“IL MODELLO DI DOMANDA E L’OFFERTA AGGREGATA” PROF. MATTIA LETTIERI Università Telematica Pegaso Il modello di domanda e l’offerta aggregata Indice 1 IL MODELLO DI DOMANDA E OFFERTA AGGREGATA ------------------------------------------------------- 3 2 LA CURVA DI DOMANDA AGGREGATA ----------------------------------------------------------------------------- 7 3 LA CURVA DI OFFERTA AGGREGATA ------------------------------------------------------------------------------ 13 3.1 3.2 4 LA TEORIA KEYNESIANA ------------------------------------------------------------------------------------------------------- 16 LA TEORIA CLASSICA ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- 18 LE DUE TEORIE A CONFRONTO -------------------------------------------------------------------------------------- 21 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 22 Università Telematica Pegaso 1 Il modello di domanda e l’offerta aggregata Il modello di domanda e offerta aggregata Il modello di domanda e offerta aggregata permette di analizzare la relazione che esiste tra il livello dei prezzi e il livello di produzione o reddito di equilibrio. Nello studio della microeconomia le curve di domanda e di offerta sono state utilizzate per esaminare la relazione tra quantità domandata e offerta di un singolo bene rispetto al suo prezzo e per capire come si determina la condizione di equilibrio tra prezzi e quantità con riferimento ad uno specifico mercato. Ora, riutilizzeremo le curve di domanda e di offerta, ma la relazione che studieremo riguarderà la determinazione del livello di produzione totale e del livello generale dei prezzi con riferimento all’intero sistema economico e non ad un solo mercato. Nel modello reddito-spesa abbiamo parlato della domanda aggregata e si era assunto che i prezzi fossero fissi, ora, invece, ipotizzeremo che essi possano cambiare ogni qual volta vi siano condizioni di eccesso di domanda o di offerta sui mercati. La variabile prezzo, quindi, non sarà più considerata come una variabile data e prefissata al di fuori del modello teorico ma diventerà una variabile endogena, poiché cercheremo di spiegare il suo andamento all’interno del nostro modello di riferimento. Il meccanismo dei prezzi a livello dell’intero sistema economico è importante al fine di affrontare due temi economici fondamentali, ovvero l’inflazione e la disoccupazione. La crescita economica, l’occupazione e la stabilità dei prezzi sono i principali obiettivi di politica economica. Si tratta di indicatori importanti dello stato di salute dell’economia di un paese. Infatti, quando, ad esempio, i responsabili della politica economica di un paese assumono decisioni di politica fiscale o monetaria, si interrogano sui possibili effetti delle loro manovre sul livello generale dei prezzi e sull’occupazione. Gli economisti hanno spesso opinioni diverse su come funziona il mercato del lavoro, sulle cause della disoccupazione e dell’instabilità dei prezzi, nonché sulle relazioni esistenti tra inflazione e disoccupazione. Il modello di domanda e offerta aggregata consente anche di confrontare le posizioni delle due più importanti teorie macroeconomiche, ovvero quella Keynesiana e quella classica, su questi Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 22 Università Telematica Pegaso Il modello di domanda e l’offerta aggregata temi, oltre a capire quali ricette di politica economica esse suggeriscono per determinare la crescita della produzione e dell’occupazione e la stabilità dei prezzi. La domanda aggregata è quella particolare domanda formata da tre componenti essenziali, consumi, investimenti e spesa pubblica. In precedenza abbiamo ipotizzato, per cercare di comprendere come si forma la domanda aggregata, una economia molto semplice dove non esistono scambi con il resto del mondo, ma non esistono neanche la moneta e le banche. Attraverso il modello reddito-spesa, abbiamo visto che si realizza una condizione di equilibrio macroeconomico ogni qual volta il livello di produzione e di reddito è uguale alla domanda aggregata, Y = AD. Successivamente, abbiamo introdotto anche la moneta e il sistema delle banche, analizzando il ruolo che ha il tasso di interesse nelle decisioni di investimento da parte delle imprese, di risparmio da parte delle famiglie e così via. Con il modello IS-LM è stato possibile individuare la coppia di valori di reddito/produzione e di tasso di interesse in corrispondenza della quale sia il mercato dei beni, espresso dalla relazione IS, sia il mercato della moneta, espresso dalla relazione LM, sono in equilibrio, con riferimento ad una economia chiusa agli scambi con il resto del mondo. Sia con il modello reddito-spesa sia con lo schema IS-LM, l’ipotesi fondamentale era che i prezzi fossero rigidi o fissi ignorando, quindi, l’influenza che questa variabile esercita sulle scelte degli agenti economici. In queste circostanze non è necessario distinguere tra grandezze monetarie e grandezze reali. Una qualunque grandezza nominale, prodotto, reddito, consumo, domanda od offerta di moneta, può essere espressa in termini reali semplicemente dividendola per il livello generale dei prezzi P. Se i prezzi sono fissi ad un dato livello P = P0, la distinzione tra variabili reali e variabili monetarie è inutile. Se, però, i prezzi possono variare, la differenza tra grandezze reali e monetarie assume una importanza notevole. Ad esempio, l’occupazione dipende dal livello reale della produzione. In generale, in un periodo di crescita economica in cui la produzione industriale cresce in termini reali, ovvero cresce effettivamente come quantità fisica di produzione e non semplicemente come valore monetario della produzione, anche l’occupazione cresce. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 22 Università Telematica Pegaso Il modello di domanda e l’offerta aggregata Se al contrario, la crescita è solo nominale, cioè è dovuta al semplice aumento dei prezzi, difficilmente possiamo sperare in un aumento dell’occupazione. Ora dobbiamo capire come si arriva ad una condizione di equilibrio macroeconomico quando i prezzi non sono più fissi ma variano. Rappresenteremo una posizione di equilibrio sul mercato dei beni, ovvero tra produzione aggregata e livello generale dei prezzi, che sia però compatibile con una analoga condizione di equilibrio anche sul mercato delle attività finanziarie. Per poter realizzare questo scopo il modello IS-LM, così come è stato fino ad ora presentato, non è più adeguato. Esso considera l’equilibrio in entrambi i mercati, dei beni e delle attività finanziarie, ms limita l’attenzione alla relazione tra tasso di interesse e livello di produzione o reddito. Ora, invece, noi vogliamo conoscere anche gli effetti che una variazione dei prezzi può determinare sulle singole variabili economiche, consumi, investimenti, domanda e offerta di moneta, esaminate all’interno del modello. L’unica ipotesi semplificatrice che manterremo è che il sistema economico sia un sistema chiuso verso l’esterno. Introdurre l’ipotesi di prezzi variabili non significa semplicemente risolvere dei problemi tecnici legati al fatto che le grandezze economiche possono variare al variare del livello dei prezzi. La differenza è che cambia in modo radicale la visione sul funzionamento dell’economia. Fino ad ora l’impostazione teorica alla base dei modelli macroeconomici esaminati era quella Keynesiana la quale assume che i prezzi siano sostanzialmente rigidi nel breve periodo. L’ipotesi che i prezzi siano variabili e che il loro meccanismo di aggiustamento permetta di raggiungere una condizione di equilibrio è, invece, una ipotesi tipica dell’economia classica e neoclassica. Il dibattito macroeconomico tra le scuole di pensiero classica e Keynesiana è stato per lungo tempo molto vivace, poiché ciascuna di esse interpreta in modo molto diverso il funzionamento del sistema economico, e, anche le ricette di politica economica suggerite per realizzare i tre fondamentali obiettivi macroeconomici, produzione, occupazione e stabilità dei prezzi, sono inevitabilmente diverse. Inoltre, con il passare del tempo, anche a seguito dell’incapacità di entrambe le teorie di descrivere e prevedere alcuni fatti economici importanti accaduti in questo secolo, si sono formate Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 22 Università Telematica Pegaso Il modello di domanda e l’offerta aggregata nuove scuole, come quella dei monetaristi, dei nuovi economisti classici o dei teorici dell’offerta, che hanno contribuito ad alimentare ed arricchire il dibattito. Per ora, ci limiteremo a studiare il modello di domanda e di offerta aggregata e a vedere come si determina l’equilibrio macroeconomico tra livello di produzione e livello dei prezzi. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 22 Università Telematica Pegaso 2 Il modello di domanda e l’offerta aggregata La curva di domanda aggregata Il modello IS-LM, così come è stato formulato, non è adeguato in presenza di prezzi variabili. Nello schema IS, in particolare le decisioni di consumo e di investimento, il fatto che i prezzi siano fissi o variabili non comporta particolari problemi. Le scelte dei singoli agenti economici si basano su grandezze reali: i prezzi relativi dei beni e il reddito realmente disponibile per quanto riguarda i consumatori; i prezzi relativi dei fattori produttivi, nel caso delle imprese. L’ipotesi è che gli operatori economici non siano soggetti a fenomeni di illusione monetaria e quindi mettano in atto le loro scelte in base alle grandezze reali anziché monetarie, ad esempio, se il reddito aumenta del 10% ma contemporaneamente i prezzi dei beni subiscono lo stesso incremento, il consumatore non si considera più ricco, il suo potere di acquisto, o reddito reale, infatti non cambia , quindi non aumenta i propri consumi. Possiamo riscrivere, quindi, le stesse variabili che descrivono il comportamento degli operatori economici, famiglie, imprese, Stato, sul mercato dei beni in termini reali anziché monetari. Diremo, quindi, che il consumo dipende dal reddito reale, gli investimenti dal tasso di interesse reale e così via, ovvero la sostanza del ragionamento non cambia. Anche la domanda aggregata può essere espressa in termini reali MD / P senza che questo alteri l’analisi IS-LM condotta in precedenza. Se gli individui, infatti, non sono affetti da illusione monetaria, basano le loro decisioni sulle grandezze reali anziché su quelle nominali, domandando moneta in relazione al reddito reale di cui dispongono e al tasso di interesse reale. Il discorso dell’offerta di moneta, invece, è diverso, poiché viene espressa in termini nominali. Le curve LM venivano tracciate con riferimento ad una data quantità nominale di moneta, per un dato livello di prezzi P0, fissato in modo autonomo, quindi per un dato stock reale di moneta Ms / P 0 . Quindi, se variano i prezzi, a parità di offerta nominale Ms, l’offerta reale Ms /P varia. In particolare: Se il livello dei prezzi diminuisce, l’offerta reale di moneta aumenta; Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 22 Università Telematica Pegaso Il modello di domanda e l’offerta aggregata Se i prezzi salgono, il rapporto M/P diventa più piccolo, l’offerta reale diminuisce. In entrambi i casi, per riportare in equilibrio il mercato monetario, il tasso di interesse dovrà variare e ciò determina nuovi livelli di reddito e di produzione di equilibrio. Questo significa che per ogni livello di prezzo abbiamo un diverso livello di produzione di equilibrio. Valutiamo graficamente cosa succede alla curva LM se, a parità di ogni altra circostanza, il livello dei prezzi aumenta. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 22 Università Telematica Pegaso Il modello di domanda e l’offerta aggregata Figura n.77 La figura n. 77/a riporta lo schema IS-LM come già lo conosciamo. Assumiamo inizialmente che il livello dei prezzi sia dato e pari a P=P0: data la quantità nominale di moneta M, possiamo tracciare la curva LM e, dati i prezzi, sappiamo che all’offerta nominale di moneta corrisponde l’offerta reale Ms/P. Dall’incontro fra le curve IS e LM , inoltre, possiamo vedere che i mercati dei beni e delle attività finanziarie sono in equilibrio, E0, con un tasso di interesse i0 a cui corrisponde un livello di reddito e di produzione pari a Y0. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 22 Università Telematica Pegaso Il modello di domanda e l’offerta aggregata Quindi, se il livello dei prezzi aumenta passando da P0 a P1, fermo restando l’offerta nominale di moneta Ms, l’offerta reale Ms/P diminuisce. Ad esempio, se l’offerta nominale di moneta è pari a 600 milioni di euro e il livello dei prezzi passa da P0 = 1 a P1= 1,5, l’offerta reale di moneta passa da 600 da 400 milioni di euro. Inizialmente il mercato della moneta era in equilibrio , quindi, se l’offerta di moneta era pari a 600 milioni di euro, al tasso di interesse di equilibrio i0, anche la domanda di moneta era dello stesso ammontare. Ora, se la domanda reale di moneta non varia e l’offerta reale di moneta diminuisce per effetto del rialzo del livello di prezzi, per riportare il mercato della moneta in equilibrio è necessario che i tassi di interesse salgono in modo da ridurre la domanda reale di moneta. Quando si riduce l’offerta di moneta la curva LM si sposta verso sinistra. Il nuovo equilibrio è indicato con E1, in corrispondenza del quale sia il mercato dei beni sia il mercato della moneta sono nuovamente in equilibrio ma con un tasso di interesse i1 superiore e un livello di produzione inferiore rispetto alla condizione iniziale. Poiché il tasso di interesse è più elevato, è più difficile ottenere crediti, per questa ragione, gli investimenti diminuiscono e di conseguenza anche il livello di produzione di equilibrio è più basso. L’aumento del livello di prezzi ha quindi determinato una riduzione dell’offerta reale di moneta, un aumento del tasso di interesse, e come conseguenza, una riduzione del livello di produzione di equilibrio. Questa relazione inversa tra il livello dei prezzi e il livello di produzione e reddito è riportata nella figura n. 77/b. Nel caso opposto, ovvero di diminuzione del livello dei prezzi, il ragionamento sarebbe stato del tutto simile. Infatti, un abbassamento del livello dei prezzi comporta, a parità di offerta nominale di moneta, un aumento dell’offerta reale di moneta. Per incentivare il pubblico ad incrementare la sua domanda di moneta il tasso di interesse deve necessariamente scendere. La curva LM si sposta in basso verso destra. Il nuovo equilibrio si viene a determinare in corrispondenza di un tasso di interesse inferiore e quindi di una produzione di equilibrio superiore. Ancora una volta la relazione tra prezzi e produzione è di segno opposto: se i prezzi diminuiscono la produzione aumenta. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 22 Università Telematica Pegaso Il modello di domanda e l’offerta aggregata La curva di domanda aggregata AD, derivata dallo schema IS-LM: esprime la quantità complessiva di prodotto, la spesa complessiva, che gli operatori economici, famiglie, imprese e Stato, desiderano acquistare in corrispondenza di diversi livelli di prezzo. Ora, la curva AD assume un significato più esteso, poiché tiene conto di ciò che accade sia sul mercato dei beni sia su quello della moneta. La curva AD esprime cioè tutte le combinazioni possibili tra produzione e livelli di prezzi tali per cui sia il mercato dei beni sia il mercato delle attività finanziarie sono contemporaneamente in equilibrio. Ad ogni punto sulla curva AD corrisponde una situazione di equilibrio tra la curva IS e la curva LM. Inoltre, poiché la curva di domanda aggregata è ricavata direttamente dal modello ISLM, è chiaro che la sua posizione sul sistema di assi cartesiani e la sua inclinazione dipendono sia dalla politica fiscale, espressa dalla curva IS, sia dalla quantità nominale di moneta, espressa dalla curva LM. È necessario distinguere ciò che avviene lungo la curva da ciò che determina uno spostamento dell’intera curva. Il significato da attribuire a spostamenti lungo la curva AD e quindi le ragioni per cui tale curva è inclinata negativamente sono quelle state appena discusse. L’andamento decrescente, significa che il prodotto reale domandato complessivamente dagli operatori diminuisce all’aumentare del livello dei prezzi. Questo andamento decrescente dipende principalmente dall’effetto esercitato dai prezzi sull’offerta reale di moneta, sui tassi di interesse e quindi sulla produzione di equilibrio. Se i prezzi aumentano, l’offerta reale di moneta diminuisce, la scarsità di denaro determina un aumento dei tassi di interesse, necessario per riportare in equilibrio il mercato della moneta. Tassi di interesse più elevati riducono gli investimenti e il livello di produzione di equilibrio è più basso. I fattori che invece determinano lo spostamento dell’intera curva AD sono principalmente legati a scelte di politica economica o ad eventuali imprevisti. Una politica fiscale espansiva attuata, ad esempio, attraverso un aumento della spesa pubblica o una riduzione dei tributi determina un aumento della domanda aggregata. Uno spostamento analogo della curva AD verso l’esterno si sarebbe verificato anche a seguito di una politica monetaria espansiva. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 22 Università Telematica Pegaso Il modello di domanda e l’offerta aggregata Una politica monetaria espansiva attuata attraverso un aumento dell’offerta nominale di moneta determina anche un incremento dell’offerta reale. Se lo stock di moneta disponibile è superiore rispetto alla domanda, i tassi di interesse dovranno scendere per riportare in equilibrio il mercato monetario. Tassi di interesse più bassi hanno l’effetto di aumentare la domanda aggregata e quindi anche il reddito e la produzione di equilibrio. Anche in questo caso la nuova curva di domanda aggregata si colloca più a destra rispetto a quella iniziale. Oltre che per effetto di questi strumenti di politica economica, è possibile che la curva AD si sposti anche a seguito di fattori esterni. Il progresso tecnico, ad esempio, crea nuove opportunità di investimento e di consumo determinando un aumento della domanda aggregata, come ad esempio innovazioni come le prime ferrovie o i computer. Anche eventi politici favorevoli che aumentano la fiducia degli operatori economici, investitori e consumatori, possono determinare una crescita degli investimenti, dei consumi e quindi della domanda aggregata. Uno stimolo favorevole alla domanda aggregata può venire, inoltre, da un aumento della domanda estera di beni. Al contrario, politiche fiscali o monetarie di tipo restrittivo, così come eventi sfavorevoli di vario genere, producono spostamenti delle curve IS e LM di segno opposto, determineranno anche uno spostamento verso l’interno della curva AD. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 22 Università Telematica Pegaso 3 Il modello di domanda e l’offerta aggregata La curva di offerta aggregata Ora consideriamo l’altro lato del mercato: quello relativo all’offerta. L’offerta aggregata AS: esprime la quantità complessiva di prodotto, beni e servizi, che le imprese sono disposte a produrre e offrire sul mercato in corrispondenza di diversi livelli di prezzo. Figura n.78 La figura n. 78 presenta, oltre la curva di domanda aggregata AD, anche la curva di offerta AS. Nel punto in cui le due curve si incontrano individuiamo il livello di prezzo e il livello di produzione e reddito di equilibrio. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 22 Università Telematica Pegaso Il modello di domanda e l’offerta aggregata Al livello di prezzo P0 le imprese sono disposte a produrre e vendere esattamente ciò che gli acquirenti sono disposti ad acquistare Y0. Muovendoci lungo la stessa curva di offerta possiamo individuare le quantità complessivamente offerte di beni e servizi da pare delle imprese in relazione ai diversi livelli di prezzo, a prezzi più elevati corrisponde una offerta maggiore, e questo spiega perché la curva AS è inclinata positivamente. Spostamenti dell’intera curva di offerta si vengono, invece, a determinare quando, ad esempio, si modifica la quantità disponibile di fattori produttivi o il livello dei fattori stessi, se a parità di ogni altra circostanza, aumenta la disponibilità di capitale o di lavoro o si abbassa il costo di questi fattori, le aziende sono disposte a produrre e ad offrire quantità maggiori di beni. Quando, invece, per effetto del progresso tecnico, migliora l’insieme delle conoscenze e della tecnologia disponibili all’interno di un paese, la curva di offerta si sposta verso il basso e a destra. Quando parliamo di livello di produzione e di offerta può essere utile distinguere il breve dal lungo periodo. Nel breve periodo la capacità produttiva, cioè l’insieme delle risorse a disposizione dell’economia, gli impianti, i lavoratori e in generale tutti i fattori produttivi, è data e non può essere aumentata. A seconda dei casi, questa capacità produttiva può essere impiegata per intero oppure soltanto in parte ma soltanto nel lungo periodo la capacità produttiva può aumentare. La teoria economica distingue infatti tra due diversi concetti di prodotto o reddito: Il prodotto effettivo Y, vale a dire la quantità di beni e servizi complessivamente ed affettivamente prodotta all’interno di un sistema economico in un dato momento; Il prodotto potenziale Yp , cioè il massimo livello di produzione che un sistema economico può realizzare utilizzando per intero la capacità produttiva disponibile. Nel breve periodo il prodotto effettivo può essere al massimo uguale o inferiore al prodotto potenziale. Se il prodotto , o reddito nazionale, raggiunge il suo livello massimo, o potenziale, significa che non vi sono risorse inutilizzate, che non esistono, ad esempio, disoccupazione, per questa ragione si parla anche di reddito o prodotto di pieno impiego o di piena occupazione. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 22 Università Telematica Pegaso Il modello di domanda e l’offerta aggregata La produzione effettiva può essere inferiore rispetto al suo livello potenziale nelle cosiddette fasi di recessione economica. Invece, nel lungo periodo, il prodotto potenziale può modificarsi per effetto delle innovazioni tecnologiche o della maggior disponibilità di fattori produttivi. Lo studio della dinamica dei sistemi economici, cioè dei fattori che determinano un aumento del prodotto, è chiamato teoria della crescita. Abbiamo visto che la curva di domanda aggregata AD viene ricavata direttamente dal modello IS-LM e la forma che essa assume dipende dall’effetto che una variazione nella quantità di moneta determina sulle scelte degli operatori e quindi sul livello di produzione e di spesa. Ad esempio, se per una data variazione dell’offerta reale di moneta, l’effetto sulla produzione di equilibrio è molto forte, la curva AD è piuttosto piatta, questo significa che è sufficiente una piccola variazione del livello dei prezzi per determinare una variazione molto più grande sulla produzione di equilibrio. Al contrario, se la curva AD è molto inclinata, la stessa variazione dei prezzi, e quindi la stessa variazione dell’offerta reale di moneta, si associa ad una variazione molto più modesta sulla produzione di equilibrio. Sulla forma assunta dalla curva di offerta la teoria economica si presenta in disaccordo. Infatti, secondo la teoria Keynesiana la curva di offerta è relativamente piatta nel breve periodo se non addirittura orizzontale. La teoria classica, al contrario, ritiene che la curva di offerta aggregata sia sostanzialmente rigida e possa essere rappresentata da una retta verticale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 22 Università Telematica Pegaso 3.1 Il modello di domanda e l’offerta aggregata La teoria Keynesiana L’idea centrale della macroeconomia Keynesiana è che la domanda determina la produzione effettiva e quindi il livello di occupazione, principio della domanda effettiva. Quando la domanda aggregata è elevata, la capacità produttiva è utilizzata per intero, non vi è disoccupazione. Quindi il prodotto effettivo è anche uguale al prodotto potenziale. Se, invece, la domanda è scarsa, le imprese riducono la loro produzione, quindi anche il numero di lavoratori occupati, fino a quando la quantità di beni offerta è pari alla domanda aggregata. Secondo la teoria Keynesiana non sol è possibile, anzi, è piuttosto frequente che il prodotto effettivo sia inferiore rispetto al suo livello potenziale. Questo significa che possono esserci condizioni di equilibrio macroeconomico accompagnate dalla presenza di disoccupazione. Il principio della domanda effettiva di Keynes può essere sintetizzato nel seguente modo: Se AS > AD allora AS decresce fino a quando AS=AD (la disoccupazione aumenta); Se AS< AD allora AS aumenta fino a quando AS=AD (la disoccupazione diminuisce). In queste circostanze, la curva di offerta può essere rappresentata con una retta orizzontale ad indicare il fatto che, per un dato livello dei prezzi, le imprese possono offrire qualsiasi quantità di beni venga domandata poiché esiste capacità produttiva in eccesso. Secondo la teoria Keynesiana non è vero che il meccanismo dei prezzi è sempre in grado di portare in equilibrio la domanda e l’offerta in ogni mercato perché, nel breve periodo, i mezzi e in particolare i salari dei lavoratori sono sostanzialmente rigidi verso il basso. Ciò significa che quando la domanda aggregata è bassa, l’offerta si riduce e con essa l’impiego di lavoro da parte delle imprese. Questo crea disoccupazione, ma poiché i salari reali dei lavoratori non possono scendere al di sotto di un certo livello, questo eccesso di offerta di lavoro non viene riassorbito attraverso una riduzione del salario e quindi la disoccupazione può persistere. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 22 Università Telematica Pegaso Il modello di domanda e l’offerta aggregata Il risultato finale è che il sistema economico può trovarsi intrappolato in una situazione di equilibrio di sottoccupazione , ovvero un equilibrio in cui il prodotto effettivo è inferiore rispetto al suo livello potenziale. Gli economisti Keynesiani basano l’assunzione che i salari sarebbero rigidi nel breve periodo, sul fatto che i salari vengono normalmente definiti attraverso contratti di lavoro stipulati tra organizzazioni dei lavoratori e delle imprese. Questi contratti hanno una durata di più anni e in questo periodo difficilmente i salari diminuiscono in relazione alle vicende macroeconomiche. Anche in assenza di contratti collettivi di lavoro, nella maggior parte dei paesi vi sono norme legislative che fissano un minimo salariale e le stesse aziende stabiliscono livelli retributivi minimi per le diverse figure professionali. Per tutte queste ragioni, le variazioni dei salari si manifestano con una frequenza ed una intensità minore rispetto a quanto previsto dal meccanismo di aggiustamento tra domanda e offerta. D’altra parte, anche per le imprese non è conveniente licenziare e riassumere lavoratori a seconda dell’andamento della domanda, perché questo tipo di flessibilità comporta costi molto elevati di ricerca, di selezione, di addestramento e di formazione del lavoratore. Quando vi sono squilibri sul mercato del lavoro, in modo particolare quando c’è disoccupazione, la ricetta Keynesiana è quella di agire sulla domanda aggregata. Lo Stato, usando in modo adeguato gli strumenti di politica fiscale, può far sì che si realizzino livelli più elevati di produzione e quindi anche di occupazione. Secondo Keynes, quindi, lo Stato deve intraprendere una politica fiscale espansiva che sposti la curva IS e quindi anche la AD. Si determina, in questo modo, un nuovo equilibrio con un livello di produzione superiore rispetto alla situazione iniziale, quindi maggiore occupazione, ma nessuna variazione sui prezzi. In modo del tutto analogo, anche una politica monetaria espansiva che sposti la curva AD verso destra determinerebbe un aumento della produzione effettiva senza alcun effetto sul livello dei prezzi. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 22 Università Telematica Pegaso 3.2 Il modello di domanda e l’offerta aggregata La teoria classica La teoria economica prevalente, prima degli anni trenta, era quella formulata dai classici, i quali ritenevano che i sistemi economici tendessero spontaneamente verso posizioni di equilibrio tra domanda e offerta in cui tutte le risorse disponibili trovano impiego. Diversamente da quanto afferma la teoria Keynesiana, per gli economisti classici il prodotto nazionale di equilibrio è sempre pari al livello potenziale ed è l’offerta che crea la domanda. Quest’ultima affermazione è nota come legge di SAY, dal nome dell’economista francese che la formulò agli inizi dell’Ottocento. Il punto centrale della legge di Say è che in un sistema economico non può esserci sovrapproduzione nel senso che, qualunque sia la quantità di beni e servizi che le imprese producono ed offrono sul mercato, questa verrà interamente acquistata dai consumatori. Può succedere che vi sia un eccesso di domanda o un eccesso di offerta sul mercato di un determinato bene, ma il meccanismo dei prezzi provvederà a riportare rapidamente in equilibrio il mercato. Il valore complessivo dei beni prodotti dalle imprese, l’offerta aggregata, risulta così sempre uguale al valore complessivo dei beni domandati dai consumatori, la domanda aggregata. La legge di Say si basa su di un meccanismo di raggiungimento dell’equilibrio macroeconomico che è esattamente opposto a quello formulato da Keynes con il principio della domanda effettiva. Sul fronte dell’occupazione, l’ipotesi è che il mercato del lavoro funzioni esattamente come un qualsiasi altro mercato. I salari sono perfettamente flessibili e gli eventuali eccessi di domanda o di offerta si annullano attraverso il consueto meccanismo di aggiustamento dei prezzi, fino a portare in equilibrio anche questo mercato. D’altra parte, in situazione di equilibrio i fattori produttivi sono impiegati fino a quando il costo che le imprese devono sostenere per il loro utilizzo è uguale alla produttività marginale dei fattori stessi. Ad esempio, se il salario dei lavoratori è uguale alla produttività marginale del lavoro, tutte le forze lavoro sono occupate. In presenza di disoccupazione, ovvero di un eccesso di offerta di lavoro rispetto alla domanda, come accade per qualunque altro bene, il prezzo, il salario, in questo caso, diminuisce Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 18 di 22 Università Telematica Pegaso Il modello di domanda e l’offerta aggregata fino a riportare il mercato in equilibrio. Ad un salario più basso tutti i lavoratori troveranno occupazione. Poiché la capacità produttiva è interamente utilizzata, la curva di offerta aggregata può essere rappresentata con una retta verticale ad indicare il fatto che, qualunque sia il livello dei prezzi, nel breve periodo le imprese offrono un livello massimo di produzione. Questa offerta è pari alla produzione potenziale e garantisce il pieno impiego delle risorse disponibili all’interno del sistema economico. Ora valutiamo quali effetti esercitano le politiche economiche sui prezzi e sulla produzione secondo la teoria classica. Rispetto alla condizione iniziale di equilibrio si viene a creare un eccesso di domanda, poiché la spesa pubblica non è altro che una componente della domanda aggregata e quindi, se aumenta la prima, aumenta anche la seconda. Le imprese non sono, però, in grado di aumentare l’offerta. La capacità produttiva è infatti pienamente utilizzata e non può essere ulteriormente aumentata nel breve periodo. Anche se le imprese offrono salari più elevati la produzione non può superare il suo livello potenziale e l’unico risultato che si ottiene è quello di far aumentare il livello dei prezzi. Prezzi più elevati comportano, sul mercato monetario, una riduzione dell’offerta reale di moneta, un aumento dei tassi di interesse e una riduzione della domanda aggregata. Nel nuovo equilibrio la produzione è ritornata al suo livello iniziale di pieno impiego mentre il livello dei prezzi è più alto. Le conclusioni raggiunte sono opposte rispetto a quanto accadeva nel caso precedente: per i classici, un aumento della spesa pubblica non solo non determina un aumento della produzione e dell’occupazione, ma spiazza completamente gli investimenti privati. L’aumento dei tassi di interesse provocato da una politica fiscale espansiva riduce la spesa privata in investimenti di un ammontare pari all’aumento della spesa pubblica: la domanda aggregata ritorna al suo livello iniziale. Una politica monetaria espansiva avrebbe prodotto risultati simili, ovvero lo spostamento verso destra della curva AD provoca un temporaneo eccesso di domanda rispetto all’offerta che è pari al livello di pieno impiego. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 19 di 22 Università Telematica Pegaso Il modello di domanda e l’offerta aggregata Questo eccesso di domanda viene riassorbito attraverso un aumento dei prezzi fino a quando si ritorna ad un equilibrio finale: la produzione torna al suo livello iniziale mentre i prezzi risultano più alti rispetto all’equilibrio iniziale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 20 di 22 Università Telematica Pegaso 4 Il modello di domanda e l’offerta aggregata Le due teorie a confronto Non è facile stabilire quale fra le due teorie è più vicina alla realtà, non solo perché i fatti economici nella realtà si presentano sempre più complessi rispetto a quanto schematizzato dalle teorie, ma anche perché la teoria dell’offerta aggregata è forse uno dei punti più discussi dalla macroeconomia. Secondo la teoria classica non dovrebbero esistere situazioni di disoccupazione poiché prezzi e salari si adeguano rapidamente garantendo sia l’equilibrio tra domanda e offerta di lavoro, sia una produzione pari al livello potenziale. In queste circostanze, qualsiasi intervento di politica economica non solo sarebbe inutile, ma produrrebbe come unico risultato un rialzo dei prezzi e quindi inflazione. Osservando la realtà non sembra, però, che il mercato del lavoro si aggiusti così rapidamente al punto da garantire in ogni circostanza il pieno impiego delle risorse. La presenza di una disoccupazione elevata e persistente all’interno di molti sistemi economici, oggi come nel passato, sarebbe pertanto piuttosto difficile da spiegare con la teoria classica. Fu proprio l’incapacità di spiegare la fortissima disoccupazione e di suggerire ricette di politica economica contro la Grande Depressione degli anni Trenta che segnò il declino della teoria classica e la contemporanea ascesa dell’economia Keynesiana. Anche l’ipotesi Keynesiana secondo la quale i prezzi e i salari sono del tutto rigidi non sembra essere troppo realistica, soprattutto quando l’orizzonte temporale è di lungo periodo. Quando la disoccupazione è elevata è molto probabile che il mercato del lavoro prima o poi si adegui creando le condizioni per un graduale aumento dell’occupazione attraverso una diminuzione del livello dei salari. La spiegazione Keynesiana sul meccanismo di funzionamento dell’economia e la conseguente necessità di intervenire a sostegno della domanda aggregata e quindi dell’occupazione, non si rivelò del resto come la soluzione più efficace in ogni circostanza. Durante la crisi economica degli anni Settanta caratterizzata da una fase di ristagno dell’economia , da una elevata inflazione e una persistente disoccupazione, ovvero il fenomeno Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 21 di 22 Università Telematica Pegaso Il modello di domanda e l’offerta aggregata della stagflazione, le politiche Keynesiane non solo si dimostrarono incapaci di stabilizzare l’economia, di ridurre il tasso di inflazione e di creare nuova occupazione, ma talvolta produssero il risultato opposto. Una posizione intermedia è che l’ipotesi Keynesiana di rigidità dei prezzi, e in particolare dei salari, sia tutto sommato adeguata a descrivere ciò che avviene nel breve periodo, mentre nel lungo periodo sia più appropriata l’ipotesi classica di flessibilità dei salari. In questi casi la curva di offerta potrebbe presentarsi piuttosto piatta nel breve periodo, ma rigida e quindi verticale nel lungo periodo. Nel breve periodo, quando la curva di offerta presenta un primo tratto in cui è crescente, ma relativamente piatta, la produzione effettiva è inferiore rispetto al suo livello potenziale. A seguito di un aumento della domanda aggregata generata, ad esempio, da un aumento della spesa pubblica, le imprese sono disposte ad offrire quantità maggiori di prodotto se i prezzi sono più elevati. Però, nel breve periodo, questo aumento della produzione ha un limite, rappresentato dal prodotto potenziale. Man mano che il sistema si avvicina al pieno impiego, ovvero all’utilizzo dell’intera capacità produttiva, aumenti della produzione non sono più possibili e l’unico effetto esercitato da un aumento della domanda è quello di far lievitare i costi, compreso quello del lavoro, e quindi i prezzi. Nel lungo periodo la curva di offerta è rappresentata da una retta verticale, così come previsto dal modello classico e il livello di produzione coincide con il prodotto potenziale. In questi casi un aumento della domanda aggregata influirà solo sui prezzi ma non sulla produzione. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 22 di 22