L`ESTRAZIONE DEI DENTI E LE TECNICHE DI ENDODONZIA

Ippologia, Anno 9, n. 2, Giugno 1998
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L’ESTRAZIONE DEI DENTI E LE TECNICHE
DI ENDODONZIA NEGLI EQUINI*
PADDY M. DIXON, MVB, PhD, MRCVS
University of Edinburgh
Riassunto
È raro che si debbano estrarre per ragioni mediche gli incisivi, i canini o i denti di lupo degli equini; tuttavia, per questi ultimi (i primi premolari) l’asportazione viene effettuata frequentemente su richiesta del cliente. Le tre tecniche utilizzabili per l’estrazione dei denti molari e premolari degli equini sono la repulsione, l’estrazione per via orale e quella mediante buccotomia
laterale. L’estrazione per via orale viene effettuata più facilmente nei cavalli anziani o nei casi in cui è presente un’estesa periodontopatia in assenza di carie. A differenza delle altre tecniche di estrazione, quella per via orale non richiede l’anestesia generale. La repulsione è il metodo maggiormente usato e può essere l’unico applicabile nei casi in cui sono presenti carie avanzate dei denti molari; comporta però una considerevole frequenza di sequele postoperatorie. Invece, l’estrazione mediante buccotomia laterale sembra determinare ben poche conseguenze indesiderate; questa metodica è utile soprattutto per i premolari.
Una conseguenza rara, ma molto grave, dell’estrazione mediante buccotomia laterale è la paralisi nasale. Tutte le tecniche di
estrazione portano all’eccessiva crescita del dente che dovrebbe contrastare con quello rimosso. L’endodonzia può essere utilizzata in caso di infezioni apicali dei premolari localizzate ed in fase iniziale; se ha successo, il trattamento permette al dente di
continuare l’eruzione. Per effettuare questa tecnica attraverso l’approccio esterno al di sopra dell’apice del dente sono necessarie attrezzature e capacità tecniche superiori, nonché l’anestesia generale.
Summary
Although equine incisor, wolf (first premolar), or canine teeth seldom require extraction on medical grounds, the wolf teeth
are frequently removed because of client requests. Three techniques for extracting equine cheek teeth are repulsion, oral
extraction, and lateral buccotomy extraction. Oral extraction is most readily performed in aged horses or in cases that involve
extensive periodontal disease in the absence of caries. Unlike the other extraction techniques, oral extraction does not require
general anesthesia. The repulsion techniques is the most widely used extraction method and may be the only technique that is
applicable in cases that involve advanced caries of the caudal cheek teeth; this method has a considerable rate of postoperative sequelae. By contrast, the lateral buccotomy extraction technique apparently causes relatively few postoperative sequelae;
this method is of most value for the rostral cheek teeth. A rare but very serious sequela to lateral buccotomy extraction is
nasal paralysis. All extraction techniques lead to overgrowth of the opposing cheek tooth. Endodontic treatment can be used
in cases that involve early, localized apical infections of the rostral cheek teeth; if successful, treatment allows continued eruption of the treated tooth. To perform this technique through external approaches over the apex of the tooth, additional equipment and training as well as prolonged general anesthesia are required.
È raro che gli incisivi degli equini debbano essere
estratti. Le eccezioni più importanti sono correlate alla
ritenzione dei denti soprannumerari che provocano la
dislocazione caudale degli incisivi permanenti in via di
sviluppo, più grandi, o degli incisivi controlaterali che si
consumano.
*Da “The Compendium on Continuing Education for the Practicing
Veterinarian” Vol. 19, N. 5, maggio 1997, 628. Con l’autorizzazione dell’Editore.
TECNICHE DI ESTRAZIONE
Incisivi
Gli incisivi ritenuti possono di solito essere lussati in un
cavallo in piedi con un contenimento minimo servendosi
di una pinza da estrazione dentale e poi rimossi con delle
pinze da odontoiatria per piccoli animali. Occasionalmente, è necessario praticare un’incisione sulla faccia labiale
della gengiva che ricopre l’incisivo ritenuto, per consentirne la lussazione con una leva prima dell’estrazione.
Bisogna fare attenzione ad evitare di confondere gli
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L’estrazione dei denti e le tecniche di endodonzia negli equini
incisivi decidui ritenuti con quelli permanenti soprannumerari, simili, per dimensioni ed aspetto, a tutti gli altri.
La corona di riserva (cioè quella corrispondente alla parte
di dente non ancora erotta) e l’apice di questi denti possono essere più lunghi di 5 cm ed intimamente associati ai
denti normali adiacenti. L’estrazione dei denti soprannumerari richiede quindi un intervento chirurgico più complesso e comporta anche il rischio di danneggiare quelli
adiacenti. Poiché questi denti soprannumerari sono in
genere innocui, è preferibile mantenerli, tranne che nei
cavalli da esposizione.
Nel cavallo è relativamente comune la frattura degli
incisivi (Fig. 1). Quelli decidui vengono normalmente rimpiazzati, a tempo opportuno, da quelli permanenti. La
frattura di questi ultimi (anche con esposizione della cavità
pulpare) non rappresenta necessariamente un’indicazione
per l’estrazione, soprattutto nei cavalli più giovani; il largo
apice di questi denti può consentire lo sviluppo di un processo infiammatorio della polpa senza che questa vada
necessariamente incontro a necrosi. Questa caratteristica
differisce da quanto si osserva abitualmente come sequela
dell’esposizione pulpare nei denti brachidonti. In molti
casi, la parte esposta della cavità pulpare degli equini si
chiude, gradualmente ma completamente, ad opera di una
dentina secondaria riparatrice (Fig. 2). Il dente danneggiato continua ad erompere ed infine arriva a completare
l’occlusione, venendo a contatto di quello corrispondente
sull’altra arcata dentaria.
In alternativa (ma non necessariamente), se si dispone
di strumenti adatti all’endodonzia, la polpa esposta può
essere sigillata (con un processo detto incapsulamento pulpare) oppure asportata parzialmente (pulpotomia) o completamente (pulpectomia); la cavità pulpare viene quindi
chiusa dalla faccia coronale (orale) del dente. Mentre nei
cavalli giovani è caratteristica la presenza di apici larghi, in
quelli più anziani il foro apicale è più piccolo ed i canali
pulpari sono più stretti e più esposti allo sviluppo della
necrosi pulpare. Inoltre, se il trauma ha determinato un
esteso danno dell’alveolo ed ha compromesso l’apporto
ematico alla polpa, questa può andare incontro ad infezione o necrosi. La successiva estensione del processo infettivo al periodonzio determina l’allentamento del dente colpito. Questi incisivi possono quindi essere facilmente
estratti per via orale con il minimo sforzo (Fig. 3).
Gli incisivi intatti allentati da un trauma devono essere
fissati con del filo metallico a quelli circostanti, più stabili.
Allo scopo, è possibile far passare un ago ipodermico da
16 G fra i denti, appena al di sopra del livello degli alveoli,
ed introdurvi un filo metallico in acciaio inossidabile con
cui realizzare una sutura orizzontale da materassaio per
fissare il dente “che balla” a quelli vicini. Specialmente nei
cavalli giovani, questi denti possono andare incontro a stabilizzazione e continuare a crescere normalmente.
FIGURA 1 - Questo purosangue di 4 anni aveva ricevuto un calcio da un
altro cavallo, con conseguente frattura ed esposizione pulpare di tre
denti permanenti (i due incisivi centrali ed uno mediano). Il foro apicale
dilatato di questi giovani denti può permettere alla polpa esposta di
controllare l’inevitabile infezione, permettendo alla dentina di riparazione e secondaria di colmare completamente i difetti pulpari occlusivi e
consentire il proseguimento della crescita del dente.
FIGURA 2 - Questo cantone aveva subito una frattura traumatica diverse settimane prima. La cavità pulpare esposta è quasi occlusa dalla
dentina di riparazione; resta solo una piccola area esposta. Subito prima che venisse scattata la fotografia, la polpa esposta era stata punta
con un ago, ottenendo un sanguinamento (il sangue è visibile al di sotto di questa zona); ciò indica che in questa fase la polpa è ancora vitale.
È possibile, ma improbabile, che si abbia una necrosi pulpare.
Primi premolari
Le vestigia del primo premolare (il cosiddetto “dente di
lupo”) vengono spesso accusate dai proprietari di causare
anomalie di occlusione e problemi comportamentali
(come, ad esempio, il rifiuto del morso e certe alterazioni
dei movimenti e del portamento della testa). A meno che
questi denti non siano macroscopicamente ingrossati o
dislocati, tuttavia, è difficile immaginare come possano
interferire con il morso o causare questo tipo di problemi.
In questi casi, è possibile che non vi sia alcuna indicazione
clinica alla loro asportazione, trattandosi di denti normali;
tuttavia, alcuni veterinari ritengono che sia sempre meglio
toglierli. A parere dell’autore del presente lavoro, a meno
che non siano di dimensioni anomale o malposizionati,
questi denti possono essere rimossi con delle leve adatte in
anestesia topica o locale, in un soggetto contenuto con un
torcinaso o sedato.
Denti canini
I canini sono denti ipsodonti con una struttura sempli-
Ippologia, Anno 9, n. 2, Giugno 1998
ce. A meno che non siano posizionati in modo anomalo,
non interferiscono con il morso. In rare occasioni, è necessario estrarli perché sono disposti in modo errato. In questi casi, è necessario esaminare radiograficamente la regione; spesso, questi denti presentano più di 5 cm di corona
di riserva affondata nell’osso mascellare mandibolare. Per
asportare questi denti, è necessaria un’ampia resezione
laterale dell’osso di sostegno e dell’alveolo; in genere, l’intervento va effettuato in anestesia generale.
Premolari e molari (Denti masticatori)
Estrazione per via orale
Anche se alcuni li considerano obsoleti, i metodi di
estrazione dei denti per via orale presentano dei vantaggi
di sicurezza ed economicità che non si riscontrano con le
tecniche che richiedono l’anestesia generale (cfr. Tecniche
di estrazione dei denti masticatori). Grazie alla possibilità
di disporre dei moderni sedativi ed analgesici, queste
metodiche stanno riguadagnando popolarità in alcune cliniche. L’operazione viene attuata più facilmente nei cavalli
anziani (perché hanno una corona di riserva più corta) e
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soprattutto in presenza di un’estesa periodontopatia; in
questi casi, l’estrazione dei denti attraverso la bocca richiede una forza minore (Fig. 4).
Con la pratica, la tecnica può essere utilizzata per estrarre i denti masticatori anche nei cavalli giovani. È particolarmente utile nei casi in cui è necessario estrarre più denti,
poiché evita di dover effettuare numerose aperture esterne
di accesso chirurgico. In presenza di segni di grandi carie
dentarie o di fratture della corona, soprattutto negli animali giovani, l’estrazione per via orale può essere inattuabile,
perché il dente si spezza al di sopra dell’alveolo. Le limitate
possibilità di accesso per via orale agli alveoli dei denti
masticatori fanno sì che per rimuovere i maggiori residui
dentali da un alveolo siano di solito necessari l’approccio
chirurgico esterno e l’anestesia generale.
L’estrazione per via orale in genere risulta di più facile
esecuzione a livello dei denti masticatori più rostrali, perché è possibile disporre di visibilità ed accesso sufficienti e
si corrono meno rischi di provocare dei danni o anche di
estrarre il dente sbagliato. L’operatore deve sempre accertarsi che la pinza faccia presa esclusivamente sul dente colpito. Ciò risulta particolarmente importante se si cerca di
estrarre uno dei denti masticatori situati in posizione più
caudale. Alcune pinze da estrazione standard hanno delle
Tecniche di estrazione dei denti masticatori
Estrazione per via orale Adatta per i cavalli anziani o nei pazienti
con periodontopatie estese, ma senza carie;
non richiede l’anestesia generale
FIGURA 3 - Questo giovane cavallo aveva subito un trauma mandibolare diverse settimane prima. La retrazione gengivale e l’allentamento dei
due incisivi permanenti sono associati a fratture e sequestro del tessuto
osseo mandibolare di sostegno. Un sequestro mandibolare è stato
rimosso con le pinze (frecce) in anestesia generale. Anche i denti allentati sono stati rimossi facilmente.
Repulsione
Preferita per i pazienti con carie in stadio
avanzato dei denti masticatori caudali;
associata ad una significativa incidenza di
sequele postoperatorie
Buccotomia laterale
Applicabile soprattutto ai denti masticatori
rostrali; la paralisi nasale rappresenta una
rara conseguenza
FIGURA 4 - Quattro denti masticatori di un vecchio purosangue che
aveva sviluppato una grave periodontopatia secondaria. Si noti l’alterazione del colore dello smalto della corona di riserva, che ha perso il
cemento periferico. Poiché restano solo piccole aree di periodonzio,
tutti questi denti sono stati facilmente estratti per via orale. La periodontopatia cronica ha portato alla formazione di ascessi apicali ed alla
caduta delle radici dei denti.
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L’estrazione dei denti e le tecniche di endodonzia negli equini
ganasce troppo larghe per i denti masticatori dei pony o
dei cavalli più piccoli, per cui risulta difficile afferrare il
dente interessato senza danneggiare quelli adiacenti. Se
non si può disporre di speciali pinze di dimensioni più
ridotte, bisogna molare le ganasce di uno strumento standard fino ad adattarle alla misura ridotta di questi denti.
La tecnica di estrazione per via orale può essere meno
adatta nei cavalli che presentano (1) un tragitto fistoloso
che dal dente colpito si apre all’esterno, poiché si tratta di
una lesione infetta che richiede un appropriato curettage,
o (2) una sinusite mascellare secondaria ad anomalie associate ad uno dei quattro denti masticatori più caudali dell’arcata superiore, perché può essere necessario il curettage del tessuto periapicale infetto, il miglioramento del drenaggio del tragitto fistoloso e l’accurata chiusura dell’estremità orale dell’alveolo. Nelle infezioni periapicali dei
denti masticatori mandibolari dei cavalli giovani, la lunga
corona di riserva e le prime alterazioni patologiche localizzate fanno sì che sia necessario un grande sforzo per lacerare l’estesa membrana periodontale sana per consentire la
rimozione di questi denti (che possono anche essere strettamente incastrati, sul piano verticale, fra i due adiacenti).
Con pazienza e, forse, più di 30 minuti di considerevoli
sforzi, di solito è possibile estrarre intatti questi denti per
via orale.
Con l’aiuto di almeno due assistenti, il cavallo viene
profondamente sedato con un’associazione di romifidina
(nel Regno Unito), detomidina o xilazina e butorfanolo. Se
possibile, il contenimento va attuato anche con le balze ed
una capezza. Con un’adeguata fonte di luce si illumina la
cavità orale, quindi si applicano le pinze da estrazione sul
dente colpito, ad una distanza di circa 5 mm dalle gengive.
Prima dell’estrazione per via orale, è possibile sollevare la
gengiva dei denti masticatori orali (servendosi di un lungo
osteotomo) o caudali (con un lungo specillo affilato).
Una volta afferrato il dente colpito, si bloccano in posizione le pinze da estrazione. Data l’ampiezza di alcuni
denti masticatori mascellari, può essere impossibile utilizzare il sistema di blocco meccanico delle pinze; in questi
casi, si devono fissare insieme con del nastro le impugnature dello strumento, per ridurre lo sforzo richiesto alle
braccia dell’operatore.1 I primi movimenti della pinza
devono essere delicati ed effettuati lateromedialmente,
mentre la testa del cavallo viene tenuta ferma; il movimento in senso rostrocaudale è impossibile, tranne che per il
primo e l’ultimo dente. L’oscillazione lateromediale va gradualmente aumentata. Se si esercita troppo rapidamente
una forza eccessiva, si può provocare la frattura della radice nell’alveolo, che impone l’abbandono della tecnica di
estrazione per via orale.
A seconda dell’età del cavallo e della salute del periodonzio adiacente, presto si ottiene un leggero movimento
laterale; si rende evidente un aumento dell’emorragia gengivale e si sente un rumore di “sguazzamento” (“cicciac”). A questo punto, fra il dente colpito e quello caudale adiacente si inserisce un separatore per molari. Quando
le branche di questo strumento si chiudono, i denti vengono separati, allentando ancor più la membrana periodontale. Il separatore viene quindi applicato rostralmente al
dente colpito ed utilizzato nello stesso modo. Il potenziale
danno permanente che il separatore può causare ai denti
adiacenti sani non è stato sottoposto a valutazione critica,
ma è sconsigliabile utilizzare questo strumento per asportare il secondo di questi denti, perché si potrebbe danneggiare in modo irreversibile il primo. Sui tre denti masticatori caudali dell’arcata inferiore si deve utilizzare solo un
separatore molare con una lamina inclinata, a causa dell’elevata curvatura della corona di riserva di questi denti.
Una volta allentati, il modo più facile per estrarre i denti
è quello di esercitare una forza diretta verticalmente. Fra
le pinze da estrazione e la superficie occlusiva di un dente
situato rostralmente a quello da estrarre si deve porre un
fulcro; quindi, si inizia gradualmente ad imprimere allo
strumento un movimento di oscillazione verticale. Per
estrarre il primo o secondo premolare, è possibile utilizzare come fulcro un pezzo di legno posto attraverso la regione della barra. Una volta ottenuto un certo movimento
verticale, si riposizionano le pinze da estrazione applicandole nel punto più basso possibile sul dente colpito. Con
un’ulteriore azione di leva verticale, questo viene rimosso.
Nel corso dell’estrazione per via orale dei denti masticatori dei cavalli giovani, non c’è abbastanza spazio per far
passare nella cavità orale tutta la corona di riserva. Ciò
vale in particolare per i denti più caudali di questi animali.
A meno che il dente colpito non possa essere deviato
medialmente, bisogna estrarlo finché non viene a contatto
di quello corrispondente dell’altra arcata dentale e poi
tagliarlo con una trancia per denti (tagliamolari). Se la parte restante del dente non ricade nell’alveolo, può essere
asportata nello stesso modo con le pinze. A differenza di
quando accade con la tecnica di repulsione, le parti apicali
dei denti estratti vengono di solito rimosse intatte.
Anche se dopo l’estrazione per via orale negli alveoli
restano piccoli frammenti di tessuto dentale, questi vengono presto sequestrati nella cavità orale e, quindi, di solito
sono innocui. Tuttavia, se inizialmente erano presenti dei
tragitti fistolosi esterni, questi frammenti possono essere
all’origine della persistenza dell’infezione e dello scolo di
essudato.
Se il dente non viene estratto integro, si deve esaminare
con l’esplorazione digitale l’alveolo per rilevare eventuali
frammenti allentati che, se possibile, vanno rimossi con le
dita. È impossibile effettuare il curettage degli alveoli dei
denti masticatori caudali per via orale. Prima dell’intervento e nei tre giorni successivi si somministrano antibiotici ad ampio spettro (ad esempio, un’associazione di penicillina e streptomicina o metronidazolo). Può essere utile
inserire nell’alveolo uno zaffo di cotone imbevuto di
metronidazolo o contenente due compresse da 400 mg
dello stesso farmaco; questo bendaggio deve essere sostituito dopo qualche giorno. Entro 1-2 settimane, il bendaggio viene spinto in cavità orale dall’infiammazione alveolare postoperatoria.
Repulsione
La tecnica più ampiamente utilizzata per la rimozione
dei denti masticatori degli equini è la repulsione. Questo
può essere l’unico modo per asportare dal terzo al sesto di
questi denti sull’arcata superiore e dal quinto al sesto su
quella inferiore, soprattutto se i denti colpiti presentano
carie in fase avanzata o sono fratturati e se l’estrazione per
via orale è impossibile. La repulsione richiede l’anestesia
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generale e l’uso di un tubo orotracheale dotato di palloncino insufflabile per prevenire l’inalazione del sangue e dei
detriti durante l’intervento.2 A causa della curvatura variabile delle corone di riserva, gli apici del primo, quinto e
sesto dente masticatorio non si sovrappongono alle rispettive superfici occlusive, soprattutto nei cavalli giovani. Prima di iniziare l’intervento è quindi necessario individuare
dei precisi punti di repere (Fig. 5).
Le immagini riprese in proiezione laterolaterale – con
una sonda metallica diritta introdotta nel tragitto fistoloso
(se presente), con delle graffette metalliche applicate sulla
cute o con dei contrassegni metallici fissati con del nastro
adesivo sulla tumefazione facciale – possono aiutare il chirurgo a scegliere la sede di intervento ottimale. Quando i
tragitti fistolosi esterni sono assenti, l’accurato esame delle
radiografie in proiezione laterolaterale seguito dall’identificazione della sede della corona colpita (mediante esame
del cavo orale e palpazione attraverso le guance) permette
di determinare la localizzazione e l’angolazione dell’apice.
È utile “graffiare” il profilo del dente colpito sulla cute
prima di delimitare con i teli il campo operatorio.
Se il chirurgo non è sicuro della sede in cui introdurre il
punzone, si deve effettuare la ripresa di una radiografia
intraoperatoria in proiezione laterolaterale con lo strumen-
FIGURA 5 - Sezione longitudinale di un quarto dente masticatore
mascellare, che mostra la corona di riserva e l’apice all’interno del seno
mascellare rostrale. Sono indicati il nervo infraorbitale sottostante (i) e
la grande arteria palatina (p). Come avviene solitamente in questi casi,
l’ipoplasia del cemento infundibolare centrale (punta di freccia) non è
significativa perché la polpa adiacente, compresa la camera pulpare
comune, è sana.
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to applicato in sede attraverso un’apertura praticata col
trapano. Questi punti di repere consentono di valutare
con precisione la posizione e l’angolazione del punzone.
La procedura ritarda l’intervento, ma può evitare il traumatismo o la repulsione di un dente normale.
Una volta identificata in modo affidabile la sede dell’apice colpito, si deve procedere con l’intervento, utilizzando un punzone delle massime dimensioni possibili per
ridurre il rischio di fratturare eccessivamente il dente
durante la repulsione (Fig. 6). I punzoni rettangolari risultano più adatti alla forma dei denti masticatori degli equini. La punta dello strumento deve essere posta al centro
dell’apice colpito e diretta secondo un’angolazione appropriata. La repulsione del dente si effettua imprimendo
ripetuti colpi con un pesante martello metallico. Bisogna
controllare continuamente l’angolazione del punzone per
evitare deviazioni lungo il piano rostrocaudale (che
potrebbero danneggiare i denti adiacenti) o mediolaterale
(che potrebbero determinare la frattura delle strutture
ossee di supporto). Nella mandibola, queste fratture in
genere non comportano la dislocazione dei monconi e
guariscono spontaneamente.
Durante la repulsione dei denti masticatori rostrali
mascellari, le deviazioni laterali o mediali del punzone possono causare la frattura, rispettivamente, dell’osso mascellare o del palato duro. La maggior parte di queste lesioni
guarisce spontaneamente; quelle palatine possono provocare un’emorragia orale profusa, ma autolimitante. La dislocazione mediale del punzone può causare la frattura della
parete alveolare mediale e danneggiare le conche nasali;
questa conseguenza si manifesta con l’immediata comparsa
di sangue a livello della narice corrispondente.
È utile disporre di un assistente che appoggi le dita sulla
superficie occlusiva del dente colpito, per verificare (percependo la vibrazione del colpo inferto col mantello sul
punzone) che quello che si cerca di estrarre sia proprio
quello giusto. La comunicazione fra gli operatori deve
essere chiara, soprattutto quando il dente da estrarre si
allenta o diventa poi necessario effettuare il curettage dell’alveolo. L’assistente può apprezzare con la palpazione le
fratture mandibolari o mascellari causate dalla deviazione
mediolaterale del punzone in una fase relativamente pre-
FIGURA 6 - Punzoni dentali “fatti in casa” in acciaio inossidabile. Due
sono piegati, per permettere la repulsione dei denti mascellari attraverso l’apertura mascellare, perché gli apici di questi denti sono situati
medialmente al campo operatorio.
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L’estrazione dei denti e le tecniche di endodonzia negli equini
coce e può guidare la correzione della direzione dello strumento. Durante la repulsione dei denti masticatori dei
cavalli giovani, lo spazio disponibile può essere insufficiente a consentire che il dente venga spinto completamente nella cavità orale. In questi casi, può essere possibile ridirezionare medialmente il dente; in caso contrario,
occorre tagliarlo prima di spingerne fuori la parte restante.
A meno che non ci si trovi di fronte ad un cavallo giovane con un’infezione di vecchia data (che dura da più di 12
mesi), la membrana periodontale è solitamente integra per
gran parte dell’alveolo; di conseguenza, occorre notevole
forza per la repulsione del dente. In questa situazione, l’apice di solito si frattura durante l’operazione ed i suoi
frammenti restano saldamente adesi all’alveolo. Nelle infezioni periapicali dei denti masticatori rostrali della mandibola, in particolare, può costituire un problema la sclerosi
fra il dente colpito e l’alveolo. La presenza di frammenti
dentali residui può essere suggerita dalla forma del dente
espulso, a meno che questo non sia stato completamente
frammentato durante l’operazione.
Inserendo ripetutamente dei tamponi all’interno dell’alveolo in genere è possibile eliminare il gemizio di sangue
abbastanza a lungo da consentire l’ispezione visiva della
parte per rilevare l’eventuale presenza di residui dentali di
colore chiaro, spesso scintillanti. L’alveolo deve poi essere
esaminato introducendovi un dito per via orale, alla ricerca di residui dentali. Qualsiasi frammento eventualmente
rilevato deve essere liberato con una curette o uno scalpello, passando attraverso l’apertura praticata per la repulsione, e poi estratto con un paio di pinze o spinto nella cavità
orale. L’alveolo viene poi sottoposto ad un accurato curettage a livello della parte apicale, per eliminare ulteriori
frammenti (Fig. 7). Quando si effettua la repulsione dei
denti masticatori mascellari rostrali, è necessario fare particolarmente attenzione ai margini rostrali e caudali per
evitare di danneggiare gli alveoli adiacenti o il dotto nasolacrimale.
Dopo la repulsione di un dente masticatore, si possono
verificare delle sequele postoperatorie che costituiscono
un problema grave e frustrante.3-5 La persistenza dell’infezione alveolare si ha nel 47% dei casi di rimozione dei
denti superiori4 e nel 35% delle asportazioni dei denti
masticatori in genere.5 Queste infezioni sono comunemente associate alla presenza di frammenti dentali od ossei
intraalveolari. Di conseguenza, dopo ogni repulsione si
devono effettuare delle radiografie intraoperatorie, nonostante che ciò comporti inevitabilmente un ritardo del
risveglio dall’anestesia. Bisogna sforzarsi di localizzare e
rimuovere i frammenti di osso o dente eventualmente evidenziati dalle indagini radiografiche.
Dopo aver rimosso tutti i frammenti, bisogna asciugare
la superficie orale dell’alveolo con dei tamponi e chiudere
la cavità fino ad una profondità di 2 cm. Di solito, per i
denti mandibolari o la parte rostrale di quelli mascellari
risulta adeguato un tampone di cera riscaldata. Anche se
questo “tappo” va perduto prematuramente (cioè prima
che l’alveolo venga chiuso dal tessuto di granulazione), la
fuoriuscita di materiale alimentare attraverso l’apertura
praticata per la repulsione può cessare spontaneamente. In
alternativa, di solito ha successo l’irrigazione seguita dall’occlusione dell’apertura apicale dell’alveolo con una benda imbevuta di metronidazolo (non un tampone) o dell’apertura alveolare occlusiva con un altro tampone di cera o
di materiale acrilico (o simile). Per ridurre al minimo le
comuni infezioni alveolari postoperatorie, subito dopo la
repulsione si inizia un ciclo di somministrazioni di antibiotici della durata di 7 giorni.
In caso di perdita prematura del tappo alveolare dagli
alveoli mascellari caudali, si possono avere sequele più
gravi. La più significativa di queste complicazioni è lo sviluppo di una fistola oromascellare (oroantrale) (Fig. 8) che
permette al materiale alimentare di colmare il tragitto
fistoloso. Questa complicazione di solito impone il ricorso
all’anestesia generale ed alla sinusotomia per evacuare la
fistola. Di conseguenza, l’autore suggerisce caldamente
l’impiego di un tappo in cemento osseo (metacrilato) o
FIGURA 7 - Questo cavallo presentava una sinusite mascellare cronica
da più di 6 mesi. In anestesia generale, venne realizzata un’apertura
mascellare rostrale; il curettage evidenziò l’apice del quarto dente, di
colore alterato, circondato da una gran quantità di tessuto fibroso calcificato, che in parte è stato rimosso ed è visibile sul tampone. Sull’osso
mascellare asportato (punta di freccia) è evidente la mucosa ispessita
del seno. Questa esposizione ed il curettage permettono di applicare
accuratamente il punzone per la repulsione e consentono il drenaggio
nasale di quest’area infetta e chiusa.
FIGURA 8 - Aspetto endoscopico del meato ventrale di un cavallo dopo
repulsione del quarto dente masticatore mascellare. La presenza di cibo
e materiale purulento indica la prematura perdita del tappo alveolare e
lo sviluppo di una fistola oromascellare.
Ippologia, Anno 9, n. 2, Giugno 1998
materiale acrilico per sigillare l’apertura orale degli alveoli
dei denti mascellari caudali ed in tutti i casi in cui viene
effettuata la repulsione di due denti adiacenti. I tappi in
cemento osseo si possono allentare e causare disagio a
distanza di mesi o anni. Occasionalmente, l’intrappolamento di alimenti può causare un’infezione gengivale locale. In questi casi, i tappi possono essere rimossi per via
orale con le pinze da estrazione dentale dopo aver sedato
il cavallo.
Denti mandibolari. Per la repulsione dei denti masticatori più rostrali, si pratica un’incisione longitudinale di 5
cm sulla faccia ventrale della mandibola, in modo che la
fistola e l’apice dentale colpito risultino al centro. L’incisione viene proseguita fino a livello dell’osso, attraversando il tessuto sottocutaneo che di solito è fibroso ed edematoso. Si identifica il tragitto fistoloso nell’osso mandibolare, si sollevano il periostio ed il tessuto localizzato locale e
li si scosta lateralmente e medialmente con un osteotomo,
realizzando un’apertura quadrata di 2,5 cm di lato intorno
al difetto mandibolare.
Se la radiografia ha dimostrato che il tragitto mandibolare è situato rostralmente o caudalmente all’apice colpito,
la finestra ossea va realizzata di conseguenza, nella posizione più appropriata. Un’apertura di queste dimensioni può
facilitare la visualizzazione e l’identificazione dell’apice
infetto ed evitare che il punzone si incastri in una più piccola. Per quest’ultima ragione, è utile disporre di un paio
di pinze da presa per ossa o di pinze sterili, per evitare che
il chirurgo distrugga una pinza emostatica nel tentativo di
liberare un punzone incastrato. Per i rari casi in cui sono
colpiti il quinto ed il sesto dente mandibolare degli equini
giovani, di solito è necessario adottare un approccio laterale attraverso i muscoli masseteri. Se si deve effettuare la
repulsione di un dente mandibolare caudale, è essenziale
prima identificare ed isolare il dotto parotideo e l’arteria e
la vena facciali.
Dopo la repulsione dei denti mandibolari o mascellari
rostrali, l’alveolo va sottoposto a curettage, esaminato
radiograficamente e sigillato nel modo precedentemente
descritto. Il tragitto fistoloso viene quindi irrigato con un
litro di soluzione fisiologica sterile e riempito con una benda imbevuta di metronidazolo da lasciare in sede per 48
ore. Le ferite operatorie non richiedono ulteriori trattamenti, a meno che non diventino maleodoranti o non presentino uno scolo eccessivo di materiale, nel qual caso
devono essere irrigate due volte al giorno con 500 ml di
soluzione di polivinilpirrolidone iodio diluita.
Denti mascellari rostrali. Quando si effettua la repulsione dei denti masticatori superiori, è essenziale evitare di
danneggiare il dotto nasolacrimale, che si trova su una
linea immaginaria fra il canto mediale dell’occhio e l’incisura nasoincisiva. Il primo, il secondo e (occasionalmente)
il terzo dente masticatore superiore si trovano nell’osso
mascellare all’esterno dei seni mascellari. Per effettuare la
repulsione di questi denti, si pratica un’incisione verticale
di 2-3 cm, solitamente centrata sul tragitto fistoloso od in
corrispondenza della massima tumefazione (a meno che i
riscontri radiografici non indichino che la parte colpita
dell’apice è localizzata diversamente).
Nei cavalli giovani, per esporre la parte può essere
necessario spostare dorsalmente il muscolo elevatore dorsale del labbro, dalla forma a stilo. Nei cavalli anziani, il
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muscolo elevatore nasolabiale può essere sezionato longitudinalmente nella direzione delle fibre. Utilizzando un
osteotomo o una sega da ossa, si realizza un’apertura quadrata di 2-3 cm di lato nell’osso mascellare, per esporre
l’apice colpito. È possibile che questa finestra debba essere allargata per ottenere una migliore esposizione chirurgica. Nei cavalli giovani, parte dell’apice del dente può essere situata dorsalmente alla sede operatoria (ed al dotto
nasolacrimale); in questi casi, l’apice può essere reciso trasversalmente con uno scalpello o una fresa per ossa e poi
rimosso, permettendo l’accesso necessario a spingere la
parte restante del dente nella cavità orale.
Denti mascellari caudali. Con la formazione di ascessi
periapicali a livello dei denti masticatori mascellari caudali
e di sinusite, di solito non si osservano tragitti fistolosi
esterni. Di conseguenza, può essere difficile identificare
accuratamente gli apici di questi denti per effettuare la
retropulsione. Per ottenere maggiori informazioni sulla
sede anatomica e le condizioni di questi apici, l’autore preferisce utilizzare la tecnica operatoria che prevede la realizzazione di un lembo osseo sul tragitto colpito (Fig. 9).
Ciò permette al chirurgo di visualizzare ed esaminare
mediante palpazione digitale gli alveoli per evidenziare
eventuali segni di malattia, a meno che l’ispezione visiva
non sia impedita dalla presenza di una quantità eccessiva
di pus o da un’emorragia. Si realizza un lembo osseo
mascellare di dimensioni appropriate (4 × 5 cm), tranne
che nei giovani cavalli con sospetta formazione di ascesso
periapicale a livello del sesto o (raramente) del quinto dente masticatore. In questi pazienti, si può ricorrere ad un
lembo frontonasale per accedere agli apici di questi denti,
lunghi e diretti caudalmente.
Cute, sottocute e periostio vengono incisi su tre lati e
sollevati insieme. Quindi, con una sega da ossa, si realizza
la finestra, eliminando il frammento osseo per evitare un
sequestro postoperatorio. L’asportazione di un pezzo di
osso di queste dimensioni di solito non determina la comparsa di deformità facciali permanenti, a meno che l’apertura non venga praticata su una porzione di osso che forma un angolo. Se l’infezione periapicale dei denti mastica-
FIGURA 9 - Un granuloma purulento (punte di freccia) visibile sulla faccia apicale infiammata di questo dente masticatore mascellare dopo
esposizione chirurgica mediante realizzazione di un lembo mascellare
caudale in anestesia generale. Pus e sangue spesso impediscono di
vedere così chiaramente il contenuto del tragitto fistoloso. (Riprodotto
con autorizzazione da Dixon PM: Equine Respiratory Endoscopy. Berkshire, England, Boeringher Ingelheim Co, 1993, p.39).
22
L’estrazione dei denti e le tecniche di endodonzia negli equini
tori viene confermata, la finestra ossea permette di applicare con precisione un punzone delle massime dimensioni
possibili per effettuare la repulsione del dente. Poiché l’apice colpito può non essere direttamente al di sotto del
lembo mascellare e gli apici sono leggermente inclinati in
direzione mediale, può essere necessario effettuare la
repulsione modificando gradualmente l’inclinazione del
punzone durante l’operazione.
Dopo l’intervento, è possibile che si debba migliorare il
drenaggio del seno mascellare nella cavità nasale. Il modo
migliore per ottenere questo risultato consiste nel realizzare una finestra nella parte dorsale, meno vascolarizzata,
della conca ventrale. Anche in questa sede, di solito si verificano imponenti emorragie che rendono necessario riempire con dei tamponi la cavità nasale. Dopo l’operazione,
la ferita viene completamente suturata su due piani. Un
catetere viene suturato nel seno frontale attraverso un piccolo foro praticato con il trapano (per consentire l’irrigazione postoperatoria del seno mascellare caudale) o nel
seno mascellare rostrale (se è stata effettuata la repulsione
di un dente più rostrale [il terzo o il quarto] ed il setto fra
i seni mascellari è integro).
Se è stato inserito un tampone nasale, questo può deviare il setto nasale e causare un’ostruzione delle vie aeree
della cavità nasale controlaterale. Durante il risveglio dall’anestesia, si deve inserire una sonda rinofaringea da 2025 G nella narice controlaterale. L’irrigazione del seno si
effettua con 5 litri di soluzione diluita tiepida di polivinilpirrolidone iodio due volte al giorno per circa 7 giorni o
fino a che non cessa lo scolo nasale maleodorante.
Estrazione mediante buccotomia laterale
L’estrazione mediante buccotomia laterale si effettua
praticando un’incisione laterale attraverso le guance per
penetrare nella cavità orale, seguita dalla rimozione della
parete alveolare laterale per esporre i denti colpiti.5,6 Questa tecnica è più adatta ai tre denti mascellari o mandibolari rostrali; il suo impiego è talvolta limitato nella parte caudale per la presenza dei seni mascellari e dei grandi
muscoli masseteri.7 Alcuni ricercatori hanno utilizzato la
metodica per rimuovere il quarto ed il quinto dente masticatore superiore.6 La strutture che devono essere accuratamente identificate ed evitate durante questo approccio
chirurgico sono rappresentate dalla branca boccale dorsale del nervo facciale, dal dotto parotideo e dall’arteria e
vena facciali.
Una volta penetrati nella cavità orale, si identifica il dente colpito e si solleva la gengiva dalla sua parte laterale,
ottenendo un lembo dorsale. L’osso alveolare laterale viene rimosso con un osteotomo, una fresa per ossa o una
sega oscillante in modo da esporre la faccia laterale del
dente.5 Quest’ultimo viene quindi allentato dalle sue inserzioni periodontali laterali con un osteotomo. Servendosi di
una fresa, si può realizzare nel dente una scanalatura che
lasci ulteriore spazio per l’estrazione.5
Quando il dente è stato estratto, l’alveolo viene sottoposto a curettage. Per accertarsi che non siano rimasti in
sede dei residui di dente o di osso, si effettua un esame
radiografico. L’alveolo viene quindi riempito con una benda impregnata di iodio, fatta fuoriuscire attraverso una
piccola incisione praticata nella guancia, dorsalmente alla
sede della buccotomia. Sull’apertura orale dell’alveolo si
applica un tappo di cera e si sutura il lembo gengivale laterale. Mucosa orale, muscoli, tessuto sottocutaneo e cute
delle guance vengono chiusi su piani separati. La garza
viene gradualmente sfilata nell’arco di un periodo di 1-2
settimane; di solito, non sono necessarie altre cure postoperatorie.
Questa tecnica richiede un intervento chirurgico più
prolungato della repulsione ed è associata al rischio di
danneggiare il nervo boccale dorsale e, quindi, causare la
paralisi nasale. Poiché quest’ultimo effetto è probabilmente in grado di determinare la fine della carriera di un
cavallo da corsa, può essere meglio riservare l’impiego di
questa tecnica ai pazienti che non si intendono destinare
alle competizioni. I principali vantaggi di questa metodica
sono l’identificazione definitiva del dente colpito, la limitata quantità di cure postoperatorie richiesta e la bassa
incidenza di sequele postoperatorie: in una segnalazione
non sono state riscontrate complicazioni in 24 soggetti
operati su 25.5
TRATTAMENTO ENDODONTICO DEI DENTI
MASTICATORI
Il trattamento endodontico (cura canalare) del cavallo è
stato utilizzato in misura limitata da diversi ricercatori.
L’uso di questa tecnica viene attualmente limitato dalle
note difficoltà di interpretazione delle radiografie dentali
degli equini e dalla limitatezza delle attuali conoscenze sulla patologia dentale del cavallo e sull’anatomia endodontica dei denti mascellari degli equini. Il trattamento è più
adatto nei primi tre denti masticatori mandibolari e nel
primo e secondo dente mascellare. Il suo impiego deve
essere riservato ai casi iniziali di formazione di ascessi
periapicali che non presentano difetti macroscopici della
superficie di occlusione o diffuse periodontopatie e che
non sono accompagnati da evidente osteomielite delle
strutture ossee di sostegno.
Nei denti masticatori immaturi il trattamento endodontico è di solito inefficace, perché le cavità pulpari sono
intercomunicanti.1,8 È stato ipotizzato che la terapia endodontica sia destinata a fallire se il dente non è erotto da
almeno 3 anni.9 Se l’infezione è riuscita a penetrare nella
cavità pulpare attraverso una dentina secondaria difettosa
a livello della superficie di occlusione, il trattamento endodontico dovrebbe essere efficace. Se invece è sorta da carie
cementali infundibolari che hanno aperto una breccia nello smalto dell’infundibulo, il difetto può portare all’infezione delle altre cavità pulpari o alla carie dentale generalizzata dopo il trattamento endodontico.
A differenza di quanto avviene nel cane e nel gatto, la
cavità orale del cavallo non consente un accesso sufficiente
ad eseguire il trattamento endodontico operando con un
trapano sulla corona dei denti masticatori dalla parte orale. Un dente equino leso deve quindi essere raggiunto
attraverso un approccio esterno da sopra l’apice colpito
(cioè, ventrolateralmente per i denti masticatori mandibolari e lateralmente per quelli mascellari. L’obiettivo iniziale
del trattamento è quello di rimuovere l’area localizzata di
osso alveolare e di dente colpiti dal processo patologico
Ippologia, Anno 9, n. 2, Giugno 1998
(apicectomia) e quindi aprire i canali pulpari interessati ed
estrarre completamente la polpa necrotica dalle cavità colpite mediante lunghe lime (che, per le profonde cavità
pulpari del cavallo, devono spesso essere realizzate artigianalmente). Le cavità pulpari vengono quindi sottoposte a
revisione chirurgica, accuratamente limate, sterilizzate con
ipoclorito di sodio (candeggina per uso domestico) o
perossido di idrogeno, asciugate e sigillate (ad es., con della guttaperca).9,10
Resta da stabilire quale sia il miglior materiale per l’otturazione dei canali radicolari degli equini. Sono stati utilizzati amalgama e cementi vetro-ionomeri, ma nessuno
dei due è risultato del tutto soddisfacente. Oltre alla somministrazione di antibiotici, nel periodo postoperatorio
non sono richieste particolari cure, a parte gli esami clinici
e radiografici di routine (follow-up) per assicurarsi del successo del trattamento.
Dopo un intervento endodontico terminato con successo, il dente colpito continua ad erompere normalmente;
ciò evita lo sviluppo di situazioni caratterizzate da alterazioni della bocca, che si osservano invece con le tecniche
di estrazione precedentemente descritte. A causa di questa
normale eruzione, tuttavia, le cavità pulpari vengono infine esposte in tutta la loro lunghezza. Devono quindi essere
otturate meticolosamente e completamente.
Rispetto alle tecniche tradizionali, l’endodonzia richiede
attrezzature e capacità tecniche specialistiche. Questi
interventi hanno una durata più lunga e spesso richiedono
un’anestesia generale per più di 2 ore. Come la maggior
parte dei trattamenti odontoiatrici degli equini, l’endodonzia non è stata criticamente valutata mediante studi a lungo termine in numerosi soggetti. Le segnalazioni preliminari suggeriscono una percentuale di successo del 70%
23
circa con il trattamento endodontico dei denti masticatori.
L’esecuzione di molteplici tentativi di conservare un dente
ricorrendo all’endodonzia può essere impedita da considerazioni economiche, rischio di mortalità connesso alle
ripetute anestesie e inefficacia della tecnica.
Note sull’autore
Il Dr. Dixon è senior lecturer presso il Department of
Veterinary Clinical Studies, Royal (Dick) School of Veterinary Studies, University of Edinburgh, Edinburgh, Scotland.
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