Un approccio positivo al lavoro nell`età della crisi

Convegno “La Psicologia Positiva. Prospettive di ricerca, settori di intervento,
sbocchi lavorativi” - Padova 26 ottobre 2013
Un approccio positivo al lavoro nell’età della crisi
a cura di Laura Moro
Psicologa del lavoro e delle organizzazioni, Gruppo di Lavoro Psicologia Positiva, Ordine Psicologi
del Veneto
“La realtà non è ciò che ci accade ma ciò che noi facciamo con quel che ci accade” (Aldous Huxley)
La crisi economica a cui stiamo assistendo in questi anni ha trasformato
radicalmente il concetto di lavoro e il disoccupato di oggi non è soltanto chi ha perduto il
proprio impiego, ma piuttosto chi non riconosce più il proprio ruolo nella società, chi sente
di non riporre più fiducia nelle istituzioni, chi non crede più nel futuro.
Il disoccupato oggi non solo si trova a dover affrontare la difficoltà economica
dovuta alla perdita di una fonte di sostentamento, ma si vede anche deprivato di un ruolo
definito e di una dignità sociale, a cui si aggiunge la preoccupazione dovuta all’assenza di
nuove opportunità e di uno spiraglio di ripresa ancora troppo fievole.
L’atteggiamento più frequente, soprattutto nella fascia di disoccupati over 40, è di
rassegnazione e tendenza all’inattività, prevale, anzi, un senso di impotenza e di
abbandono al fatalismo.
A volte invece il disoccupato, anche in presenza di ammortizzatore sociale, si comporta
con disfattismo e rabbia nei confronti delle istituzioni, rifiutando e denigrando ogni forma di
miglioramento e tentativo di sostegno alla crescita personale.
Dopo una prima fase di shock e immobilismo dovuto all’impatto con l’evento
traumatizzante del licenziamento il disoccupato passa da una fase ottimistica
caratterizzata da previsioni di ripresa imminente a una fase pessimistica con scarsa fiducia
nel futuro e forte percezione di riduzione delle proprie possibilità di miglioramento, fino ad
arrivare allo stadio pessimistico-depressivo di apatia e rassegnazione, con assenza totale
di fiducia e di prospettive, alta demotivazione e assenza di autostima.
La psicologia positiva in questo senso offre nuovi spunti e tecniche di intervento con
l’obiettivo di modificare l’atteggiamento attuale e operare una trasformazione da pensiero
pessimistico a ottimistico favorendo, quindi, il rifiorire delle potenzialità delle proprie risorse
intese come fonte interiore da cui attingere per raggiungere il proprio benessere.
Approcciarsi al lavoro con positività in un periodo di crisi socio- economica è il
concetto chiave che la psicologia positiva suggerisce individuando nelle tecniche di
Seligman un nuovo metodo utile per ricostruire il pensiero ottimistico e demolire quanto più
possibile le credenze e gli atteggiamenti negativi pessimistici, portatori, alla lunga, di
patologie gravi come la depressione.
Motivo di grande sofferenza psicologica per i disoccupati oggi non è tanto il fattore perdita
del lavoro, che, pur essendo un evento negativo di forte impatto per un lavoratore, tuttavia
la sua connotazione pessimistica appare attenuata dal senso di condivisione con altre
migliaia di persone che vivono la stessa condizione nello stesso momento storico-politico.
“Con la crisi che abbiamo non c’è lavoro per nessuno”, questo il pensiero ricorrente
tra i lavoratori che si “arrendono” alla situazione affidandosi ad un fatalismo “passivo”, che,
in qualche modo, preserva il senso di autostima esternalizzando e condividendo con molti
altri la causa dell’evento disoccupazione.
Piuttosto risulta essere fonte di preoccupazione e di pensieri pessimistici proprio la
difficoltà nella ricerca di un nuovo lavoro: le strategie di adattamento spesso adottate non
aiutano a superare in maniera positiva la condizione attuale, ma, anzi, favoriscono
l’accrescere di eventi negativi e frustranti incatenando l’individuo in una sorta di circolo
vizioso senza uscita (es. la profezia auto avverante). L’individuo smette di cercare lavoro o
lo fa in modo poco mirato e inefficace perché convinto che in ogni caso ogni suo sforzo
non porterà ad alcun risultato: “Non ha nessun senso tutto ciò, non invio nemmeno più
domande di lavoro perchè sono sicuro che tanto mi rifiuteranno sempre”.
In questo scenario come può intervenire la psicologia positiva?
Martin Seligman afferma che il modo con cui si reagisce agli eventi difficili e traumatici è
influenzato dal nostro atteggiamento che può essere positivo (ottimismo) o negativo
(pessimismo). Modificare il pensiero negativo contribuisce a generare un cambiamento
nell’atteggiamento nei confronti del lavoro (o del non-lavoro) e intervenire sullo stile
esplicativo è il primo passo da intraprendere nel percorso di cambiamento.
Lo stile esplicativo è infatti il modo in cui ciascuno di noi spiega a se stesso il perché ci
accadono determinati eventi.
Esso si fonda su tre fattori:
 Permanenza
 Pervasività
 Personalizzazione (interna o esterna)
Permanenza
Di fronte ad un evento traumatico l’individuo attribuisce cause che possono essere
permanenti nel tempo o temporanee.
Dal pensiero pessimistico permanente: “dopo molti anni di lavoro non sarà facile
ricominciare, non troverò mai più un lavoro” spiegare l’evento di perdita del lavoro come
evento temporaneo e non permanente fa acquistare maggiore fiducia nel futuro.
Es. “In questo momento di crisi le offerte sono diminuite e la ricerca di un lavoro è di
conseguenza più rallentata”. In questo modo un atteggiamento positivo contribuisce ad
aprire uno spiraglio di miglioramento futuro.
Pervasività
Quando ci accade qualcosa possiamo attribuire l’evento a cause o aspetti che riguardano
le caratteristiche di tutta la persona oppure a cause specifiche e delimitate.
Il pensiero pessimistico più frequente per questo aspetto tende ad allargare la negatività
dovuta all’assenza di lavoro all’intera sfera personale
Es. “Sono un fallito, non valgo niente come persona, non ho un lavoro e non sono in grado
nemmeno di badare alla mia famiglia”
Modificare il pensiero delimitando l’evento ad un solo ambito (“Ho perso il lavoro e mi
pesa, tuttavia posso ritenere di essere un buon genitore e i miei figli hanno ricevuto una
buona educazione”) contribuisce a rendere l’evento negativo circoscritto alla sola sfera
lavorativa rafforzando i rapporti familiari e privati, migliorando di conseguenza l’autostima.
Personalizzazione
Quando accade qualcosa che ci riguarda, possiamo attribuire la responsabilità dell’evento
a noi stessi (internalizzazione) oppure alle altre persone o al caso (esternalizzazione)
Il pensiero negativo e internalizzato tende a far cadere su se stessi la responsabilità
dell’evento: “Mi hanno licenziato perché sono un’incapace, non sono riuscito ad adattarmi
alla nuova mansione e non ho ottenuto buoni risultati”; il pensiero diventa più positivo se
esternalizzato, cioè attribuito a fattori esterni a sè: “Gli strumenti a mia disposizione non
erano adeguati al mio lavoro e il mio ex datore di lavoro non ha apprezzato e valorizzato le
mie qualità e competenze”. Esternalizzare la causa dell’evento aiuta a superare il
sentimento di colpa o vergogna per la perdita del lavoro.
Il lavoratore licenziato, elaborando il pensiero in forma più ottimistica potrà, quindi,
rivalutare le proprie risorse interne e farne ricorso per proporsi al meglio in una nuova
ricerca del lavoro.
Di conseguenza, un percorso di reinserimento lavorativo e la costruzione di un bilancio di
competenze risulteranno più efficaci e più utili.
Riferendoci alla situazione attuale di crisi che sta attraversando il mondo del lavoro ritengo
importante porre l’attenzione sugli aspetti della permanenza e della personalizzazione
dell’evento sopra descritti:
limitare il fattore della permanenza a un fenomeno temporaneo e in evoluzione è
fondamentale per effettuare il cambiamento. Se l’evento è vissuto come circoscritto e
percepito come breve periodo di passaggio la visione del futuro prossimo avrà più
probabilità di essere letta in una chiave ottimistica; inoltre la personalizzazione dell’evento,
vissuta come esternalizzazione della causa della disoccupazione, restituisce la
consapevolezza del fatto che la causa è esterna e non dovuta a proprie competenze o
abilità professionali o all’assenza di esse, consapevolezza comprensibile da tutti in quanto
esperienza condivisa e condivisibile.
Il rischio si presenta piuttosto quando una visione troppo accentuata di esternalizzazione
non riconosce più l’individuo come parte attiva ma anzi come vittima impotente di eventi
non controllabili.
In conclusione, potendo intervenire nel settore del lavoro, la psicologia positiva può trovare
applicazione come supporto ai percorsi di affiancamento per la riqualificazione e/o
ricollocamento dei disoccupati (outplacement) o in percorsi mirati di orientamento al lavoro
o nello specifico di sostegno psicologico per i lavoratori licenziati.
Bibliografia
Le considerazioni e gli esempi sopra riportati sono frutto di osservazione di casi reali di persone in
attesa di occupazione incontrate durante le attività di affiancamento e orientamento professionale.
Seligman M.E.P. (1996). Imparare l'ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero.
Giunti.
Seligman M.E.P. (2010).La costruzione della felicità –II edizione. Sperling Paperback.
Seligman M. E. P. (ottobre 2012) Fai fiorire la tua vita. Anteprima
Eisenberg, P., & Lazarsfeld, P.,F (1938). The Psychological Effects of
Unemployment. Psychological Bulletin, 35, 358-390.
Pugliese E., Prefazione a “I disoccupati di Marienthal”, Edizioni Lavoro, Roma, 1986
Depolo M., Sarchielli G., Psicologia della disoccupazione, Il Mulino, Bologna, 1987