Anno 11 - n. 3 - Giugno 2008
RIVISTA BIMESTRALE D’INFORMAZIONE SCIENTIFICA
a cura dell’Osservatorio Epidemiologico Veterinario della Regione Lombardia
Regione Lombardia
Direzione Generale Sanità - Servizio Veterinario
Istituto Zooprofilattico Sperimentale
della Lombardia e dell’Emilia Romagna
Osservatorio Epidemiologico Veterinario Regionale - Via Bianchi, 9 - 25124 Brescia
S
ommario
Anno 11 - n. 3 - Giugno 2008
RIVISTA BIMESTRALE D’INFORMAZIONE SCIENTIFICA
a cura dell’Osservatorio Epidemiologico Veterinario della Regione Lombardia
Epatite E negli animali e nell’uomo
4
di A. Luppi, M.N. Losio, G. Lombardi, R. Faita, E. Pavoni, P. Cordioli,
P. Boni
Regione Lombardia
Direzione Generale Sanità - Servizio Veterinario
Istituto Zooprofilattico Sperimentale
della Lombardia e dell’Emilia Romagna
Osservatorio Epidemiologico Veterinario Regionale - Via Bianchi, 9 - 25124 Brescia
Infezione sperimentale in suini SPF con feci di
campo contenenti il virus dell’epatite E (HEV)
8
di G. Lombardi, E. Pavoni, R. Faita, M.N. Losio, F. D’Abrosca, A. Luppi,
D. Gelmetti, P. Cordioli, P. Boni
Direttore responsabile
Stefano Cinotti
Direttore scientifico
Giorgio Zanardi
Redattore
Giorgio Zanardi
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Influenza aviare: si ricomincia… la pandemia o
la grande bufala?!
di R. Legrottaglie, E. Cacciuttolo, O. Benini, D. Gianfaldoni
Responsabile comitato redazione
Giorgio Zanardi
Comitato di redazione
M. Astuti, P. Cordioli,
M. Domenichini, P. Antoniolli,
L. Gemma, C. Genchi,
G. Gridavilla, A. Lavazza,
A. Palma, V.M. Tranquillo
Hanno collaborato a questo
numero
A. Luppi, M.N. Losio,
G. Lombardi, R. Faita, E. Pavoni,
F. D’Abrosca, D. Gelmetti,
P. Cordioli, P. Boni, R. Legrottaglie,
E. Cacciuttolo, O. Benini,
D. Gianfaldoni
Segreteria di redazione
M. Guerini
L. Marella
Fotocomposizione
Editrice Vannini - Gussago (BS)
Editore
Istituto Zooprofilattico
Sperimentale della Lombardia
ed Emilia Romagna
“Bruno Ubertini”
Tutti coloro che vogliono scriverci, devono indirizzare le lettere al
seguente indirizzo:
“L’OSSERVATORIO” rubrica “La posta dei lettori”,
via Bianchi, 9 - 25124 Brescia - tel. 030 2290259-235;
oppure utilizzare la posta elettronica: [email protected]
L’Osservatorio e i numeri del precedente Bollettino Epidemiologico
possono essere consultati anche sul sito web http:\\www.oevr.org
Editoriale
L’epatite E è una malattia virale acuta, il cui agente eziologico (HEV), appartenente al genere her-
pesvirus, è stato individuato nell’uomo all’inizio degli anni 80. Esiste un solo sierotipo e 4 genotipi
virali, di cui il 3 e 4 colpiscono sia l’uomo sia gli animali. Annualmente, in Italia sono notificati 0,4
casi ogni 100.000 abitanti, prevalentemente in viaggiatori di ritorno da aree endemiche. La siero-
prevalenza vs HEV nell’uomo varia da 1 a 5%. Nel 1997 negli USA si isolò per la prima volta HEV
dal suino, geneticamente correlato al tipo umano; da allora HEV suini sono stati segnalati in ogni
parte del mondo. Le sieroprevalenze riscontrate negli allevamenti suini sembrano non essere corre-
late alle aree di endemia nell’uomo. La trasmissione nel suino è per via oro-fecale e la sintomato-
logia è sub-clinica. L’ipotesi di essere di fronte ad una potenziale zoonosi è supportata dalla possi-
bilità di trasmettere i ceppi suini a primati non umani e vice versa, dall’omologia nucleotidica dei
ceppi e dal riscontro di casi umani per ingestione di carne di suini o cinghiali infetti. Studi di sie-
roprevalenza al di fuori dell’Italia eseguiti su categorie professionali esposte al rischio (macellatori, allevatori, veterinari) hanno evidenziato valori elevati di sieroconversione.
È da stigmatizzare che stili alimentari con consumo di carne od organi crudi costituiscono una possibile via di trasmissione dell’infezione da animale ad uomo. Le conoscenze circa la prevalenza del-
l’infezione negli allevamenti suini italiani e tutto ciò che questo comporta in termini di salute umana sono molto parziali. I due articoli sull’argomento sono un contributo di approfondimento al te-
ma.
Di influenza aviaria si è parlato diffusamente, oggi molto meno. Ciononostante, la sorveglianza ve-
terinaria è sempre mantenuta ai massimi livelli ai fini della tempestiva rilevazione della presenza di
virus influenzali negli avicoli domestici e selvatici sul nostro territorio.
L’articolo proposto è un’indagine condotta presso i consumatori, imperniata sulla visione percepi-
ta del problema e sulle reazioni conseguenti all’informazione ricevuta di una possibile e pre-an-
nunciata pandemia di influenza aviaria nell’uomo. I risultati ottenuti facilitano la comprensione dei
fenomeni legati alla comunicazione e, oltre alle molteplici dissertazioni scientifiche pubblicate, sono la testimonianza di un componente fondamentale della filiera alimentare: il cittadino.
G. Zanardi
L’OSSERVATORIO
3
Editoriale
Epatite E negli animali e nell’uomo
Luppi A.1, Losio M.N.1, Lombardi G.1, Faita R.1, Pavoni E.1, Cordioli P.1, Boni P.1
HEV, anche se il virus non è mai stato isolato da queste specie (Purcell and Emerson, 2008).
L’epatite E è una malattia infettiva acuta sostenuta dall’Hepatitis E virus (HEV), virus ad RNA a singolo filamento positivo, a simmetria icosaedrica e privo di
envelope. Prima dell’identificazione di HEV, avvenuta
agli inizi degli anni ’80, la malattia era conosciuta come “epatite trasmissibile non-A, non-B e non-C”. In
seguito HEV è stato inquadrato nella famiglia Caliciviridae ed è attualmente classificato nel genere Hepevirus e nella famiglia Hepeviridae (Emerson and Purcell, 2003). L’epatite E è una malattia a diffusione
mondiale, specialmente nelle regioni tropicali e subtropicali dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina e
costituisce un’importante problema di sanità pubblica.
Il virus viene suddiviso in 4 genotipi, che presentano
schematicamente questa distribuzione:
a) Genotipo 1: Asia (Bangladesh, Cambogia, Cina, India, Kyrgyzstan, Nepal, Pakistan, Uzbekistan, e Vietnam) ed Africa (Algeria, Ciad, Gibuti, Marocco, Sudan, Tunisia, Namibia, Egitto, Repubblica Centrale Africana e Sud Africa)
b) Genotipo 2: Messico e Africa (Repubblica Centrale Africana, Ciad, Repubblica Democratica
del Congo, Egitto, Namibia e Congo).
c) Genotipi 3 e 4: Paesi industrializzati (Cina,
USA, Giappone ed Europa).
I ceppi appartenenti ai genotipi 1 e 2 sono probabilmente limitati all’uomo e causano focolai o epidemie
di epatite, come il risultato di una efficiente trasmissione attraverso la via oro-fecale, generalmente attraverso la contaminazione dell’acqua o degli alimenti. I genotipi 3 e 4 sono invece responsabili di casi sporadici di epatite E nell’uomo e la loro presenza
è stata descritta anche nel suino ed in altre specie animali. La capacità di superare la barriera di specie, dei
ceppi di HEV appartenenti ai genotipi 3 e 4, portò a
supporre che questi virus potessero essere di natura
zoonosica (Meng et al., 1997). Anticorpi anti-HEV sono stati rilevati in suini, cinghiali, bovini, pecore, capre, bufali, cervi, ratti, topi, gatti e scimmie facendo
sorgere il sospetto che alcune specie potessero fungere
da reservoir dell’infezione anche nelle aree non endemiche. Tra le specie domestiche, bovini e pecore presentano elevate positività sierologiche nei confronti di
Sanità animale
Epatite E nell’uomo.
L’infezione da HEV nell’uomo è prevalentemente
diffusa nei paesi tropicali e sub-tropicali, dove si manifesta con episodi epidemici, talvolta protratti, che
coinvolgono fasce molto ampie di popolazione, ma
con incidenza maggiore nei soggetti adulti. Tuttavia,
la malattia può presentarsi in altre forme, come piccoli focolai o infezioni sporadiche, oltre alla già citata forma epidemica. Nella maggior parte delle aree
endemiche la sieroprevalenza è di circa il 5% nei
bambini sotto i 10 anni e può raggiungere il 10-40%
negli adulti sopra i 25 anni. Nei paesi industrializzati (USA, Giappone, Europa) l’HEV veniva segnalata
quasi esclusivamente in soggetti che avevano soggiornato in aree endemiche; tuttavia, è sempre più
frequente il riscontro di casi sporadici di malattia in
persone che non risultano aver viaggiato in questi
paesi ed un incremento di questi casi è stato segnalato in Inghilterra, Galles, Francia ed Olanda (Purcell
and Emerson, 2008). Le vie di trasmissione sono
rappresentate prevalentemente dall’ingestione di acqua ed alimenti contaminati.
In Italia il virus dell’Epatite E sembra essere il responsabile del 10% dei casi di epatite non-A, non-B
e non-C e sebbene la maggior parte di questi siano
stati registrati in pazienti che avevano soggiornato in
aree in cui HEV è endemico, dal 1999 una nuova variante di HEV è stata identificata in un paziente che
non aveva viaggiato (Zanetti et al., 1999).
Dopo un periodo d’incubazione che va da tre a nove
settimane, la forma clinica più comune è quella acuta itterica, caratterizzata da una fase prodromica della durata di pochi giorni in cui si manifestano sintomi simil-influenzali (febbre, tremori, anoressia, vomito, dolori addominali, diarrea, dolori articolari,
astenia ed eruzioni cutanee). Si tratta di una malattia
a carattere acuto che non tende mai alla cronicizzazione, ha generalmente prognosi favorevole e tende
a risolversi spontaneamente in 2-6 mesi. La letalità è
pertanto molto bassa, 0.07-2% anche se, una sensibi-
4
L’OSSERVATORIO
una elevata sieropositività soprattutto in animali di
età superiore a 3-4 mesi (Caprioli et al., 2005).
La principale modalità di trasmissione nel suino, come nelle altre specie animali, è costituita dalla via
oro-fecale mentre non ci sono evidenze relativamente alla trasmissione verticale ed a quella iatrogena.
L’infezione sperimentale per via orale nel suino è
stata dimostrata da Kasorndorkbua e coll. nel 2004,
evidenziando come siano necessarie ripetute esposizioni ed elevate dosi d’inoculo perché si verifichi
con successo l’infezione. Tuttavia, Lombardi e coll.
nel 2008, hanno dimostrato l’efficacia della trasmissione per via orale, ottenendo attraverso questa via,
l’infezione sperimentale del 100% degli animali impiegati. In seguito ad infezione per via orale, seguirebbe una fase replicativa del virus a livello intestinale, prima di indurre viremia (Caprioli et al, 2005)
e solo successivamente si verificherebbe una seconda fase replicativa a livello epatico. Queste osservazioni sono il risultato di dati ottenuti in seguito ad infezioni sperimentali, che dimostrano come l’RNA
virale sia presente precocemente nelle feci ed in
quantità superiore a quella rilevabile nella bile.
Indagini virologiche eseguite per la ricerca di HEV
da feci suine hanno evidenziato la presenza del virus
soprattutto in animali di 2-5 mesi d’età, mentre in
genere animali sopra i 6-8 mesi di vita sono virologicamente negativi e sierologicamente positivi
(Meng e coll., 1997).
lità molto maggiore alla media della popolazione è
stata riscontrata nelle donne gravide. Queste, in particolare nel secondo e terzo trimestre, sviluppano una
malattia con prognosi riservata e letalità tra il 15 e il
25%. Vengono inoltre descritti aborti, nascite premature e mortalità neonatale (Caprioli et al, 2005).
Studi genetici eseguiti su ceppi virali isolati dal suino e dall’uomo, provenienti dalla stessa area geografica, hanno evidenziato per questi elevate omologie
nucleotidiche, facendo presupporre il carattere zoonosico del virus dell’epatite E e l’eventuale ruolo del
suino come reservoir. Il suino infatti, costituisce con
ogni probabilità il principale serbatoio dell’infezione, come dimostrato da studi sieroepidemiologici,
che hanno evidenziato una sieroprevalenza significativamente più elevata in persone esposte al contatto
con suini (allevatori, veterinari, macellatori, addetti
agli animali, commercianti) rispetto alla popolazione
di controllo (Meng e coll. 2003).
Epatite E nel suino
Nel suino HEV è stato descritto per la prima volta
nel 1997 da Meng e coll. e successivamente diversi
ceppi sono stati dimostrati in Nord America, Asia,
Europa, Nuova Zelanda, Australia, Messico e Brasile. HEV è attualmente diffuso sia nei paesi industrializzati, sia in quelli in via di sviluppo. In alcuni paesi, dove è stata confermata la presenza di HEV, sono
stati condotti studi sierologici che hanno evidenziato
Figura 1. Distribuzione geografica dei genotipi di HEV nell’uomo. (Purcell and Emerson, 2008)
L’OSSERVATORIO
5
Sanità animale
Gli animali si infettano prevalentemente a circa 3 mesi
d’età, quando l’immunità passiva materna che comincia a decrescere a partire da 3-4 settimane di vita, si
estingue completamente (a circa 8-9 settimane di vita)
e la sieroconversione si verifica intorno a 3-4 mesi di
vita (Meng e coll., 1997).
Nel suino HEV è causa di una infezione che decorre in
forma sub-clinica, senza che si osservino variazioni dei
parametri biochimico-clinici e con scarse o assenti lesioni macroscopiche apprezzabili. Istologicamente si
evidenziano infiltrati linfoplasmocitari sinusoidali e periportali accompagnati da limitate aree focali, a distribuzione irregolare, di vacuolizzazione e necrosi epatocellulare.
Attualmente non esiste un sistema (coltura cellulare e
uova embrionate) efficace da utilizzare nell’isolamento
virale, pertanto, la diagnosi virologica si basa principalmente sull’impiego della RT-PCR (reverse transcription-PCR) su feci, bile, siero e tessuti (fegato, intestino
e linfonodi).
La diagnosi sierologica si basa sull’impiego di test ELISA indiretta del commercio, utilizzati per la diagnosi di
HEV nell’uomo, opportunamente modificati sostituendo l’anticorpo anti-specie coniugato con perossidasi
(anticorpi anti-IgG e/o anti-IgM di suino).
animali. Durante il periodo dello studio sono stati testati 183 campioni di feci, prelevati in modo casuale, in
box contenenti 20-25 animali di 2-4 mesi d’età fino ad
ottenere un pool di 100 g. I campioni di feci (49 provenienti dai 5 allevamenti a ciclo chiuso, 86 dai 7 allevamenti a ciclo aperto e 48 dai 5 allevamenti da ingrasso)
sono stati sottoposti ad indagine virologica per HEV
tramite RT nested PCR (Erker et al.,1999) e tutti i ceppi riscontrati nelle feci sono stati sottoposti a sequenziamento.
Risultati
L’indagine virologica eseguita tramite RT-nested PCR,
in 17 aziende suine della provincia di Brescia, ha permesso di evidenziare 28 campioni di feci positivi per la
presenza di HEV, su 183 esaminati (15,3%). Tra i campioni risultati positivi 11 provenivano dai 5 allevamenti a ciclo chiuso (23%), 4 dai 7 allevamenti a ciclo aperto (4,7%) e 13 dai 5 allevamenti da ingrasso (28%).
L’analisi filogenetica ha permesso di classificare questi
virus in 6 differenti ceppi, tutti appartenenti al genotipo
3. I campioni positivi sono stati riscontrati in 3 dei 7 allevamenti a ciclo aperto, in 2 dei 5 allevamenti a ciclo
chiuso ed in tutti 5 gli allevamenti da ingrasso oggetto
dello studio.
Materiali e metodi
Nel periodo Marzo-Novembre 2006 è stato eseguito un
monitoraggio virologico in 17 allevamenti situati in
provincia Brescia (Fig.3) (7 a ciclo aperto, 5 ciclo chiuso e 5 ingrassi), con consistenze variabili da 400 a 4500
Discussione e conclusione
L’indagine virologica eseguita in provincia di Brescia
ha dimostrato la circolazione di HEV in un’area di 243
km2, caratterizzata da un’elevata concentrazione di
aziende suine. Dai risultati ottenuti appare evidente la
Figura 2. Distribuzione geografica dei genotipi di HEV nel suino. (Purcell and Emerson, 2008)
Sanità animale
6
L’OSSERVATORIO
contemporanea presenza di aziende positive e negative ubicate nella stessa area
geografica. Dalla nostra esperienza il prelievo di un pool di feci, raccolte direttamente sul pavimento del box, può fornire
una corretta indicazione sulla reale circolazione di HEV in allevamento, purchè
questa sia ristretta agli animali suscettibili all’infezione (2-4 mesi d’età). I risultati
del sequenziamento genomico hanno dimostrato come tutti i ceppi appartengano
al genotipo 3 e presentino un’elevata
omologia con i virus Europei BCN12,
W1, BCN5, BCN10, VH1 ed N1, precedentemente descritti in Spagna (Clemen- Figura 3. Ubicazione allevamenti suini oggetto dello studio.
te-Casares P. et al., 2003). Questi risultati preliminari, pongono l’interrogativo
sulla reale diffusione del virus all’interno
dell’allevamento suino in Italia e pertanto
risulta di estremo interesse approfondire
indagini di questo tipo in differenti aree
geografiche, dove gli allevamenti suini
presentano alta densità, andando inoltre
ad eseguire studi di sieroprevalenza.
Infatti, numerosi studi hanno dimostrato
la natura zoonosica del virus dell’epatite
E, legata soprattutto a particolari abitudini alimentari, come ad esempio il consumo di carne e visceri crudi o poco cotti. In
Giappone, ad esempio, è stata descritta la
trasmissione del virus dell’epatite E all’uomo, in seguito al consumo di fegato
di suino, ma anche di cinghiale e di cervo
consumati crudi o poco cotti. In Italia,
non esistono casi di epatite E clinicamente manifesta associata al consumo di carne suina e prodotti derivati (seppur nelle
regioni centro-settentrionali è frequente il
consumo di carne macinata cruda appena
insaccata) e pertanto non può essere fatta
attualmente, nel nostro paese, nessuna associazione fra i casi di epatite E nell’uomo e la presenza del virus nel suino.
E’ tuttavia importante approfondire le conoscenze relative all’epidemiologia ed alla diffusione di HEV nel suino, con lo
scopo di poter fornire una corretta informazione su questo agente potenzialmente zoonosico, senza tuttavia creare
Figura 4. Albero filogenetico basato sulla sequenza di ORF2,
falsi ed ingiustificati allarmismi.
di 28 ceppi di HEV di campo, riscontrati in feci di suino nel 2006.
Genotipo 1-Pakistan (Numero di accesso in Gene Bank M80581),
1. Istituto Zooprofilattico Sperimentale Genotipo 2-Messico (M74506), Genotipo 3-BCN5 (AF490986),
della Lombardia e dell’Emilia Roma- -BCN10 (AF490991), -BCN12 (AF490993), -N1(AF490999),
-VH1(AF491000), -W1(AF490998) e Genotipo 4-China (AJ272108).
gna
L’OSSERVATORIO
7
Sanità animale
Infezione sperimentale in suini SPF con feci di
campo contenenti il virus dell’epatite E (HEV)
Lombardi G.1, Pavoni E. 1, Faita R. 1, Losio M. N. 1, D’Abrosca F. 1, Luppi A. 1, Gelmetti D. 1,
Cordioli P. 1, Boni P. 1
Premessa
Il virus dell’epatite E (HEV), appartiene alla famiglia
delle Hepeviridae, genere Hepevirus, è privo di envelope, presenta un genoma ad RNA positivo a singolo filamento di circa 7,5 Kb ed è causa di epatiti nell’uomo,
nei primati e nel suino. Nonostante se ne conosca un solo sierotipo, il virus dell’epatite E viene suddiviso in almeno 4 principali genotipi: il genotipo 1 (che comprende i ceppi asiatici), il genotipo 2 (un solo ceppo messicano), il genotipo 3 (ceppi provenienti dai paesi industrializzati) ed il genotipo 4 (casi sporadici in Cina,
Giappone e Taiwan). Nell’uomo HEV è trasmesso principalmente per via oro-fecale soprattutto in seguito al
consumo di acqua contaminata, raramente dopo il contatto persona-persona, ed è causa di una sindrome caratterizzata da malessere generale, nausea e vomito. Il
tasso di mortalità è generalmente basso (< 1%), ma nelle donne in gravidanza sono stati osservati casi gravi di
epatite con un tasso di mortalità che può raggiungere il
20-25%. Epidemie scatenate da HEV sono state descritte in molte parti del mondo tra cui Messico, Asia ed
Africa, mentre nel Nord America ed in Europa sono stati osservati casi sporadici, soprattutto in turisti che avevano viaggiato in aree dove la malattia è endemica. I
ceppi di HEV di tipo suino ed umano isolati nei paesi
industrializzati sono filogeneticamente correlati fra loro
e sono raggruppati nei genotipi 3 e 4, avvalorando
l’ipotesi che HEV sia un virus zoonosico. Le modalità
di contagio riconoscono principalmente la via oro-fecale e la trasmissione è più efficace in animali posti a
stretto contatto, anche se l’impiego della via orale per
l’infezione sperimentale in questa specie si è dimostrata poco efficace, come descritto in letteratura.
L’eliminazione del virus avverrebbe inoltre attraverso
la saliva, l’urina e le secrezioni nasali. Si ipotizza che
una volta penetrato per via orale e prima d’indurre viremia, il virus replichi nell’intestino. Successivamente
raggiungerebbe il fegato tramite la vena porta, replicherebbe negli epatociti per essere in seguito rilasciato
nella bile e nel sangue.
Nella prima parte di questo lavoro si riportano i risultati del monitoraggio virologico eseguito nel 2006, e relativo alla circolazione di HEV in allevamenti suini del-
Sanità animale
la provincia di Brescia. Nella seconda parte viene invece descritta l’infezione sperimentale in suinetti SPF di
3 mesi di vita, con un ceppo di campo correlato al ceppo europeo di HEV suino denominato BCN12, caratterizzato nei laboratori dell’IZSLER durante il monitoraggio virologico sopraccitato.
Materiale e metodi
Campionamento
Nel periodo marzo-novembre 2006, nell’ambito di un
monitoraggio virologico eseguito in 17 allevamenti (7 a
ciclo aperto, 5 ciclo chiuso e 5 ingrassi) della provincia
Brescia, con consistenze variabili da 400 a 4.500 animali, sono stati testati 183 campioni di feci, prelevati in
modo casuale, in box contenenti 20-25 animali di 2-4
mesi d’età.
Indagine virologica e sequenziamento
I campioni di feci sono stati sottoposti ad estrazione del
RNA attraverso l’impiego di un kit di estrazione del
commercio (Nucleospin RNA II kit, Macherey NagelGermany). Dopo la retrotrascrizione, eseguita con
l’impiego di random primers, è stata condotta una RtNested PCR secondo il protocollo descritto da Erker et
al nel 1999, impiegando primers degenerati in grado di
amplificare una regione conservata dell’ORF2, comune a tutti i ceppi di HEV .
Tutti i virus riscontrati nelle feci sottoposte ad indagine
per HEV, sono stati sequenziati direttamente dal prodotto PCR dopo purificazione (Qiaquik Gel extraction
kit – QIAGEN) con il metodo della incorporazione di
terminatori desossinucleotidici fluorescenti (BigDye
Terminator kit, Applied Biosystem), impiegando gli
stessi primers utilizzati nell’amplificazione e sottoposti
ad elettroforesi capillare nel sequenziatore automatico
ABI PRISM 3130 (Applied Biosystems). Le sequenze
sono state analizzate in BLAST ed allineate utilizzando
il metodo CLUSTAL W a parametri di default, mediante il software Lasergene (DNASTAR Inc., Madison, WI, USA). L’analisi filogenetica, rispetto ad altri
ceppi di HEV, le cui sequenze sono presenti in GeneBank ed i cui numeri d’accesso sono disponibili presso
gli autori, è stata eseguita mediante il software MEGA
3.1, con il metodo della massima parsimonia.
8
L’OSSERVATORIO
commercio, marcato con perossidasi.
A 25 gpi è stato sacrificato il suino N°1, e ogni 7 giorni gli altri, fino al 90° gpi. I campioni di fegato, linfonodi e intestino, prelevati durante l’esecuzione dell’esame necroscopico, sono stati fissati in formalina tamponata al 10%, inclusi in paraffina e sezionati al microtomo, colorati con ematossilina-eosina ed esaminati al
microscopio ottico. I campioni tessutali sopraccitati e le
feci, il sangue e la bile sono stati inoltre esaminati tramite RT-nested PCR con le modalità già descritte precedentemente.
Disegno sperimentale
La sperimentazione ha previsto l’impiego di 10 suinetti SPF di tre mesi di vita (25 kg circa), svezzati fra
il 31° ed il 37° giorno. Quattro animali (1÷4) sono
stati infettati per via orale con feci di suino positive
per HEV, scelte tra quelle risultate positive al monitoraggio virologico precedentemente descritto. Altri
quattro suini (5÷8) sono stati posti a contatto con i
precedenti il giorno stesso dell’infezione, mentre due
suini (9-10) sono stati impiegati come controlli negativi e mantenuti in box separato.
Una settimana prima dell’inizio della sperimentazione,
tutti gli animali sono stati testati, con esito negativo,
per la determinazione di anticorpi anti-HEV e tramite
RT-PCR sulle feci, per verificare la negatività ad HEV.
Il disegno sperimentale ha previsto la somministrazione per via orale di 20 grammi di feci di campo ai
suini dal n°1 al n° 4, contenenti il ceppo di HEV correlato a BCN12. Le feci, diluite con soluzione fisiologica fino al raggiungimento di 50 ml, sono state
somministrate agli animali in contenzione forzata
con l’ausilio di una siringa in un’unica soluzione. Lo
stesso giorno in cui è stata eseguita l’infezione sono
stati posti nel medesimo box altri 4 suini SPF.
Quotidianamente gli animali sono stati sottoposti a visita clinica e contestualmente a questa sono stati eseguiti i tamponi rettali su tutti gli animali a partire dal
1° giorno post infezione (gpi) (1 g di materiale), mentre i prelievi ematici sono stati effettuati con una cadenza settimanale impiegando provette con e senza
anticoagulante (4 ml in eparina, 4 ml in EDTA e 4 ml
senza anticoagulanti). Per la determinazione degli anticorpi anti-HEV è stato utilizzato un test ELISA di tipo indiretto del commercio (HEV ab, Nuclear Laser
Medicine srl, Italy) messo a punto per la diagnosi sierologia di epatite E nell’uomo. Il test ELISA impiegato è stato opportunamente modificato, utilizzando un
anticorpo policlonale di capra anti IgG di suino del
Risultati
Monitoraggio virologico
L’indagine virologica eseguita tramite RT-nested PCR,
in 17 aziende suine della provincia di Brescia, ha permesso di evidenziare 28 campioni di feci, su 183 esaminati (15,3%), positivi per la presenza di HEV.
L’analisi filogenetica ha permesso di classificare questi
virus in 6 differenti ceppi, tutti appartenenti al genotipo 3.
I campioni positivi sono stati evidenziati in 3 dei 7 allevamenti a ciclo aperto, in 2 dei 5 allevamenti a ciclo
chiuso ed in tutti 5 gli allevamenti da ingrasso oggetto
dello studio.
Prova sperimentale
Gli animali sperimentalmente infettati e quelli posti a
contatto non hanno presentato sintomatologia clinica,
ed all’esame anatomopatologico non sono state osservate lesioni macroscopiche di rilievo. L’esame istologico ha evidenziato, negli otto animali infettatisi, quadri
di epatite linfocitaria con presenza di rari epatociti necrotici e sinusoidi dilatati. Nessuna lesione istologica
epatica è stata rilevata nei due controlli negativi.
I risultati della Rt-nested PCR, riassunti nella tabella 1,
evidenziano come tutti gli animali oggetto della sperimentazione si siano infettati ed abbiano eliminato il virus con le feci.
Tabella 1. Risultati della Rt-nested PCR su feci, sangue, bile, fegato e duodeno.
Suino
Abbattimento
Feci
1 (n°1460)
(25°gpi)
2 (n°1447)
Positività alla RT-nested PCR per HEV / gpi
Sangue
Bile
Fegato
Duodeno
dal 1° al 22°
15° e 18°
25°
25°
-
(69°gpi)
dal 1° al 64°
-
-
-
-
3 (n°1437)
(27° gpi)
dal 1° al 25°
-
27°
-
-
4 (n°1446)
(41°gpi)
dal 1° al 33°
-
-
-
-
5* (n°1442)
(48°gpi)
dal 15° al 48°
36°
-
-
48°
6* (n°1499)
(34°gpi)
dal 11° al 20°
-
-
-
-
7* (n°1448)
(67°gpi)
dal 12° al 54°
-
-
-
-
8* (n°1449)
(62°gpi)
dal 19° al 32°
-
-
-
-
* Suini posti a contatto con quelli sperimentalmente infettati.
L’OSSERVATORIO
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Sanità animale
Il successo dell’infezione sperimentale è stato confermato anche dai risultati dell’indagine sierologica, che
mostra come i quattro suini infettati sperimentalmente,
sacrificati 25, 27, 41 e 69 gpi abbiano tutti sieroconvertito tra il 18° e il 25° gpi (Fig. 1). Per quanto riguarda i
risultati dell’indagine sierologica nei 4 suini posti a
contatto, sacrificati a 34, 48, 62 e 67 gpi, la sieroconversione è avvenuta tra il 22° e 28° giorno post-contatto (Fig. 2).
Nei grafici 1 e 2 è possibile valutare l’andamento anticorpale degli animali oggetto della sperimentazione dal
momento dell’infezione sino all’abbattimento.
Discussione e conclusione
La prima parte del lavoro ha dimostrato la circolazione
di HEV fra i suini di aziende ubicate in un’area di 243
km2 della provincia di Brescia, caratterizzata da un’e-
Figura 2. Andamento anticorpale nei suini posti a
contatto dal momento dell’infezione all’abbattimento.
I dati ottenuti nel presente lavoro dimostrano il successo della trasmissione oro-fecale, sia nei suini infettati
sperimentalmente sia in quelli posti a contatto. Questi
risultati concordano solo in parte con quanto descritto
in letteratura, dove viene riportato che l’infezione per
via orale risulta difficile da riprodurre ed è possibile solo dopo esposizioni ripetute al virus. Solo nel 2004 è
stata descritta per la prima volta un’infezione sperimentale per via orale con esito positivo.
La positività delle feci dei suini infettati nei primi 2
giorni post-infezione, sono riconducibili all’evacuazione della matrice somministrata, tuttavia, il riscontro
dell’RNA virale nelle feci, per l’intero periodo della
prova, dimostra come il virus replichi precocemente
nell’intestino e prima d’indurre viremia.
La viremia non è stata dimostrata in tutti gli animali,
sebbene questi abbiano tutti eliminato il virus attraverso le feci e tutti abbiano sieroconvertito. Dall’analisi dei
risultati dell’indagine sierologica si può osservare come
la sieroconversione sia avvenuta generalmente dopo
circa tre settimane dalla data dell’infezione, per gli animali infettati sperimentalmente e dopo quattro settimane per i suini posti a contatto, confermando l’avvenuta
infezione ed il successivo coinvolgimento sistemico. Il
rilievo dell’RNA virale a livello ematico in solo due degli otto suini infettati sperimentalmente o esposti al virus, potrebbe essere dovuta alla breve durata della viremia stessa, che comparirebbe 5-14 giorni post-infezione
e si protrarrebbe per 1-2 settimane, anche con fasi di intermittenza. Questo andamento della fase viremica, unitamente all’esecuzione dei prelievi ematici, che come
accennato precedentemente hanno avuto frequenza settimanale, potrebbe aver determinato questo risultato.
Attualmente le indagini sono rivolte allo sviluppo di anticorpi monoclonali, per la messa a punto di un kit ELISA, da impiegare nell’esecuzione di indagini sierologiche che forniscano informazioni sulla sieroprevalenza
dell’epatite E nel suino, sino ad ora del tutto carenti nel
nostro Paese.
levata concentrazione di animali. Dai risultati ottenuti
appare evidente la contemporanea presenza di aziende
positive e negative ubicate nella stessa area geografica.
Il numero di aziende testate, relativamente esiguo, non
permette conclusioni sull’influenza della tipologia dell’allevamento sull’incidenza dell’infezione da HEV nel
suino, tuttavia ulteriori indagini potrebbero fornire
maggiori informazioni in questo senso. I risultati del sequenziamento hanno dimostrato come tutti i ceppi appartengano al genotipo 3 e presentino un’elevata omologia con i virus Europei BCN12, W1, BCN5, BCN10,
VH1 ed N1, precedentemente descritti in Spagna. Questi risultati, pur interessando una zona relativamente limitata, pongono l’interrogativo sulla reale diffusione
del virus all’interno dell’allevamento suino in Italia e
pertanto risulta di estremo interesse approfondire indagini di questo tipo in differenti aree geografiche, dove
gli allevamenti suini presentano alta densità, andando
inoltre ad eseguire studi di sieroprevalenza.
Nella seconda parte del lavoro, come accennato in precedenza, è stata valutata l’infettività di un ceppo di
campo, al fine di verificare l’efficacia della trasmissione del virus per via orale e la possibilità d’infezione di
altri suini posti a contatto con quelli infettati.
1. Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna, Brescia
Figura 1. Andamento anticorpale nei suini infettati
sperimentalmente, dal momento dell’infezione all’abbattimento.
Sanità animale
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L’OSSERVATORIO
Influenza aviare: si ricomincia… la pandemia o la
grande bufala?!
Legrottaglie R.1, Cacciuttolo E.1, Benini O.1, Gianfaldoni D.1
rus influenzale H5N1, non si evidenziano novità tali
da giustificare un aumento del rischio per l’uomo e
che quindi qualsiasi allarmismo è ingiustificato” .
A proposito di ingiustificato allarmismo auspichiamo che la notizia dell’avvenuta mutazione del virus
H5N1 non fornisca l’occasione di ripetere quanto accaduto negli anni 2005/2006, nei quali “grazie” al
modo con cui i mezzi di comunicazione fornirono le
notizie relative alla cosiddetta “emergenza aviaria”
la popolazione italiana reagì con una notevole diminuzione del consumo di pollame e derivati, che generò una forte crisi di uno dei settori più floridi della nostra zootecnia.
E’ per tale motivo che in questo lavoro abbiamo voluto riportare i risultati ottenuti da uno studio che
aveva come obiettivo quello di comprendere come il
consumatore “medio” percepiva realmente in quell’occasione il fenomeno, appunto, dell’ “emergenza
influenza aviare”.
Introduzione
Nel mese di ottobre 2007 un gruppo di ricercatori
dell’Università del Wisconsin-Madison (U.S.A.) ha
pubblicato uno studio a proposito di una mutazione
che avrebbe subito il virus influenzale aviare H5N1
e secondo gli stessi ricercatori rappresenterebbe un
maggior pericolo di contagio per l’uomo. In tale studio si afferma che il nuovo H5N1 si sta adattando a
vivere a temperature più vicine ai 37 °C dell’uomo
rispetto ai 41°C dei volatili serbatoi del virus. Il responsabile del gruppo di ricerca in questione, dott.
Yoshihiro Kawaoka, ha riferito:”Abbiamo identificato uno specifico cambiamento che potrebbe consentire al virus aviare di svilupparsi nel tratto superiore del sistema respiratorio umano” e pertanto:”I
ceppi che stanno circolando in Africa e Europa sono
più vicini a trasformarsi in virus umani”. Nello studio i ricercatori riferiscono che alcuni campioni prelevati da uccelli nei due continenti presentano le mutazioni in oggetto .
In conseguenza di quanto sopra, immediata è stata in
Italia come in altre parti del mondo, la reazione dei
mezzi di comunicazione di massa, in particolare della stampa, nella quale sono apparsi titoli con relativi
articoli atti a destare nel lettore vari gradi di inquietudine. E’ sufficiente fare un esempio per tutti:
”L’allarme aviaria ora è reale (e noi siamo senza vaccini)”. Tempestiva è stata anche la reazione degli
esperti del Centro di Referenza Nazionale per
l’Influenza Aviare dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, i quali tramite un comunicato
stampa hanno precisato che: ”benché lo studio fornisca nuove conoscenze sui meccanismi di azione del vi-
Materiali e metodi
La nostra indagine si è svolta, durante i mesi di marzo e aprile 2006, mediante la somministrazione di un
questionario effettuato con intervista “faccia a faccia”. La popolazione bersaglio è rappresentata da
consumatori che frequentano esercizi commerciali a
larga distribuzione di generi alimentari. Abbiamo ritenuto che il luogo più idoneo per scegliere il nostro
campione di intervistati fosse un supermercato e
quindi a tale scopo ne abbiamo scelti tre mediante il
metodo at random semplice tra quelli registrati alla Camera di Commercio dei Comuni di Lucca,
Massa e Pisa.
Tabella 1. Distribuzione del campione per sesso, età e titolo di studio
M
Sesso
Età
Titolo di studio
F
> 55 anni
35 - 55 anni
< 35 anni
S. M. I.
S. M. S
Laurea
Altro
437
463
236
389
275
228
384
97
191
48,6%
51,4%
26,2%
43,2%
30,6%
25,3%
42,7%
10,8%
21,2%
Legenda SMI = Scuola Media Inferiore, SMS = Scuola Media Superiore
L’OSSERVATORIO
11
Sanità animale
ta o perché convinto che a seguito dell’allarme influenza aviare sono migliorati i controlli (31) o per
una convenienza del prezzo di vendita (52). Ci permettiamo di ricordare che nel periodo in cui sono
state realizzate le interviste, per contrastare la “disaffezione” del consumatore nei confronti dei prodotti della filiera avicola, il prezzo degli stessi subì
un notevole ribasso.
Come sopraddetto più della metà del campione esaminato (51,6%) non aveva mutato le proprie abitudini relative al consumo delle carni in oggetto; per conoscere le ragioni di tale comportamento, dovevano
rispondere alla domanda aperta: per quale motivo?
Le risposte ottenute da questi intervistati sono state:
fiducia nei controlli che sono stati migliorati ed incrementati (60%) e convinzione che non vi sia nessun rischio di contrarre la malattia mediante il consumo di carni delle specie incriminate (40%).
Per approfondire ulteriormente se al consumatore
medio italiano era arrivato il messaggio che le carni
avicole in vendita nel nostro paese sono prive di rischio di contrarre l’I.A., abbiamo sottoposto ai nostri
intervistati il seguente quesito: “Dopo l’emergenza
I.A. ha aumentato i tempi di cottura delle carni pollo e/o tacchino che acquista? In questo caso le risposte negative sono state pari al 76,3%, cioè, non
avevano aumentato i tempi di cottura, mentre il
23,7% ha risposto di cuocerle per un tempo superiore di quanto non facessero prima dell’”emergenza I.
A.”. A quest’ultimo sottogruppo si chiedeva il perché, specificando: per sicurezza?(197 risposte) Per
eliminare il virus? (63 risposte) e infine la possibilità
di scegliere altro. Appare evidente che il fattore “sicurezza” è stato quello che ha spinto il campione intervistato ad aumentare i tempi di cottura.
Un aspetto di questo evento che ci interessava particolarmente sapere era l’opinione del campione relativamente a come erano state fornite, da parte dei
mezzi di comunicazione, le notizie riguardanti il soggetto in questione. A tale scopo abbiamo predisposto
due domande, la prima (Possibilità di risposta multipla) chiedeva: “Secondo lei, le informazioni sulla I.A.
fornite dai mezzi di comunicazione di Massa (TV, Radio, Giornali, Riviste, ecc.) sono state: chiare, incomplete, confuse, allarmistiche, altro, non so”. Nella Figura 1 si può notare che ben 410 persone ritenevano
che le informazioni erano fornite in modo confuso e
372 le consideravano addirittura allarmistiche. Mentre
268 le consideravano piuttosto chiare e 119 incomplete. Solo 22 hanno risposto: non so.
La seconda domanda si riferiva specificamente alle
notizie fornite dalla televisione ed era formulata nel
modo seguente: “In particolare le immagini televisive sulla I. A. sono state: allarmanti, non allarmanti,
La somministrazione del questionario è avvenuta, in
ciascun supermercato, durante 3 giorni feriali (scelti
a caso) per tre settimane e una domenica, coprendo
tutta la fascia oraria di apertura.
L’unità d’analisi è rappresentata da soggetti maggiorenni di ambo i sessi scelti tramite campionamento
sistematico semplice (1 soggetto ogni 5 al momento dell’arrivo all’esercizio). Il motivo di questa decisione è scaturito dal fatto che prima di realizzare le
interviste oggetto di questa ricerca, secondo metodica standard, abbiamo effettuato uno studio pilota.
Risultati
Il questionario è stato sottoposto a un totale di 900
persone, così distribuite: 287 nel supermercato di
Lucca, 321 in quello di Massa Carrara e 292 in quello di Pisa.
Dalla tabella 1 si evidenzia che: il 51,4% del campione è rappresentato da donne, con una proporzione
uomo/donna di 9/10, la fascia di età tra i 35 e i 55
anni (43,2%) è quella più numerosa. Il livello
d’istruzione è medio-basso.
Alla prima domanda:“Il fenomeno influenza aviare
(I.A.) ha cambiato le sue abitudini relative all’acquisto di carne avicola (pollo/tacchino)?”, con possibilità di scelta tra: “non consuma più carne avicola ....perchè?; ne consuma di meno........perchè?; ne
consuma di più.... perchè?” il 51,6% degli intervistati ha dato risposta negativa, mentre tra quelli che
hanno fornito una risposta positiva (48,4%) si possono evincere tre sottogruppi: coloro che hanno cessato il consumo (30%), quelli che lo hanno diminuito
(49,8%) e infine il 20,2% lo ha aumentato.
Le motivazioni (Possibilità di risposta multipla) fornite dai sottogruppi “non consumo più carne avicola” e “ne consumo di meno” sono state: paura di contrarre la malattia (63 e 104 rispettivamente), mancanza di fiducia nei controlli sanitari (54 e 64 rispettivamente) e informazioni scoraggianti date dai mass
media, in particolare la televisione (24 e 112 rispettivamente). Il terzo sottogruppo, che dichiara di aver
incrementato i propri consumi, ha motivato tale scel-
Sanità animale
12
L’OSSERVATORIO
Come ha percepito le informazioni sull’Influenza Aviare fornite dai
mass media?
Figura 1. Qualità delle informazioni sull’Influenza Aviare fornite dai mass-media.
altro, non so”. Dalla figura 2 risulta che il 71% del
campione intervistato riteneva che le informazioni
fornite dal mezzo televisivo erano allarmanti e il
17% era di opinione opposta. Il 4% ha risposto non
so e un 7% ha risposto vagamente.
Un ulteriore aspetto che ci interessava conoscere era
sapere cosa avesse recepito “un non addetto ai lavori” a proposito della protezione acquisita nel caso si
fosse sottoposto alla tanto “pubblicizzata” vaccinazione. Perché, secondo noi, era questo l’argomento
che veniva presentato dai mass media con meno
chiarezza piuttosto che in modo abbastanza confuso.
A questo scopo abbiamo formulato due domande.
Nella prima si chiedeva: ”Vaccinarsi con il vaccino
antinfluenzale in commercio:
a) protegge soltanto nei confronti dell’influenza
umana?” Alla quale ben l’80,4% ha risposto si, il
3% no e il 16,6% non so;
b) protegge anche nei confronti dell’I.A.?” In questo caso il 67,9% ha risposto negativamente, solo
il 5,8% ha dato risposta affermativa e purtroppo il
26,3% ha scelto il non so. (Tabella 2).
La seconda domanda era la seguente: ”Quest’anno si è
vaccinato contro l’influenza”? Da questa risultava che
solo il 24,6% si era vaccinato. Agli stessi è stato chiesto:
“Pensa di essere protetto anche nei confronti dell’I.A.?”
Anche qui i risultati non sono stati molto incoraggianti in quanto il 42,1% ha risposto no e solo il
5,4% si, ma c’è stato un ben 52,5 % che ha risposto
non so.
In particolare come ha percepito le immagini e le informazioni fornite
dalla televisione?
Figura 2. Percezione delle informazioni sull’Influenza Aviare fornite dalla televisione.
L’OSSERVATORIO
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Sanità animale
Tabella 2. Posizione del consumatore sull’efficacia del
vaccino Antinfluenzale umano verso l’Influenza aviare.
zazione Mondiale della Sanità (al 04/03/2008 sono
confermati 370 casi con 235 decessi) in quanto il
46,7% ha scelto la fascia da 50 a 500, contemporaneamente il 27,6% lo sottostima mentre il 11,6% lo
sopravvaluta. Malgrado quello che, secondo noi è
stato un eccesso di informazione al riguardo, la percentuale di: non so, in questo caso è stato uguale al
14,1% (prova del modo confuso in cui venivano fornite le notizie).
Il vaccino antinfluenzale protegge solo per
lʼinfluenza umana?
SI
NO
NON SO
724
80,4%
27
3,0%
149
16,6%
Il vaccino antinfluenzale protegge anche per
lʼinfluenza aviare?
SI
NO
NON SO
52
5,8%
611
67,9%
237
26,3%
Considerazioni e conclusioni
Dai risultati ottenuti emerge che poco meno della
metà del campione ha dichiarato di aver cambiato le
proprie abitudini di consumo di carni avicole. Di
questi quasi l’80% ha smesso o diminuito il proprio
consumo fornendo come motivazione: paura di contrarre la malattia, mancanza di fiducia nei controlli
cui sono sottoposte le carni avicole ed infine
l’informazione scoraggiante data dai mass-media in
particolare la televisione, contro un 20% che ha invece dichiarato di averlo aumentato proprio perchè
c’e un maggior numero di controlli oppure per motivi economici. Infatti nel periodo in cui sono state
realizzate le interviste, per contrastare la “disaffezione” del consumatore nei confronti dei prodotti della
filiera avicola, il prezzo degli stessi subì un notevole
ribasso. Per contro l’altra metà degli intervistati (che
non ha cambiato le proprie abitudini) ha detto di non
Per rimanere nell’ambito delle misure di prevenzione adottate dalla nostra popolazione nei confronti
del “famigerato” H5N1 ci siamo informati a proposito dell’eventuale acquisto di farmaci antivirali, e
abbiamo scoperto che poco più del 1% aveva fatto
tale scelta (Tabella 3).
Come ulteriore elemento di valutazione della percezione delle informazioni date dai mezzi di comunicazione di massa è stata formulata una domanda relativa al numero di morti a livello mondiale causati
dall’influenza aviare fino al momento dell’esecuzione del test, che recitava così: “Secondo lei, nel mondo, ad oggi, quante persone sono morte per il virus
dell’I.A.?: meno di 50; da 51 a 500; da 501 a 5000;
oltre 5001; non so”. Il risultato è riportato nella figura 3.
I dati indicano che la percezione del numero di morti nel mondo, per aver contratto il virus della I.A. è
abbastanza rispondente ai dati riportati dall’Organiz-
Tabella 3. Acquisto di farmaci antivirali
SI
NO
Ha comprato farmaci antivirali?
11
1,2%
889
98,8%
Secondo lei quante persone sono morte nel mondo a causa
dell’Influenza Aviare?
Figura 3. Percezione del consumatore sul numero di morti nel mondo a causa dell’Influenza Aviare.
Sanità animale
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L’OSSERVATORIO
averlo fatto per la fiducia riposta nei controlli e il
convincimento che non vi sia alcun rischio di contrarre la malattia a seguito del consumo di carni avicole. Relativamente al concetto che l’ aumento dei
tempi di cottura delle carni avicole costituisca un
elemento di “garanzia” il 23,7% ha risposto positivamente, perché considerato un fattore in grado di
garantire sicurezza, contro il 76,3% di risposte negative. Questo dimostra che la maggioranza delle persone ha molto chiaro il fatto che la via di trasmissione nell’uomo del virus in oggetto non è quella digerente. Le informazioni fornite dai mass-media sono
state percepite dal consumatore prevalentemente come confuse o allarmistiche piuttosto che chiare o incomplete, con una spiccata propensione all’informazione “allarmistica” per quanto riguarda in particolare il mezzo televisivo.
Nonostante quanto detto, i nostri intervistati hanno
mostrato un certo grado di “maturità” in quanto non
c’è stata la corsa alla vaccinazione né all’acquisto
dei farmaci antinfluenzali come è accaduto in altri
paesi. Forse gli unici dati un po’ preoccupanti sono:
quel 26,3% che non sapeva se il vaccino in commercio proteggeva anche contro l’I.A., il 5,8 % che invece pensava di sì, il 5,4% dei vaccinati che pensa
di essere protetto anche nei confronti dell’I.A. e il
52,5% degli stessi che non lo sa.
Va comunque segnalato che in Italia, pur essendo
stata più volte interessata da epidemie nel pollame,
responsabili di ingenti danni economici per il settore
produttivo, il rischio di una possibile epidemia di influenza aviare tra i volatili risulta molto basso e ancora più improbabile appare il passaggio del virus
dall’animale all’uomo: dal 1997, in coincidenza con
l’inizio della crisi influenzale asiatica ed i primi decessi nella popolazione umana a Hong Kong conseguenti all’infezione da H5N1 , ad oggi, non si è dovuta mai affrontare un’emergenza sanitaria collegata
alla diffusione di un virus aviare in grado di infettare l’uomo.
La trasmissione, infatti, risulta fortemente legata alle scarse condizioni igieniche degli allevamenti situati in quei Paesi dove sono stati riscontrati casi letali umani, oltre ad un’assenza di sorveglianza e controllo da parte delle Istituzioni locali deputate. Questo non è assolutamente il caso dell’Italia e ne è testimonianza recentissima l’Ordinanza 21.12.2007
emanata dal nostro Ministero della Salute che protraendo al 31 dicembre 2008 il termine di validità
delle misure di vigilanza fa sì di non abbassare la
guardia nei confronti di questa patologia. Infatti da
sempre i Servizi Veterinari, sia delle ASL che dei Posti di Ispezione Frontaliera e degli U.V.A.C., sono
in stato di allerta costante e conducono i controlli in
L’OSSERVATORIO
modo attento e intensificato. Pertanto il sistema produttivo italiano non è a rischio e la rete di sorveglianza epidemiologica e il monitoraggio sierologico
sui volatili selvatici e domestici, nonché le misure
adottate, rappresentano un efficace ed efficiente sistema di tutela e protezione della salute umana. E’
paradossale (e grave), che qui, nel nostro Paese, dove abbiamo industrie tra le più moderne in Europa
per tecnologia, controlli e organizzazione, a seguito
dell’altalenarsi di allarmismi eccessivi rispetto al rischio reale, comunicati peraltro da organismi non del
settore e quindi non competenti in materia, si sia registrato un crollo dei consumi di questa tipologia di
alimenti, importanti per il loro valore nutrizionale
con la conseguenza anche di mettere in ginocchio
questo settore zootecnico portante della nostra economia nazionale. In conclusione un altro inverno è
passato e la temuta pandemia non c’è stata! Perfino i
mezzi di comunicazione di massa (più volte chiamati in causa) stanno giustamente, anche se in ritardo,
tirando le somme dei costi sostenuti dal Paese per
questa mancata epidemia . Davanti a tutto questo un
pensiero sorge spontaneo: “siamo dinanzi all’ennesima grande bufala???!!!”.
1. Dipartimento di Patologia Animale, Profilassi e
Igiene degli Alimenti Università di Pisa
La bibliografia è disponibile presso gli autori
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