Psicologa
Germania
Oltre
Confine:
Nell’ottica di allargare lo
sguardo oltre confine, con
l’idea appunto di guardare la
professione per come è intesa e
applicata in altri paesi europei
e
non,
iniziamo
oggi
la
pubblicazione
di
alcune
interviste svolte dal collega
Ronnie Bonomelli, collega di Verbania. Queste interviste,
svolte ovviamente via mail, cercheranno di rispondere ad una
sola domanda: chi è e cosa fa lo psicologo oltre confine?
Ovviamente, ringrazio infinitamente il collega Ronnie
Bonomelli per l’enorme lavoro di intervista e traduzione.
UNA PSICOLOGA IN GERMANIA
Vilma Serrone-Schwaiger, 37 anni. Neuropsicologa, attualmente
al secondo anno di congedo parentale per la nascita del
secondo figlio.
D: Vilma, tu avevi già avuto un’esperienza Erasmus in
Germania, poi dopo la laurea sei ripartita per effettuare il
tirocinio a Monaco di Baviera, presso una clinica
universitaria…e lì sei rimasta. Come hai iniziato a lavorare?
Hai dovuto chiedere un riconoscimento dei titoli?
R: I motivi che mi hanno spinto a rimanere in Germania sono
molteplici, privati e professionali. Al termine della laurea
ho svolto l’anno di tirocinio presso il reparto di neurologia
cognitiva/neuropsicologia in una delle cliniche universitarie
di Monaco di Baviera. Verso il termine mi è stata offerta la
possibilità di iniziare il Dottorato presso la facoltà di
medicina, dottorato che si è concluso con il conseguimento del
titolo in “Doktor der Humanbiologie”
(Dr. rerum biologiae
humanae). Questo è un titolo che viene elargito a studenti non
di medicina, ma a laureati di facoltà affini cui viene
permesso di iscriversi come dottorandi alla facoltà di
medicina per poter effettuare un dottorato interdisciplinare.
Nei tre anni di dottorato ho ricevuto una borsa di studio
minima di circa 600 euro per supportare l’equipe come membro
effettivo. Tengo a puntualizzare che le ore di lavoro
settimanali si aggiravano intorno alle 40-45. In queste ore la
mia attività principale era quella di neuropsicologa integrata
nell’equipe; il progetto di ricerca l’ho potuto affrontare
solo nei ritagli di tempo. La scelta di dare più spazio al
lavoro clinico deriva non solo da una richiesta del primario
neurologo – il mio “capo” – ma anche dal desiderio di
sperimentare quanto più possibile il lavoro con i pazienti ed
accrescere il mio bagaglio esperienziale. Nei quasi 4 anni di
lavoro ho potuto poi frequentare seminari, convegni,
congressi
– tutti pagati dall’ospedale – che mi hanno
permesso di crearmi una buona base e successivi riconoscimenti
nel curriculum richiesto dalla Società di neuropsicologia
tedesca per avviarmi alla professione di neuropsicologa
clinica.
Come si evince da queste prime righe, il riconoscimento dei
titoli di studio, sia per il dottorato sia per la scuola di
specializzazione, è stato automatico – ovviamente sotto
presentazione di certificati originali tradotti da un
traduttore giurato.
Nell’aprile 2007, a fine dottorato, rispondendo ad una
inserzione in una clinica privata geriatrica nei pressi di
Monaco ho iniziato a lavorare con un contratto a tempo
indeterminato. Nello stesso anno ho avviato le pratiche di
iscrizione alla scuola di specializzazione in neuropsicologia
clinica, conclusasi ad aprile 2011. La clinica si è assunta
contrattualmente tutto il carico economico della scuola. Il
titolo che posseggo “neuropsicologa clinica” è stato elargito
dalla Società di neuropsicologia tedesca. Il titolo
riconosciuto ha un valore aggiuntivo ma non pregiudica che
altri psicologi lavorino in ambito neuropsicologico; è un
riconoscimento più alto che qualifica maggiormente e che sul
mercato del lavoro può essere vincente. Attualmente sono
impiegata a tempo indeterminato presso una clinica di
riabilitazione neurologica a Monaco di Baviera, facente parte
dello stesso consorzio di cliniche a cui apparteneva la
precedente clinica geriatrica.
Attualmente sto valutando la possibilità di iscrivermi ad una
scuola triennale ad indirizzo sistemico-relazionale per
acquisire maggiori strumenti di lavoro da poter impiegare nel
mio lavoro.
D: Esiste un Ordine Nazionale e/o un Albo? Se sì, quali sono
le sue funzioni? Se no, in che modo la comunità dei
professionisti tutela e promuove la professione, anche a
garanzia del cittadino che vuole rivolgersi ad uno psicologo?
R: Dunque, esiste una conversione del titolo acquisito
all’estero che viene effettuata dall’associazione degli
psicologi –Berufsverband Deutscher Psychologinnen und
Psychologen e.V. (BDP). Io approfittando della pausa secondo
figlio sto affrontando ora tutti questi temi, ma premetto che
finora non mi è mai stato posto veto nell’esercizio della
professione.
In
poche
parole,
l’appartenenza
ad
un’associazione di categoria o un titolo acquisito all’estero
non sono conditio sine qua non per poter espletare il nostro
lavoro.
Il Berufsverband Deutscher Psychologinnen und Psychologen e.V.
(BDP) si occupa di promuovere la professione ed il suo
corretto esercizio soprattutto in ambiti ancora poco
esplorati, come quello giuridico, del traffico, sportivo,
scolastico e dell’emergenza. Gli iscritti al momento sono
circa 11mila. L’associazione svolge per i suoi membri
consulenza su temi di tipo giuridico, orientamento e
reinserimento nel mercato del lavoro.
Esiste poi l’abilitazione all’esercizio della professione di
psicoterapeuta (Approbation) conferita, in questo caso, dalla
Baviera. Ottenutala, lo psicologo divenuto psicoterapeuta può
aprire il suo studio o può lavorare in un ente. Alcuni enti o
associazioni richiedo l’abilitazione perché all’interno di
questi si effettuano delle terapie, che ovviamente con la sola
laurea in psicologia non possono essere effettuate.
L’abilitazione si può però ottenere solo dopo aver frequentato
una scuola di psicoterapia riconosciuta dall’ordine degli
psicoterapeuti (Psychotherapeutenkammer) e dalle casse di
malattia convenzionate con lo stato (gesetzliche
Krankenkassen). E qui arrivano i restringimenti: vengono
riconosciuti due indirizzi. Quella analitica e quella
cognitivo- comportamentale. Le altre sono sì riconosciute come
metodo terapeutico efficiente ma non come percorso di studi
che sfocia in un’abilitazione.
L’ordine degli psicoterapeuti, nato nel 2002, comprende
attualmente 5500 membri. Si occupa di tutelare, promuove il
lavoro psicoterapico ed evitare l’abuso della professione.
Inoltre è attivo nel mettere in contatto domanda ed offerta,
fornendo all’utenza indicazioni sui professionisti iscritti.
Ovviamente, ogni psicoterapeuta iscritto deve frequentare un
certo numero di corsi di aggiornamento annuale, ottenendo dei
crediti formativi.
Le casse di malattia convenzionate con lo stato pagano al
paziente solo le terapie analitiche e cognitivocomportamentali. Se il paziente volesse essere preso in carica
da un terapeuta di altro orientamento dovrebbe farlo a proprie
spese e aver una buona polizza di malattia privata che paga
anche gli approcci non riconosciuti dai due enti sopra citati.
Quindi, e questa è una grande differenza con l’Italia, non ci
possono essere qui studi professionali formati da soli
psicologi. Gli psicologi lavorano quindi presso enti,
associazioni, ospedali oppure sono dipendenti in uno studio
privato gestito in prima linea da uno psicoterapeuta con
l’abilitazione.
D: Come funziona la convenzione con l’ente pubblico?
R: Come accennato, è esclusa la convenzione con la
Krankenkasse per gli psicologi, a meno che – come ti scrivevo
– non siano specializzandi o specializzati in possesso
dell’Approbation. I termini per la convenzione sono definiti
da ciascun Länder (quindi diversi a seconda dei casi) e
dipendono comunque dalla densità di popolazione in ciascun
luogo, un po’ come per i medici di base in Italia.
D: Come forse saprai, in Italia è forte la diatriba fra
psicologi e professionisti affini (counsellor, coach,
psicopedagogisti, etc…) perché la linea di separazione fra le
rispettive competenze non è ben delimitata né adeguatamente
normata. Conosci la situazione in Germania?
R: Qui è in parte diverso. I confini professionali “sarebbero”
ben delimitati per legge, ed ogni figura professionale ha il
suo specifico ambito di intervento. Dico “sarebbero” perché
negli ultimi anni si è fatta strada la figura
dell’Heilpraktiker, che si potrebbe tradurre come “medico
empirico” o “guaritore”. Purtroppo non sempre si tratta di
professionisti qualificati; più sovente sono persone che,
attraverso la frequenza di una scuola privata, ottengono anche
una licenza per esercitare una “psicoterapia secondo le linee
guida della medicina empirica”. Questa non è un’abilitazione e
non viene nemmeno pagata dalla cassa di malattia…ma spesso le
persone preferiscono andare da uno di questi piuttosto che da
un terapeuta specializzato.
D: Quali sono gli obblighi previdenziali per i liberi
professionisti? In Italia, come saprai, esiste un ente
previdenziale apposito, l’ENPAP, a cui è richiesta iscrizione
obbligatoria.
R: Il discorso previdenziale ed assistenziale viene regolato
direttamente dallo stato, cui vengono versati i contributi per
i lavoratori dipendenti; i liberi professionisti, come detto
sopra, sono solo psicoterapeuti, e fanno riferimento ad un
sistema
previdenziale
apposito,
lo
Psychotherapeutenversorgungswerk (PKW). Questo organo non è
però un fondo pensionistico privato ed è in ultima istanza
regolato dei rispettivi ministeri nei Länder tedeschi.
D: A tuo avviso, quali sono i principali ambiti di intervento
per gli psicologi tedeschi?
R: Per quanto concerne gli ambiti di intervento dello
psicologo, penso e ritengo che la Germania abbia una vasta
offerta, forse anche per un’apertura maggiore verso le
tematiche sociali e/o psicologiche. Non penso solo allo
psicologo scolastico, ma anche a tutte quelle associazioni
private
e
non
di
supporto
a
bambini/adolescenti/adulti/donne/anziani/individui con HIV o
AIDS, che offrono delle figure di professioni diversificate e
che dovrebbero collaborare per sostenerle nel quotidiano,
assumendo quindi un ruolo di consulente. Senza dimenticare
tutti i progetti che coinvolgono psicologi a sostegno di chi è
immigrato, o di tutte le comunità che ospitano pazienti con
malattie psichiatriche. La città di Monaco, la Diaconia
cristiana o evangelica, la Caritas, per fare alcuni nomi,
hanno molte offerte di questo tipo. Per quanto riguarda la
psicologia del lavoro, devo dire che non ho molta conoscenza
della situazione lavorativa. Tuttavia so (dalla lettura degli
annunci) che in questo ambito per quanto richiesti gli
psicologi spesso vengono equiparati ai laureati in economia
aziendale con un approfondimento in psicologia del lavoro.
Questo è forse un punto a sfavore degli psicologi. Infatti qui
spesso le agenzie di consulenza o nell’ambito delle risorse
umane tendono ad impiegare laureati con una laurea in
economia. Un po’ di tempo fa ho però letto un articolo che
sottolineava l’importanza dello psicologo clinico nelle
aziende per i crescenti casi di mobbing e burn-out.
Sicuramente, qui in Germania è data grande importanza alla
collaborazione con il datore di lavoro dei pazienti e con le
aziende, e questo richiede però che gli psicologi sappiano
attivarsi e proporsi.
Per quel che riguarda l’inserimento lavorativo, non mi
stancherò di sottolineare l’importanza che ha l’esperienza
diretta; l’università tedesca è di sicuro più carente rispetto
a quella italiana relativamente all’approfondimento teorico ed
alla visione “globale” della psicologia, è però più
concentrata su stage e tirocini, in cui gli studenti prendono
diretto contatto con la professione, e “apprendono facendo”
con il sostegno dei tutor.
D: Qual è lo stato della psicologia online in Germania? È
diffusa, conosciuta? C’è fiducia a riguardo da parte
dell’utenza? E cosa ne dicono le associazioni di categoria?
R: La psicologia online è vista con molta diffidenza dalle
associazioni di categoria. Gli ordini sono molto attenti su
questo versante e anche in questo caso è comunque necessario
che si sia psicoterapeuti con l’Approbation. In questo senso è
tutto molto restrittivo e controllato. La diffidenza nasce
soprattutto dal fatto che i terapeuti temono che,
approfittando della possibilità di psicologia online, l’utenza
proceda verso un ritiro sociale. Promuoverla sarebbe, a loro
avviso, come negare l’importanza di alcune social skills, che
molto spesso hanno un ruolo cardine nella genesi e nel
mantenimento di alcuni disturbi.
Esiste comunque un “sigillo di qualità” per quegli psicologi
che fanno consulenza online, i cui criteri possono essere
reperiti sul sito dell’Associazione degli Psicologi.
D: Alla fine ti sei fermata in Germania anche per motivi di
cuore…ma dal punto di vista professionale, cosa pensi ti abbia
motivato maggiormente?
R: So che sembrerà scontato, ma tra i motivi che mi hanno
convinto a fermarmi in Germania c’è sicuramente l’esperienza
ridotta di “nepotismo” e il sistema maggiormente
meritocratico.
A 12 anni dal mio arrivo qui posso dire che, per la mia storia
di vita, decidere di partire sia stata la scelta migliore.
Qui, anche professionalmente, sono nata una seconda volta!
A cura di Ronnie Bonomelli
http://www.ronniebonomelli.com/