Fondazione
Piccolo Teatro di Milano
Teatro d’Europa
Stagione 2012/13
66a dalla fondazione
Soci Fondatori
Comune di Milano
Regione Lombardia
Provincia di Milano
Socio Sostenitore
Camera di Commercio Industria
Artigianato Agricoltura di Milano
Consiglio Generale
Giuliano Pisapia
Sindaco di Milano
Roberto Formigoni
Presidente Regione Lombardia
Guido Podestà
Presidente Provincia di Milano
Carlo Sangalli
Presidente Camera di Commercio
Industria Artigianato Agricoltura
di Milano
Consiglio d’Amministrazione
Claudio Risé
Presidente
Consiglieri
Stefano Baia Curioni
Emma Paola Bassani
Federica Olivares
Antonio Pastore
Andrea Ragosta
Dario Vermi
Collegio dei Revisori dei Conti
Marco Arisi Rota
Presidente
Ci vogliono talento, coraggio, serietà e
professionalità per progettare e realizzare una
versione di Natale in casa Cupiello come quella
diretta e interpretata da Fausto Russo Alesi.
Il suo non è un monologo, ma un “assolo”, in senso
musicale.
Nel testo di Eduardo, Fausto ha letto la tragica
rappresentazione di una “moltitudine di solitudini”:
Luca e Concetta Cupiello, i loro figli, il fratello di lui,
il genero e gli altri personaggi, pur interagendo
continuamente gli uni con gli altri in maniera più
o meno conflittuale, sono in realtà inesorabilmente
soli. Di qui la scelta, profonda e faticosa quanto
“inevitabile”, di portare in scena questo splendido
testo in forma di assolo, di tanti assoli,
uno per personaggio, ai quali Fausto presta
il proprio straordinario talento, la propria voce,
il proprio corpo.
Questo approccio radicale, che scava nella luce ma
soprattutto nelle ombre, nei bui che attraversano
una delle commedie più note ed amate di Eduardo,
ha trovato l’assenso di Luca De Filippo che ne ha
saputo cogliere il senso più profondo, concedendo
il permesso per questo trattamento del testo.
Fausto Russo Alesi abita le parole di Eduardo con
tutta la sua straordinaria, mutevole fisicità.
Il suo è un lavoro di rigore e generosità svolto sulla
voce, sul gesto, sullo spazio. Fausto restituisce fin
nelle più segrete pieghe la straordinaria umanità di
un testo, che affonda nell’amarezza, nella
disillusione, nella solitudine, l’origine di una
popolarità nobile e premonitrice, così da iscriverlo
immediatamente tra i classici del teatro.
Sergio Escobar
Direttore Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Revisori dei conti
Marzia Provenzano
Ugo Zanello
Direttore
Sergio Escobar
Direttore Artistico
Luca Ronconi
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Stagione 2012/2013
Piccolo Teatro Studio
13 dicembre 2012
Sotto l’Alto Patronato
del Presidente della Repubblica
Natale in casa Cupiello
Collaboratori responsabili all’allestimento
direzione tecnica Marco Rossi
assistenti alla direzione tecnica
Paolo Di Benedetto, Marco Gilberti
direzione di scena Giuseppe Milani
audio/video Rosario Calì
capo macchinista Giuseppe Rossi
capi elettricisti Claudio De Pace,
Gianluigi Ronchi
costruzioni Alberto Parisi
scenografia Mauro Colliva
capo sarta Roberta Mangano
sicurezza Michele Carminati
di Eduardo De Filippo
regia e adattamento Fausto Russo Alesi
scene realizzate dal Laboratorio
di Scenografia “Bruno Colombo
e Leonardo Ricchelli” del Piccolo Teatro
di Milano-Teatro d’Europa
reparto costruzioni, carpenteria metallica,
macchinisti Giorgio Armanni, Luigi Baggini,
Agostino Biallo, Armando Pitzoi, Marco
Premoli, Mario Scrocca
costruzioni Alfredo Rivetta, Angelo Superbi
reparto scenografia Nicolina Matilde
Barravecchia, Mattia Bordoni, Barbara
Gentilin, Emanuela Moroni, Simone
Totaro
reparto sartoria Alice Agrimonti,
Chiara Angioletti, Donatella Carrafa,
Monica Codazzi, Marisa Cosenza,
Antonella Fabozzi, Maria Kurenkova, Maria
Potenza, Eleonora Terzi
scene Marco Rossi
luci Claudio De Pace
musiche Giovanni Vitaletti
con Fausto Russo Alesi
aiuto regia Giorgio Sangati
direttore di scena Sandro Gianni
attrezzista Pantaleo Ciccolella
elettricista Valerio Varesi
fonico Paolo Zinesi
Realizzazione e registrazione musiche in collaborazione con
Accademia Teatro alla Scala
Angelo Di Ianni violino
Ewa Janina Moszczynska viola
Chiara Torselli violoncello
Luis Paulo Montoya Lopez contrabbasso
Luca Galasso clarinetto
del Corso di Perfezionamento per Professori d’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala
Simone Carlet
Marcello Veronesi
del Corso di tecnologia audio dell’Accademia Teatro alla Scala
Andrea Ferrario
Coordinamento riprese audio
produzione Piccolo Teatro di Milano Teatro d’Europa
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si ringrazia per la collaborazione
il signor Giovanni Ludeno
foto di scena Masiar Pasquali
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EDUARDO E LA FAVOLA DEL PRESEPE
Conversazione con Fausto Russo Alesi
Perché Eduardo e perché Natale in casa Cupiello?
Da diversi anni pensavo di portare in scena Eduardo e
questo testo in particolare. Una sfida, senza dubbio,
poiché è la commedia più famosa di Eduardo, quella,
soprattutto, che la versione televisiva del 1977 ha
consegnato alla memoria collettiva in un’edizione di
riferimento imprescindibile. Io avevo in mente una
modalità di approccio al testo particolare, immaginavo
di attraversarlo in solitudine, unico attore che desse
voce a tutti, o quasi, i personaggi dell’originale. Pur
essendo una commedia di cui è protagonista una
famiglia, Natale in casa Cupiello è la storia di una non
comunicazione. Nella famiglia di Luca Cupiello, il flusso
di parole e di emozioni si è interrotto, si è creato un
vuoto: non si dialoga più, si monologa. Ecco allora che
aveva senso l’effetto straniante di un unico interprete
che, posseduto da tutte le voci, aiutasse il pubblico a
vivisezionare le tematiche bellissime della commedia.
Per cominciare ho sottoposto l’idea a Luca De Filippo
che si è detto persuaso da questa chiave di lettura e mi
ha concesso i diritti di rappresentazione. Quindi il
Piccolo Teatro ha abbracciato il progetto e ha scelto di
allestirlo e di inserirlo nella sua stagione. Insomma,
grazie al felice incontro tra la mia idea con la
disponibilità di Luca De Filippo e del Piccolo, Natale in
casa Cupiello è potuto tornare in scena in questa
versione particolare.
In cosa è consistito il tuo adattamento? Hai introdotto
parole tue accanto a quelle di Eduardo? Il prologo che
reciti all’inizio, ad esempio, da dove è tratto?
Il testo è fedelissimo all’originale. Ci sono ovviamente
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CONVERSAZIONE CON FAUSTO RUSSO ALESI
“Natale in casa Cupiello”
la commedia di Eduardo
È il 23 dicembre. Luca
Cupiello, quell’anno, vuole fare
il presepe più bello del solito e
pretende che tutta la famiglia si
unisca a lui nella devota
invenzione.
La moglie Concetta, invece,
è presa dalle faccende
domestiche e il figlio
Tommasino ostenta per il
presepe un provocatorio
disprezzo. È un “mariuolo”,
viziato dalla madre: quella
mattina si scopre che ha
sottratto i vestiti dello zio
Pasquale, il quale abita presso
di loro, e se li è venduti.
Ne nascono bisticci e insulti.
Arriva la figlia Ninuccia.
Si mette a parlare fitto fitto con
Concetta: del marito Nicolino
e dei suoi soldi non ne vuole
più sapere. Il matrimonio glielo
hanno imposto ma ora, dopo
l’ennesima lite, ha scritto a
Nicolino una lettera d’addio,
che mostra alla madre:
è innamorata di Vittorio ed è
decisa ad andarsene via con lui
quella sera stessa. Concetta la
convince ad abbandonare la
decisione, senza riuscire ad
evitare che la ragazza, in un
accesso d’ira, riduca in pezzi
stoviglie, soprammobili e
presepe. Luca, che niente sa
della discussione, trova per
terra la lettera che la figlia ha
rinunciato a recapitare:
vedendola intestata al genero,
giunto nel frattempo in visita,
gliela consegna e, raccolti i
cocci, rimette mano al presepe.
Ma in questo modo Nicolino
scopre il tradimento di
Ninuccia e pure il nome
dell’amante. Arriva la sera della
vigilia; la tavola è pronta, il
presepe ultimato. Tommasino
entra in casa portando con sé
un amico, Vittorio. Concetta lo
invita ad andarsene, temendo
l’incontro con Nicolino, ma
Luca, che come al solito niente
sa dei fatti di casa, insiste
perché l’ospite si fermi con
loro. Lo scontro è inevitabile:
i rivali lasciano la casa per
sfidarsi. Gli avvenimenti
travolgono Luca Cupiello:
d’improvviso si rende conto
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accorpamenti, spostamenti anche recuperi di battute
dalle diverse edizioni della commedia. In numerosi punti
dello spettacolo utilizzo le didascalie recitandole, per
collocare spazialmente e temporalmente personaggi e
situazioni, ma non ho aggiunto né stravolto nulla.
Il prologo stesso è opera di Eduardo e appartiene alla
prima edizione televisiva della commedia, non a quella
“storica”, bensì a una prima versione, ancora in bianco
e nero, in cui Eduardo introduceva Luca Cupiello,
personaggio immerso in un mondo di finzione da lui
stesso costruito – il presepe – e nel quale volentieri si
perde, chiacchierando con il suo Bambino Gesù. Per il
resto, dei quindici personaggi dell’originale ho
mantenuto i principali, Luca e Concetta Cupiello, i due
figli Ninuccia e Tommasino, lo zio Pasqualino, Nicolino il
marito di Ninuccia, Vittorio, che sempre di Ninuccia è
l’amante, il portiere Don Raffaele, il medico che nel
terzo atto visita Luca morente. Dei caratteri tralasciati
ho salvato le battute, accorpandole a quelle di altri: è
come se fossimo di fronte al testo in versione quasi
integrale ma adattata su di me, per costruire una
partitura scenica credibile e funzionale alla mia lettura.
Spesso, inoltre, la parola di Eduardo è “agita”, descrive
in modo vivido ciò che i personaggi stanno facendo.
Perché secondo te Natale in casa Cupiello, scritto nei
primi anni Trenta, è così attuale?
I motivi sono moltissimi. In primo luogo tutto il rapporto
tra sogno e veglia, tra realtà e sua rimozione, in senso
più lato tra nascita e morte. Una delle battute più
frequenti di Concetta è Lucariè, scetate!, “Svegliati,
Lucariello!”, battuta che, ovviamente va al di là del
motivo, se vuoi anche comico, della moglie petulante
che vuole costringere Luca ad alzarsi perché sono già
le nove. Luca dorme perché preferisce non vedere,
ignorare i fallimenti dei figli, chiudere gli occhi su una
famiglia in cui tutto è precario, in cui si vive sull’ipocrisia
di relazioni fallimentari, di matrimoni, come quello di
Ninuccia con Nicolino, infelici e “obbligati”. Se Concetta
nasconde, è omertosa con i figli e con il marito,
condanna Ninuccia all’infelicità e Tommasino ad essere
perennemente figlio, smorzandone drasticamente la
virilità, Luca sceglie di non vedere l’infelicità dei familiari,
le crepe che distruggono gli affetti, e si rifugia tra le
statuette del suo presepe, per lui l’unica cosa
importante. Lo scontro generazionale è fortissimo e chi
ne esce peggio sono i giovani, i figli: il maschio
EDUARDO E LA FAVOLA DEL PRESEPE
della propria solitudine, delle
incomprensioni, dell’estraneità
che lo separa dai suoi e non è
in grado di sopportarlo.
Nel giro di tre giorni, le sue
condizioni si aggravano;
semiparalizzato, farfugliante,
non fa che chiedere di Nicolino
e quando si presenta Vittorio lo
scambia per il genero, chiama
pure Ninuccia e si fa giurare
che i due non si lasceranno
più. Poi, dopo aver finalmente
saputo da Tommasino che il
presepe piace anche a lui,
scivola nell’agonia, in una
beata visione.
(da Dizionario Bompiani delle
Opere e dei personaggi,
Edizione speciale per il
“Corriere della Sera”, 2006)
“mammone”, buono a nulla e che non riesce a
costruirsi un futuro, la femmina che avrebbe
temperamento ma è prigioniera di un matrimonio
infelice con un uomo losco. Eppure qualsiasi tentativo
di ribellione viene castrato in nome del rispetto delle
convenienze e di regole imposte dai vecchi. “Te piace o
presepe?” fuor di metafora, è proprio questo: il padre
chiede al figlio “Ti piace la mia realtà, lo schema che ti
propongo?” e quello gli risponde di no, che il presepe
non gli piace. Nella famiglia Cupiello non ci si ascolta,
non ci si apre all’altro in quanto diverso da noi ma lo si
respinge proprio perché tale: se ciò avviene nel
microcosmo domestico, a maggior ragione accade in
una dimensione più ampia, sociale e politica. Evidente
è anche lo scontro tra i sessi, con i maschi che
sembrano debolissimi di fronte a donne dal carattere
d’acciaio: “I calzoni li dovreste portare voi” dice il
portinaio, Don Raffaele, a Concetta Cupiello, mettendo
in luce una precarietà di identità e di ruoli. Al di fuori
della dimensione familiare, l’invito a “svegliarsi” va letto
anche in chiave politica, come sempre, per me, nel
teatro di Eduardo: la commedia fu scritta tra il 1931 e il
1934, in pieno fascismo. Svegliarsi avrebbe significato
reagire alla dittatura mentre buona parte degli italiani,
evidentemente avvezza a subire, si rifugiava come Luca
Cupiello nel “presepe”. Eduardo ha recitato Natale in
casa Cupiello per decenni, dagli anni Trenta agli anni
Settanta del Novecento, a mio avviso di volta in volta
sottolineando la colpevolezza di Luca: se nelle prime
edizioni c’è un che di bambinesco, di infantile, nel suo
rifugiarsi nel presepe, mano a mano che gli anni
passavano, Eduardo ha via via evidenziato la
responsabilità che Luca ha nel chiudere gli occhi sul
mondo, nel raccontarsi le favole rifiutando la realtà,
familiare - e di conseguenza sociale e politica - che lo
circonda. Non è anche questo un tema attualissimo?
Hai parlato di precarietà e di crepe: è questo il senso
della scenografia?
Sì, volevo che da subito, entrando in sala, si percepisse
l’idea di una casa pericolante, realmente e
metaforicamente, senza essere didascalici. Niente ha
un senso preciso, nulla “vuol dire” una cosa piuttosto
che un’altra: in quel pavimento sospeso di una casa
piena di crepe e che fa acqua da ogni parte, ciascuno
spettatore può leggere quel che la sua sensibilità gli
suggerisce. La scena è evocativa, nulla è detto in
9
CONVERSAZIONE CON FAUSTO RUSSO ALESI
modo totale o definitivo: se vuoi, visto che il presepe
non c’è, ma è evocato da una testa di Gesù Bambino,
la scena è essa stessa il presepe. E può esserlo solo
così, in questa maniera “terremotata”, perché
pericolanti sono affetti, relazioni, sentimenti, legami.
E il rumore che si sente, talvolta, in sottofondo, come
se ci fosse uno strano cigolio?
Lasciamolo scoprire allo spettatore… Certo è che
sopra l’appartamento di Luca e Concetta vivono
Ninuccia e l’ambiguo Nicolino, il genero “ricco” al quale
i Cupiello, per potersi elevare economicamente, hanno
sacrificato la figlia. Da dove viene quella ricchezza?
Di nuovo siamo di fronte ad un tema contemporaneo:
dignità e morale vengono meno, si sbriciolano, in nome
della conquista di uno status superiore.
Qual è il ruolo della musica nello spettacolo?
Natale in casa Cupiello è già di per sé un meraviglioso
spartito musicale, un vibrante veicolo di
comunicazione, profondità e poesia. La musica doveva
compenetrarsi con il testo e attraversarlo con me.
Doveva essere discreta, perché comunque stiamo
parlando di uno spettacolo di parola, ma al tempo
stesso aiutarmi a suggerire azioni, cambi di atmosfera,
colori, sentimenti; doveva restituire sia la violenza che
abita il testo – ed è tantissima – sia la sua estrema
poesia. Con Giovanni Vitaletti avevo già lavorato molto
bene in una precedente occasione. Lui è partito
presentandomi numerosissime proposte; insieme
abbiamo sfrondato, scelto i temi e gli strumenti che li
avrebbero eseguiti. Giovanni è il pianista, gli altri artisti
provengono dall’Accademia Teatro alla Scala.
Fausto, ma a te piace il presepe?
Certo! In fondo, da attore, io per primo vivo in un
presepe: il teatrante, come un bambino si perde nella
finzione, ci si rifugia. La finzione è confortevole
permette di arrivare alla verità, scegliendo però la via
rassicurante della distanza, di un palcoscenico
attraverso il quale guardare la realtà con un filtro. Se
invece andiamo a vedere nello specifico che cosa sia
veramente il presepe per Lucariello - e per ciascuno di
noi – cioè una fuga, allora la domanda che sorge
spontanea è: da che cosa fuggi e perché?
(a cura di Eleonora Vasta)
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UNA PARTITURA DI PAROLE
di Giovanni Vitaletti
Nel 1989 il mio primo incontro come musicista con il
teatro di prosa era con Glauco Mauri: è li, con quel
grande maestro che ho imparato a respirare, a parlare
in musica con la prosa.
Le dinamiche astratte della musica ti accompagnano in
mondi, fantasie che seguono talvolta espressioni e
linguaggi molto personali; ecco che l’incontro con la
prosa mi ha instradato ad un linguaggio che respira
con le parole, con le frasi. Attraverso la flessibilità e la
capacità della lingua di essere manipolata ho imparato
a utilizzare e organizzare un codice che permette di
arrivare a tutti attraversando viaggi fantastici e
astrazioni vertiginose.
Era Hector Berlioz, uno dei compositori simbolo
dell’800, che diceva “l’amore non può dare l’idea della
musica, ma la musica può dare l’idea dell’amore”.
Questa capacità della musica di interpretare e
trasmettere emozioni senza bisogno di raccontarle e
spiegarle e la capacità duttile di adattarsi alle situazioni,
di essere gregario o protagonista senza stravolgerne la
propria natura sono elementi fondamentali per il
matrimonio fra musica e prosa.
Fausto Russo Alesi ed io abbiamo iniziato due anni fa a
lavorare insieme e condividere la nostra esperienza
artistica. Era durante la rappresentazione dei Demoni,
regia di Peter Stein.
Abbiamo poi lavorato intensamente e velocemente per
la messa in scena di Cuore di cactus dove io suonavo
dal vivo mie composizioni, una partitura che si
intrecciava, respirava con le parole, le nutriva, si inseriva
come un contrappunto nell’organizzazione delle frasi.
È questo che succede quando mi incontro con Fausto
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GIOVANNI VITALETTI
UNA PARTITURA DI PAROLE
Russo Alesi. Ognuno mette in gioco la propria
esperienza, la propria sensibilità artistica e lavorativa.
Tra di noi inizia un intenso dialogo i cui protagonisti
sono i differenti linguaggi artistici che si intendono
perfettamente e che, ogni giorno di più, ho visto
completarsi a vicenda in questa collaborazione. Natale
in casa Cupiello è una partitura di parole, è in tre atti
come tre movimenti di una Sinfonia classica. Potrebbe
sembrare essere stato difficile inserire musica sulla
musica, in realtà non c’è stata cosa più semplice che
colloquiare con la musica delle parole già scritte. La
musica si inserisce come un’orchestra, seguendo il
solista che in questo caso è un attore. La musica
talvolta definisce i cambi di scena, ne prepara il terreno
emozionale, commenta gli accadimenti, sostiene la
scena, aiuta a vedere ciò che non c’è, cammina a
braccetto con l’attore, delinea, certe volte nel minimo
particolare, una partitura contrappuntistica fra voce e
musica costruita con pazienza.
Tre atti e tre colori strumentali differenti.
Nel primo atto, quello dove vengono presentati i
personaggi e gli intrecci, il pianoforte è il protagonista,
si potrebbe pensare a una scala monocolore ma di
infinite sfumature e contrasti differenti.
Ogni personaggio ha una musica differente, così come
anche il presepe che non è presente sulla scena.
Troviamo Lucariè, un tema di carillon per una
marionetta meccanica, è il tema di un padre che
rimane ai margini degli accadimenti, incapace di
relazionarsi, fino a quando si scoprono i giochi e lui
cede sotto al peso della realtà. Una Ninna nanna
consolatrice per il presepe, ambito rifugio per Lucariè.
Quasi un Tango sinuoso per Tommasino e una
Mazurca per Pasquale. L’entrata di Ninuccia è
accompagnata da tre variazioni dello stesso tema, un
movimento continuo, persistente, regolare, su un tema
inquieto, nervoso, istintivo.
Nel secondo atto, dove si infittiscono gli accadimenti
sino alla tragedia, troviamo un mondo di colori
attraverso le voci di un quartetto d’archi: un clarinetto, il
pianoforte già presente nel precedente atto e una
celesta, strumento con lamine di metallo che ricorda i
metallofoni giocattolo dei bambini. Tanti colori anche se
a tinte pastello: il quartetto infatti suona sempre
pizzicando le corde come per riportarci al mondo dei
Pupi, delle Marionette.
Sono due i temi principali utilizzati, un Valzer che
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prepara la festa e ne segue tutto lo svolgimento, gli
accadimenti, e un altro che, riproposto sempre con
differente strumentazione, fa da contrappunto al Valzer
durante le vicissitudini dei tre uomini della famiglia.
L’atto finisce con Tu scendi dalle stelle, trasformato,
trasfigurato dai contrasti, dalla tragedia avvenuta.
Nel terzo atto è la Ninna nanna, quella del Presepe,
quel rifugio tanto desiderato da Lucariè, che
accompagna il suo congedo dalla vita.
In questo svolgersi di azioni ed emozioni la musica
segue, prende per mano i personaggi, li accompagna,
li assiste, aiuta a renderli entità universali, così che
ognuno possa identificarsi nella storia, emozionarsi,
elaborare i sentimenti provati dai nostri personaggi
rendendo il teatro ancor più un’esperienza intima e
insieme collettiva, prima di restituirli ai legittimi
proprietari, i personaggi di questa storia, arricchiti delle
nostre esperienze emozionali.
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EDUARDO RACCONTA EDUARDO
Riportiamo in questa piccola antologia alcuni scritti di
Eduardo De Filippo in cui il grande autore partenopeo
racconta la genesi di quello che in molti considerano
il suo capolavoro: Natale in casa Cupiello.
Accanto alle righe autografe di Eduardo, un breve
approfondimento di Gaetano Afeltra e una pagina di
Orio Vergani completano il ritratto di un uomo e di un
artista di eccezionale talento che con straordinaria
sensibilità sapeva esplorare in palcoscenico le infinite
pieghe dell’anima umana.
Eduardo racconta la genesi di “Natale in casa
Cupiello”
[Natale in casa Cupiello, n.d.r.] ebbe la sua prima
rappresentazione al Kursaal di Napoli (25 dicembre
1931, ndr); allora non era che un atto unico, ed è tanto
strana la sua storia che vale la pena raccontarla.
L’anno seguente, al Sannazaro (27 dicembre 1932,
ndr), teatro della stessa città, scrissi il primo atto, e
diventò in due. Immaginate un autore che scrive prima
il secondo atto e, a distanza di un anno, il primo. Due
anni fa venne alla luce il terzo (9 aprile 1934, Teatro
Odeon, Milano, ndr); parto trigemino con una
gravidanza di quattro anni! Quest’ultimo non ebbi mai il
coraggio di recitarlo a Napoli perché è pieno di
amarezza dolorosa, ed è particolarmente commovente
per me, che in realtà conobbi quella famiglia. Non si
chiamava Cupiello, ma la conobbi. È la definizione
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EDUARDO RACCONTA EDUARDO
Eduardo De Filippo
“Sono nato a Napoli il 24 maggio
1900, dall’unione del più grande
attore-autore-regista e
capocomico napoletano di
quell’epoca, Eduardo Scarpetta,
con Luisa De Filippo, nubile.
Mi ci volle del tempo per capire
le circostanze della mia nascita
perché a quei tempi i bambini
non avevano la sveltezza e la
strafottenza di quelli d’oggi e
quando a undici anni seppi che
ero ‘figlio di padre ignoto’ per me
fu un grosso choc.”
In realtà la famiglia Scarpetta è il
prototipo della famiglia
“allargata”: padre di numerosi figli
illegittimi, riconosciuti o non,
l’attore napoletano era
comunque un genitore attento e
e non fece mancare nulla di ciò
che poteva servire alla crescita e
all’educazione di tutti i suoi figli.
Ma solo i “legittimi” potevano
chiamarlo papà, per gli altri era lo
zio. Eduardo debutta quindi
come attore, ancora bambino
nel 1904, nella compagnia dello
“zio” , mentre nel 1913 entra
definitivamente a far parte della
compagnia del fratellastro,
Vincenzo Scarpetta che, dopo il
ritiro dalle scene del padre nel
1909, aveva fondato un proprio
gruppo. Con lui mette in scena
una delle sue prime opere,
Uomo e galantuomo, che
debutta nel 1924 con il titolo
originario di Ho fatto un guaio?
Riparerò.
Nel 1929 Eduardo fonda con i
fratelli la compagnia “Il Teatro
Umoristico di Eduardo De Filippo
con Titina e Peppino” poi “Il
Teatro Umoristico I De Filippo”.
Nel 1931 a Napoli mettono in
scena Natale in casa Cupiello.
Anche se negli anni del fascismo
Eduardo si scontra più volte con
la dura censura di regime, la
compagnia continua a portare in
tournée i propri spettacoli con
grande successo. Il 1934 è un
anno fondamentale: Eduardo
debutta a Vienna in Questa sera
si recita a soggetto e ottiene la
definitiva consacrazione italiana,
con la “conquista” di una piazza
difficile come quella di Milano.
Dopo la liberazione di Roma e la
morte della madre, nel 1944,
Peppino lascia la compagnia:
Eduardo fonda “Il Teatro di
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scolpita del carattere di quelle povere creature
napoletane ai cui occhi il nostro sole fa risplendere
persino le crude miserie della loro triste vita di tutti i
giorni. Ed è allora, per un bisogno istintivo di
liberazione, che vivono urtandosi, ferendosi a sangue
giungendo fino all’odio, perché il nostro sole
ingigantisce anche la loro puerilità… Ma si adorano…
Essi stessi non sanno quanto si adorano.
(da Il Dramma, agosto 1936)
Gaetano Afeltra sul “Corriere della Sera” del 27
dicembre 1994, spiega a chi si riferisse Eduardo,
dicendo che conosceva la famiglia Cupiello:
«Egli si riferiva alla famiglia dei genitori della madre, che
si chiamavano appunto Luca e Concetta, gli stessi
nomi da lui dati ai protagonisti della commedia. Nella
vita reale Luca De Filippo, modesto commerciante di
carbone in un vicolo di via Toledo, somigliava molto per
carattere a Luca Cupiello, bonaccione e ingenuo.
La moglie Concetta era esattamente il contrario: donna
d’intuito, positiva e paziente come l’altra Concetta, la
madre di Ninuccia. Anche nell’ambientazione della
commedia Eduardo aveva riprodotto la casa dei nonni:
la camera col letto matrimoniale, il comò con la
Madonna di Pompei e la lampada ad olio davanti. E lei,
Concetta, al mattino, ancora in camicia da notte, lo
scialletto sulle spalle, con la tazzina di caffè in mano
che sveglia il marito. Come la Concetta di Natale in
casa Cupiello, che si avvicina al letto e comincia la
cantilena: “Lucariè, Lucariè, scetate so’ ‘e nove.
Pigliate ‘o caffè».
Eduardo parla di Luca Cupiello e del suo
“Presebbio”
Ve la ricordate la camera da letto di Luca Cupiello: quel
traballante letto matrimoniale dalla tipica spalliera di
ferro tubolare addossato alla parete più grande, e il
comò con sopra l’immagine sacra della Madonna di
Pompei, debolmente illuminata dalla lampada a olio;
i due candelieri e tanti santini disposti con bella cura e
devozione; il malfermo attaccapanni al muro di destra
che regge a stento il peso del paltò scolorito di
Concetta, d’una pelliccetta spelacchiata e di un
Eduardo”, con la quale l’anno
successivo mette in scena
Napoli milionaria! Nel 1947
conosce Thea Prandi, che
diventerà la sua seconda moglie,
dalla quale ha i figli Luca e
Luisella.
L’anno successivo acquista il
Teatro San Ferdinando,
bombardato durante la guerra,
ristrutturandolo a sue spese:
l’inaugurazione è nel 1954. Sono
anni di grandi successi
professionali (tra le opere più
significative di questo periodo
Questi fantasmi! e Filumena
Marturano del 1946, Le bugie
con le gambe lunghe del 1947,
La grande magia e Le voci di
dentro del 1948, Sabato,
domenica e lunedì del 1959,
Il sindaco del rione Sanità del
1960), ma anche di tristezza e di
grandi tragedie familiari: nel 1960
muore la figlia Luisella, nel 1961
la moglie Thea Prandi, il giorno di
Natale del 1963 la sorella Titina.
Nel 1973 scrive la sua ultima
commedia, Gli esami non
finiscono mai. Ma è proprio
durante la messa in scena di
questa commedia che, nel 1974
avverte i primi sintomi di
un’insufficienza cardiaca che lo
costringe a sospendere le recite.
Il 5 marzo viene operato per
l’applicazione di un pace-maker,
il 27 marzo riprende le repliche,
ma la sua attività artistica inizia a
farsi meno frenetica. Nel 1977
riceve dall’Università di
Birmingham la laurea honoris
causa in Lettere: solo Ignazio
Silone aveva ottenuto prima di lui
un tale riconoscimento da una
Università inglese. Nel 1981 è
nominato Senatore a vita, carica
conseguita per “altissimi meriti
nel campo artistico e letterario”,
ma che evidenzia anche
l’impegno politico e sociale che
lo ha accompagnato tutta la vita.
La sua ultima apparizione
pubblica è dell’agosto del 1984,
al Festival di Taormina. Muore a
Roma il 31 ottobre di quello
stesso anno.
cappellino in fin di vita; e il lettino piccolo in prossimità
del balcone, dove il torvo e riottoso Tommasino,
coccolato da donna Concetta sua madre col
vezzeggiativo di “Nennillo”, appallottolava la sua mole
muscolosa fra lenzuola e coperte, guardandosi bene
dall’avventurare la punta del naso al gelo
dell’ambiente? L’avete presente? In queste ore che
precedono il santo Natale non vi sembra di udire la
voce dell’incorreggibile ragazzo viziato reclamare in
tono tassativo e impudente “’a zuppa ‘e latte”?
Si apre la porta di destra e appare Concetta, in camicia
da notte e con uno scialletto di lana sulle spalle
infreddolite. Ha una tazzina in mano e paziente,
rassegnata, calma, si avvicina al letto, si pianta davanti
al marito e col tono monotono di chi sa in anticipo che
dovrà chiamare varie volte prima di essere ascoltata,
comincia la cantilena: «Lucarie’, scetate, so’ ‘e
nove…». Luca emette un grugnito di sotto le coperte,
girandosi dall’altro lato. E Concetta, impassibile:
«Lucarie’, Lucarie’, scetate, so’ ‘e nove… Pigliate ‘o
caffè». Mormorando qualche parola incomprensibile,
Luca mette fuori la testa, avvolta completamente in uno
scialle di lana, poi siede in mezzo al letto e, ricordando
a volo una cosa per lui importante, chiede alla moglie
repentinamente: «’O Presebbio… addò sta ‘o
Presebbio? ».
Affascinato dagli alberelli ricavati da rametti di
pungitopo, carichi di palline vermiglie e piccolissimi
batuffoli di candida bambagia; perduto nell’incantesimo
delle stelline d’argento incollate sul cielo blu scuro;
ammaliato dai Re Magi e dalle dorature dei loro
cammelli, abbagliato dal color celeste carico del manto
della Madonna e dal giallo cromo di quello di San
Giuseppe e dal luccichio dell’aureola di stagnola del
Bambino Gesù… Luca Cupiello, nell’infinta purezza
della sua innocenza, agita le mani esperte fra cortecce
di sughero, carta colorata, pennelli, chiodi, martello,
forbici e colla cerbione, per compiere il rito natalizio:
costruisce il Presepe. Il risultato del suo ostinato lavoro
è puerile, misero, ridicolo di fronte alla solennità del
sacro mistero, ma che fa? Egli considera il suo
“Presebbio” grandioso, ricco, animato e lo stima ben
degno del compiacimento benevolo del Figlio di Dio. (...)
Con la stessa innocenza del Poverello d’Assisi e con la
stessa trepidazione e passione cocente, ogni anno, la
17
EDUARDO RACCONTA EDUARDO
notte del 24 dicembre, Luca Cupiello compie il rito
religioso. Intorno a lui, però, non si leva alto,
commosso, un coro di fraticelli ammirati… Intorno a
Luca si va creando un’atmosfera indifferente e gelida,
man mano che le montagne di cartapesta si popolano
di capanne e “casarelle” e diventa addirittura ostile
quando, a opera compiuta, egli chiede timidamente
alla famiglia un po’ di adesione. “Nennillo” non ama il
Presepe, e lo dice al padre ogni volta che quello,
speranzoso, gli chiede «Te piace ‘o Presebbio?». «No!»,
ripete il figlio, testardo.
Quei “no” martellano il cuore di Luca e glielo fanno
sanguinare, ma le sue mani esperte si agitano lo stesso
ogni anno, puntualmente, nei giorni che precedono il
Natale, fra cortecce di sughero, carta colorata, pennelli,
chiodi, martello, forbici, colla cerbione… Quest’anno,
quando Luca Cupiello ci mostrerà ancora una volta,
sfiduciato, il minuscolo, misero, ridicolo Presepe che
avrà costruito con tanta fede e tanta pazienza,
diciamogli tutti in coro che solo per gioco affermiamo
che la sua opera ci fa ridere, ma che, al contrario, ci
sentiamo commossi di fronte a quella manifestazione di
amore e di fede, e che il suo minuscolo Presepe ci
piace assai, proprio perché è miserello, puerile e
semplice come quello di San Francesco. Vedrete,
vedrete, come lampeggeranno di gioia e si veleranno di
lacrime gli occhi degli innumerevoli Luca Cupiello sparsi
nelle case di tutto il mondo!
Eduardo, le interviste e i giornalisti
In tre casi soltanto mi rassegno e mi faccio intervistare:
quando mi è simpatico l’intervistatore; quando egli mi
presenta la lettera dell’amico carissimo, “il latore della
presente” eccetera eccetera; e quando mi trovo faccia
a faccia con uno di quei tipi che ti fanno venire la voglia
di dire sciocchezze. Questi ultimi si riconoscono dalla
prima domanda che ti pongono: “Come trascorre il
tempo libero?”, e dall’altra che sarà immancabile nel
corso della conversazione: “Come trova il tempo di
scrivere commedie?” (…).
Avrete capito, insomma, che per me essere intervistato
è stato sempre e in ogni caso una pillola amara che ho
ingoiato a fatica (…).
18
Una delle pochissime volte che mi sentii veramente
felice e rilasciato in presenza d’un intervistatore fu
quando Orio Vergani mi chiese per telefono se avevo
una mezz’ora di tempo. Finalmente una conversazione
fra due uomini della stessa razza, che avevano in
comune lo stesso tono di voce pacato da
palcoscenico, lo stesso spirito d’osservazione, lo
stesso rispetto per una pagina di copione scritta a
mano, per un’idea in embrione che difficilmente potrà
dare, in avvenire, materia sufficiente per un’intera
commedia… Perciò la conversazione tra noi due si
prolungò per oltre un’ora e mezza e ci rammaricammo
che altri impegni non ci consentissero di toccare
qualche altro tra gli infiniti argomenti che offre un
discorso sul teatro.
Eduardo visto da Orio Vergani
Come dovrei definire Eduardo De Filippo? Proviamo:
“un artista che vive e osserva in confini piccolissimi e il
cui sentimento, o, se credete meglio, la cui poesia,
opera in confini vastissimi”. Credo che nessuno possa
negare che Eduardo De Filippo sia il solo autore
teatrale nostro che, dopo Pirandello, ha toccato
sentimenti universali. Autore o attore? Istinto o
intelligenza? Meditazione o improvvisazione? Comico
dell’Arte o attore fatto tutto di precisi distacchi
prospettici, secondo il concetto di Diderot, quando
guarda il proprio modello, mescolato alla folla
dell’umanità che gli sfila ignara davanti? (…)
Chiedo a Eduardo quante commedie ha scritto;
risponde, come fossero poche: “Trentadue o trentatré,
ma dentro c’è molta paglia…” Di tutto ciò Eduardo ha
ricordi precisi, ma non ne tiene nota. Difficilmente,
quando avrà settanta o settantacinque anni, scriverà
una propria autobiografia: l’aneddoto non lo interessa,
il documento gli sembra caduco; il “museo personale”
non è mai stato nelle sue aspirazioni. Non tiene diari,
come fecero, in Francia, Lugné-Poe o Madame
Simone. Una rifrazione del suo autoritratto sta tutta
nella sua opera di autore, nelle sue immagini e nei suoi
accenti di attore: “anche nelle virgole del copione e nei
silenzi e in uno sguardo”, dice. Anche oggi parlare con
lui è un po’ difficile: sembra ch’egli osservi: “Non ti ho
19
detto già tutto, in tutti questi anni di teatro?”: (…).
Probabilmente senza avvedersene Eduardo attore e
autore è stato il caposcuola di tutta una nuova capacità
emotiva, amara o ilare, di quella che è stata la
generazione letteraria napoletana del dopoguerra, così
feconda di giovani scrittori che stanno in primo piano
nella nostra narrativa contemporanea. È stato, senza
forse rendersene conto, il primo esploratore sugli
itinerari del neorealismo. La miseria, il tremito della
paura, la fame, la trepida fiducia in qualcosa di
illuminato che ci sovrasti, l’odio per la menzogna, la
diffidenza verso il “luogo comune” che in sede di
morale o di ipocrisia è uno dei fallaci pilastri del mondo:
ecco i motivi del suo mondo che riflettono della vita ora
lo sgomento ora il riso. Il dialetto? Dev’essere
considerato formativo della nostra coscienza teatrale
spesso ancora informe. Per questo Eduardo resta nel
dialetto, perché la dialettalità è insita nella società
italiana, molto più che una certa lingua – vorrei
suggerirgli – ancora vagamente “ministeriale”. Quanto
c’è di vibrazione dialettale nel pur universale Pirandello?
Persino nei “respiri”, nei silenzi, negli ammiccamenti
della sua punteggiatura che indica il modulo musicale
della voce con cui i suoi personaggi fanno, del loro
sentimento, parola.
La fatica del recitare, soprattutto per l’attore “comico”,
che deve controllare spasmodicamente ogni battuta,
ogni gesto, ogni tempo, e tutto il ritmo della scena e
degli atti verso il loro progredire gradatamente esplosivi,
è incessante. “Certe sere – dice – ho gli occhi rossi per
la fatica…”. Quasi, suggerisco, per la fatica di quel
continuo guardarsi “nell’interno”. Scrive dove gli capita,
dove lo porta il nomadismo delle recite, dove lo
portano i film e le regie; su un tavolino purchessia, su
uno sgabello sedendo quasi per terra, se occorresse
su una valigia o su un’assicella posata sul lavandino.
Non ha uno “studio” con un imponente tavolone dietro
cui posare per i fotografi. È ordinato? Risponde, come
rispondiamo tutti: “Ho un ordine mio”….
(brani tratti da E. De Filippo, ‘O canisto, Edizioni Teatro San
Ferdinando, Firenze, 1971. Scelta dei testi a cura di Katia Cusin)
20
Natale
in casa Cupiello
adattamento e regia
Fausto Russo Alesi
foto di scena
Masiar Pasquali
Sostieni il Piccolo
perché diventi
sempre più grande
5
l’Albo anni
insieme
d’Oro
del Pıccolo
Teatro
AZIENDE
MECENATI AD HONOREM
Anima
Camera di Commercio - Milano
Eni
Fastweb
Fondazione Berti
Fondazione Cariplo
Fondazione Corriere della Sera
Fondazione Tronchetti Provera
Intesa Sanpaolo
Laura Biagiotti
Sisal
MECENATI
Banca Popolare Commercio e Industria
(Gruppo UBI Banca)
Pirelli & C
Unicredit
SOSTENITORI
Carlo Belgir
Consolato generale di Svizzera a Milano
Repubblica e Cantone Ticino
Indicod-Ecr
Per informazioni e per conoscere
le modalità di adesione,
contattare l’Ufficio Raccolta Fondi
al numero 02.72.333.322
o inviare una mail all’indirizzo
[email protected]
AMICI
BCG - The Boston Consulting Group
Botek Italia
Centromarca
IBC
Fondazione Bracco
Fondazione IBM
PERSONE
MECENATI
Rossella Bisazza
Gilberto Calindri (onorario)
Carla e Martina Carpi (onorario)
Milli De Monticelli (onorario)
Lucia Filippi
Gustavo Ghidini
Francesco Micheli
Ottavio Missoni
Federica Olivares
Federica Pavesi
Dolores Redaelli (onorario)
SOSTENITORI
Sarah e Sonia Balestra
Piero Bassetti
Cinzia Colombo
Filippo Crivelli
Marino Golinelli
Vittorio Gregotti
Giovanni Iudica
Paolo Francesco Lazzati
Luigi Marcante
Massimo Menozzi
Alessandro Nespoli
Nandi Ostali
Cosma Panzacchi
Carla Piasentin Canussio
Paolo e Valeria Pototschnig
Carla Venosta Fossati Bellani
AMICI
Amici della Scala
Rosellina Archinto Marconi
Annamaria Cascetta
Dario Ferrari
Piergiorgio Gattinoni
Federico e Renate Guasti
Mimma Guastoni
Andrea Kerbaker
Giacomo Leva
Angela Marantonio
Luigi Marcante
Maria Grazia Mezzadri Cofano
Rosella Milesi Saraval
Gian Battista Origoni della Croce
Tinetta Piontelli
Maurizio Porro
Enrico Sacchi
Gianbattista Stoppani
Visita il sito www.piccoloteatro.org
Fausto Russo Alesi
(Adattamento, regia, interpretazione)
Diplomato alla
Civica Scuola
d’Arte
Drammatica
“Paolo Grassi”;
dal 1996 è uno
dei soci di A.T.I.R.
Nel 2002 ottiene il
premio dell’Associazione Nazionale dei
Critici di Teatro. Nella stagione
2000/2001 è Kostja nel Gabbiano di
Cechov, diretto da Eimuntas
Nekrosius; per questa interpretazione
e quella di Natura morta in un fosso di
Fausto Paravidino, regia Serena
Sinigaglia, riceve il “Premio Ubu” 2002
come miglior attore giovane.
Nel gennaio 2003 è vincitore del 21st
International Fadjr Theatre Festival a
Teheran (Iran), attribuito dall’I.T.IUnesco. Nel 2004 interpreta Il Grigio di
Giorgio Gaber, regia di Serena
Sinigaglia, ricevendo il “Premio Olimpici
del Teatro” (premio ETI 2004), il premio
Annibale Ruccello (2004), il premio
Vittorio Gassman, la Maschera d’oro e
il Persefone d’oro (2005). È interprete e
regista dello spettacolo Edeyen di
Letizia Russo. Ha lavorato anche con
Gigi Dall’Aglio, Ferdinando Bruni,
Armando Punzo e Gabriele Vacis, con
Peter Stein (I demoni di Dostoevskij) e
di nuovo con Serena Sinigaglia
(L’Aggancio di Nadine Gordimer).
Diretto da Luca Ronconi ha recitato in
Il silenzio dei comunisti, Fahrenheit
451, Nel bosco degli spiriti, Sogno di
una notte di mezza estate, Il mercante
di Venezia (nel ruolo di Shylock),
La modestia di Rafael Spregelburd,
Santa Giovanna dei macelli di Brecht
(premio Ubu miglior attore non
protagonista). Per il ruolo di Kirillov ne
I demoni e di Bottom in Sogno di una
notte di mezza estate, ha vinto il
Premio Ubu 2009 come miglior attore
non protagonista.
Ancora al Piccolo è stato unico
interprete e regista di 20 novembre di
Lars Norén e, nella stagione 2010/11,
ha recitato in Nathan il saggio di
Lessing, diretto da Carmelo Rifici.
Tra le altri recenti interpretazioni,
protagonista e regista di Cuore di
cactus di Antonio Calabrò.
Per il cinema è stato diretto da Silvio
Soldini in Pane e tulipani e in Agata e la
tempesta; ha recitato, tra gli altri, in
Le rose del deserto di Mario Monicelli,
In memoria di me di Saverio Costanzo
(in concorso al Festival di Berlino), in
Vincere di Marco Bellocchio, in
concorso al Festival di Cannes 2009,
in La doppia ora di Giuseppe
Capotondi, in concorso alla Mostra del
cinema di Venezia 2009, in
La passione di Carlo Mazzacurati, in
concorso alla Mostra del cinema di
Venezia 2010. Nel 2012 compare in
30
ben tre pellicole, Romanzo di una
strage, regia di Marco Tullio Giordana;
Venuto al mondo, regia di Sergio
Castellitto e Il comandante e la
cicogna, regia di Silvio Soldini.
Per Radio Rai ha letto il romanzo Padri
e Figli di Turgenev.
Marco Rossi (Scene)
Classe 1961, nato
a Firenze,
diplomato
all'Accademia di
Belle Arti della sua
città alla scuola di
Antonio Capuano;
ha collaborato,
come assistente, con lo scenografo
Maurizio Balò. Ha realizzato le
scenografie degli spettacoli di Luca
Ronconi Amor nello specchio di G. B.
Andreini (Ferrara, 2002), Peccato che
fosse puttana di John Ford (Teatro
Farnese di Parma, 2003, coprodotto
dal Piccolo Teatro e messo in scena
anche al Teatro Studio), Diario privato
di Paul Léautaud (Teatro Argentina di
Roma, 2005), I soldati di Jakob Lenz
(Piccolo Teatro Studio, 2005),
Inventato di sana pianta, ovvero gli
affari del barone Laborde di H. Broch
(Piccolo Teatro Grassi, 2007, premio
UBU per la migliore scenografia), Itaca
di Botho Strauss e L’antro delle ninfe a
cura di M.Trevi (progetto “Odissea
doppio ritorno”, Teatro comunale di
Ferrara, settembre 2007), Giusto la fine
del mondo, di Jean-Luc Lagarce, regia
Luca Ronconi (Piccolo Teatro Studio,
2009), La modestia di R. Spregelburd
(Festival di Spoleto, Teatro Caio
Melisso, giugno 2011, ripreso al
Piccolo Teatro Grassi).
Per il Piccolo ha curato anche le scene
di Vecchia Europa di Delio Tessa, regia
di Giuseppina Carutti (Piccolo Teatro
Studio, 2002) e Guardia alla luna di
Bontempelli, regia Marco Rampoldi
(Teatro Sociale di Como, 2004),
I pretendenti di Jean-Luc Lagarce,
regia Carmelo Rifici (Piccolo Teatro
Studio, 2009), Alice nel paese delle
meraviglie da Lewis Carrol, regia di
Emiliano Bronzino, Piccolo Teatro
Studio, gennaio 2010, 20 novembre,
di Lars Norén, regia Fausto Russo
Alesi, Piccolo Teatro Strehler, Scatola
Magica, febbraio 2010, Giulio Cesare
di Shakespeare, regia Camelo Rifici
(Piccolo Teatro Strehler, 2012).
Claudio De Pace (Luci)
Milanese, classe
1963, lavora al
Piccolo Teatro di
Milano prima
come elettricista,
poi come capo
elettricista.
Dalla stagione
1980/81 collabora a circa quaranta
allestimenti, per lo più diretti da Giorgio
Strehler, tra cui Temporale, L’anima
buona di Sezuan, Giorni felici,
La tempesta, La grande magia,
Arlecchino servitore di due padroni,
I giganti della montagna, Così fan
tutte. Lavora anche con registi come
Walter Pagliaro, Klaus Michael Grüber,
Lamberto Puggelli e Carlo Battistoni.
In seguito è assistente light-designer,
collabora a diversi spettacoli, tra cui
alcune regie di Luca Ronconi per il
Piccolo (La vita è sogno, Il sogno,
Lolita, I due gemelli veneziani,
Candelaio, Quel che sapeva Maisie,
Infinities, Baccanti, Rane...). Come
light-designer cura numerosi
spettacoli, lavorando, tra gli altri, con
Moni Ovadia, Stefano Benni e Luca
Francesconi, Guido Ceronetti.
Al Piccolo Teatro, ha disegnato le luci
per: Luca Ronconi (Giusto la fine del
mondo di Jean-Luc Lagarce, I beati
anni del castigo di Fleur Jaeggy);
Serena Sinigaglia (Il Grigio di Gaber/
Luporini, Donne in parlamento di
Aristofane); Cristina Pezzoli (Milva
canta Brecht); Stefano de Luca, (Milva
canta Merini, Darwin... tra le nuvole,
Gli innamorati, quest’ultimo per il
Teatro Maly di Mosca, poi in tournée al
Piccolo); Carmelo Rifici (I pretendenti
di Jean-Luc Lagarce, Il gatto con gli
stivali-Una recita continuamente
interrotta, di Tieck-Tessitore; Nathan il
saggio di G.E. Lessing); Flavio
Albanese (La vera storia di Pinocchio);
Emiliano Bronzino (Alice da Lewis
Carroll, Sei personaggi in cerca
d’autore di Pirandello, coproduzione
del Piccolo con la Shanghai Academy,
per l’EXPO 2010 della città cinese);
Lluís Pasqual (Donna Rosita nubile di
Federico García Lorca, Blackbird di
David Harrower), Laura Curino
(Miracoli a Milano, prodotto dal
Piccolo per il 150° del Politecnico).
Per il teatro San Carlo di Napoli, cura il
disegno luci di Così fan tutte di
Mozart, storica regia di Giorgio
Strehler ripresa da Giampaolo Corti.
Per la Triennale di Milano, in occasione
del Salone del mobile dell’aprile 2012,
ha disegnato le luci di Design Dance,
progetto di Michela Marelli e
Francesca Molteni.
Giovanni Vitaletti (Musiche)
Milanese, classe
1963, si diploma
in pianoforte al
Conservatorio
Giuseppe Verdi
perfezionandosi a
Napoli e Parigi.
Segue corsi di
composizione, direzione d’orchestra e
clavicembalo.
Si diploma in liuteria a Cremona.
Docente di pianoforte al Conservatorio
Monteverdi di Bolzano, insegna al
Conservatorio Statale di Xi’an (Cina)
ed è professore ospite all’Università di
Zhang Ye.
È stato Direttore del Civico Istituto
Musicale Sammartini di San Donato
Milanese e della Scuola Civica di
Musica di San Zenone.
Nel 1989 incontra il direttore
d’orchestra Peter Maag che lo
avvicina alla sinfonica e operistica.
Con lui si esibisce con l’Orchestra
Filarmonia Veneta, la Berner
Symphonie Orchester, l’Orchestra
Stabile di Bergamo. Diretto da
prestigiosi maestri ha suonato con I
Pomeriggi Musicali, la Verdi e la
Mozart di Milano, I Cameristi della
Scala, Philharmonia Mediterranea,
Filarmonica Marchigiana, Sinfonica di
Grosseto, Filarmonica Sammartini,
Ensemble Da Ponte, Monteverdi
Chamber, Flight Jazz Band. Ha svolto
attività concertistica in teatri e società
italiane e straniere come Ente Teatro
Romano (Fiesole), Società dei
Concerti (Milano), Biennale di Venezia,
Teatro Valli (Reggio Emilia), Festival de
Otoño (Madrid), National Theater
(Londra), Internationalen Theater
(Francoforte), Berliner Ensemble.
Ha collaborato come clavicembalista
con l’Orchestra da Camera di Venezia
(con solisti come Giuliano Carmignola
e Severino Gazzelloni) e dal 1999 al
2002 si è esibito in duo con il
contrabbassista Ezio Bosso.
Nel 2007 e 2008, in tournée in Cina, si
esibisce in numerose città tra le quali
Pechino, Tianjin, Xi’an, Canton,
Shanghai. Nel 2009 torna in Cina
come solista e direttore con
l’Orchestra da Camera Claudio
Monteverdi. Nel 2013 sarà in tournée
con la Xian Chamber Orchestra.
Dal 2006 lavora con Peter Stein in
recital internazionali che toccano
numerose città; nello spettacolokolossal I Demoni; con il Faust
Ensemble in un’opera-melologo per
pianoforte e 7 voci recitanti.
Ha effettuato registrazioni per Radio1,
Radio3 e per la Radio Nazionale
Tedesca. Per la Sony è in uscita la
Faust Fantasia con Peter Stein come
voce recitante.
Per il teatro di prosa nel 1991 e nel
1993 ha lavorato con Glauco Mauri e
Roberto Sturno; dal 2007 al 2010 con
Zuzzurro e Gaspare a Milano e in
tournée. Ha collaborato con i registi
Giancarlo Sepe, Massimo Castri,
Marco Sciaccaluga. Nel 2011 ha
composto ed eseguito dal vivo le
musiche per Cuore di Cactus di
Antonio Calabrò con Fausto Russo
Alesi (Teatro Franco Parenti).
Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa
Fondato il 14 maggio 1947 da
Giorgio Strehler, Paolo Grassi e
Nina Vinchi, è il primo Stabile
italiano, in ordine di tempo, nonché
il più conosciuto, in Italia e
all’estero. L’idea dei fondatori era
dare vita a un’istituzione sostenuta
dallo Stato e dagli enti locali
(Comune e Provincia di Milano,
Regione Lombardia) in quanto
pubblico servizio necessario al
benessere dei cittadini. “Teatro
d’Arte per Tutti” era lo slogan che
accompagnava il Piccolo alla sua
nascita e anche oggi ne riassume
pienamente le finalità: portare in
scena spettacoli di qualità
indirizzati al pubblico più ampio
possibile.
Dal 1991 il Piccolo Teatro di Milano
è anche “Teatro d’Europa”.
Il Piccolo gestisce tre sale: la sede
storica (488 posti), ribattezzata
Piccolo Teatro Grassi, di recente
oggetto di un restauro conservativo
che ha “scoperto” e restituito alla
città lo splendido Chiostro
Rinascimentale attiguo; lo spazio
sperimentale del Teatro Studio (368
posti), edificio dove è ospitata
anche la Scuola di Teatro; la sede
principale di 968 posti, inaugurata
nel gennaio 1998, che porta il
nome di Piccolo Teatro Strehler.
In più di sessant’anni di attività, il
Piccolo ha prodotto oltre 300
spettacoli, 200 diretti da Strehler, di
autori che vanno da Shakespeare
(Re Lear e La tempesta) a Goldoni
(Le baruffe chiozzotte, Il campiello
e soprattutto Arlecchino servitore
di due padroni), Brecht (L’opera da
tre soldi, Vita di Galileo, L’anima
buona di Sezuan), Cechov
(Il giardino dei ciliegi).
Dal 1998, con il passaggio del
testimone a Sergio Escobar e a
Luca Ronconi, il Piccolo ha
accentuato la dimensione
internazionale e interdisciplinare,
candidandosi quale ideale polo
culturale cittadino ed europeo.
Sui suoi palcoscenici si alternano
spettacoli di prosa e danza,
rassegne e festival di cinema,
tavole rotonde e incontri di
approfondimento culturale.
Nel suo itinerario di ricerca, Luca
Ronconi ha proposto al Piccolo
classici quali Calderón de la Barca
(La vita è sogno), Eschilo
(Prometeo incatenato), Euripide
(Baccanti), Aristofane (Rane)
Shakespeare (Sogno di una notte
di mezza estate, Il mercante di
Venezia), alternati ad autori meno
frequentati in teatro (Schnitzler,
Professor Bernhardi), o
contemporanei (Jean-Luc Lagarce,
Giusto la fine del mondo, Edward
Bond, La compagnia degli uomini,
Rafael Spregelburd, La modestia),
accanto alle versioni per la scena di
celebri romanzi (per tutti Lolita di
Nabokov). Autentico esperimento
teatrale è stato lo spettacolo tratto
dai cinque scenari sull’infinito
(Infinities) del matematico inglese
John D. Barrow, allestito in un
magazzino di scenografie alla
periferia di Milano.
Per quanto riguarda la dimensione
internazionale, il Piccolo ospita
abitualmente artisti come Peter
Brook, Patrice Chéreau, Eimuntas
Nekrosius, Robert Lepage, Lev
Dodin, Lluís Pasqual, Ingmar
Bergman, Declan Donnellan,
Simon Mc Burney, Robert Wilson.
È stato in tournée in tutti i paesi del
mondo, dalla Russia agli Stati Uniti,
dalla Cina al Giappone, dall’Europa
al Nord Africa, alla Nuova Zelanda.
Dal 1986 il Piccolo gestisce anche
una scuola di teatro, fondata da
Giorgio Strehler e oggi diretta da
Luca Ronconi, che ha diplomato in
questi anni 198 attori professionisti.
Il Piccolo dal 1947 ad oggi
Spettacoli allestiti
Attori scritturati
Recite a Milano
Recite in Italia
317
1.773
13.808
7.417
Edizioni
Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa.
Direttore editoriale Giovanni Soresi.
A cura di Eleonora Vasta
Redazione Katia Cusin
Progetto grafico Emilio Fioravanti,
G&R Associati.
Recite all’estero
Totale recite
1.989
23.214
(elenco al 12 dicembre 2012)
Hanno collaborato:
Silvia Colombo, Archivo Fotografico
del Piccolo Teatro di Milano.
Franco Viespro, Archivio Storico
del Piccolo Teatro di Milano.
Stampa Globalprint s.r.l., Osnago (Lc)
dicembre 2012.
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