e la Psicanalisi

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Mensile - Anno II - N° 8
Leonardo
e la Psicanalisi
TRIESTE - IL TEMPIO MARIANO DI MONTE GRISA
ARTISTA
ROMA - IL MESSAGGIO SEGRETO DEL BORROMINI
Ana Bagayan
ARTE ED ESOTERISMO - LA MAGIA DEL CORALLO
Gubbio
La festa dei Ceri
C
ari lettori, spesso dobbiamo anticipare gli argomenti, per questioni meramente legate al fatto che la distribuzione della rivista cade a circa metà
mese: quindi, sebbene siamo ancora in Aprile, devo annunciare giocoforza la prossima festa dei Ceri a Gubbio, che si svolge come tutti gli anni in
maggio. Saremo d'accordo che questa straordinaria celebrazione rappresenta uno degli eventi imperdibili per chi, come noi, è attratto dalle sopravvivenze di riti ancestrali che continuano ad essere perpetuati fino ai nostri giorni. Una festa di popolo, una corsa, un'ode a San Ubaldo, ma anche l'opportunità di immergersi in tantissimi altri eventi collaterali, che durante le celebrazioni, possono accompagnare il turista nella città del lupo di San Francesco. Antonio Rossi, esperto nella tradizione folklorica italiana e in antropologia storica, ci illustra i riti e le mille sfaccettature di questa “pazzia” che ha
pochi eguali nell'intera Europa. Il numero di questo mese ci conduce a scoprire cose note e poco note dell'universo misterioso della Penisola. Certo tra le
più celebri la chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza del Borromini, di chiara matrice esoterica, ma, allo stesso tempo, andiamo in luoghi sconosciuti o quasi dimenticati: scopriamo la città abbandonata di Consonno in Piemonte e quella iniziatica di Scarzuola, in Umbria. Poco considerato, forse perché costruito in
epoca moderna, è il Santuario Mariano di Monte Grisa, a Trieste, che invece vale davvero una visita per i suoi aspetti di simbolismo sincretico. L'architetto Claudio Spagnol ci riporta sulla pedemontana trevigiana, a scoprire ruderi di castelli e chiesette segnate da rune magiche; Andrea Romanazzi ci illustra
i segreti delle opere rinascimentali e i loro legami ancestrali con il simbolismo pagano: la Madonna del Parto ne è testimone. Chi scrive vi invita a fermarvi
alla Magione dei Cavalieri di San Giovanni, in quel di Poggibonsi, presso Siena, perché si tratta di un luogo dove il tempo sembra essersi cristallizzato nel
Medioevo. Dedichiamo la copertina a Leonardo e a un suo celebre dipinto, come presentazione all’opera del genio italiano in chiave psicoanalitica, in un
excursus che ci propone Francesco Paolo Corna. Una brutta notizia la devo, comunque, comunicare alla fine di questo editoriale: per cause dovute in massima parte a ragioni di difficoltà distributive, dobbiamo trasformare la rivista da mensile a bimestrale. Avremo altresì certamente più tempo per pubblicizzarla al meglio nelle zone interessate dagli articoli e speriamo di poter realizzare dei numeri dossier legati a particolari temi e località. Per il momento
ci salutiamo qui e vi auguro una buona lettura... primaverile.
Nicola Pezzella
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Numero 8 - Aprile 2015 - Anno 2
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Claudio Spagnol, Cristiana Vignoli, Antonio Rossi, Silvana Radoani, Lorenzo
Sartorio, Francesca Brocchetta
Stampa
Arti Grafiche Boccia Spa
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84131 (Salerno)
Bimestrale
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Finito di stampare il 29 febbraio 2015
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Editoriale
News
Mostre
La folle corsa dei ceri di Gubbio
Conoscenze Antiche e Miracoli a Trieste
Il messaggio segreto del Borromini
Consonno, la “Città dei balocchi”
Abbonamenti
L'interpretazione psicoanalitica di Leonardo
La Magione di Poggibonsi, gioiello dei Cavalieri
L’enigma della Madonna del Parto
Il “Pontefice” diabolico
Il viaggo onirico e iniziatico della Scarzuola
Tra rune magiche e chiesette longobarde
La Magia del Corallo
Articoli
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News
Giallo su un quadro
del Caravaggio: vero o falso?
Torna a risplendere
un Giudizio Universale
LONDRA un giallo su una tela del Caravaggio stimata 13 milioni di euro, ma venduta a
50 mila. Era impossibile per Sotheby’s capire
che fosse veramente un quadro del Merisi. L’Alta corte di Londra dà ragione alla casa d’aste. Prima dell’acquisto il quadro era in condizioni tali da nascondere
i particolari per l’attribuzione, arrivata successivamente grazie alla bravura di Sir Denis Mahon che
l’ha riportato agli antichi splendori consentendo di
attribuirlo al maestro seicentesco italiano. Ora
però Mahon è morto centenario. E Lancelot William
Thwaytes, discendente di uno stimato chirurgo della
Royal Navy, è rimasto con un pugno di mosche in
mano. Lancelot si ritrova la tela in eredità e compie
lo sbaglio di interpellare due o tre esperti.
L’esperta e biografa del Caravaggio Helen Langdon e
lo storico dell’arte americano Richard Spear. Tutti
concordano che si tratti di una copia attribuibile alla
scuola del Caravaggio. Lancelot decide di metter
la tela all’asta. E alla fine viene aggiudicata per 42 mila sterline (oggi 55 mila euro). Ma chi si aggiudica il
quadro? In apparenza è una signora qualunque,
Orietta Adam. Dietro, però, il suggeritore (e vero acquirente) è appunto Denis Mahon, che è fra i massimi collezionisti e storici dell’arte seicentesca. Dopo
l’acquisto fa pulire l’opera, la studia nei minimi particolari. Et voilà… scompaiono i dubbi. Altro che copia, quelli sono «I bari» del Caravaggio. Valore sul
mercato attuale? Circa 10 milioni di sterline, pari a
13 milioni di euro. Ora anche Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani ed ex ministro dei Beni
culturali, e Mina Gregori, accademica dei Lincei, la
più importante studiosa del Caravaggio, confermano
l’attribuzione. Insomma il povero Mr. Lancelot ha
perso un tesoro. Ora cerca di fare causa a Sotheby’s
ma la via è tutta in salita. I 10 milioni di sterline se li
è proprio giocati, malissimo. Per la cronaca a fine
gennaio 2015 Christie’s mette in asta un altro quadro
attribuito a Caravaggio, in passato presentato con diverse attribuzioni e addirittura rimasto invenduto in
un’asta del passato. (fonte artslife.com)
l più bel regalo che la Fondazione “Santa Maria delle Armi” potesse fare ai devoti dell’omonimo Santuario di Cerchiara di Calabria, è quello di aver ridato la possibilità di
godere nuovamente del monumentale Giudizio Universale che
decora le volte della Chiesetta ed è risalente al XVIII secolo.
Unico Giudizio Universale presente quale affresco in Calabria
è tornato visibile in tutto il suo splendore dopo i lavori di restauro che, ultimati, hanno consentito di rimuovere le impalcature necessarie per i delicati lavori che non solo hanno restaurato gli apparati decorativi delle volte, ma anche protetto
dall’umidità gli affreschi settecenteschi e gli stucchi dei due arconi dorati, che da secoli caratterizzano l’aspetto della piccola
chiesa rupestre del Santuario.
Tornano, dunque, ad essere visibili al pubblico, rivestiti di
nuova luce, gli affreschi delle volte mentre restano ancora celati gli affreschi scoperti durante i lavori di restauro dell’altare
maggiore, nascosti in un’intercapedine che dovrà essere rimossa dopo aver spostato il prezioso altare maggiore.
A gennaio prossimo sono previsti i lavori “di somma urgenza”
da parte del Ministero dei Beni culturali finalizzati al restauro
e allo studio degli affreschi medievali rinvenuti, ovvero la Madonna con Bambino e l’Arcangelo Gabriele. (fonte Il quotidiano della Calabria)
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La fisarmonica
di Leonardo da Vinci
Quel tunnel sotto la villa
di Palladio
I SONO VOLUTI 9 ANNI DI STUDI per
realizzare la fisarmonica così come l’aveva
pensata Leonardo da Vinci. A trasformare i
progetti originari, alcuni disegni tratti dal fol. 76r.
del Codice Madrid ii, in uno strumento perfettamente funzionante è stato il liutaio friulano Mario
Buonoconto, specializzato in strumenti antichi e costruttore di macchine di Da Vinci. E' la conferma
che il genio del Rinascimento anticipò di 300 anni la
nascita della fisarmonica: “La musica - scriveva non è da essere chiamata altro che sorella della pittura”. Attualmente in circolazione ci sono circa una decina di questi strumenti: tre esposti in mostre o musei, gli altri in possesso di musicisti italiani e stranieri. Uno di loro è Denis Biasin, che darà prova del
suono dello strumento alla Fiera Internazionale della Musica di Genova 2015. Il suono è flautato, facendo parte lo strumento della famiglia dell’organo.
Buonoconto, del resto, è specializzato in strumenti
antichi, nella ricostruzione iconografica di strumenti
poco conosciuti (come l’arpa meccanica ricavata da
un fregio della casa di Giorgione a Castelfranco Veneto) e appassionato costruttore della macchine di
Leonardo.
Attualmente esistono una decina di fisarmoniche di
Leonardo: tre sono esposte in mostre o musei (Museo della Fisarmonica di Castelfidardo, Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da
Vinci di Milano, Biasin Concert Hall di Azzano Decimo), mentre le altre sono in possesso di musicisti
italiani e stranieri. La presenza al Fim di Genova si
inserisce nelle attività di promozione e valorizzazione dello strumento, realizzate da un team composto
da ricercatori, musicologi e musicisti.
ERA UNA VOLTA IL PAESAGGIO palladiano. Ora, appena fuori dal centro storico
di Vicenza, sotto Monte Berico, che di quel
paesaggio è un emblema, dovrebbe essere aperto
un tunnel. Ha forma ovoidale, è lungo poco meno di
un chilometro e mezzo, alto sedici metri, largo quattordici. È diviso in due sezioni, quella superiore servirà per le auto, quella inferiore ospiterà un canale
scolmatore che, in caso di piena, agevolerà il deflusso delle acque dal fiume Retrone. Tutt’intorno le
strade verranno ridisegnate e sarà costruito un ponte. A questo frastuono di opere pubbliche dovranno
adattarsi la Rotonda e la Villa Valmarana “Ai Nani”.
La Rotonda è il capolavoro di Andrea Palladio
(1566), modello di architetture fino a tutto l’Ottocento, ed è a qualche centinaio di metri dall’imboccatura del tunnel. La Villa “Ai Nani”, completata nei primi decenni del Settecento, affrescata dai due Tiepolo, Giambattista e Giandomenico, è proprio sopra
l’uscita del tunnel.
Il tunnel andrà in discussione in Consiglio comunale il 9 gennaio. La giunta di Achille Variati (centrosinistra) stringe i tempi per portare a casa un’opera
che figura come complementare a un’altra opera: il
passaggio a Vicenza del Tav Padova-Verona. Tempi
da record: lo studio di fattibilità è stato presentato
l’11 dicembre e poi letto ed esaminato fra panettoni
e cenoni.
Ma le proteste in città montano. Si muovono Italia
Nostra e Legambiente. Fra i più attivi Out, Osservatorio urbano territoriale, e Civiltà del verde, due associazioni di cittadini. Preoccupati i proprietari della Villa “Ai Nani”: nei giorni scorsi hanno manifestato direttamente al sindaco Variati l’ansia per la statica dell’edificio, un rischio di inimmaginabile gravità
visto il patrimonio di affreschi custodito. Una lettera
allarmata è stata inviata all’Unesco affinché salvaguardi un bene – il paesaggio palladiano – che la
stessa Unesco tutela dal 1994.
(fonte Francesco Erbani, La Repubblica)
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Mostre e Musei
Alle origini del gusto.
Il Cibo a Pompei e nell’Italia antica
Asti, Palazzo Mazzetti, fino al 5 luglio 2015
’idea di una mostra ad Asti sull’alimentazione
nel mondo antico si ispira alle linee guida dell’Expo 2015 di Milano: “Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita”, quando ricordano che “la qualità e la
genuinità del cibo vanno di pari passo con la tradizione
consolidata nelle attività di coltivazione e di allevamento dei popoli e delle comunità locali, frutto di esperienze millenarie sulle quali oggi si innestano forti innovazioni scientifiche e tecnologiche”. Oggi come in passato,
il cibo è uno dei principali fattori che qualificano una
civiltà, strettamente connesso alla sfera sociale e religiosa, concorre alla creazione del senso di appartenenza e a quella che definiamo “identità culturale”, e
da lì alla comunicazione interculturale. La mostra, Alle origini del gusto. Il Cibo a Pompei e nell’Italia antica,
promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di
Asti e Fondazione Palazzo Mazzetti, curata da Adele
Campanelli e Alessandro Mandolesi, conduce il visitatore in un viaggio alle origini del comportamento alimentare italiano in un contesto, Asti e il suo territorio, rinomato per una produzione agro-alimentare
che affonda le radici in un passato ricco di testimonianze locali. Partendo dall’invito a un banchetto di
età romana in un itinerario a ritroso nel tempo, anche
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attraverso approfondimenti su alcuni significativi prodotti della terra (grano, olio, vino) si compone un
quadro esaustivo delle abitudini alimentari e produttive dei maggiori popoli antichi che vissero in Italia.
Un’impostazione innovativa e originale basata sull’incontro fra archeologia e tecnologia dove le ricostruzioni delle attività e delle consuetudini alimentari dei
Romani focalizzeranno, di volta in volta, situazioni
singolari relative alle altre importanti civiltà che si sono sviluppate sul territorio italiano: dai Greci agli
Etruschi, fino agli Italici. Le conoscenze sulla produzione e sulla cucina romana, e in parte anche greca ed
etrusca, sono vaste e basate su fonti di natura molteplice: letterarie, archeologiche, paleo-ambientali. I testi scritti in particolare sono numerosi: si cita a titolo
esemplificativo il noto manuale di ricette pervenutoci
sotto il nome di Apicio, o la cena di Trimalcione nel
Satyricon di Petronio oppure la Edifagetica di Archestrato di Gela, una specie di prima guida gastronomica del mondo antico, ma l’elenco potrebbe continuare
a lungo. Notevole anche il corpus delle informazioni
fornite dall’archeologia, soprattutto la quantità di dati
dall’area vesuviana: Pompei, Ercolano e Stabia, centri
seppelliti dall’eruzione del 79 d.C., restituiscono rap-
presentazioni figurate, ambienti completi di arredamenti, impronte di coltivazioni, reperti botanici, zoologici e anche veri cibi carbonizzati. Una
sequenza di luoghi e di ambientazioni collegati al consumo, all'elaborazione e alla produzione degli alimenti, corrispondenti alle varie sezioni
espositive con un taglio mirato ad illustrare sia la preparazione e la presentazione dei cibi sia le tecniche di coltivazione con la ricostruzione di un
antico paesaggio agrario italiano. In occasione della mostra
è possibile visitare la domus
romana di via Varrone della
seconda metà del I secolo
d.C., situata presso la porta
urbica occidentale (Torre Rossa) dove terminava il decumano massimo (coincidente con
l'odierno Corso Alfieri). Tra i
resti della costruzione, riaperta al pubblico con un allestimento aggiornato, è di particolare interesse il tappeto a mosaico che decorava il
pavimento della sala da pranzo (triclinium). Il programma didattico atto a coinvolgere gli studenti della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, si sviluppa attraverso visite guidate condotte da operatori specializzati e laboratori impostati
su diversi livelli di approfondimento. Un inedito ciclo di conferenze, sarà dedicato ad alcuni aspetti dell’alimentazione nell’antichità e avrà inizio nel mese
di marzo per proseguire, con cadenza mensile, fino
a giugno. Più in particolare si parlerà, tra l’altro, di
vino, olivocultura, produzione olearia, ma anche del-
l’alimentazione a Pompei grazie ai risultati degli studi
su reperti organici e vegetali (come semi, frutti e pane,
sopravvissuti all’eruzione del 79 d.C.), e del cibo consacrato alle divinità. La mostra è promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti e Fondazione Palazzo
Mazzetti, con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in collaborazione
con la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta e il Comune di Asti;
si avvale del patrocinio della Regione Piemonte e della
collaborazione di Civita per l’organizzazione e la comunicazione; il catalogo è edito da Marsilio.
Info Mostra:
Info e prenotazioni tel. 199.15.11.21; www.palazzomazzetti.it
Orari: da martedì a domenica dalle 9.30 alle 19.30. Lunedì chiuso.
La chiusura della biglietteria è prevista un’ora prima.
Prezzi: Biglietti Comprensivi del servizio prenotazione e della visita a
Palazzo Mazzetti € 10,00 intero € 8,00 ridotto per gruppi superiori
alle 15 unità, maggiori di 65 anni, titolari di apposite convenzioni
€ 6,00 ridotto per minori di 18 anni € 3,00 ridotto speciale per
studenti delle scuole elementari, medie e superiori. Gratuito per
minori di 6 anni, un accompagnatore per ogni gruppo, due
accompagnatori per scolaresca .
Attività didattiche: su prenotazione per gruppi fino a 25 unità
€ 60,00 scuole, visita guidata oppure laboratorio € 80,00 scuole visita
guidata abbinata a laboratorio € 100,00 gruppi € 120,00 gruppi in
lingua € 5,00 quota individuale di partecipazione alle visite fisse.
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La Folle Corsa
dei Ceri di Gubbio
di Antonio Rossi
A maggio si svolge una della più eccentriche manifestazioni popolari, religiosa e pagana
al tempo stesso. La festa tra fede e mistero del popolo di Sant'Ubaldo
G
ubbio, antico borgo arroccato
sul Monte Ingino, ogni 15
maggio, è teatro della Festa
dei Ceri, una delle manifestazioni folcloristiche più esaltanti e singolari di
tutta Europa. Un appuntamento mai
disatteso, contraddistinto da singoli
gesti tramandati da secoli, che rievocano atmosfere medievali. Una festa
di popolo inimitabile: religiosa e pagana al tempo stesso, concitata eppure mistica. Nessuno, non solo chi è
del posto, rimane indenne alla contagiosa euforia che in quel giorno solenne si respira. Si tratta di una celebrazione altamente spettacolare in
onore di Sant'Ubaldo, la figura storica che ogni eugubino porta nel cuore
e che ha dato forza e identità al piccolo Comune umbro. Ne sono interpreti tutti cittadini, nativi o acquisiti, ma
soprattutto i ceraioli (portatori dei ceri), supremi custodi della tradizione.
Qualcuno l'ha nominata la “festa dei
matti”, perché gli uomini sono chia-
Gubbio, Perugia, Umbria
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mati all'emozionante, impegnativo e
quanto mai gradito compito di condurre sulle spalle, correndo, tre enormi e pesantissimi ceri di legno, sino
in cima al santuario del patrono. Non
li offende questa definizione, anzi ne
vanno ben fieri; l'essere considerati
bizzarri li esalta come elogio alla loro
vivacità e unicità.
Alle origini della festa
Le origini di questa festa sono incerte
se non oscure e ci sono varie ipotesi.
Taluni studiosi parlano di commemorazione di riti ancestrali (filtrati attraverso l'età dei comuni, le signorie rinascimentali e il dominio pontificio)
in onore della divinità umbra Cerfus
o romana Cerere, dea della fertilità,
per cui i ceri sarebbero simboli fallici.
Altri propendono per residui di riti
pagani cristianizzati, tuttavia dai documenti prevale la tesi di un atto di
devozione dagli eugubini all'amato
vescovo Ubaldo Baldassini, i cui pro-
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