.Secondo Soroush però la religione deve rimanere separata dal Governo,poiché l’una rischierebbe di corrompere l’altra.Uno degli obiettivi del movimento di riforma è quindi che le persone comprendano che possono essere democratiche e restare musulmani fedeli. Di stesso avviso è Shabestari, filosofo e teologo iraniano.Egli sostiene che Stato e religione debbano essere separati e che vi siano molti settori però,sia nel mondo politico che accademico,in cui l’Islam è visto più in termini di istituzione politica che di religione. Per lui l’Islam è una religione in tutti i sensi, non un programma politico, che deve generare valori all’interno della società e non imporli in campo politico.Mentre Shabestari e Soroush si rifanno alla filosofia occidentale,Kadivar, religioso di medio rango che ha raggiunto il livello d’interprete della legge islamica, basa il suo discorso sulla giurisprudenza islamica.Egli ritiene che in Iran sia in corso da tempo una lotta tra i sostenitori dell’autocrazia e quelli della democrazia religiosa: i primi guardano al popolo come un soggetto immaturo, bisognoso di un protettore che salvaguardi autoritativamente i valori religiosi; i secondi rivendicano un sistema politico democratico “ispirato religiosamente”.Con la fine della leadership carismatica di Khomeini e la riforma costituzionale del 1989,Kadivar ritiene che il carattere di assolutezza della Guida sia venuto meno, contestando lo stesso metodo di designazione della Guida,in quanto a suo avviso dovrebbe essere espressione della sovranità popolare.I musulmani teoricamente potrebbero conciliare democrazia e fede,vivendo in una società in cui la libertà sia elemento essenziale della vita pubblica,ma non tutte le interpretazioni dell’Islam sono compatibili con la modernità.Egli ritiene l’ “islam tradizionale” in antitesi con la democrazia,e che per questo molti siano portati ad abbandonare la fede.Delinea così un’alternativa tra abbandono e violenza coercitiva della religione,quello che lui chiama “islam intellettuale”,a condizione che gli intellettuali,che hanno accettato il messaggio dell’ islam,e la modernità diventino culturalmente egemoni. Una delle differenze fondamentali tra “islam tradizionale” e “islam intellettuale” è data dalla volontà di interferenza nella vita dei singoli.Il primo vuole imporre l’obbligo dell’osservanza con la forza,mentre il secondo ritiene che la coercizione conduca all’indifferenza e all’abbandono;pertanto la relazione tra gli individui deve essere improntata alla libertà,solo in tal modo può realizzarsi un’unione tra religione e democrazia. Per quanto attiene la critica verso le istituzioni dello Stato islamico,il ruolo della Guida Suprema è divenuto da tempo oggetto di discussioni e fattore di tensione nella società iraniana.Montazeri era destinato a prendere in consegna le redini dopo Khomeini, ma divenne invece uno stretto oppositore del governo.Nel corso degli anni Montazeri divenne uno dei pochi esponenti del clero che hanno osato contestare pubblicamente le credenziali religiose della Guida Suprema Khamenei.Egli aveva proposto una riforma della Costituzione, consistente in una separazione fra religione e politica,da concretizzarsi nel rafforzamento del potere del Presidente,contro le intromissioni degli ayatollah. Le posizioni fin qui analizzate si sono poi tradotte nella realtà politica del paese attraverso la figura di Kathami. Ad oggi invece si assiste al fenomeno opposto;il compito di contrastare i fondamenti teologici del discorso degli intellettuali religiosi,e di difendere il principio del velayat-e faqih è stato assunto in prima persona da Mohammad Mesbah-Yazdi, il massimo consigliere di Ahmadinejad e probabilmente l’artefice di tutta la sua linea politica repressiva. Le due facce dell’Iran:da Kathami ad Ahmadinejad Seyyed Mohammad Khatami (29 settembre 1943) è solitamente noto per essere il primo presidente riformista dell’Iran,dalla rivoluzione del 1979,ad aver cercato di rompere le catene della dominazione occidentale, rendendo i musulmani capaci di lottare per la loro indipendenza e per essere padroni del proprio destino attraverso la rinuncia a riferirsi a quei valori “presi in prestito” dall’Occidente e divenuti dominanti anche nel loro modo di pensare. Grazie a Kathami,la società iraniana ha elaborato una propria identità storica e culturale autentica,che fonda le premesse per regolamentare in modo nuovo la società civile. La rivoluzione islamica è stata fonte di profonde trasformazioni non solo all’interno dell’Iran, ma anche in molti altri paesi del mondo,in quanto, nonostante l’Islam sia esistito per secoli nella coscienza collettiva dei suoi fedeli come un insieme teoretico ed etico, essa lo ha proiettato nella dimensione politica e sociale del mondo contemporaneo,dove adesso si propone come pilastro eretto e forte di fronte ai suoi oppositori. E’ da tener presente,infatti,che prima della rivoluzione islamica, la popolazione era inserita in un sistema che non aveva alcuno sbocco,in quanto era del tutto assoggettato alle forze occidentali nemiche che soffocavano ogni tentativo dell’individuo islamico di affermarsi come fautore del proprio avvenire in modo indipendente. Quando però le risorse dello Stato iraniano sono state affidate all’Islam e pertanto il governo del paese è divenuto islamico ed indipendente il popolo ha acquisito pieno diritto e possibilità di vedere soddisfatte le proprie esigenze ed i propri bisogni. Tuttavia, precisa Khatami,se dal governo non si può pretendere che vada incontro a tutte le aspettative e aspirazioni dei singoli, il popolo deve essere consapevole che in ogni caso l’esecutivo ha come obiettivo quello di assicurare una vita soddisfacente, focalizzandosi sui bisogni materiali e spirituali dei cittadini. L’ex Presidente ha sempre aggettivato come anacronistiche le aspettative che i credenti dogmatici si attendevano dalla rivoluzione islamica . Infatti,il dogmatismo religioso che consiste in uno sforzo finalizzato a imprimere santità ed eternità alle limitate ed incomplete interpretazioni generate dalle menti umane, attribuendo primato alle emozioni piuttosto che alla razionalità ed a metodi empirici di valutazione, auspica un ritorno alla civiltà islamica. Ma, la rettitudine morale non è da considerarsi sufficiente così come neppure la semplice conoscenza. Infatti è necessario che il singolo si collochi all’interno del proprio tempo e consideri i problemi attuali, per poterne dare efficace soluzione e ciò ovviamente non è possibile se l’essere umano è orientato al passato piuttosto che al presente.Un intellettuale, argomenta Khatami, dovrebbe vivere nel proprio tempo assumendosi una responsabilità sociale sempre tenendo viva la curiosità verso la sorte dell’uomo e della realtà, visti alla luce della piena razionalità. Precisamente, mentre il credente è colui che considera l’essere trascendere dal materiale e gli uomini come esseri nati dalla natura,ma non limitati al mondo naturale;l’intellettuale religioso è invece colui che ama l’umanità e ne capisce i problemi al punto che si sente responsabile del suo destino, sempre e comunque rispettandone la libertà,ritenendo che gli esseri umani abbiano un compito affidatogli da Dio,per realizzare il quale la libertà deve essere tutelata e difesa al fine di garantire la crescita e l’evoluzione umana. Per Khatami la rivoluzione islamica sarà portatrice di una nuova epoca della storia umana solo se la religione e l’intellettualità riusciranno a combinarsi,altrimenti metteranno in crisi l’intera società. Egli si auspicava in effetti un legame tra religione e intellettualità,da realizzarsi soprattutto all’interno delle Università,che vedeva come luogo di nascita della figura dell’intellettuale religioso, portatore di quella missione finalizzata a risolvere la crisi generata dal nuovo sistema,a vantaggio dell’umanità. Tale crisi,comune anche alla società occidentale, mai tanto estesa e profonda nemmeno durante il XVIII e XIX secolo , investe la dimensione del pensiero e tutti gli altri settori della vita sociale. Questo è ancora più grave, a suo dire, poiché riguarda la civiltà che predomina e che più di ogni altra ha compiuto grandi passi in avanti nel settore della scienza, della politica e della convivenza sociale. Al fine di superare questo momento di regressione l’Occidente ha adottato una strategia simile a quella cui aveva fatto ricorso all’inizio di questo secolo e che gli aveva permesso di circoscrivere le crisi precedenti:il cosiddetto “ nuovo ordine mondiale” su cui gli Stati Uniti, che ne sono i maggiori sostenitori, hanno concentrato il loro impegno nel tentativo di adattare il neocolonialismo alle caratteristiche della nuova epoca. In questo momento L'Occidente detiene il potere economico, tecnico e scientifico, mentre i musulmani lo hanno in quantità esigua, per questo è di emblematico riferimento il passo coranico (8,60)"Allestite contro di loro forze e cavalli quanto potete". L'intenzione dei musulmani deve essere, almeno secondo Khatami, quella di conquistare gli elementi che fondano il potere, e su tali basi fondare il loro diritto. Ciò significa che come la civiltà occidentale ha usufruito in passato di quella islamica,così adesso i musulmani devono utilizzare la civiltà occidentale aggiungendovi ciò che ad essa manca,ovvero la moralità. Khatami fu eletto Presidente per ben due volte,con un mandato quasi decennale dal 1997 al 2005 con circa il 70% dei consensi nelle ultime elezioni,grazie ad un programma che parlava soprattutto alle donne,ai giovani ed agli iraniani di lingua non persiana, e anche grazie alla classe intellettuale al gran completo e la parte del clero che non si riconosceva fino in fondo nelle interpretazioni dell’Islam fornite dalla Guida suprema (prima l’ayatollah Khomeini, protagonista della rivoluzione del 1979,poi il suo successore l’ayatollah Khamenei). Si potrebbe dire,in termini occidentali,che abbia proposto nella sua campagna elettorale proprio l’idea della democratizzazione ed equità sociale. Durante la sua presidenza, la politica estera del paese entrò in una fase improntata non più sulla logica di confronto esposta dalla teoria di Samuel Huntington detta “ scontro tra le civiltà”, ma piuttosto su di una logica di conciliazione e pertanto nettamente differente da quella dei suoi predecessori. La sua concezione fu per l’appunto incline a favorire il “ dialogo fra culture” ed ebbe come conseguenza positiva quella di un ampliamento delle relazioni con le altre potenze del pianeta, migliorando in tal modo la situazione di crisi a livello internazionale. La sua politica fu presa in esame da numerose associazioni internazionali tra cui l’ONU che proclamò il 2001 l’anno del “Dialogo fra le culture”. Soltanto con gli USA le relazioni rimasero reciprocamente fredde e diffidenti.Khatami è un intellettuale musulmano di grande cultura scientifica e umanistica,capace di rara dialettica e abilità argomentativa, che nel suo riformismo musulmano considera l’ Occidente senza pregiudizi. Egli giunge ad affermare quello che molti religiosi dell’ala conservatrice considererebbero poco meno di una eresia: l’Islam deve essere alla base della Costituzione dell’Iran solo finché la maggioranza della popolazione lo voglia davvero. Da ciò deriva che la forma di Governo della Repubblica Islamica non è un dato irreversibile e indiscutibile, ma bensì che la volontà popolare può modificarla a pieno diritto. Orbene,tali principi mettono in discussione i fondamenti stessi della tradizione islamica, per questo Khatami al fine di trasportali nella sua politica, ha tentato in ogni modo di portare avanti un disegno riformatore che aveva come fulcro l’auto-ridimensionamento del clero sciita, ovvero della classe al potere. Per tale ragione egli trovò spesso un insormontabile ostacolo nell’organo costituzionale del Consiglio dei Guardiani, in gran parte nominati dalla Guida suprema e dunque fuori dal controllo democratico. Tale organo, che ha il potere di bloccare qualsiasi legge parlamentare ritenuta non conforme allo spirito islamico della Costituzione,era sostenuto anche dalla stampa più conservatrice. Dalle parole di Kathami emerge la presenza, all’interno dell’alta gerarchia sciita, di una corrente liberal-democratica e sensibile ai valori occidentali che sarebbe portatrice di una ideologia che fonderebbe uno Stato Islamico alternativo a quello predicato da estremisti e integralisti, verso i quali nutre un marcato disprezzo. Nonostante ciò egli credeva profondamente nel progetto teocratico e nell’attuabilità di una Repubblica Islamica, ma non accettava che questo significasse incompatibilità con libertà politiche, diritti delle donne e delle minoranze, libertà di stampa e di espressione: “Islam e democrazia, islam e libertà devono trovare il modo di incontrarsi, oppure i religiosi saranno messi da parte” (Kathami). In definitiva, Khatami rivestiva il ruolo di “coscienza critica” di una classe dirigente sorda alle richieste di modernizzazione e democratizzazione che salgono da ogni strato sociale anche nell’Iran attuale. Ferma rimane la sua denuncia alla tradizione,vista dal regime non come elemento di flessibile orientamento e guida necessaria per innovazioni e riforme, bensì come elemento che soffocherebbe ogni movimento improntato al rinnovamento. Ma la libertà come è concepita in Occidente non può essere ripresa tale e quale e trasposta nel mondo islamico;infatti per Khatami e secondo la tradizione islamica, la libertà è un concetto di natura anzitutto spirituale: essa è un tratto specifico dell’essere umano, è il segno distintivo della sua nobiltà e dignità. Per questo,barattarla per libera mercificazione del corpo e della immagine,come fa da secoli l’Occidente, è una colossale mistificazione. “All’intellettuale musulmano del 2000 - egli afferma- spetta il dovere di contribuire a definire un concetto diverso e più nobile di libertà, su cui costruire un futuro diverso non solo per i musulmani (…)”. Riprendendo un passo coranico che è stato sempre volentieri citato da ogni musulmano sinceramente riformista e progressista, secondo cui “nell’islam non non può esservi costrizione”, Khatami porta avanti il suo progetto di “democrazia islamica”. Secondo alcuni l’Islam sarebbe privo di indicazioni teoriche circa la forma di Stato in quanto la sua missione dovrebbe essere quella di condurre l’essere umano alla felicità finale. L’interrogativo che emerge per Khatami è se la forma di Stato sia un fatto che riguardi o meno il popolo. Egli sostiene che la religione debba stabilire norme generali per la forma dello Stato,del sistema politico, ma quali debbano essere gli strumenti e le azioni più idonee, dipende dal discernimento degli uomini.La forma di Stato ideale per la religione verrà istaurata nel momento in cui il popolo vorrà quella forma di Stato. Di contro ad una tale concezione fortemente democratica, se ne oppone una altrettanto anti-democratica che al popolo attribuisce soltanto il dovere di seguire la religione in quanto, sia la forma di Stato che di governo, sia le caratteristiche dell’individuo che deve governare, sono stabilite da Dio. Conseguentemente i requisiti del sistema sarebbero ovviamente diversi perché imposti da una fonte esterna all’uomo e come tali dotati di una forza cogente profonda. Orbene, non esiste fra i musulmani un’opinione unitaria e definitiva, che consenta di delineare quali siano i requisiti di una forma di Stato islamico. Khatami tra l’altro ritiene che possa esistere una forma di Stato,anche non islamica,senza il consenso del popolo (anche se ciò è ben lontano dal suo ideale) ma che essa sia destinata a dissolversi in breve tempo poiché la condizione principale per l’esistenza di uno Stato è che il popolo sia il protagonista della scena politica. Libertà politica per Khatami significa, in primo luogo diritto del popolo a partecipare alla gestione del proprio destino politico; per raggiungere un tale risultato è necessario che il popolo goda di libertà di pensiero, di parola, di associazione, ed inoltre fruisca del diritto di interrogare le istituzioni dello Stato. La radice dello Stato, quindi, si troverebbe nel popolo ed il destino di esso è nelle sue mani. Per quanto attiene al rapporto tra religione e democrazia, è da tenere presente che molte religioni in Europa ed una parte consistente dei pensatori islamici, ritengono che la religione debba fungere unicamente da guida nella direzione della vita ultraterrena, pertanto in questa ottica la religione potrebbe coesistere con la democrazia. Al contrario però se si afferma che la religione debba stabilire le norme e le leggi della vita dell'uomo in questo mondo, promuovendo quindi una regolamentazione dall’alto,si aprono due possibilità.Da una parte,secondo una visione più assolutistica,all'uomo spetterebbe unicamente l'obbligo di obbedire, e in caso di disobbedienza, i custodi della religione avrebbero il diritto di costringerlo a rispettare i precetti;oppure,in una chiave più moderata,la religione si dovrebbe limitare a codificare un quadro generale della vita, lasciando alla ragione la definizione degli altri aspetti. E’ da tenere bene presente che mentre inalterabile e sacra è l'essenza della religione, l'interpretazione della stessa è un fatto umano per cui la forma di stato è un fatto che appartiene al popolo. In conclusione, Khatami afferma che la religione debba fissare i caratteri dello Stato ideale; se la maggioranza opta per una interpretazione particolare dell'Islam, allora prevarrà tale interpretazione, ma se si intende riconoscere il popolo come condizione basilare,allora ciò implicherà che siano possibili altre interpretazioni,concezioni,e modi di pensare. Per cui, se e quando il popolo non vorrà più riconoscere la legittimità dello Stato, esso avrà diritto di imporsi. Il promotore dello Stato Islamico quindi può essere soltanto un individuo consapevole, musulmano e giusto, mentre per quanto attiene alla forma di Stato Islamico i suoi requisiti sono stati specificati dalla religione. Il Consiglio dei Guardiani, la stampa conservatrice e le aspettative disilluse degli iraniani,che in un primo momento avevano creduto nel progetto democratico,portarono all’erosione del consenso verso un presidente “aperto” e “liberale”.Ai suoi sostenitori che lo invitavano a resistere in modo fermo alle pretese dei conservatori e a dimettersi se necessario dalla carica di Presidente, egli ha sempre replicato affermando la sua preferenza per il compromesso giorno per giorno. Le elezioni politiche del 2005,anche a causa di una astensione generale dell’elettorato più progressista, hanno segnato la vittoria dell’ala conservatrice del clero ,portando alla carica di Presidente Ahmadinejad, segnando così un’altra metamorfosi nel regime iraniano. Ahmadinejad è l’espressione politica dei paramilitari che hanno combattuto la guerra contro l’Iraq,i quali a causa dell’oligarchia religiosa e la mancanza di un candidato valido fino ad ora non erano mai riusciti ad avere un peso specifico all’interno della politica del paese.Egli è un conservatore con però una posizione diversa anche rispetto al clero tradizionalista,si scontra con le idee riformiste dei seguaci di Khatami ma anche contro la destra pragmatica dell’ex Presidente Rafsanjani.Egli non ha stima né nei confronti del clero,in particolare di quello ricco rappresentato dallo stesso Rafsanjani,nè nei confronti del suo predecessore Khatami,avendolo accusato di aver attirato l’attenzione dei media stranieri,di aver viaggiato troppo,di essersi vantato come un filosofo e un intellettuale,ma soprattutto di aver svenduto il diritto dell’Iran ad avere voce nelle questioni sull’Iraq e l’Afghanistan.La sua elezione è apparentemente la dimostrazione della realizzazione degli ideali di democrazia della rivoluzione del 1979:il figlio di una famiglia umile è riuscito ad arrivare ad una posizione di prestigio. Nonostante le sue origini ,il giovane Ahmadinejad si distinse per la propria attitudine agli studi,riuscendo ad entrare alla prestigiosa facoltà di ingegneria dell’Università di Teheran e conseguendo la laurea in ingegneria civile con specializzazione nel settore dei trasporti.Ottenne poi la cattedra all’interno della stessa Università ,ma fin da subito emerse la sua passione per la politica,in particolare la sua affezione nei confronti della milizia volontaria organizzata del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (o Pasdaran) fedelissimi all’ayatollah Khomeini.Egli prese parte,tra le fila dei pasdaran,alla cosidetta operazione Kirkuk con cui le forze speciali iraniane nel 1987 riuscirono a penetrare in territorio iracheno e a danneggiare le forniture di carburante destinate all’esercito di Saddam. Dopo l’esperienza come governatore di vari distretti dell’Azerbaigian e vari tentativi falliti di ingresso nella politica nazionale,nel 2005 vinse le elezioni presidenziali,battendo al ballottaggio il conservatore Rafsanjani. Pur non essendo un membro del clero,egli è molto vicino all’establishment teocratico e riconosce come Guida spirituale l’ayatollah Yazdi,secondo cui l’esistenza e il futuro della Repubblica islamica dipendono dalla volontà di Dio e non da quella del popolo,divergendo così nettamente dall’orientamento del suo predecessore Khatami.Yazdi,che ha curato personalmente la campagna elettorale di Ahmadinejad,oltre ad essere stato l’esponente del movimento in cui convertono religiosi,militari e servizi segreti è anche capo del gruppo radicale sciita Hojatieh (istituito negli anni ’50 ma poi bandito dallo stesso Khomeini).Subito dopo la rivoluzione del 1979,Ahmadinejad mostrò interesse verso la setta di Hojatieh devota al XII Imam,secondo cui un giorno egli ritornerà e riporterà la pace e la giustizia.Nonostante secondo l’ideologia dell’Hojatieh i “discepoli” non dovrebbero lasciarsi coinvolgere dalla politica,Ahmadinejad prese a modello Khomeini che,nonostante fosse coinvolto nella politica,restava un musulmano devoto. Di fronte alla sua politica ultraconservatrice viene spontaneo domandarsi se l’Iran sia regredito nel suo processo di modernizzazione tanto auspicato da Khatami. Ad oggi ci troviamo di fronte ad un paese spaccato.Da una parte il regime teocratico vive sicuramente una stagione di forza,al punto da dubitare se si tratti ancora di “semplice” teocrazia o di una vera e propria “tirannia islamica”(come è stata definita ultimamente da H. Clinton),viste anche le ostilità manifestate nei confronti delle minoranze (specialmente nei confronti degli ebrei) e le misure normative che potrebbero essere criticate dal punto di vista della loro legittimità costituzionale (vedi ruolo della donna,libertà di espressione e di stampa).Dall’altra parte,vi sono le manifestazioni della popolazione represse nel sangue,che vengono documentate e denunciate, seppur con grande difficoltà, e che fanno pensare ad un “altro Iran” che ripone tutte le sue speranze in Khatami (che però ha annunciato di volersi ritirare dalla vita politica) e nei suoi successori. Difficile stabilire quali saranno gli sviluppi nel panorama della Repubblica Islamica dell’Iran,vista la rielezione di Ahmadinejad nelle ultime elezioni del 2009,ciò che da “occidentali” possiamo augurarci è che comunque l’Iran continui il suo progresso e che possa realizzare le proprie potenzialità che lo rendono forse il paese più moderno tra gli Stati islamici. Alessia Boccolucci Donatella Levante Carolina Lucioli Simona Ersilia Ponterosso Bibliografia F. Sabati “Storia dell’Iran”,Bruno Mondadori,2009 L. Petrillo “Iran”,edizioni Il Mulino,2008 R.Guolo “La via dell’Imam.L’Iran da Khomeini ad Ahmadinejad”,edizioni Laterza,2007 M. Kathami “Religione,libertà e democrazia”,edizioni Laterza,1999