Il Piccolo 30 gennaio 2016 Attualità Povertà, in ballo anche le pensioni Nel testo del governo reversibilità e assegni sociali legati a reddito e patrimonio ROMA Arriva uno strumento unico di contrasto alla povertà ma anche il riordino delle prestazioni di natura assistenziale e previdenziale «sottoposte alla prova dei mezzi», ovvero legate a reddito o patrimonio, come gli assegni sociali e le pensioni di reversibilità: il disegno di legge delega appena approvato dal governo punta a una «razionalizzazione» delle varie misure assicurando però che le nuove regole varranno solo per le prestazioni richieste dopo l’entrata in vigore dei decreti attuativi mentre gli assegni in essere non saranno toccati. Le pensioni di reversibilità al momento sono erogate sulla base del numero dei superstiti (ad esempio 60% dell’assegno se c’è solo il coniuge e 100% se resta il coniuge con due o più figli) e vengono ridotte se il titolare ha altri redditi (almeno superiori a tre volte il trattamento minimo). Anche l’assegno sociale (l’ex pensione sociale) è erogato sulla base del reddito a chi ha 65 anni e tre mesi ed è in uno stato di bisogno. «L’intenzione è di razionalizzare -­‐ spiega Stefano Sacchi, Commissario straordinario Isfol e ex consulente del ministero del Lavoro -­‐ i criteri di accesso alle prestazioni esistenti. Le nuove regole riguarderanno solo chi chiede prestazioni in futuro. Le prestazioni in essere non verranno toccate». Gli eventuali risparmi per la finanza pubblica derivanti dalla razionalizzazione -­‐ si legge nel testo -­‐ saranno «destinati all’incremento del finanziamento del «Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale». La razionalizzazione dovrà superare le «differenze categoriali» introducendo «principi di universalismo selettivo nell’accesso, secondo criteri unificati di valutazione della condizione economica in base all’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee), eventualmente adeguati alla specifica natura di talune prestazioni». L’obiettivo finale è azzerare la povertà assoluta che al momento interessa in Italia circa quattro milioni di persone (oltre un milione dei quali bambini) ma al momento le risorse esistenti garantiscono un intervento per circa 1,1 milioni di persone (550.000 dei quali minori). Virus Zika: «Donne incinte evitino le aree a rischio» Invito del nostro governo a non partire per viaggi in Centro e Sud America Raccomandazioni del ministero. In Brasile e Venezuela disinfestazioni di massa di Cinzia Lucchelli. ROMA. Una zanzara spaventa il mondo. E fa cambiare rotta alle viaggiatrici italiane. Il ministero della Salute sconsiglia alle donne in gravidanza di recarsi nei Paesi colpiti dal virus Zika, trasmesso dalla zanzara Aedes. Lo mette nero su bianco in linee guida che saranno riportate su poster affissi, tra l’altro, in porti e aeroporti. L’infezione, importata dal Pacifico, si sta diffondendo a macchia d’olio nel sud delle Americhe con conseguenze allarmanti. Viaggi sconsigliati. Di Zika non si muore, i sintomi sono lievi, quando compaiono. Ma si teme per le donne in attesa di un figlio perché, anche se non è ancora stato dimostrato scientificamente, si sospetta un nesso tra questa infezione e malformazioni alla nascita. In Brasile, il Paese più colpito con un milione e mezzo di casi, sono nati 4mila bambini affetti da microcefalia fetale, dunque con un cranio di dimensioni ridotte e menomato dal punto di vista cerebrale. Aree a rischio. L’elenco delle zone in cui è diffuso il virus è lungo e in continuo aggiornamento. Sulla base delle informazioni e dei bollettini epidemiologici internazionali si può intanto distinguere tra Paesi in cui sono in corso epidemie di virus Zika a rapida evoluzione, con trasmissione in aumento o diffusa (Colombia, Brasile, Suriname, El Salvador, Guiana Francese, Honduras, Martinica, Messico, Panama, Venezuela) e Paesi in cui al momento vengono segnalati casi e trasmissione sporadica a seguito di introduzione recente del virus (Barbados, Bolivia, Ecuador, Guadalupe, Guatemala, Guyana, Haiti, Porto Rico, Paraguay, Saint 1 Martin). Difendersi dalle zanzare. Il Ministero consiglia di consultare il proprio medico prima di partire anche alle donne che cercano una gravidanza e a chi è affetto da malattie del sistema immunitario o soffre di gravi patologie croniche. Raccomanda a tutti i viaggiatori di proteggersi con attenzione dalle punture di zanzara. Non esistendo al momento nessun vaccino, l’unica è evitare di essere punti. Una volta tornati a casa bisogna verificare che per 21 giorni non si presentino sintomi compatibili con il virus, dunque febbricola, dolori articolari e muscolari, eruzioni cutanee, congiuntivite. Meglio poi, aggiunge il Centro Nazionale Sangue, aspettare 28 giorni prima di donare sangue. L’allarme dell’Oms. Le linee guida del Ministero arrivano subito dopo l’allarme lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità sulla diffusione esplosiva del virus. Sono attesi fino a 3-­‐4 milioni di casi. Un’escalation che farà aumentare i Paesi colpiti, 23 al momento. Due le cause: la mancanza di un vaccino e il fatto che le popolazioni non siano immunizzate. Al momento non è raccomandata l’applicazione di restrizioni di viaggi e movimenti internazionali verso queste aree. Lunedì prossimo una riunione di emergenza a Ginevra valuterà se il diffondersi dell’infezione debba essere dichiarata un’emergenza sanitaria mondiale e deciderà raccomandazioni ulteriori per le zone colpite. Precauzioni nei Paesi a rischio. Intanto in Brasile la presidente Dilma Rousseff ha lanciato una mobilitazione nazionale contro la zanzara Aedes: «Il popolo brasiliano dimostrerà al mondo di essere capace di vincere questa guerra», ha dichiarato. Ieri i dipendenti pubblici hanno ricevuto l’ordine di disinfestare tutti gli ambienti da potenziali focolai larvali per una maxi pulizia negli edifici governativi e delle imprese statali. In Venezuela, dove i casi sospetti sono 4.700, il governo ha preparato un «piano di azione integrale». In Cile le autorità hanno rafforzato le misure preventive contro il virus per i viaggiatori che si dirigono verso l'isola di Pasqua. Quelle del Salvador chiedono di rinviare di ben due anni le gravidanze. In Colombia, si consiglia di aspettare fino a luglio. Non uccide ma è molto pericoloso È trasmesso da due tipi di zanzara. Isolato nel 1947 su un macaco in Uganda ROMA Non si trasmette da uomo a uomo e non uccide. Ma è molto pericoloso. Ecco cosa c’è da sapere sul virus Zika. Cosa è. Fu isolato per la prima volta nel 1947 da un macaco nella foresta di Zika, in Uganda. Appartiene a una famiglia di cui fanno parte il virus della febbre gialla e quello che causa la dengue. Come si trasmette. Una zanzara punge una persona infetta e quando ne punge un’altra le inietta il virus. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità Zika può essere trasmesso attraverso il sangue ma il meccanismo non è frequente. La zanzara. Due tipi di zanzara Aedes possono fare da vettore del virus: la Aedes aegypti, nella maggior parte dei casi, e la Aedes albopictus, meglio nota come zanzara tigre. Quest’ultima può ibernare e sopravvivere in aree fredde. I sintomi. Di solito i sintomi non sono gravi, la manifestazione non è violenta: febbre non molto alta, puntini rossi sul corpo, dolori a muscoli e articolazioni, mal di testa e talvolta congiuntivite. Il periodo di incubazione varia tra i 3 e i 12 giorni dalla puntura. I sintomi possono durare da 2 a 7 giorni. La malattia può essere asintomatica. Microcefalia Il virus forse è collegato a casi di questa malformazione neurologica. La microcefalia è dovuta a condizioni congenite, ma negli ultimi decenni diversi studi hanno messo in luce il ruolo di agenti esterni. Tra questi è stata indicata l’infezione da alcuni virus e tra i principali sospettati c’è proprio il virus Zika. Alcuni bambini morti a causa della microcefalia sono risultati infetti. Ma, ad oggi, mancano prove definitive circa un nesso tra questo virus e la microcefalia. La diagnosi. Si basa sui sintomi e sulla raccolta delle notizie che riguardano il paziente (quali punture di zanzara o viaggi recenti in una zona a rischio) e viene confermata da esami del sangue. Come si cura. Per moltissime malattie virali, anche le più comuni, non c’è una vera e propria terapia, si aspetta che l’organismo reagisca per fermare il virus. Non esiste un vaccino Non è mortale. A oggi non sono noti casi di pazienti morti a causa del virus Zika: i sintomi causati dalla malattia sono blandi e durano pochi giorni. Come 2 si previene. Non essendoci cura o vaccino, il modo migliore per arginarne la diffusione è ridurre le possibilità di contagio, tenendo soprattutto sotto controllo le popolazioni di zanzare. (c.l.) «In gravidanza rosolia più letale» L’esperto Andreoni: «Se arriva da noi i rischi sarebbero comunque bassi» ROMA. Nessun allarmismo, ma certamente molta attenzione. Tuttavia per una donna in gravidanza la rosolia è molto più pericolosa del virus Zika. Lo ha affermato Massimo Andreoni, past president della Società Italiana di Malattie Infettive (Simit), secondo cui anche se il virus arrivasse in Italia i rischi sarebbero comunque bassi. «Questa è una malattia che colpisce come l’influenza da noi -­‐ ha spiegato Andreoni -­‐ e possiamo dire con certezza che non tutte le donne che vengono infettate in gravidanza hanno una microcefalia del bambino. I vaccini servono per malattie gravi, al momento questa non sembra una priorità, è molto più rilevante la rosolia rispetto ai casi accertati di Zika in Brasile». Secondo Andreoni è possibile che il virus arrivi in Italia e potrebbe accadere in tempi relativamente brevi a causa di viaggi e trasporti intercontinentali così frequenti. «Ci dobbiamo abituare, se c’è la globalizzazione delle persone c’è anche quella delle malattie infettive -­‐ ha a precisato -­‐. Il problema è se quando arrivano si adattano, come è già successo. Può accadere frequentemente, perché l’Italia è stata zona malarica, ed è una zona dove esistono vettori in grado di trasportare queste malattie». Poi-­‐ aggiunge lo studioso « bisogna giudicare qual è il rischio di queste malattie, il rischio che il virus Zika arrivando in Italia comporti una condizione sanitaria grave non c’è, questa è una malattia che il più delle volte è asintomatica, e quando è sintomatica puó determinare una sindrome infettiva poco grave, poi in alcune condizioni particolari come può essere la gravidanza puó dare malformazioni». Il virus, ha sottolineato anche l’attuale presidente della Simit, Antonio Chirianni, è molto meno pericoloso di altri. «Meglio Zika di Ebola, l’impegno di risorse e la pericolosità sono differenti -­‐ ha affermato -­‐. Per l’Italia non c’è niente da consigliare, al massimo per una donna in gravidanza sconsiglierei una vacanza nei paesi con il virus». Dunque bisogna comunque garantirsi con delle precauzione ma senza eccessivo allarmismo. Trieste La nonna fa da ostetrica. Nasce in casa Il piccolo Erik è venuto alla luce alle 11 di ieri a Gropada senza attendere l’arrivo del 118 che ha fornito consigli al telefono Non ha voluto -­‐ diciamo così -­‐ aspettare il medico per venire al mondo il bebè nato ieri verso le 11 a Gropada, sul Carso triestino. Tanta “fretta” di nascere che il personale del Sistema 118 ha dovuto impartire al telefono istruzioni all’imminente nonna, che gli ha fatto da ostetrica. Il tutto mentre sul luogo si dirigeva in tutta fretta un'ambulanza che, fortunatamente, aveva anche il medico a bordo. Tutto comunque si è risolto per il meglio: Erik, bel maschietto, è venuto alla luce tre minuti prima dell’arrivo dei paramedici, con il solo aiuto materiale della suocera della puerpera, piuttosto giovane d’età. La nuora, trentenne, della Repubblica ceca, non aveva avuto chiare avvisaglie dell’imminenza così stringente del parto. Non era stata così in grado di avvertire i medici in tempo né, tantomeno, di recarsi in ospedale: solo una breve telefonato al futuro papà Stefano. «La signora -­‐ hanno commentato alla fine della vicenda al centralino del Servizio 118 riferendosi all’improvvisata levatrice -­‐ ha dimostrato molta calma, e così è stato per la partoriente». Apprezzamento del resto reciproco: anche se -­‐ celiavano ieri pomeriggio i colleghi dell’”istruttore”, al bambino non è stato dato quello dell'operatore del Sistema 118 che ha teleguidato il parto. Tutto è iniziato ieri mattina: nella casa di Gropada abitata dalla neomamma, oltre a lei si trovava solo la suocera. Le doglie che annunciavano l’imminenza del parto sono iniziate totalmente inaspettate. «La data prefigurata -­‐ ha spiegato 3 poi l’emozionato e orgoglioso papà -­‐ era a metà febbraio». Così è sfumata la possibilità di recarsi in ospedale per fare nascere il bambino: non c’era più tempo. Le due donne hanno chiamato il Numero d’emergenza 118 per chiedere il trasporto d’urgenza e assistenza medica, oltre al futuro padre. Ma la località carsica, piuttosto decentrata, complicava la situazione. L’operatore ha subito dirottato verso Gropada un’ambulanza che, fortuitamente, in questi giorni ha a bordo oltre all’usuale personale specializzato anche un medico. Ma il tempo stringeva, eccome. In pratica, non vi era alcun margine per attendere il dottore senza attuare nel frattempo un intervento “fai da te”, almeno per tamponare l’emergenza. Così dalla Centrale 118 si è iniziato a istruire la futura, anzi imminente nonna, su come fare nascere il bambino. Alternandosi tra il telefono e il grembo della nuora, la donna è riuscita a restare calma ed efficiente, aiutando la partoriente alle prese con i dolori del parto. Dall’altra parte del filo, anche se la tecnologia ha invero soppiantato l’espressione, il centralinista ha chiamato degli esperti che si sono prodigati a dare i consigli e a seguire le manovre dell’improvvisata levatrice. Che sono riuscite perfettamente. Alla luce è infine venuto un bel maschietto, sano, tre minuti appena prima che ambulanza e medico arrivassero, accolte da Stefano giunto nel frattempo, per completare le procedure mediche del caso e accertarsi della salute del piccolo. Era da circa 50 anni che non nasceva un bebè in casa a Gropada. Poi il ricovero per accertamenti di routine all’ospedale infantile Burlo Garofolo, questa volta senza sirene spiegate. (p.g.) Una Panda per il Centro sociale oncologico Un nuovo mezzo di trasporto donato dalla Fondazione CrTrieste per l’assistenza dei malati a casa di Francesco Cardella. Un nuovo mezzo di trasporto a favore del Centro sociale oncologico dell’Azienda sanitaria triestina. Si tratta di una Fiat Panda 4X4 color rosso bordeaux, dono della Fondazione CrTrieste, la cui consegna è avvenuta ieri, nell’area del Centro di formazione aziendale dell’Azienda di via Pastrovich, all’interno del parco di San Giovanni, cerimonia a cui hanno preso parte il direttore del Centro oncologico, Rita Giaccherini, il direttore sanitario Emanuela Fragiacomo, il commissario straordinario dell’Azienda Nicola Delli Quadri, e il vicepresidente del consiglio di amministrazione della CrTrieste Lucio Delcaro. La nuova vettura è da oggi ufficialmente in funzione e permetterà di incentivare i servizi attivati dal Centro sociale oncologico, agevolando in tal modo la rete di interventi prevista sotto la voce cure palliative, modalità con cui il malato oncologico è prevalentemente assistito a casa (ma non solo) e supportato sotto vari aspetti (dal sostegno medico specialistico a quello infermieristico) ma sovente anche sotto il profilo psicologico, sociale e spirituale, attraversando quindi tutte le componenti, tecniche ed emozionali, che accompagnano la patologia. La consegna del mezzo ha permesso quindi di ribadire anche lo stato dell’arte del servizio a Trieste e provincia, ponendo l’accento su numeri e prospettive. In primo piano alcune cifre che parlano, nel 2015, di 400 residenti assistiti dal servizio di cure palliative del Centro oncologico, per un totale di 1500 accessi domiciliari. «Cure palliative non è sinonimo di “cure di fine vita” -­‐ hanno ribadito gli esponenti istituzionali nel corso della cerimonia di ieri -­‐, essere un assistiti da un servizio simile non significa essere un paziente terminale. Cure palliative significa piuttosto contenere i sintomi, gestire meglio la malattia e limitare i danni e in alcuni casi -­‐ è stato sottolineato -­‐ può essere necessario attivare tale forma di terapia anche precocemente nel corso della malattia, abbinandola ad altre terapie mirate al prolungamento della vita quale radioterapia e chemioterapia». Il Centro sociale oncologico ha sede in via Pietà 19, con appuntamenti di controllo e colloqui programmabili allo 040-­‐366863 e con ambulatorio per le cure palliative attivo dal lunedì al venerdì (7.30-­‐14.30) allo 040-­‐3992229. 4 Monfalcone Nuova ordinanza anti-­‐questua al San Polo Dopo lo sfogo dell’ospedale il vicesindaco Greco dà mandato ai vigili urbani di contattare la Prefettura La strigliata di Michele Luise, dirigente medico della Direzione sanitaria, che ieri su queste colonne ha messo il dito nella piaga delle intrusioni abusive al San Polo, ha sortito i suoi effetti. Già alle 11.30, infatti, l’amministrazione ha sfornato il suo comunicato stampa per dire che sì, si sarebbe mossa nel rinnovo dell’ordinanza anti-­‐accattonaggio, sollecitata proprio da Luise a fronte di una recrudescenza della questua molesta nell’area di via Galvani. E del resto lo stesso dirigente medico della Direzione sanitaria dell’ospedale cittadino, sempre ieri di buon’ora, ha provveduto a inoltrare al Comune formale richiesta, ovviamente a nome dell’Azienda sanitaria, di riproposizione dell’atto sindacale. Al provvedimento non a caso si deve, come unanimemente riconosciuto, un sensibile stop alla presenza dei tenaci rastrellatori di elemosina, che in particolare negli orari diurni e pomeridiani, si attaccavano alle caviglie di ospiti e visitatori del San Polo per spillare quattrini. Il tutto in un contesto, c’è poco da dire, che già affligge la persona bisognosa di cure per i propri affanni. Dunque di ieri mattina, per bocca del vicesindaco Omar Greco, la notizia che l’ordinanza scaduta da oltre un mese verrà riproposta presto, anzi prestissimo. Preferibilmente già la prossima settimana, se la Prefettura, cui spetta l’ultima parola in merito, concederà il nulla osta. Il numero due di piazza della Repubblica sottolinea che, per la natura stessa del provvedimento, non è possibile adottare proroghe automatiche. L’atto firmato dalla prima cittadina necessita della sussistenza di requisiti specifici. Così spiega Greco, che ieri mattina oltre ad apprendere la notizia dal giornale ha ricevuto la segnalazione dall’Azienda sanitaria. «Ci siamo già attivati per riproporre l'ordinanza “anti-­‐accattonaggio”. Ordinanza che però, per sua natura, deve costituire un provvedimento straordinario, e non può essere prolungata nel tempo, bensì rispondere a una precisa esigenza». Il Comune ha intenzione di riproporla per la durata di sei mesi e chiede comunque ai cittadini di «segnalare ogni situazione di disagio, in modo da poter far intervenire tempestivamente la Polizia municipale». Che chiaramente, dovendo svolgere molteplici funzioni, non può stare di stanza al San Polo. «Come ha affermato lo stesso dirigente medico -­‐ osserva Greco -­‐ nel corso della sua durata l’ordinanza ha avuto effetti positivi, allontanando le presenze sgradite dall’area e abbiamo già dato incarico alla nostra Polizia municipale affinchè riproponga il provvedimento, sottoponendolo alla Prefettura come da iter. Entro la prossima settimana quindi sarà pronto per la firma e potrà rientrare in vigore». (ti.c.) Firme a Panzano di Monfalcone domani Assieme alla Lega Nord, a Fratelli d’Italia, al partito Pensionati e al Partito Italia Nuova oggi dalle 8.30 Anna Cisint con Monfalcone domani sarà presente per ascoltare i cittadini di Panzano e raccogliere ancora firme contro la riforma della sanità varata dalla giunta Serracchiani. Ci sarà un gazebo di fronte al bar Splendor, situato allo slargo di via Napoli nel rione operaio. Il fine, spiega Monfalcone domani, è di «raccogliere ancora firme valide a sostenere la petizione a tutela della sanità Isontina che l’amministrazione regionale ha messo in ginocchio». «Nell’occasione -­‐ prosegue l’associazione politico-­‐culturale -­‐ raccoglieremo anche le istanze dei residenti alle prese con un traffico di mezzi pesanti allucinante e parcheggi sempre più selvaggi per le recenti disposizioni interne al cantiere». Il successivo appuntamento degli schieramenti in città è in agenda sabato 6 febbraio, però in via Romana. Intuibile che tra i temi ci sarà anche il cantiere viabilistico messo in piedi da Fvg Strade per la realizzazione di rotonde. 5 Messaggero Veneto 30 gennaio 2016 Bassa friulana Ospedale senza infermieri " La direzione si dimetta " Lettera al dg Giovanni Pilati dal Nursind che chiede l’intervento dell’assessore Mancano 55 dipendenti, vengono imposti anche 15 turni di reperibilità al mese di Alessandra Ceschia. LATISANA. «Caro direttore, per il bene dell’azienda lei e tutto il suo staff dovete dimettervi». L’affondo rivolto a Giovanni Pilati, direttore generale dell’Azienda sanitaria 2 Bassa Friulana–Isontina, arriva dalla direzione del Sindacato delle professioni infermieristiche. La richiesta è stata messa nero su bianco dai vertici del Nursind e sarà recapitata oggi sulla scrivania del direttore. L’iniziativa fa seguito ai numerosi reclami sollevati nei mesi scorsi dal sindacato in relazione alle ormai croniche carenze di personale dei presidi sanitari della Bassa friulana. «Ormai la situazione dell’assistenza infermieristica nell’azienda, tanto a Latisana quanto a Palmanova – tuona il segretario amministrativo del Nursind Afrim Caslli –, è diventata insostenibile. Nonostante gli sforzi e lo spirito di abnegazione dimostrati da molti operatori che quotidianamente operano in un contesto lavorativo pervaso da gravi disfunzioni organizzative, strutturali, tecnologiche e con macroscopiche carenze di organici, l’azienda Bassa Friulana–Isontino, se non cambia rotta, è drammaticamente destinata al fallimento annuncia il segretario amministrativo –. La politica dei tagli non ha portato un euro di risparmio, ma ha ulteriormente aumentato i disagi. Devono essere effettuate altre assunzioni e immediatamente – esorta Caslli –: solo per tappare i buchi, e non sappiamo se basteranno, servono 55 infermieri nella Bassa friulana. Ricordiamo alla direzione che la nostra categoria è composta per di più dalle donne, non si tratta solo di infermiere ma anche di madri che devono accudire i propri figli e spesso anche genitori anziani e ammalati. In realtà sono loro a sacrificarsi per tenere in piedi l’azienda. In questa situazione allarmante e di fronte a una categoria mortificata e calpestata, gli errori sono dietro l’angolo, con la conseguenza che a pagare sono cittadini e operatori che possono sbagliare per il sovraccarico di lavoro, con i turni massacranti, lo straordinario, reperibilità che arrivano fino a 13 -­‐ 15 al mese». Le criticità riguardano tutte le strutture: dall’area di emergenza alla medicina, comprese le chirurgie, le sale operatorie e la ginecologia Recentemente, la direzione e un sindacato confederale, congiuntamente hanno fornito un ritratto rassicurante della situazione aziendale, sostenendo che non vi è alcuna situazione di allarme. «Ma sostenere questo significa non avere minimamente idea di che cosa succede nei reparti, significa che non si è mai ascoltato il personale e le sue problematiche – argomenta Caslli –. All’inizio dell’anno il personale sanitario era sceso sotto la pianta organica di una cinquantina di unità, poi, nel corso dell’anno, come ammesso dalla stessa azienda, sono stati persi 56 dipendenti, un’uscita compensata dalla promessa di assunzione a tempo determinato per 29 infermieri e 12 ostetriche in attesa degli esiti del concorso – conteggia Caslli – ma se la matematica non è un’opinione, stando a queste affermazioni il 2015 chiude con un saldo negativo di 15 unità che si aggiungono ai 50 mancanti, i numeri dunque sono ancora più allarmanti. A fronte di queste cifre con quale coraggio si chiede di evitare allarmismi – si interroga il segretario Nursind –? È ora che questa direzione si dimetta e lasci la gestione operativa di un’azienda allo sbando totale a chi è più competente. La gestione per un servizio migliore e adeguato – osserva il segretario del Nursind – deve avere un preciso obiettivo, in primis la tutela del paziente che deve essere il punto centrale, come peraltro citato spesso dalla riforma sanitaria, ma senza un contingente adeguato del personale che lavora in corsia non è possibile». Infine il Nursind rivolge un appello all’assessore regionale alla Salute Maria Sandra Telesca e agli organi competenti, chiedendo un intervento tempestivo per porre rimedio alle drammatiche carenze di organico dell’azienda. 6 Il Comitato lancia un “attacco informatico” “Nascere a Latisana” protesta intasando la casella di posta elettronica della presidente Serracchiani di Paola Mauro. LATISANA. Un'azione di “mail bombing”, letteralmente bombardamento postale. È questa la nuova forma di protesta che il comitato “Nascere a Latisana” intende attuare, nei prossimi giorni, a sostegno del dipartimento materno infantile dell’ospedale della Bassa occidentale. Si tratta di un vero e proprio “attacco informatico” attraverso il quale, grandi quantitativi di mail vengono inviati a un unico destinatario, provocando l'intasamento della casella di posta elettronica L'indirizzo preso di mira è quello della Governatrice della Regione Friuli Venezia Giulia. Il testo da spedire sarà uguale per tutti e nelle prossime ore verrà messo a disposizione, dallo stesso comitato, attraverso i social. È una lettera con la quale chiedere, ancora una volta, di non chiudere il punto nascita e la pediatria di Latisana. «Tale scelta non può essere giustificata da motivazioni legate alla sicurezza, né tanto meno dalla necessità di qualificare, in modo più efficiente, la spesa sanitaria che, va ricordato, i friulani si pagano da soli -­‐ riporta il corpo della mail che chi vorrà aderire alla forma di protesta potrà inviare alla presidente della Regione – la chiusura di Latisana creerebbe un vuoto di servizi per noi utenti della Bassa Friulana e una discriminazione nell’accesso ai servizi sanitari tra cittadini della stessa Regione. Da Lignano Sabbiadoro, una partoriente, o un bambino ferito, impiegherebbero, in via concettuale, un'ora e due minuti per percorrere i 53 chilometri necessari a raggiungere Jalmicco, frazione di Palmanova. Ma la viabilità spesso congestionata e i lavori della terza corsia, che stanno partendo, allungheranno sicuramente i tempi. Mi auguro di non dover mai assistere a un tragico evento avverso ma, date le condizioni che la chiusura di Latisana determinerebbe, la probabilità che esso si verifichi non è così remota. Voglio pensare – prosegue la lettera da indirizzare alla Serracchiani – che la politica da lei rappresentata condivida queste preoccupazioni e agisca per il bene di tutti gli abitanti di questa regione, tutelandoli tutti in egual misura». Ieri pomeriggio intanto si è svolta l'ultima seduta di giunta per gennaio senza che, contrariamente a quanto annunciato con tanto di conferenza stampa dal sindaco di Latisana, Salvatore Benigno, l'esecutivo prendesse decisioni ufficiali in merito al servizio che, da più parti si ipotizza, potrebbe anche beneficiare di una breve proroga, agevolata anche dal gran numero di pediatri (14) che hanno risposto al bando di selezione pubblicato dall'azienda sanitaria. Il tutto in attesa della riapertura del reparto maternità di Portogruaro. E la prossima settimana ci sarà un incontro fra il comitato nascere a Latisana e analogo comitato sorto a Portogruaro, per l'elaborazione di un progetto di territorio, eventualmente da proporre alle rispettive amministrazioni. Gorizia Una sola automedica la notte Oreti: serve Gorizia e Monfalcone. L’ennesima scelta infelice «La riforma regionale sulla sanità anche per il 2016 torna in evidenza per il ridimensionamento dei servizi offerti al cittadino nonostante qualche politico, ormai solo ed isolato, continua a cercare di affermare il contrario». A dirlo il capogruppo della lista civica “Per Gorizia” e coordinatore provinciale di Autonomia Responsabile, Fabrizio Oreti. «Per l’ennesima volta, sta per cambiare l’organizzazione del soccorso di emergenza sul territorio. Da febbraio, purtroppo, tornerà in auge la vicenda dell’auto medica – tuona Oreti – che di giorno (dalle 8 alle 20) sarà disponibile su due sedi ospedaliere (Gorizia e Monfalcone) mentre per la fascia notturna (20-­‐8) ne resterà solo una (come affermava un famoso film anni '80) che stazionerà a Gradisca. Queste sono le classiche scelte poste in essere per cercare di accontentare tutti ma, praticamente, non accontentano proprio nessuno». «Come gruppo consiliare torneremo a riproporre questa vicenda in commissione sanità – evidenzia Oreti – perché ogni cittadino può avere necessità dell’auto medica sia di giorno che di notte e, 7 soprattutto nell’arco notturno, non è assolutamente sufficiente una sola auto medica per due ospedali in un territorio che, considerando soltanto Gorizia e Monfalcone senza le comunità limitrofi, supera i 60 mila abitanti. Ancora una volta si vuole risparmiare su servizi essenziali per il cittadino. Se ancora non fosse chiaro a qualcuno l’auto medica spetta sulle 24 ore ad entrambi gli ospedali, altre decisioni fuori da questi canoni non sono accettabili», conclude il capogruppo della lista civica “Per Gorizia”. (c.s.) 8