Fondazione Piccolo Teatro di Milano Teatro d’Europa Stagione 2012/13 66a dalla fondazione Soci Fondatori Comune di Milano Regione Lombardia Provincia di Milano Socio Sostenitore Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura di Milano Consiglio Generale Giuliano Pisapia Sindaco di Milano Roberto Formigoni Presidente Regione Lombardia Guido Podestà Presidente Provincia di Milano Carlo Sangalli Presidente Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura di Milano Consiglio d’Amministrazione Claudio Risé Presidente Consiglieri Stefano Baia Curioni Emma Paola Bassani Federica Olivares Antonio Pastore Andrea Ragosta Dario Vermi Collegio dei Revisori dei Conti Marco Arisi Rota Presidente Ci vogliono talento, coraggio, serietà e professionalità per progettare e realizzare una versione di Natale in casa Cupiello come quella diretta e interpretata da Fausto Russo Alesi. Il suo non è un monologo, ma un “assolo”, in senso musicale. Nel testo di Eduardo, Fausto ha letto la tragica rappresentazione di una “moltitudine di solitudini”: Luca e Concetta Cupiello, i loro figli, il fratello di lui, il genero e gli altri personaggi, pur interagendo continuamente gli uni con gli altri in maniera più o meno conflittuale, sono in realtà inesorabilmente soli. Di qui la scelta, profonda e faticosa quanto “inevitabile”, di portare in scena questo splendido testo in forma di assolo, di tanti assoli, uno per personaggio, ai quali Fausto presta il proprio straordinario talento, la propria voce, il proprio corpo. Questo approccio radicale, che scava nella luce ma soprattutto nelle ombre, nei bui che attraversano una delle commedie più note ed amate di Eduardo, ha trovato l’assenso di Luca De Filippo che ne ha saputo cogliere il senso più profondo, concedendo il permesso per questo trattamento del testo. Fausto Russo Alesi abita le parole di Eduardo con tutta la sua straordinaria, mutevole fisicità. Il suo è un lavoro di rigore e generosità svolto sulla voce, sul gesto, sullo spazio. Fausto restituisce fin nelle più segrete pieghe la straordinaria umanità di un testo, che affonda nell’amarezza, nella disillusione, nella solitudine, l’origine di una popolarità nobile e premonitrice, così da iscriverlo immediatamente tra i classici del teatro. Sergio Escobar Direttore Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa Revisori dei conti Marzia Provenzano Ugo Zanello Direttore Sergio Escobar Direttore Artistico Luca Ronconi 3 Stagione 2012/2013 Piccolo Teatro Studio 13 dicembre 2012 Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Natale in casa Cupiello Collaboratori responsabili all’allestimento direzione tecnica Marco Rossi assistenti alla direzione tecnica Paolo Di Benedetto, Marco Gilberti direzione di scena Giuseppe Milani audio/video Rosario Calì capo macchinista Giuseppe Rossi capi elettricisti Claudio De Pace, Gianluigi Ronchi costruzioni Alberto Parisi scenografia Mauro Colliva capo sarta Roberta Mangano sicurezza Michele Carminati di Eduardo De Filippo regia e adattamento Fausto Russo Alesi scene realizzate dal Laboratorio di Scenografia “Bruno Colombo e Leonardo Ricchelli” del Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa reparto costruzioni, carpenteria metallica, macchinisti Giorgio Armanni, Luigi Baggini, Agostino Biallo, Armando Pitzoi, Marco Premoli, Mario Scrocca costruzioni Alfredo Rivetta, Angelo Superbi reparto scenografia Nicolina Matilde Barravecchia, Mattia Bordoni, Barbara Gentilin, Emanuela Moroni, Simone Totaro reparto sartoria Alice Agrimonti, Chiara Angioletti, Donatella Carrafa, Monica Codazzi, Marisa Cosenza, Antonella Fabozzi, Maria Kurenkova, Maria Potenza, Eleonora Terzi scene Marco Rossi luci Claudio De Pace musiche Giovanni Vitaletti con Fausto Russo Alesi aiuto regia Giorgio Sangati direttore di scena Sandro Gianni attrezzista Pantaleo Ciccolella elettricista Valerio Varesi fonico Paolo Zinesi Realizzazione e registrazione musiche in collaborazione con Accademia Teatro alla Scala Angelo Di Ianni violino Ewa Janina Moszczynska viola Chiara Torselli violoncello Luis Paulo Montoya Lopez contrabbasso Luca Galasso clarinetto del Corso di Perfezionamento per Professori d’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala Simone Carlet Marcello Veronesi del Corso di tecnologia audio dell’Accademia Teatro alla Scala Andrea Ferrario Coordinamento riprese audio produzione Piccolo Teatro di Milano Teatro d’Europa 4 si ringrazia per la collaborazione il signor Giovanni Ludeno foto di scena Masiar Pasquali 5 EDUARDO E LA FAVOLA DEL PRESEPE Conversazione con Fausto Russo Alesi Perché Eduardo e perché Natale in casa Cupiello? Da diversi anni pensavo di portare in scena Eduardo e questo testo in particolare. Una sfida, senza dubbio, poiché è la commedia più famosa di Eduardo, quella, soprattutto, che la versione televisiva del 1977 ha consegnato alla memoria collettiva in un’edizione di riferimento imprescindibile. Io avevo in mente una modalità di approccio al testo particolare, immaginavo di attraversarlo in solitudine, unico attore che desse voce a tutti, o quasi, i personaggi dell’originale. Pur essendo una commedia di cui è protagonista una famiglia, Natale in casa Cupiello è la storia di una non comunicazione. Nella famiglia di Luca Cupiello, il flusso di parole e di emozioni si è interrotto, si è creato un vuoto: non si dialoga più, si monologa. Ecco allora che aveva senso l’effetto straniante di un unico interprete che, posseduto da tutte le voci, aiutasse il pubblico a vivisezionare le tematiche bellissime della commedia. Per cominciare ho sottoposto l’idea a Luca De Filippo che si è detto persuaso da questa chiave di lettura e mi ha concesso i diritti di rappresentazione. Quindi il Piccolo Teatro ha abbracciato il progetto e ha scelto di allestirlo e di inserirlo nella sua stagione. Insomma, grazie al felice incontro tra la mia idea con la disponibilità di Luca De Filippo e del Piccolo, Natale in casa Cupiello è potuto tornare in scena in questa versione particolare. In cosa è consistito il tuo adattamento? Hai introdotto parole tue accanto a quelle di Eduardo? Il prologo che reciti all’inizio, ad esempio, da dove è tratto? Il testo è fedelissimo all’originale. Ci sono ovviamente 7 CONVERSAZIONE CON FAUSTO RUSSO ALESI “Natale in casa Cupiello” la commedia di Eduardo È il 23 dicembre. Luca Cupiello, quell’anno, vuole fare il presepe più bello del solito e pretende che tutta la famiglia si unisca a lui nella devota invenzione. La moglie Concetta, invece, è presa dalle faccende domestiche e il figlio Tommasino ostenta per il presepe un provocatorio disprezzo. È un “mariuolo”, viziato dalla madre: quella mattina si scopre che ha sottratto i vestiti dello zio Pasquale, il quale abita presso di loro, e se li è venduti. Ne nascono bisticci e insulti. Arriva la figlia Ninuccia. Si mette a parlare fitto fitto con Concetta: del marito Nicolino e dei suoi soldi non ne vuole più sapere. Il matrimonio glielo hanno imposto ma ora, dopo l’ennesima lite, ha scritto a Nicolino una lettera d’addio, che mostra alla madre: è innamorata di Vittorio ed è decisa ad andarsene via con lui quella sera stessa. Concetta la convince ad abbandonare la decisione, senza riuscire ad evitare che la ragazza, in un accesso d’ira, riduca in pezzi stoviglie, soprammobili e presepe. Luca, che niente sa della discussione, trova per terra la lettera che la figlia ha rinunciato a recapitare: vedendola intestata al genero, giunto nel frattempo in visita, gliela consegna e, raccolti i cocci, rimette mano al presepe. Ma in questo modo Nicolino scopre il tradimento di Ninuccia e pure il nome dell’amante. Arriva la sera della vigilia; la tavola è pronta, il presepe ultimato. Tommasino entra in casa portando con sé un amico, Vittorio. Concetta lo invita ad andarsene, temendo l’incontro con Nicolino, ma Luca, che come al solito niente sa dei fatti di casa, insiste perché l’ospite si fermi con loro. Lo scontro è inevitabile: i rivali lasciano la casa per sfidarsi. Gli avvenimenti travolgono Luca Cupiello: d’improvviso si rende conto 8 accorpamenti, spostamenti anche recuperi di battute dalle diverse edizioni della commedia. In numerosi punti dello spettacolo utilizzo le didascalie recitandole, per collocare spazialmente e temporalmente personaggi e situazioni, ma non ho aggiunto né stravolto nulla. Il prologo stesso è opera di Eduardo e appartiene alla prima edizione televisiva della commedia, non a quella “storica”, bensì a una prima versione, ancora in bianco e nero, in cui Eduardo introduceva Luca Cupiello, personaggio immerso in un mondo di finzione da lui stesso costruito – il presepe – e nel quale volentieri si perde, chiacchierando con il suo Bambino Gesù. Per il resto, dei quindici personaggi dell’originale ho mantenuto i principali, Luca e Concetta Cupiello, i due figli Ninuccia e Tommasino, lo zio Pasqualino, Nicolino il marito di Ninuccia, Vittorio, che sempre di Ninuccia è l’amante, il portiere Don Raffaele, il medico che nel terzo atto visita Luca morente. Dei caratteri tralasciati ho salvato le battute, accorpandole a quelle di altri: è come se fossimo di fronte al testo in versione quasi integrale ma adattata su di me, per costruire una partitura scenica credibile e funzionale alla mia lettura. Spesso, inoltre, la parola di Eduardo è “agita”, descrive in modo vivido ciò che i personaggi stanno facendo. Perché secondo te Natale in casa Cupiello, scritto nei primi anni Trenta, è così attuale? I motivi sono moltissimi. In primo luogo tutto il rapporto tra sogno e veglia, tra realtà e sua rimozione, in senso più lato tra nascita e morte. Una delle battute più frequenti di Concetta è Lucariè, scetate!, “Svegliati, Lucariello!”, battuta che, ovviamente va al di là del motivo, se vuoi anche comico, della moglie petulante che vuole costringere Luca ad alzarsi perché sono già le nove. Luca dorme perché preferisce non vedere, ignorare i fallimenti dei figli, chiudere gli occhi su una famiglia in cui tutto è precario, in cui si vive sull’ipocrisia di relazioni fallimentari, di matrimoni, come quello di Ninuccia con Nicolino, infelici e “obbligati”. Se Concetta nasconde, è omertosa con i figli e con il marito, condanna Ninuccia all’infelicità e Tommasino ad essere perennemente figlio, smorzandone drasticamente la virilità, Luca sceglie di non vedere l’infelicità dei familiari, le crepe che distruggono gli affetti, e si rifugia tra le statuette del suo presepe, per lui l’unica cosa importante. Lo scontro generazionale è fortissimo e chi ne esce peggio sono i giovani, i figli: il maschio EDUARDO E LA FAVOLA DEL PRESEPE della propria solitudine, delle incomprensioni, dell’estraneità che lo separa dai suoi e non è in grado di sopportarlo. Nel giro di tre giorni, le sue condizioni si aggravano; semiparalizzato, farfugliante, non fa che chiedere di Nicolino e quando si presenta Vittorio lo scambia per il genero, chiama pure Ninuccia e si fa giurare che i due non si lasceranno più. Poi, dopo aver finalmente saputo da Tommasino che il presepe piace anche a lui, scivola nell’agonia, in una beata visione. (da Dizionario Bompiani delle Opere e dei personaggi, Edizione speciale per il “Corriere della Sera”, 2006) “mammone”, buono a nulla e che non riesce a costruirsi un futuro, la femmina che avrebbe temperamento ma è prigioniera di un matrimonio infelice con un uomo losco. Eppure qualsiasi tentativo di ribellione viene castrato in nome del rispetto delle convenienze e di regole imposte dai vecchi. “Te piace o presepe?” fuor di metafora, è proprio questo: il padre chiede al figlio “Ti piace la mia realtà, lo schema che ti propongo?” e quello gli risponde di no, che il presepe non gli piace. Nella famiglia Cupiello non ci si ascolta, non ci si apre all’altro in quanto diverso da noi ma lo si respinge proprio perché tale: se ciò avviene nel microcosmo domestico, a maggior ragione accade in una dimensione più ampia, sociale e politica. Evidente è anche lo scontro tra i sessi, con i maschi che sembrano debolissimi di fronte a donne dal carattere d’acciaio: “I calzoni li dovreste portare voi” dice il portinaio, Don Raffaele, a Concetta Cupiello, mettendo in luce una precarietà di identità e di ruoli. Al di fuori della dimensione familiare, l’invito a “svegliarsi” va letto anche in chiave politica, come sempre, per me, nel teatro di Eduardo: la commedia fu scritta tra il 1931 e il 1934, in pieno fascismo. Svegliarsi avrebbe significato reagire alla dittatura mentre buona parte degli italiani, evidentemente avvezza a subire, si rifugiava come Luca Cupiello nel “presepe”. Eduardo ha recitato Natale in casa Cupiello per decenni, dagli anni Trenta agli anni Settanta del Novecento, a mio avviso di volta in volta sottolineando la colpevolezza di Luca: se nelle prime edizioni c’è un che di bambinesco, di infantile, nel suo rifugiarsi nel presepe, mano a mano che gli anni passavano, Eduardo ha via via evidenziato la responsabilità che Luca ha nel chiudere gli occhi sul mondo, nel raccontarsi le favole rifiutando la realtà, familiare - e di conseguenza sociale e politica - che lo circonda. Non è anche questo un tema attualissimo? Hai parlato di precarietà e di crepe: è questo il senso della scenografia? Sì, volevo che da subito, entrando in sala, si percepisse l’idea di una casa pericolante, realmente e metaforicamente, senza essere didascalici. Niente ha un senso preciso, nulla “vuol dire” una cosa piuttosto che un’altra: in quel pavimento sospeso di una casa piena di crepe e che fa acqua da ogni parte, ciascuno spettatore può leggere quel che la sua sensibilità gli suggerisce. La scena è evocativa, nulla è detto in 9 CONVERSAZIONE CON FAUSTO RUSSO ALESI modo totale o definitivo: se vuoi, visto che il presepe non c’è, ma è evocato da una testa di Gesù Bambino, la scena è essa stessa il presepe. E può esserlo solo così, in questa maniera “terremotata”, perché pericolanti sono affetti, relazioni, sentimenti, legami. E il rumore che si sente, talvolta, in sottofondo, come se ci fosse uno strano cigolio? Lasciamolo scoprire allo spettatore… Certo è che sopra l’appartamento di Luca e Concetta vivono Ninuccia e l’ambiguo Nicolino, il genero “ricco” al quale i Cupiello, per potersi elevare economicamente, hanno sacrificato la figlia. Da dove viene quella ricchezza? Di nuovo siamo di fronte ad un tema contemporaneo: dignità e morale vengono meno, si sbriciolano, in nome della conquista di uno status superiore. Qual è il ruolo della musica nello spettacolo? Natale in casa Cupiello è già di per sé un meraviglioso spartito musicale, un vibrante veicolo di comunicazione, profondità e poesia. La musica doveva compenetrarsi con il testo e attraversarlo con me. Doveva essere discreta, perché comunque stiamo parlando di uno spettacolo di parola, ma al tempo stesso aiutarmi a suggerire azioni, cambi di atmosfera, colori, sentimenti; doveva restituire sia la violenza che abita il testo – ed è tantissima – sia la sua estrema poesia. Con Giovanni Vitaletti avevo già lavorato molto bene in una precedente occasione. Lui è partito presentandomi numerosissime proposte; insieme abbiamo sfrondato, scelto i temi e gli strumenti che li avrebbero eseguiti. Giovanni è il pianista, gli altri artisti provengono dall’Accademia Teatro alla Scala. Fausto, ma a te piace il presepe? Certo! In fondo, da attore, io per primo vivo in un presepe: il teatrante, come un bambino si perde nella finzione, ci si rifugia. La finzione è confortevole permette di arrivare alla verità, scegliendo però la via rassicurante della distanza, di un palcoscenico attraverso il quale guardare la realtà con un filtro. Se invece andiamo a vedere nello specifico che cosa sia veramente il presepe per Lucariello - e per ciascuno di noi – cioè una fuga, allora la domanda che sorge spontanea è: da che cosa fuggi e perché? (a cura di Eleonora Vasta) 10 UNA PARTITURA DI PAROLE di Giovanni Vitaletti Nel 1989 il mio primo incontro come musicista con il teatro di prosa era con Glauco Mauri: è li, con quel grande maestro che ho imparato a respirare, a parlare in musica con la prosa. Le dinamiche astratte della musica ti accompagnano in mondi, fantasie che seguono talvolta espressioni e linguaggi molto personali; ecco che l’incontro con la prosa mi ha instradato ad un linguaggio che respira con le parole, con le frasi. Attraverso la flessibilità e la capacità della lingua di essere manipolata ho imparato a utilizzare e organizzare un codice che permette di arrivare a tutti attraversando viaggi fantastici e astrazioni vertiginose. Era Hector Berlioz, uno dei compositori simbolo dell’800, che diceva “l’amore non può dare l’idea della musica, ma la musica può dare l’idea dell’amore”. Questa capacità della musica di interpretare e trasmettere emozioni senza bisogno di raccontarle e spiegarle e la capacità duttile di adattarsi alle situazioni, di essere gregario o protagonista senza stravolgerne la propria natura sono elementi fondamentali per il matrimonio fra musica e prosa. Fausto Russo Alesi ed io abbiamo iniziato due anni fa a lavorare insieme e condividere la nostra esperienza artistica. Era durante la rappresentazione dei Demoni, regia di Peter Stein. Abbiamo poi lavorato intensamente e velocemente per la messa in scena di Cuore di cactus dove io suonavo dal vivo mie composizioni, una partitura che si intrecciava, respirava con le parole, le nutriva, si inseriva come un contrappunto nell’organizzazione delle frasi. È questo che succede quando mi incontro con Fausto 11 GIOVANNI VITALETTI UNA PARTITURA DI PAROLE Russo Alesi. Ognuno mette in gioco la propria esperienza, la propria sensibilità artistica e lavorativa. Tra di noi inizia un intenso dialogo i cui protagonisti sono i differenti linguaggi artistici che si intendono perfettamente e che, ogni giorno di più, ho visto completarsi a vicenda in questa collaborazione. Natale in casa Cupiello è una partitura di parole, è in tre atti come tre movimenti di una Sinfonia classica. Potrebbe sembrare essere stato difficile inserire musica sulla musica, in realtà non c’è stata cosa più semplice che colloquiare con la musica delle parole già scritte. La musica si inserisce come un’orchestra, seguendo il solista che in questo caso è un attore. La musica talvolta definisce i cambi di scena, ne prepara il terreno emozionale, commenta gli accadimenti, sostiene la scena, aiuta a vedere ciò che non c’è, cammina a braccetto con l’attore, delinea, certe volte nel minimo particolare, una partitura contrappuntistica fra voce e musica costruita con pazienza. Tre atti e tre colori strumentali differenti. Nel primo atto, quello dove vengono presentati i personaggi e gli intrecci, il pianoforte è il protagonista, si potrebbe pensare a una scala monocolore ma di infinite sfumature e contrasti differenti. Ogni personaggio ha una musica differente, così come anche il presepe che non è presente sulla scena. Troviamo Lucariè, un tema di carillon per una marionetta meccanica, è il tema di un padre che rimane ai margini degli accadimenti, incapace di relazionarsi, fino a quando si scoprono i giochi e lui cede sotto al peso della realtà. Una Ninna nanna consolatrice per il presepe, ambito rifugio per Lucariè. Quasi un Tango sinuoso per Tommasino e una Mazurca per Pasquale. L’entrata di Ninuccia è accompagnata da tre variazioni dello stesso tema, un movimento continuo, persistente, regolare, su un tema inquieto, nervoso, istintivo. Nel secondo atto, dove si infittiscono gli accadimenti sino alla tragedia, troviamo un mondo di colori attraverso le voci di un quartetto d’archi: un clarinetto, il pianoforte già presente nel precedente atto e una celesta, strumento con lamine di metallo che ricorda i metallofoni giocattolo dei bambini. Tanti colori anche se a tinte pastello: il quartetto infatti suona sempre pizzicando le corde come per riportarci al mondo dei Pupi, delle Marionette. Sono due i temi principali utilizzati, un Valzer che 12 prepara la festa e ne segue tutto lo svolgimento, gli accadimenti, e un altro che, riproposto sempre con differente strumentazione, fa da contrappunto al Valzer durante le vicissitudini dei tre uomini della famiglia. L’atto finisce con Tu scendi dalle stelle, trasformato, trasfigurato dai contrasti, dalla tragedia avvenuta. Nel terzo atto è la Ninna nanna, quella del Presepe, quel rifugio tanto desiderato da Lucariè, che accompagna il suo congedo dalla vita. In questo svolgersi di azioni ed emozioni la musica segue, prende per mano i personaggi, li accompagna, li assiste, aiuta a renderli entità universali, così che ognuno possa identificarsi nella storia, emozionarsi, elaborare i sentimenti provati dai nostri personaggi rendendo il teatro ancor più un’esperienza intima e insieme collettiva, prima di restituirli ai legittimi proprietari, i personaggi di questa storia, arricchiti delle nostre esperienze emozionali. 13 EDUARDO RACCONTA EDUARDO Riportiamo in questa piccola antologia alcuni scritti di Eduardo De Filippo in cui il grande autore partenopeo racconta la genesi di quello che in molti considerano il suo capolavoro: Natale in casa Cupiello. Accanto alle righe autografe di Eduardo, un breve approfondimento di Gaetano Afeltra e una pagina di Orio Vergani completano il ritratto di un uomo e di un artista di eccezionale talento che con straordinaria sensibilità sapeva esplorare in palcoscenico le infinite pieghe dell’anima umana. Eduardo racconta la genesi di “Natale in casa Cupiello” [Natale in casa Cupiello, n.d.r.] ebbe la sua prima rappresentazione al Kursaal di Napoli (25 dicembre 1931, ndr); allora non era che un atto unico, ed è tanto strana la sua storia che vale la pena raccontarla. L’anno seguente, al Sannazaro (27 dicembre 1932, ndr), teatro della stessa città, scrissi il primo atto, e diventò in due. Immaginate un autore che scrive prima il secondo atto e, a distanza di un anno, il primo. Due anni fa venne alla luce il terzo (9 aprile 1934, Teatro Odeon, Milano, ndr); parto trigemino con una gravidanza di quattro anni! Quest’ultimo non ebbi mai il coraggio di recitarlo a Napoli perché è pieno di amarezza dolorosa, ed è particolarmente commovente per me, che in realtà conobbi quella famiglia. Non si chiamava Cupiello, ma la conobbi. È la definizione 15 EDUARDO RACCONTA EDUARDO Eduardo De Filippo “Sono nato a Napoli il 24 maggio 1900, dall’unione del più grande attore-autore-regista e capocomico napoletano di quell’epoca, Eduardo Scarpetta, con Luisa De Filippo, nubile. Mi ci volle del tempo per capire le circostanze della mia nascita perché a quei tempi i bambini non avevano la sveltezza e la strafottenza di quelli d’oggi e quando a undici anni seppi che ero ‘figlio di padre ignoto’ per me fu un grosso choc.” In realtà la famiglia Scarpetta è il prototipo della famiglia “allargata”: padre di numerosi figli illegittimi, riconosciuti o non, l’attore napoletano era comunque un genitore attento e e non fece mancare nulla di ciò che poteva servire alla crescita e all’educazione di tutti i suoi figli. Ma solo i “legittimi” potevano chiamarlo papà, per gli altri era lo zio. Eduardo debutta quindi come attore, ancora bambino nel 1904, nella compagnia dello “zio” , mentre nel 1913 entra definitivamente a far parte della compagnia del fratellastro, Vincenzo Scarpetta che, dopo il ritiro dalle scene del padre nel 1909, aveva fondato un proprio gruppo. Con lui mette in scena una delle sue prime opere, Uomo e galantuomo, che debutta nel 1924 con il titolo originario di Ho fatto un guaio? Riparerò. Nel 1929 Eduardo fonda con i fratelli la compagnia “Il Teatro Umoristico di Eduardo De Filippo con Titina e Peppino” poi “Il Teatro Umoristico I De Filippo”. Nel 1931 a Napoli mettono in scena Natale in casa Cupiello. Anche se negli anni del fascismo Eduardo si scontra più volte con la dura censura di regime, la compagnia continua a portare in tournée i propri spettacoli con grande successo. Il 1934 è un anno fondamentale: Eduardo debutta a Vienna in Questa sera si recita a soggetto e ottiene la definitiva consacrazione italiana, con la “conquista” di una piazza difficile come quella di Milano. Dopo la liberazione di Roma e la morte della madre, nel 1944, Peppino lascia la compagnia: Eduardo fonda “Il Teatro di 16 scolpita del carattere di quelle povere creature napoletane ai cui occhi il nostro sole fa risplendere persino le crude miserie della loro triste vita di tutti i giorni. Ed è allora, per un bisogno istintivo di liberazione, che vivono urtandosi, ferendosi a sangue giungendo fino all’odio, perché il nostro sole ingigantisce anche la loro puerilità… Ma si adorano… Essi stessi non sanno quanto si adorano. (da Il Dramma, agosto 1936) Gaetano Afeltra sul “Corriere della Sera” del 27 dicembre 1994, spiega a chi si riferisse Eduardo, dicendo che conosceva la famiglia Cupiello: «Egli si riferiva alla famiglia dei genitori della madre, che si chiamavano appunto Luca e Concetta, gli stessi nomi da lui dati ai protagonisti della commedia. Nella vita reale Luca De Filippo, modesto commerciante di carbone in un vicolo di via Toledo, somigliava molto per carattere a Luca Cupiello, bonaccione e ingenuo. La moglie Concetta era esattamente il contrario: donna d’intuito, positiva e paziente come l’altra Concetta, la madre di Ninuccia. Anche nell’ambientazione della commedia Eduardo aveva riprodotto la casa dei nonni: la camera col letto matrimoniale, il comò con la Madonna di Pompei e la lampada ad olio davanti. E lei, Concetta, al mattino, ancora in camicia da notte, lo scialletto sulle spalle, con la tazzina di caffè in mano che sveglia il marito. Come la Concetta di Natale in casa Cupiello, che si avvicina al letto e comincia la cantilena: “Lucariè, Lucariè, scetate so’ ‘e nove. Pigliate ‘o caffè». Eduardo parla di Luca Cupiello e del suo “Presebbio” Ve la ricordate la camera da letto di Luca Cupiello: quel traballante letto matrimoniale dalla tipica spalliera di ferro tubolare addossato alla parete più grande, e il comò con sopra l’immagine sacra della Madonna di Pompei, debolmente illuminata dalla lampada a olio; i due candelieri e tanti santini disposti con bella cura e devozione; il malfermo attaccapanni al muro di destra che regge a stento il peso del paltò scolorito di Concetta, d’una pelliccetta spelacchiata e di un Eduardo”, con la quale l’anno successivo mette in scena Napoli milionaria! Nel 1947 conosce Thea Prandi, che diventerà la sua seconda moglie, dalla quale ha i figli Luca e Luisella. L’anno successivo acquista il Teatro San Ferdinando, bombardato durante la guerra, ristrutturandolo a sue spese: l’inaugurazione è nel 1954. Sono anni di grandi successi professionali (tra le opere più significative di questo periodo Questi fantasmi! e Filumena Marturano del 1946, Le bugie con le gambe lunghe del 1947, La grande magia e Le voci di dentro del 1948, Sabato, domenica e lunedì del 1959, Il sindaco del rione Sanità del 1960), ma anche di tristezza e di grandi tragedie familiari: nel 1960 muore la figlia Luisella, nel 1961 la moglie Thea Prandi, il giorno di Natale del 1963 la sorella Titina. Nel 1973 scrive la sua ultima commedia, Gli esami non finiscono mai. Ma è proprio durante la messa in scena di questa commedia che, nel 1974 avverte i primi sintomi di un’insufficienza cardiaca che lo costringe a sospendere le recite. Il 5 marzo viene operato per l’applicazione di un pace-maker, il 27 marzo riprende le repliche, ma la sua attività artistica inizia a farsi meno frenetica. Nel 1977 riceve dall’Università di Birmingham la laurea honoris causa in Lettere: solo Ignazio Silone aveva ottenuto prima di lui un tale riconoscimento da una Università inglese. Nel 1981 è nominato Senatore a vita, carica conseguita per “altissimi meriti nel campo artistico e letterario”, ma che evidenzia anche l’impegno politico e sociale che lo ha accompagnato tutta la vita. La sua ultima apparizione pubblica è dell’agosto del 1984, al Festival di Taormina. Muore a Roma il 31 ottobre di quello stesso anno. cappellino in fin di vita; e il lettino piccolo in prossimità del balcone, dove il torvo e riottoso Tommasino, coccolato da donna Concetta sua madre col vezzeggiativo di “Nennillo”, appallottolava la sua mole muscolosa fra lenzuola e coperte, guardandosi bene dall’avventurare la punta del naso al gelo dell’ambiente? L’avete presente? In queste ore che precedono il santo Natale non vi sembra di udire la voce dell’incorreggibile ragazzo viziato reclamare in tono tassativo e impudente “’a zuppa ‘e latte”? Si apre la porta di destra e appare Concetta, in camicia da notte e con uno scialletto di lana sulle spalle infreddolite. Ha una tazzina in mano e paziente, rassegnata, calma, si avvicina al letto, si pianta davanti al marito e col tono monotono di chi sa in anticipo che dovrà chiamare varie volte prima di essere ascoltata, comincia la cantilena: «Lucarie’, scetate, so’ ‘e nove…». Luca emette un grugnito di sotto le coperte, girandosi dall’altro lato. E Concetta, impassibile: «Lucarie’, Lucarie’, scetate, so’ ‘e nove… Pigliate ‘o caffè». Mormorando qualche parola incomprensibile, Luca mette fuori la testa, avvolta completamente in uno scialle di lana, poi siede in mezzo al letto e, ricordando a volo una cosa per lui importante, chiede alla moglie repentinamente: «’O Presebbio… addò sta ‘o Presebbio? ». Affascinato dagli alberelli ricavati da rametti di pungitopo, carichi di palline vermiglie e piccolissimi batuffoli di candida bambagia; perduto nell’incantesimo delle stelline d’argento incollate sul cielo blu scuro; ammaliato dai Re Magi e dalle dorature dei loro cammelli, abbagliato dal color celeste carico del manto della Madonna e dal giallo cromo di quello di San Giuseppe e dal luccichio dell’aureola di stagnola del Bambino Gesù… Luca Cupiello, nell’infinta purezza della sua innocenza, agita le mani esperte fra cortecce di sughero, carta colorata, pennelli, chiodi, martello, forbici e colla cerbione, per compiere il rito natalizio: costruisce il Presepe. Il risultato del suo ostinato lavoro è puerile, misero, ridicolo di fronte alla solennità del sacro mistero, ma che fa? Egli considera il suo “Presebbio” grandioso, ricco, animato e lo stima ben degno del compiacimento benevolo del Figlio di Dio. (...) Con la stessa innocenza del Poverello d’Assisi e con la stessa trepidazione e passione cocente, ogni anno, la 17 EDUARDO RACCONTA EDUARDO notte del 24 dicembre, Luca Cupiello compie il rito religioso. Intorno a lui, però, non si leva alto, commosso, un coro di fraticelli ammirati… Intorno a Luca si va creando un’atmosfera indifferente e gelida, man mano che le montagne di cartapesta si popolano di capanne e “casarelle” e diventa addirittura ostile quando, a opera compiuta, egli chiede timidamente alla famiglia un po’ di adesione. “Nennillo” non ama il Presepe, e lo dice al padre ogni volta che quello, speranzoso, gli chiede «Te piace ‘o Presebbio?». «No!», ripete il figlio, testardo. Quei “no” martellano il cuore di Luca e glielo fanno sanguinare, ma le sue mani esperte si agitano lo stesso ogni anno, puntualmente, nei giorni che precedono il Natale, fra cortecce di sughero, carta colorata, pennelli, chiodi, martello, forbici, colla cerbione… Quest’anno, quando Luca Cupiello ci mostrerà ancora una volta, sfiduciato, il minuscolo, misero, ridicolo Presepe che avrà costruito con tanta fede e tanta pazienza, diciamogli tutti in coro che solo per gioco affermiamo che la sua opera ci fa ridere, ma che, al contrario, ci sentiamo commossi di fronte a quella manifestazione di amore e di fede, e che il suo minuscolo Presepe ci piace assai, proprio perché è miserello, puerile e semplice come quello di San Francesco. Vedrete, vedrete, come lampeggeranno di gioia e si veleranno di lacrime gli occhi degli innumerevoli Luca Cupiello sparsi nelle case di tutto il mondo! Eduardo, le interviste e i giornalisti In tre casi soltanto mi rassegno e mi faccio intervistare: quando mi è simpatico l’intervistatore; quando egli mi presenta la lettera dell’amico carissimo, “il latore della presente” eccetera eccetera; e quando mi trovo faccia a faccia con uno di quei tipi che ti fanno venire la voglia di dire sciocchezze. Questi ultimi si riconoscono dalla prima domanda che ti pongono: “Come trascorre il tempo libero?”, e dall’altra che sarà immancabile nel corso della conversazione: “Come trova il tempo di scrivere commedie?” (…). Avrete capito, insomma, che per me essere intervistato è stato sempre e in ogni caso una pillola amara che ho ingoiato a fatica (…). 18 Una delle pochissime volte che mi sentii veramente felice e rilasciato in presenza d’un intervistatore fu quando Orio Vergani mi chiese per telefono se avevo una mezz’ora di tempo. Finalmente una conversazione fra due uomini della stessa razza, che avevano in comune lo stesso tono di voce pacato da palcoscenico, lo stesso spirito d’osservazione, lo stesso rispetto per una pagina di copione scritta a mano, per un’idea in embrione che difficilmente potrà dare, in avvenire, materia sufficiente per un’intera commedia… Perciò la conversazione tra noi due si prolungò per oltre un’ora e mezza e ci rammaricammo che altri impegni non ci consentissero di toccare qualche altro tra gli infiniti argomenti che offre un discorso sul teatro. Eduardo visto da Orio Vergani Come dovrei definire Eduardo De Filippo? Proviamo: “un artista che vive e osserva in confini piccolissimi e il cui sentimento, o, se credete meglio, la cui poesia, opera in confini vastissimi”. Credo che nessuno possa negare che Eduardo De Filippo sia il solo autore teatrale nostro che, dopo Pirandello, ha toccato sentimenti universali. Autore o attore? Istinto o intelligenza? Meditazione o improvvisazione? Comico dell’Arte o attore fatto tutto di precisi distacchi prospettici, secondo il concetto di Diderot, quando guarda il proprio modello, mescolato alla folla dell’umanità che gli sfila ignara davanti? (…) Chiedo a Eduardo quante commedie ha scritto; risponde, come fossero poche: “Trentadue o trentatré, ma dentro c’è molta paglia…” Di tutto ciò Eduardo ha ricordi precisi, ma non ne tiene nota. Difficilmente, quando avrà settanta o settantacinque anni, scriverà una propria autobiografia: l’aneddoto non lo interessa, il documento gli sembra caduco; il “museo personale” non è mai stato nelle sue aspirazioni. Non tiene diari, come fecero, in Francia, Lugné-Poe o Madame Simone. Una rifrazione del suo autoritratto sta tutta nella sua opera di autore, nelle sue immagini e nei suoi accenti di attore: “anche nelle virgole del copione e nei silenzi e in uno sguardo”, dice. Anche oggi parlare con lui è un po’ difficile: sembra ch’egli osservi: “Non ti ho 19 detto già tutto, in tutti questi anni di teatro?”: (…). Probabilmente senza avvedersene Eduardo attore e autore è stato il caposcuola di tutta una nuova capacità emotiva, amara o ilare, di quella che è stata la generazione letteraria napoletana del dopoguerra, così feconda di giovani scrittori che stanno in primo piano nella nostra narrativa contemporanea. È stato, senza forse rendersene conto, il primo esploratore sugli itinerari del neorealismo. La miseria, il tremito della paura, la fame, la trepida fiducia in qualcosa di illuminato che ci sovrasti, l’odio per la menzogna, la diffidenza verso il “luogo comune” che in sede di morale o di ipocrisia è uno dei fallaci pilastri del mondo: ecco i motivi del suo mondo che riflettono della vita ora lo sgomento ora il riso. Il dialetto? Dev’essere considerato formativo della nostra coscienza teatrale spesso ancora informe. Per questo Eduardo resta nel dialetto, perché la dialettalità è insita nella società italiana, molto più che una certa lingua – vorrei suggerirgli – ancora vagamente “ministeriale”. Quanto c’è di vibrazione dialettale nel pur universale Pirandello? Persino nei “respiri”, nei silenzi, negli ammiccamenti della sua punteggiatura che indica il modulo musicale della voce con cui i suoi personaggi fanno, del loro sentimento, parola. La fatica del recitare, soprattutto per l’attore “comico”, che deve controllare spasmodicamente ogni battuta, ogni gesto, ogni tempo, e tutto il ritmo della scena e degli atti verso il loro progredire gradatamente esplosivi, è incessante. “Certe sere – dice – ho gli occhi rossi per la fatica…”. Quasi, suggerisco, per la fatica di quel continuo guardarsi “nell’interno”. Scrive dove gli capita, dove lo porta il nomadismo delle recite, dove lo portano i film e le regie; su un tavolino purchessia, su uno sgabello sedendo quasi per terra, se occorresse su una valigia o su un’assicella posata sul lavandino. Non ha uno “studio” con un imponente tavolone dietro cui posare per i fotografi. È ordinato? Risponde, come rispondiamo tutti: “Ho un ordine mio”…. (brani tratti da E. De Filippo, ‘O canisto, Edizioni Teatro San Ferdinando, Firenze, 1971. Scelta dei testi a cura di Katia Cusin) 20 Natale in casa Cupiello adattamento e regia Fausto Russo Alesi foto di scena Masiar Pasquali Sostieni il Piccolo perché diventi sempre più grande 5 l’Albo anni insieme d’Oro del Pıccolo Teatro AZIENDE MECENATI AD HONOREM Anima Camera di Commercio - Milano Eni Fastweb Fondazione Berti Fondazione Cariplo Fondazione Corriere della Sera Fondazione Tronchetti Provera Intesa Sanpaolo Laura Biagiotti Sisal MECENATI Banca Popolare Commercio e Industria (Gruppo UBI Banca) Pirelli & C Unicredit SOSTENITORI Carlo Belgir Consolato generale di Svizzera a Milano Repubblica e Cantone Ticino Indicod-Ecr Per informazioni e per conoscere le modalità di adesione, contattare l’Ufficio Raccolta Fondi al numero 02.72.333.322 o inviare una mail all’indirizzo [email protected] AMICI BCG - The Boston Consulting Group Botek Italia Centromarca IBC Fondazione Bracco Fondazione IBM PERSONE MECENATI Rossella Bisazza Gilberto Calindri (onorario) Carla e Martina Carpi (onorario) Milli De Monticelli (onorario) Lucia Filippi Gustavo Ghidini Francesco Micheli Ottavio Missoni Federica Olivares Federica Pavesi Dolores Redaelli (onorario) SOSTENITORI Sarah e Sonia Balestra Piero Bassetti Cinzia Colombo Filippo Crivelli Marino Golinelli Vittorio Gregotti Giovanni Iudica Paolo Francesco Lazzati Luigi Marcante Massimo Menozzi Alessandro Nespoli Nandi Ostali Cosma Panzacchi Carla Piasentin Canussio Paolo e Valeria Pototschnig Carla Venosta Fossati Bellani AMICI Amici della Scala Rosellina Archinto Marconi Annamaria Cascetta Dario Ferrari Piergiorgio Gattinoni Federico e Renate Guasti Mimma Guastoni Andrea Kerbaker Giacomo Leva Angela Marantonio Luigi Marcante Maria Grazia Mezzadri Cofano Rosella Milesi Saraval Gian Battista Origoni della Croce Tinetta Piontelli Maurizio Porro Enrico Sacchi Gianbattista Stoppani Visita il sito www.piccoloteatro.org Fausto Russo Alesi (Adattamento, regia, interpretazione) Diplomato alla Civica Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi”; dal 1996 è uno dei soci di A.T.I.R. Nel 2002 ottiene il premio dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro. Nella stagione 2000/2001 è Kostja nel Gabbiano di Cechov, diretto da Eimuntas Nekrosius; per questa interpretazione e quella di Natura morta in un fosso di Fausto Paravidino, regia Serena Sinigaglia, riceve il “Premio Ubu” 2002 come miglior attore giovane. Nel gennaio 2003 è vincitore del 21st International Fadjr Theatre Festival a Teheran (Iran), attribuito dall’I.T.IUnesco. Nel 2004 interpreta Il Grigio di Giorgio Gaber, regia di Serena Sinigaglia, ricevendo il “Premio Olimpici del Teatro” (premio ETI 2004), il premio Annibale Ruccello (2004), il premio Vittorio Gassman, la Maschera d’oro e il Persefone d’oro (2005). È interprete e regista dello spettacolo Edeyen di Letizia Russo. Ha lavorato anche con Gigi Dall’Aglio, Ferdinando Bruni, Armando Punzo e Gabriele Vacis, con Peter Stein (I demoni di Dostoevskij) e di nuovo con Serena Sinigaglia (L’Aggancio di Nadine Gordimer). Diretto da Luca Ronconi ha recitato in Il silenzio dei comunisti, Fahrenheit 451, Nel bosco degli spiriti, Sogno di una notte di mezza estate, Il mercante di Venezia (nel ruolo di Shylock), La modestia di Rafael Spregelburd, Santa Giovanna dei macelli di Brecht (premio Ubu miglior attore non protagonista). Per il ruolo di Kirillov ne I demoni e di Bottom in Sogno di una notte di mezza estate, ha vinto il Premio Ubu 2009 come miglior attore non protagonista. Ancora al Piccolo è stato unico interprete e regista di 20 novembre di Lars Norén e, nella stagione 2010/11, ha recitato in Nathan il saggio di Lessing, diretto da Carmelo Rifici. Tra le altri recenti interpretazioni, protagonista e regista di Cuore di cactus di Antonio Calabrò. Per il cinema è stato diretto da Silvio Soldini in Pane e tulipani e in Agata e la tempesta; ha recitato, tra gli altri, in Le rose del deserto di Mario Monicelli, In memoria di me di Saverio Costanzo (in concorso al Festival di Berlino), in Vincere di Marco Bellocchio, in concorso al Festival di Cannes 2009, in La doppia ora di Giuseppe Capotondi, in concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2009, in La passione di Carlo Mazzacurati, in concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2010. Nel 2012 compare in 30 ben tre pellicole, Romanzo di una strage, regia di Marco Tullio Giordana; Venuto al mondo, regia di Sergio Castellitto e Il comandante e la cicogna, regia di Silvio Soldini. Per Radio Rai ha letto il romanzo Padri e Figli di Turgenev. Marco Rossi (Scene) Classe 1961, nato a Firenze, diplomato all'Accademia di Belle Arti della sua città alla scuola di Antonio Capuano; ha collaborato, come assistente, con lo scenografo Maurizio Balò. Ha realizzato le scenografie degli spettacoli di Luca Ronconi Amor nello specchio di G. B. Andreini (Ferrara, 2002), Peccato che fosse puttana di John Ford (Teatro Farnese di Parma, 2003, coprodotto dal Piccolo Teatro e messo in scena anche al Teatro Studio), Diario privato di Paul Léautaud (Teatro Argentina di Roma, 2005), I soldati di Jakob Lenz (Piccolo Teatro Studio, 2005), Inventato di sana pianta, ovvero gli affari del barone Laborde di H. Broch (Piccolo Teatro Grassi, 2007, premio UBU per la migliore scenografia), Itaca di Botho Strauss e L’antro delle ninfe a cura di M.Trevi (progetto “Odissea doppio ritorno”, Teatro comunale di Ferrara, settembre 2007), Giusto la fine del mondo, di Jean-Luc Lagarce, regia Luca Ronconi (Piccolo Teatro Studio, 2009), La modestia di R. Spregelburd (Festival di Spoleto, Teatro Caio Melisso, giugno 2011, ripreso al Piccolo Teatro Grassi). Per il Piccolo ha curato anche le scene di Vecchia Europa di Delio Tessa, regia di Giuseppina Carutti (Piccolo Teatro Studio, 2002) e Guardia alla luna di Bontempelli, regia Marco Rampoldi (Teatro Sociale di Como, 2004), I pretendenti di Jean-Luc Lagarce, regia Carmelo Rifici (Piccolo Teatro Studio, 2009), Alice nel paese delle meraviglie da Lewis Carrol, regia di Emiliano Bronzino, Piccolo Teatro Studio, gennaio 2010, 20 novembre, di Lars Norén, regia Fausto Russo Alesi, Piccolo Teatro Strehler, Scatola Magica, febbraio 2010, Giulio Cesare di Shakespeare, regia Camelo Rifici (Piccolo Teatro Strehler, 2012). Claudio De Pace (Luci) Milanese, classe 1963, lavora al Piccolo Teatro di Milano prima come elettricista, poi come capo elettricista. Dalla stagione 1980/81 collabora a circa quaranta allestimenti, per lo più diretti da Giorgio Strehler, tra cui Temporale, L’anima buona di Sezuan, Giorni felici, La tempesta, La grande magia, Arlecchino servitore di due padroni, I giganti della montagna, Così fan tutte. Lavora anche con registi come Walter Pagliaro, Klaus Michael Grüber, Lamberto Puggelli e Carlo Battistoni. In seguito è assistente light-designer, collabora a diversi spettacoli, tra cui alcune regie di Luca Ronconi per il Piccolo (La vita è sogno, Il sogno, Lolita, I due gemelli veneziani, Candelaio, Quel che sapeva Maisie, Infinities, Baccanti, Rane...). Come light-designer cura numerosi spettacoli, lavorando, tra gli altri, con Moni Ovadia, Stefano Benni e Luca Francesconi, Guido Ceronetti. Al Piccolo Teatro, ha disegnato le luci per: Luca Ronconi (Giusto la fine del mondo di Jean-Luc Lagarce, I beati anni del castigo di Fleur Jaeggy); Serena Sinigaglia (Il Grigio di Gaber/ Luporini, Donne in parlamento di Aristofane); Cristina Pezzoli (Milva canta Brecht); Stefano de Luca, (Milva canta Merini, Darwin... tra le nuvole, Gli innamorati, quest’ultimo per il Teatro Maly di Mosca, poi in tournée al Piccolo); Carmelo Rifici (I pretendenti di Jean-Luc Lagarce, Il gatto con gli stivali-Una recita continuamente interrotta, di Tieck-Tessitore; Nathan il saggio di G.E. Lessing); Flavio Albanese (La vera storia di Pinocchio); Emiliano Bronzino (Alice da Lewis Carroll, Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello, coproduzione del Piccolo con la Shanghai Academy, per l’EXPO 2010 della città cinese); Lluís Pasqual (Donna Rosita nubile di Federico García Lorca, Blackbird di David Harrower), Laura Curino (Miracoli a Milano, prodotto dal Piccolo per il 150° del Politecnico). Per il teatro San Carlo di Napoli, cura il disegno luci di Così fan tutte di Mozart, storica regia di Giorgio Strehler ripresa da Giampaolo Corti. Per la Triennale di Milano, in occasione del Salone del mobile dell’aprile 2012, ha disegnato le luci di Design Dance, progetto di Michela Marelli e Francesca Molteni. Giovanni Vitaletti (Musiche) Milanese, classe 1963, si diploma in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi perfezionandosi a Napoli e Parigi. Segue corsi di composizione, direzione d’orchestra e clavicembalo. Si diploma in liuteria a Cremona. Docente di pianoforte al Conservatorio Monteverdi di Bolzano, insegna al Conservatorio Statale di Xi’an (Cina) ed è professore ospite all’Università di Zhang Ye. È stato Direttore del Civico Istituto Musicale Sammartini di San Donato Milanese e della Scuola Civica di Musica di San Zenone. Nel 1989 incontra il direttore d’orchestra Peter Maag che lo avvicina alla sinfonica e operistica. Con lui si esibisce con l’Orchestra Filarmonia Veneta, la Berner Symphonie Orchester, l’Orchestra Stabile di Bergamo. Diretto da prestigiosi maestri ha suonato con I Pomeriggi Musicali, la Verdi e la Mozart di Milano, I Cameristi della Scala, Philharmonia Mediterranea, Filarmonica Marchigiana, Sinfonica di Grosseto, Filarmonica Sammartini, Ensemble Da Ponte, Monteverdi Chamber, Flight Jazz Band. Ha svolto attività concertistica in teatri e società italiane e straniere come Ente Teatro Romano (Fiesole), Società dei Concerti (Milano), Biennale di Venezia, Teatro Valli (Reggio Emilia), Festival de Otoño (Madrid), National Theater (Londra), Internationalen Theater (Francoforte), Berliner Ensemble. Ha collaborato come clavicembalista con l’Orchestra da Camera di Venezia (con solisti come Giuliano Carmignola e Severino Gazzelloni) e dal 1999 al 2002 si è esibito in duo con il contrabbassista Ezio Bosso. Nel 2007 e 2008, in tournée in Cina, si esibisce in numerose città tra le quali Pechino, Tianjin, Xi’an, Canton, Shanghai. Nel 2009 torna in Cina come solista e direttore con l’Orchestra da Camera Claudio Monteverdi. Nel 2013 sarà in tournée con la Xian Chamber Orchestra. Dal 2006 lavora con Peter Stein in recital internazionali che toccano numerose città; nello spettacolokolossal I Demoni; con il Faust Ensemble in un’opera-melologo per pianoforte e 7 voci recitanti. Ha effettuato registrazioni per Radio1, Radio3 e per la Radio Nazionale Tedesca. Per la Sony è in uscita la Faust Fantasia con Peter Stein come voce recitante. Per il teatro di prosa nel 1991 e nel 1993 ha lavorato con Glauco Mauri e Roberto Sturno; dal 2007 al 2010 con Zuzzurro e Gaspare a Milano e in tournée. Ha collaborato con i registi Giancarlo Sepe, Massimo Castri, Marco Sciaccaluga. Nel 2011 ha composto ed eseguito dal vivo le musiche per Cuore di Cactus di Antonio Calabrò con Fausto Russo Alesi (Teatro Franco Parenti). Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa Fondato il 14 maggio 1947 da Giorgio Strehler, Paolo Grassi e Nina Vinchi, è il primo Stabile italiano, in ordine di tempo, nonché il più conosciuto, in Italia e all’estero. L’idea dei fondatori era dare vita a un’istituzione sostenuta dallo Stato e dagli enti locali (Comune e Provincia di Milano, Regione Lombardia) in quanto pubblico servizio necessario al benessere dei cittadini. “Teatro d’Arte per Tutti” era lo slogan che accompagnava il Piccolo alla sua nascita e anche oggi ne riassume pienamente le finalità: portare in scena spettacoli di qualità indirizzati al pubblico più ampio possibile. Dal 1991 il Piccolo Teatro di Milano è anche “Teatro d’Europa”. Il Piccolo gestisce tre sale: la sede storica (488 posti), ribattezzata Piccolo Teatro Grassi, di recente oggetto di un restauro conservativo che ha “scoperto” e restituito alla città lo splendido Chiostro Rinascimentale attiguo; lo spazio sperimentale del Teatro Studio (368 posti), edificio dove è ospitata anche la Scuola di Teatro; la sede principale di 968 posti, inaugurata nel gennaio 1998, che porta il nome di Piccolo Teatro Strehler. In più di sessant’anni di attività, il Piccolo ha prodotto oltre 300 spettacoli, 200 diretti da Strehler, di autori che vanno da Shakespeare (Re Lear e La tempesta) a Goldoni (Le baruffe chiozzotte, Il campiello e soprattutto Arlecchino servitore di due padroni), Brecht (L’opera da tre soldi, Vita di Galileo, L’anima buona di Sezuan), Cechov (Il giardino dei ciliegi). Dal 1998, con il passaggio del testimone a Sergio Escobar e a Luca Ronconi, il Piccolo ha accentuato la dimensione internazionale e interdisciplinare, candidandosi quale ideale polo culturale cittadino ed europeo. Sui suoi palcoscenici si alternano spettacoli di prosa e danza, rassegne e festival di cinema, tavole rotonde e incontri di approfondimento culturale. Nel suo itinerario di ricerca, Luca Ronconi ha proposto al Piccolo classici quali Calderón de la Barca (La vita è sogno), Eschilo (Prometeo incatenato), Euripide (Baccanti), Aristofane (Rane) Shakespeare (Sogno di una notte di mezza estate, Il mercante di Venezia), alternati ad autori meno frequentati in teatro (Schnitzler, Professor Bernhardi), o contemporanei (Jean-Luc Lagarce, Giusto la fine del mondo, Edward Bond, La compagnia degli uomini, Rafael Spregelburd, La modestia), accanto alle versioni per la scena di celebri romanzi (per tutti Lolita di Nabokov). Autentico esperimento teatrale è stato lo spettacolo tratto dai cinque scenari sull’infinito (Infinities) del matematico inglese John D. Barrow, allestito in un magazzino di scenografie alla periferia di Milano. Per quanto riguarda la dimensione internazionale, il Piccolo ospita abitualmente artisti come Peter Brook, Patrice Chéreau, Eimuntas Nekrosius, Robert Lepage, Lev Dodin, Lluís Pasqual, Ingmar Bergman, Declan Donnellan, Simon Mc Burney, Robert Wilson. È stato in tournée in tutti i paesi del mondo, dalla Russia agli Stati Uniti, dalla Cina al Giappone, dall’Europa al Nord Africa, alla Nuova Zelanda. Dal 1986 il Piccolo gestisce anche una scuola di teatro, fondata da Giorgio Strehler e oggi diretta da Luca Ronconi, che ha diplomato in questi anni 198 attori professionisti. Il Piccolo dal 1947 ad oggi Spettacoli allestiti Attori scritturati Recite a Milano Recite in Italia 317 1.773 13.808 7.417 Edizioni Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa. Direttore editoriale Giovanni Soresi. A cura di Eleonora Vasta Redazione Katia Cusin Progetto grafico Emilio Fioravanti, G&R Associati. Recite all’estero Totale recite 1.989 23.214 (elenco al 12 dicembre 2012) Hanno collaborato: Silvia Colombo, Archivo Fotografico del Piccolo Teatro di Milano. Franco Viespro, Archivio Storico del Piccolo Teatro di Milano. Stampa Globalprint s.r.l., Osnago (Lc) dicembre 2012. 31