Corso di Tecnica e Gestione degli Investimenti 5 cfu A.A. 2015-2016 (già Finanza Aziendale 5 Cfu) ALFIO CARIOLA Informazioni generali Ufficio: cubo 3C V° piano ufficio n.8 Tel. 0984492273 Posta elettronica: [email protected] Home page: www.alfiocariola.it Ricevimento: controllate sul sito Controllare giornalmente la home page del sito per eventuali avvisi Informazioni Il corso TEGI da 5 cfu può essere seguito anche come seconda parte del corso coordinato da 10 Cfu Tecnica e Gestione degli Investimenti e dei Finanziamenti (TEGIF) il cui primo modulo (TEGEF – Tecnica e gestione dei finanziamenti, già Aefi) è stato tenuto nel primo periodo del primo semestre dal prof. La Rocca. TEGI, inoltre, funge da corso di recupero per gli studenti fuori corso che hanno nel proprio piano di studio l’insegnamento di Finanza Aziendale (5 cfu) e intendono seguire/riseguire il corso. Questi ultimi potranno continuare a sostenere l’esame prenotandosi a mio nome; l’esame di FA da 10 cfu è invece nella responsabilità didattica del Prof. Monteforte. Attenzione: Non è possibile inserire in piano di studi sia Tegi 5 CFU che FA 10 CFU Organizzazione del corso TEGI Lezioni AA 2016/2017 – secondo periodo del primo semestre Lun 17-19 cons 1 Mer 13-15 OA4 Gio 17-19 cons 4 Ven 11-13 cons 4 Previste 30 ore di lezione e almeno 12 ore di esercitazione Programma prima parte – testo di rif. Libro di testo: Brealey R.A., Myers S.C., Allen F., Sandri S., Principi di Finanza Aziendale, Mc Graw Hill Italia, Milano. Capitoli da 1 a 11, 16, 18 (V edizione) Capitoli da 1 a 13, 18, 20 (VI edizione) Capitoli da 1 a 11, 17, 19 (VII edizione) Testi di approfondimento: Damodaran A., Finanza Aziendale, Apogeo Berk, De Marzo, Finanza Aziendale, Pearson Esercizi Prove d’esame disponibili sul sito Esercizi di finanza aziendale dal manuale di Brealey, Myers, Sandri di D'Ambrosio Charles A. - Hodges Stewart D. Problemi e soluzioni di finanza aziendale. Esercizi di supporto a «Finanza aziendale» Programma del corso Introduzione alla gestione e valutazione degli investimenti nell’ambito della corporate finance Decisioni di investimento Rischio e rendimento Capital budgeting in condizioni di certezza ed incertezza Interazioni tra finanziamenti e investimenti Gestione e Valutazione delle operazioni di project finance e venture capital Gestione (finanziaria) dell’impresa Obiettivo: massimizzare il valore dell’impresa Politiche d’investimento Investire in progetti con un rendimento superiore alla soglia minima di rendimento accettabile In sostanza: DOVE INVESTIRE? Politiche di finanziamento Scegliere una struttura Finanziaria che massimizzi il valore dei progetti intrapresi In sostanza: COME FINANZIARE GLI INVESTIMENTI? Politica dei dividendi Qualora non vi siano adeguate opportunità d’investimento restituire il denaro agli azionisti In sostanza: QUANDO E QUANTO RESTITUIRE AGLI AZIONISTI? Obiettivo/Criterio di scelta: massimizzare il valore! Quale obiettivo perseguire tra: Max profitti? Max ricavi? Max sopravvivenza nel lungo periodo? Max Valore? E il valore di cosa? Tutti i modelli teorici alla base della moderno Corporate Finance concordano sull’obiettivo di massimizzare il valore delle azioni Perché massimizzare il valore delle azioni? Il valore delle azioni è: Facilmente misurabile (per un’impresa quotata!!). A differenza di qualsiasi parametro contabile, se gli investitori sono perfettamente razionali (lo sono?!?) il prezzo delle azioni riflette istantaneamente l’informazione disponibile Espressione delle politiche di lungo periodo delle politiche aziendali In grado di fornire un criterio di selezione delle alternative d’investimento e di finanziamento CHIARO. E per le imprese non quotate? Massimizzare il valore dell’impresa anche se tale valore non sarà immediatamente misurabile. I principi guida della max valore rimangono gli stessi.. Da dove deriva il valore? Il valore delle azioni deriva da: Attività Passività Valore Contabile ≠ Valore di Mercato Investimenti in essere (Asset in place). Comprendono attività a lungo e breve termine Capitale di terzi Debiti (D) Diritto “fisso” sui flussi di cassa. Minimo coinvolgimento nella gestione Opportunità d’investimento future (Growth Opportunities). E’ il valore atteso da investimenti che hanno una vita futura Capitale proprio Equity (E) Diritto “residuale” sui flussi di cassa. Ruolo attivo nella gestione Come si misura il valore? Il primo passo per misurare il valore di ogni iniziativa d’investimento consiste nell’individuare tutti i suoi costi e i suoi benefici. 1° Problema: Per la maggior parte delle decisioni finanziarie costi e benefici associati sono disomogenei temporalmente: Costi – immediati Benefici – futuri. E’ possibile gestire questo problema? 1° principio guida Principio del valore temporale del denaro nel tempo: “Un euro oggi vale di più di un euro domani..” Se possiedo un euro oggi lo posso investire e ottenere euro + interessi tra un anno. Se non si tiene conto di tale principio si possono commettere errori che distruggono valore per l’azionista piuttosto che crearlo. 0 1 2 Esempio: Costi Benefici -300 +50 +251 Un aiuto: la regola del Valore Attuale Definiamo “tasso d’interesse” come quel tasso di cambio che consente di effettuare conversioni tra denaro futuro e denaro corrente. In particolare, definiamo “tasso d’interesse privo di rischio” (risk-free rate, Kf): quel tasso che consente di scambiare senza rischi denaro futuro per denaro attuale e viceversa.. Tale tasso è noto sul mercato. Attraverso Kf possiamo esprimere qualsiasi valore futuro “certo” a Valore Attuale. Torniamo all’esempio di prima supponendo che Kf sia pari al 10%. Scegliereste di investire il vostro capitale? 0 Costi Benefici 1 2 +50 +251 -300 Il Valore Attuale Nell’esempio precedente: C1 Valore Attuale =fattore di sconto x Cash Flow = 1 K Il valore attuale per investimenti che generano flussi di cassa in più periodi è semplicemente: VA= n Ct t t 1 1 K Con K= costo opportunità del capitale, ovvero la remunerazione cui si rinuncia investendo nell’iniziativa selezionata piuttosto che in un investimento alternativo. Il valore attuale netto: VAN o NPV Definiamo Valore Attuale Netto (VAN) o Net Present Value (NPV) di un progetto d’investimento: n VAN C 0 t 1 Ct 1 K t La differenza tra il Valore Attuale dei benefici futuri e il Valore Attuale dei costi necessari per intraprenderlo. Massimizzerete la ricchezza dei vostri azionisti se: il VAN dei vostri investimenti sarà >0 in caso di scelta tra progetti alternativi selezionerete quelli con il VAN più alto.. Attualizzazione dei flussi Una complicazione: regola 2 I Flussi futuri non sono sempre “certi”: Nella formula del VAN dobbiamo considerare flussi di cassa attesi e tassi di rendimento attesi offerti da investimenti alternativi appartenenti alla stessa “classe di rischio”. Il rendimento di un investimento è strettamente legato al rischio: rendimenti richiesti più elevati per iniziative più rischiose. Le formule del VA e del VAN “utilizzano” i tassi di rendimento offerti da investimenti comparabili per scontare i flussi di cassa per il tempo e per il rischio. VAN e preferenze dei singoli investitori Ci si potrebbe chiedere se la regola decisionale del VAN cambia a seconda delle preferenze decisionali dei singoli investitori. Fischer affrontò questo problema nel 1907!! Cerchiamo di capire in cosa consiste questo problema. Supponiamo di dover scegliere uno tra i seguenti progetti non rischiosi: Progetto CF0 CF1 VAN al 20% A 42 42 42+35=77 B -20 144 -20+120=100 C -100 225 -100+187,5=87,5 La regola del VAN ci dice di scegliere B. Cambia il criterio di scelta se a valutare sono due soggetti con preferenze di consumo diverse? Cambia la scelta dei progetti? Cosa significa preferenze di consumo diverse? Fisher ricorse agli estremi di un “prodigo” e di un “avaro”: Il prodigo tende a preferire la disponibilità immediata; L’avaro invece vuole risparmiare per il futuro.. Progetto CF0 CF1 VAN al 20% A 42 42 42+35=77 B -20 144 -20+120=100 C -100 225 -100+187,5=87,5 Dovrebbe il prodigo scegliere A? E l’avaro C? La risposta è: NO! Per fornire una dimostrazione convincente a questa domanda dobbiamo capire il ruolo del mercato finanziario. Supponiamo sia possibile dare e prendere a prestito al tasso risk free (20%). Combiniamo il progetto B in un primo caso: con un prestito di 62, per replicare l’entrata in to del progetto A (entrata 42), con un deposito di 80, per replicare l’uscita in to del progetto B (uscita di 100), e confrontiamo il VAN di questo nuovo progetto con quello del progetto B combinato a indebitamento (prodigo) e risparmio (avaro). Progetto B + prestito e confronto con A: Progetto CF0 CF1 VAN al 20% B -20 144 -20+120=100 prestito 62 -74,4 B+prest 42 69,6 +42+58=100 A 42 42 42+35=77 Risulta ancora preferibile il progetto B.. Progetto B + deposito e confronto con C: Progetto CF0 CF1 VAN al 20% B -20 144 -20+120=100 deposito -80 96 B+depo s C -100 240 -100+200=100 -100 225 -100+187,5=87,5 Risulta ancora preferibile il progetto B.. Morale della storia.. Teorema della separazione di Fisher (1907): “L’obiettivo della massimizzazione del VAN di un progetto è indipendente dalla distribuzione temporale dei flussi di cassa (prodigo, avaro). Una volta selezionato il miglior progetto ogni singolo investitore potrà concentrarsi attraverso il ruolo del mercato finanziario sulla distribuzione preferita del flusso di cassa a seconda delle proprie personali preferenze..”. Questo importante principio implica sostanzialmente che in una società ad azionariato diffuso (Corporation) possono convivere investitori con preferenze individuali completamente diverse. L’obiettivo della massimizzazione del VAN METTE TUTTI D’ACCORDO. L’importante è che il management si concentri su progetti a VAN positivo. Il mercato dei capitali farà il resto. Arbitraggio e “Law of one price”.. Affinché il modello appena esaminato regga è necessario che si verifichino una serie di condizioni. Una di queste riveste un ruolo cruciale all’interno degli studi di finanza: il concetto di efficienza dei mercati. Tra le altre cose, perché un mercato sia efficiente è necessario che non esistano opportunità di arbitraggio, ovvero non sia possibile realizzare profitti positivi senza assunzione di un certo grado di rischio. Da questa condizione ne discende un’altra altrettanto importante: “opportunità d’investimento equivalenti scambiate in mercati diversi devono avere lo stesso prezzo”. In questo contesto è possibile utilizzare il criterio di valutazione del VAN. Massimizzazione del VAN e agenzia Quello che è stato finora detto genera ulteriori profonde implicazioni per la gestione dell’impresa. Molto spesso nelle società di una certa dimensione strutturate sotto forma di società per azioni (corporation) la proprietà delle azioni e la gestione societaria non sono nelle mani dello stesso soggetto. In una società composta da migliaia di azionisti (shareholder), ciascuno dei quali con diversi interessi e priorità, gestita da un team di soggetti esterni (manager) come possono i primi assicurarsi che il management persegua i loro obiettivi? Questo problema è noto in letteratura come problema “principalagent”. La risposta alla domanda precedente è: pretendendo che i manager perseguano la massimizzazione del valore. Una situazione ideale… Hanno il potere di scegliere e rimuovere i manager attraverso: Azionisti Massimizza il valore del capitale netto •Consiglio Ammin.ne Imputa all’azienda eventuali costi sociali da essa generati •Assemblea Annuale Prestano fondi Finanziatori Management Protegge gli interessi dei finanziatori Fornisce ai mercati informazioni veritiere e tempestive Società Non genera costi sociali Mercati Finanziari I mercati sono efficienti e i prezzi riflettono tutta l’informazione Cosa può andare storto? Azionisti Hanno limitato potere di controllo effettivo Persegue i propri interessi a spese degli azionisti Prestano fondi Finanziatori Management I finanziatori sono danneggiati dagli azionisti Fornisce informazioni fuorvianti e poco tempestive Non imputa i costi sociali generati Società Genera elevati costi sociali Mercati Finanziari I mercati sono volatili, orientati al breve periodo e compiono valutazioni errate Una scenario cui tendere “politicamente” Interessi meglio allineati attraverso: •Incentivi; Azionisti Pensa e agisce come gli azionisti •Mercato del controllo Previene e reagisce ai costi sociali attraverso un’adeguata legislazione •Attivismo degli azionisti Prestano fondi Finanziatori Management E’ protetto da clausole contrattuali Aumenta il livello di trasparenza e di collaborazione con gli analisti finanziari Società Genera minori costi sociali Mercati Finanziari Si favorisce un mercato più liquido, trasparente e con costi di transazione minori I problemi di capital budgeting Ritorniamo per un attimo alla formula del VAN: n Ct VAN C 0 t 1 Kt t 1 Dal punto di vista pratico, un problema di capital budgeting richiede principalmente la definizione dei seguenti aspetti: Durata dell’investimento; Ammontare e tipologia dei flussi di cassa; Costo opportunità del capitale. Gran parte del modulo I riguarderà questi aspetti… Alcune regole utili: le rendite Prima di affrontare questi argomenti, è utile soffermarsi sulla natura dei problemi di valutazione. La formula generica del VAN finora introdotta prevede una durata limitata dei flussi di cassa. Non sempre nella realtà i problemi si presentano per come ipotizzati nella regola generale. Ad esempio, potremmo trovarci a dover valutare opportunità d’investimento che offrono flussi di cassa con durata illimitata; oppure potremmo dover valutare problemi d’investimento a durata limitata ma con flussi di cassa costanti, e così via. Come possiamo risolvere problemi del genere? Un modo per farlo è quello di utilizzare le rendite. Le rendite perpetue (perpetuity) Una rendita perpetua è un flusso di cassa costante generato a intervalli regolari all’infinito. C C VA ... (1) 2 (1 K) (1 K) Moltiplica ndo per (1 k) entrambi i membri : C C VA(1 k) C ... (2) 2 (1 k) (1 k) sostituendo alla (2) la (1) avremo : k(VA) C da cui : C VA k Rendite perpetue e crescita/decrescita E’ possibile calcolare abbastanza agevolmente il valore di una rendita perpetua a rate crescenti (growing perpetuity) e decrescenti. Il valore attuale di una rendita perpetua a rate crescenti: C C(1 g) C(1 g) 2 VA ... 2 3 (1 k) (1 k) (1 k) è pari a : C VA K -g Mentre se le rate sono decrescenti avremo : C VA Kg Rendite temporanee Si tratta di valutare un’operazione del genere: VA C C ... C (1 k) n (1 k) (1 k) Mettendo in evidenza C/(1 k) e sottraendo le due espressioni si ottiene : C k VA C (1 k) n Da cui si ottiene : 2 1 1 C C C a n k C VA n n K k(1 k) k k(1 k) 1 (1 k ) n O, in alternativa: VA C k Capitalizzazione periodale e continua Molto spesso gli interessi sul capitale non maturano a cadenza annuale ma su base periodale (semestri, trimestri, mesi, ecc.). Un investimento capitalizzato “m” volte in un anno restituisce: VF1 = CF0 * (1+(k/m))^m con un Tasso d’interesse Annuo Effettivo pari a: Kae = (1+(k/m)) -1 Considerando più periodi: VFt = CF0 * (1+(k/m))^m*t dove t=num anni Esercizio: Quanto si riceve tra due anni investendo ad oggi 500 milioni al tasso nominale del 7,5% con capitalizzazione mensile? E tra tre anni? Capitalizzazione nel continuo In questo caso la capitalizzazione avviene per ogni infinitesimo istante di tempo: in pratica, la crescita del capitale avviene esponenzialmente. VFt = Cf0 * e^(k*t) Dove: e = costante = 2.718… k= tasso nominale t = numero di anni. Un esempio Calcolare il valore attuale di una rendita finanziaria che garantisce 50.000$ costanti l’anno per 20 anni, sapendo che il tasso sul mercato è pari a: 0,08. La valutazione degli investimenti di natura finanziaria Come valutare obbligazioni e azioni? Il debito: le obbligazioni Che cos’è un’obbligazione? Le obbligazioni sono titoli sul debito di società o istituzioni (stati, comuni, regioni, ecc.) che danno all’acquirente il diritto per un certo numero di anni di ricevere una serie di pagamenti detti Cedole oltre, naturalmente, alla restituzione alla scadenza del capitale. Le obbligazioni sono trattate sui mercati finanziari. Come è facilmente intuibile un’obbligazione somiglia molto a una rendita. Obbligazioni: definizioni Il capitale che viene restituito è il cosiddetto Valore Nominale, ossia il valore di emissione del titolo. Il valore nominale del debito non necessariamente ne descrive il valore di mercato. Per un’impresa il costo del debito dipende da: Livello attuale dei tassi d’interesse (+); Il rischio d’insolvenza dell’emittente (+); Il beneficio fiscale associato al debito (-). Avremo modo di soffermarci più in dettaglio su questi aspetti nel resto del corso.. Obbligazioni senza cedola Le obbligazioni (bond) assumono diverse forme. In generale avremo: Zero-coupon bond – è la forma più semplice di obbligazioni. E’ un’obbligazione priva di cedole, nel senso che il possessore, a fronte del pagamento del prezzo pattuito, percepisce soltanto il valore nominale alla scadenza del titolo. VN Il valore di una obbligazione zero-coupon bond è: VA t (1 K ) Poiché il Valore Nominale è pattuito e scritto nel certificato obbligazionario, e il prezzo dell’obbligazione è nel continuo noto sui mercati finanziari, l’unica variabile che è necessario individuare riguarda il livello del tasso di rendimento generato dall’obbligazione. I rendimenti delle obbligazioni il cui emittente è privo di rischio, in un mercato efficiente, non può non essere pari al tasso d’interesse offerto dai titoli di stato a breve termine. Obbligazioni con cedola Coupon bond – Abbiamo già parlato di queste obbligazioni. Il loro valore è dato dalla sommatoria del valore attualizzato delle cedole più il valore attualizzato del valore nominale: Ced n Ced1 Ced 2 Val.Nom. VA ... 2 n (1 k ) (1 k ) (1 k ) (1 k ) n Obbligazioni vitalizie – non sono altro che? Un esempio Chiariamo ora alcuni concetti attraverso un esempio numerico. Supponiamo di dover valutare un’obbligazione a due anni con Valore Nominale pari a 1000, cedole pari a 100 e tasso d’interesse pari al 10%. Qual è il valore attuale di questa obbligazione? VA= 100/(1,1) + 1100/(1,1)² = 1000 Supponiamo che i tassi il giorno dopo salgano al 12%. Qual è il nuovo prezzo del titolo? VA= 100/(1,12) + 1100/(1,12)² = 966.2 TEST: Ferme restando le altre variabili, qual è l’impatto di un aumento dei tassi d’interesse sul bilancio (a valori di mercato) di una società? La relazione prezzi/rendimenti Quando il prezzo del titolo è inferiore al valore nominale si dice che viene negoziato “sotto la pari”. Supponiamo che i tassi il giorno dopo passino al 7%. Qual è il nuovo prezzo del titolo? VA= 100/(1,07) + 1100/(1,07)² = 1054.24 In questo caso si dice che il titolo viene negoziato “sopra la pari”. Esiste quindi un trade-off prezzi-tassi d’interesse nel senso che esiste tra il prezzo delle obbligazioni (es. titoli di stato) e tassi d’interesse (rendimenti sui titoli) una relazione inversa. Al crescere dei tassi d’interesse (richiesti dagli investitori) diminuiscono sul mercato i prezzi delle obbligazioni, ossia i prezzi che gli investitori sono disposti a pagare per quei titoli, e viceversa. Il rendimento alla scadenza Un ultimo concetto da esaminare è il cosiddetto rendimento alla scadenza di un titolo obbligazionario. Abbiamo già avuto modo di sottolineare che questa è l’unica incognita da dover individuare. Il rendimento alla scadenza è, dato il prezzo di mercato di un’obbligazione, dato il valore nominale del titolo e le cedole, il tasso di rendimento che l’obbligazione offre alla scadenza. Si trova risolvendo l’equazione di calcolo del valore attuale dell’obbligazione in funzione del tasso d’interesse. Nell’esempio precedente: 1054,24 = 100/(1+y) + 1100/(1+y)² Per risolvere basta fare cosa? Basta porre 1+y = x. Le azioni Le azioni emesse da una società, a prescindere dalla loro tipologia, rappresentano per i possessori la proprietà del capitale. Al momento della costituzione del capitale, le azioni sono emesse ad un valore detto Nominale. Il prodotto del numero di azioni e del valore nominale dell’azione fornisce il valore “contabile” o Book Value. Il numero di azioni da emettere è stabilito dallo statuto. Nel caso in cui, all’emissione, le azioni siano vendute ad un prezzo superiore a quello nominale si ha il cosiddetto “sovrapprezzo”, accantonato in un apposito fondo di riserva. Le azioni non possono, invece, in Italia essere emesse ad un valore inferiore a quello nominale. Tipologie di azioni Le azioni sono in via generale di tre tipi: Ordinarie Diritto di voto assemblee ordinarie e straordinarie. Nessun privilegio nella distribuzione dei dividendi e nei casi di liquidazione. Opzione di prelazione nell’acquisto di nuove azioni nel caso di nuova emissione. Risparmio No diritto di voto. Emesse soltanto da imprese quotate. Diritto di prelazione sul capitale (Senior). Sommate alle azioni privilegiate, max 50% del valore del capitale sociale. Godono di un dividendo maggiorato. Privilegiate Diritto di voto solo nelle assemblee straordinarie. Prelazione su azioni ordinarie ma non su azioni risparmio. Il mercato azionario Le nuove emissioni di azioni costituiscono il cosiddetto Mercato Primario, con la collocazione diretta dei titoli agli investitori attraverso una serie di intermediari detti advisor (tipicamente banche d’affari: ad esempio, Morgan Stanley, First Boston, ecc…; in Italia: Mediobanca ecc.) che si rivolgono sia ai cosiddetti investitori istituzionali che ai singoli risparmiatori. Il Mercato Secondario (Borsa), invece, è quello in cui gli investitori si scambiano azioni “usate”. Azioni income o growth Oltre a questa classificazione, possiamo dividere le azioni in due ulteriori tipologie, legate alle particolari caratteristiche delle aziende sottostanti: GROWTH STOCK – rappresentano azioni il cui valore è fornito prevalentemente dall’incremento dei guadagni in conto capitale e quindi dall’incremento del valore di mercato. I titoli di quali società potete definire growth stock? INCOME STOCK – rappresentano azioni il cui valore è fornito prevalentemente dalla distribuzione periodica dei rendimenti piuttosto che dall’aumento del valore di borsa dei titoli. I titoli di quali società potete definire income stock? Fa differenza possedere azioni growth o income? Le determinanti del valore delle azioni Prima di rispondere a questa domanda, cerchiamo di elaborare un modello che ci consenta di valutare le azioni. Abbiamo già esaminato come tutte le attività finanziarie (progetti d’investimento, rendite, obbligazioni, ecc.) possono essere valutate attraverso la regola del valore attuale come sommatoria algebrica di tutti i flussi di cassa da esse generate. La stessa regola vale per le azioni. Ma quali tipologie di flussi di cassa offre un’azione? (Badate: parliamo di azioni, non di aziende!) DIVIDENDI Erogazione su base periodica (Div(t)) CAPITAL GAINS Trasformazione in denaro nel caso di vendita del titolo (Pt-P0) Titoli azionari e valore attuale Come calcolare il valore attuale di una qualsiasi azione? Supponiamo di considerare un periodo di 1 anno. L’azione al momento t0 avrà un prezzo di mercato che sarà funzione delle grandezze: DIV1 e P1. Qual è il rendimento offerto da questa azione? Div 1 P1 P0 rendim ento atteso r1 P0 P0 DIV1 P DIV1 P1 1 1 k 1 k 1 k Allargando l’orizzonte temporale a 2 anni avremo: DIV1 DIV2 P2 P0 2 1 k 1 k Il modello di Gordon Se estendiamo il periodo a n anni: P0 DIV1 DIV2 DIVn Pn .... 1 k 1 k 2 1 k n Andando avanti nel tempo, verso +∞, l’espressione si ridurrebbe a: DIVt P0 t (1 k) t 1 Questa formula, ricavata negli anni ’50 prima da Williams e poi da Gordon, va sotto il nome di DIVIDEND DISCOUNT MODEL (DDM). L’espressione del modello considera soltanto i dividendi e non i prezzi futuri. Perché mai??! Caratteristiche del modello di Gordon La formula di calcolo del valore delle azioni che abbiamo visto finora può essere definita come applicabile a scenari di crescita cosiddetta “differenziata”. Scenario di crescita nulla: impresa matura, i dividendi non cambiano nel tempo DIV1 P0 K Scenario di crescita costante: i dividendi crescono ad un tasso costante “g”. La formula di calcolo diventa simile a quella di una rendita a rate crescenti: DIV1 P0 Kg Una tabella riassuntiva (ceteris paribus) Fattore Dividendi attesi Crescita attesa Costo capitale azionisti Valore + + - Perchè ceteris paribus? Perchè nella realtà non è possibile separare l’effetto di una singola variabile: sono tutte fortemente correlate. Le componenti del modello: i dividendi V rappresenta i dividendi attesi. Cosa sono i dividendi? ppresentano quote di utile distribuite periodicamente agli azionisti: Vengono distribuiti soltanto sugli utili effettivamente conseguiti. Si dicono “straordinari” se erogati a fronte di eventuali riserve precedentemente costituite e distribuibili. Che dire del contenuto segnaletico? pagamento dei dividendi, oltre che in contanti, può a volte essere effettu in azioni: in questo caso, costituiscono un cosiddetto “aumento gratu del capitale”. asso di distribuzione dei dividendi è definito: coefficiente di payout men il suo complementare è detto “tasso di ritenzione degli utili” (TRU, ERR). Possiamo dire che: DIVt = EPSt * payout Le componenti: il costo del capitale K è il tasso cui scontare i flussi di cassa di un titolo azionario. Ancora non sappiamo molto di come determinare K ma possiamo dire che rappresenta il tasso di rendimento richiesto dagli azionisti (Ke) che investono nella società. Risolvendo in k avremo che: k = Div/P0 + g Questo tasso si divide in due componenti: la prima è il cosiddetto “Tasso di dividendo” o “Dividend yield”. La seconda, g, è il tasso di crescita, ossia il tasso di aumento atteso dei dividendi. Si può agevolmente notare come il primo termine del tasso è facilmente attraverso dati di mercato; il secondo necessita di stime. Le componenti: il tasso di crescita Come stimare g? La prima possibilità è quella di credere alle stime effettuate dagli analisti finanziari. Ma ciascuno di voi può potenzialmente divenire un analista finanziario!!! Una metodologia potrebbe essere quella di considerare g come il prodotto tra gli utili reinvestiti e il tasso storico di rendimento sul capitale proprio, ossia il ROE: G= tasso ritenzione utili * ROE storico Dove: Tasso ritenz. Utili = 1 – tasso distr. Utili = 1 – (Div/Eps) ROE = EPS/capitale netto per azione. Qual è il limite di questo approccio? Si basa su dati storici, difficilmente ripetibili nel futuro. Allora come stimare g? Arrivederci al corso di Finanza Progredita!!! Dividendi e crescita: un trade-off Abbiamo più volte sottolineato come il prezzo di un’azione aumenta all’aumentare dei dividendi attesi e del tasso di crescita. Obiettivo del management quindi è far aumentare entrambi. Tra dividendi attesi e crescita, però, c’è un trade-off: Per crescere è necessario investire; Se di deve investire non si possono pagare dividendi! A questo punto credo sia chiaro che differenza esista tra: growth stock (Amazon, Cisco, Fastweb, STM, Finmeccanica) income (value) stock (Citigroup, Autostrade, AEM) Facciamo un esempio per chiarire meglio questo concetto. Un esempio teorico Supponiamo di avere un’impresa che abbia un certo EPS e che tale utile venga interamente distribuito. Avremo: EPS = DIV Il valore di un’azienda del genere è pari a: P0 = DIV/r = EPS/r Le società che effettuano questa politica in pratica stanno dando al mercato un segnale. Quale? Supponiamo ora che tale azienda individui un buon progetto. Il valore di quest’azienda può essere visto come: P0 = EPS/r + VAOC Ossia come la somma tra il suo valore (EPS/r) in un’ipotesi di assoluta stazionarietà di gestione e il Valore delle Opportunità di Crescita (VAOC) legate al progetto da intraprendere. Il VAOC Possiamo definire il VAOC come il valore addizionale conseguito nel caso in cui l’impresa trattenga parte degli utili per intraprendere nuovi progetti a VAN positivo. Il VAOC, in pratica, è un VAN potenziale per azione. Da questa scomposizione risulta chiaro che la creazione di valore dipende: dall’accantonamento di risorse per l’investimento; da un’accurata selezione di progetti che abbiano VAN positivo. Una politica di investimento in progetti a VAN negativo, sebbene apparentemente nel breve provochi un aumento di utili e dividendi, in realtà distrugge valore. Limiti del DDM di Gordon Il Dividend Discount Model valuta le azioni sulla base dei dividendi futuri che esse distribuiranno. Effettuare questo tipo di previsioni a volte potrebbe generare un elevato grado di incertezza, specie quando le imprese non hanno una storia consolidata di utili alle spalle e quando presentano tassi di crescita molto elevati. In casi del genere si ricorre a modelli più sofisticati di calcolo del valore come il DCF che tra breve introdurremo.. E’ comunque ragionevole sostenere che il modello di proposto da Gordon sia applicabile a imprese che: si trovano in una fase di maturità del proprio ciclo di vita; operano in settori con tassi di crescita stabili; distribuiscono elevati dividendi; hanno rapporti di leverage consolidati e stabili. Misure derivabili dal modello di Gordon Dal modello di Gordon è possibile ricavare dei rapporti che vengono comunemente utilizzati per calcolare in maniera rapida il valore delle azioni. Tali rapporti sono comunemente noti come “multipli” o “moltiplicatori”. La logica dei multipli, detti anche “comparables”, è quella di valutare un’attività finanziaria comparandola ad altre. Per la legge del prezzo unico, infatti, aziende in tutto e per tutto simili devono avere lo stesso prezzo sul mercato. Esistono tre famiglie di multipli: I multipli P/E prezzo/utile per azione I multipli P/BV prezzo/valore di libro dell’azione I multipli P/S prezzo/fatturato Un esempio: il P/E Il rapporto P/E, come tutti i multipli, presenta alcuni vantaggi: Se letto bene da risultati affidabili; Consente di valutare il prezzo potenziale di aziende che non hanno un valore di mercato (non essendo quotate) ma che assomigliano ad aziende quotate. Gli svantaggi: Comporta il rischio di far apparire convenienti società con alte opportunità di crescita ma solo potenziali: Rischia di far apparire vantaggiose aziende che producono utili bassi, a prescindere dal prezzo del titolo. Quale utile utilizzare per esprimere il valore del titolo? Se le misure scelte sono misure contabili, non depurate, il rapporto prezzo/utili risente di una serie di distorsioni notevole (pensate ad esempio ai criteri di calcolo del valore delle scorte). Valore d’impresa e terminal value Valore = V.A. FCD entro piano + Valore oltre piano = n Ct + V.A. flussi da n a infinito t t 0 1 K Entriamo ora nel dettaglio dei tre input di valutazione: tempo, flussi di cassa, costo del capitale