Scopazzi del melo possibile trasmissione per via radicale (PDF

FRUTTICOLTURA/DIFESA
Ipotesi fondata su osservazioni di campo e prove di serra
TERRA TRENTINA
Scopazzi del melo
possibile trasmissione
per via radicale
12
INTRODUZIONE E BREVI
CENNI STORICI
Negli ultimi decenni, molte realtà produttive mondiali hanno
iniziato a segnalare una serie di
anomalie vegetative provocate da
piccoli organismi simili a batteri
conosciuti come fitoplasmi.
In particolare, la malattia degli
scopazzi del melo (Apple Proliferation) risulta essere associata al fitoplasma “Candidatus
Phytoplasma mali” (Seemuller &
Schneider, 2004). Questa malattia
era già nota come curiosità sin
dagli anni ’50, attualmente però
viene segnalata in tutte le aree
frutticole europee con una intensità più o meno rilevante.
In Trentino le più recenti manifestazioni della malattia risalgono
alla metà degli anni ’90 e in un primo momento essa colpiva sporadici appezzamenti o singole piante o persino, branche isolate della
pianta. A partire dal 1998 tuttavia,
la malattia ha assunto i caratteri di
una vera epidemia riscontrabile
tipicamente su impianti adulti, e
successivamente anche su appezzamenti di media e giovane età.
Sin dal 1994, presso il nostro Istituto, la dottoressa M. Elisabetta
Vindimian e il suo gruppo di lavoro, avevano iniziato ad occuparsi
degli scopazzi del melo affrontando la problematica su più aspetti,
sia scientifici, sia pratici: dalle vie
Gli aspetti fondamentali sono stati dimostrati,
ma si rendono necessarie ulteriori verifiche
e conferme per meglio definire i tempi di
formazione delle anastomosi radicali e quanto
possano incidere sulla loro comparsa la
tipologia di terreno e le distanze di impianto
L. Mattedi, A.M. Ciccotti, P.L. Bianchedi, P. Bragagna,
M. Deromedi, M. Filippi, F. Forno, F. Pedrazzoli
Centro Sperimentale
Fondazione Edmund Mach – Istituto Agrario di S. Michele all’Adige
di trasmissione all’espressione dei
sintomi, dalla diagnosi di laboratorio ai monitoraggi nei vivai, dalle
prime indagini sulla distribuzione
del fitoplasma nella pianta a qualche studio di fisiologia, dalla gestione della problematica in pieno campo (pur in totale assenza
di metodi curativi) alla ricerca di
soluzioni di lungo periodo, come
lo studio e la caratterizzazione di
portinnesti resistenti.
Dal 2000 l’Istituto Agrario di San
Michele, con i diversi dipartimenti del Centro Sperimentale (PDP,
VPR, BGM e CAT) e il coinvolgimento di altri istituti tedeschi
come l’Institute for Plant Research AlPlanta di Neustadt e il Julius
Kuehn Institute (JKI), Federal Research Centre for Cultivated Plants di Dossenheim, è operativo in
specifici progetti di ricerca, SMAP
e SMAP 2, con la finalità di approfondire le conoscenze di questa
patologia ed individuarne i possibili rimedi per contenerla.
Prove sperimentali condotte in
condizioni controllate di serra consentirono di individuare, nel 1997,
Cacopsylla picta quale vettore più
attivo ed efficiente (14 piante infette sulle 400 utilizzate in otto
anni di prove di trasmissione), rispetto a Cacopsylla melanoneura
(una sola pianta infetta sulle 300
utilizzate) (Frisinghelli et al, 2000).
In seguito a queste incoraggianti
esperienze si passò a verificare la
possibilità di altre vie di trasmissione. L’epidemia di scopazzi infatti,
si era diffusa contemporaneamente anche in realtà produttive ove il
principale vettore Cacopsilla picta
era riscontrabile in densità praticamente irrilevanti.
anche con una possibile presenza di anastomosi radicale. È noto
infatti che le malattie fitoplasmatiche possono diffondersi non solo
tramite insetti vettori, ma anche
attraverso propagazione vegetativa e innesti e tra questi anche
le anastomosi radicali potevano
assumere, come poi vedremo, un
ruolo importante.
Quando verso la fine degli anni
’90 si iniziò a parlare di questa
possibilità, accanto ad una curiosità e ad un interesse crescente non
mancarono, in ambito scientifico,
forti perplessità. Nacque dunque
la necessità di una verifica sperimentale per dimostrare che le
anastomosi radicali fra piante della stessa specie potessero essere
possibili e presenti, ma anche che
tramite esse i fitoplasmi fossero in
grado di trasferirsi da una pianta
all’altra rendendo così possibile la
diffusione della malattia.
Le tappe che si sono dunque succedute nello svolgersi dell’ attività
di ricerca possono essere così individuate:
• Preliminari esperienze in cam-
•
•
•
•
•
Figura 1 – Il controllo della distribuzione delle piante sintomatiche
in un frutteto adulto (anno d’impianto 1990) di Golden Delicious su
M111 a Cunevo, in Valle di Non, nel 2003 e 2004 ha evidenziato
la loro disposizione tipicamente a focolai in successione. Nel 2003 il
52,1% delle piante colpite erano in successione e nel 2004 l’88,2%
po con utilizzo dell’erbicida
glyphosate (un erbicida che si
sposta per via floematica) per
documentare la presenza di
ponti radicali su piante adulte
innestate su portinnesti vigorosi (M11, MM106, M7, Franco).
Ricerca diretta in campo di
contatti radicali a seguito di
scavi per espianto in frutteti
di piante madri e in appezzamenti con portinnesti deboli
(M26 e M9).
Prove scientifiche in ambiente
controllato al fine di dimostrare la trasmissione di Candidatus Phytoplasma mali attraverso anastomosi radicale.
Verifica della trasmissione di
Candidatus Phytoplasma mali
attraverso contatti radicali naturali in campo (Royal Gala su
M 9, del 1995) tramite l’utilizzo
di glyphosate e conferma della presenza del fitoplasma con
diagnosi di laboratorio (PCR).
Prime osservazioni in campo
sulla possibilità che si possano
originare, in situazioni di rinnovo, anastomosi fra vecchie
radici ancora vitali e le nuove
piante.
Indagini preliminari per valutare, sempre in pieno campo,
quando possano iniziare le
anastomosi radicali.
USO DI GLYPHOSATE
IN VECCHI IMPIANTI
A partire dal 1999 si iniziarono
diverse esperienze in campo che
prevedevano la capitozzatura di
vecchie piante su Franco o altri
portinnesti vigorosi (spesso di età
superiore ai 30 anni) ad un’altezza
di 50-60 cm e successiva pennellatura di tutta la sezione ottenuta
con glyphosate puro (glyphosate è un erbicida che si sposta
esclusivamente per via floematica). Tale operazione fu condotta
in autunno, nel momento in cui
massima è l’attività di traslocazione della linfa elaborata verso le
TERRA TRENTINA
Nacque così la curiosità di allargare le conoscenze nei confronti di
altri fitofagi, succhiatori anch’essi nei vasi floematici della pianta, quali gli afidi (cenerognolo,
verde, galle rosse, lanigero) e le
cicaline (Empoasca), per verificare se potessero avere un ruolo
importante nel trasmettere il fitoplasma da una pianta infetta ad
una sana. A tutt’oggi tale quesito
rimane aperto in quanto, pur risultando questi insetti positivi alla
analisi PCR, le prove di trasmissione condotte in questi anni non
ne hanno mai evidenziato alcuna
capacità vettrice.
Un altro aspetto curioso era stato
messo in evidenza a seguito della
attività di monitoraggio, iniziata
ancora a partire dal 1994, e cioè
il fatto che all’interno di molti appezzamenti la distribuzione spaziale delle piante sintomatiche
avvenisse creando tipici focolai
con piante disposte in successione a se stesse (figura 1). Tale
fenomeno poteva essere spiegabile non solo con il passaggio del
vettore da una pianta all’altra, ma
13
DIFESA/FRUTTICOLTURA
Figura 2 – Sintomi classici da assorbimento di
glyphosate, in seguito al trattamento della
pianta vicina. Non avendo subito trattamenti diretti,
è possibile che il passaggio dell’erbicida possa
essere avvenuto attraverso contatti radicali
TERRA TRENTINA
radici. Nella primavera successiva vennero quindi controllate le
eventuali piante vicine a quelle
trattate annotando la presenza sia
di piante morte, sia di piante con
sintomi più o meno evidenti di
glyphosate (figura 2).
Con sorpresa, tali sintomi furono
rilevati sia su piante adiacenti lungo lo stesso filare, sia su piante
più distanti localizzate nei filari di
fronte alle piante pennellate.
Tali risultati lasciarono dunque
ipotizzare l’esistenza di una estesa rete sotterranea di connessioni
radicali in grado di trasferire l’erbicida alle piante degli appezzamenti vicini, ma anche, nei casi
estremi, oltre le strade interpoderali (figura 3).
14
RICERCA DIRETTA IN
CAMPO DI PONTI RADICALI
Fu così che negli anni 2000 - 2003
furono condotte ulteriori ricerche
in campo mirate a documentare
la reale presenza di ponti radicali.
Nella primavera 2001, in occasione delle operazioni di espianto
presso i campi di piante madri
(in località Giaroni, a San Michele
all’Adige) e presso gli impianti di
M26 nell’azienda di Maso Maiano
a Cles, furono trovati diversi casi
Figura 3 – Pennellature del ceppo con gliphosate
nell’autunno del 1999 su un impianto con sesti
larghi (5 m x 2,5 m). Le piante che hanno mostrato
segni del diserbante non sono solo vicine alle
pennellate, ma anche sulla fila difronte
di anastomosi radicali (figura 4).
Per estrarli si rese indispensabile
uno scavo con una piccola pala,
ma anche un accurato lavoro manuale. Durante questi scavi è stato impressionante scoprire il complesso intreccio di radici e la vita
incredibile che pulsa sotto terra,
anche a notevoli profondità. Tuttavia le numerose ricerche fatte
anche su appezzamenti con portinnesti vigorosi non hanno mai
avuto molto successo probabilmente per la maggiore profondità
delle loro radici.
I ponti radicali prelevati durante
queste ricerche in campo furono
sottoposti, previo allestimento di
sezioni sottili, ad osservazioni al
microscopio le quali evidenziarono la perfetta connessione istologica tra radici di piante diverse.
Questa esperienza permise dunque di dimostrare, documentandola, l’ipotesi secondo la quale
le anastomosi radicali possono
formarsi in condizioni naturali di
campo. Con queste osservazioni inoltre, anche i risultati delle
esperienze con glyphosate acquisivano maggiore rilievo. Se infatti
l’erbicida si sposta tipicamente per
Figura 4 – Anastomosi radicali trovate in condizioni naturali di campo
via floematica, allora la sua applicazione su piante capitozzate e la
conseguente comparsa di sintomi
da erbicida più o meno gravi sulle
vicine, poteva essere un elemento
a favore della dimostrazione della
frequenza in natura di ponti radicali (Vindimian et al. 2002).
TRASMISSIONE DI
Candidatus Phytoplasma
mali CON PONTI RADICALI
INDOTTI IN CONDIZIONI
SPERIMENTALI
Verificata la possibilità di presenza delle anastomosi radicali,
fu attivata una nuova sperimentazione, condotta in condizioni
strettamente controllate, avente lo
scopo di dimostrare il passaggio
Figura 6 – Sono visibili i due astoni nello stesso
vaso e su quello di destra l’innesto per
approssimazione di una piantina infetta
del fitoplasma da pianta a pianta
attraverso tale via. Nel febbraio
2003 , 60 piante sane (astoni) di
Golden delicious furono trapiantate in coppia in vasi da 12 litri
ciascuno per un totale di 30 vasi.
Per favorire e garantire un contatto radicale permanente, due
radici, provenienti ciascuna da
una pianta, furono inserite in un
manicotto di plastica (1 cm di diametro e 5 cm di lunghezza) (figura 5). Nell’agosto dello stesso
anno ad una delle due piante di
ciascun vaso, si innestò, per approssimazione, una piantina di
melo micropropagata e infetta da
AP, quale pianta donatrice del fitoplasma (figura 6).
Durante tutta la sperimentazione
Figura 7 – Anastomosi radicale sotto il manicotto
(anastomosi indotta)
i vasi sono stati mantenuti in ambiente isolato e protetto da rete
antiafide contro ogni eventuale
esposizione a qualsiasi insetto
vettore.
Ogni autunno, a partire dal 2004
ad oggi, tutte le piante sono state accuratamente monitorate per
evidenziare eventuali sintomi di
scopazzi e analizzate tramite analisi molecolari (PCR) (Jarausch
et.al, 1994; Smart et al., 1996) per
confermare la presenza di Candidatus Phytoplasma mali.
Nel corso degli anni, in tutte le
situazioni in cui si è verificato
che dalla pianta donatrice (quella cioè innestata con la piantina
micropropagata infetta), l’infezione si era trasmessa a quella vicina
Figura 8 – Anastomosi naturale (“callosità”
a destra)
TERRA TRENTINA
Figura 5 – Manicotto di plastica utilizzato per
garantire un contatto radicale permanente
15
DIFESA/FRUTTICOLTURA
TERRA TRENTINA
Figura 9 – Sezione trasversale: sono visibili i cilindri
centrali delle due radici in stretta connessione tra loro
16
(recettrice), le piante sono state
estratte dal loro vaso, le radici
accuratamente lavate e ricercata
la zona in cui si era formata una
anastomosi radicale, sia a livello
del manicotto (anastomosi indotta
– figura 7), ma anche in altri punti
di unione naturale (figura 8).
Queste zone di connessione sono
state osservate al microscopio sia
in luce normale, che in fluorescenza per una analisi istologica
approfondita.
Con un particolare strumento
(criotomo) si sono allestite sezioni
sottili e con opportune colorazioni in grado di contrastare il tessuto legnoso da quello floematico,
si è potuta rilevare la presenza di
una reale continuità tra il tessuto
floematico della radice della pianta “donatrice” e il tessuto di quella
“recettrice” (figura 9 e figura 10).
Inoltre, sempre a livello dei tubi
cribrosi del floema è stata documentata in situ la presenza del fitoplasma tramite colorazione con
fluorocromo DAPI e una reazione
istologica di tipo immunologico,
quindi altamente specifica per il
fitoplasma AP (Loi et al., 2002)
(figura 11).
La prima manifestazione di sintomi di scopazzi a seguito di contatto radicale è stata osservata
nell’autunno 2004. L’anastomosi
radicale non era avvenuta a livel-
Figura 10 – Particolare della sezione in cui si nota
la continuità del tessuto floematico tra le due radici)
lo del manicotto artificiale, ma a
seguito di un contatto naturale.
Durante i quattro anni di osservazioni e analisi (2003–2007) il
numero di piante risultate infette è via via aumentato e ad oggi
sono risultate infette ben 7 piante
(29%) sulle 24 recettrici ancora viventi (tabella 1).
Le osservazioni e le analisi istologiche al microscopio hanno finora evidenziato 5 casi di anastomosi indotta sotto manicotto e 3 casi
di anastomosi naturale. In tutti i
casi si è inoltre riscontrata la presenza del fitoplasma nel tessuto
floematico.
PRIME OSSERVAZIONI DI
TRASMISSIONE di
Candidatus Phytoplasma
mali TRAMITE PONTI
RADICALI IN CONDIZIONI
NATURALI DI CAMPO
Preliminari esperienze avevano
consentito di collegare il trattamento con glyphosate su piante
sintomatiche capitozzate con la
comparsa di sintomi da erbicida
e il successivo rilievo di sintomi
di scopazzi, sempre sulle stesse
piante. Nell’autunno 2004, cinque
frutteti siti in zona a nord di Trento, furono destinati a queste osservazioni ed i rispettivi monitoraggi
Figura 11 – Fitoplasmi AP in floema osservati al microscopio con
tecnica della immunofluorescenza (40x)
N° piante infette sul totale
1/24
2/24
1/24
3/24
7/24
% di piante infette
4,2
8,4
4,2
12,5
29,1
Tabella 1 – Risultati delle prove di trasmissione attraverso anastomosi
radicali
lazione la capitozzatura di piante
sintomatiche, il loro trattamento
con glyphosate, il successivo monitoraggio primaverile delle piante
con sintomi da erbicida, il prelievo,
da queste ultime, di campioni per
verificare attraverso analisi PCR la
presenza o meno del fitoplasma
ed il relativo ceppo (in tal caso
AT2), da confrontare con quello
delle piante scopazzate e capitozzate ed infine il monitoraggio autunnale per osservare la presenza
di sintomi di AP. Le attuali tecniche
di analisi genetica hanno infatti
evidenziato la presenza in Trentino di ceppi diversi di fitoplasma
di cui il più diffuso è proprio AT2
(Cainelli et al.,2004). Il rilevamento dello stesso ceppo nelle piante
trattate con erbicida e nelle piante
con sintomi da scopazzi era un’ulteriore conferma della presenza di
trasmissione radicale.
vennero eseguiti in primavera ed
in autunno 2005. Per evitare interferenze, durante l’autunno 2004,
nei campi interessati non è stato
effettuato nessun altro diserbo
con glyphosate. Infatti in presenza di ricacci radicali investiti da
miscela del diserbante, è possibile
assistere nella primavera successiva, alla comparsa di sintomi di
tossicità da erbicida su parti della
pianta, confondibili con quelli dovuti al passaggio dell’erbicida via
anastomosi.
I risultati delle osservazioni sono
riportati nella tabella 2 dove si
evidenzia che la concomitanza
del sintomo erbicida e sintomo
scopazzi aveva un’incidenza variabile dal 26,3% al 91,7%.
Nell’autunno 2005 in un impianto di Royal Gala su M9 (1995) è
stata ripetuta una esperienza simile con lo scopo di mettere in re-
Azienda
Epoca
trattamento
Autunno 2005
N° piante con
sintomi di
glyphosate e
scopazzi
20
Novembre 2004
20 (100 %)
16 (80 %)
1982
28
Novembre 2004
19 (67,8 %)
5 (26,3 %)
1992
48
Novembre 2004
16 (33,3 %)
9 (56 %)
1992
68
Novembre 2004
23 (33,8 %)
11 (47,8 %)
1995
18
Novembre 2004
12 (66,7 %)
11 (91,7 %)
90 (49,5 %)
52 (57,8 %)
Anno
Impianto
1996
TOTALE
RINNOVI E PRESENZA
DI VECCHIE RADICI:
POSSIBILI ANASTOMOSI
Se dunque è realistica la possibilità che in normali situazioni di
campo si instaurino stretti legami
a livello delle radici, è ipotizzabile
che anche in situazioni di rinnovo
possano realizzarsi delle unioni
tra le radici delle giovani piante
ed eventuali vecchie radici, ancora vitali, residue dell’impianto
precedente
Da osservazioni preliminari di
campo eseguite nel corso del
2004 in molte zone frutticole del
Trentino si è visto che la presenza
di vecchie radici ancora vitali può
essere molto importante (tabella
4) e che tali radici possono mantenersi ancora vitali dopo 5 anni
Maggio 2005
N° piante con
sintomi di
glyphosate
(vicine alle trattate)
N° piante
pennellate
con
glyphosate
Azienda 1
Golden M9
Azienda 2
Golden M9
Azienda 3
Golden M9
Azienda 4
Golden M9
Azienda 5
Gala M9
I risultati di questa esperienza
sono riportati nella tabella 3 dove
si evidenzia che su 134 piante
sintomatiche capitozzate e trattate
con glyphosate, 84 hanno manifestato i tipici sintomi di fitotossicità da erbicida; di queste 48
(57%) sono risultate positive alla
PCR ( per il ceppo AT2, lo stesso
delle 134 piante scopazzate) e 10
(11,9%) hanno evidenziato anche
sintomi autunnali di scopazzi.
182
Tabella 2 – Relazione fra piante trattate con glyphosate, diffusione per anastomosi e presenza di sintomi di
scopazzi
TERRA TRENTINA
Anno
2004
2005
2006
2007
Totale
17
DIFESA/FRUTTICOLTURA
Novembre 2005
Primavera 2006
N° piante infette (AT2)
pennellate con glyphosate
N° piante con sintomi di
glyphosate
134
84/134
Settembre 2006
Ottobre 2006
N° piante positive alla PCR
N° piante con sintomi da AP
(AT2)
48/84 (57%)
10/84 (11,9%)
Tabella 3 – Risultati dell’esperienza di verifica della trasmissione di AP per contatti radicali in pieno campo
(impianto di Royal Gala del 1995 su M9 in località Piovi di Mezzocorona, autunno 2005)
TERRA TRENTINA
dal nuovo impianto. Da quattro
frutteti sono state raccolte radici
poi analizzate con test ELISA per
controllarne l’eventuale positività
ad AP ed in tutti i casi ne sono
state ritrovate di positive.
Ulteriori esperienze di campo
sono state eseguite per valutare la
possibilità che le piante del nuovo impianto potessero stabilire
anastomosi con le vecchie radici.
Per tale motivo, giovani piante di
due anni (Red Chief Spur su M26)
cresciute in prossimità di vecchie
radici ancora vitali, sono state ca-
18
pitozzate e pennellate con glyphosate: in due casi sui dieci analizzati si sono manifestati sintomi da
fitossicità a livello dei ricacci da
vecchie radici, dimostrando così
l’avvenuto contatto tra le radici
delle piante di nuovo impianto e
quelle residue (figure 12 e 13).
QUANDO INIZIANO
A FORMARSI I CONTATTI
RADICALI?
Confermata dunque la presenza
di anastomosi radicali e dimostrata la possibilità di trasmissione
del fitoplasma tramite esse, sorge spontanea anche la domanda:
“quando possono iniziare a formarsi i contatti tra le radici?”
Una nuova esperienza è stata pianificata per tentare di dare una
risposta : nel dicembre 2006, 15
piante di Granny Smith su M9,
coetanee e impiantate nello stesso anno (distanza sulla fila di 80
cm), sono state capitozzate a 5060 cm dal suolo e decorticate. In
ogni pianta capitozzata è stato
praticato con un trapano un foro
profondo circa 10 cm e nel foro è
Risultato test ELISA
Positivi/totale
controllati
Località e
anno impianto
Anno
impianto
Data
osservazione
N° ricacci da vecchie
radici (100 m filare)
Maso delle Part 7I
2004
dopo riposo di 3 anni
27-04-2004
0
Maso delle Part
7H
2004
27-04-2004
74
Piovi Istituto Spur
rosse
2003
02-05-2004
60
Piovi Istituto Gala
2004
02-05-2004
23-08-2004
46
52
Piovi privato
2004
05-05-2004
21
Piovi Istituto Fuji 4
2004
08-05-2004
2
Piovi privato
2004
08-05-2004
30
Piovi Istituto Fuji
2004
08-05-2004
8
Cunevo (loc. La
Santa)
2004
03-06-2004
21
Cunevo (loc. La
Santa)
2004
15-06-2004
Presenza diffusa
¼
Maso Maiano
(blocco 3 F)
2004
13-07-2004
89
1/10
Brez privato
Impianto 2004
2004
21-09-2004
10
2/6
Tabella 4 – Numero ricacci da vecchie radici dell’impianto precedente
1/10
stato inserito del glyphosate puro
(250 ml per pianta). L’operazione
è stata ripetuta nel gennaio 2007.
Durante la primavera un accurato
monitoraggio delle piante ha evidenziato, a livello delle piante attigue a quelle trattate, due piante
morte (di cui però è stato difficile
attribuire il decesso all’erbicida)
e due casi di piante con manifesti sintomi da glyphosate (figura
14).
Nelle condizioni in cui si è opera-
Figura 12 – Ricacci da vecchie radici vicini alle
piante di nuovo impianto.
to (terreni sabbiosi tenuti a riposo
per un anno prima dell’impianto),
è stato dunque documentato che
contatti radicali si possono instaurare già alla fine del primo anno
di impianto.
CONSIDERAZIONI
GENERALI
PER LA PRATICA
Questo approccio sperimentale
esteso alla problematica “anastomosi radicali e scopazzi del melo”
Figura 14 – Contatti radicali già alla fine del 1° anno di impianto.
La pianta capitozzata (al centro) è stata trattata con glyphosate
durante l’inverno. La pianta vicina (a sinistra) evidenzia classici
sintomi di gliphosate alla ripresa vegetativa (inizio 2° anno)
permette di formulare una serie
di considerazioni che sono così
riassunte:
• le anastomosi radicali fra melo
e melo esistono e sembrano
essere assai diffuse;
• l’utilizzo dell’erbicida glyphosate è un utile strumento per
evidenziare la presenza e la
frequenza dei contatti;
• i fitoplasmi responsabili della
malattia denominata “scopazzi
del melo” possono diffondersi
attraverso questi punti di naturale innesto radicale. Le prove
sperimentali hanno evidenziato un 29% di piante infette in 4
anni con questa via di trasmissione;
• le anastomosi radicali sono
possibili non solo fra una
pianta e l’altra, ma anche fra
le nuove piante di un frutteto
appena rinnovato e vecchie
radici vitali residue del vecchio impianto. Radici vecchie
sono state ritrovate ancora vitali nei frutteti fino a 5-6 anni
dall’espianto;
• quando viene programmato
un rinnovo, considerando che
nei nostri ambienti risulta improbabile il riposo del terreno
per uno o più anni, è fondamentale ripulire nel modo più
TERRA TRENTINA
Figura 13 – Ponte radicale che ha permesso, dopo la
capitozzatura e trattamento con glyphosate, il passaggio
del diserbante al ricaccio della vecchia radice
19
DIFESA/FRUTTICOLTURA
accurato possibile il terreno
da tutte le vecchie radici presenti;
• le anastomosi radicali possono interessare non solo i portinnesti vigorosi (Franco, M11,
M7, M106), ma anche i portinnesti deboli (M26 e M9);
• le anastomosi radicali possono
instaurarsi già dal primo anno
di impianto come osservato
in una esperienza preliminare
fatta su suolo sabbioso.
CONCLUSIONI
La problematica “anastomosi radicale” è una tematica ancora aperta: importanti passi sono stati fatti
e gli aspetti fondamentali sono
stati dimostrati, tuttavia rimangono da chiarire e da approfondire ancora molti aspetti. Ulteriori
verifiche e conferme si rendono
necessarie per meglio definire i
tempi di formazione delle anastomosi radicali e quanto l’influenza
della tipologia di terreno e il ruolo della distanza di impianto possano incidere nel favorire la loro
comparsa.
Comunque, le osservazioni di
campo e le sperimentazioni sin
qui condotte hanno sicuramente
aperto un nuovo interessante capitolo: nel caso del melo le malattie fitoplasmatiche, la cui diffusione normalmente viene attribuita,
con un ruolo predominante, agli
insetti vettori, possono diffondersi anche per anastomosi radicale.
RINGRAZIAMENTI
Alla Provincia Autonoma di Trento per il finanziamento delle diverse attività di ricerca.
Al collega tedesco Uwe Harzer
(DLR Rheinpfalz Neustadt/W) che
per primo, ancora nel 1994, aveva stimolato la nostra curiosità ad
indagare nel mondo delle anastomosi radicali.
A Mauro Varner ed Umberto Piva
della MEZZACORONA SCA per i
preziosi contributi e sostegni di
campo. Mauro Varner è anche
autore di diverse foto presenti nel
testo.
A Marino Gobber, tecnico del CAT
dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, Ufficio Viticolo, per i
Bibliografia
CAINELLI,C., BISOGNIN, C.,VINDIMIAN, M.E., GRANDO, S.
2004 – Genetic variability of AP phytoplasmas detected in the apple growing area of Trentino (North Italy)
XIX th IS on Fruit Tree Virus Diseases Ed.G. Llacer Acta
Hort. 657, ISHS 2004 : 425 – 430.
TERRA TRENTINA
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primi preziosi suggerimenti sulla
presenza importante di vecchie
radici vitali in nuovi reimpianti.
A Wolfgang Jarausch dell’Institute for Plant Research AlPlanta di
Neustadt, attuale coordinatore del
progetto SMAP II, per l’interesse
nello sviluppo di questa complessa tematica.
A Walther Waldner e Oesterreicher Josef del Centro di Consulenza dell’Alto Adige per i preziosi
suggerimenti nell’interpretazione
delle osservazioni di campo.
Ai diversi agricoltori per aver permesso numerose attività operative con glyphosate prima degli
espianti.
A Flavio Pinamonti, a Paolo Poletti e al personale dell’Azienda
dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige per la costante disponibilità nell’effettuazione di innumerevoli esperienze applicative
con glyphosate.
A M. Elisabetta Vindimian che
tanto si era prodigata per trovare
una risposta scientifica al quesito
“anastomosi radicali e scopazzi
del melo”.
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