Aspetti genetici: interazioni fra nutrienti ed espressione genica

DM 427. Tavola Rotonda: ‘Aspetti genetici: interazioni fra nutrienti ed espressione genica’, BO, 24.III.06
ASSOCIAZIONE RICERCATORI NUTRIZIONE ALIMENTI
(ARNA)
Tavola Rotonda su:
“Aspetti genetici: interazioni fra nutrienti ed espressione genica”
“Interazioni fra nutrienti ed espressione genica’’
Bologna, 24 marzo 2006
Donato Matassino
(1) (2)
Sommario
1. Introduzione. 2. Complessità dell’essere vivente. 3. Nutrienti ed espressione genica.
4.Conclusioni. 5 Bibliografia.
(1)
Cattedra di Zootecnica generale e Miglioramento genetico - Dipartimento di Scienze biologiche e ambientaliUniversità degli Studi del Sannio – via Porta Arsa, 11 – 82100 Benevento – Italia - Tel.: +39 0824 305147; email:
[email protected]
(2) ConSDABI - National Focal Point italiano della FAO (NFP.I - FAO) per la tutela del germoplasma animale in via di
estinzione nell’ambito della Strategia Globale FAO per la gestione della risorsa genetica animale (GS-AnGR, Global Strategy
for the Management of Farm Animal Genetic Resources) – Centro di Scienza Omica per la Qualità e per l’Eccellenza
Alimentare - Contrada Piano Cappelle - 82100 Benevento – Italia - Tel.: +39 0824 334300; Tf.: +39 0824 334046; email:
[email protected]; Internet: www.consdabi.org
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1. Introduzione
La scienza moderna si basa sulla metafora del ‘mondo come macchina’; questa metafora,
introdotta da R. Descartes (1596÷1650) per comprendere il funzionamento degli organismi, è stata
poi generalizzata fino a diventare un modo per interpretare l’intero universo; metafora che può
essere facilmente confusa con la realtà, come ribadisce R.C. Lewontin (1998).
La metafora dello ‘sviluppo’ nasce da un’interpretazione della natura del processo che è già
implicita nel termine usato; infatti, ‘sviluppo’ indica l’attuazione di un programma che è già insito
nel codice genetico dell’organismo. L’ontogenesi di un organismo è la conseguenza di
un’interazione ‘unica’ e ‘complessa’ tra segmenti di DNA, RNA regolativo, proteina e ambiente
esterno nonché di interazioni molecolari casuali e non all’interno delle singole cellule.
La diffusa convinzione che gli organismi siano perfettamente e armoniosamente inseriti in
un ‘bioterritorio’, inteso ‘in chiave sistemica’ quale risultato di complesse interazioni fra le
variabili ambientali (di natura energetica, biotopica, ecologica, ecc.) e quelle antropiche (di natura
economica, sociale e culturale, ecc.) proprie di una determinata area geografica, non è del tutto
priva di una base oggettiva; infatti, già E.H. Haeckel (1866) ha tenuto conto dell’ ‘impostazione
sistemica’ nel coniare il termine ‘ecologia’: “Lo studio dei rapporti complessivi tra organismi o
gruppi di organismi e il loro ambiente naturale, organico, fisico e inorganico, specialmente per
quanto concerne i rapporti ‘affabili’ o ‘avversi’.
Gli organismi, in quanto viventi, costruiscono attivamente il mondo che li circonda, fruendo
di benefici e di vantaggi soddisfacenti e consoni alle loro esigenze. La vita, pur esprimendosi in una
‘casa biochimica comune’ per i viventi, contempla differenze nella manifestazione delle proprie
caratteristiche o ‘fenotipo’ in senso ‘lato’. Gli organismi animali hanno sviluppato sistemi diversi
per loro fitness, quest’ultima intesa come capacità del vivente di ‘sopravvivere’ e di ‘riprodursi’ in
un determinato microambiente. In questo contesto l’utilizzazione dei principi nutritivi è la conditio
sine qua non per garantire la continuità di qualsiasi processo vitale. L’ evoluzione dell’encefalo è
interpretato come un esempio: infatti, viene postulato che gli acidi grassi polinsaturi a lunga
catena sono nutrienti fortemente coinvolti nella sua evoluzione.
Il funzionamento corretto di un organismo vivente e delle sue componenti si manifesta e si
esprime attraverso lo scambio continuo di comunicazioni inter- e intra-cellulari, seguendo un
‘comportamento cibernetico’. In questa ottica, gli esseri viventi sono il risultato dell'interazione
dell'ambiente ‘interno’ ed ‘esterno’; in particolare, il DNA è il ‘fattore interno primario’ che regola
la qualità e la durata della vita. Nel funzionamento corretto di questa rete cibernetica costituita da
segnali biologici o comunicazioni biochimiche come si pone un nutriente? Se si pensa che un
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individuo nell'arco della sua vita introduce circa 200 tonnellate di cibo tal quale, è ragionevole
pensare che la ‘nutrizione’ rappresenti un fattore dell’ambiente esterno di notevole rilevanza
nell’instaurazione e nel mantenimento di quei livelli di ottimizzazione garanti del buon
funzionamento dell’organismo. Ogni nutriente si colloca meticolosamente nei programmi
metabolici dell’ organismo, pena il cedimento improvviso del sistema biologico oltre il limite di
tolleranza consentito dall’organismo stesso, quindi, con l’instaurarsi di pericolose condizioni di
rischio e di compromissioni dello stato di salute. Nei programmi metabolici ogni nutriente
partecipa, per lo piú, con estrema accuratezza nella regolazione di vie o di sentieri metabolici
attraverso la regolazione allosterica di enzimi specifici, nonché la modulazione della secrezione
ormonale e dell’espressione di segmenti di DNA codificanti e/o non codificanti polipeptide/i.
L’approccio al problema nutrizionale deve esser valutato in tutti i suoi complessi risvolti e deve
rappresentare un momento di valutazione critica che garantisca il corretto uso dei nutrienti nel loro
ruolo di ‘bioregolatori’, di ‘protettori’ e di ‘mediatori metabolici’.
L’interazione fra ‘organismo nel suo insieme’ e ‘nutrizione’ è un processo estremamente
complesso in quanto innumerevoli sono i fattori incidenti su questa interazione. A tal proposito, le
immense potenzialità e le innovative prospettive offerte dall’integrazione delle diverse branche
della scienza ‘omica’ stanno contribuendo a fornire conoscenze a livello molecolare per una
migliore comprensione di come ‘peculiari nutrienti’ ‘potenziano’ o ‘inibiscono’ l’espressione di
specifici segmenti di DNA e di come polimorfismi del DNA influenzano l’azione e/o il
metabolismo di determinati nutrienti, senza trascurare gli innumerevoli fattori incidenti.
Solo una visione ‘globale’ (cioè ‘sistemica’) della problematica del rapporto ‘nutrizione –
oma’ facente perno su una innovata visione - molto sofisticata - di un inedito capitolo biologico
rende possibile una conoscenza dinamica dei fenomeni interessati alla ‘scienza nutrizionale’ o
‘nutriomica’ intesa sia in chiave ‘strutturale’ che ‘funzionale’.
Essendo il genoma l’insieme di tutte le informazioni genetiche di un essere vivente, si
ritiene meno errato usare un’unica espressione ‘genomica nutrizionale’ che, come già detto,
comprende sia il momento strutturale che quello funzionale anziché considerare ‘genetica
nutrizionale’ o ‘nutrigenetica’ distinta dalla ‘genomica nutrizionale’ rispettivamente, in quanto la
‘genomica nutrizionale’ comprende tutti gli aspetti legati sia alla struttura del DNA che al suo
funzionamento.
2. Complessità dell’essere vivente
Qualsiasi essere vivente è sempre un passo piú avanti di quelle che sono le conoscenze
dell’uomo su di esso; infatti, la sua complessità è chiaramente deducibile dal considerarlo ‘un
sistema biologico, aperto, dinamico, vincolato, neghentropico’, cioè un vero e proprio ‘sistema
cibernetico’, quale risultato delle complesse modalità di trattamento di tutte le informazioni
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‘interne’ ed ‘esterne’; trattasi quindi, di un vero e proprio individuo ‘epigenetico’, caratterizzato da
una grande variabilità di ‘capacità al costruttivismo’ (D. Matassino, 1984, 1989).
L’organismo, nella complessità del suo insieme, si configura attraverso il realizzarsi di un
complesso di fenomeni biologici e non, da conoscere nella loro origine e nel loro piano di
organizzazione. La manifestazione quanti-qualitativa di una qualsiasi ‘espressione fenotipica’, in
chiave sistemica, è funzione di diversi piani organizzativi sintetizzabili come segue: submolecolare,
molecolare, cellulare, tissutale, organico, organismico, biocenotico ed ecosistemico. Ogni piano è
caratterizzato da norme proprie e da norme di vita di relazione con altri piani (T.M. Bettini, 1969; D.
Matassino, 1984).
Per tutti i fenomeni di origine biologica si rende sempre piú utile individuare la base
molecolare per giungere progressivamente al livello ecosistemico.
Per una migliore comprensione della complessità della vita, in senso ‘lato’, si ritiene
opportuno fornire, in sintesi, alcuni cenni in merito alle recenti acquisizioni sul genoma umano
(tabella 1). Con il sequenziamento del DNA del genoma umano, a oggi ancora incompleto1, sono
scaturiti molti piú interrogativi di quelli a cui si pensava di poter trovare una risposta, tra i quali:
(a) dimensioni del genoma in Mbp assolutamente indipendenti dalla complessità di un
organismo: la dimensione del genoma umano, pari a circa 3,3 miliardi di coppie di
basi, è simile a quella di molti anfibi, rettili e crostacei
(b) paradosso del numero dei segmenti di DNA codificanti polipeptide/i (‘geni’): nessuna
relazione fra tale numero e complessità (22.531 sequenziati nell’uomo, valore che si
discosta di poco dai 19.765 riscontrati nel nematode Caenorhabditis Elegans)
(c) percentuale di DNA (esonico) codificante proteina pari a solo l’1,3
(d) frazione di DNA ‘non codificante’ o ‘regolativo’ da ritenere un vero e proprio tesoro
di informazioni e non DNA ‘spazzatura’ , DNA ‘non funzionale’, DNA ‘ignorante’,
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Aggiornamento a marzo 2005 (database Ensembl) in riferimento alla ‘costruzione Build 35’ dell’International Human
Genome Consortium (IHGC), denominata ‘finished’. Una sequenza si definisce finished allorquando: (a) almeno il 95
% dell’eucromatina del genoma è stata sequenziata (vengono tralasciati solo quei gap che non sono sequenziabili con le
tecniche disponibili); (b) ogni base è stata sequenziata dalle 8 alle 10 volte; (c) la derminazione della sequenza è
caratterizzata da un tasso di errore al massimo di 1 evento su 104 basi. La sequenza ‘Build 35’ è la versione finished piú
aggiornata attualmente disponibile, subentrata alle precedenti versioni; la prima sequenza, prodotta nel 2001, veniva
indicata come draft in quanto era stato sequenziato e assemblato solo il 90 % dell’eucromatina e ogni base era
sequenziata solo 4 volte. La sequenza ‘Build 35’, contenente ancora 341 gap o “buchi” [33 eterocromatinici (per un
totale di circa 198 Mb) e 308 eucromatinici (per un totale di circa 28 Mb)], copre all’incirca il 99 % del genoma
eucromatinico ed è caratterizzata da un tasso di errore di circa 1 evento su 105 basi; il restante 1 % risiede nei 308 gap,
il quale, rappresentando regioni cromosomiche contenenti per lo piú duplicazioni segmentali del DNA, non può essere
efficientemente mappato, clonato e, infine, sequenziato con le attuali tecniche disponibili.
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DNA ‘parassita’, DNA ‘inutile’ o genoma ‘invisibile’ pari a ben 98,7 % ; la recente
denominazione
DNA
‘regolativo’
deriva
dall’individuazione
di
funzioni
raggruppabili in ‘strutturali’ ed ‘eurigeniche’; le prime contribuiscono a favorire la
stabilità delle origini di replicazione del DNA e l’organizzazione dei centromeri,
nonché l’appaiamento meiotico dei cromosomi; le seconde sono coinvolte nel
coordinamento dell’espressione di ‘geni’ non vicini, ‘attivatori’ o
‘silenziatori’
genici, nonché nella regolazione dell’espressione di essi nel corso dello sviluppo.
Alla luce delle recenti acquisizioni sul genoma umano il flusso dell’informazione genetica
non è rappresentabile soltanto dalla sequenza DNA RNApolipeptide/i, ma può concretizzarsi
nella sequenza DNA RNA, dando origine a molecole di RNA non codificanti polipeptide/i a
partire o da introni2 oppure da esoni3 appartenenti a segmenti di DNA codificanti non polipeptide/i.
Notevoli sono le potenzialità in termini di regolazione che stanno emergendo per il DNA
‘intronico’, capace di trascrivere ‘RNA attivi’, reversibili e variabili per l’assenza di codici standard
di ‘avvio’ o di ‘arresto’.
L’RNA, a lungo considerato un mero traduttore dell’informazione contenuta nel DNA,
ovvero intermediario della sintesi di proteine, sta evidenziando notevoli potenzialità in termini di
‘prestazioni cellulari’.
Alla luce delle nuove conoscenze sulle funzioni dell’RNA è stato introdotto il termine
‘RNAoma’, che include “tutte le specie di RNA cellulari che assumono un ruolo ‘funzionale’ nella
cellula”.
La complessità del genoma è accresciuta dall’esistenza di meccanismi di regolazione
dell’espressione genica, complessità cadenzante gran parte dell’ ‘espressione fenotipica’ del vivente.
Il flusso delle informazioni si risolve nella sintesi di RNA, di proteine, di enzimi e di tutto quanto è
necessario a un organismo vivente. Dal momento che l’attività metabolica di tutte le cellule di un
qualsiasi organismo non ha bisogno contemporaneamente e nella stessa quantità di tutti i ‘prodotti
genici’ è in atto, continuamente, un sofisticato sistema di ‘autoregolazione’ nella sintesi delle varie
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Introne: segmento di DNA contenente una ‘sequenza nucleotidica codificante un ‘non polipeptide’; l’introne viene
inizialmente trascritto nell’RNA ‘primario’ o prematuro (pre-mRNA) e, successivamente, rimosso durante il processo di
splicing; pertanto, esso non si ritrova nell’ ‘RNA messaggero maturo’ ma può contribuire alla genesi dell’RNA non
codificante polipeptide/i e/o essere, tra l’altro, convertito in esone (esonizzazione mediata dalle sequenze Alu) .
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Esone: segmento di DNA contenente una ‘sequenza nucleotidica codificante o ‘un/i polipeptide/i’ (‘gene’) o un/i ‘non
polipeptide/i’; la sequenza esonica viene trascritta nell’RNA primario o prematuro (pre-mRNA) e, durante il processo di splicing,
viene conservata e ‘cucita’ con gli altri esoni per costituire o l’ RNA messaggero ‘maturo’ destinato a essere tradotto in polipeptide/i
o l’RNA non codificante polipeptide/i..
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macromolecole; questo controllo nel suo insieme viene definito ‘regolazione dell’espressione
genica’. La velocità alla quale viene sintetizzato un ‘prodotto genico’ può essere regolata a
qualunque livello lungo il flusso dell’informazione biologica. Per esempio, la quantità di RNA
‘maturo’ prodotta dipende, fra l’altro, da:
(a) frequenza con cui si avvia la trascrizione
(b) velocità di allungamento del pre-mRNA
(c) efficienza con cui ha termine la trascrizione
(d) velocità con cui si svolgono le varie fasi di ‘maturazione’ dell’ mRNA.
Il meccanismo cellulare di regolazione dello ‘splicing alternativo’ contribuisce a rendere piú
‘versatile’ e piú ‘sofisticato’ il genoma, specialmente quello umano; tale meccanismo conferirebbe
a una cellula la possibilità di produrre una ‘proteina diversa’ da ‘quella prodotta da un’altra cellula’
consentendo di fornire una possibile spiegazione della ‘grande diversità’ esistente tra gli organismi
viventi dotati di un corredo di segmenti di DNA codificanti polipeptide/i (‘geni’) abbastanza simile
(uomo = 22.531 ‘geni’ ); (topo = 22.159 ‘geni’). Lo ‘splicing alternativo’ consentirebbe a organismi
e a loro parti di svolgere funzioni diverse con un numero di ‘geni’ ridotto; a esempio, grazie allo
‘splicing alternativo’, all’uomo sarebbe concesso produrre anche 100.000 proteine diverse o loro
isoforme multiple
senza bisogno di avere a disposizione i corrispettivi
segmenti di DNA
codificanti. Si stima che in ogni cellula vi sia una presenza contemporanea di circa 1 miliardo di
molecole proteiche, corrispondenti a circa 100.000 proteine diverse; di queste proteine diverse circa
100 sono quelle piú rappresentate, pari al 90 % del suddetto miliardo. Vi sarebbe una forte relazione
positiva fra complessità di un organismo e numero di ‘splicing alternativo’.
Lo ‘spliceosoma’, inteso come complesso macromolecolare responsabile dello ‘splicing
alternativo’, indurrebbe l’ ‘evoluzione’ e la ‘proliferazione’ degli stessi ‘RNA intronici’ nonché lo
sviluppo di una rete di ‘informazioni regolatrici’ tra RNA e proteine traducibili in informazioni
genetiche aggiuntive nella cellula.
La quantità di proteina prodotta da una cellula dipende da:
(a) stabilità dell’ mRNA ‘maturo’
(b) frequenza con cui si svolge la traduzione
(c) velocità di allungamento della catena polipeptidica
(d) efficienza con cui si conclude la traduzione
(e) rendimento con cui si svolgono le modificazioni successive alla traduzione.
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Il livello di espressione ‘genica’ è, quindi, determinato da molteplici elementi e si è
ottimizzato nel corso dell’evoluzione al fine di soddisfare le esigenze ‘metaboliche’ di ciascun
organismo.
L’espressione ‘genica’ varia secondo le condizioni in cui si trova la cellula e, tra l’altro, è
sensibile alla variazione della concentrazione di ‘metaboliti’ e/o di ‘nutrienti’.
La ‘flessibilità’, la ‘dinamicità’ del genoma, nonché la presenza di un sistema di risposte
‘attive’ e non di informazioni ‘passive’ testimonianano la fondatezza del neolamarckismo secondo
cui alle variazioni ereditarie propriamente ‘genetiche’ e ‘mendeliane’ si affiancano variazioni
ereditarie ‘epigenetiche’ e ‘non mendeliane’.
Un esempio in natura in cui la componente epigenetica svolge un ruolo principe è il
polifenismo. Si parla di polifenismo quando la variabilità è ‘agenetica’. Lo studio dei sistemi
polifenici può contribuire ad accrescere le conoscenze in merito agli effetti delle interazioni
‘genoma-ambiente’ sui processi di sviluppo degli organismi. In natura il polifenismo è
particolarmente presente negli insetti organizzati in apposite ‘società’ (api, formiche, termiti, ecc.).
Questo polifenismo non dipende da differenze nella sequenza nucleotidica del DNA, ma
dall’espressione differenziale di gruppi di ‘geni’ coinvolti nello sviluppo larvale.
La comunità delle api, un’organizzazione sociale tra le piú ammirevoli, si basa sulla
suddivisione in tre caste: ape ‘regina’, ape ‘operaia’ e ‘fuco’, che sebbene esplichino funzioni ben
differenziate, si aiutano e si integrano a vicenda per la sopravvivenza della comunità.
In chiave di ‘genomica funzionale’, il fenomeno della differenziazione in ‘regine’ o
‘operaie’ sarebbe da attribuire all’‘accensione’ o allo ‘spegnimento’ di particolari gruppi di ‘geni’
durante lo sviluppo larvale nelle due ‘caste’ di api.
In generale, le larve destinate a diventare ‘regine’ sembrerebbero attivare un insieme di
‘geni’ distinto, legati alla ‘casta’, mentre le api destinate a diventare ‘operaie’ continuerebbero a
esprimere quei segmenti di DNA tipici della fase giovanile di larva. Tali differenze di espressione
sarebbero dovute all’alimentazione (determinismo trofogenetico delle caste): le future operaie sono
nutrite, con la ‘pappa reale’ solo nei primi 2 giorni di vita, mentre la futura regina è sempre
alimentata con ‘pappa reale’.
Importanti meccanismi epigenetici di regolazione dell’attività trascrizionale dei segmenti di
DNA codificanti polipeptide/i (‘geni’) risiedono nella:
(a) metilazione del DNA, che comporta una inibizione dell’attività trascrizionale di un
segmento di DNA (‘spegnimento’ dell’attività del ‘gene’)
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(b) acetilazione delle proteine istoniche, la quale rende i segmenti di DNA a esse
associate accessibili agli enzimi deputati alla trascrizione (‘accensione’ dell’attività del ‘gene’).
Con il meccanismo di metilazione il DNA non viene modificato nella sequenza delle sue
basi
ma nella sua espressione in rapporto
a
influenze ambientali; in taluni casi i sistemi
epigenetici sarebbero capaci di trasmettere ‘l’informazione affluente dall’ambiente alle generazioni
successive’ senza che questa sia erasa. Tali meccanismi epigenetici sono responsabili dell’esistenza
di:
(a) segmenti di DNA codificanti polipeptide/i che si esprimono in ‘tutti i tessuti’ (‘geni
housekeeping o costitutivi’); tali segmenti sono sempre ipometilati e iperacetilati
(b) segmenti di DNA codificanti polipeptide/i che si esprimono solo in ‘alcuni tessuti’
(‘geni differenzialmente espressi’); tali segmenti sono ipermetilati e ipoacetilati nel tessuto in cui
non si esprimono e ipometilati e iperacetilati nel tessuto in cui si esprimono.
3. Nutrienti ed espressione genica
I ‘nutrienti’ che intervengono nella regolazione dell’espressione di segmenti di DNA
possono essere:
(a) naturalmente presenti nell’alimento
(b) originati da trattamenti imposti all’alimento (ad es. amine eterocicliche nelle carni
cotte)
(c) derivati da interazioni tra i costituenti la ‘razione’ o ‘regime’ alimentare
(d) prodotti del metabolismo batterico intestinale.
I nutrienti sono indispensabili per i processi metabolici, ma condizionano anche i ‘geni’ che
codificano le varie proteine, enzimi, recettori ed elementi strutturali dell’organismo in toto da un lato
e le eventuali patologie che ne derivano dall’altro. I nutrienti, pertanto, da un lato sostengono il
metabolismo dell’organismo e dall’altro condizionano l’‘espressione fenotipica’ del genotipo
dell’individuo, per cui la variazione dei nutrienti ingeriti può influenzare tale espressione. Ne deriva
che l’esito finale di una alimentazione non corretta è determinato sia dal background genetico
dell’individuo, sia dalla qualità e dalla quantità dei nutrienti ingeriti. In definitiva, l’uso della
scienza ‘omica’ per l’analisi dell’influenza dei nutrienti sulla salute deve essere basato, fra l’altro,
su due assiomi:
(a) l’azione e/o il metabolismo di determinati nutrienti dipende/ono dal genotipo
(b) l’espressione di specifici segmenti di DNA è modulata da peculiari nutrienti.
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Ciò significa che esistono controlli dell’espressione dei ‘geni’ nonché, meccanismi biologici che
coinvolgono enzimi, metaboliti, ormoni, ioni, i quali a loro volta modificano l’ ‘espressione
fenotipica’ di questi ‘geni’.
(a) L’azione e/o il metabolismo di determinati nutrienti dipende/ono dal genotipo.
L’uomo è caratterizzato dalla presenza di molti polimorfismi a livello di singolo o di più
‘geni’; polimorfismi che possono essere: (a) qualitativi, se interessano cambiamenti qualitativi
dell’espressione di segmenti di DNA dovuti a variazioni nella sequenza dei nucleotidi del DNA
(SNP, Single Nucleotide Polimorphism = polimorfismo del singolo nucleotide; delezioni e/o
inserzioni di pochi nucleotidi); (b) quantitativi, se riguardano cambiamenti dell’entità di espressione
di segmenti di DNA per effetto di delezioni e/o inserzioni di un numero elevato di nucleotidi.
Si riportano alcuni esempi rivolti a capire come l’azione e/o il metabolismo di determinati
nutrienti dipende/ono dal genotipo.
Fenilchetonuria. La fenilchetonuria (PKU) è una malattia metabolica ereditaria
‘potenzialmente grave’ caratterizzata dalla presenza di ritardo mentale irreversibile e/o di altre patie
a carico del sistema nervoso. Le circa 400 mutazioni finora scoperte a carico del ‘gene’ PAH
(Phenylalanine Hydroxilase= fenilalanina idrossilasi) causano una carenza di funzionamento
dell’enzima fenilalanina idrossilasi. Questo ridotto funzionamento può essere in parte compensato
da un’adeguata alimentazione nel senso di assumere alimenti privi e/o a ridotto contenuto
dell’amminoacido fenilalanina e/o alimenti ricchi e/o ad alto contenuto in tirosina.
Galattosemia. La galattosemia è una rara malattia ereditaria che può avere effetti
devastanti a carico del fegato, degli occhi, del cervello e dei reni, se non diagnosticata in tempo.
Essa
viene causata da elevati livelli di galattosio (monosaccaride che, insieme al glucosio,
costituisce il lattosio, lo zucchero del latte) nel sangue, a causa di una ‘carenza ipofunzionale’
dell’enzima epatico GALT (galattosio-1-fosfato uridiltransferasi). Le circa 120 mutazioni finora
scoperte a carico del ‘gene’ GALT sono responsabili della malattia in esame. Grazie a
un’alimentazione priva e/o a ridotto contenuto in galattosio è possibile prevenire e/o ridurre gli
effetti negativi sull’individuo.
Obesità. L’obesità costituisce un’epidemia globale che coinvolge paesi industrializzati e
paesi in via di sviluppo, dove per la prima volta il numero dei ‘sovrappeso’ ha superato quello dei
‘sottopeso’, con gravi ricadute sulla salute pubblica.
Esistono dei ‘fattori genetici’ implicati nello sviluppo e nel mantenimento dell’obesità?
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Si ritiene
che alla base di questa dismetabolia vi sia un complesso
di informazioni
genetiche che possono individuarsi in un ‘multigene’ (oltre 300 marcatori, a oggi), ma tuttavia non
sono da escludere anche effetti minimi di altri ‘geni’ e di un numero piú o meno elevato di fattori
epigenetici sul fenotipo ‘obeso’.
Poiché la quantità e la qualità dei nutrienti modulano l’espressione di uno o piú ‘geni’, e
poiché tale espressione a sua volta è condizionata da fattori ambientali ‘intrinseci’ ed ‘estrinseci’,
ciascun individuo ha una sua ‘norma’ di reazione estrinsecantesi in una ‘diversità fenotipica’.
Indubbiamente, per ridurre e/o per eliminare l’obesità è necessaria un’ ‘alimentazione qualiquantitativa’ adeguata. In conclusione, è facile dedurre che un’analisi globale del DNA, sia in
chiave ‘strutturale’ che ‘funzionale’, contribuirà a rendere possibile una conoscenza innovativa dei
fenomeni biologici interessati a ottimizzare l’apporto della ‘genomica nutrizionale’ o
‘nutrigenomica’.
(b) L’espressione di specifici segmenti di DNA è modulata da peculiari nutrienti.
I nutrienti possono intervenire nella modulazione dell’espressione di segmenti di DNA a
livello di trascrizione, di stabilizzazione dell’mRNA, di traduzione e di modificazione posttraduzionale.
Trascrizione. Un costituente alimentare influenza fortemente la capacità di un fattore di
trascrizione a riconoscere la sequenza di DNA e quindi la velocità di trascrizione del DNA in
mRNA, modulando la quantità di proteina sintetizzabile. Un fattore di trascrizione è identificabile
con una proteina che, legandosi alla regione ‘promotrice’ del segmento di DNA codificante
polipeptide/i , ‘attiva’ o ‘inibisce’ la trascrizione di quest’ultimo. Per esempio, la proteina PPARα
(peroxisome proliferator-activated receptor-α = recettore alfa attivato dal proliferatore dei
perossisomi) si lega alla regione ‘promotrice’ del ‘gene’ ritenuto responsabile della sintesi delle
proteine di trasporto degli acidi grassi e degli enzimi che metabolizzano questi acidi grassi. Questa
PPARα viene attivata, a sua volta - mediante un sistema di feedback - dagli acidi grassi insaturi di
origine alimentare. Gli acidi grassi insaturi evidenziano una maggiore affinità per il fattore di
trascrizione identificabile con la proteina PPARα. Una maggiore ingestione di acidi grassi
insaturi, entro sempre determinati limiti, comporta una piú elevata sintesi di enzimi di trasporto di
acidi grassi, quindi un aumento della velocità dello ‘smaltimento’ di questi ultimi dai siti di
‘accumulo’ a livello di ‘epatocita’ e di ‘cardiocita’; viceversa, una maggiore ingestione di acidi
grassi saturi, riducendo l’entità di sintesi di enzimi di trasporto, favorisce l’accumulo di acidi
grassi.
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DM 427. Tavola Rotonda: ‘Aspetti genetici: interazioni fra nutrienti ed espressione genica’, BO, 24.III.06
Stabilità dell’mRNA. E’ funzione di numerosi fattori, ma forte incidenza ha una serie di
molecole (semplici e/o complesse) contenute negli alimenti ingeriti. Questa stabilità dipende,
sostanzialmente, dal fatto che il contenuto cellulare dei trascritti di mRNA è funzione di ‘segnali
citosolici’. A esempio:
(a) il glucosio stabilizza l’mRNA della sintetasi degli acidi grassi
(b) il selenio stabilizza l’mRNA della glutatione perossidasi
(c) il ferro destabilizza l’mRNA del recettore della transferrina.
Traduzione. La sintesi proteica a partire dallo stampo di mRNA richiede che quest’ultimo si
leghi ai ribosomi. Alcuni nutrienti, bloccando questo ‘processo di legame’, influenzano la
traduzione. Per esempio, la scarsa ingestione di amminoacidi è uno dei fattori ‘chiave’ nel
‘rallentare’ e/o nel ‘terminare’ l’allungamento della catena polipeptidica.
Modificazioni post-traduzionali della proteina. Dopo tradotte, molte proteine subiscono successive
modificazioni dette post-traduzionali che includono: acetilazione, acilazione, defosforilazionefosforilazione, glicosilazione, lipidazione e metilazione. Ciascuno di questi processi può essere
regolato dai costituenti introdotti con la ‘razione’ o ‘regime’ alimentare. Difetti nel meccanismo
post-traduzionale possono comportare maggiori variazioni nella funzionalità o nel metabolismo
cellulare. A esempio si ricorda la funzione ‘combinata’ della tiamina (B1) e del manganese
nell’attivare determinate attività enzimatiche.
4. Conclusioni
1.
La complessità dell’essere vivente, configurando il verificarsi di ‘infiniti’
fenomeni biologici e non, deve indurre il ricercatore a individuare continuamente il maggior
numero possibile di coordinate dipendenti, sostanzialmente, dagli ‘innumerevoli’ segnali emessi
dalle tante ‘biomolecole’ presenti in un alimento.
2.
In futuro, sempre maggiore enfasi è da dare alla scienza ‘omica’
(sintetizzabile in quella genomica, trascrittomica, proteomica, lipidomica, glicomica, metabolomica,
ecc..) considerata nella sua peculiarità di ogni componente e nelle relazioni tra queste, ma con
occhio ‘particolare’ alla ‘genomica nutrizionale’ considerata contemporaneamente in chiave
‘strutturale’ e ‘funzionale’.
3.
La evidente irriducibile ‘complessità’ del funzionamento di un sistema
biologico vivente è tale da suggerire che siamo di fronte sia a una ‘cascata dinamica di certezze
documentate’ sia a un ‘fiume carsico di evidenze scientifiche’.
4.
Parafrasando San Bernardo (1139), che si rivolgeva ai monaci benedettini di
Saint Bertin, si può affermare che “Il nostro progresso non consiste nel presumere di essere
arrivati, ma nel tendere continuamente alla meta”.
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5.
Mi piace concludere con una espressione ripresa da Science: “La vita è un
miracolo…….., aspettando di essere scoperta” (figura 1).
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