FENOMENI PARACARSICI NEI DINTORNI DI GORGOGLIONE

FENOMENI PARACARSICI NEI DINTORNI DI GORGOGLIONE (PROVINCIA DI MATERA, BASILICATA)
PARAKARST PHENOMENA IN THE GORGOGLIONE AREA (MATERA PROVINCE, BASILICATA)
Mario Parise1,2, Angela Rizzi2, Mariangela Sammarco 2,3, Antonio Trocino2,
Gianni Campanella4
CNR, Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica, Bari
Associazione Explora
3
Dipartimento Beni Culturali, Università del Salento, Lecce
4
Gruppo Puglia Grotte, Castellana-Grotte
1
2
Abstract
Il contributo illustra i risultati dell’attività esplorativa speleologica svolta nel Comune di Gorgoglione ed aree limitrofe. L’area oggetto di studio è interessata da
fenomeni di tipo “paracarsico” (sensu Anelli, 1963), data la natura litologica dei
materiali affioranti (prevalenti arenarie del Flysch di Gorgoglione). I rilievi hanno
consentito l’individuazione di 5 cavità, nei dintorni del centro abitato e nella valle
della omonima Fiumara, tributario di sinistra del T. Sauro. Le cavità presentano una
tipologia riconducibile a varie categorie: grotte interstrato, cavità di origine gravitativa, inghiottitoi, grotte su pareti. La varietà della tipologia costituisce un ulteriore
elemento di interesse per l’approfondimento dello studio carsico di questo territorio
e, allo stesso tempo, un indicatore della possibilità di ulteriori scoperte. L’attività
di indagine, inoltre, ha consentito di apprezzare la notevole valenza naturalistica
dell’area, che si caratterizza per la varietà paesaggistica, ben integrata con i pregnanti
aspetti archeologici e della più recente storia sociale del territorio lucano.
The article describes the main results of the explorations carried out in the territory of
Gorgoglione and surrounding areas. Due to lithology of outcropping rocks (sandstones
belonging to the Gorgoglione Flysch, a turbidite formation of Miocene age), the area is
interested by parakarst phenomena (sensu Anelli, 1963). Five caves have been identified
and surveyed, near the town and in the valley of the Gorgoglione Fiumara, left tributary
of the Sauro Torrent. The caves can be distinguished based upon their typology in intrastratal caves, gravity-related caves, swallow holes, caves in vertical rock walls. The variety
in the caves typology is an element testifying the need to stimulate further knowledge of
this territory, that likely presents others, still undiscovered, caves. Moreover, during the
surveys it was possible to appreciate the high relevance of the landscape, which is well
integrated to the archeaological and historical characters of the examined area.
210
211
Key words
Parole chiave: paracarsismo, arenarie, flysch, Gorgoglione, Basilicata
parakarst, sandstones, flysch, Gorgoglione, Basilicata
Introduzione
Il territorio della Basilicata offre notevoli spunti di approfondimento per la ricerca
speleologica, anche in aree non direttamente interessate dall’affioramento di rocce
solubili. Il caso del territorio di Gorgoglione e delle aree limitrofe qui esaminate
(Fig. 1) evidenzia la possibilità di scoprire nuove cavità e approfondire la conoscenza
di tali territori, caratterizzati tra l’altro da notevole valenza naturalistica. Data la
natura litologica dei materiali affioranti, si descriveranno in questo contributo fenomeni di tipo paracarsico (Fig. 2), vale a dire prodotti su rocce non propriamente
carbonatiche, ma che determinano la formazione di cavità simili a quelle comunemente prodotte dal carsismo sui calcari.
Carsismo, paracarsismo e pseudocarsismo
Nel 1933, in occasione del I Congresso Nazionale di Speleologia, Gortani evidenziava il differente grado di sviluppo del carsismo in funzione del grado di solubilità
delle rocce, distinguendo tra rocce carsiche (cioè, a elevato grado di solubilità nelle
acque del ciclo meteorico) e semicarsiche (Gortani, 1933). La distinzione non era
puramente terminologica, in quanto riguardava tipi ben diversi di carsismo, che,
nel caso di rocce a minore solubilità, determina uno sviluppo limitato del processo
carsico, con genesi prevalente di forme a breve sviluppo spaziale. La necessità di
definire con precisione i termini della discussione, al fine di evitare possibili confusioni terminologiche, fu particolarmente sentita da Franco Anelli che nei primi
anni 60 operò un tentativo per la classificazione dei fenomeni, distinguendo tra
fenomeni carsici, paracarsici e pseudocarsici (Anelli, 1963, 1964): secondo l’Autore, i
fenomeni carsici consistono nella corrosione di rocce geologicamente solubili come
i calcari e i gessi. Egli introdusse poi il termine di fenomeni paracarsici per descrivere quei fenomeni poco sviluppati, attenuati, nei calcari grossolani, nelle arenarie
a cemento calcareo o siliceo, in alcuni calcari dolomitici meno solubili dei calcari
puri; le forme carsiche risultano ivi attenuate, con forme sotterranee ridotte, se non
ridottissime, a motivo della breve durata del ciclo evolutivo, che si è svolto in complessi
litologici di scarsa potenza e di recente età (Anelli, 1963, pag. 17). Nei fenomeni paracarsici rientrano quindi cavità sotterranee da sub-erosione, il cui procedere deriva
dal basso verso l’alto per erosione regressiva, come evidenziato da Franc (1953) e
Renault (1953). Allo stesso tempo, Anelli accostava alle forme paracarsiche quelle
descritte da Cvijic (1893) come elementi di un carso parziale o merocarso, contrapposto al carso completo o olocarso.
Fenomeni pseudocarsici erano invece, sempre secondo Anelli (1963), quelli che
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si sviluppano su rocce geologicamente insolubili o pochissimo solubili, derivanti
quindi da fenomeni concomitanti di alterazione fisica e di alterazione chimica, ad
eccezione però dell’azione solvente delle acque meteoriche. Le forme presentano
analogie con le corrispondenti morfologie carsiche, ma sono originate da fenomeni
diversi, in primis l’erosione meccanica o fenomeni di gelivazione. Tra i litotipi interessati, le argille, o i terreni cristallini, nei quali ad esempio si sviluppano morfologie
tipo i tafoni del massiccio sardo-corso. Nell’ambito dei fenomeni pseudocarsici rientrano anche quelli che interessano materiali vulcanici, e quindi le cavità di origine
vulcanica.
La definizione di Anelli non ebbe però seguito né in Italia, né a livello internazionale, dove lo stesso Autore la propose in occasione del III Congresso Internazionale
di Speleologia, tenutosi a Vienna (Anelli, 1964). Ancora oggi, si utilizza infatti
comunemente il termine di pseudocarsismo per indicare qualunque morfologia,
analoga a quelle carsiche, che interessi rocce poco solubili o insolubili. Tale termine, inizialmente assegnato ad Halliday (1960), che lo riprendeva a sua volta da un
lavoro di Floridia (1941) sulle argille siciliane, è oggi attribuito come paternità a
von Knebel (1906) che sembrerebbe il primo ad averlo proposto, secondo quanto
riportato da Bates & Jackson (1987).
Nonostante la definizione di paracarsismo di Anelli (1963) non abbia riscontrato
molto successo, riteniamo che essa abbia rappresentato un giusto tentativo di chiarire differenti aspetti dei processi carsici, e pertanto la utilizziamo nel presente contributo per descrivere le forme epigee ed ipogee individuate e studiate nel territorio
qui esaminato, nell’ambito di depositi arenacei a matrice calcarea.
Geologia
L’area oggetto del presente studio è caratterizzata dall’affioramento di litologie appartenenti al Flysch di Gorgoglione, formazione torbiditica dell’Appennino Meridionale di età miocenica medio-inferiore (Boenzi & Ciaranfi, 1970; Carbone et
alii, 1991). Litologicamente, esso consiste di alternanze di arenarie e argille leggermente marnose. Le arenarie (litareniti feldspatiche e arcosiche litiche) sono grigiogiallastre sulla superficie di alterazione e grigio ferro al taglio fresco, ben cementate,
con strati di spessore variabile tra pochi centimetri e qualche metro. Talora sono
presenti livelli di notevole spessore costituiti da arenarie grossolane piuttosto incoerenti e conglomerati ad abbondante matrice sabbiosa. Le argille, di colore grigio
oliva e a frattura concoide, sono abbondantemente siltose e formano intercalazioni
localmente di elevato spessore. Il Flysch di Gorgoglione affiora su tutta la fascia
che si estende dagli abitati di Gorgoglione e Cirigliano verso SE, in direzione della
confluenza tra la Fiumara di Gorgoglione e il Torrente Sauro. Solo nei pressi di tale
confluenza, esso risulta ricoperto da depositi più recenti.
Morfologicamente, il territorio è di collina medio-alta, con sviluppo di profonde
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incisioni, in genere a controllo strutturale, che si uniscono con confluenze ad angolo retto ai principali corsi d’acqua (Fiumara di Gorgoglione, Fosso Valle della Foresta). I centri abitati sorgono su rilievi di spicco topografico, in posizioni di controllo
strategico sul territorio, e in particolare sui fiumi che lo attraversano: Gorgoglione
occupa, ad esempio, un piccolo rilievo, ben protetto su tre lati da ripide pareti,
mentre Cirigliano insiste su una stretta dorsale allungata in senso N-S sulla Fiumara
di Gorgoglione e la Fiumara di Fossarolo.
La presenza all’interno del Flysch di Gorgoglione di varie litofacies, con differenti
caratteristiche di resistenza meccanica, e l’assetto strutturale caratterizzato da notevole diffusione di discontinuità all’interno dell’ammasso roccioso, rendono tale
formazione particolarmente suscettibile ai fenomeni franosi (Guerricchio & Melidoro, 1988). Ciò in particolare per quanto riguarda le facies prevalentemente
argillose, intensamente affette da fenomeni di colata, osservabili lungo tutta la S.S.
di Val d’Agri n. 103, nel tratto che va dal T. Sauro a Gorgoglione. Le pareti rocciose
sub-verticali sono altresì caratterizzate da crolli, o, nel caso di pendii meno acclivi
ma con discontinuità a franapoggio, da scorrimenti traslativi, che di frequente avvengono al contatto tra un bancone arenaceo e le sottostanti argille.
Cenni archeologici
Le principali evidenze archeologiche dell’area in esame sono localizzate al Cinto
dell’Eremita e sul ciglio dell’altura prospiciente lo stesso, in località Scorciabuoi. Il
Cinto dell’Eremita si erge sul territorio circostante, costituendo una rupe di forma
allungata, sopraelevata di oltre 30 m sul fondovalle. È ubicato alla confluenza di tre
corsi d’acqua: la Fiumara di Gorgoglione (che costituisce il corso d’acqua principale, proveniente da NW), il Fosso dell’Eremita da NE e il Vallone della Foresta
da N. Per le pareti verticali, esso risulta di difficile accesso, e quindi un ideale sito
di controllo strategico sul territorio circostante, naturalmente protetto. Per la morfologia del luogo il sito manifesta immediatamente i caratteri di un insediamento
fortificato. Le indagini archeologiche eseguite a partire dal 2004 hanno consentito
di riconoscere al sito una articolata sequenza stratigrafica che da età tardo antica (la
fase di occupazione più antica è databile tra la fine del V e il VI secolo d.C.) giunge
fino al basso medioevo, intervallata da strati colluviali che hanno periodicamente
interessato l’area e distinto le differenti fasi di occupazione (De Siena et alii, 2006).
Da segnalare in particolare un probabile insediamento fortificato alto medioevale,
impiantatosi al sito tra X e metà XI secolo e il Castrum medievale che testimonia
la rioccupazione dell’area nel XIII-XIV secolo, con costruzione di un imponente
muro di chiusura dell’abitato. Nell’area del Cinto si è verificata l’esistenza di un’imponente struttura muraria che cinge a mezza costa la piccola altura; il muro, in
discreto stato di conservazione, è costituito da due cortine di blocchetti di pietra locale, a tratti semi-crollate, e da un riempimento in pietrame di piccole dimensioni;
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è ben visibile lungo il margine nord-orientale, a tratti fino ad una altezza massima
di circa 2 m. Altre emergenze strutturali si conservano all’interno del muro di cinta,
sul pianoro mediano; sulla sommità sono ancora ben visibili almeno una cisterna,
voltata a botte, e muri con diverso orientamento.
Sullo sperone roccioso che si affaccia, prospiciente al Cinto, sulla Fiumara di Gorgoglione, a NE della Masseria Scorciabuoi, grazie alla segnalazione di operatori
locali si è localizzata una seconda zona di occupazione antropica antica, che il materiale individuato sulla superficie del terreno permette di collocare nell’età del Bronzo e, sembra con una lunga soluzione di continuità, in età medievale.
L’approfondimento delle indagini topografiche, unitamente allo studio della documentazione bibliografica, cartografica e di archivio, potrà arricchire il quadro
delle conoscenze sul territorio che, già da una prima analisi, appare ricco di valenze
archeologiche ed elementi antichi da tutelare e, ove possibile, da valorizzare.
Le esplorazioni
I rilievi e le esplorazioni effettuate hanno consentito l’individuazione di cinque cavità, di tipologia variabile da grotte interstrato (ad andamento sub-orizzontale, lungo
la superficie di contatto tra litologie diverse), a cavità di origine gravitativa (connesse
a distacchi parziali delle porzioni esterne di pareti rocciose verticali), a inghiottitoi,
a grotte su pareti.
Grotta dei Briganti
L’imbocco della cavità si apre al piede della parete rocciosa alta circa 40 metri, alla
cui sommità è l’abitato di Gorgoglione. Ubicata in sinistra orografica del Fosso Vallone, affluente della Fiumara di Gorgoglione, la grotta è una cavità di interstrato,
sviluppatasi lungo il contatto tra le arenarie e le sottostanti argille. Lungo l’asse
principale della cavità, della lunghezza di 36 m, è stata scavata nel 1999 una stretta
trincea, che ha consentito l’accesso all’ambiente ipogeo, la cui altezza massima era,
al momento della prima esplorazione, di 2 m circa (Campanella et alii, 2001). La
parte più interna della grotta presenta tracce di stillicidio e concrezionamento (Fig. 3),
costituito da piccole stalattiti di qualche centimetro di lunghezza e da croste calcitiche in prossimità delle pareti rocciose.
Il nome della cavità trae la sua origine nel presumibile utilizzo della stessa come
dimora di briganti. Il toponimo “Grotta dei Briganti”, presente anche in altre cavità
della Basilicata e della Calabria (ad esempio, a Muro Lucano; si veda Parise et alii,
questo volume), testimonia di un’epopea, quella del brigantaggio post-unitario, che
ha visto le grotte protagoniste, in quanto dimora e sicuro nascondiglio. Nel caso
specifico di Gorgoglione, l’ubicazione della grotta in prossimità del limite provinciale tra Matera e Potenza, sullo spartiacque tra due bacini idrografici, rendeva la
stessa particolarmente strategica dal punto di vista logistico. Questo territorio, e
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precisamente il Torrente Sauro, è stato tra l’altro teatro di uno dei principali scontri
tra le bande del brigante Crocco e le truppe del Regno d’Italia.
Secondo una tradizione popolare, la grotta sarebbe collegata ai sotterranei del castello che sovrastava l’abitato mediante un cunicolo. A partire da tale leggenda, e
nonostante le prime esplorazioni avessero escluso la possibilità di prosecuzioni della
grotta, sono stati effettuati ad opera del Comune di Gorgoglione ingenti lavori di
scavo che hanno portato a svuotare la cavità dagli interstrati argillosi, ed a formare
una grotta che ben poco ha di naturale, e che certamente non corrisponde a quella
che, assumendo per vera la leggenda popolare, doveva essere stata occupata dai
briganti.
Cinto dell’Eremita
La Grotta del Cinto dell’Eremita, in territorio di Stigliano, è ubicata sulla parete
esposta a NE del Cinto, lungo il sentiero che conduce alla zona sommitale. Si tratta
di una cavità di origine tettonica e gravitativa, essendo connessa ai progressivi distacchi di roccia che si sono verificati nel tempo dalle pareti del Cinto. L’ingresso è
un’apertura a forma triangolare, larga circa 1,5 m nella parte bassa e che si restringe verso l’alto. La si incontra salendo la parete, in corrispondenza di uno stretto
passaggio a cui si accede mediante alcuni gradini scavati nella roccia. La cavità è
condizionata nel suo sviluppo (Fig. 4) dalla frattura lungo la quale è avvenuto il
distacco della porzione più esterna della roccia (che attualmente costituisce la parete
NE della grotta). Ha lunghezza complessiva di 20 m (Fig. 5), e profondità di poco
più di 16 m fino al punto più basso della grotta, da cui una stretta fessura ampia
pochi centimetri consente il passaggio della luce e fa osservare il sottostante piano
campagna, ai piedi della parete. Questa zona presenta numerosi blocchi crollati, di
dimensioni variabili da piccole pietre a massi alti 3,5 m.
Inghiottitoio c/o Masseria Scorciabuoi
Si tratta di un piccolo inghiottitoio che si apre sui pendii rivolti verso la valle della
Fiumara di Gorgoglione, a N della Masseria Scorciabuoi, in un’area caratterizzata
da lineazioni tettoniche di importanza regionale (Casciello et alii, 2002). L’ingresso, lungo alcuni metri in direzione E-W, è alla base di un albero le cui radici occupano in parte lo stesso accesso. Un saltino di circa 1,5 m immette su un pianerottolo
da cui si vede il sottostante pozzetto, profondo 7-8 m (Fig. 6): lungo la parete E,
il primo tratto è subverticale, mentre la parte finale diviene un ripido scivolo su
massi di crollo. L’intera cavità è infatti colma di materiali di crollo e pietre gettatevi
dall’esterno, tanto che ogni movimento produce ripetuti franamenti. La parete W
è verticale, e mostra in affioramento la successione costituita da bancate e livelli di
arenarie, in spessore variabile da 1 m a pochi centimetri. La roccia appare estremamente fratturata, e in precario stato di equilibrio, con crolli molto diffusi.
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A fine pozzo, sul lato W si apre una piccola stanzetta, in cui la limitata altezza (0,7
m) non consente di mantenere la posizione eretta. Qui sono stati rinvenuti resti di
ossa animali (una probabile capra), frammisti a pietre di varia dimensione cadute
dall’esterno. Verso il margine settentrionale della stanzetta è presente un ulteriore
pozzetto, colmato da materiale detritico. Da qui proviene una corrente d’aria, e si
è quindi tentato di rimuovere una parte dei detriti rocciosi per verificare la prosecuzione della cavità. La difficoltà di manovra nello spazio angusto, congiunta al
continuo arrivo di materiale detritico dal pendio del pozzo d’ingresso, ed al pericolo
costante di crolli, hanno reso problematica l’operazione, che è stata interrotta per
salvaguardare l’incolumità degli operatori. Si è potuto comunque stimare una profondità del secondo pozzo di circa 2 m, con larghezza di poche decine di centimetri.
Altre cavità
Altre due cavità sono state rinvenute nel corso di discese su corda lungo le pareti
verticali, alte oltre 90 m, in destra idrografica della Fiumara di Gorgoglione (Fig. 7).
Come nel caso precedentemente descritto per la grotta di Cinto dell’Eremita, le porzioni più esterne delle pareti rocciose sono interessate da fratture beanti, originatesi
per distacchi gravitativi. In alcuni casi l’apertura delle fratture è tale da consentire
l’accesso nelle cavità così formate, il cui elemento principale consiste nella notevole
instabilità delle pareti, e nella abbondante presenza di materiale detritico. Le cavità
non superano la decina di metri di lunghezza.
Conclusioni
Le esplorazioni nel territorio di Gorgoglione e nelle aree circostanti hanno permesso
di verificare la valenza di questo settore della Basilicata, sul quale ben poco era noto
per quanto riguarda gli aspetti carsici e speleologici. La varietà delle tipologie di
grotta censite costituisce un indubbio elemento di interesse per l’approfondimento
dello studio, e allo stesso tempo fa sperare nella possibilità di ulteriori scoperte. A
tale proposito, i profondi e numerosi valloni che marginano i centri abitati, o che
si aprono ai lati della Fiumara di Gorgoglione, andrebbero esplorati attentamente.
Di contro a una indubbia valenza naturalistica e storica del paesaggio lucano, va,
ancora una volta, rimarcata la scarsa attenzione degli amministratori locali alla conservazione dei caratteri naturali dei siti rinvenuti: gli interventi eseguiti alla Grotta
dei Briganti hanno prodotto un ambiente ipogeo assolutamente innaturale, mentre
la presenza della grotta, così come delle altre cavità del territorio, poteva essere utilizzata per la realizzazione di ben più validi percorsi rivolti al turismo naturalistico,
opportunamente integrati con le altre valenze (archeologiche, storiche, gastronomiche, culturali) offerte dal territorio.
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Fig. 4 - Interno della Grotta del Cinto
dell’Eremita: si noti l’erosione selettiva nei livelli
arenaci, che produce la formazione di piccole
mensole sporgenti.
Fig. 5 - Rilievo della Grotta del Cinto
dell’Eremita.
Fig. 6 - Ingresso dell’Inghiottitoio presso la
Masseria Scorciabuoi.
Fig. 7 - Discesa delle pareti rocciose in destra
idrografica della Fiumara di Gorgoglione.
Fig. 1 - Ubicazione dell’area di studio, con indicazione dei siti esaminati.
Fig. 2 - Forme paracarsiche nelle arenarie del
Flysch di Gorgoglione.
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Fig. 3 - Parte interna della Grotta dei Briganti.
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