Sociologia del disturbo post-traumatico

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Sociologia del disturbo post-traumatico
LAVORO
La vita sociale dei pazienti colpiti da un trauma cranico di una certa entità risulta frequentemente cambiata in maniera radicale. La capacità lavorativa è uno
degli aspetti principali che vengono modificati. Tutti i pazienti, e gran parte dei
familiari, pensano che potranno riprendere le stesse attività di prima dell'incidente.
Questo non è sempre possibile. Si presentano numerosi problemi. Le difficoltà
maggiori sono relative al differente livello delle capacità lavorative e delle "vocazioni" dei pazienti(230). Un altro problema sorge quando il paziente, tornando alle
precedenti occupazioni, sperimenta un'enorme frustrazione, dovendo far fronte alle
incapacità conseguenti ai cambiamenti subiti. Spesso chi svolge un'attività tende
ad identificarsi con il proprio lavoro; il dovere accettare che "non potrà più essere
ciò che prima era" costituisce per il soggetto una fonte di grande sofferenza. La
velocità di guarigione ed il recupero delle precedenti capacità è direttamente proporzionale all'età del paziente. Circa il 70% dei soggetti rimasti incoscienti per più
di 24 ore e di età inferiore a 20 anni mantiene le capacità precedenti e può ritornare al proprio lavoro, mentre dei pazienti con età superiore a 50 anni solo il 30%
rimane "abile" al proprio lavoro(36). Nessun paziente rimasto privo di coscienza per
più di un mese mantiene questa capacità.
Lo studio di singoli casi ha individuato problemi relativi a: giungere in orario
al lavoro; organizzare il trasporto; comportamenti verbali o di tipo sessuale inappropriati sul posto di lavoro; ricordare i compiti e le mansioni da svolgere(230).
Questi disagi risultano meno facili da comprendere rispetto alle inabilità motorie e
sensoriali, quindi, risultano di più difficile risoluzione.
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Disturbi cognitivi e comportamentali nei traumatizzati cranici
Frequentemente, nel corso degli anni, si è posto il problema di come e se è
possibile facilitare il ritorno al lavoro di una persona affetta da trauma cranico. In
questi casi molto dipende dalla scoperta del deficit derivante dal danno.
Gli approcci riabilitativi principali sono generalmente due: uno mira a ridurre
il deficit che si è instaurato; l'altro insegna strategie alternative per compiere un
incarico o aiuta a selezionarne uno che si addica alle residue capacità. I soggetti
possono essere addestrati in setting reali o simulati.
La migliore possibilità di reintegrazione sul posto di lavoro è stata ottenuta
utilizzando la tecnica dell'impiego con supporter. Il paziente che torna al lavoro
può svolgere le sue mansioni grazie alla supervisione ed all'aiuto di un esperto, che
può essere un riabilitatore del centro in cui la pratica rieducativa è stata iniziata in
maniera simulata oppure uno dello staff del posto di lavoro. Alcuni autori hanno
descritto un programma di impiego con supporter nel quale lo specialista professionale aiuta il paziente sul luogo del lavoro dapprima a lungo, poi riduce in modo
progressivo il numero di ore ed infine non è più presente(230). Il traumatizzato però
mantiene i contatti con il centro riabilitativo. Si è notato che in questo modo le
capacità lavorative del soggetto migliorano rapidamente e più precocemente rispetto ai casi senza supporter. Quasi tutti, dopo circa 20 settimane, infatti, acquisiscono stabili capacità di lavoro indipendente e, solo in un piccolissimo numero di
casi, viene richiesto un piccolo intervento dopo 40 settimane(230). Inoltre, questo
programma con supporter permette di far vedere la buona volontà operativa dei
traumatizzati ai loro datori di lavoro che li minacciano di licenziamento.
Per alcuni pazienti più gravi non è però possibile considerare il ritorno all'impiego normale. L'avvento di "centri di vita transizionale", là dove sono presenti, ha
aiutato a superare questo problema. Questi centri di riabilitazione aiutano l'individuo ad adattarsi alla vita, ma nella comunità e nell'uso domestico piuttosto che in
un gruppo medico. In questo modello, la riabilitazione professionale consiste di
cinque fasi: valutazione; trattamento; assimilazione al lavoro; addestramento professionale ed impiego transitorio. La valutazione ed il trattamento vengono progressivamente ridotti e seguiti da addestramenti sul posto di lavoro.
Il lavoro è una parte fondamentale nella vita della stragrande maggioranza
delle persone. Attraverso il lavoro si acquisiscono un numero elevato di benefici
finanziari e di tipo non economico. Ciò include la possibilità di avere contatti sociali, tempo strutturato, una fonte di identità, opportunità per attività e per creatività. Il reinserimento lavorativo del traumatizzato cranio-encefalico è perciò
estrememente importante.
Sociologia del disturbo post-traumatico
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VITA SOCIALE: FAMIGLIA E STATO CIVILE
Comunemente i soggetti affetti da trauma cranico presentano, nel corso dei
mesi, un progressivo impoverimento sociale. Alla fase iniziale, durante la quale
amici e parenti si recano a trovare in visita il paziente, segue un isolamento marcato. Pochi mantengono contatti al di fuori del nucleo familiare d'appartenenza(217).
Da uno studio risulta che, comparando un gruppo di pazienti giovani adulti con un
gruppo sano di controllo, il primo risultava più legato ad un genitore(106). Questi
soggetti mantenevano alcuni contatti sociali, ma progressivamente divenivano
molto superficiali. La disponibilità ad una rete sociale è migliore in persone sposate e che sono impiegate. Un follow-up di 7 anni su traumatizzati con danni encefalici ha evidenziato che il 60% dei casi non aveva un partner e questo era il problema maggiormente verbalizzato dai pazienti(151).
Uno studio di follow-up per 15 anni su undici pazienti sposati mostra che nove avevano divorziato o si erano separati(217). Elemento interessante è che tutti e
nove avevano dei bambini, mentre i due che rimasero insieme erano senza figli.
Inoltre diversi pazienti avevano instaurato relazioni sessuali con partner della generazione dei genitori. Comunemente, infatti, erano i genitori a provvedere ai
contatti sociali di tutti i tipi.
Un'altra indagine, invece, non ha rilevato nei traumatizzati cranio-encefalici
difficoltà relazionali, con il mantenimento di adeguati contatti sociali, anche se ciò
non accadeva nei soggetti che presentavano sintomi nevrotici, in accordo con
quanto osservato anche nella popolazione generale. Per spiegare questo è stata
ipotizzata la "creazione di una protezione respingente l'indebolimento cognitivo"
che limita lo sviluppo di emozioni riportabili all'isolamento sociale conseguente(106).
ATTIVITÀ OZIANTI
Il tempo passato in ozio dai soggetti con trauma cranico è maggiore di quello
che comunemente persone "sane" vi trascorrono. Ciò è determinato maggiormente
dalla perdita del lavoro. Ma il tempo trascorso a giocare in famiglia è importante
perché consente di mantenere un ruolo sociale. È stato inoltre evidenziato che il
mutuo coinvolgimento in attività ludiche fuori casa consente una coesione familiare(231). Si è pensato che questo migliora la comunicazione tra coniugi(155).
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Disturbi cognitivi e comportamentali nei traumatizzati cranici
ISTRUZIONE
Il coinvolgimento della sfera cognitiva provoca un grave depauperamento del
patrimonio culturale ed intellettivo del paziente. A causa delle gravi difficoltà a
carico della memoria, i traumatizzati cranio-encefalici si ritrovano a confrontarsi
con ruoli nei quali non si riconoscono, non ricordano più gran parte delle nozioni
precedentemente acquisite e, qualora il patrimonio culturale venga riacquistato,
frequentemente mostrano deficit parcellari della memoria. Ne risulta un impoverimento imponente, a cui è difficile far fronte. Il paziente si ritrova, infatti, spesso
nelle condizioni di non riuscire ad acquisire nuovi dati cognitivi, per la presenza di
disturbi dell'attenzione, difficoltà mnesiche, irritabilità ed intolleranza alle frustrazioni. Inoltre, i frequenti deficit del linguaggio non consentono al paziente di
esprimere correttamente le informazioni cognitive "salvate" o riacquisite. Le conseguenze sul piano sociale sono molteplici, questi soggetti perdono spesso il lavoro, non riescono a portare a termine il corso di studi prefissato, vedono svanire le
relazioni d'amicizia ed anche all'interno della famiglia si modifica il ruolo precedentemente rivestito. Questi eventi danno origine a disordini psicologici di rilevanza clinica, che di solito risultano essere di tipo depressivo.
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