Ing. Claudio Costa [email protected] Carocicosta.it «So che sono mortale, e la creatura di un giorno… Ma quando scopro qualcosa nelle innumerevoli sfere rotolanti delle stelle, I miei piedi non toccano più la terra: fianco a fianco con Zeus stesso, bevo la mia coppa d’ambrosia, cibo degli dei…» Claudio Tolomeo, Trattato Matematico, meglio noto come Almagesto Oggi impariamo a scuola che il sistema solare è un insieme di corpi celesti mantenuti in orbita attorno al Sole dalla forza di gravità È formato da otto pianeti, dai rispettivi satelliti naturali, da cinque pianeti nani e da miliardi di corpi minori Questi sono gli asteroidi, in gran parte ripartiti fra due fasce (la fascia principale e la fascia di Kuiper, oltre l’orbita di Nettuno fino a 50 UA), le comete, le meteore e la polvere interplanetaria Il sistema solare è composto inoltre dal disco diffuso e dalla ipotetica nube di Oort (da 2.000 a 50.000 UA), sede di gran parte delle comete In ordine di distanza dal Sole, gli otto pianeti sono: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno Attualmente cinque corpi del sistema solare sono stati classificati come pianeti nani: Cerere, situato nella fascia degli asteroidi, e altri quattro corpi situati al di là dell'orbita di Nettuno: Plutone, Haumea, Makemake, e Eris Sei dei pianeti e tre dei pianeti nani hanno in orbita attorno a essi dei satelliti naturali; inoltre tutti i pianeti esterni sono circondati da anelli planetari composti di polvere e altre particelle Ma procediamo storicamente… L’obiettivo dell’astronomia fino al seicento è stato quello di dimostrare che i moti dei pianeti erano regolari, nonostante l’apparente movimento alternato in avanti e all’indietro rispetto alle stelle Questo avrebbe permesso di prevedere la loro posizione in cielo L’obiettivo fu stabilito da Platone nel IV secolo A.C. Platone assegnò ai suoi seguaci il compito di mostrare che i moti planetari erano altrettanto regolari di quelli degli altri moti celesti, come le stelle Il moto delle stelle è circolare e uniforme, cosicché si doveva dimostrare che anche quelli dei pianeti erano di natura simile, o al massimo, formati da combinazioni di moti circolari uniformi Aristotele portò il compito di Platone al massimo compimento: seguendo Eudosso, stabilì che i corpi celesti si dovessero muovere su 55 sfere concentriche Oltre la Terra per lui vi erano, in ordine, la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove, Saturno, il cielo delle stelle fisse e, infine, il Primo Mobile, che metteva tutte le altre sfere in movimento Eudosso di Cnido (408 a.C. – 355 a.C.) Tutti i video sulla pagina del Museo Galileiano: http://catalogo.museogalileo.it/indice/IndiceVideo.html Aristarco di Samo (310 a.C. - 230 a.C.) Aristarco, è noto soprattutto per avere per primo introdotto una teoria astronomica nella quale il Sole e le stelle fisse sono immobili mentre la Terra ruota attorno al Sole percorrendo una circonferenza L'unica opera pervenuta di Aristarco è il breve trattato «Sulle dimensioni e distanze del Sole e della Luna» nel quale stima la grandezza del Sole e della Luna e calcola le relative distanze dalla Terra Aristarco stimò il rapporto tra le distanze del Sole e della Luna come compreso tra 18 e 20, mentre il rapporto tra le distanze medie è in realtà circa 400 Ipparco (Nicea 190 a.C. – 120 a.C.) Fu il primo a sviluppare modelli accurati per spiegare il moto del Sole e della Luna, servendosi delle osservazioni e delle conoscenze accumulate nei secoli dai popoli della Mesopotamia, babilonesi per primi Grazie alle sue teorie sui moti del sole e della luna e alle sue conoscenze di trigonometria, è stato probabilmente il primo a sviluppare un metodo affidabile per la previsione delle eclissi solari Compilò un catalogo stellare e, probabilmente, fu uno degli inventori dell'astrolabio Fu proprio l'osservazione delle discordanze tra il proprio catalogo e quello compilato da Timocari e Aristillo nel 290 a.C. a fornirgli l'indizio che lo condusse alla scoperta del fenomeno della Precessione Degli Equinizi Apollonio di Perga (262 a.C. – 190) a.C.) Famoso per l’opera sulle sezioni coniche, gli è attribuita l’idea delle orbite eccentriche: immaginando che i pianeti si muovessero su deferenti ed epicicli si poteva spiegare il moto apparente dei pianeti, la velocità variabile della Luna e la variazione di luminosità degli astri Tutti questi movimenti circolari portarono i Greci a farsi un modello «meccanico» del Cielo e addirittura a realizzare fisicamente una macchina che li riproducesse All’inizio del 1900 alcuni pescatori trovarono nei fondali dell'isola greca di Antikythera un relitto resto di un naufragio avvenuto nel secondo quarto del I secolo a.C., contenenti, insieme a numerosi oggetti di quel tempo, anche questo meccanismo La macchina è il più antico calcolatore meccanico conosciuto, databile intorno al 150-100 a.C. Si tratta di un sofisticato planetario, mosso come un orologio da ruote dentate, che serviva per calcolare il sorgere del sole, le fasi lunari, i movimenti dei cinque pianeti allora conosciuti, gli equinozi, i mesi, i giorni della settimana e le date dei giochi olimpici Massimo Mogi Vicentini, ne ha ricostruito un modello moderno perfettamente funzionante Claudio Tolomeo (100 circa – 175 circa) Claudio Tolomeo fu astrologo, astronomo e geografo di epoca imperiale e cultura ellenistica che visse e lavorò ad Alessandria d'Egitto Considerato uno dei padri della geografia, fu autore di importanti opere scientifiche, la principale delle quali è il trattato astronomico noto come Almagesto Il titolo greco originale di quest'opera era Mathematikè syntaxis ("Trattato matematico") Il nome "Almagesto" viene dall'arabo ed è dovuto alla circostanza che, come per larga parte della scienza e della filosofia greca classica, la sua diffusione iniziale in Europa è avvenuta soprattutto attraverso manoscritti arabi che furono tradotti in latino da Gerardo da Cremona nel XII secolo Saltando a piè pari tutto il Medioevo (non dovremmo visti i contributi dati all’astronomia dagli Arabi…) arriviamo a Niccolò Copernico (1473-1543), nato a Torun in Polonia e che studiò all’Università di Cracovia dove c’era una tradizione importante in astronomia, fra cui docenti che non facevano mistero della loro insoddisfazione per la violazione del principio del moto circolare uniforme a opera degli equanti tolemaici Nella seconda metà del Cinquecento si ebbe una rivoluzione nell'atteggiamento degli astronomi verso l'osservazione, determinata dal danese Tycho Brahe (1546-1601) Tycho era nobile di nascita : grazie a questo, che lo sottraeva alle comuni pressioni di carriera, poté vagare liberamente da un'università all'altra Nel 1563, quando per la prima volta in vent'anni Giove andò alla congiunzione con Saturno mentre i due pianeti si muovevano lentamente contro lo sfondo delle stelle fisse, il diciassettenne Tycho era già abbastanza interessato all'astronomia per fare semplici osservazioni di questo fenomeno Tycho trovò che la previsione della data di questo evento, calcolata sulla base delle duecentesche Tavole Alfonsine (fondate sui modelli planetari tolemaici) era sbagliata di un mese, mentre persino le moderne Tavole Pruteniche, fondate sui modelli di Copernico, davano un errore di due giorni Questo fatto lo convinse che l'astronomia doveva essere riformata su una base solida di osservazioni accurate, e che tale precisione poteva venire solo da una combinazione di miglioramento degli strumenti e di perfezionamento delle tecniche di osservazione Nel novembre 1572, la natura offrì all'umanità uno spettacolo sorprendente Un oggetto simile a un stella, abbastanza luminoso da essere visibile anche di giorno, apparve nella costellazione di Cassiopea Benché Tycho avesse solo ventisei anni, e gli strumenti astronomici a sua disposizione fossero ancora modesti sia per scala sia per qualità, egli riuscì tuttavia a convincersi che quell'oggetto fosse molto più in alto della Luna, e fosse quindi un corpo celeste Oggi sappiamo che si trattava di una Supernova, l’esplosione che mette fine alla vita delle stelle massicce: qui si vede il residuo di gas in espansine della Nova di Tycho Tycho aveva così la prova che si verificavano cambiamenti anche in cielo Si ripromise perciò che, se un giorno fosse apparsa una cometa, ne avrebbe misurato con grande cura l'altezza per verificare se fosse o no un fenomeno terrestre La natura si rivelò sensibile a questo desiderio: nel 1577 si presentò una cometa molto luminosa, e le osservazioni di Brahe ne rivelarono la natura celeste Il suo moto la portava infatti ad attraversare le presunte sfere invisibili che trasportavano i pianeti nel loro moto Keplero non godette di nessuno dei privilegi sociali di Brahe Figlio di un padre attaccabrighe e di una madre che, in seguito, riuscì solo grazie a lui a evitare una condanna a morte per stregoneria, nacque nel 1571 a Weil der Stadt, nei pressi di Stoccarda Se non fosse stato per il sistema educativo del Ducato di Würtenberg, che portava i giovani poveri, ma meritevoli fino all’Università di Tubinga, l’umanità avrebbe perso per sempre un genio Intendendo diventare pastore luterano, cominciò a studiare alla Facoltà delle Arti, dove apprese l'astronomia Il suo docente era Michael Màstlin (1550-1631), un astronomo matematico eccezionalmente ben preparato che illustrò ai suoi studenti i meriti dell'ipotesi copernicana Copernico non aveva fatto letteralmente nulla per promuovere la sua visione del cosmo: le idee esposte nel I breve libro cosmologico del De revolutionibus erano oscurate dalla grande quantità di matematica che dominava il resto del volume Non sorprende che alla fine del Cinquecento i copernicani dichiarati fossero rari Del loro gruppo non faceva ancora parte l'uomo che sarebbe diventato il più efficace propagandista della nuova visione del mondo: Galileo Galilei (15641642) Isaac Newton nacque a Woolsthorpe-by-Colsterworth nel 1642 e morì a Londra nel 1727 Fu filosofo, matematico, fisico e alchimista: è considerato da molti una delle più grandi menti di tutti i tempi 4 Dicembre 2008 Universalmente noto soprattutto per il suo contributo alla meccanica classica, Isaac Newton contribuì in maniera fondamentale a più di una branca del sapere Pubblicò i “Philosophiae Naturalis Principia Mathematica” nel 1687 nella quale descrisse la legge di gravitazione universale e, attraverso le sue leggi del moto, creò i fondamenti per la meccanica classica Newton inoltre condivise con Gottfried Wilhelm Leibniz la paternità dello sviluppo del calcolo differenziale Gottfried Wilhelm Leibniz 4 Dicembre 2008 La tradizione vuole che Newton fosse seduto sotto un albero di mele quando una mela cadde sulla sua testa e questo gli facesse capire che la forza gravitazionale terrestre e celeste fossero la stessa cosa In ogni modo si ritiene che anche questa storia sia stata inventata dallo stesso Newton più avanti negli anni, per dimostrare quanto fosse abile a trarre ispirazione dagli eventi di tutti i giorni: «Quando per la prima volta, la nozione di forza di gravità si formò nella mia mente. Fu causato dalla caduta di una mela, mentre sedevo in contemplazione. Perché la mela cade sempre perpendicolarmente al terreno, pensai tra me e me, non può cadere a lato o verso l'alto, ma sempre verso il centro della terra» 4 Dicembre 2008 Newton fu quindi il primo a dimostrare che le stesse leggi della natura governano il movimento della Terra e degli altri corpi celesti A Newton si deve anche la sistematizzazione matematica delle leggi di Keplero sul movimento dei pianeti Egli generalizzò queste leggi intuendo che le orbite (come quelle delle comete potevano essere non solo ellittiche ma anche iperboliche e paraboliche 4 Dicembre 2008 Una volta accettata la cornice newtoniana, il programma era chiaro: dimostrare matematicamente che tutti i moti osservati dei corpi celesti erano il risultato dell'attrazione gravitazionale Newton aveva mostrato, nei Principia, che le comete obbedivano a regole e si muovevano nel sistema solare su sezioni coniche, anche se le loro orbite erano molto diverse dalle ellissi quasi circolari percorse dai pianeti Le orbite delle comete erano così allungate che in prossimità del Sole si avvicinavano a una parabola Se una cometa non arrivava al perielio il punto della sua orbita più vicino al Sole - con una velocità abbastanza elevata, non poteva, dopo averlo aggirato, sottrarsi totalmente al suo dominio perdendosi nello spazio interstellare Essa si allontanava invece su un'orbita ellittica destinata a riportarla un giorno all'interno del sistema planetario, anche se su una traiettoria modificata rispetto a quella della visita precedente nel caso che le fosse accaduto di passare accanto a un pianeta gigante Nonostante tali modifiche, però, l'orbita di una cometa doveva conservare caratteri simili in ogni apparizione, e queste apparizioni dovevano essere separate nel tempo di periodi simili La documentazione storica forniva qualche esempio in proposito? Edmund Halley intraprese la ricerca necessaria, e trovò rapidamente un primo esempio possibile nella cometa del 1682: la sua orbita era retrograda (ossia la cometa si muoveva in senso opposto ai pianeti), come quella delle comete del 1531 e del 1607 Ulteriori ricerche mostrarono che tali orbite avevano in comune vari altri caratteri, e nel 1695 Halley disse a Newton di essere certo che si trattasse di riapparizioni della stessa cometa Nella sua previsione, Halley aveva tenuto conto dell'accelerazione sperimentata dalla cometa a opera dell'attrazione di Giove, quando si era avvicinata a esso nel corso del suo passaggio verso il Sole del 1682, ma non aveva preso in considerazione le conseguenze opposte in occasione della sua uscita dal sistema solare Per rimediare a questo fatto si richiedevano calcoli dettagliati e laboriosi, compito affrontato nel giugno 1757 a Parigi da AlexisClaude Clairaut (1713-1765) e da due suoi collaboratori Essi analizzarono dapprima l'orbita della cometa mentre usciva dal sistema solare dopo l'incontro del 1531, e su questa base ne «ripredissero» il ritorno nel 1607, confrontando poi la loro predizione con i dati storici registrati Poi analizzarono l'orbita della cometa in uscita nel 1607, «predicendone» similmente il ritorno del 1682 Imparando da questi quasi-esperimenti, predissero in modo analogo il prossimo ritorno: la cometa sarebbe passata intorno al Sole alla metà dell'aprile 1759, con un margine di incertezza di un mese Fu una buona previsione La cometa fu osservata per la prima volta la notte di Natale del 1758 da un astronomo dilettante nei dintorni di Dresda, mentre il primo astronomo di professione a osservarla fu il cercatore di comete parigino Charles Messier (1730-1817), quattro settimane dopo La cometa passò al perielio il 13 marzo I parametri dell'orbita della cometa furono molto simili a quelli delle comete del 1531, 1607 e 1682: era chiaro che erano altrettanti passaggi della stessa cometa La previsione di Halley si era dimostrata corretta, e il newtonianesimo aveva avuto il suo massimo trionfo pubblico Mentre stavano avendo luogo queste dimostrazioni pubbliche molto seguite dell'attrazione gravitazionale newtoniana, un gruppo ristretto di grandi matematici lavoravano a tavolino, esplorando le conseguenze dell'attrazione fra il Sole, i pianeti e i loro satelliti Per realizzare questo programma newtoniano arrivarono alla metà del Settecento un gruppo straordinario di talenti: Jean le Rond d'Alembert (1717-1783), che prese il nome dalla chiesa parigina sui cui gradini era stato esposto neonato, e che in seguito dedicò tutta la sua esistenza alla matematica, vivendo a Parigi di una rendita lasciatagli dal suo padre naturale Lo svizzero Leonardo Eulero (1707- 1783), che attratto a San Pietroburgo dalle lusinghe di Caterina II la Grande, e poi a Berlino da Federico II il Grande, tornò infine nella città russa, dove morì Il torinese Joseph-Louis Lagrange (1736-1813), che fu convinto a stabilirsi prima a Berlino e poi a Parigi Gli ultimi decenni del Settecento e i primi dell'Ottocento sarebbero stati dominati da Pierre Simon de Laplace (1749-1827), che sopravvisse alla Rivoluzione francese e fu infine creato marchese Alla metà del Settecento la «meccanica celeste» fondata su princìpi newtoniani aveva registrato molti successi In particolare, le nuove tavole solari e lunari tenevano conto delle perturbazioni, ed erano molto più esatte delle tavole che sostituivano Rimanevano però due anomalie sconcertanti: un'apparente accelerazione di Giove e decelerazione di Saturno, note dal tempo di Tycho Brahe, e un'apparente accelerazione della Luna, che come aveva mostrato Halley era in corso dall'Antichità in poi Queste tendenze avevano implicazioni profonde: se fossero continuate indefinitamente il sistema solare era condannato a cambiare drasticamente, e forse a perire Eulero, Lagrange e Laplace distinsero fra due tipi di variazioni nei moti dei pianeti: «periodiche» e «secolari» Le variazioni periodiche erano viste come oscillazioni in longitudine, latitudine e distanza dal corpo centrale, che venivano corrette in tempi relativamente brevi Le variazioni secolari erano invece mutamenti a lungo termine: esse influivano sulla forma e sull'orientamento dell'orbita: sulla sua eccentricità, sulla posizione dell'asse dell'ellisse, sull'inclinazione del piano orbitale rispetto all'eclittica, sulla posizione della linea dei nodi (i punti in cui l'orbita intersecava l'eclittica) e forse anche sulla distanza media dal Sole Lagrange e Laplace riuscirono invece a dimostrare che tutte le oscillazioni potevano essere considerate periodiche e dovute alle perturbazioni reciproche dei pianeti In altre parole il quadro del sistema solare vedeva i cui moti interni e i parametri geometrici erano soggetti solo a oscillazioni minori sui loro valori medi Laplace credeva in effetti di avere dimostrato che il sistema solare era un sistema stabile, dotato di un'autoregolazione simile sotto questo aspetto a quella della natura vivente Laplace descrisse questo quadro di un sistema solare stabile in una brillante opera divulgativa, L’Exposition du système du monde, che apparve nel 1796 Ma fece anche dell'altro: tentò di spiegare come tale sistema potesse avere avuto origine Poteva esserci stata, ai primissimi inizi del sistema solare, una gigantesca nebulosa o un vortice rotante intorno al Sole, e i pianeti e i loro satelliti potevano essersi condensati da questa materia turbinante e dalle miriadi di particelle che si attraevano reciprocamente Questa supposizione spiegava come mai tutti i pianeti e i satelliti allora noti orbitassero intorno al Sole nella stessa direzione, da ovest verso est, e quasi nello stesso piano Ammessa questa spiegazione, le oscillazioni ben bilanciate nei moti del sistema solare sarebbero la conseguenza di relazioni spaziali persistite dalle origini caotiche del sistema L'ipotesi che il vuoto contenesse (o avesse contenuto) un pianeta «mancante» fu incoraggiata da una relazione aritmetica che emerse nel Settecento Nell'opera Astronomiae physicae & geometricae dementa del 1702, David Gregory (1659-1708) notò che i raggi delle orbite planetarie erano grosso modo proporzionali ai numeri 4, 7, 10, 15, 52, 95 Il divulgatore filosofico tedesco Christian Wolff ripubblicò queste cifre in un'opera che pervenne all'attenzione di Johann Daniel Tietz (più noto come Titius, 1729-1796), professore di fisica all'Università di Wittenberg Nel 1766 lo stesso Titius tradusse in tedesco la Contemplation de la nature del naturalista francese Charles Bonnet, nel testo del quale interpolò un paragrafo in cui, cambiando il 15 di Gregory in 16 e il 95 in 100, presentò la sequenza nella forma : 4, 4+3, 4+6, 4+12, 4+48 e 4+96 Nessuno dei pianeti noti corrispondeva al termine mancante nella sequenza, 4+24 Nel 1772 una copia della seconda edizione della traduzione tedesca capitò sotto gli occhi del giovane astronomo Johann Elert Bode (1747-1826), che stava dando gli ultimi ritocchi a una nuova edizione della sua fortunata introduzione all'astronomia Bode fu affascinato dalla relazione e concordò sulle osservazioni concernenti l'inopportunità di quel vuoto: «Si può credere che il Creatore dell'universo abbia lasciato vuota questa posizione? Certamente no!» Bode si convinse che nello spazio apparentemente vuoto fra Marte e Giove dovesse celarsi un pianeta primario non ancora scoperto, a circa 4 + 24 unità dal Sole L'inclusione della relazione nel libro di Bode le garantì una vasta pubblicità, e nel 1781 essa ricevette un impulso sensazionale e del tutto inatteso quando Wilhelm Herschel (17381822), organista nato a Hannover ma trasferitosi nella stazione termale inglese di Bath, divenne la prima persona nella storia a scoprire un pianeta Quando si imbatté in Urano non stava cercando un pianeta; astronomo dilettante autodidatta, non era neppure al corrente dell'esistenza di congetture su pianeti «mancanti» Egli era interessato particolarmente alle stelle, non al sistema solare, e a quell'epoca stava usando un telescopio a riflessione che si era costruito da sé per familiarizzarsi con le stelle più luminose, che stava esaminando una a una Il 13 marzo 1781 la sua esplorazione sistematica del cielo lo condusse nella costellazione dei Gemelli: qui si imbatté in un oggetto che astronomi di professione avevano poco prima scambiato per una stella Era, come notò nel suo diario, «un oggetto curioso, o una stella nebulosa o forse una cometa» Se apparteneva al sistema solare, poteva darsi che si muovesse in modo percettibile contro le stelle dello sfondo Herschel tornò perciò sull'oggetto quattro giorni dopo, e vide che i suoi sospetti erano giustificati, poiché l'oggetto si era mosso: poiché non era uno dei pianeti noti, suppose che dovesse essere una cometa Un amico che aveva conoscenze scientifiche importanti informò dell'avvistamento l'astronomo reale Nevil Maskelyne e il professore di astronomia a Oxford Thomas Hornsby Pur osservando con strumenti di livello professionale, nessuno dei due riuscì a vedere alcun oggetto insolito in quella regione del cielo, e trascorse un po' di tempo prima che essi potessero identificare la «cometa» di Herschel Risultò che essa era invece un pianeta, il primo scoperto dagli albori della storia Si trovò - sorprendentemente - che l'orbita di Urano corrispondeva bene al termine successivo nella sequenza di Bode: 4 + 192 = 196 L'astronomo di corte a Gotha, il barone Franz Xaver von Zach (17541832), divenne ora un convinto assertore della relazione aritmetica, e nel 1787 intraprese la ricerca di un pianeta nel vuoto Marte-Giove, ma senza successo Il 21 settembre 1800 Zach si incontrò con altri cinque astronomi a Lilienthal Essi decisero di assicurarsi la cooperazione dei principali astronomi di tutt'Europa per formare un gruppo di ventiquattro «poliziotti del cielo», a ognuno dei quali sarebbe stata assegnata una parte dello zodiaco, col compito di mantenere una costante vigilanza sugli estranei eventualmente presenti nel suo distretto I loro piani furono superati dagli eventi Uno dei membri da cooptare doveva essere il valtellinese Giuseppe Piazzi (1746-1826), direttore dell'Osservatorio di Palermo, l'osservatorio europeo più a sud Nel corso di un soggiorno a GreenwichLondra negli anni Ottanta, Piazzi aveva convinto il famoso costruttore di strumenti Jesse Ramsden a realizzare per lui un superbo cerchio altazimutale di un metro e mezzo di nuova concezione, e non gli aveva dato requie finché il lavoro non era stato portato a termine Alla svolta del secolo Piazzi era impegnato a usare il cerchio verticale per compilare un nuovo grande catalogo stellare, di precisione superiore a quella di tutti i cataloghi precedenti Il 1 gennaio 1801 Piazzi, ancora all'oscuro del compito che stava per essergli assegnato dagli astronomi di Lilienthal, era al lavoro come al solito sul suo catalogo Misurò la posizione della stella zodiacale n. 87 del catalogo di Nicolas-Louis de Lacaille, e colse l'opportunità di misurare una (presunta) stella di magnitudine 8 circa che la precedeva Il suo accurato metodo di lavoro comportava che egli rimisurasse le sue posizioni in una notte successiva; e quando lo fece trovò che la «stella» di ottava grandezza sembrava essersi mossa, movimento di cui egli poté trovare conferma le notti seguenti: non era perciò una stella, bensì un corpo appartenente al sistema solare Nell'intero mese di gennaio 1801 Piazzi continuò a osservare il nuovo oggetto del sistema solare da lui scoperto ogni volta che le condizioni meteorologiche lo permettevano, e il 24 scrisse a Bode e ad altri annunciando la sua scoperta. Nella lettera a Bode parlò solo del ritrovamento di una cometa, mentre in una all'amico Barnaba Oriani, dell'Osservatorio milanese di Brera, confidò che: «il non essere essa accompagnata da alcuna nebulosità e più il suo moto così lento e uniforme, mi ha fatto più volte cadere nell'animo che forse possa essere qualche cosa di meglio di una cometa» Alla metà di febbraio l'oggetto era troppo vicino al Sole per continuare a essere visibile, cosicché Piazzi cominciò a investigarne l'orbita sulla base delle ventiquattro osservazioni che era riuscito a fare Una malattia impedì a Piazzi di fare altri progressi nell'analisi matematica delle sue osservazioni, cosicché nel mese di aprile egli inviò i suoi dati a Oriani a Milano, a Bode a Berlino e a Lalande a Parigi, affidando in tal modo il problema alla comunità astronomica europea Per fortuna era emerso un brillante nuovo talento matematico nella persona di Cari Friedrich Gauss (1777-1855); entro novembre Gauss escogitò un metodo che gli permise di calcolare le caratteristiche dell'orbita Sulla base di queste informazioni, Zach iniziò la ricerca del pianeta perduto, che trovò l'ultima notte dell'anno, esattamente nella posizione predetta da Gauss L'oggetto, chiamato da Piazzi Cerere, in onore della dea protettrice della Sicilia, risultò trovarsi press'a poco alla distanza predetta dalla «legge» di Bode, e dapprima parve non ci fosse ragione di dubitare del fatto che, come Urano, dovesse essere un vero pianeta Herschel trovò però, con grande sorpresa, di non riuscire a scorgere il disco del pianeta, neppure col suo grande telescopio Pensò perciò che il pianeta dovesse essere ancora più piccolo della Luna Peggio ancora, in marzo H.W.M. Olbers trovò un altro corpo mobile, che chiamò Pallade. Herschel misurò anche il suo diametro, e pensò che dovesse essere inferiore a 300 chilometri Era chiaro che Pallade non era un pianeta Come termine descrittivo di questa nuova specie di corpo celeste, Herschel propose la parola «asteroide» Entro il 1891 furono scoperti più di 300 asteroidi, e la frequenza delle scoperte aumentò di molto con l'uso della fotografia Max Wolf a Heidelberg fotografò un grande campo stellare con un'esposizione di varie ore Poiché il suo telescopio seguiva esattamente la rotazione del cielo, sulla fotografia le stelle apparivano come immagini puntiformi, mentre gli asteroidi tradivano la loro identità attraverso piccoli tratti luminosi causati dalla distanza percorsa durante l'esposizione Herschel aveva scoperto il pianeta Urano, e Piazzi il pianetino Cerere, imbattendosi in essi in modo inatteso mentre erano impegnati in studi sulle stelle Poco dopo la scoperta di Urano nel 1781, Bode trovò che la posizione del pianeta era già stata registrata da Tobias Mayer nel 1756, e addirittura da John Flamsteed nel 1690, che lo avevano scambiato entrambi per una stella Queste osservazioni aggiuntive permisero all'amico di Bode Placidus Fixlmillner e ad altri di determinare i parametri dell'orbita di Urano e di calcolare tavole delle sue posizioni future Ben presto il pianeta cominciò però a deviare dall'orbita prevista La situazione migliorò nel 1790, quando l'astronomo matematico francese Jean- Baptiste-Joseph Delambre (1749-1822) pubblicò tavole che sembravano corrispondere abbastanza bene alle osservazioni, ma fra il 1820 e il 1840 la teoria dell'orbita di Urano riprese a discordare dalle osservazioni Nel 1845 i moti di Urano furono esaminati da un astronomo che conosceva meglio di ogni altro le tecniche della meccanica newtoniana: Urbain-Jean- Joseph Le Verrier (1811-1877), dell'Osservatorio di Parigi Egli presentò una prima comunicazione sull'argomento all'Académie des Sciences di Parigi nel novembre di quell'anno, e una copia di essa pervenne ben presto all'astronomo reale a Greenwich, George Biddell Airy (1801-1892) Nel giugno dell'anno seguente Le Verrier presentò la seconda comunicazione, nella quale fece l'ipotesi che il pianeta ignoto occupasse il posto successivo nella sequenza della «legge» di Bode, concludendo infine che il pianeta, visto dal Sole, doveva trovarsi allora a pochi gradi dalla longitudine di 325° All'insaputa di Le Verrier, stava lavorando sullo stesso problema un giovane laureato di Cambridge, John Couch Adams (1819-1892) Anche lui aveva supposto che il pianeta obbedisse alla «legge» di Bode, ed era arrivato a una soluzione approssimata per la posizione del pianeta nell'ottobre 1843 Distratto da compiti d'insegnamento, non derivò un risultato più preciso fino al settembre 1845, quando calcolò che la longitudine eliocentrica del pianeta il 1 ottobre doveva essere di 323° 34‘ Fornito di una lettera di presentazione del professore di astronomia a Cambridge James Challis (1803-1882), Adams fece visita ad Airy per presentargli la sua analisi, ma a causa di una serie di incidenti non riuscì a parlare con lui Gli lasciò tuttavia un compendio dei suoi risultati L'arrivo, l'estate seguente, della comunicazione di Le Verrier, con la sua predizione quasi identica della longitudine eliocentrica, stimolò Airy all'azione A suo giudizio la ricerca di un pianeta non ancora scoperto non era compito dell'Osservatorio Reale, che era finanziato con fondi pubblici, ma egli convinse Challis a fare una ricerca a Cambridge, cosa che egli fece Purtroppo Challis non disponeva di carte abbastanza precise di quella regione del cielo L'unico modo in cui poteva identificare un pianeta - un visitatore temporaneo di quell'area - consisteva quindi nell'osservare la regione in varie occasioni, per vedere se nel frattempo qualcuna di quelle «stelle» si fosse spostata Fu un lavoro che Challis affrontò senza alcun senso d'urgenza Questo scarso impegno costò ad Adams la priorità Nel frattempo Le Verrier aveva infatti convinto a compiere una ricerca gli astronomi dell'Osservatorio di Berlino, i quali disponevano di una risorsa importante: il foglio del nuovo Atlante stellare dell'Accademia di Berlino - non ancora distribuito - della regione in oggetto Pochi minuti dopo l'inizio della loro ricerca, il 23 settembre 1846, gli osservatori berlinesi, capitanati da Johann Gottfried Galle, si imbatterono in una «stella» che non era presente sul foglio Era il pianeta mancante La scoperta di Nettuno, nel 1846, fu l'ultimo trionfo della meccanica newtoniana: due astronomi matematici, seduti a tavolino, erano risaliti col calcolo dagli effetti - le deviazioni di Urano dall'orbita predetta - alla causa, e avevano predetto dove doveva trovarsi il colpevole, un pianeta la cui esistenza nessuno aveva fino allora mai sospettato