I ragazzi
irresistibili
Personaggi
Willie Clark
Al Lewis
Ben Silverman
Eddie, aiutoregista
“il paziente” (nello sketch)
“l’infermiera” (nello sketch)
l’infermiera
scene
costumi
musiche di
luci
assistente alla regia
assistente costumista
direttore di scena
capo elettricista
fonico
macchinista
sarta
realizzazione scene
decorazioni
realizzazione costumi
collaboratrice ai costumi
parrucche
calzature
foto di scena
direzione tecnica
amministrazione
ufficio stampa
relazioni culturali
INTERPRETI
Johnny Dorelli
Antonio Salines
Orazio Bobbio
Adriano Giraldi
Maurizio Zacchigna
Zita Fusco
Maria Serena Ciano
Lauro Crisman
Fabio Bergamo
Gianni Ferrio e Giorgio Guidi
Peppe Pizzo
Maurizio Repetto
Andrea Buggini
Umberto Di Grazia
Alessandro Macorigh
Alessandro Sdrigotti
Lorenzo Tedeschi
Barbara Favaretto Castellacci
DACO srl
Elena Greco
DACO srl /
Ditta Fabio Bergamo /
Nicolao Atelier
Marzia Degrassi
Ditta Fabio Bergamo
CTC Pedrazzoli
Tommaso Le Pera
Giuseppe Pizzo
Paola Cagnacci
Diego Matuchina /
Cristina Rastelli / Sara Taraschi
Paolo Quazzolo
Scritta nel 1972, The Sunshine Boys (I ragazzi irresistibili nella traduzione
italiana di Masolino D’Amico) racconta le vicende di Al Lewis e Willie Clark,
celebre coppia di comici dell’epoca del vaudeville americano, giunti alla fama
nazionale grazie ad un loro famoso sketch.
Benché affiatatissimi in scena, i due all’insaputa di tutti non si sono mai
sopportati e, una volta passati di moda e dimenticati dal pubblico, si sono
felicemente divisi e volutamente ignorati per vent’anni. Willie ha continuato
a cercare di restare nello spettacolo, finendo a fare qualche spot pubblicitario;
Al si è tranquillamente ritirato in pensione e non rimpiange assolutamente la
notorietà dei tempi andati.
Finché Ben, nipote di Willy e produttore di un varietà televisivo di successo,
decide di fare una puntata sulle vecchie glorie del vaudeville e prova a rimettere
insieme sul palcoscenico questa terribile accoppiata. Riuscirà a convincerli a
mettere da parte i rancori personali per una sola serata?
2
Neil Simon nasce a New York nel 1927.
Si fa le ossa come autore di gag per comici televisivi, e a partire dal 1961 dà alle
scene una serie pressoché ininterrotta di
copioni di successo, che per quantità e
continuità non hanno precedenti nella
storia di Broadway.
Comincia con farse di modeste pretese
come A piedi nudi nel parco (Barefoot
in the Park, 1963), La strana coppia (The
Odd Couple, 1965), Appartamento al
Plaza (Plaza Suite, 1968), L’ultimo degli
amanti infuocati (Last of the Red Hot
Lovers, 1969). Passa in seguito a testi
dove alla comicità si mescola una punta
d’amarezza e introspezione, come Il prigioniero della Seconda Strada (The
Prisoner of Second Avenue, 1972) e I ragazzi irresistibili (The Sunshine Boys,
1972); in questa fase drammaturgica evoca con ironica nostalgia il proprio passato con Capitolo secondo (Chapter Two, 1977),
Brighton Beach Memoirs (1983), Biloxi Blues (1984),
Smarrito a Yonkers (Lost in Yonkers, 1991) e Risata al 23° piano (Laughter on the
23rd Floor, 1993).
Quasi tutte queste opere ottengono centinaia di repliche a New York, vengono
tradotte in film e rappresentate con successo anche in Europa, facendo di Simon il
più grande commediografo vivente.
Le trame di Simon si sviluppano da una situazione di partenza, portata alle estreme
conseguenze non attraverso le complicazioni dell’intreccio ma accumulando tutte le
variazioni possibili, senza modificarla nella sostanza. I suoi lavori finiscono col sollecitare nel pubblico della “middle-class” americana un processo d’identificazione, presentando personaggi generalmente di mezza età, più o meno inseriti nell’ambiente
che li circonda, i quali, davanti a un mondo non più comprensibile, si rendono conto
della propria solitudine e della propria fragilità, anche se le esigenze del lieto fine li
spingono in qualche modo a guardare al futuro con un pizzico di ottimismo e
autoironia.
Un testo dalla doppia personalità
Orazio Bobbio
La messinscena de I ragazzi irresistibili di Neil Simon costituisce,
a poco tempo di distanza, una nuova incursione della Contrada - Teatro Stabile di Trieste nella drammaturgia contemporanea di area anglosassone.
Dopo Ecco un uomo libero! di Tom Stoppard e dopo altre esperienze maturate negli anni passati con la drammaturgia di Alan Ayckbourn,
si è presentata ora l’occasione per mettere in scena una delle più celebri commedie di Neil Simon.
Un lavoro dalla doppia personalità, in cui alla risata si mescola l’amarezza per una vicenda che porta in primo piano la vecchiaia e la solitudine, dove piccole cattiverie, ripicche e screzi altro non sono se il
mezzo estremo per richiamare l’attenzione dell’altro su di sé. Una
storia che ci guida all’interno del mondo dello spettacolo ma, allo
stesso tempo, anche nelle pieghe della vita quotidiana, in cui tutti noi
ci possiamo facilmente riconoscere.
Cavallo di battaglia per interpreti di provata esperienza, I ragazzi
irresistibili può approdare sulle scene della Contrada grazie alla presenza di due attori di grande prestigio: Johnny Dorelli e Antonio
Salines. Per il primo si tratta di una nuova e sicuramente fruttuosa
collaborazione con lo Stabile privato triestino, mentre per il secondo
è il prosieguo di un percorso che lo ha già visto più volte interprete e
regista sul nostro palcoscenico.
Lo spettacolo, che viene presentato nell’agevole traduzione di
Masolino D’Amico, si avvale della messinscena di Francesco
Macedonio, regista “storico” della Contrada, un amico di lunga data,
che ha firmato alcuni tra gli spettacoli più emozionanti visti in Italia
in questi ultimi trent’anni.
3
Tra grottesco e drammatico
Francesco Macedonio
4
La storia raccontata da Neil Simon nei Ragazzi irresistibili, pur attraverso una serie di situazioni altamente divertenti e spesso al limite del
grottesco, affronta alcune tematiche molto importanti e certamente lontane dalla comicità. Due vecchi attori, Willie e Al, si incontrano dopo
parecchi anni per riallestire uno dei loro celebri numeri comici.
Separatisi a seguito di continue baruffe, non hanno dimenticato del tutto
i vecchi rancori, e così, quando tentano di riconciliarsi, non fanno altro
che rievocare e inasprire le passate incomprensioni. Ecco quindi emergere il tema della vecchiaia che, curiosamente, è posto in grottesca
contrapposizione con il titolo della commedia e, soprattutto, con il nome
d’arte che continuano a sfoggiare Willie e Al. Quelli che noi vediamo
sulla scena sono due uomini ormai ultrasettantenni, i quali si sono allontanati dal mondo circostante per rinchiudersi in una solitudine in cui
regna, sopra ogni cosa, l’incapacità a comprendersi.
Dei due, Willie possiede il carattere più scontroso. Abituato alla solitudine dei camerini, dopo il forzato ritiro dal mondo dello spettacolo ha
acutizzato le sue maniere brusche, rinchiudendosi nel proprio appartamento come in una sorta di volontario esilio. È vedovo e senza figli: solo
un nipote si prende cura di lui ma senza troppi affanni, dal momento che
lo stesso Willie sembra provarne fastidio. E nella sua solitudine, emergono tutti i difetti tipici della persona anziana: non esce mai di casa, si
dimentica di mangiare, contraddice costantemente il proprio
interlocutore. Unico interesse è la rivista “Variety”, di cui legge solo la
pagina dei necrologi.
Tali premesse potrebbero fornire un quadro altamente angosciante che
tuttavia, nella scrittura scenica di Simon, si trasforma in una sensazionale occasione per ribaltare le prospettive e inquadrare la vicenda attraverso una dimensione altamente grottesca. E il pedale della comicità viene
spinto così tanto che, in taluni punti, non si riesce neppure a distinguere
quando Al e Willie stiano recitando la loro scenetta e quando i due vecchi attori stiano realmente bisticciando tra loro.
Tutto il testo di Simon è sapientemente giocato su un costante alternarsi
di situazioni comiche, grottesche e drammatiche, pur senza giungere
mai al tragico. Quest’ultimo resta forzatamente escluso, dal momento
che nessuno dei personaggi creati dall’autore ha la forza di compiere
azioni estreme. Basti pensare al momento in cui Willie viene colpito da
infarto: nel punto di maggiore tensione drammatica, la scena si volge
repentinamente al comico, grazie alla battuta con cui il protagonista finalmente ricorda il nome, a lungo dimenticato, delle patatine.
Ma è indubbio che un’altra grande abilità dell’autore è quella di creare
un’intera commedia su una trama estremamente sottile, dove la vicenda
procede non attraverso grandi azioni, ma piuttosto tra battute mordenti,
piccole cattiverie, assurdità di ogni genere. E il meccanismo funziona
perché ciascuno di noi ritrova nella commedia qualcosa di sé e del proprio vissuto quotidiano.
La struttura dei Ragazzi irresistibili presenta una stretta analogia con
un celebre film di Federico Fellini, Ginger e Fred. Anche in quel caso si
tratta di una coppia di vecchi attori che vengono chiamati alla televisione
per riproporre, ad anni di distanza, un loro celebre numero. Ma, mentre
in questo caso scatta anche una vicenda sentimentale trattandosi di un
uomo e una donna, nella commedia di Simon la predominanza della componente maschile consente di porre una cattiveria di fondo che accompagna tutta la vicenda.
Nella messinscena di questa commedia ho potuto contare sulla presenza di tre protagonisti veramente validi. Con Orazio Bobbio mi lega una
lunga consuetudine, avendo condiviso con lui una lunga fetta della mia
carriera artistica. Antonio Salines è stato uno dei protagonisti della mia
recente messinscena dei Rusteghi, e posso dire che si tratta di un attore
di grande sensibilità. Con Johnny Dorelli è la prima volta che ho il piacere di lavorare. Si tratta di un attore di grande esperienza teatrale e cinematografica, un interprete dai tempi comici perfetti e dall’innata capacità
nello sfruttare le situazioni che la scena mette a disposizione. Una parola
di elogio deve essere rivolta anche a tutti gli altri attori della Contrada
che, sebbene qui impegnati in ruoli di minor peso, danno tutti prova di
professionalità, da Adriano Giraldi a Maurizio Zacchigna, da Maria Serena Ciano a Zita Fusco. E non vanno dimenticate la funzionale scena di
Lauro Crisman e i bei costumi di Fabio Bergamo.
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Un cavallo di battaglia per grandi attori
Paolo Quazzolo
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Scritta nel 1972, I ragazzi irresistibili rappresenta uno dei primi tentativi di Neil Simon nell’affrontare - pur sempre attraverso la chiave
della comicità - tematiche di più grosso spessore. Dopo successi quali A piedi nudi nel parco (1963), La strana coppia (1965), Plaza
Suite (1968) o L’ultimo degli amanti infuocati (1969), che lo rivelarono al pubblico come brillante autore di farse, Simon iniziò a dedicarsi a lavori di maggiore spessore, come Il prigioniero della Seconda Strada (1972), Capitolo secondo (1977) o - appunto - I ragazzi irresistibili dove, accanto alla vis comica, è possibile incontrare momenti di riflessione, se non addirittura di amarezza e nostalgia.
Contrariamente a quanto promette il titolo, i protagonisti di questa pièce
non sono degli adolescenti, bensì degli attempati signori di una “certa
età”. “Ragazzi irresistibili” è infatti il nome di una coppia di attori, un
tempo osannati dal pubblico ma da tempo ritiratisi dalle scene. Willie e
Al - questi i loro nomi - hanno infatti lavorato assieme per quarantatrè
anni ma, nonostante l’incredibile affiatamento dimostrato sulla scena,
non sono mai riusciti a sopportarsi. E così, giunti a un punto limite, hanno deciso di porre fine alla loro esperienza artistica. Al si è ritirato a vita
privata; Willie, viceversa, ha continuato a lavorare nello spettacolo ma
senza successo, tanto è vero che la sua vita si è ridotta a ben poca cosa:
vive in uno squallido appartamento, isolato da tutti, chiuso in un rancore
che ne ha accentuato i tratti burberi del carattere.
Suo nipote, Ben, produttore televisivo, trova un’occasione d’oro per
riportare in vita l’antico duo: la registrazione di un varietà televisivo
nel quale Willie e Al si esibiranno in una delle loro più celebri scenette.
I “Ragazzi irresistibili” si ricompone, ma è inevitabile che in breve gli
antichi rancori tornino alla luce, vanificando così ogni tentativo di
ricomporre la coppia.
Sin dalla prima rappresentazione (ne furono interpreti Jack Albertson
e Sam Levine) apparve subito chiaro che la commedia di Simon, accanto al carattere eminentemente comico, poneva una vena amara
nel raccontare una vicenda che ha quale tematica portante il mondo
della vecchiaia. Attraverso quello che sicuramente vuole essere un
omaggio al genere del varietà e ai suoi interpreti, Simon in realtà racconta una storia di solitudine, un rapporto difficile tra due uomini che,
pur detestandosi, tuttavia non fanno che cercarsi l’un l’altro, dimostrando così che, in fondo, tra di loro esiste un sincero legame di
affetto e stima reciproca.
La commedia offre una riuscita caratterizzazione dei personaggi principali, colti attraverso le più tipiche manie della vecchiaia: dalla testardaggine all’egoismo, dall’improvvisa pignoleria al ferreo senso di
dignità, sino a quella sorta di regressione mentale che conduce la
persona ad assumere atteggiamenti fanciulleschi. A tutto ciò si aggiunge una scrittura drammaturgica particolarmente felice, sostenuta da dialoghi estremamente brillanti, che pongono in evidenza la caratteristica fondamentale del lavoro: il suo essere costantemente a
metà strada tra il comico, il grottesco e il drammatico. I ritmi particolarmente serrati del teatro di Simon, si fanno qui ancora più veloci,
offrendo una struttura volutamente ambigua nella quale è spesso difficile scorgere il limite tra il teatro e la vita.
In tale senso basti citare la scena del secondo atto, ove Willie e Al
stanno registrando la loro scenetta nello studio televisivo: lo spettatore quasi non si accorge del repentino passaggio che c’è tra la situazione comica dello sketch e quella comico-drammatica in cui i due
attori, usciti dai reciproci personaggi, iniziano realmente a litigare e
a lanciarsi crudeli insulti.
Dopo il successo teatrale, I ragazzi irresistibili conobbe, nel 1975,
una prima versione cinematografica diretta da Herbert Ross e interpretata da Walter Matthau e George Burns, che valse a quest’ultimo
un premio Oscar, mentre a Matthau e a Simon (autore della
sceneggiatura) una nomination.
Nel 1995 è stato prodotto un nuovo film diretto da John Erman Writing
e interpretato da Woody Allen e Peter Falk. Nonostante ciò, I ragazzi irresistibili continua a ottenere numerosi successi anche nella versione teatrale, dal momento che è costantemente riproposta in numerosi teatri di tutto il mondo, quale cavallo di battaglia per vecchi “leoni” della scena.
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FRANCESCO MACEDONIO
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Regista e autore teatrale, Francesco
Macedonio è nato a Idria. Dopo la fine
della guerra fonda a Gorizia una
compagnia teatrale per la quale svolge
le mansioni di regista. Nel 1967 il
Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia
gli chiede di mettere in scena un testo
di Vittorio Franceschi, Gorizia 1916:
da allora diviene il regista stabile di
quel Teatro, dirigendo la compagnia dei
“dodici”, gli attori che per numerosi
anni costituirono il gruppo di
riferimento fisso per gli allestimenti di
produzione.
Fra gli spettacoli allestiti per lo Stabile,
Sior Todero brontolon con Corrado
Gaipa, Il mio Carso, Avvenimento
nella città di Goga con Gabriele Lavia,
Casa di bambola, L’idealista con
Corrado Pani, Vecchio mondo con Lina
Volonghi, oltre alla fortunatissima
trilogia in dialetto triestino di Carpinteri
e Faraguna Le Maldobrìe, Noi delle
vecchie province e L’Austria era un
paese ordinato: uno dei successi più
grandi nella storia teatrale triestina
recente.
Nel 1976, assieme agli attori Orazio
Bobbio, Ariella Reggio e Lidia Braico,
Macedonio fonda il Teatro Popolare La
Contrada, del quale è direttore artistico.
In tale veste ha messo in scena
parecchie decine di spettacoli,
spaziando dal teatro in dialetto triestino
a quello in lingua italiana, dal repertorio
brillante a quello drammatico, sino a
numerosi allestimenti per il teatro
ragazzi.
Tra gli allestimenti più recenti, sono da
ricordare El mulo Carleto e El
serpente de l’Olimpia di Roberto
Damiani ispirati alla figura e alle opere
di Angelo Cecchelin, L’assente di
Bruno Maier, Classe di ferro di Aldo
Nicolaj, Due paia di calze di seta di
Vienna e Cosa dirà la gente? di
Carpinteri e Faraguna, Ballando con
Cecilia di Pino Roveredo, Ecco un
uomo libero! di Tom Stoppard e I
rusteghi di Goldoni.
Di Tullio Kezich ha messo in scena
sempre per la Contrada L’Americano
di San Giacomo (1998), Un nido di
memorie(2000) e L’ultimo carnevàl
(2002).
Macedonio si dedica pure alla scrittura
drammaturgica: ha composto, in
collaborazione con Ninì Perno, Quela
sera de febraio, Un’Isotta nel
giardino e Antonio Freno.
Sue sono anche numerose commedie
espressamente pensate per il teatro
ragazzi, come La vecchia e la luna,
Bandiera, Scarabocchio, Dietro la
cometa, E tutto per una rosa, La
vigilia di Natale e di recente Giro giro
tondo ispirato alla fiabe popolari
balcaniche.
JOHNNY DORELLI
tografica con titoli come Tipi da
spiaggia, Guardatele ma non toccatele,
Totò, Peppino e le
fanatiche, mentre cresce di pari passo la
Nato a Milano nel 1937, Giorgio Guidi si
trasferisce da bambino a New York per
raggiungere il padre Aurelio, che si
esibisce come cantante con il nome
d’arte di Nino D’Aurelio: questo nome,
storpiato dalla pronuncia americana,
darà a Giorgio Guidi l’idea per il suo
futuro pseudonimo.
Durante il soggiorno americano, Johnny
Dorelli studia pianoforte e contrabbasso
alla High School Of Music And Art di
New York, dove viene notato da due
grandi direttori
d’orchestra, Percy Faith e Paul
Whiteman, e ottiene buoni risultati
nell’ambito di un concorso per nuovi
talenti bandito dalla CBS.
Quando nel 1955 torna in Italia ed
esordisce nel mondo dello spettacolo,
Dorelli viene apprezzato come talento
tutto italiano al quale viene riconosciuta
quella capacità di intrattenimento che
caratterizza i poliedrici entertainer
americani. Dopo il debutto al cinema con
Cantando sotto le stelle e
nell’avanspettacolo con i fratelli Maggio,
Dorelli prosegue la sua carriera cinema-
fortunata carriera canora iniziata con il
successo di Calypso Melody: cantante
fisso al “Musichiere”, Dorelli partecipa a
due Festival di Sanremo, in coppia con
Modugno, vincendo con Nel blu dipinto
di blu (‘58) e Piove (‘59). Seguono
successi come Lettera a Pinocchio e
Love in Portofino fino al terzo successo
sanremese con
L’immensità nel 1967.
Da qui la sua carriera prosegue con un
crescendo di successi. Abile
intrattenitore nel televisivo “Johnny 7” e
nel radiofonico “Gran Varietà”, Dorelli
continua a sfoggiare un grande talento
comico tanto al cinema e in televisione,
quanto sul palcoscenico. Negli anni ‘70,
oltre a recitare in numerose pellicole,
l’attore conferma il suo talento proprio a
teatro (Promesse, promesse, Niente
sesso siamo inglesi, l’indimenticabile
Aggiungi un posto a tavola ,
Accendiamo la lampada). Nel 1983
interpreta per la TV don Filippo Neri in
State buoni, se potete di Magni, cui
seguiranno di lì a poco il maestro
Perboni di Cuore di Comencini(‘85) e
Zeno Cosini de La coscienza di Zeno
di Bolchi(‘88). In TV lo ritroviamo anche
conduttore di “Premiatissima”, “Finalmente Venerdì”, dell’edizione 1990 del
Festival di Sanremo e di “Fantastico” nel
’91.
È un ottimo periodo anche a teatro, con i
successi di Taxi a due piazze, Se devi
dire una bugia dilla grossa, Una
bottiglia piena di ricordi, Ma per
fortuna c’è la musica, Bobby sa tutto,
tutti per la regia di Garinei, cui seguono
nelle ultime stagioni Il vizietto, L’Amico
di tutti e Do you like Las Vegas?. È da
poco uscito il suo ultimo cd e ha appena
finito di girare il film di Pupi Avati Ma
quando arrivano le ragazze?.
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ANTONIO SALINES
Shakespeare, Barabba di De
Ghelderode e Aspettando Godot di
Beckett.
Dal ‘70 lavora come attore e regista al
Teatro Belli di Roma, dove oggi è
direttore artistico di una compagnia
stabile, allestendo numerosi spettacoli,
fra cui Peer-Gynt di Ibsen, L’opera dei
mendicanti di John Gay, Cuore di cane
di Bulgakov, L’educazione
parlamentare e Memorie di un pazzo
di Roberto Lerici, Antigone di Sofocle,
Il più felice dei tre di Labiche. Nell’80 si
cimenta con la regia di Un marziano a
Roma di Flaiano. Nell’85 è regista e
interprete de Il boudoir del Marchese
de Sade di Lerici e interprete de Pranzo
di famiglia di Lerici per la regia di Tinto
Brass. Seguono Inferno di Strindberg,
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Nato a La Spezia, si diploma
all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio
D’Amico: i suoi maestri sono stati Sergio
Tofano e Vittorio Gassman. In seguito
fonda assieme a Carmelo Bene una delle
prime compagnie teatrali autogestite, “I
ribelli”, e debutta con Caligola di
Camus a Roma. Nel ‘60 fa parte del
Teatro Popolare diretto da Vittorio
Gassman e prende parte a Adelchi di
Manzoni, Orestiade di Eschilo e Un
marziano a Roma di Ennio Flaiano.
Lavora in televisione con la compagnia
de “I Nuovi” diretta da Guglielmo
Morandi, dove è protagonista di
numerose commedie, fra le quali Ma
non è una cosa seria di Pirandello.
Nel ‘63 fonda a Roma il primo cabaret
con Maurizio Costanzo. Dallo stesso
anno è attivissimo in teatro, dove prende
parte a numerose commedie, lavorando
con le maggiori compagnie italiane e
con i registi più prestigiosi. Entrato al
Piccolo Teatro di Milano, sostiene ruoli
importanti nella Betia del Ruzante (regia
di De Bosio) e in Toller di Dorst (regia
di Chèreau); tra gli altri suoi lavori con
varie compagnie: Giulietta e Romeo di
Chi ruba un piede è fortunato in
amore di Dario Fo, la regia di Delitto
all’Isola delle Capre di Betti, Coltelli di
Cassavetes,
Il bugiardo di Goldoni, Francesca da
Rimini di D’Annunzio.
Ha collaborato con lo Stabile di Bolzano
e con lo Stabile del Veneto sostenendo
svariati ruoli da protagonista (Leonzio e
Lena di Buckner, Pene d’amor perdute
e Le allegre comari di Windsor di
Shakespeare, La
cortigiana dell’Aretino, Provaci ancora
Sam di Woody Allen, come regista e
attore, La famiglia
dell’antiquario, Chi la fa l’aspetti, Una
delle ultime sere di carnevale di
Goldoni e Se no i xe mati no li volemo
di Rocca.
Il rapporto di collaborazione con la
Contrada, iniziato con la partecipazione
a La rigenerazione di Svevo nel 2002, è
proseguito con due fortunate stagioni de
I rusteghi di Goldoni per la regia di
Macedonio e con l’allestimento della
prima edizione teatrale italiana di Io e
Annie di Woody Allen del quale è
interprete e regista.
ORAZIO BOBBIO
Orazio Bobbio è nato a Trieste, dove
ha iniziato a lavorare giovanissimo
come attore. Dopo le prime esperienze
artistiche, entra a far parte della
compagnia del Teatro Stabile del
Friuli-Venezia Giulia dove partecipa,
tra il 1963 e il 1976, all’allestimento di
numerosi spettacoli diretti da registi
quali Giovanni Poli, Eriprando
Visconti, Gianfranco De Bosio,
Francesco Macedonio, Aldo Trionfo,
Sandro Bolchi, Fulvio Tolusso. Nel
1969 prende parte all’allestimento de I
nobili ragusei di Marino Darsa nel
restaurato Politeama Rossetti di
Trieste e in seguito alla fortunata
trilogia in dialetto triestino Le
Maldobrìe di Carpinteri e Faraguna,
allestite da Francesco Macedonio.
Fra il 1973 e il 1974 collabora alla Rai
di Trieste e di Torino per la realizzazione di alcuni programmi televisivi e
radiofonici.
Nel 1976, assieme alle attrici Ariella
Reggio e Lidia Braico e al regista
Francesco Macedonio, fonda a Trieste
il Teatro Popolare La Contrada.
Con la Contrada, della quale è
presidente, Bobbio partecipa
all’allestimento di svariati spettacoli
quali Un’ora d’amore di Topol, Buon
natale, amici miei di Ayckbourn, La
roccia e i monumenti di Rosso di San
Secondo, Emigranti di Mrozek,
Omobono e gli incendiari di Frisch,
Centocinqanta la gallina canta di
Campanile per la regia di Antonio
Calenda. Si è anche dedicato al teatro
per ragazzi, prendendo parte, tra
l’altro, alla fortunata messinscena di
Marcovaldo. Ha inoltre partecipato,
sotto la regia di Francesco Macedonio,
all’allestimento di numerosi testi in
dialetto triestino, come Due paia di
calze di seta di Vienna, Marinaresca,
Co’ ierimo putei, Quela sera de
febbraio..., Putei e putele, Sette sedie
di paglia di Vienna, El mulo Carleto,
Antonio Freno, El serpente de
l’Olimpia e molti altri.
Nelle ultime stagioni è stato
protagonista, assieme a Lauretta
Masiero, di una fortunata messinscena
di Non ti conosco più di Aldo De
Benedetti per la regia di Patrick Rossi
Gastaldi, di Alida Valli che nel ‘40
iera putela di Grisancich per la regia
di Mario Licalsi e de I rusteghi di
Goldoni per la regia di Macedonio. Di
Tullio Kezich ha interpretato L’americano di San Giacomo, Un nido di
memorie, L’ultimo carnevàl e I
ragazzi di Trieste.
Ha partecipato alla messinscena di Il
formaggio e i vermi di Carlo Ginzburg
per la regia di Giorgio Pressburger,
presentato nel luglio 2000 al Mittelfest
di Cividale del Friuli e nel 2002 ha
debuttato come regista dirigendo e
interpretando Orient Express,
spettacolo recitato all’interno della
suggestiva cornice del Teatro Romano
di Trieste.
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ADRIANO GIRALDI
MAURIZIO ZACCHIGNA
Triestino, ha frequentato la scuola del
Piccolo Teatro di Milano. Debutta nel
1981 allo Stabile del Friuli-Venezia
Giulia in Karl Valentin kabarett (regia
di Giorgio Pressburger). Lavora al
Teatro di Roma sotto la direzione di
Luigi Squarzina, a Bologna con Leo De
Berardinis e nuovamente a Trieste con
Roberto Guicciardini, Giuseppe Patroni
Griffi e Gabriele Lavia. È stato diretto
da Sandro Sequi, Franco Però, Sandro
Bolchi, Krzysztof Zanussi.
Dal 1986 collabora con La Contrada
prendendo parte a numerose produzioni dello Stabile di Trieste sotto la
direzione di Francesco Macedonio,
Antonio Calenda, Mario Licalsi, Patrick
Rossi Gastaldi, Tonino Pulci, Antonio
Salines. Solo nelle ultime stagioni ha
preso parte a Un nido di memorie di
Tullio Kezich, Ballando con Cecilia di
Pino Roveredo, Piccole donne: il
musical! di Pulci e Marcucci, I rusteghi
di Goldoni, Io e Annie di Woody Allen.
Per il settore progetti speciali della
Contrada ha preso parte a tutti gli
allestimenti estivi prodotti con il Museo
Sveviano di Trieste.
Maurizio Zacchigna si è formato con
registi provenienti dall’avanguardia
come Michele Francis e Carlo
Quartucci, con il teatro di
sperimentazione (Frattaroli, SolariVanzi) e ha inoltre lavorato con la regista
Sharoo Keradmand.
Da alcune stagioni collabora con la
Contrada per la quale ha preso parte a
numerose pièce di “Teatro a Leggìo”
dell’Associazione Amici della Contrada e
a tutte le produzioni della
manifestazione “Non avevano che
genio... Nient’altro!” ideate dalla regista
Elena Vitas per la Biblioteca CivicaMuseo Sveviano.
Nelle ultime stagioni è stato tra gli
interpreti di Ballando con Cecilia di Pino
Roveredo, Ecco un uomo libero! di Tom
Stoppard, I rusteghi di Goldoni, Cosa
dirà la gente? di Carpinteri e Faraguna,
tutti per la regia di Francesco
Macedonio; L’avventura di Maria di
Svevo, con la regia di Antonio Salines e
Mia fia di Giacinto Gallina, con la regia
di Mario Licalsi.
È autore e interprete di L’eredità
dell’ostetrica (ed. Manifestolibri).
14
MARIA SERENA CIANO
ZITA FUSCO
15
Diplomata all’Istituto d’Arte
Drammatica di Trieste, Maria Serena
Ciano inizia la sua carriera di attrice di
prosa negli anni Settanta collaborando
con diversi teatri e compagnie
nazionali, fra i quali il Teatro Stabile del
Friuli Venezia Giulia e la Contrada (nel
1976 è fra gli interpreti di A casa tra un
poco, spettacolo con cui nasce la
compagnia del Teatro Popolare La
Contrada).
All’attività di attrice Maria Serena Ciano
affianca collaborazioni con la sede RAI
del Friuli Venezia Giulia, dove lavora
con registi quali Amodeo, Winter,
Bordon, Cortese, Pressburger, Tolusso,
Licalsi, Spadaio, Zeper, Calacione, e con
il Festival dell’Operetta, presso il Teatro
Verdi di Trieste, in qualità di Maestro
Rammentatore.
Nelle ultime stagioni ha ripreso una
collaborazione più stretta con la
Contrada prendendo parte a I rusteghi
di Goldoni diretto da Francesco
Macedonio, Mia fia di Giacinto Gallina,
per la regia di Mario Licalsi e Io e
Annie di Woody Allen con la regia di
Antonio Salines.
Zita Fusco si avvicina al teatro a16 anni
partecipando al “Palio degli Asinelli”
(gara teatrale fra le Scuole superiori di
Trieste) per tre anni di fila. Inizia quindi
a fare la comparsa in vari film,
frequenta corsi di dizione con Dario
Padovan e corsi di improvvisazione
teatrale con la Compagnia degli
Asinelli.
Nel 2000 presenta varie serate di poesia
del gruppo di poeti “gli Ammutinati” (di
cui fa parte) e partecipa ai corsi teatrali
del CUT (centro universitario teatrale).
Nel 2001 entra nella scuola televisiva di
“Saranno Famosi”, partecipando alla
prima edizione della fortunata
trasmissione Mediaset come aspirante
presentatrice.
Nel 2003 riprende la strada del teatro
con la compagnia “Teatro Rotondo”
diretta da Riccardo Fortuna e interpreta
un ruolo nel film tv “Marcinelle”. Dal
2003 lavora per la televisione locale
Tele4, come annunciatrice e
presentatrice, e nell’estate del 2004
presenta a Grado la gara fra stilisti
Mittelmoda.
LAURO CRISMAN
FABIO BERGAMO
Debutta come scenografo al Goldoni di
Venezia con l’Orfeo di Sartorio per la
regia di Giancarlo Cobelli, nell’ambito
della Biennale Musica 1980. Dal 1981 è
direttore degli allestimenti scenici del
Teatro La Fenice dove ha realizzato
scene e costumi di svariate produzioni
d’opera. Tra le altre: Lulu, Wozzeck,
Bohème, Fidelio, Agrippina, Così fan
tutte, Zaide, I quattro rusteghi, Don
Pasquale. È al Narodni Divadlo di Praga
per il bicentenario mozartiano con La
clemenza di Tito, al Teatro Regio di
Torino con Capuleti e Montecchi, al
Teatro Verdi di Trieste con Lucia di
Ha lavorato assieme a Lele Luzzatti,
Santuzza Calì e Gabriella Pescucci,
collaborando alla messinscena di
spettacoli allestiti da Ronconi, Enriquez,
Macedonio, Calenda, Wajda, Rossi
Gastaldi e altri. Ha firmato i costumi per
spettacoli di prosa, lirica e commedie
musicali, nonché per alcune produzioni
della Rai, spaziando dal repertorio del
Settecento sino a quello attuale. Dal
1987 collabora alla Contrada, per la
quale ha firmato i costumi di una
quarantina di spettacoli (fra i più recenti
16
Lammermoor.
Ha lavorato in Oberon e The Lord’s
Masque di Castiglioni, Il trionfo della
notte di Guarnieri, Tristan di Pennisi,
Carillon di Clementi e il balletto L’orso
e la luna di Carlson. Nel ‘98 debutta
come regista a Venezia con il Werther
di Massenet.
Per la Contrada ha firmato le scene di
Un nido di memorie e L’ultimo
carnevàl di Kezich e di Ecco un uomo
libero! di Stoppard, tutti per la regia di
Francesco Macedonio.
L’Americano di San Giacomo, Sorelle
Materassi, Due paia di calze di seta
di Vienna, L’ultimo carnevàl, Mia fia,
Cosa dirà la gente?). Collabora al
Festival Pucciniano di Torre del Lago,
al Festival di Todi, al Teatro Lirico
Nazionale di Maribor in Slovenia, al
Teatro Nazionale di Seoul (Corea).
Recentemente ha realizzato i costumi
per Rigoletto al Politeama Pratese e
per La bohème e Coppelia al Teatro di
Maribor. È stata di recente allestita a
Muggia (Ts) una mostra sui suoi lavori,
intitolata L’opera nei costumi, ospitata
anche a Venezia e Treviso.