FRUTTICOLTURA/DIFESA Ipotesi fondata su osservazioni di campo e prove di serra TERRA TRENTINA Scopazzi del melo possibile trasmissione per via radicale 12 INTRODUZIONE E BREVI CENNI STORICI Negli ultimi decenni, molte realtà produttive mondiali hanno iniziato a segnalare una serie di anomalie vegetative provocate da piccoli organismi simili a batteri conosciuti come fitoplasmi. In particolare, la malattia degli scopazzi del melo (Apple Proliferation) risulta essere associata al fitoplasma “Candidatus Phytoplasma mali” (Seemuller & Schneider, 2004). Questa malattia era già nota come curiosità sin dagli anni ’50, attualmente però viene segnalata in tutte le aree frutticole europee con una intensità più o meno rilevante. In Trentino le più recenti manifestazioni della malattia risalgono alla metà degli anni ’90 e in un primo momento essa colpiva sporadici appezzamenti o singole piante o persino, branche isolate della pianta. A partire dal 1998 tuttavia, la malattia ha assunto i caratteri di una vera epidemia riscontrabile tipicamente su impianti adulti, e successivamente anche su appezzamenti di media e giovane età. Sin dal 1994, presso il nostro Istituto, la dottoressa M. Elisabetta Vindimian e il suo gruppo di lavoro, avevano iniziato ad occuparsi degli scopazzi del melo affrontando la problematica su più aspetti, sia scientifici, sia pratici: dalle vie Gli aspetti fondamentali sono stati dimostrati, ma si rendono necessarie ulteriori verifiche e conferme per meglio definire i tempi di formazione delle anastomosi radicali e quanto possano incidere sulla loro comparsa la tipologia di terreno e le distanze di impianto L. Mattedi, A.M. Ciccotti, P.L. Bianchedi, P. Bragagna, M. Deromedi, M. Filippi, F. Forno, F. Pedrazzoli Centro Sperimentale Fondazione Edmund Mach – Istituto Agrario di S. Michele all’Adige di trasmissione all’espressione dei sintomi, dalla diagnosi di laboratorio ai monitoraggi nei vivai, dalle prime indagini sulla distribuzione del fitoplasma nella pianta a qualche studio di fisiologia, dalla gestione della problematica in pieno campo (pur in totale assenza di metodi curativi) alla ricerca di soluzioni di lungo periodo, come lo studio e la caratterizzazione di portinnesti resistenti. Dal 2000 l’Istituto Agrario di San Michele, con i diversi dipartimenti del Centro Sperimentale (PDP, VPR, BGM e CAT) e il coinvolgimento di altri istituti tedeschi come l’Institute for Plant Research AlPlanta di Neustadt e il Julius Kuehn Institute (JKI), Federal Research Centre for Cultivated Plants di Dossenheim, è operativo in specifici progetti di ricerca, SMAP e SMAP 2, con la finalità di approfondire le conoscenze di questa patologia ed individuarne i possibili rimedi per contenerla. Prove sperimentali condotte in condizioni controllate di serra consentirono di individuare, nel 1997, Cacopsylla picta quale vettore più attivo ed efficiente (14 piante infette sulle 400 utilizzate in otto anni di prove di trasmissione), rispetto a Cacopsylla melanoneura (una sola pianta infetta sulle 300 utilizzate) (Frisinghelli et al, 2000). In seguito a queste incoraggianti esperienze si passò a verificare la possibilità di altre vie di trasmissione. L’epidemia di scopazzi infatti, si era diffusa contemporaneamente anche in realtà produttive ove il principale vettore Cacopsilla picta era riscontrabile in densità praticamente irrilevanti. anche con una possibile presenza di anastomosi radicale. È noto infatti che le malattie fitoplasmatiche possono diffondersi non solo tramite insetti vettori, ma anche attraverso propagazione vegetativa e innesti e tra questi anche le anastomosi radicali potevano assumere, come poi vedremo, un ruolo importante. Quando verso la fine degli anni ’90 si iniziò a parlare di questa possibilità, accanto ad una curiosità e ad un interesse crescente non mancarono, in ambito scientifico, forti perplessità. Nacque dunque la necessità di una verifica sperimentale per dimostrare che le anastomosi radicali fra piante della stessa specie potessero essere possibili e presenti, ma anche che tramite esse i fitoplasmi fossero in grado di trasferirsi da una pianta all’altra rendendo così possibile la diffusione della malattia. Le tappe che si sono dunque succedute nello svolgersi dell’ attività di ricerca possono essere così individuate: • Preliminari esperienze in cam- • • • • • Figura 1 – Il controllo della distribuzione delle piante sintomatiche in un frutteto adulto (anno d’impianto 1990) di Golden Delicious su M111 a Cunevo, in Valle di Non, nel 2003 e 2004 ha evidenziato la loro disposizione tipicamente a focolai in successione. Nel 2003 il 52,1% delle piante colpite erano in successione e nel 2004 l’88,2% po con utilizzo dell’erbicida glyphosate (un erbicida che si sposta per via floematica) per documentare la presenza di ponti radicali su piante adulte innestate su portinnesti vigorosi (M11, MM106, M7, Franco). Ricerca diretta in campo di contatti radicali a seguito di scavi per espianto in frutteti di piante madri e in appezzamenti con portinnesti deboli (M26 e M9). Prove scientifiche in ambiente controllato al fine di dimostrare la trasmissione di Candidatus Phytoplasma mali attraverso anastomosi radicale. Verifica della trasmissione di Candidatus Phytoplasma mali attraverso contatti radicali naturali in campo (Royal Gala su M 9, del 1995) tramite l’utilizzo di glyphosate e conferma della presenza del fitoplasma con diagnosi di laboratorio (PCR). Prime osservazioni in campo sulla possibilità che si possano originare, in situazioni di rinnovo, anastomosi fra vecchie radici ancora vitali e le nuove piante. Indagini preliminari per valutare, sempre in pieno campo, quando possano iniziare le anastomosi radicali. USO DI GLYPHOSATE IN VECCHI IMPIANTI A partire dal 1999 si iniziarono diverse esperienze in campo che prevedevano la capitozzatura di vecchie piante su Franco o altri portinnesti vigorosi (spesso di età superiore ai 30 anni) ad un’altezza di 50-60 cm e successiva pennellatura di tutta la sezione ottenuta con glyphosate puro (glyphosate è un erbicida che si sposta esclusivamente per via floematica). Tale operazione fu condotta in autunno, nel momento in cui massima è l’attività di traslocazione della linfa elaborata verso le TERRA TRENTINA Nacque così la curiosità di allargare le conoscenze nei confronti di altri fitofagi, succhiatori anch’essi nei vasi floematici della pianta, quali gli afidi (cenerognolo, verde, galle rosse, lanigero) e le cicaline (Empoasca), per verificare se potessero avere un ruolo importante nel trasmettere il fitoplasma da una pianta infetta ad una sana. A tutt’oggi tale quesito rimane aperto in quanto, pur risultando questi insetti positivi alla analisi PCR, le prove di trasmissione condotte in questi anni non ne hanno mai evidenziato alcuna capacità vettrice. Un altro aspetto curioso era stato messo in evidenza a seguito della attività di monitoraggio, iniziata ancora a partire dal 1994, e cioè il fatto che all’interno di molti appezzamenti la distribuzione spaziale delle piante sintomatiche avvenisse creando tipici focolai con piante disposte in successione a se stesse (figura 1). Tale fenomeno poteva essere spiegabile non solo con il passaggio del vettore da una pianta all’altra, ma 13 DIFESA/FRUTTICOLTURA Figura 2 – Sintomi classici da assorbimento di glyphosate, in seguito al trattamento della pianta vicina. Non avendo subito trattamenti diretti, è possibile che il passaggio dell’erbicida possa essere avvenuto attraverso contatti radicali TERRA TRENTINA radici. Nella primavera successiva vennero quindi controllate le eventuali piante vicine a quelle trattate annotando la presenza sia di piante morte, sia di piante con sintomi più o meno evidenti di glyphosate (figura 2). Con sorpresa, tali sintomi furono rilevati sia su piante adiacenti lungo lo stesso filare, sia su piante più distanti localizzate nei filari di fronte alle piante pennellate. Tali risultati lasciarono dunque ipotizzare l’esistenza di una estesa rete sotterranea di connessioni radicali in grado di trasferire l’erbicida alle piante degli appezzamenti vicini, ma anche, nei casi estremi, oltre le strade interpoderali (figura 3). 14 RICERCA DIRETTA IN CAMPO DI PONTI RADICALI Fu così che negli anni 2000 - 2003 furono condotte ulteriori ricerche in campo mirate a documentare la reale presenza di ponti radicali. Nella primavera 2001, in occasione delle operazioni di espianto presso i campi di piante madri (in località Giaroni, a San Michele all’Adige) e presso gli impianti di M26 nell’azienda di Maso Maiano a Cles, furono trovati diversi casi Figura 3 – Pennellature del ceppo con gliphosate nell’autunno del 1999 su un impianto con sesti larghi (5 m x 2,5 m). Le piante che hanno mostrato segni del diserbante non sono solo vicine alle pennellate, ma anche sulla fila difronte di anastomosi radicali (figura 4). Per estrarli si rese indispensabile uno scavo con una piccola pala, ma anche un accurato lavoro manuale. Durante questi scavi è stato impressionante scoprire il complesso intreccio di radici e la vita incredibile che pulsa sotto terra, anche a notevoli profondità. Tuttavia le numerose ricerche fatte anche su appezzamenti con portinnesti vigorosi non hanno mai avuto molto successo probabilmente per la maggiore profondità delle loro radici. I ponti radicali prelevati durante queste ricerche in campo furono sottoposti, previo allestimento di sezioni sottili, ad osservazioni al microscopio le quali evidenziarono la perfetta connessione istologica tra radici di piante diverse. Questa esperienza permise dunque di dimostrare, documentandola, l’ipotesi secondo la quale le anastomosi radicali possono formarsi in condizioni naturali di campo. Con queste osservazioni inoltre, anche i risultati delle esperienze con glyphosate acquisivano maggiore rilievo. Se infatti l’erbicida si sposta tipicamente per Figura 4 – Anastomosi radicali trovate in condizioni naturali di campo via floematica, allora la sua applicazione su piante capitozzate e la conseguente comparsa di sintomi da erbicida più o meno gravi sulle vicine, poteva essere un elemento a favore della dimostrazione della frequenza in natura di ponti radicali (Vindimian et al. 2002). TRASMISSIONE DI Candidatus Phytoplasma mali CON PONTI RADICALI INDOTTI IN CONDIZIONI SPERIMENTALI Verificata la possibilità di presenza delle anastomosi radicali, fu attivata una nuova sperimentazione, condotta in condizioni strettamente controllate, avente lo scopo di dimostrare il passaggio Figura 6 – Sono visibili i due astoni nello stesso vaso e su quello di destra l’innesto per approssimazione di una piantina infetta del fitoplasma da pianta a pianta attraverso tale via. Nel febbraio 2003 , 60 piante sane (astoni) di Golden delicious furono trapiantate in coppia in vasi da 12 litri ciascuno per un totale di 30 vasi. Per favorire e garantire un contatto radicale permanente, due radici, provenienti ciascuna da una pianta, furono inserite in un manicotto di plastica (1 cm di diametro e 5 cm di lunghezza) (figura 5). Nell’agosto dello stesso anno ad una delle due piante di ciascun vaso, si innestò, per approssimazione, una piantina di melo micropropagata e infetta da AP, quale pianta donatrice del fitoplasma (figura 6). Durante tutta la sperimentazione Figura 7 – Anastomosi radicale sotto il manicotto (anastomosi indotta) i vasi sono stati mantenuti in ambiente isolato e protetto da rete antiafide contro ogni eventuale esposizione a qualsiasi insetto vettore. Ogni autunno, a partire dal 2004 ad oggi, tutte le piante sono state accuratamente monitorate per evidenziare eventuali sintomi di scopazzi e analizzate tramite analisi molecolari (PCR) (Jarausch et.al, 1994; Smart et al., 1996) per confermare la presenza di Candidatus Phytoplasma mali. Nel corso degli anni, in tutte le situazioni in cui si è verificato che dalla pianta donatrice (quella cioè innestata con la piantina micropropagata infetta), l’infezione si era trasmessa a quella vicina Figura 8 – Anastomosi naturale (“callosità” a destra) TERRA TRENTINA Figura 5 – Manicotto di plastica utilizzato per garantire un contatto radicale permanente 15 DIFESA/FRUTTICOLTURA TERRA TRENTINA Figura 9 – Sezione trasversale: sono visibili i cilindri centrali delle due radici in stretta connessione tra loro 16 (recettrice), le piante sono state estratte dal loro vaso, le radici accuratamente lavate e ricercata la zona in cui si era formata una anastomosi radicale, sia a livello del manicotto (anastomosi indotta – figura 7), ma anche in altri punti di unione naturale (figura 8). Queste zone di connessione sono state osservate al microscopio sia in luce normale, che in fluorescenza per una analisi istologica approfondita. Con un particolare strumento (criotomo) si sono allestite sezioni sottili e con opportune colorazioni in grado di contrastare il tessuto legnoso da quello floematico, si è potuta rilevare la presenza di una reale continuità tra il tessuto floematico della radice della pianta “donatrice” e il tessuto di quella “recettrice” (figura 9 e figura 10). Inoltre, sempre a livello dei tubi cribrosi del floema è stata documentata in situ la presenza del fitoplasma tramite colorazione con fluorocromo DAPI e una reazione istologica di tipo immunologico, quindi altamente specifica per il fitoplasma AP (Loi et al., 2002) (figura 11). La prima manifestazione di sintomi di scopazzi a seguito di contatto radicale è stata osservata nell’autunno 2004. L’anastomosi radicale non era avvenuta a livel- Figura 10 – Particolare della sezione in cui si nota la continuità del tessuto floematico tra le due radici) lo del manicotto artificiale, ma a seguito di un contatto naturale. Durante i quattro anni di osservazioni e analisi (2003–2007) il numero di piante risultate infette è via via aumentato e ad oggi sono risultate infette ben 7 piante (29%) sulle 24 recettrici ancora viventi (tabella 1). Le osservazioni e le analisi istologiche al microscopio hanno finora evidenziato 5 casi di anastomosi indotta sotto manicotto e 3 casi di anastomosi naturale. In tutti i casi si è inoltre riscontrata la presenza del fitoplasma nel tessuto floematico. PRIME OSSERVAZIONI DI TRASMISSIONE di Candidatus Phytoplasma mali TRAMITE PONTI RADICALI IN CONDIZIONI NATURALI DI CAMPO Preliminari esperienze avevano consentito di collegare il trattamento con glyphosate su piante sintomatiche capitozzate con la comparsa di sintomi da erbicida e il successivo rilievo di sintomi di scopazzi, sempre sulle stesse piante. Nell’autunno 2004, cinque frutteti siti in zona a nord di Trento, furono destinati a queste osservazioni ed i rispettivi monitoraggi Figura 11 – Fitoplasmi AP in floema osservati al microscopio con tecnica della immunofluorescenza (40x) N° piante infette sul totale 1/24 2/24 1/24 3/24 7/24 % di piante infette 4,2 8,4 4,2 12,5 29,1 Tabella 1 – Risultati delle prove di trasmissione attraverso anastomosi radicali lazione la capitozzatura di piante sintomatiche, il loro trattamento con glyphosate, il successivo monitoraggio primaverile delle piante con sintomi da erbicida, il prelievo, da queste ultime, di campioni per verificare attraverso analisi PCR la presenza o meno del fitoplasma ed il relativo ceppo (in tal caso AT2), da confrontare con quello delle piante scopazzate e capitozzate ed infine il monitoraggio autunnale per osservare la presenza di sintomi di AP. Le attuali tecniche di analisi genetica hanno infatti evidenziato la presenza in Trentino di ceppi diversi di fitoplasma di cui il più diffuso è proprio AT2 (Cainelli et al.,2004). Il rilevamento dello stesso ceppo nelle piante trattate con erbicida e nelle piante con sintomi da scopazzi era un’ulteriore conferma della presenza di trasmissione radicale. vennero eseguiti in primavera ed in autunno 2005. Per evitare interferenze, durante l’autunno 2004, nei campi interessati non è stato effettuato nessun altro diserbo con glyphosate. Infatti in presenza di ricacci radicali investiti da miscela del diserbante, è possibile assistere nella primavera successiva, alla comparsa di sintomi di tossicità da erbicida su parti della pianta, confondibili con quelli dovuti al passaggio dell’erbicida via anastomosi. I risultati delle osservazioni sono riportati nella tabella 2 dove si evidenzia che la concomitanza del sintomo erbicida e sintomo scopazzi aveva un’incidenza variabile dal 26,3% al 91,7%. Nell’autunno 2005 in un impianto di Royal Gala su M9 (1995) è stata ripetuta una esperienza simile con lo scopo di mettere in re- Azienda Epoca trattamento Autunno 2005 N° piante con sintomi di glyphosate e scopazzi 20 Novembre 2004 20 (100 %) 16 (80 %) 1982 28 Novembre 2004 19 (67,8 %) 5 (26,3 %) 1992 48 Novembre 2004 16 (33,3 %) 9 (56 %) 1992 68 Novembre 2004 23 (33,8 %) 11 (47,8 %) 1995 18 Novembre 2004 12 (66,7 %) 11 (91,7 %) 90 (49,5 %) 52 (57,8 %) Anno Impianto 1996 TOTALE RINNOVI E PRESENZA DI VECCHIE RADICI: POSSIBILI ANASTOMOSI Se dunque è realistica la possibilità che in normali situazioni di campo si instaurino stretti legami a livello delle radici, è ipotizzabile che anche in situazioni di rinnovo possano realizzarsi delle unioni tra le radici delle giovani piante ed eventuali vecchie radici, ancora vitali, residue dell’impianto precedente Da osservazioni preliminari di campo eseguite nel corso del 2004 in molte zone frutticole del Trentino si è visto che la presenza di vecchie radici ancora vitali può essere molto importante (tabella 4) e che tali radici possono mantenersi ancora vitali dopo 5 anni Maggio 2005 N° piante con sintomi di glyphosate (vicine alle trattate) N° piante pennellate con glyphosate Azienda 1 Golden M9 Azienda 2 Golden M9 Azienda 3 Golden M9 Azienda 4 Golden M9 Azienda 5 Gala M9 I risultati di questa esperienza sono riportati nella tabella 3 dove si evidenzia che su 134 piante sintomatiche capitozzate e trattate con glyphosate, 84 hanno manifestato i tipici sintomi di fitotossicità da erbicida; di queste 48 (57%) sono risultate positive alla PCR ( per il ceppo AT2, lo stesso delle 134 piante scopazzate) e 10 (11,9%) hanno evidenziato anche sintomi autunnali di scopazzi. 182 Tabella 2 – Relazione fra piante trattate con glyphosate, diffusione per anastomosi e presenza di sintomi di scopazzi TERRA TRENTINA Anno 2004 2005 2006 2007 Totale 17 DIFESA/FRUTTICOLTURA Novembre 2005 Primavera 2006 N° piante infette (AT2) pennellate con glyphosate N° piante con sintomi di glyphosate 134 84/134 Settembre 2006 Ottobre 2006 N° piante positive alla PCR N° piante con sintomi da AP (AT2) 48/84 (57%) 10/84 (11,9%) Tabella 3 – Risultati dell’esperienza di verifica della trasmissione di AP per contatti radicali in pieno campo (impianto di Royal Gala del 1995 su M9 in località Piovi di Mezzocorona, autunno 2005) TERRA TRENTINA dal nuovo impianto. Da quattro frutteti sono state raccolte radici poi analizzate con test ELISA per controllarne l’eventuale positività ad AP ed in tutti i casi ne sono state ritrovate di positive. Ulteriori esperienze di campo sono state eseguite per valutare la possibilità che le piante del nuovo impianto potessero stabilire anastomosi con le vecchie radici. Per tale motivo, giovani piante di due anni (Red Chief Spur su M26) cresciute in prossimità di vecchie radici ancora vitali, sono state ca- 18 pitozzate e pennellate con glyphosate: in due casi sui dieci analizzati si sono manifestati sintomi da fitossicità a livello dei ricacci da vecchie radici, dimostrando così l’avvenuto contatto tra le radici delle piante di nuovo impianto e quelle residue (figure 12 e 13). QUANDO INIZIANO A FORMARSI I CONTATTI RADICALI? Confermata dunque la presenza di anastomosi radicali e dimostrata la possibilità di trasmissione del fitoplasma tramite esse, sorge spontanea anche la domanda: “quando possono iniziare a formarsi i contatti tra le radici?” Una nuova esperienza è stata pianificata per tentare di dare una risposta : nel dicembre 2006, 15 piante di Granny Smith su M9, coetanee e impiantate nello stesso anno (distanza sulla fila di 80 cm), sono state capitozzate a 5060 cm dal suolo e decorticate. In ogni pianta capitozzata è stato praticato con un trapano un foro profondo circa 10 cm e nel foro è Risultato test ELISA Positivi/totale controllati Località e anno impianto Anno impianto Data osservazione N° ricacci da vecchie radici (100 m filare) Maso delle Part 7I 2004 dopo riposo di 3 anni 27-04-2004 0 Maso delle Part 7H 2004 27-04-2004 74 Piovi Istituto Spur rosse 2003 02-05-2004 60 Piovi Istituto Gala 2004 02-05-2004 23-08-2004 46 52 Piovi privato 2004 05-05-2004 21 Piovi Istituto Fuji 4 2004 08-05-2004 2 Piovi privato 2004 08-05-2004 30 Piovi Istituto Fuji 2004 08-05-2004 8 Cunevo (loc. La Santa) 2004 03-06-2004 21 Cunevo (loc. La Santa) 2004 15-06-2004 Presenza diffusa ¼ Maso Maiano (blocco 3 F) 2004 13-07-2004 89 1/10 Brez privato Impianto 2004 2004 21-09-2004 10 2/6 Tabella 4 – Numero ricacci da vecchie radici dell’impianto precedente 1/10 stato inserito del glyphosate puro (250 ml per pianta). L’operazione è stata ripetuta nel gennaio 2007. Durante la primavera un accurato monitoraggio delle piante ha evidenziato, a livello delle piante attigue a quelle trattate, due piante morte (di cui però è stato difficile attribuire il decesso all’erbicida) e due casi di piante con manifesti sintomi da glyphosate (figura 14). Nelle condizioni in cui si è opera- Figura 12 – Ricacci da vecchie radici vicini alle piante di nuovo impianto. to (terreni sabbiosi tenuti a riposo per un anno prima dell’impianto), è stato dunque documentato che contatti radicali si possono instaurare già alla fine del primo anno di impianto. CONSIDERAZIONI GENERALI PER LA PRATICA Questo approccio sperimentale esteso alla problematica “anastomosi radicali e scopazzi del melo” Figura 14 – Contatti radicali già alla fine del 1° anno di impianto. La pianta capitozzata (al centro) è stata trattata con glyphosate durante l’inverno. La pianta vicina (a sinistra) evidenzia classici sintomi di gliphosate alla ripresa vegetativa (inizio 2° anno) permette di formulare una serie di considerazioni che sono così riassunte: • le anastomosi radicali fra melo e melo esistono e sembrano essere assai diffuse; • l’utilizzo dell’erbicida glyphosate è un utile strumento per evidenziare la presenza e la frequenza dei contatti; • i fitoplasmi responsabili della malattia denominata “scopazzi del melo” possono diffondersi attraverso questi punti di naturale innesto radicale. Le prove sperimentali hanno evidenziato un 29% di piante infette in 4 anni con questa via di trasmissione; • le anastomosi radicali sono possibili non solo fra una pianta e l’altra, ma anche fra le nuove piante di un frutteto appena rinnovato e vecchie radici vitali residue del vecchio impianto. Radici vecchie sono state ritrovate ancora vitali nei frutteti fino a 5-6 anni dall’espianto; • quando viene programmato un rinnovo, considerando che nei nostri ambienti risulta improbabile il riposo del terreno per uno o più anni, è fondamentale ripulire nel modo più TERRA TRENTINA Figura 13 – Ponte radicale che ha permesso, dopo la capitozzatura e trattamento con glyphosate, il passaggio del diserbante al ricaccio della vecchia radice 19 DIFESA/FRUTTICOLTURA accurato possibile il terreno da tutte le vecchie radici presenti; • le anastomosi radicali possono interessare non solo i portinnesti vigorosi (Franco, M11, M7, M106), ma anche i portinnesti deboli (M26 e M9); • le anastomosi radicali possono instaurarsi già dal primo anno di impianto come osservato in una esperienza preliminare fatta su suolo sabbioso. CONCLUSIONI La problematica “anastomosi radicale” è una tematica ancora aperta: importanti passi sono stati fatti e gli aspetti fondamentali sono stati dimostrati, tuttavia rimangono da chiarire e da approfondire ancora molti aspetti. Ulteriori verifiche e conferme si rendono necessarie per meglio definire i tempi di formazione delle anastomosi radicali e quanto l’influenza della tipologia di terreno e il ruolo della distanza di impianto possano incidere nel favorire la loro comparsa. Comunque, le osservazioni di campo e le sperimentazioni sin qui condotte hanno sicuramente aperto un nuovo interessante capitolo: nel caso del melo le malattie fitoplasmatiche, la cui diffusione normalmente viene attribuita, con un ruolo predominante, agli insetti vettori, possono diffondersi anche per anastomosi radicale. RINGRAZIAMENTI Alla Provincia Autonoma di Trento per il finanziamento delle diverse attività di ricerca. Al collega tedesco Uwe Harzer (DLR Rheinpfalz Neustadt/W) che per primo, ancora nel 1994, aveva stimolato la nostra curiosità ad indagare nel mondo delle anastomosi radicali. A Mauro Varner ed Umberto Piva della MEZZACORONA SCA per i preziosi contributi e sostegni di campo. Mauro Varner è anche autore di diverse foto presenti nel testo. A Marino Gobber, tecnico del CAT dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, Ufficio Viticolo, per i Bibliografia CAINELLI,C., BISOGNIN, C.,VINDIMIAN, M.E., GRANDO, S. 2004 – Genetic variability of AP phytoplasmas detected in the apple growing area of Trentino (North Italy) XIX th IS on Fruit Tree Virus Diseases Ed.G. Llacer Acta Hort. 657, ISHS 2004 : 425 – 430. TERRA TRENTINA CASELY, J.C., COUPLAND, D. 1985 – Environmental and plant factors affecting glyphosate uptake, movement and activity. p. 93-123. In: E. Grossbard and D. Atkinson (eds.). The Herbicide Glyphosate. 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A Flavio Pinamonti, a Paolo Poletti e al personale dell’Azienda dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige per la costante disponibilità nell’effettuazione di innumerevoli esperienze applicative con glyphosate. A M. Elisabetta Vindimian che tanto si era prodigata per trovare una risposta scientifica al quesito “anastomosi radicali e scopazzi del melo”. derived from the sequence of a chromosomal fragment of the Apple Proliferation MLO. Applied and Environmental Microbiology 60: 2916-2923. LOI, N., ERMACORA, P., CARRARO, L., OSLER, R., CHEN, T.A. 2002 – Production of monoclonal antibodies against apple proliferation phytoplasma and their use in serological detection. European Journal of Plant Pathology 108:81-86. MATTEDI, L., FORNO, F., CAINELLI, C., GRANDO, M.S., JARAUW. 2006 – Research on Candidatus Phytoplasma mali transmission by insect vectors in Trentino. Acta Horticulturae, (in press). 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