L`ETA` MODERNA .

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L’ETA’ MODERNA / Francesco
L’ETA’
Benigno.
MODERNA .
(Cap. XXI / XXX).
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Rot
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(Cap. XXI / XXX).
di Francesco Benigno.
21.
Vita urbana e mondo rurale.
A partire dall’ultimo decennio del Cinquecento le condizioni della maggioranza delle popolazioni
europee peggiorano. La crescita demografica si traduce in un aumento dell’offerta di manodopera
che porta ad una riduzione dei salari con conseguente aumento dei profitti per i proprietari terrieri.
L’ampia domanda di prodotti agricoli destinati alla vendita dei mercati cittadini spinge i proprietari
ad aumentare l’estensione delle coltivazioni pagando bassi salari ai braccianti.
Nel contempo l’aumento dei prezzi riduce ulteriormente il potere di acquisto dei salari percepiti.
Altra ragione di impoverimento delle popolazioni e la progressiva eliminazione della piccola
proprietà dovuta all’indebitarsi dei contadini coi grandi proprietari terrieri - per superare il momento
di crisi, -, ed alla successivo sequestro delle piccole proprietà vista la loro diffusa insolvenza.
Molti contadini diventano braccianti salariati. Per molti anni le condizione economiche delle
popolazioni contadine non migliorano, mentre le rendite dei grandi proprietari terrieri sono alte.
«Il sistema economico sembra muoversi in una sorta di equilibrio di stagnazione» P. Malanima.
21.1
Un’Europa a due velocità.
Nell’area del Mediteranno - Spagna ed Italia meridionale -, contrassegnate: - dalla pratica del
maggese, ( un anno ogni tre un terzo dei campi riposano); - dalle presenza dei latifondi con contratti
di affitto di lunghissima durata le esportazioni delle derrate agricole sono possibili per l’estensione
delle terre coltivate e con la stagnazione demografica. Però in Catalogna e Italia centrosettentrionale la situazione è diversa perché, grazie all’abbondanza di acqua, si sviluppa lo
sfruttamento intensivo della terra. Con l’investimento di capitali si realizzano canali, si impiantano
alberi da frutta e vigneti, si introducono nuove colture, come il mais. Un lento, costante progresso.
In Germania si diffondono la coltura della patata e delle piante foraggiere per l’allevamento.i
In Russia le tecniche di coltivazione sono assai arretrate, medievali; nei grandi latifondi la
cerealicoltura si basa sullo sfruttamento della manodopera legata alla terra che lavora, -servi gleba Diversa è la situazione nelle Province Unite; qui le colture si alternato: grano/avena/riposo; in
questo modo si cerca di limitare l’impoverimento dei campi visto che l’unico concime utilizzato è
quello di provenienza animale con la conseguente necessità di sviluppare anche gli allevamenti.
Le piante foraggiere, - erba medica, trifoglio, rape, leguminose -, che vengono alternate alla
coltivazione dei cereali, permettono di ripristinare la capacità produttiva dei campi. La connessione
fra agricoltura e allevamento non solo mantiene i terreni più fertili, ma produce latticini da esportare
Tuttavia le campagne olandesi non raggiungono i tassi di sviluppo delle coltivazioni inglesi.
21.2
Le «enclosures» e la rivoluzione agricola in Inghilterra.
L’Inghilterra adotta le nuove tecniche agricole dei Paesi Bassi sviluppandole ulteriormente.
I terreni vengono divisi in quattro parti in cui si alterna la coltivazione di: grano / rape / orzo /
trifoglio; in questo modo. - scompare il maggese; - si ricostruisce la fertilità dei campi con piante
- rape, trifoglio, leguminose- capaci di fissare elementi azotati al terreno e che forniscono
nutrimento al bestiame dal quale si ricava letame per concimare e latticini da commercializzare.
Questa rivoluzione agricola porta ad una crescita dei rendimenti grazie all’integrazione tra
allevamento e agricoltura ; l’Inghilterra diventa esportatrice di cereali, reinvestendo poi i profitti.
Prende il via il processo della recinzione dei terreni (enclosures) che sempre più limita i diritti
comunitari - raccolta di legna ed altri prodotti - sui terreni aperti - open fields -.
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I grandi proprietari terrieri per massimizzare i guadagni riescono ad ottenere leggi che permettono
l’accorpamento e la recinzione delle proprietà danneggiando sia piccoli proprietari, sia le comunità.
Nel nome dell’affermazione dei diritti di proprietà privata della terra, favorito da nuove leggi, il
processo di recinzione assume ritmi vertiginosi. Dal punto di vista economico le enclosures portano
a condizione ottimali per coltivare grandi estensioni di terreni che produco per la vendita dei
prodotti e non più per l’autoconsumo. Gli incrementi della produzione sono in parte dovuti anche
all’introduzioni di strumenti agricoli migliorati: - aratro più leggere e invenzione della seminatrice. Dal punto di vista sociale la recinzione dei terreni causa gravi sconvolgimenti: - riduzione dei
piccoli proprietari terrieri che sono anche coltivatori diretti; - drammatiche condizioni di vita di chi
viveva sulle terre delle comunità, queste persone diventano semplici braccianti o migrano verso le
città; in ogni caso le loro condizioni di vita peggiorano notevolmente sino alla povertà.
21.3
Le nuove colture: verso il mutamento delle abitudini alimentari europee.
L’abbandono della cerealicoltura verso l’introduzione di nuove coltura provenienti dall’America
- mais, patata, peperone, fagiolo - avviene in modo lento, ma costante in diverse zone europee.
La coltivazione del mais, iniziata in Spagna, si estende in Provenza, Italia, Slovenia, Ungheria;
in Italia questa coltivazione ha il vantaggio di adattarsi a condizioni diverse: in alcune regioni viene
utilizzato per l’autoconsumo dei produttori permettendo a questi di vendere il grano più ricercato;
il mais diventa la base alimentare della popolazione contadina e di quella più povera delle città.
Più lenta è l’introduzione della patata, dapprima considera solo una curiosità botanica, poi utilizzata
come mangime per l’allevamento degli animali, e solo nell’Ottocento coltivata intensamente.
Anche altri alimenti coloniali -cacao, caffè, the, - incominciano ad essere consumati in Europa.
Cresce anche il consumo di alimenti europei: burro, olio, carne e pesce: soprattutto arringhe e
merluzzo pescati nell’Oceano Atlantico che, -baccalà o stoccafisso-, arriva a nuove regioni europee.
21.4
Le forme della produzione europea.
Gli studiosi individuano tre forme di produzione manifatturiera presenti sin dal basso Medioevo:
-1) produzione domestica: manufatti destinati all’autoconsumo familiare; nelle campagne;.
-2) produzione artigianale: lavoratori specializzati producono oggetti destinati alla vendita; questo
tipo di produzione che richiede investimenti di capitali per l’acquisto di materi prime, di attrezzi , si
svolge nelle città dove esistite la possibilità di commercializzare questi beni. Esistono diversi livelli
di questo tipo di produzione: dai piccoli artigiani - fabbri/calzolai - alle grandi officine con salariati.
A volte la produzione artigianale evolve in lavorazioni a domicilio: un mercante imprenditore, che
ha provveduto ad acquistare la materia prima, gestisce le varie fasi di lavorazione non in una sua
struttura, ma nella case dei lavoratori stipendiati , vendendo alla fine del ciclo produttivo la merce.
Inizialmente questo tipo di produzione è urbana, successivamente si sviluppa anche nelle campagne
dove i contadini possono dedicarsi a questa attività nei periodi di minor occupazione nel lavoro dei
campi, riuscendo così ad integrare i loro magri redditi. In alcune regioni europee questo tipo di
produzione finisce col divenire l’attività principale delle popolazione:
Alcuni studiosi a proposito di questo evento parlano di un fenomeno di proto industrializzazione
che avrebbe preparato la rivoluzione industriale addestrando i lavoratori all’ attività manifatturiera.
L’argomento è discusso perché alcune di queste area cadranno in crisi con la rivoluzione industriale
- 3) produzione accentrata: la manodopera salariata si concentra in un solo luogo sotto un’unica
direzione. Si tratta del settore edilizio, cantieristico, estrattivo o di complessi procedimenti produttiv
Spesso questo tipo di produzione sono promosse dal potere politico per produrre navi o armamenti.
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Famiglia, genere, individuo.
La prima area di socialità di un individuo è costituita dalla famiglia.
Con il termine famiglia si può intendere sia: - gruppo di persone che risiedono sotto lo stesso tetto;
sia: - gruppo di persone legate da relazioni di parentele, anche se non vivono insieme.
La famiglia è il luogo dove si strutturano le prime differenze dell’identità individuale. L’identità
sessuale, maschi o femmine, è inserita in un contesto culturale che porta a ruoli diversi e in parte
contrapposti. Queste due identità diverse, identità di genere, sono alla base di ruoli sociali distinti.
Inoltre la famiglia riproduce i valori gerarchici che fondano le strutture sociali. In essa si trovano
insieme individui adulti già formati e bambini/adolescenti da formare alla vita sociale. Attraverso il
processo chiamato educativo, ragazze e ragazzi apprendono le regole fondamentali del gioco sociale
Contemporaneamente essi imparano le differenze legate al loro esser maschi o femmine. Le varie
Chiese hanno svolto un controllo sulle norme fondamentali di comportamento delle famiglie.
22.1
Conviventi e parenti.
Le forme di famiglia, intese come forme di co-residenza, sono varie;
- nucleare: una copia con figli;
- allargata: “ “
“ “ + uno o più famigliari (nipote / zio / ecc.);
- multipla: coppia di nonni + famiglia di uno dei figli; oppure nuclei familiari di due fratelli,
( frequente dove un patrimonio indiviso, come un gregge, richiede la collaborazione di entrambi).
Nell’Ottocento la famiglia tradizionale europea era quella allargata e patriarcale -figura dominante:
maschio adulto anziano -; successivamente la famiglia evolve verso quella di tipo nucleare.
Secondo alcune teorie, con l’inizio dell’industrializzazione viene meno la necessità tipica della
società contadina di un grande gruppo famigliare convivente disciplinato da regole precise e adibito
all’attività agricole. Conseguentemente il modello di famiglia varia col variare dei contesti culturali.
Anche le forme di famiglia, intesa come gruppi di parenti, varia passando da una struttura parentale
strettamente coesa, ad una struttura più semplificata debolmente legata a reti parentali esterne.
Tra le famiglie nobili esisteva la consuetudine di coltivare il mito delle origini famigliari antiche.
Questa passione per le origini famigliari - accertate o inventate - spiega la supremazia assegnata a
ciò che dura nel tempo (fermezza, stabilità, valore di Dio) rispetto a ciò che muta nel tempo
(volubilità, fragilità, deviazione da un ordine stabilito).
La centralità del matrimonio, soprattutto per le famiglie nobili, è legato al fatto che con esso si
tendeva ad affermare una relazione di alleanza, da rinsaldare o creare, con un’altra famiglia.
22.2
Uomini e donne all’altare.
Il matrimonio, che in epoca precristiana era un semplice contratto privato, nella società europea
occidentale d’antico regime diventa un sacramento; per questo la Chiesa ha esercitato per secoli
un’influenza decisiva sulla vita famigliare. Ha imposto un modello preciso di matrimonio,
monogamico, eterosessuale, indissolubile; ha proibito unioni fra parenti troppo vicini (zio/nipote);
ha difeso la libertà di sposarsi liberamente, ma anche senza il consenso della famiglia.
La libertà di scelta del coniuge incontrò molte resistenze perché precedentemente si tendeva a
matrimoni con amici, vicini conosciuti per tutelare il patrimonio e le alleanze nel tempo.
Se sul principio di libertà della scelta del coniuge la Chiesa si urta con le tradizioni precedenti,
sull’ordine gerarchico e sui ruoli sociali all’interno della famiglia la Chiesa rinsalda antichi principi.
Il ruolo decisivo del padre, il capo di casa; l’ubbidienza dei figli, la subordinazione femminile.
Ai maschi le attività lavorative rilevanti; alle donne l’educazione dei figli, la cura della casa e lavori
secondari. Il tradizionale dominio maschile è però mitigato dalla possibilità per la donna di ereditare
(in mancanza di figli maschi), e di esercitare attraverso le doti di un ruolo patrimoniale.
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La transazione demografica.
Uno degli elementi che ha mutato, durante il XVIII secolo, gli assetti della famiglia in Europa
è la modificazione degli equilibri demografici.
La popolazione dell’antico regime era: giovane e segnata da alti livelli di mortalità e natalità.
Nel Settecento iniziano a rarefarsi (maggior capacità di difendersi da morbi, sistemi di limitazione
dei contagi) le grandi epidemie che periodicamente abbassavano i livelli della popolazione;
contemporaneamente si riduce la mortalità infantile. La diminuzione dei livelli di mortalità si
traduce in un netto aumento demografico. Successivamente però diminuiscono anche i livelli di
natalità e la popolazione tende a stabilizzarsi. Un regime a bassa pressione demografica ( bassi
livelli di natalità e di mortalità) si sostituisce al precedente ad altra pressione demografica ( alti
livelli di natalità e di mortalità); questo permette alle famiglie di accumulare capitali e di metterli a
disposizione dei propri membri. Grazie anche alle nuove conoscenze e tecniche agricole.
22.4
L’individualismo affettivo.
Nelle aree protestanti la religione tende ad attribuire all’individuo la responsabilità delle proprie
scelte accentuando la libertà di scelta del coniuge. Si fa strada un universo femminile autonomi ed
al di fuori delle vecchie cerchie cortigiane. Il matrimonio tende ad essere vissuto sempre più come
una scelta individuale svincolata da strategie familiari e dalla precettistica ecclesiastica.
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Diradare le tenebre: il mondo al lume della ragione.
Il Settecento europeo appare segnato da un fermento intellettuale nuovo e dirompente a cui viene
dato il nome di Illuminismo; dove prima imperavano le tenebre della superstizione, dell’ignoranza,
del fanatismo ideologico occorre introdurre il lume della ragione. Si viene imponendo una diversa
atmosfera intellettuale; più libera, ostile al sapere concezionale, al dogmatismo clericale; nemica del
principio di autorità. Questo mutamento prende il via in Inghilterra e nelle Province Unite dove
esiste una relativa tolleranza religiosa, si incoraggiano la ricerca scientifica, il dibattito fra tesi
diverse e si promuove la circolazione di libri e giornali. Le esperienze politico-sociali di questi
Paesi basate sulla divisione dei poteri, in contrasto con la legittimazione sacrale assolutistica e
dispotica della monarchie europee settecentesche, consente di pensare ad una perfettibilità dei
sistemi sociali sia sul piano politico, sia su quello economico, con crescita della ricchezza collettiva
Due i filoni intellettuali fondamentali su cui basi si è venuta costruendo la stagione illuministica:
- il giusnaturalismo olandese di Grozio, Altusio, Spinosa, con la critica del fondamento biblico
dell’autorità politica e l’introduzione di un diritto naturale e razionale alla base dei sistemi sociali.
Si giungerà, con John Locke, non solo alla critica delle commistione del potere sacrale e di quello
statale, all’affermazione del principio della libertà di coscienza, ma anche a considerare lo Stato
come quella istituzione sociale che riconosce e garantisce i diritti naturali propri di ogni uomo.
- il deismo: si tratta della contestazione del concetto di religione rivelata, e perciò imposta dall’alto,
a favore dell’idea di una religione naturale che va scoperta ed analizzata alla luce della ragione.
La verità, non più rivelata, va perciò cercata con gli strumenti di cui l’uomo si dota. La ragione
deve prendere il posto della rivelazione; i nuovi filosofi devono sostituire i vecchi teologi.
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La crisi della coscienza europea.
«Crisi della coscienza europea» : in questo modo lo studioso francese Paul Hazard, nel 1935,
definisce il periodo - ultimo ventennio del XVII secolo/fine regno di Luigi XIV (1715) - in cui
identificare la fase di trasformazione della vita intellettuale e sociale europea. Ad una società basata
sul principio di autorità e sulla deferenza verso il potere politico e religioso si sostituirà una società
basata sul diritto, la tolleranza, l’indipendenza della molare dalla religione, la libertà di ricerca.
Nasce un nuovo atteggiamento critico e scettico verso le autorità costituite, accompagnato dalla
curiosità per i viaggi, le popolazioni, i cibi e le bevande delle nazioni extraeuropee.
Fin dall’Umanesimo e dal Rinascimento il mondo classico aveva rappresentato per la cultura
europea una fonte di autorità preziosissima e alternativa alla Bibbia. Non era mai stata posta in
discussione la superiorità del mondo antico, una sorta di età dell’oro in cui la cultura e le arti
avevano raggiunto livelli di perfezione altissimo. Ora però si incomincia a pensare che le
realizzazioni dell’età classica devono cedere il passo a quelle dell’età attuale «moderna».
Gli autori moderni anche se inferiori ai grandi pensatori ed artisti classici hanno il vantaggio di
conoscerne i testi e le opere; nani sulle spalle di giganti, sono in condizione di vedere più lontano.
Grazie alla conoscenza del passato, la società moderna può superare i confini classici precedenti.
Fino ad allora la vicenda dell’umanità era stata immaginata e letta sulla base di uno schema ciclico;
ora si fa strada una concezione evolutiva di tipo lineare e cumulativo della storia umana,
un processo di tipo qualitativo e quantitativo senza fine e senza limiti chiamato progresso.
La questione della ricerca morale individuale, svincolata dalla religione tradizionale, caratterizza il
filone intellettuale noto come libertinismo. Nato all’interno della Riforma protestante, il
libertinismo originariamente identifica un atteggiamento alieno dall’ubbidienza ad ogni Chiesa ,
soggetto solo alla devozione allo Spirito Santo. Questo libertinismo religioso, combattuto da
Calvino, si estingue per dar luogo ad un atteggiamento più complesso degli spiriti liberi - spiriti
forti , sostanzialmente atei-, che ritengono la saggezza un cibo prelibato adatto solo a palati
raffinati capaci di giovarsene; la disprezzata superstizione rimane il pasto ineluttabile del volgo.
Questo atteggiamento di superiorità conduce alla teorizzazione dell’assoluta libertà del pensiero in
contrasto con i vincoli intellettuali imposti dalle autorità civili e religiose. Successivamente il
libertinismo, inteso come individuale ricerca di libertà interiore, finisce per influenzare i costumi di
vita nella ricerca di un piacere svincolato dalle norme religiose e di costume sociale. Per questo il
termine «libertino» finisce per identificare un individuo dai comportamenti licenziosi, amorale.
23.2
L’illuminismo francese.
Con la morte di Luigi XIV (1715), inizia per la Francia un’epoca di allargamento degli orizzonti
culturali. A Parigi si respira una nuova atmosfera resa possibile dagli intensi rapporti con la Gran
Bretagna e da una maggior libertà di stampa che consente la diffusione di idee eterodosse.
Giungono testi di libertini, a volte provocatori, come quello di Bernard de Mandeville: La favola
delle api - un alveare prospera finché i suoi membri mantengono costumi viziosi, mentre va in
rovina quando essi assumono comportamenti virtuosi; morale: comportamenti eticamente
criticabili, diventano utili al benessere economico collettivo; vizi privati diventano pubbliche virtù L’attrazione per l’Inghilterra, testimonia l’insoddisfazione degli intellettuali francesi per le
condizioni del regno.
Nel 1721, Montesquieu nel libro Lettere persiane, evidenzia le condizioni di arretratezza in cui si
trova la Francia. Con vena polemica antidispotica si denuncia la superstizione, il dogmatismo
religioso, a cui si contrappone la libertà di pensiero e la tolleranza religiosa. Anche nelle successive
opere di Montesquieu, ed in particolare nel Lo spirito delle leggi (1748), pietra miliare del pensiero
Illuministico europeo, aleggia lo spirito liberale.
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Tre sono gli universi politico-sociali descritti: la monarchia, la repubblica, il dispotismo.
L’autore, pessimista sulla natura profonda delle passioni umane, propone la divisione dei poteri
come strumento per la conservazione della libertà. La monarchia parlamentare/costituzionale
«all’inglese» viene considerato il miglior sistema politico per la conservazione delle libere
istituzioni.
Nel 1734, con la pubblicazione delle Lettere inglesi di Voltaire, la Gran Bretagna diviene per i
francesi il modello alternativo a quello francese ed al suo dispotismo, intolleranza, arretratezza.
Per Voltaire, l’Inghilterra rappresenta ciò che la Francia non è: libera e aperta alle discussioni
filosofiche ed alle teorie newtoniane, lontana dalla rigidità dell’antico regime. La pubblicazione
delle Lettere inglesi procurò all’autore problemi con la giustizia a causa delle teorie esposte, ma
anche un’enorme notorietà in tutt’Europa. Con Voltaire l’Illuminismo diventa un movimento
intellettuale, caratterizzato dalla volontà di esercitare un’influenza sulle scelte dei governi , che si
batte in ogni parte del continente per il progresso civile. Lo stesso Voltaire diventa per alcuni anni il
consigliere di Federico II di Prussia; poi, disilluso da Federico II, si ritira a Ginevra dove, oltre a
celebri romanzi, scrive due opere storiche fondamentali: Saggio sui costumi e lo spirito delle
nazioni, - ricostruzione della storia europea da Carlo Magno a Carlo V d’Asburgo -, e Il secolo di
Luigi XIV - storia della Francia dall’avvento di Luigi XIII alla morte di Re Sole -. In questi testi
Voltaire non si sofferma solo sugli avvenimenti bellici e vicende dinastiche, ma cerca di analizzare i
fenomeni sociali complessi per coglierne i tratti essenziali. Includendo anche vicende extraeuropee.
Vengono illustrati i vizi del fanatismo religioso, dell’intolleranza ideologica per indicare la strada di
un futuro migliore. Il secolo di Luigi XIV appare a Voltaire un’epoca di splendore nazionale con
realizzazione culturali ed artistiche, progresso economico e civile, stabilizzazione politica.
Delineando gli splendori del secolo passato, appaiono più evidenti i mali presenti, e cioè la povertà
materiale e morale della nazione.
23.3
L’«Encycplopédie».
L’Illuminismo appare come un movimento intellettuale coeso grazie al fatto che un gruppo di
philosophes riesce nella difficile impresa di raccogliere il nuovo sapere in un’opera a stampa
aperta al contributo dei più originali pensatori del tempo.
Il filosofo/scrittore Denis Diderot (1713/84), e il matematico Jean-Baptiste Le Rond (1717/83)
sono gli ideatori dell’Encyclopédie, progenitrice delle moderne enciclopedie, che raccoglie subito
un grande consenso arrivando ad una tiratura per l’epoca elevatissima: oltre 4.000 copie.
Un’impresa editoriale senza precedenti:- 60.000 voci distribuite in 17 volumi e 11 tavole illustrate -,
che può giovarsi del lavoro di opere antecedenti quali il Dizionario filosofico di Voltaire .
La pubblicazione di quest’opera, iniziata nel 1751, subisce interruzioni a causa di attacchi e
condanne dal mondo conservatore e clericale; solo nel 1772 la gigantesca impresa è compiuta.
Caratteristica saliente dell’Encyclopédie è l’attenzione riservata alla scienza ed alle tecniche; alla
luce della ragione il pensiero scientifico-matemat. porta alla scoperta delle leggi che regolano la vita
Nel XVIII secolo vi è una veloce crescita delle discipline scientifiche: - classificazioni delle specie
vegetali e animali - analisi dei microorganismi - ricerche chimiche e per riconoscere e riprodurre le
correnti elettriche - accumulazione dell’elettricità, pila - Franklin / Galvani / Volta - .
La fiducia nelle capacità delle ragione si estende anche all’analisi del mondo umano: sensismo ricondurre la conoscenza umana ai dati dei sensi -; materialismo - visione di tipo meccanicistico
della natura e dell’umanità, escludendo i principi dogmatici, come l’esistenza dell’anima o di Dio.
Questo nuovo tipo di impostazioni filosofiche sono estese anche alla comprensione dei fenomeni
sociali, con conseguenze di enorme rilievo sulla percezione della società.
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La natura del vincolo sociale.
Buona parte dello sforzo intellettuale dei cosiddetti illuministi è diretta a fondare su basi nuove la
visione della società. Esclusa l’impostazione di tipo metafisico - l’organizzazione sociale dipende
dalla volontà divina. - si cerca di stabilire su presupposti diversi la morale collettiva.
Per gli utilitaristi , l’uomo va guardato per quello che è e non per quello che dovrebbe essere,
le sue azioni sono mosse dal desiderio di massimizzare il proprio utile e il proprio piacere.
Questo desiderio non va demonizzato, ma indirizzato a vantaggio del bene collettivo.
La realtà sociale va studiata alla luce di leggi e regole che determinano il comportamento umano.
Per François Quesnay (1694/1774) anche l’economia va studiata come una formazione naturale
dotata di proprie leggi. Solo dalla natura deriva il valore delle merci e non dalla loro trasformazione
e commercializzazione; le derrate agricole devono poter circolare liberamente, deve esserci la
maggior libertà d’azione possibile; «laissez faire, laissez passer » lasciare fare, lasciare passare .
Così in cosiddetti fisiocratici espongono la prima dottrina economica dichiaratamente liberalista;
per loro l’unica leva legittima in mano al governo è quella fiscale: la rendita terriera va tassata.
Successivamente per Adam Smith (1723/90) - il padre dell’economia politica moderna - coniuga il
pensiero dei fisiocratici con quello utilitaristico che vede nell’egoismo la base del benessere sociale.
Secondo Smith, ciò ch rende utile collettivamente le azioni egoistiche degli individui è l’esistenza
del mercato, la «mano invisibile» che regola, ordina e distribuisce la ricchezza. Però a differenza
dei fisiocratici egli ritiene che il valore delle merci sia frutto del lavoro umano - attività artigianali,
industriali, commerciali -. Per lui quanto più si lascia il mercato libero di esprimere l’efficienza del
suo meccanismo, tanto più si rende possibile accrescere la ricchezza della nazione. Però, mentre per
Smith la divisione sociale del lavoro, la ripartizione di mansioni specifiche nelle nascenti fabbriche,
costituisce la chiave di volta del progresso umano; per il pensatore ginevrino Jean-Jacques
Rousseau (1728/78) questa divisione è un grave arretramento della condizione di felicità dell’uomo.
Da questa degenerazione, iniziata con l’instaurarsi della proprietà privata, era derivata la
diseguaglianza sociale. Nel Contratto Sociale (1762) Rousseau tratteggia una repubblica ideale
basata su un contratto sociale stretto fra gli individui che ne fanno parte. Questo contratto non si
base su presupposti utilitaristici, ma sulla condivisione di uno stesso comune sentire che consente il
superamento delle singole volontà individuali, giungendo alla nascita di una unica volontà generale.
Merito di Giuseppe Beccaria (1837/94) -Dei delitti e delle pene - l’aver evidenziato il carattere
inumano di pratiche giudiziarie quali la tortura e pena di morte. Per lui la pena non deve essere una
vendetta sociale, ma deve essere indirizzata tanto all’espiazione, quanto al recupero del reo.
24.
Il dispotismo riformatore.
Nella seconda metà del XVIII secolo si registra una tendenza dei sovrani a modificare gli assetti
giuridici, economici e politico-sociali dei loro regni. Questa riforma delle regole amministrative ed
economiche rappresenta una novità. Per secoli il sovrano è stato il difensore degli equilibri stabiliti,
a lui è stata riconosciuta una funzione restaurativa, non riformatrice, intervenendo per ripristinare
l’antico ordinamento voluto da Dio che la corruzione della vita sociale ha guastato.
La nuova tendenza riformatrice mira a migliorare l’efficienza della macchina statale a fini bellici.
Per ingrandire i propri domini a spese delle dinastia concorrenti occorrono forti eserciti che,
essendo formati da mercenari, comportano notevoli spese; da qui l’esigenza di nuovi introiti fiscali.
Bisogna quindi: vincere la resistenza dei popoli ottenendo l’assenso delle assemblee rappresentative
a nuove tassazioni; eliminare esenzioni concesse negli ani precedenti a città e regioni privilegiate.
Vista la difficoltà ad ottenere il consenso delle assemblee a nuove tasse i sovrani iniziarono a
governare senza convocare i vari tipi di rappresentanza dei sudditi. Essi cercano di aumentare le
imposte legittime, di ridurre le esenzioni, e di ottimizzare i redditi dei loro patrimoni personali.
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In questo periodo prendono il via gli studi di quelle che oggi sono la scienza delle finanze e scienza
dell’amministrazione che si connettono con la politica economica, fiscale e monetaria.
Nel corso del Seicento cresce la consapevolezza che la potenza politica e militare è legata alla forza
economica degli Stati: derrate alimentari sufficienti a sfamare i sudditi, attività manifatturiere e
commerciali in crescita capaci di attrarre investimenti anche dall’estero, aumento della popolazione.
24.1
Il ruolo crescente della sfera pubblica.
Le rivoluzioni di metà Seicento danno il via ad un dibattito sulle questioni fondamentali della vita
pubblica;- in particolare al ruolo della Chiesa e della religione-, anche in strati sociali diversi dai
gruppi dirigenti. Successivamente vi sarà però un ridimensionamento di questa tendenza di apertura.
La diffusione delle gazzette - progenitori dei giornali - aumenta; questi fogli raccontano i principali
avvenimenti politici/bellici/ carattere sociale, dando il via ad una riflessione sui difetti della società.
Anche i sovrani, che sempre più tendono ad usare una podestà straordinaria, si trovano obbligati a
spiegare ai propri sudditi come mai utilizzino una prerogativa così speciale. In mancanza di tali
chiarimenti essi potrebbero apparire come tiranni. Il loro operare non è solo più giustificato dalla
presunzione che sia Dio a volerli sul trono, ma anche dalla necessità di darsi da fare per il bene della
comunità, per alleviare le sofferenze degli oppressi e dei poveri. Si apre una contraddizione fra
queste nuove dottrine volte a legittimare il fondamento della sovranità e il concetto di diritto divino.
Inizia anche un’analisi dei risultati ottenuti dalle politiche dei Paesi stranieri confrontandoli.
Nasce anche la figura dell’intellettuale come consigliere del principe. Concorrono a dar forma a
questa nuova figura personaggi di diversi ceti: sacerdoti, funzionari, professionisti; persone
culturalmente influenti che tendono con le loro proposte a scardinare l’ordinamento esistente.
24.2
La guerra dei Sette anni ( 1756/63).
La così detta guerra dei Sette anni, - il primo conflitto bellico planetario - muta i rapporti di forza tra
le potenze europee. Nei due secoli precedenti la rivalità era stata tra gli Asburgo titolari della corona
imperiale- spagnoli e austriaci -, e i sovrani di Francia - Valois/Borboni -.
Con la guerra dei Sette anni la Francia si allea con gli Asburgo per fronteggiare la crescente potenza
della Gran Bretagna alleata alla Prussia. All’origine del conflitto vi sono le rivalità fra Francia e
Gran Bretagna per i possedimenti coloniali in America e India; e l’occupazione della Slesia da parte
della Prussia in contrasto con gli Asburgo.
Nel 1756, gli schieramenti sono: Francia, Russia, Svezia e impero asburgico, contro Prussia e Gran
Bretagna. Dopo alterne vicende la preponderanza dello schieramento Francese/Asburgico finisce
per prevalere. Però nel 1762, Russia e Svezia si ritirano e la Prussia sconfigge l’esercito imperiale.
Anche nei territori coloniali, dopo gli iniziali insuccessi, la Gran Bretagna riesce a vincere.
Con la pace di Parigi del 1763, la Gran Bretagna ottiene consistenti territori in India e America
settentrionale - Canada/Florida -; la Slesia rimane alla Prussia.
Si affermano così due modelli politici diversi: da una parte la Gran Bretagna, - retta da una
monarchia/parlamentare - prima potenza navale e coloniale europea in cui la preponderanza militare
si unisce al successo commerciale; dall’altra la Prussia - sistema di governo assolutistico/dispotico prima potenza militare continentale grazie alla forza del suo esercito terrestre.
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L’ETA’ MODERNA / Francesco
Benigno.
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24.3
Sovrani illuminati ?
Federico II di Prussia, il Grande, rappresenta il modello di sovrano assolutistico sensibile alla
cultura illuministica, ha propensione per le lettere e la musica, si circonda di intellettuali illuminato,
(sarà amico personale di Voltaire); però continua le tradizioni assolutistiche e la politica di potenza.
Il suo esercito, rafforzato e migliorato, diverrà uno dei più potenti d’Europa anche perché riuscirà a
coinvolgere la nobiltà sostituendo al vecchio concetto di fedeltà personale al sovrano, una nuova
devozione nei confronti dello Stato di cui lui stesso si dice «il primo servitore».
Abile propagandista di se stesso, Federico II costruisce la sua leggenda di sovrano tollerante e
permissivo; contemporaneamente con misure protezionistiche migliora la vita economica
proteggendo la produzione agricola. Rafforza inoltre gli apparati statali, strumenti di ordini centrali.
La sua politica di allargamento lo prima porta a concordare con la Russia il nuovo sovrano polacco ,
poi alla spartizione della Polonia: Bielorussia e Lituania alla Russia, Prussia occid. alla Prussia.
Federico II verrà ricordato per la sua azione tendente a costruire il senso di appartenenza nazionale.
Anche Caterina II, zarina di Russia, verrà detta la Grande. Di origini tedesche ella sposa l’erede al
trono russo , Pietro III, e poi grazie ad un colpo di stato assume il potere. La zarina guarda alle
esperienze dei paesi sviluppati dell’occidente per copiarne le riforme economiche e sociali.
Caterina II si impossessa di buona parte del potere e della ricchezza della Chiesa ortodossa,
- sopprime 500 dei 900 conventi esistenti - trasformando i sacerdoti in stipendiati dallo Stato.
Tuttavia le condizioni delle popolazioni contadine rimangono miserevoli. Il malcontento causato
dallo sfruttamento senza scrupoli dei proprietari terrieri causa, nel 1773, una ribellione contadina
guidata dal mitico Pugacev; inviando il proprio esercito Caterina stroncherà del sangue la rivolta.
Negli anni successivi la zarina introduce l’istruzione elementare statale gratuita, solo nelle città; una
relativa libertà di stampa e regole di autogoverno locale. Ma contemporaneamente con la Carta
della nobiltà vengono stabilite esenzioni fiscali e garanzie a favore del privilegiato ceto nobiliare.
Questa politica di riforme ha però vita breve perché, col sopravvenire della rivoluzione francese,
la zarina torna ad una politica culturale di segno tradizionalistico. Nel contempo prende vita il
progetto imperiale diplomatico-militare con la spartizione della Polonia e le guerre contro l’impero
ottomano; il tutto cercando di restaurate l’impero romano d’Oriente con Mosca nuova capitale.
24.4
Le riforme dell’Impero Asburgico.
Maria Teresa d’Austria, moglie dell’Imperatore Francesco I, si serve della spinta all’efficienza del
prelievo fiscale e del miglioramento della macchina statale per stimolare la crescita economica.
Tenta di uniformare gli ordinamenti dei domini diretti della corona asburgica - Austria e Boemia per assoggettare la nobiltà al pagamento delle tasse. Rende obbligatoria l’istruzione e pone sotto il
controllo statale scuole superiori ed università. Fondamentale è lo smantellamento dell’universo
ecclesiastico tradizionale: vengono soppressi ordini religiosi, incamerati i beni ecclesiastici per
ripianare l’enorme debito statale, stipendiati sacerdoti e vescovi come è avvenuto in Russia.
Con l’associazione al trono del figlio Giuseppe II, (1741/90), agli ebrei viene concesso il godimento
di tutti i diritti civili concessi agli altri cittadini, accordata anche la libertà di culto delle professioni
cristiane non cattoliche; abolita la tortura. La libertà di stampa rimane però assai limitata.
Il sovrano decide di limitare la propria autorità assoluta, ma la corona tende a definire e
regolamentare in modo autocratico dei propri diritti intangibili, senza alcun controllo della società.
Peraltro Giuseppe II è affascinato dal modello statale prussiano, ma non riesce ad imitarlo perché il
suo potere in parte dipende dai principi su cui governa e che egli cerca di assoggettare di più.
In campo economico vengono adottati provvedimenti protezionistici per l’agricoltura e la
manifattura; nelle campagne viene abolita la servitù della gleba e l’obbligo per i contadini di fornire
prestazioni lavorative gratuite; inoltre si da vita alla mappatura delle proprietà terriere: il catasto.
Viene istituita un’imposta fondiaria unica valida per tutti i sudditi, ma questo provvedimento
scatena l’opposizione dei ceti aristocratici per cui Leopoldo II, successore di Giuseppe II, annulla
tali riforme e ripristina la situazione precedente.
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La soppressione della Compagnia di Gesù.
Uno dei terreni sui quali si misura la capacità dei sovrani di attuare decisi interventi di riforma è
quello dei rapporti con la Chiesa cattolica. Acquistano peso gli interventi del potere politico:
gestione dei beni ecclesiastici, nomina ai vescovadi, formazione e controllo degli ordini religiosi.
Di grande rilievo è la vicenda della Compagnia di Gesù - argine della Chiesa cattolica contro le idee
protestanti; - i gesuiti - diventati ricchissimi grazie a lasciti testamentari - erano divenuti strumento
dell’intromissione del papato negli affari di Stato sia perché culturalmente influenti, sia per la
benevolenza di sovrani di cui erano diventati consiglieri spirituali. I gesuiti, alle strette dipendenza
del pontefice, divengono il bersaglio delle polemiche illuministiche e delle politiche riformatrici.
La prima espulsione dei gesuiti si verifica in Portogallo nel 1759, dove il sovrano punta sia alle
ricchezza fondiarie di quest’ordine religioso, sia a ridimensionare il ruolo di clero e di nobili.
Il provvedimento portoghese viene imitato in Francia (1764), in Spagna, a Napoli, Sicilia, Parma.
L’accusa principale indirizzata alla Compagnia, e che può essere estesa a qualunque componente
del clero, è quella di essere portatrice di un a doppia fedeltà politica: al papa ed al sovrano.
Nel 1773, papa Clemente XIV decide lo scioglimento della Compagnia di Gesù; solo in alcune città
della Svizzera, e in Prussia i gesuiti ottengono la protezione di Federico I, I sovrano illuminista.
24.6
Le riforme in
Italia.
Sotto Maria Teresa e Giuseppe II, la Lombardia austriaca diventa un laboratorio per la
sperimentazione delle nuove politiche pubbliche. Nel 1760, prende il via il catasto geometrico che
mette a disposizione del governo non sola una mappatura della proprietà fondiaria - presupposto per
una equa distribuzione del carico fiscale -, ma anche uno strumento conoscitivo del territorio
indispensabile per attuare interventi di riqualificazione agraria, costruzione e regolazione di canali.
Nel 1765, viene istituita la «giunta economale» per le materie ecclesiastiche che produce
limitazioni e smantellamento delle esenzioni fiscali dei beni della Chiesa.
Anche in Toscana, sotto la guida del granduca Pietro Leopoldo, fratello minore di Giuseppe II, si
avviano riforme economiche e giuridiche. Per primo in Europa viene abbandonata la politica
protezionistica e si da avvio al libero scambio mercantile, viene liberalizzato il commercio di grani.
Poi si sopprimono le corporazioni delle arti e dei mestieri; si incentiva la diffusione della piccola
proprietà terriera per favorire lo sviluppo agricolo della Toscana ( questa riforma fallirà perché
i grandi proprietari terrieri si accaparrano gli appezzamenti messi all’asta).
Importante anche la riforma del codice penale ispirate alla idee di Cesare Beccaria, abolizione della
pena di morte e tortura. Si giunge sino a promuovere la redazione di un progetto di una
Costituzione che prevede l’istituzione di una assemblea legislativa - formata su base rappresentativa
- senza il cui consenso il sovrano non è in grado di governare. Tale Costituzione non verrà attuata.
Per altri Stati italiani le cose si sviluppano diversamente: - nel regno di Sardegna si attuano politiche
di stampo mercantilistico; nel regni di Napoli e Sicilia, gli interventi riformatori al fine di limitare
il potere nobiliare ed ecclesiastico, incontrano enormi resistenze e producono quindi scarsi risultati.
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Niente tasse senza rappresentanza: la nascita degli Stati Uniti d’America.
La rivolta delle colonie americane contro il dominio britannico (1775/83), da cui nacquero gli Stati
Uniti d’America, è un evento centrale della storia mondiale. Come già era successo nei Paesi Bassi
che si ribellarono alla corona spagnola dando vita alle Province Unite, una popolazione conduce
una guerra vincente per l’autodeterminazione scegliendo poi il proprio sistema di governo. Questa
rivolta si basa su principi repubblicani, sull’idea che l’origine della sovranità risieda nel popolo.
L’assetto politico/istituzionale che deriva dal questa rivoluzione è di stampo liberal-democratico.
Una Costituzione scritta (1787/89) riconosce una serie di diritti individuali ed afferma il principio di
eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, regolando anche l’equilibrio fra i vari Stati nati
dalle ex colonie in un nuovo governo federale di tipo presidenziale. Questo assetto socio-politico è
molto diverso da quelli degli Stati settecenteschi europei dove primeggiano monarchie, ceti e
privilegi, retaggi feudali, assenza di libertà. Agli osservatori europei in questa nuova società la
ricchezza è molto più livellata, la giustizia meglio distribuita, le libertà individuali garantite. Da
questa rivoluzione nascerà una nazione che assumerà un ruolo di primo piano sulla scena mondiale.
25.1
Il mondo coloniale nord-americano.
In America settentrionale la penetrazione inglese comporta la creazione di una serie di basi
commerciali lungo la costa atlantica per scambi con le popolazioni indigene. Questi insediamenti
sono formati da artigiani e commercianti a cui si aggiungono deportati ed indesiderati in
madrepatria. Una popolazione giovane in costante crescita spinta dal desiderio di benessere.
Le colonie americane sono una società meno portata ad attribuire valore alle tradizioni e gerarchie.
Gli abitanti sono accomunati dal professare un credo riformista di tipo calvinista che ritiene
inadeguata la Chiesa anglicana considerata troppo vicina all’aborrito papato romano. Nelle città
prevalgono comportamenti più liberi, nelle campagne le comunità religiose controllano la vita.
Le colonie godono di ampi margini di autonomia amministrativa, incentrati sulle assemblee
rappresentative elettive; il controllo del governo inglese è di natura economica. Le colonie sono
obbligate a commerciare con la madrepatria la quale assoggetta le diverse merci a tassazione varie.
I governatori, inviati dalla corona, nelle varie colonie adottando una pragmatica politica di
compromesso con le assemblee rappresentative degli abitanti , evitando scontri.
25.2
Niente tasse senza rappresentanza: le ragioni del conflitto.
All’origine dei dissidi fra le colonie e la Gran Bretagna vi sono contrastanti interessi economici e
fiscali. Oltre a tassare le merci il governo di Londra pone dei vincoli allo sviluppo economico delle
colonie; la disparità di trattamento fra le imprese della madrepatria e quelle coloniali alimenta il
malcontento dei coloni. Un altro punto di contrasto è di natura politica: la partecipazione popolare
alle scelte governative e i limiti del potere sovrano. Mentre nella madrepatria chi paga le tasse può
eleggere proprie rappresentati in Parlamento, questo diritto e negato ai coloni americani; inoltre
nelle colonie possono essere imposte misura di natura giuridica/ fiscale senza contattare l’assemblee
Vittoriosa nella guerra dei Sette anni, la Gran Bretagna si trova a governare su territori molto estesi,
ma le colonie sono consapevoli di avere interessi propri, a volte distinti da quelli della madrepatria.
Il governo di Londra, volendosi rifare degli enormi costi della guerra appena vinta, vara una serie
di provvedimenti miranti ad esercitare un maggior controllo economico su quei vasti territori.
Oltre ad un accresciuto prelievo fiscale, Londra introduce un’apposita tassa - Stamp Act - per
finanziare i costi amministrativi in America. Il fatto che questa tassa - votata dal Parlamento inglese
in cui i coloni non sono rappresentati - sia stata imposta senza approvazione delle assemblee locali
viene considerato un atto di dispotismo che attacca la libertà e la proprietà dei sudditi.
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Alcune assemblee coloniali dichiarano illegali le tasse imposte senza il loro consenso. Si reclama
un netto legame tra cittadinanza e pagamento delle imposte: - no taxation without rapresentation -;
niente tassazione senza rappresentanza. Negli anni 1760/70, esplodono tensioni per nuove
imposizioni fiscali nelle colonie. Inoltre nel 1773, il governo britannico assegna il monopolio del
commercio del tè nelle colonie americane alla Compagnia inglese delle indie orientali. Contro
questa nuova imposizione scoppia la protesta nel porto di Boston che viene ricordata come Boston
Tea Party , un gruppo di coloni gettano in mare il carico di tè di una nave della Compagnia.
25.3
La guerra d’indipendenza
La reazione di Londra è durissima; il porto di Boston viene chiuso e un governatore assume ampi
poteri. Nel 1774, una nuova legge - Quebec Act - istituisce nell’ex colonia francese un governo
senza rappresentanza legale, procedure giudiziarie senza la giuria e libertà di culto ai cattolici.
La risposta dei coloni fu la convocazione di un congresso dei rappresentati delle tredici colonie a
Philadelphia che assunse una linea moderata e di conciliazione cercando un compromesso.
Re Giorgio III decide però di reagire con la forza a quella che considera una ribellione.
Nel 1775, inizia la guerra di indipendenza. Le colonie organizzano un esercito comune sotto il
comando di George Washington. Inizialmente il più esperto esercito inglese ha la meglio sulle mal
equipaggiate milizie coloniali. In Europa Benjamin Franklin sensibilizza l’opinione pubblica che si
schiera a fianco degli insorti americani; partono anche numerosi volontari.
Nel 1776, il Congresso americano approva la Dichiarazione d’indipendenza di Thomas Jefferson in
cui sono definite le ragioni della ribellione: diritto naturale dei popoli alla vita, alla libertà ed alla
ricerca della felicità. Questi diritti sono inalienabili; un governo che li ostacoli deve essere abbattuto
Nel 1777 l’esercito americano consegue la prima vittoria a Saratoga. Negli anni successivi, aiuti
militari e rifornimenti arrivano dalla Francia e Spagna che sono entrati in guerra contro Londra.
Dopo tre anni (1781) l’esercito britannico viene sconfitto definitivamente a Yorktown.
Con il trattato di Versailles (1783), la Gran Bretagna riconosce l’indipendenza delle sue ex colonie.
25.4
La costituzione degli Sati Uniti.
Sotto la spinta delle esigenze belliche nel 1781. le ex colonie britanniche avevano ceduto parte della
loro sovranità ad un governo centrale di tipo confederale. Gli Articoli di confederazione
costituiscono la prima Costituzione degli Stati Uniti e si configura come un trattato fra Stati sovrani
ognuno dei quali è rappresentato da un delegato al Congresso federale, in pratica si tratta di un
coordinamento fra i vari Stati senza alcuna autonomia in materia finanziaria. Successivamente si
afferma l’idea di dotare gli Stati Uniti di una vera e propria costituzione scritta che regoli il
costituendo potere centrale. Nel 1787, si redige la costituzione che delinea una repubblica di tipo
federale, con un forte potere federale dotato di una propria sovranità, parallela a quella dei singolo
Stati. Si da vita ad un Congresso formato da due Camere: Camera dei Rappresentati eletti
direttamente dai cittadini americani sulla base di una ripartizione proporzionale; Senato composto
da due rappresentati nominati dai singoli Stati. L’equilibrio e la separazione dei poteri - secondo la
lezione di Montesquieu - sono parte fondante del nuovo sistema istituzionale.
Potere legislativo: Congresso. Potere esecutivo: Presidente. Potere giudiziario indipendente: Corti
di giustizia dei singoli Stati e quelle Federali. Viene anche istruita una apposita Corte Suprema
incaricata di interpretare il testo costituzionale, proteggere i diritti dei cittadini e dirimere i conflitti
fra le diverse istituzioni federali e statali. Nel 1791, a completamento della costituzione viene
approvato il Bill of Rights, atto che ribadisce i diritti individuali alla vita, alla libertà di pensiero,
parola e culto,alla proprietà, alla ricerca della felicità. Purtroppo indigeni/pellerossa, schiavi/africani
e donne restano esclusi dai diritti di cittadinanza del nuovo Stato.
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La rivoluzione francese.
Nel decennio 1789/1799 la Francia conosce la più straordinaria trasformazione politica mai
realizzata nella storia dell’Europa occidentale. L’universo politico tradizionale -«antico regime» viene spazzato via creando una nuova cultura politica che è ancora oggi la base della società
contemporanea. La società di ordini e ceti viene sostituita da una società democratica e egualitaria.
Il potere monarchico viene sostituito da un potere repubblicano esercitato dai rappresentati eletti dal
nuovo potere sovrano: il popolo come nazione. Questa enorme trasformazione costituisce uno dei
pilastri su cui è stata costruita la società dei secoli XIX e XX.
26.1
I limiti di un sistema.
Il sistema politico assolutistico creato da Luigi XIV presentava due limiti:
1) - la decisone di non convocare più gli Stati generali privava la monarchia di una camera di
compensazione e della possibilità di cogliere gli umori dei gruppi sociali più dinamici del paese.
Questa mancanza di un canale di collegamento tra la corte e la società, finisce per consentire al
Parlamento di Parigi (suprema corte di giustizia civile e penale) di assumere un ruolo di supplenza
nel rappresentare gli interessi del paese. Ma il Parlamento parigino finisce col non essere capace di
far voce all’intera società francese;
2) - la volontà di Luigi XIV di incrementare ulteriormente il prelievo fiscale, senza il consenso dei
ceti del regno, incontra evidenti ostacoli sia nella nobiltà che da tempo gode di un’ampia immunità
fiscale, sia da parte della Chiesa, anch’essa esentata dal pagamento di imposte sui suoi beni.
Una parte della nobiltà accetta l’ipotesi di una condivisione del carico fiscale chiedendo in cambio
la partecipazione al processo decisionale, prospettiva che Re Sole esclude fermamente.
In quegli stessi anni il finanziere scozzese John Law, tenta di risanare le disastrate finanze della
corona emettendo cartamoneta. La banca reale emette un’enorme quantità banconote;
contemporaneamente i titoli di Stato vengono cambiati in azioni della Compagnia delle Indie
occidentali; dapprima questa operazione gonfia il valore della azioni della Compagnia, ma poi visto
il basso dividendo offerto da queste azioni il loro prezzo crolla, la Compagnia viene sciolta, la
corona ritira la banconote e le obbligazioni cartacee, il debito è di 4 miliardi di lire: è la bancarotta.
Sotto Luigi XV (1726/74) vi è un ritorno all’autocrazia monarchica, senza una ricerca di soluzioni
per un allargamento della partecipazione politica. Per risolvere la penuria dei mezzi finanziari nelle
casse dello stato si cerca di imporre misure straordinarie che però incontrano l’opposizione del
Parlamento parigino. Anche il tentativo di istituire il catasto fondiario, strumento necessario per
tassare tutte le proprietà terriere, viene ostacolato. A questo punto il ministro della giustizia,
propone una riforma giudiziaria che prevede la riduzione del ruolo dei Parlamenti, promettendo di
ritornare a convocare gli Stati generali. Questa proposta non viene accettata. Con l’ascesa al trono
di Luigi XVI (1754/93), vengono ripristinati e tradizionali poteri dei Parlamenti; la ricerca di
soluzioni al difficile problema del disavanzo del bilancio stata viene affidata a intellettuali
riformatori - Jacques Turgot / Jacques Necker - che coltivano le teorie di Montesquieu della
necessità di una divisione dei poteri e guardano con ammirazione alla monarchia parlamentare
inglese e alle nuove idee dei coloni nord-americani.
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Una crisi politica.
All’indomani della crisi del 1774/75 - una carestia produce una serie di rivolte popolari «guerra
delle farine» -, si ripresento il problema del debito pubblico aggravato dalle spese dovuto
all’appoggio alle colonie americane nella guerra contro la Gran Bretagna. Per cercare di ottenere
consenso alla sua politica di risanamento il responsabile delle finanze Jacques Necker rende
pubblico il disastrato bilancio statale con l’unico risultato di essere costretto a dimettersi.
Il Paese si divide: da un lato vi è chi punta ad una trasformazione delle monarchia in senso
costituzionale; dall’altro i conservatori della nobiltà e del clero cercano di avvantaggiarsi
dall’indebolimento della monarchia. Per superare questa situazione di stallo il sovrano nel 1788
decide di convocare gli Stati Generali, unica istituzione in grado di autorizzare nuove tasse.
Gli Stati generali francesi sono divisi in tre ordini o Stati: la nobiltà; il clero; il cosiddetto Terzo
Stato, che rappresenta la stragrande maggioranza della popolazione. La nomina dei vari
rappresentati avviene tra difficoltà e discussioni anche perché erano 175 anni che non avveniva.
Altro motivo di forte discussione e la modalità di voto degli Stati generali: ciascun ordine, dopo una
votazione interna, esprime un solo voto (voto per ordine); oppure ciascun deputato degli Stati
generali, prescindendo dall’ordine di appartenenza, esprime un singolo voto (voto per testa) ?
Adottando il voto per testa, avrebbe prevalso l’opinione della maggioranza del Terzo Stato a cui si
sarebbero aggiunte le minoranze delle nobiltà e del clero; accettando il voto per ordine avrebbero
vinto gli orientamenti filo assolutistici dei conservatori prevalenti nei primi due Stati.
L’atteggiamento ondivago del debole e inetto Luigi XVI che concede il raddoppio dei rappresentati
del Terzo stato ma non il voto per testa - atto che vanifica il precedente, quasi una beffa - aggravano
una situazione già potenzialmente esplosiva. Riunitisi a Versailles nel maggio 1789, gli Stati
generali non riescono a risolvere il problema delle modalità di votazione; nel mese di giugno il
Terzo stato si proclama Assemblea nazionale, ossia rappresentanza della nazione. Luigi XVI
risponde ordinando di sbarrare le sale dove si tengono le seduta; i deputati del Terzo Stato si
riuniscono allora nell’attiguo salone della pallacorda e giurano di non sciogliersi sino a quando non
saranno riusciti a dare alla Francia una Costituzione. Il ricongiungimento delle minoranze della
nobiltà e del clero all’Assemblea costringe Luigi XVI a riconoscere la trasformazione degli Stati
generali in Assemblea nazionale costituente. Lo scontro tra i due schieramenti pare evitato.
26.3
L’irruzione della piazza (1789/91).
Nei giorni successivi alla nascita dell’Assemblea nazionale truppe militari furono ammassate dal
sovrano attorno a Parigi nel tentativo di stroncare il nascente regime rappresentativo.
Il 14 luglio 1789, il popolo della capitale insorse attaccando la Bastiglia, odiato carcere, simbolo
del dispotismo. Si manifesta così quello che sarà uno degli aspetti più caratteristici della
rivoluzione: il protagonismo popolare. Le discussioni dell’Assemblea vengono rese pubbliche e
ampie quote delle popolazione prendono, per la prima volta, parte alle vicende politiche.
Il confronto si radicalizza, gli esponenti della nobiltà reazionaria fuggono da Parigi -conte Artois -;
il sovrano, tentennante ed incerto, è accusato di voler stroncare il nascente regime costituzionale.
A Parigi si insedia un nuovo governo municipale, espressione del movimento rivoluzionario, dotato
di una milizia armata, - la guardia nazionale - guidata dal marchese La Fayette , eroe riv. Americana
Nelle campagne i contadini per sventare la reazione aristocratica, assaltano castelli bruciando
archivi e documentazione relativi ai diritti signorili, distruggono tutti i simboli del potere feudale.
L’Assemblea nazionale, sotto la spinta degli avvenimenti, proclama l’abolizione del potere feudale.
Le decisioni dell’Assemblea nazionale sono condizionate da ciò che succede nel paese e viceversa,
l’azione delle masse popolari, spesso violenta, diventa il terzo soggetto politico - sempre più
autonomo - che si affianca all’assemblea ed alla corte.
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A Parigi questo movimento popolare è rappresentato dai sanculotti (sans-culottes).
Mentre l’Assemblea, a livello legislativo, smonta le fondamenta dell’antico regime cercando di dar
vita ad un nuovo regime costituzionale, la corte rimane tentata di dar vita ad un colpo di Stato
militare per ritornare all’antico regime.
Il 29 agosto 1789, viene proclamata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino che
- analogamente alla dichiarazione dei diritti della rivoluzione americana- riconosce come naturali e
imprescrittibili i diritti individuali - libertà/proprietà/sicurezza/ uguaglianza di tutti i cittadini e
diritto alla resistenza all’oppressione -.
Nell’ottobre del 1789, la piazza interviene duramente, più volte, per difendere la rivoluzione e
accelerare il mutamento istituzionale; il popolo marcia si Versailles costringendo poi il sovrano e
l’Assemblea nazionale a trasferirsi a Parigi.
Successivamente l’Assemblea, che aveva sin a quel momento operato in un clima di sostanziale
concordia, comincia a dividersi su proposte di più drastiche riforme riguardanti il ruolo del sovrano
nella nuova costituzione e il provvedimento della confisca dei beni del clero per risanare la grave
situazione finanziaria dello Stato; si vorrebbe anche dar vita ad una Chiesa nazionale francese.
Altri aristocratici e religiosi che decidono di non prestare il giuramento richiesto dal nuovo regime
vanno ad ingrossare le file degli oppositori all’estero. Anche Luigi XVI, sentendosi sotto scacco,
decide di abbandonare la Francia per ritornarvi in armi. Nel giugno 1791 fugge da Parigi, ma viene
intercettato e ricondotto nella capitale con la sua famiglia. Nonostante questo l’Assemblea
nazionale decide il mantenimento della forma di governo monarchico-costituzionale. Il 17 luglio
una manifestazione repubblicana presso Campo di Marte viene brutalmente repressa nel sangue.
Nel mese di settembre viene proclamata la Costituzione; la Francia diventa una monarchia
costituzionale: al sovrano spetta il potere esecutivo attraverso la nomina dei ministri, il potere
legislativo tocca a una Camera eletta con sistema elettorale a doppia livello: gli aventi diritto al voto
-maschi adulti che pagano le tasse- eleggono dei rappresentati ai quali spetta di designare i deputati.
26.4
La Prima Repubblica (1792/94).
I primi due anni della rivoluzione videro importanti mutamenti del sistema politico segnati da eventi
tumultuosi. Il sovrano si vede sempre più isolato e spera in un intervento delle potenze straniere;
il fratello del re, conte di Artois, cerca di convincere l’imperatore Leopoldo II ed il re di Prussia,
Federico Guglielmo II, ad intervenire per soffocare la rivoluzione e ripristinare l’antico regime.
In Francia l’Assemblea legislativa è dominata dal gruppo politico delle nobiltà liberale detto dai
«giacobini» -così chiamati perché si riuniscono in un ex convento dei frati giacobini - . I giacobini
assumono via via posizioni più rigide arrivando all’emarginazione dei più moderati guidati da
La Fayette i quali danno vita al gruppo dei foglianti - si riuniscono in un ex monastero dei foglianti .
Accade così che in una Assemblea in cui vi è una maggiorana di orientamento moderato, sono le
componenti repubblicane guidate dai deputati girondini, provenienti dalla Gironda, ad emergere.
Nell’aprile del 1792, l’assemblea dichiara guerra la nuovo imperatore Francesco II d’Asburgo
sperando di rafforzare il nuovo regime. Ma gli eserciti imperiale e prussiano invadono la Francia,
la rivoluzione sembra sul punto di essere spazzata via. A questo punto ancora una volta è la piazza
a determinare una accelerazione al processo rivoluzionario; la folla assale il palazzo reale
costringendo l’Assemblea ad ordinare la deposizione e l’arreso di Luigi XVI accusato di tradimento
Un Comitato esecutivo guidato da Danton, chiede una nuova assemblea - chiamata Convenzione con il compito di dare alla Francia una nuova costituzione repubblicana. Vengono emarginati i
componenti originari del gruppo che ha dato vita alla rivoluzione ed emergono Robespierre, leader
dei giacobini e Brissot capo dei girondini.
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Questo nuovo gruppo dirigente riesce a galvanizzare il paese riorganizzando l’esercito,
fronteggiando la penuria alimentare, confiscando i beni degli emigrati. Contemporaneamente. in un
clima di enormi tensioni, vengono istituiti dei tribunali straordinari per processare quelli che si
crede abbiano tramato o tramino contro la rivoluzione.
Anche grazie alla leva obbligatoria di massa l’esercito francese sconfigge gli imperiali/prussiani.
La Convenzione proclama la prima Repubblica Francese, settembre 1792; poi condanna Luigi XVI
a morte. Il sovrano verrà giustiziato il 21 gennaio 1793.
26.5
La guerra civile e il «Terrore» (1793/94).
La morte di Luigi XVI spinge le potenze europee a formare una vasta coalizione antifrancese
A Parigi le masse popolari dominano la Convenzione tramite i sanculotti; nella regione della
Vandea sotto la guida della nobiltà locale e del clero prende vita una rivolta di stampo monarchico
cattolico. Nella Convenzione la maggioranza girondina viene pressata dai gruppi più radicali, la
fazione detta della Montagna e dalle agitazioni di piazza dei sanculotti;- deputati girondini arrestatiIl sopravvento dei montagnardi porta all’approvazione della Costituzione detta dell’anno I, assai
avanzata in senso democratico - divisione dei poteri, suffragio universale maschile, riconoscimento
del diritto al lavoro e all’assistenza -; però questa costituzione non entrerà mai in vigore.
A questo punto mentre le forze della coalizione antifrancese invadono il paese, in diverse province
esplodono sollevazioni girondine contro il soffocante potere dei giacobini e di Parigi. Il potere
viene assunto dal Comitato di salute pubblica, organo straordinario di 12 membri fra i quali
emergono Robespierre e Saint-Just; questo Comitato, dichiarando di voler arginare la guerra civile
che sta minando la repubblica, decide l’eliminazione fisica e sistematica di tutti gli avversari politici
Inizia la fase del Terrore: dopo processi sommari cadono sotto i colpi della ghigliottina magliaia di
veri o presunti avversari del nuovo regime; fra i tanti la regina Maria Antonietta, il duca d’Orleans,
intellettuali e studiosi,e anche famosi leader della rivoluzione stessa come Brissot, Danton, Hebert.
Il nuovo regime rivoluzionario adotta un nuovo calendario, lancia campagne di scristianizzazione,
con la creazione del culto della Ragione, cerca di fronteggiare la pesante situazione economica
calmierando i prezzi e controllando la produzione dei beni.
Però lo strapotere arbitrario e repressivo del Comitato di salute pubblica finisce per causare una
reazione da parte dei sopravvissuti della Convenzione che, appoggiata da un’opinione pubblica
scandalizzata e terrorizzata dagli eccidi, organizza un colpo di Stato. Nella notte tra il 26 e 27 luglio
1794 vengono arrestati Robespierre e Saint-Just che vengono subito ghigliottinati. Vengono poi
abrogate le leggi speciali e aboliti i tribunali rivoluzionari. L’eliminazione della classe politica
radicale riporta sulla scena i filo monarchici che si abbandonano a vendette cruente contro gli
esponenti giacobini e sanculotti; questo periodo è ricordato come «Terrore bianco».
Successivamente lo smantellamento di norme di protezione sociale, come il calmiere dei prezzi,
accompagnate da un inverno assai rigido aumentano le difficoltà economiche della popolazione
facendo esplodere una rivolta a Parigi nel maggio 1795 che però viene repressa nel sangue.
La Convenzione vara una nuova Costituzione, detta dell’anno III, improntata all’esigenza sia di
sottrarre l’attività legislativa alle pressioni delle masse popolari, sia una restaurazione realista.
Questa Costituzione è di orientamento assai moderato: limita la libertà di stampa e di associazione,
prevede l’istituzione di un Parlamento bicamerale, tende a restituire sicurezza al potere legislativo.
Due terzi dei componenti del nuovo Parlamento devono però essere già stati membri della
Convenzione al fine di assicurare la continuità repubblicana della rappresentanza, evitando la
possibilità di una vittoria elettorale dei filo monarchici. La Costituzione assegna poi il potere
esecutivo a un Direttorio, composto da cinque membri.
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27. L’erede imperfetto: Napoleone Bonaparte.
La figura di Napoleone Bonaparte (1769/1821) occupa un posto di assoluto rilievo nella storia e
nell’immaginario europeo tra il XVIII e XIX secolo. Grande condottiero, abile politico, eccellete
stratega egli inaugura un periodo di preponderanza francese sulla scena politico/militare del
continente europeo, fatta salva la Gran Bretagna, in virtù del proprio primato economico e navale.
Napoleone nasce in una famiglia della classe media, in Corsica, dopo essere stato un generale di
modeste origini acquista un potere monocratico che si trasforma poi in potere monarchico.
Come per Oliver Cromwell, nella rivoluzione inglese, deve la sua ascesa a sconvolgimenti politici
di vasta scala: le uniche due rivoluzioni europee che hanno visto la condanna a morte di due sovrani
- Carlo I Stuart e Luigi XVI Borbone. - .
Napoleone si proclamerà prima re e poi imperatore dei francesi e non della Francia per indicare che
la sua legittimità discendeva dal consenso popolare, non da una presunta volontà divina.
Da una parte egli sa di essere l’erede della rivoluzione e contro le potenze europee legittimiste
afferma il diritto dei francesi scegliersi il proprio governo, diritto che è frutto della rivoluzione.
D’altra parte, Napoleone sa di rappresentare la forza di un principio monarchico che, dopo la
rivoluzione, va riacquistando influenza e prestigio. Molti francesi, stanchi di faide e violenze della
guerra civile, desiderano affidare le redini del governo ad un uomo forte che sappia imporsi
opponendosi alle due posizioni estreme esistenti nel paese: - i filo monarchici, che desiderano la
restaurazione dei Borbone ed il ritorno all’antico regime; - i cosi detti «giacobini» - in ricordo
della famosa fazione di rivoluzionari - che vogliono costituire una salda repubblica ispirata ai
principi della rivoluzione. Napoleone riesce nella difficile impresa di farsi accettare dalla
maggioranza di questi due opposti schieramenti; è capace di presentarsi come erede della monarchia
assoluta e, nel contempo, della rivoluzione. Un erede straordinario, ma ambiguo, imperfetto.
27.1
La svolta militare della rivoluzione.
Nel 1795, l’entrata in vigore della costituzione dell’anno III a causa della clausola per la quale i due
terzi dei membri delle nuove Camere tra i membri della precedente Convenzione suscita la protesta
dei monarchici che danno vita ad una insurrezione repressa nel sangue da un oscuro generale di
sicura fede repubblicana: Napoleone Bonaparte. Viene poi nominato un Direttorio formato dagli ex
membri repubblicani della Convenzione, quelli che avevano votato per la condanna a morte del re.
Il Direttorio deve affrontare una situazione assai difficile: - sul piano interno assume misure
repressevi sia nei confronti dei monarchici, sia dei repubblicani radicali (giacobini) che non
accettano la normalizzazione moderata che sta prendendo vita; - congiura degli eguali -;
- sul piano internazionale, le truppe francesi, dopo la pace separata con Prussia e Spagna,
rimangono in guerra con Gran Bretagna, Impero e regno di Sardegna. Si decide un attacco a nord
contro le forze dell’impero e di invadere il Piemonte per minacciare la Lombardia. Mentre l’armata
che muove su Reno viene costretta a ripiegare, la spedizione inviata in Italia, sotto la guida di
Napoleone Bonaparte, ottiene una serie di successi straordinari (1796). Lo stato di Sardegna si
arrende, viene invasa la Lombardia e alcuni territori dello Stato della Chiesa. Con la pace di
Campoformio (1797), i francesi ottengono la sovranità sui Paesi Bassi, la Lombardia, Nizza e
Savoia; l’impero austriaco ottiene la repubblica di Venezia, che perde la sua indipendenza.
Buona parte degli italiani appoggia gli ideali repubblicani francesi. Bologna, Ferrara, Modena e
Reggio Emilia danno vita alla repubblica Cispadana - primo tricolore italiano -, poi con la
Lombardia nasce la repubblica Cisalpina; in Liguria nasce la repubblica ligure. Nel 1798, sotto i
colpi dell’invasione francese, nasce la repubblica romana e poi la repubblica partenopea;
Ferdinando IV di Borbone si rifugia in Sicilia protetto dalla flotta britannica.
Solo più la Gran Bretagna si oppone alla Francia repubblicana e il Direttorio decide di inviare in
Egitto le armate di napoleone nel tentativo di ostacolare gli inglesi nei loro commerci.
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Bonaparte sconfigge gli egiziani nella battaglia delle Piramidi (1798), ma la flotta francese viene
annientata dall’ammiraglio inglese Horatio Nelson. Napoleone decide di ritornare in Francia (1799).
Sul piano interno il Direttorio, sconfitto dai monarchici nelle elezioni del 1797, con un colpo di
Stato annulla i risultati delle elezioni ed epurando i filo monarchici. Mentre nelle campagne il
banditismo è ormai fuori controllo, il quadro politico rimane instabile perché nelle nuove elezioni
del 1798 vincono i giacobini. Il Direttorio annulla le elezioni con un nuovo colpo di Stato.
A questo punto, l’abate Sieyes, famoso protagonista della prima Assemblea nazionale, in accorto
Bonaparte organizza un nuovo colpo di Stato; dopo aver sciolto il Direttorio, Sieyes, Bonaparte e
Ducos si autoproclamano consoli della repubblica cercando di dare stabilità alla Francia garantendo
l’ordine pubblico. Di fatto però il potere esecutivo è nelle mani di Bonaparte che controllando
l’esercito ha la forza delle armi. Una nuova costituzione, detta dell’anno VIII, assegna il controllo
delle due assemblee legislative al triunvirato dei consoli. Napoleone, con la carica di primo
console, ossia di capo dello Stato, si assicura un sostanziale predominio.
27.2
Dal consolato all’impero.
La decisone di affidare le sorti della repubblica ad «un uomo forte» è dovuta: - all’incapacità del
Direttorio a «terminare la rivoluzione» e ad assicurare la stabilità politica; - all’emergenza bellica
creatasi con la formazione della seconda coalizione antifrancese - Gran Bretagna/Russia/Prussia/ecc
Tra il 1788/89, in Italia vengono abbattute le varie repubbliche costitute sul modello francese.
Napoleone decide di varcare nuovamente le Alpi; a Marengo (1800) infligge una dura sconfitta alle
forze sarde ed imperiali. La Russia abbandona ala coalizione; si firma la pace con le altre nazioni.
Sul piano interno il nuovo regime sigla un concordato con la Santa Sete che riconosce la repubblica
francese in cambio dell’affermazione del cattolicesimo come religione della maggioranza dei
francesi; il papato ristabilisce il controllo sulla Chiesa francese con autorità finanziare/amministrat.
Avendo consolidato la propria posizione, nel 1802 Napoleone si fa proclamare primo console a vita,
primo passo per la trasformazione del consolato in monarchia. Nel maggio 1804, viene approvata la
costituzione dell’anno XII, che trasforma la carica di primo console in quella, ereditaria, di
imperatore dei francesi, il tutto sancito da un plebiscito. Il 2 dicembre 1804, Pio VII, nella cattedrale
di Notre Dame di Parigi, consacra Napoleone imperatore porgendogli la corona che egli stesso si
pone sul capo. Per legittimare la nuova situazione vengono creati nuovi titoli nobiliari assegnati a
militari e funzionari fedeli all’imperatore. Napoleone procede anche al riordino: - della finanza
pubblica coniando una nuova moneta, il franco d’argento, garantita dalla Banca di Francia;
- del sistema giudiziario ( controllo da parte del governo sui giudici, reazione dei tribunali d’appello
Nel 1804 viene promulgato il Codice civile, che riassume molte delle conquiste della rivoluzione
(libertà individuale, laicità dello Stato, uguaglianza di fronte alla legge, abolizione del feudalismo).
Rassicurati i gruppi dirigenti del paese sul rispetto assoluto del diritto di proprietà, Napoleone
rafforza gli apparati di sicurezza creando una potente polizia che si dedica sia alla tutela dell’ordine
pubblico per dare sicurezza alle attività economiche e commerciali, sia alla repressione di ogni
forma di dissenso, anche grazie ad un’efficace censura.
27.3
La monarchia amministrativa.
Napoleone realizza per la prima volta nella storia europea il regime di un uomo che fonda il proprio
potere sul controllo dell’esercito preoccupandosi nel contempo di legittimare il proprio ruolo
tramite il consenso, espresso con il plebiscito, della maggioranza della popolazione.
Gli storici hanno chiamato questo periodo cesarismo con riferimento alla dittatura imposta a Roma
da Giulio Cesare che aveva imposto anch’egli fine all’esperienza di un regime repubblicano.
Napoleone rappresenta per i francesi una normalizzazione che promette di conservare parte delle
conquiste della rivoluzione. Si realizza una rottura dei diritti e privilegi dell’antico regime.
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Il perno del mutamento introdotto da Napoleone è la riforma amministrativa, la macchina statale
viene impostata in modo strettamente gerarchico e piramidale. L’intero territorio francese, diviso in
dipartimenti, viene controllato attraverso la nomina governativa di amministratori, prefetti, sotto
prefetti con funzioni di controllo e direzione di tutti gli aspetti della vita collettiva. Lo Stato tende
ad avere un ruolo sempre più incisivo producendo in questo modo un miglioramento nelle
condizioni sanitarie, istruzione, efficienza amministrativa e finanze statali; contemporaneamente la
società e sottoposto ad un potere centrale che ricorre ad un serrato controllo poliziesco militare.
Prende il via la formazione di personale addestrato a lavorare nelle nuove strutture pubbliche,
personale in cui cresce la consapevolezza del proprio ruolo al servizio delle Stato. Si afferma il
principio di fedeltà al ruolo ed agli obblighi che comporta il far parte delle strutture pubbliche.
Queste nuove regole di organizzazione dello Stato verrà chiamata «monarchia amministrativa».
La quantità delle direttive emanate è notevole perché si ritiene che una legge scritta e pubblica
possa impedire la rinascita di poteri particolari e di privilegi; in realtà essendo troppe le norme da
rispettare i burocrati hanno un notevole spazio di manovra nell’eseguire prima una o un’altra norma
Sono i burocrati i veri protagonisti della monarchia amministrativa, che verrà esportata dai francesi
come modello di gestione della cosa pubblica, a conferma dei principi egualitari della rivoluzione.
A questo fine Napoleone riforma il sistema dell’istruzione superiore; le grandi scuole pubbliche
d’eccellenza diverranno vere fucine di quadri per l’amministrazione pubblica, militare e civile.
27.4
L’egemonia francese in Europa e le sue conseguenze.
Nel 1805, la Gran Bretagna, preoccupata per la forza del nuovo regime napoleonico, promuove una
terza coalizione antifrancese: Impero austriaco, Russia, Svezia, Regno di Napoli. L’ammiraglio
britannico Nelson, a Trafalgar, sgomina la flotta francese, ma l’armata napoleonica, a Austerlitz,
sconfigge l’esercito austro-russo. Con il successivo trattato di pace l’Austria cede Veneto, Dalmazia
e Istria al neonato regno d’Italia il cui sovrano è Napoleone. Bonaparte ridisegna la cartina europea
creando una serie di Stati satellite della Francia sui quali insedia propri congiunti: Regno d’Olanda
al fratello Luigi Bonaparte; Regno di Napoli al fratello Giuseppe; in Germania viene istituita la
confederazione del Regno che riunisce Stati satelliti della Francia.
In un nuovo scontro, gli eserciti prussiano e russo sono ancora una volta sconfitti da Napoleone che
crea il Regno di Vestfalia affidandolo al fratello Girolamo.
Solo l’Inghilterra resiste e Napoleone, impossibilitato ad invaderla, decide di isolarla
economicamente per distruggere la sua principale fonte di potenza economica: i commerci. Francia
ed i suoi Stati satellite decretano un blocco commerciale, ma questo isolamento mercantile non
risulta efficace sia perché è difficilmente applicabile visto il grande contrabbando di merci inglesi,
sia perché l’economia francese non è in grado di sostituire la produzione britannica.
Nel 1809, Napoleone occupa lo Stato Pontificio e deporta Pio VII - che lo scomunica - a Savona,
dopo un tentativo di invadere la Spagna, viene spodesto il re di Spagna e sul trono sale Giuseppe
Bonaparte, sostituito nel regno di Napoli da Gioacchino Murat, marito di Carolina Bonaparte.
Dopo la sconfitta di una quinta coalizione antifrancese, Napoleone impone all’Austria la perdita di
numerosi territori che verrà sancita con il matrimonio tra Napoleone e Maria Luisa d’Asburgo,
figlia dell’imperatore d’Austria. Nel 1811 nasce Napoleone Francesco, l’erede al trono francese.
Con l’affermazione dell’egemonia francese si diffondono in Europa dei nuovi principi politici,
modelli amministrativi e giuridici, modelli culturali, tutti diversi da quelli tradizionali.
Ma proprio questi nuovi modelli culturali più liberi ed innovativi vengono usati da chi nei vari Stati
occupati considerano l’influenza francese un sopruso ed una violazione delle loro tradizioni.
Prima in Tirolo, poi in Spagna scoppiano rivolte nazionalistiche che soprattutto in Spagna
dimostrano una violenza ed una determinazione straordinaria. Gli spagnoli attuano un tipo di
resistenza nuova basata su scontri sporadici, ma con continue, logoranti azioni di sabotaggio; tale
inedita forma di «piccolo guerra» , che evita battaglie in campo aperto e preferisce le imboscate e
che coinvolge anche le popolazioni le quali appoggiano i ribelli, viene chiamata «guerrilla».
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Il tramonto dell’impero napoleonico.
La decisione russa di riprendere i commerci con la Gran Bretagna rompe l’alleanza tra Francia e
Russia; nel giugno 1812, Napoleone invade la Russia con un esercito di 700.000 uomini, sconfigge
le truppe zariste a Borodino e riesce ad occupare Mosca. I russi abbandonano la città dandola alle
fiamme; privo di rifornimenti e vedendo che lo zar non chiede la pace, Napoleone ordina la ritirata.
La sua armata, ripetutamente attaccata ai fianchi, stremata dal gelo e dalla fame, colpita da epidemie
giunge in Francia con meno di 50.000 uomini. Le potenze europee tornano ad organizzare una
coalizione antifrancese; a Lipsia (16/19 ott.1813) le forze antifrancesi sconfiggono Napoleone, poi
invadono la Francia e occupano Parigi. Bonaparte viene costretto ad abdicare, viene restaurata la
monarchia dei Borbone, Napoleone viene esiliato all’isola d’Elba , datagli come possedimento.
La restaurazione dei Borbone in Francia non è affatto facile, cozza contro i grandi cambiamenti
avvenuti in seno alla società francese creando una miscela di scontento e insofferenza. A febb.
1815, Napoleone fugge dall’Elba e sbarca in Francia, accolto entusiasticamente raggiunge Parigi.
Le potenze europee danno vita alla settima (e ultima) coalizione antifrancese; il 18 giugno 1815,
nella battaglia di Waterloo, in Belgio, gli eserciti britannico e prussiano sconfiggono Napoleone.
Finisce così la nuova breve stagione napoleonica - i cento giorni - ; Luigi XVIII rientra a Parigi,
Napoleone viene mandato in esilio nell’isola di Sant’Elena, sperduto possedimento britannico in
pieno oceano Pacifico, dove, controllato a vista, morirà il 5 maggio 1821. - Ei fu. - .
28.
La prima
rivoluzione industriale.
L’espressione «rivoluzione industriale» definisce una trasformazione epocale e irreversibile che
subiscono le strutture produttive europee a partire dalla seconda metà del Settecento.
Il primo paese europeo a sperimentare questa trasformazione e l’Inghilterra, dal 1760 al 1830; si
parla di «prima rivoluzione industriale» per distinguerla dalla trasformazione industriale che
avvenne in Europa occidentale nel terzo decennio del XIX secolo.
Recentemente si è messo in discussione che si sia trattato di una vera «rivoluzione», una «frattura»
con i sistemi produttivi precedenti; alcuni studiosi ritengono che sarebbe più esatto parlare di una
lenta evoluzione nel segno della continuità rispetto al passato. Questa nuova interpretazione è legata
alle ricerche e allo studio relativi agli incrementi produttivi, modesti e certo non rivoluzionari,
verificatisi in Inghilterra in questo periodo. Peraltro se la crescita economica britannica non sembra
essere rilevante, rimane il fatto che è caratterizzata da una costante accelerazione rispetto al passato.
28.1
Invenzioni e innovazioni.
Il primo settore in cui vengono apportate significative innovazioni produttive è quello tessile ed in
particolare quello dei cotonifici. Questo settore è stimolato dalla rapida espansione di questi tessuti
sul mercato europeo dei manufatti provenienti dall’India; nel XIX secolo le nuove tecniche
produttive porteranno la Gran Bretagna a diventare esportatici di manufatti in cotone verso l’India.
Per incrementare la produzione si doveva adottare tecniche in grado di velocizzare la produzione,
riducendo contemporaneamente i costi. La maggior resistenza del cotone, fibra vegetale, rispetto
alla lana, fibra animale, permette l’introduzione di nuovi macchinari nella vari fasi della
produzione: - preparazione/filatura/tessitura/finitura – ; filatoi e telai meccanici capaci di aumentare
sempre più la produzione si susseguono; ogni progresso in una determinata fase della produzione
stimola l’introduzione di nuove macchine nelle altre fasi che diversamente resterebbero indietro,
incapaci di adeguarsi alle accresciute capacità produttive. Un «botta e risposta» nelle varie fasi.
L’industria cotoniera assume un ruolo primario nel processo di industrializzazione in Inghilterra.
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La meccanizzazione non solo consente un miglioramento della produttività, ma anche una migliore
qualità dei filati realizzati che riescono così a competere e a sostituire anche la seta e il lino.
Seppur con maggior lentezza le innovazioni entrano anche in altre attività di produzione; nel settore
siderurgico in seguito a diverse innovazioni delle fasi produttive si riesce a conseguire dapprima
leghe di ghisa e poi di ferro sempre più pure e malleabili che si prestano a realizzare nuove strutture
L’aumento della richiesta di carbone legata allo sviluppo della siderurgia, comporta uno
sfruttamento in profondità delle miniere di carbone. Anche in questo settore vengono sperimentate
nuove macchine in grado di ottimizzare la produzione e di diminuire la quantità di energia utilizzata
La diffusione delle macchine in tutte le industrie diventa il simbolo stesso della rivoluzione
industriale consentendo un risparmio di lavoro e di combustibile ed un aumento della produttività.
28.2
Un ambiente che muta.
L’impiego del vapore quale principale fonte di energia e l’adozione delle innovazioni tecniche nella
produzione cambiano profondamente il paesaggio e la società inglese. Concentrare le macchine e i
lavoratori sconvolge la geografia ed i costumi di vita. In precedenza le unità produttive avevano
carattere familiare e eseguivano tutte le fasi di lavorazione, dalla materia prima al prodotto finito.
Ora le macchine a vapore possono essere impiantate ovunque si voglia e chi investe i capitali
impone che la produzione sia concentrata dove vi è maggior convenienza economica.
Anche le vie di comunicazione sono migliorate; inizia il trasporto su rotaie che si rafforza man
mano che vengono perfezionate le varie applicazioni del motore a vapore; contemporaneamente i
canali che collegano i diversi fiumi navigabili vengono ampliati e moltiplicati arrivando a costituire
una fitta ragnatela che permette di raggiungere località prima isolate e difficilmente raggiungibili.
La trasformazione nella struttura della produzione industriale determina un importante
cambiamento nel paesaggio e nelle gerarchie urbane. Sorgono nuove popolose città laddove vi
erano solo piccoli villaggi (Birmingham, Liverpool, Manchester), una struttura urbana caratterizzata
dall’assenza di continuità rispetto al passato. Le città industriali sfuggono al controllo politico e
sociale dell’aristocrazia terriera, nascono contrasti fra aristocratici e borghesi relativamente al
mutato peso elettorale delle varie regioni: zone rurali semi spopolate, città sempre più popolose.
Nelle periferie delle città industriali fabbriche a capannoni si affiancano a caseggiati fatiscenti,
- gli slum -, dove alloggiano le famiglie degli operai; i quartieri centrali, abitati dalla nuova ricca
borghesia industriale, si abbelliscono proprio grazie alle industrie circostanti.
28.3
La nascita della società industriale.
I mutamenti delle strutture produttive in Inghilterra del primo Ottocento coinvolgono anche
l’insieme delle gerarchie dei valori e dei rapporti sociali. I nuovi centri manifatturieri nascono e si
dilatano grazie alla forte migrazione interna dalle aree rurali del paese. L’elevata concentrazione
della forza lavoro in correlazione ai nuovi ritmi produttivi, cambiano le abitudini, la mentalità e gli
stessi modi di vita della nuova popolazione urbana. Si tratta di un fenomeno che si accentuerà nella
seconda metà dell’Ottocento.
Accanto ad un personale qualificato - proveniente dall’artigianato - e dotato di stabilità sociale e
lavorativa, vi sono operai privi di preparazione -ex contadini - ed infine donne e bambini sfruttati.
Più si scendono i gradini di questa gerarchia interna della classe operaia peggiori diventano le
condizioni di lavoro. I lavoratori privi di qualifica, le donne e i bambini non hanno alcuna forza
contrattuale, passano fino a quindici/sedici ore al giorno nelle fabbriche. Soltanto nel 1831 una
legislazione statale vieta di impiegare nelle fabbriche ragazzi di età inferiore ai 9 anni ed introduce
il tetto di dodici ore di lavoro giornaliero per i minori di 18 anni.
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Anche la manodopera qualificata è minacciata dall’introduzione di macchinari sempre più efficienti
che determinano un risparmio di forza lavoro con conseguente disoccupazione. I sempre più
numerosi disoccupati vedono nella meccanizzazione il loro nemico; da qui divampano azioni
terroristiche e sommosse popolari volte alla distruzione di macchine e fabbriche. Questo fenomeno
noto come luddismo - si dice sia stato Ned Ludd il primo operaio a distruggere un telaio meccanicoè però privo di caratteristiche unitarie. In alcune regione si protesta per la disoccupazione, in altre
per le dure condizioni di lavoro. In ogni caso le autorità non esitano ad utilizzare l’esercito per
reprimere a schiacciare ogni tipo di protesta. Si giunge a vietare qualunque forma di organizzazione
e rivendicazione operaia; lo sciopero è rigorosamente vietato. Nell’agosto 1819 un raduno di operai
presso Manchester viene disperso dalla cavalleria che uccide 11 operai e ne ferisce 500.
Ad ogni modo, in questi anni, sorgono le prime associazioni di mutuo soccorso per far fronte alla
durezza ed ai rischi delle condizioni di vita dei lavoratori e delle loro famiglie.
Nel 1824 viene autorizzata dalle autorità la creazione delle Trade Unions, le prime associazioni
operaie, organizzazioni metà strada fra associazioni di mutuo soccorso e i futuri sindacati moderati.
29.
Restaurare l’antico regime.
Dopo la caduta dell’impero napoleonico le grandi potenze vincitrici - Gran Bretagna, Russia,
Austria, Prussia - si trovano di fronte a una serie di importanti questioni politiche.
- Come evitare che la Francia torni a minacciare gli equilibri politici europei ?. I vincitori, sulla
base del principio della legittimità dinastica, tendono a ridisegna la mappa politica del continente.
- Come conciliare il concetto, largamente diffusosi durante l’età napoleonica, della legittimazione
popolare del potere sovrano con il principio teorico della legittimazione divina del potere politico ?.
I vincitori pensano di poter riportare il mondo politico e sociale europeo a come era prima della
rivoluzione.
La rivoluzione è stato il male che a sconquassato le tradizionali gerarchie sociali; il bene risiede
nell’antica formula che pone a fondamento dei troni e della stabilità sociale la volontà divina.
Il Congresso di Vienna, giustamente famoso, è l’espressione di questo progetto di restaurazione.
29.1
Il Congresso di Vienna.
Tra il novembre 1814 e il giugno 1815, il Congresso di Vienna - a cui partecipano i rappresentati di
tutti i paesi europei - provvede a ridefinire gli assetti politici europei.
Anche la Francia è rappresentata dall’abile vescovo, Charles Maurice Talleyrand (1754/1838);
questo abile politico e diplomatico era stato prima deputato agli Stati Generali (1789), poi membro
dell’Assemblea Nazionale, quindi ministro degli Esteri di Napoleone ed infine artefice della sua
abdicazione e fautore del ritorno dei Borbone. Talleyrand riesce a convincere le potenze vincitrici
a non penalizzare eccessivamente la Francia sul piano territoriale; questo per stabilizzare la
situazione e evitare contraccolpi di tipo rivoluzionario e repubblicano. La Francia di Luigi XVIII
torna ai confini precedenti al 1792; l’Austria aggrega Lombardo/Veneto e ne assume il controllo.
Al Regno di Sardegna viene restituita la Savoia e dati i territori della repubblica di Genova.
Il granducato di Toscana agli Asburgo - Lorena; il ducato di Parma e Piacenza viene assegnato a
Maria Luisa, moglie di Napoleone e figlia dell’imperatore d’Austria. Viene ripristinato la Stato
Pontificio. Unificati i regni di Napoli e Sicilia creando il regno delle Due Sicilie sotto Ferdinando I.
La Prussia acquisisce parte della Sassonia, Pomerania svedese, Vestfalia, Colina, Treviri.
La Russia si annette la Galizia e la Finlandia, e parte del regno di Polonia. La Gran Bretagna l’sola
di Malta, possedimenti coloniali francese ed olandesi: Tobago, isole Mauritius, Guyana, Ceylon.
In Spagna e Portogallo tornano sui troni le rispettive dinastie: Borbone e Braganza.
Infine, sotto la regia del cancelliere austriaco Metterenich, prende vita la Santa Alleanza, formata da
Russia, Austria, Prussia, al fine di impedire ogni tentativo di sovvertimento dell’ordine stabilito.
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24
Il nuovo dispotismo reazionario.
Il dispotismo monarchico postrivoluzionario è diverso dall’assolutismo dispotico settecentesco, che
cercava di legittimare i propri interventi riformatori attraverso la retorica della felicità dei popoli
mirando ad ottenere un certo consenso dell’opinione pubblica. Dopo il 1815, i sovrani si richiamano
al valori tradizionali, soprattutto religiosi, per rassicurare tutti coloro che erano stati spaventati dalla
rivoluzione. In questo la Chiesa cattolica svolge un importante ruolo di supporto; «un’alleanza fra
il trono e l’altare», una convergenza di interessi, perché la rivoluzione aveva sconvolto entrambi.
Comunque la rivoluzione ha influenzato ogni forma di discorso politico e forme organizzative.
La restaurazione non fu però un mero e semplice ritorno al passato; nella tradizionale visione
aristocratica la nobiltà francese era la miglior rappresentanza della Francia, con la rivoluzione la
nobiltà si trasforma in una parte politica, esattamente nella controparte della rivoluzione contro la
trasparenza delle idee rivoluzionarie di un popolo deciso a difendere la sua libertà.
Al contempo, il passato, e la storia sono ripensati mediante i nuovi strumenti intellettuali che la
rivoluzione ha elaborato e diffuso in Europa, soprattutto grazie al nuovo concetto di popolo-nazione
29.3
… e i suoi nemici.
Il diffondersi del clima poliziesco, di repressione e censura in Europa, favorisce la nascita e la
diffusione delle società segrete. Il modello è quello della Massoneria le cui regole vincolano i soci
a particolari rituali e specifici comportamenti. La Massoneria era assai popolare tra le classi colte,
amanti della speculazione filosofica e contrarie ad alcune posizioni della Chiesa Cattolica, per
questo era stata scomunicata nel 1738. Dopo la rivoluzione i gruppi massonici danno vita a sette
politiche per lottare contro il dispotismo e l’alleanza fra il trono e l’altare, nel nome delle idee
liberali e costituzionali. La diffusione delle sette segrete in Europa è impressionante.
In Italia è la Carboneria che promuove gli ideali di unità ed indipendenza del paese dal dominio
straniero. La repressione delle idee considerate sovversive è particolarmente dura in Italia.
29.4
Libertà e indipendenza.
Solo in Francia, Luigi XVIII per non alienarsi un’opinione pubblica a maggioranza liberale, nel
1814, concede una carta costituzionale di impronta moderatamente liberale - Parlamento bicamerale
limitata tutela dei diritti individuali , sostanziale controllo della corona sul governo - .
Però questa costituzione non soddisfa ne i monarchici oltranzisti, né i nostalgici di Napoleone.
Nel 1820, assassinio del duca Berry da parte della Carboneria, il re torna ad una politica repressiva.
Dopo il 1815, altre monarchie si dotano di una Costituzione: Paesi Bassi, Svezia, Norvegia.
La Gran Bretagna rimane sempre un esempio a parte con una costituzione non scritta, ma radicata.
In questo periodo il tema della libertà politica si fonde con l’aspirazione all’autodeterminazione dei
popoli nel nome del diritto all’indipendenza nazionale. Se la sovranità risiede nel popolo questo
popola ha il diritto di esprimere le proprie rappresentanze su base nazionale. L’esempio
fondamentale è quello degli Stati Uniti d’America. La nazione diventa un soggetto in prima persona
che si identifica con il nuovo Stato. La nazione è considera l’identità intima di un popolo popolo/nazione - e non vi è legittimità senza, o peggio ancora, contro la volontà popolare.
L’investitura divina che i sovrani assolutistici ritengono di possedere viene così a essere posta
profondamente in questione.
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L’ETA’ MODERNA / Francesco
30.
Benigno.
(Cap. XXI / XXX).
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Rot
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Ancora la rivoluzione.
Gli anni venti del XIX secolo sono caratterizzati dal ritorno alla rivoluzione.
La restaurazione dell’antico regime manomesso dalla rivoluzione francese si rivela un’illusione.
Epicentro del nuovo sisma rivoluzionari questa volta è la Spagna, nazione che aveva
precedentemente combattuto contro Napoleone in nome dei valori tradizionali. Il paese si divide fra
parte liberale che vuole un ordinamento costituzionale e parte reazionaria fautrice dell’assolutismo.
Questa divisione raggiunge le colonie dell’America Latina dove si chiede ordinamenti costituzionali
ed indipendenza. Il linguaggio politico della rivoluzione imperniato sul concetto di sovranità
popolare e su quello di popolo-nazione dotato di volontà propria è giunto sino alle colonie
Le varie nazioni aspirano a garanzie costituzionali dei diritti e all’autodeterminazione sentendosi
oppressi da una dominazione straniera. La partecipazione cosciente dei cittadini alla vita pubblica
avviene attraverso la delega che essi concedono ai propri rappresentati per la gestione del potere.
Ma in Germania nasce un differente concetto di nazione-popolo che parte dalla volontà di opporsi ai
modelli amministrativi e politici francesi; in questo caso l’accento è posto sulle radici ancestrali.
30.1
La rivoluzione spagnola.
Negli anni della lotta contro l’occupazione francese (1808/14) si era sviluppato in Spagna un
movimento liberale che coniugava la battaglia agli invasori con la richiesta di riforme politiche
costituzionali. Nel 1812, a Cadice, viene proclamata una costituzione di stampo liberale che prevede
un Parlamento, garanzie dei diritti dei cittadini e alcune limitazioni al potere regio.
Però Ferdinando VII di Borbone, reinsediatosi nel 1813, annulla la Costituzione di Cadice, consente
al clero di recuperare i beni persi durante il dominio francese, e all’aristocrazia di riavere privilegi.
Poi cerca di ristabilire uno stretto controllo sulle colonie dell’Amerci Latina sedando le ribellioni in
Argentina, Cile e quelle guidare da guidate da Simon Bolivar nelle regioni settentrionali.
Ma l’esercito che dovrebbe partire per le colonie si ribella e chiede il ripristino della costituzione.
Successivamente una maggioranza liberale abolisce il maggiorascato, la giurisdizione ecclesiastica
e confisca i beni della Compagnia di Gesù. L’ingovernabilità spinge il sovrano ad abdicare, in
conseguenza di ciò la Santa Alleanza interviene militarmente in Spagna, il sovrano torna sul trono.
Anche in Portogallo, nel 1820, abolisce la costituzione spagnola e chiede il rientro del sovrano,
Giovanni VI , che si trova in Brasile; il quale rientrato ristabilisce il regime assolutistico.
Nel frattempo il primogenito del monarca, Pietro, rimasto in Brasile, proclama l’indipendenza del
paese assumendo, con l’accordo del padre, il titolo di imperatore. Del resto, in tutta l’America
centrale e meridionale il processo di indipendenza è ormai inarrestabile.
Elemento comune delle rivolte delle penisola iberica e delle colonie è il fatto che le istanza liberali e
costituzionali provengono dai ranghi dell’esercito; questo perché la mobilità sociale ha consentito
l’accesso ai gradi elevati di nuovi elementi non provenienti dalla nobiltà, ma da più basse classi
sociali che in qualche modo risento dei fermenti della rivoluzione francese.
30.2
La guerra d’indipendenza greca.
In questo periodo storico la Grecia è un’area estremamente arretrata dedita alla pastorizia e
all’agricoltura, a volte al brigantaggio. Debole e militarmente inferiore l’impero ottomano attira le
mire espansionistiche di Russia ed Austria. Peraltro sollevazioni popolari ispirate dal movimento
indipendentistico locale vengono duramente represse nel sangue. La Russia è disposta a sostenere la
rivolta dei sudditi contro il sultano, l’Austria - Metternich - appare indecisa. La richiesta del popolo
greco all’indipendenza politica da vita ad un movimento filellenico in tutta Europa. Solo però le
mire espansionistiche del nuovo zar, Nicola I, porteranno ad un’alleanza europea disposta a entrare
in guerra contro agli ottomani. Dopo alterne vicende il conflitto si concluderà con la pace di
Adrianopoli -1829 - che sancirà l’autonomia della Serbia, della Moldavia e della Valacchia, e la
totale indipendenza della Grecia di cui nel 1832 viene fatto re Ottone I, figlio del sovrano di Baviera
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L’ETA’ MODERNA / Francesco
30.3
Benigno.
(Cap. XXI / XXX).
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I moti italiani.
Anche in Italia il tema della libertà e dell’indipendenza, impressi delle società segrete, sono molto
diffusi nei ceti borghesi e nei quadri dell’amministrazione.
Nel 1820, nel regno di Napoli, il generale Pepe, inviato a reprimere una rivolta popolare si schiera
con essa e marcia su Napoli costringendo il re a concedere una costituzione sul modello spagnolo.
Anche in Sicilia viene chiesto di ripristinare la costituzione liberale del 1812. Ferdinando I chiede
l’intervento della Santa Alleanza; con l’intervento militare austriaco il governo costituzionale viene
sconfitto, abrogata la costituzione, avviata una dura repressione, i liberali sopravvissuti fuggono.
A Torino un gruppo di liberali, uomini politici e militari, si schiera con l’erede al trovo, Carlo
Alberto di Savoia, che, a differenza del sovrano regnante, Vittorio Emanuele I, pare propenso a
concedere una costituzione. Quando Carlo Alberto appare indeciso nell’appoggiare questo
movimento l’insurrezione scoppia nel marzo 1821 propagandosi anche ad altre città del regno.
Il sovrano abdica in favore del fratello Carlo Felice, - che si trova a Modena - ma il reggente, Carlo
Alberto, concede la costituzione; Carlo Felice sconfessa immediata mente l’operato del nipote e
chiede l’intervento della Santa Alleanza Ancora una volta un governo costituzionale viene sconfitto
dalle forze austriache, a Novara.
Nel Lombardo - Veneto la Carboneria ha progettato un’insurrezione, ma la tempestiva azione
preventiva della polizia austriaca porta all’arresto dei capi del movimento rivoluzionario.
Silvio Pellico, Gian Domenico Romagnosi, Federico Confalonieri, sono condannati al carcere duro
e imprigionati nella fortezza moldava dello Spielberg, simbolo del brutale regime austriaco.
30.4
L’insurrezione decabrista in Russia
Anche in Russia sono sorte società segrete; le principali sono la Società del Nord liberal/costituzionale -, e la Società del Sud - repubblicana -.
Nel dicembre del 1825, alcuni ufficiali della Società del Nord chiedono al nuovo Zar Nicola I di
concedere la costituzione; a causa però della loro indecisione, gli insorti vengono sconfitti dalle
forze fedeli allo zar. I capi dei congiurati, detti decabristi (da dekabr = dicembre), vengono
giustiziati o mandati ai lavori forzati in Siberia. Oltre alla costituzione, un tema molto urgente da
affrontare in Russia è rappresentato dalla proprietà fondiaria imprigionata in un sistema feudale.
Ad ogni richiesta di ammodernamento Nicola I continua a rispondere con una dura repressione.
30.5
La rivoluzione orleanista in Francia.
In Francia, nel 1824, con l’ascesa al trono di Carlo X, capo dell’ schieramento filo assolutistico, si
verifica un’ulteriore svolta in senso reazionario/clericale: si istituisce un fondo per risarcire i nobili
delle confische subite durante la rivoluzione, vengono ristabilite le congregazioni abolite.
Però nell’opinione pubblica continuano a diffondersi idee liberali, l’affermazione dei liberali nelle
elezioni del 1824 convince Carlo X ad accettare la formazione di un governo liberale moderato.
Il parlamento non accetta però l’imposizione da parte del re a capo del governo di Polignac, uno dei
maggiori esponenti degli ultras, e suo uomo di fiducia. Il sovrano decide di appoggiare un colpo di
stato da parte di Polignac. Nel 1830, Carlo X promulga una nuova legge che limita la libertà di
stampa e di voto, di fronte a questo dispotismo insorgono i gruppi di opposizione (liberali,
bonapartisti, repubblicani ) che, appoggiati dal popolo di Parigi, costringono il sovrano alla fuga.
Al fine di evitare una soluzione di tipo repubblicano - democratico, i fautori di una monarchia
costituzionale offrono la corona a Luigi Filippo d’Orleans. Luigi Filippo viene proclamato dal
Parlamento: «re dei francesi per volontà della nazione». Il nuovo sovrano modifica in senso
liberale la costituzione del 1814: il re è sottoposto a controllo parlamentare, viene sancito principio
di libertà di stampa, ridimensionata la Camera dei pari -.
Con gli eventi parigini del 1830 il periodo detto della restaurazione può dirsi ufficialmente
concluso. La rivoluzione è tornata prepotentemente alla ribalta.
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