Vincenzo Coco. - Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

I~O
LET'IUltB DEL RlSOHGH1ENTO.
anzi spesso fingevasi tutto preso dall' ira per impauril'e sorprendere e sbalol'dire coloro co' quali trattava. 'Il vedremo animoso e insieme cauto a schivare i pericoli , severo e indulgente
a tempo, e sopra tutto abilissimo a cattivarsi 1'amore dei soldati: non mai affid~rsi alla. fortuna ave il consiglio valesse, o
dove questo era inutile tutto sperare da,Il' audaciaj magnificare
i suoi prosperi successi, coprire a scemare quelli del nemico i
mostrar sempre sicurezza. di vincere, Dinn minimo dubbio di
perdere j fingersi molto religioso co' religiosi, e ridersi poi co' piò
scaltri della simulazione usata coi" semplici; nascondere spesso
i suoi pensieri sotto le apparenze d'una franca schiettezzaj e,
tranne que' soli a cui fosse necessario il fidare un segreto, es sere impenetrabile per ogni altro; proporre vasti disegni cornEI
facili ad eseguirsi j procacciarsi la benevolenza di ciascuno e
farsi temere da quelli ch' e' non potea guadagnal'e.
xxv.
Vincenzo Coco.
LETTURE DEL RISORGIMENTO.
Quando r impresa d'Italia fu affidata a Bonaparte era quasi
che disperata. Egli si trovò alla testa di nn' armata alla quale
mancava tutto, ma che t:ra uscita dalla Francia Del momento
del suo maggiore entusiasmo e che era da. tl'e anni avvezza
ai disagi ed alle fatiche j si troyò alla testa di coraggiosi avventurieri riso luti di vincere o morire. Egli aven. tutt' i talenti,
e quello spec ialm en te di fa.rsi amare dai soldati, senza del quale
ogni altro talento non val nulla.
Se le campag ne di Bonaparte in Italia si vogliono paragonare a quelle cbe i Romani fecero in paesi stranieri, si potranno dir simili solo a quelle co ll e quali conquistarono la Macedonia. Scipione ebbe a combattere un grandissimo capitano
che non ave a nazione : molti altri non ebbero a fronte né generali né nazioni guerriere; solo nella Macedon ia i Romani trovarono potenza bene ordinata, nazione agguerrita ed audace per
freschi trionfi, e generali i quali se non aveano il genio sapevano
almeno la pratica dell' arte. Bonaparte cangiò la tattica, cang io
la pratica dell' arte j e le pesanti evoluzioni de' Tedeschi di"
vennero inutili come le falangi de' i)facedoni in facc ia ai Romani. Supera le Alpi e piomba nel Piemonte. Costringe il re
di Sardegna stanco farsi da una guerra di cinque anni~ privato
di buona porzione de' suoi- dominii, abbandonato dagli Austriaci
ridotti a difendere il loro paese, a sottoscrivere un armistizio
forse necessario ma al ce rto non onorevole, ed a cedere a titolo
di deposito fino alla pace quelle piazze che ancora potea e che
difender dovea fino alla morte. Dopo ciò la campagna non fu
che una se rie continua di vittorie.
L'Italia era divisa in tanti piccoli stati, i quali però riuniti#
pur potevano opporre qualche resistenza. Bonaparte fu si destro
da dividere i loro interessi. Questa è la. sorte, dice Maclliavelli,
di quelle nazioni le quali han già guadagnata la riputazione
delle armi: ciascuno brama la loro amicizia, ciascun procura
ùistornare una guerra che teme, Cosi i Romani han combattuto !:Iemp l'e i 101'0 nemici ad uno ad uno, e Ii ha n vinti tutti.
Il Papa tentò di stringere una lega italica. Concorrevano volentieri a questa alleanza lo corti di Napoli c di Sardegna; la.
j
GU01'ro o IDut.uucnti in Itlllia
<lana bottagli. tU Montenotte r11 "pr. 11961
alb l)aco di Campoformio lI7 otto l i97 j,
Dal capo III del Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli, pubblicato la prima volta in Milano nel 1802.
In breve tempo li Francesi !:Ii videro vincitori e padroni.
delle Fiandre, dell' Olanda, della Savoia, e di tutto l'immenso
tratto ch' è lungo lo. sinistra sponda del Reno. Non ebbero però
in Italia si l'apidf successij e le loro armate stettero tre anni
a piedi delle Alpi, che non potette l'o superare e che forse non
avrebbero superate giammai se il genio di Bonaparte non avesse
chiamata anche in questi luoghi la vittoria.
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LETI'URE DEL RISORGIMENTO.
prima delle quali s' incaricò di invitarvi anche la. R~~ub~lica
Veneta. Ma i sa"i di questa Repubblica alle proposlzl0Ul del
residente napolitano risposero che Del Sena.to Veneto era. già.
quasi un secolo che non parl avasi di alleanza i che si sarebbe
proposta inutilmente, ma che, se mai la lega fosse stata stretta.
tra gli altri principi, non era difficile. che la Repubblica vi accedesse. Ma quando il gabinetto di Vieona ebbe cognizioni di
tali trattative vi si oppose acremente, e mostrò con parole e
con fatti che piu della r ivoluzione francese temeva l'unione
italiana!
AlloI'a si vide quanto lo stato politico degl' Italiani fosse
infelice, non solo perchè di visi in tanti piccoli stati, ché pure
la divisione non sarebbe statù. il piti grave de' mali, ma percbè
da duecento anni o conquistati o, quel che è peggio, protetti
dagli stranieri, alI' ombra del sistema generale d'Europa, senz' aver guerra. tra loro, senza temerne dagli esteri, tra la servitti e la protezione, avean perduto ogni amor di patria ed
ogni virtu militare. Noi in questi ultimi tempi non solo non
abbiam potuto rinnovar gli esempi antichi de' nostri avi antich issimi, i quali riuniti conquistarono tanta parte dell' universo,
ma né anche quei meno illustri dei tempi a noi piti vicini,
quando divisi tra noi, ma indipendenti da. tutto . il rimanente
delI'Europa, eravamo italiani, liberi ed armati.
Gli Austriaci rimasti soli non poterono sostener l'impeto
nemico: tutta la Lombardia fu invasa; Mantov3. cadde, ed essi
furono respinti fino al Tirolo . Bonaparte era già poco lontano
da Vienna; l'Europa aspettava da momento a momento azioni
piu strepitose; quando si vide la Francia condiscendere ad una
pace colla quale essa acquistava il possesso della sinistra
sponda del Reno e dell' importante piazza di Magonza, e l'Austria riconosceva. l' indipendenza della Repubblica Cisalpina. in
compenso della quale le si davano i dominii della Repubblica
Veneta. Questa col risolversi troppo tardi alla guerra altro nOll
avea fatto elle dare ai più pote'!lti un plausibile motivo di a.ccalerare la sua tuioa.
Per qual forza di destino avrebbe potuto sussistere un go-
LETTUUE DEL RISORGIMENTO .
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,'erno il quale drt due secoli avea. distrutta ogni virtù ed ogni
valor militare, che a\'ea. ristretto tutto lo stato ne lla sola capitale e poscia. avea concentrata la capitale in poche famiglie,
le quali sentendosi deboli a tanto impero non altra massim a
aveano che la gelosia, non altra sicurezza · che la deb oIezz·a.
de' sudditi, e più che ogni nemico esterno temer doveano la virtil
de' propri suddHi ~ Non so che avverrà. dell' Italia; ma il compimento della profezio. Je l Segretario Fiorentino, la. distruzione
di quella vecchia imbecille oligarchia veneta, sarà sempre per
l' Italia un gran bene. Ed io elle tr!l. i beni che posson ricevere
i popoli i l primo luogo do a. que ll i della mente, cioé al giudicar retto onde vien poi l' opral' virtuoso e nobi le, io credo
esser già sommo vantaggio iI veder tolto 1'antico errore per
cui i gentiluomini veneziani godevan nelle menti del volgo
fama di sapienti reggi tori di stato.
Il trattato di Campoformio era. vantaggioso a tutte e due
le potenze contraenti. V Austria. sopra tutto vi avea guadagnato moltissi mo; e se rimaneva ancora qualche altro oggetto
a determinarsi era facile a prevedere che a spese de' piu picco li principi di Germania essa avrebbe guadagnato anche di
piu. Ma era facile egualmente prevedere che l' Iu'g hilterra,
avendo sola tra gli a ll eati C'olia guerra guadagnato e dovendo
sola restituire, esser dovea lontana. dai pensieri di pace.
Il governo che allora ayea la. Francia, che che molti credessero, avea 1 ahnen per poco, rinunciato al progetto di democratizzazione universale; il quale, al modo come l'aveano i
Francesi immaginato, era solo eseguib ile in un momento di
entusiasmo. I Romani mostravan di rendere ai popoli gli ordini che essi bl'amavano, ma. non avevan la smania di portar
da per tutto gli ordini di Roma: qu indi i Romani conservarono
meglio e piu lungamente 1'apparenza di liberatori dc' popoli.
Ma il governo francese riteneva tuttavia il primiero linguaggio
per vendere a piil caro prezzo le sue promesse e le sue mi nacce; era vi sempre una contraddizione tra i proclami de' generali e le negozia:doni de' min istri; tra le parole date ai popo li
e quelle date ai re ; o tra. queste continue contraddizioni si
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LETTURE DEL RISORGIMENTO.
LETTUUE DEL R1S0RG1MENTO.
faceva Ora. coi pa r
pa l ora
e di t im ori.
.
COI re
un traffico continuo di speranze
Gi::~ da questo ognuno prevedeva. che il trattato di C
formio a'
J
•
ampo, . ' 'ca. 80 . per poco sospesa la democratizzazione di tu tta
I ~tah~. Il re ~l Sar~egna non era che il mini stro della repubblica flancese 10 TorIno'l il duca di Toscana e d l'1 papa non
e~'auo nulla" Bertbier finalmente occupò Roma : la distl'uz ione
dI un vecchio governo teocratico non costò che il 'Valerlo: tale
e lo stato deli' Italia che chiunque vuole o salvarla. o accupada d:ve riunirla, e Don si può riunire senza cangiare iI governo di ~oma. L'indifferenza colla quale l'Italia riguardò
tale avvemmento mostrO bene qual progresso le nuove opinioni
avaao fatto negli animi degli Italiani .
XXVI.
Alessandro Verri.
Modo .di guerreggiare de' Frfiue.6si e Austl'iaci
nella campagna d' Iblia del 1796 e 97.
Dal libr.) IV delle Vicende memorabili dal 1789 al
1801: opera
per lo piu partigiana d'uom che tornò a dietro, ma non
senza quall!he
buoa segnale d'ingegno e di arte.
I n~std antenati ci lasciarono gran fama della furia dei
francesI, quando Carlo ottavo scese da noi; ora possiamo trasmettel~la ~'poste ri maggiore. Essi combattevano con impeto
straordlDano, con rapidità feroce, con disprezzo tremendo della
morte; a, quantunque i popoli di Germania sieno di natura
bellicosi
.
. . a per illustri imprese celebrati nelle ,to,"·. , p ure In
. I oro un;t.
questI CImenti dopo onorate prove occupo' gl,' a'
minI
mi sera . tri,stezza, per la quale deponevano sul campo a migliaia.
le ~flm SI spesso temute e si rendevano prigionieri con ammirazIOne degli stessi vincitori. Ma gli oserciti dall ' una parte
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ol'3.no condotti alla vittoria, e il guerriero confidava nella mente
del suo capitano; dall' altra i continui errori aveano spenta
quella fede. Vi erano anco nella disciplina de' francesi mod i
ed espedienti nuovi, per i quali"'Ilon a solo ardimento 11 fortuna
si dovevano ascrivere le vittorie loro. Non usavano impedimenti e bagaglie; fuorch é le dignità superiori, il rimanente
marciava a piedi, come un fante comune; poneano campo a
cielo aperto, n011 mai con tende; valicavano fiumi senza ponti,
ma con funi stese dall' una all' altra ripa, appoggiandosi alle
qllUIi passavano i fanti o a guado o a nuoto, mentre i .cavo.lieri, stretti in massa, trapassavano la corrente superiore per
scemarne la violenza. Fu notevole destrezza 101'0 occupare le
artiglierie nemiche strisciandosi carponi sott' esse, " nelle balze,
l"ampicundosi, trovare vie io tentate. Non che pazienti ne' disagi,
lieti sofferivano le intemperie, per natura loro pronti a scoppiare dalle risa ove altri singhiòzzerebbe. I s?vrastanti nelle
battaglie comandavano piO. con l'esempio che con la. voce,
perocché, sempre al fianco de' loro uomini, erano in dignità
maggiori ed eguali ne' cimenti: ma ne' tedeschi talvolta gli offidali spingevano le squadre contro il nemico, rimanendo essi
alquanto dietro a regolarle. Ammiravano gli stessi franc esi In.
docrIe intrepidezza di quelle genti, sommesse alla voce di remoto condottiero. L'esel'c ito imperiale era guidato da uomini
provetti e di progenie illustre, talché in loro si valutasse più
In. mente che il, braccio: il generale supremo dei francesi, pel'
lo contrario, non giunge a agli nnni trenta, e i suoi condottieri,
giovani ansiosi di vittoria, tutta la affidavano nello ardire. Né
fu di poca importanza l'assoluta podestà, con la quale Bonaparte amministrava la guerra; perché il Direttorio gli aveva
conceduto farla con ogni mezzo per vincere, senza dip endere
da altro imperio che da' suoi occulti pensieri: e però, non mai
perdendo le occasioni per lentezza di risoh'ere, né comunicando
altrui ove tendesse la mente sua, rapidi quanto improvvi si riuscivano gli eventi. All' opposito fu ostacolo non leggiel'o alla
gloria delle armi tedesche il sistema della corte imperiale. Sedeano in Vienna, in un consiglio denominato di gue1Ta, i pro-