LE MISURE CAUTELAR! ClYII ! 2289 società, necessario atteso che il sequestro giudiziario comporta l'affidamento di tutti i poteri e le facoltà legate alla quota al custode (su ciò esiste concordanza in giurisprudenza: cfr. la già cito Casso n. 934/1997), che !'istante provveda a notificare il provvedimento per esteso, prima ai resistenti, e poi alla società, in persona dei legali rappresentanti qua1i--risultanti-dat-Regi-st-ro-d,ke....,llke---'i~m~p~r~e~se~;---------------------- analoga notifica si reputa necessaria nei confronti infine del custode, la cui legittimazione non sorge direttamente a seguito dell'emanazione di questo provvedimento, ma solo per l'avvenuta attuazione dello stesso dalla parte interessata nelle forme a ciò stabilite; 6) Sulle modalità della custodia - come si è accennato il custode è autorizzato sin d'ora ad esercitare tutte le facoltà ed i poteri connessi alla qualità di socio (che pur non assume, con le relative responsabilità, essendo lo stesso investito di una legittimazione temporanea, sostitutiva e "straordinaria" che promana dall' ordine del giudice), per i fini della gestione provvisoria delle quote, al fine della conservazione del loro valore "economico" (il che, com'è ovvio, non implica la funzionalizzazione ad una gestione soltanto "stati ca", attesa la natura "economica" del bene, che proprio per la sua natura necessita di essere gestito ed anche al limite "trasformato", per non annichilirsi); - permane sino a nuova disposizione l'onere del custode di ottenere previamente l'autorizzazione del giudice competente per l'attuazione e l'adozione di tutte le decisioni di maggior importanza, in particolare di quelle che possano influire sulla partecipazione dei soci; - qualunque specificazione (ad es. fondata sulla divisione fra "ordinaria" e "straor d"' ." . \ al' nguar cl o sare bb'e lmpropom 'b'i1 e; maria " ammnnstrazlOneì - è il caso di specificare che anche la qualità di amministratore della società, pur se nominato con atto separato, a parere di questo Giudice attiene ad una qualità legata, sia pur non indefettibilmente, alla titolarità della quota sociale (non potendosi ad es. concepire, secondo l'orientamento maggioritario, un amministratore non socio nelle società di persone); pertanto anche tali funzioni saranno temporaneamente svolte dal custode in sostituzione dei soggetti titolari effettivi, ai quali, all'esito della causa di merito, la relativa gestione sarà definitivamente "imputata" ». Di contrario avviso Trib. Roma, 19 maggio 2004 (in Nuovo dir., 2005, 629), che motiva cosÌ la sua posizione non aderendo all'indirizzo espresso dalla Suprema Corte: « La quota di una società di persone non può essere oggetto di sequestro giudiziario. Nel sistema legislativo, la partecipazione ad una società di persone (con l'eccezione della quota del socio accomandante) non è un qualcosa che, per sua natura, è destinato a circolare, mentre la circolabilità è caratteristica essenziale dei beni aventi un valore economico e la facile circolabilità è caratteristica essenziale dei beni mobili. La "quota", nell' ambito della società di persone, ha un significato diverso da quello che il termine ha se riferito ad una società di capitali: la "quota" nell'ambito della società di persone (con l'eccezione relativa al socio accomandante) non è un'entità dotata di una sua obbiettività, ma rappresenta soltanto la misura della partecipazione del socio ai diritti e agli obblighi relativi al rapporto sociale, intrinsecamente legata alla persona del socio stesso, perché la persona non può mutare se non con il consenso di tutti i soci. Annoverare tra i beni mobili la genera- -- 2290 LA REVOCATORIA 0RPINAlUA E FALLIMENTARE lità delle partecipazioni in società di persone è cosa foriera di possibili conseguenze abbastanza aberranti: segnatamente, diventa difficile negare che se ne possa acquistare la proprietà con il possesso di buona fede ex art. 1153 c.c. ». 3 .1.4. Il sequestro giudiziario di azioni. Essendo 1'azione un bene mobile, può essere assoggettata al sequestro giudiziario di cui all'art. 670, n. 1, C.p.C., quando ne è controversa la proprietà o il possesso. Per l'esecuzione dci sequestro in esame, non è sufficiente lo spossessamento, ma è necessaria la duplice annotazione dci vincolo sulle azioni e sul registro della società emittente. In ordine al diritto d'intervento e di voto in assemblea dopo che sia eseguito il sequestro trova applicazione il disposto dell'art. 2352 c.c., come risultante dopo le modifiche introdotte col d.lgs. 17 gennaio 2003: eseguito il sequestro, tali diritti spettano al custode sequestratario di azioni societarie e non al socio soggetto al provvedimento di sequestro. Al custode compete, altresì il diritto di impugnazione delle delibere assembleari (Cass., 11 novembre 2005, n. 21858). TI Trib. Venezia, 26 ottobre 2005 afferma che ai sensi del combinato disposto dell'art. 35, comma 5, d.lgs. n. 5/2003 e dell'art. 669-quinquies C.p.c., la devoluzione in arbitrato rituale delle controversie in materia societaria non preclude al socio di ricorrere alla autorità giudiziaria ordinaria per ottenere il sequestro giudiziario delle azioni di una società per azioni. La dottrina (LA ROCCA,Il sequestro giudiziario delle azioni di una società per azioni, in Dir. fall., 2006, II, 287) afferma che in presenza di una clausola statuaria di p rciazione , il socio che ne lamenti la violazione può ottenere il sequestro giudiziale delle azioni degli altri soci. L'autore si sofferma sul problema dei requisiti di validità delle clausole compromissorie che possono essere contenute negli statuti della società « ad eccezione di quelle che fanno ricorso al mercato dci capitale di rischio a norma dell'art. 2325-bis c.c. ». 3.1.5. Il sequestro giudiziario della quota di s.r.l. Si è discusso se la quota di S.r.l. possa essere oggetto di sequestro giudiziario che, com'è noto, richiede, per la sua ammissibilità, una controversia sulla proprietà o sul possesso. L'opinione affermativa (sostenuta da: DI SABATO,FERRI,FERRARA-CORSI, Trib. Milano, 25 maggio 1970, in Foro pad., 1970, I, 607; Trib. Torino, 29 aprile 1978, in Dir. giur., 1979,225; Trib. Napoli, 18 maggio 1981, in Giur. LE MISURE CAUTELAR I CIVILI 2291 comm., 1982, II, 364; Trib. Chiavari, 6 giugno 1990, in Le Società, 1991,208; Trib. Prato, 3 settembre 1986, in Foro it., 1987, I, 591; Trib. Verona, 4 dicembre 1990, in Le Società, 1991,973; Trib. Bologna, 20 novembre 1991, in Le Società, 19-.22....1>~2Lril.ey...a-.CheJi£equestro--.giudiziario-.è un jstituto~g~e_n_e_rale applicabile a tutti i beni in senso lato, fra i quali rientra la quota di S.r.l., rispetto alla quale si può prospettare l'opportunità di provvedere alla gestione temporanea nelle more della definizione del giudizio radicato per il riconoscimento della titolarità della quota. Nello stesso solco si pone Trib. Messina, Sez. I, 10 gennaio 2006 (in Giur. locale - Messina, 2006): « Si è infatti autorevolmente e persuasivamente affermato che la quota di partecipazione in una società a responsabilità limitata esprime una posizione contrattuale obiettivata che va considerata come bene immateriale equiparabile al bene mobile non iscritto in pubblico registro ai sensi dell'art. 812 c.c., onde ad essa possono applicarsi, a norma dell'art. 813 C.C., le disposizioni concernenti i beni mobili e, in particolare, la disciplina delle situazioni soggettive reali e dei conflitti tra di esse sul medesimo bene, giacché la quota, pur non configurandosi come bene materiale al pari dell'azione, ha tuttavia un valore patrimoniale oggettivo, costituito dalla frazione del patrimonio che rappresenta, e va perciò configurata come oggetto unitario di diritti e non come un mero diritto di credito; ne consegue che le quote di partecipazione ad una società a responsabilità limitata possono essere oggetto di sequestro giudiziario e, avendo il sequestro ad oggetto i diritti inerenti la suddetta quota, ben può il giudice del sequestro attribuire al custode l'esercizio del diritto di voto nell'assemblea dei soci ed eventualmente, in relazione all'oggetto dell'assemblea, stabilire i criteri e i limiti in cui tale diritto debba essere esercitato nell'interesse della custodia ». L'opinione negativa (sostenuta da: GALGANO, BONSIGNORI, CorrINO, MoRERA,SANTINI,RIVOLTA,ANDRIOLI,Trib. Milano, 7 luglio 1983, in Foro pad., 1983, I, 551; Trib. Venezia, 28 dicembre 1989, in Foro it., 1990, I, 2100) ripropone: a) che la quota di S.r.l. non può essere oggetto di proprietà o di possesso e, quindi, rispetto ad essa non può ipotizzarsi una controversia avente il predetto oggetto; b) che, dovendosi il sequestro giudiziario eseguire nelle forme dell'esecuzione per consegna o rilascio (art. 677 c.p.c.), queste forme non sono applicabili alla quota di S.r.l. che identifica le posizioni contrattuali del socio, ossia la titolarità del complesso dei rapporti che scaturiscono a favore del socio del contratto sociale. A rendere preferibile l'opinione affermativa hanno concorso: 1) la recente giurisprudenza della S.c. (Cass., 29 maggio 2000, n. 6957) sulla qualificazione della quota di S.r.l. come « posizione contrattuale obiettiva, paragonabile ad un bene mobile immateriale non iscritto in pubblici registri ai sensi dell'art. 812 c.c. »; _ 2292 LA REVOCATORIA ORDINARIA E FALLIMENTARE a) la 1. n. 310/1953 _______ in tema di pubblicità degli atti di trasferimento delle quote di S.r.l. Se la quota di S.r.l. è un bene mobile, rispetto ad essa si può prospet~t"aJ.eJ_'_op_ponunità di uoa cootroyersia sulla proprietà-O-suLpossesso-e-quinm,-------della necessità di provvedere alla sua gestione temporanea. Ma come si esegue il sequestro giudiziario di quote di S.r.l.? Una corrente di pensiero (che fa capo a CHIARLINI e Pret. Carpi, 6 novembre 1995, in Giur. it., 1996, I, 2, 10), facendo leva sulla 1. n. 310/1993 e sulla 1. 29 dicembre 1993, n. 580, ritiene che il sequestro giudiziario vada eseguito con la sua notificazione alle parti interessate a cui segue la successiva sua iscrizione nel registro delle imprese della S.r.l. Altra corrente di pensiero (Cass., 6 marzo 1962, n. 445; Cass., 28 febbraio 1964, n. 454; Cass., 12 dicembre 1986, n. 7409; Trib. Chiavari, 6 giugno 1990, in Le Società, 1991,2,208) ritiene, invece, che il sequestro giudiziario vada eseguito nelle forme del pignoramento presso terzi. Secondo Trib. Chiavari 6 giugno 1990, cit.: «la forma di pignoramento presso il terzo consente oltre all'individuazione della quota da sequestrare attraverso la dichiarazione del terzo, legale rappresentante della società, e la tempestiva comunicazione a uesta della misura cautelare organiZzata, a tempestIva In ormazione e soggetto sequestrato, attinto dall'ingiunzione ex art. 492 C.p.c. e convocato per l'udienza di comparizione davanti al pretore competente, al fine di assistere alla dichiarazione del terzo e formulare eventuali contestazioni ai sensi dell'art. 548 C.p.c. Solo tale procedimento fornisce quelle garanzie di corretta individuazione della quota da sequestrare, di ingiunzione di indisponibilità per il periodo di accertamento del diritto controverso e di pienezza del contraddittorio che, ad avviso del Collegio deve essere assicurato, per quanto ed ove possibile, anche nella fase esecutiva della misura cautelare, tanto più se autorizzata inaudita altera parte ». Non è contra, ma solò praeter legem (e, quindi, consentito) l'ordine di annotazione sul libro soci, del sequestro giudiziario autorizzato (così anche Trib. Bologna, 2 agosto 1993, in Dir. fall., 1994, II, 111). 3.1.5 .1. Iscrivibilità nel registro delle imprese degli atti costitutivi di vincoli reali (pegno, usufrutto, costituzione di fondi patrimonialt) e di vincoli obbligatori (pignoramenti e sequestrO sulle quote di S. r.l. Ad avviso del giudice del Registro delle imprese di Milano (v. decr. 8 luglio 1998, n. 23/98, Immobiliare Canova) gli atti in questione non vanno iscritti nel registro delle imprese, a causa del principio di tassatività delle iscrizioni dettato dall'art. 2188 e del riferimento letterale fatto dagli artt. 2479 e 2479-bis c.c. soltanto al « trasferimento delle quote ». LE MISURE CAUTELARI CIVILI 2293 Secondo, invece, Pret. Carpi, 6 novembre 1995, in Giur. it., 1996, II, lO, va iscritto nel registro delle imprese qualunque atto avente ad oggetto _____ quote di S.r.l. ~Una..1erza_.eorr.entedi pensiero distingueJnvece tra: 1) atti costitutivi di diritti reali sulla quota (pegno, usufrutto, costituzione di fondi patrimoniali); 2) ed atti costitutivi di vincoli obbligatori (pignoramenti e sequestro); e ritiene che debbano essere iscritti nel registro delle imprese gli atti sub 1) in quanto questi « pongono la quota nella disponibilità di un soggetto diverso dal titolare» ed attribuiscono « diritti particolarmente incisivi per la gestione della società, attribuendo il diritto di voto ed il conseguente possibile controllo della società» (così G. TARANTOLA e Trib. Bologna, 26 ottobre 1995, in Giur. comm., 1996, II, 477). Nello stesso senso Trib. Paola, 9 marzo 2002 (in Gius., 2002, 1885), che ha chiaramente stabilito che la costituzione in pegno delle quote di una S.r.l. deve essere iscritta nel registro delle imprese affinché possa essere apposta alla società e non è sufficiente a tale fine che il pegno sia iscritto nel libro soci della società. Reputa invece che non debbano essere iscritti gli atti sub 2), in applicazione analogica dell'art. 2471 c.c. per almeno tre motiVI,COSIesplicItati da Tarantola: « 1) Innanzitutto non ricorre la stessa ralio legis perché la C.d. legge Mancino ha inteso rendere pubblici i trasferimenti di quote in capo ai proprietari di consi. stenti fortune di illecita provenienza, mentre i provvedimenti di pignoramento o di sequestro introducono limiti alla trasferibilità, al fine di garantire la salvaguardia dei diritti di terzi sulle partecipazioni sociali; 2) Inoltre la procedura dettata per la pubblicità dei trasferimenti di quote non si adatta a situazioni che richiedono un intervento immediato perché, se il nuovo regime di pubblicità dovesse essere esteso ai vincoli di origine obbligatoria sulle quote, sarebbe necessario che il creditore procedente iscrivesse, prima di intraprendere ogni altra iniziativa, il vincolo nel registro delle imprese, vanificando cosÌ l'effetto sorpresa che può invece essere assi. curato con l'accesso diretto dell'ufficiale giudiziario allibro soci; 3) Infine va tenuto presente che il pignoramento e il sequestro sono atti che non sono riconducibili all'incontro di volontà dèlle parti ma che hanno origine da una situazione contro. versa, definita per lo più in via provvisoria dall' autorità giudiziaria; sono atti lasciati nella piena disponibilità dell'interessato, e questi, ove fosse possibile l'applicazione analogica della disciplina dettata per i trasferimenti di quote, potrebbe iscrivere o meno l'atto dispositivo sulla quota, e soprattutto potrebbe evitare di cancellare il vincolo in caso di estinzione del diritto fatto valere, vanificando cosÌ la finalità perseguita dal legislatore di offrire ai terzi, con l'iscrizione nel registro delle imprese, una pubblicità sicura delle vicende che interessano le partecipazioni in società a responsabilità limitata (v. da ultimo giudice del registro di Milano, 18 ottobre 1999, n. 67/99, Filea Leasing). _ 2294 ---------n .LA REYOCAWBIA QRDINARIA E FAI'- IMENTARE Sulla base di tali considerazioni si ritiene che il conservatore del registro delle imprese debba rifiutare il deposito per l'iscrizione di atti di pignoramento o di sequestro su quote, e in quest'ultimo caso anche se la richiesta sia supportata da un ordine dell'autorità giudiziaria; nella rara eventualità che l'ordine gli venga ufficial.•.• 1'ente 1l0tificato,:h,questallUtorità~iene che il conservatore debba ncevere 11 deposito per evitare di non adempiere a un ordine del giudice, ma che debba contestualmente richiedere al giudice del registro la cancellazione d'ufficio dell'iscrizione, ai sensi dell'art. 2191 c.c. ». TI provvedimento 18 ottobre 1999 del Presidente dotto Tarantola, giudice del Registro delle imprese di Milano, è stato però riformato, in sede di reclamo, da Trib. Milano, 28 marzo 2000, Preso Est. Castellini, che cosÌ motiva la sua decisione: « (Omissis). - Riguardo anzitutto al principio di tipicità, inteso come tassatività delle iscrizioni, esso deve ovviamente comprendere tutte le ipotesi possibili: qualora infatti emergesse dal sistema del codice civile o dalle leggi speciali l'ammissibilità di iscrizioni diverse da quelle indicate dal Regolamento (...), ci si troverebbe pur sempre in presenza di un caso previsto dalla legge: in altre parole, il criterio del numerus clausus deve associarsi alla sua completezza. Lo stesso provvedimento reclamato riconosce che la necessità della corrispondenza tra le iscrizioni a libro soci e quelle sul registro delle imprese, espressa dalle norme del codice novellato, potrebbe consentire l'iscrizione anche degli atti di volontaria limitazione sulla quota che richiedono !'intervento del Notaio, quali la costituzione di diritti reali minori (usufrutto) o di garanzia (pegno). Nel senso di attribuire alla nuova prescrizione una latitudine maggiore di quella che risulta dal suo tenore letterale, cosÌ da estendere il significato del termine "trasferimento" sino a comprendere tutti i titoli che trasferiscono la proprietà della quota o l'usufrutto, ma anche i titoli costitutivi di garanzia reale, si è espressa anche la dottrina sin dai primi commenti della legge, segnalando l'utile effetto di conoscibilità circa l'esistenza di garanzie reali che il nuovo regime può spiegare anche al fine di contrastare il fenomeno usurario, che rappresenterebbe un'ulteriore ra/io legis. Come ricorda giustamente la ricorrente, però, anche il creditore pignoratizio di quote sociali può assoggettarle ad esecuzione forzata. In effetti, analoghe ragioni di pubblicità dovrebbero valere per ogni specie di titolo omologo che consenta di effettuare il pignoramento (cfr. art. 474 c.p.c.): si tratta, oltre che degli stessi atti ricevuti da Notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, altresÌ di atti di formazione non negoziale, emessi da autorità giudiziarie (sentenze e altri provvedimenti, che possono essere sia civili sia penali, o di altri ancora, a condizione che possiedano lo stesso carattere di autenticità, richiesto dal re. gime di pubblicità imposto agli atti di trasferimento delle quote di S.r.l., oltre che in generale per la iscrizione nei pubblici registri. Il controllo al riguardo compete al Conservatore, secondo la regola generale di cui all'art. 11, comma 6, d.P.R. n. 581/ 1995. Nella specie, il titolo fatto valere dalla richiedente è rappresentato da un decreto ingiuntivo esecutivo, ossia da un atto equiparato alla sentenza, che sarebbe sicuramente idoneo sotto questo profilo. ------------ I E MISIIRE cAI ITEI ARI curu , 229:5 Quanto alla preoccupazione che possano restare iscritti nel registro pignoramenti anche quando non ne ricorrono più le condizioni, essa troverebbe soluzione nell'istituto della cancellazione della trascrizione, che può awenire su istanza delle parti o su ordine del giudice (art. 2668 c.c.), oltre che in subieeta materia, laddove ----è- -pr-evist-a-ta cancellazione defta trascrizione sia m caso dillictTicaaaaeI'-'-p-ig-n-o-r-a----------------mento (cfr. art. 562 c.p.c.) sia in quello di estinzione del processo esecutivo (art. 632 c.p.c.). Per l'iscrizione nel registro delle imprese, vi sarebbe altresÌ la possibilità di sollecitare la cancellazione d'ufficio dell'iscrizione, prevista dall'art. 2191 c.c., essendone venute meno le condizioni. Analoghi rimedi varrebbero nel caso che la società, al fine di evitare la vendita ad estranei della quota, si awalesse della facoltà di cui all'art. 2480, comma 3, c.c. Riguardo alla ratio della legge sulla trasparenza nei trasferimenti di partecipazioni sociali, non pare contestabile che vi possa rientrare anche l'esigenza di rendere palese l'esistenza di ogni specie di vincolo che possa diminuire la disponibilità delle quote, impedendo di utilizzame appieno il contenuto. Quale che sia il fine contingente della nuova normativa riguardo alle quote di S.r.l. (in quanto possono occultare patrimoni di provenienza illecita), essa ha introdotto un sistema di pubblicità che esige vi sia piena rispondenza tra quanto risulta dal registro e la situazione reale. La dottrina riconosce, anche in mancanza di una espressa previsione normativa, la necessità di iscrivere le vicende modificative dei diritti che hanno formato oggetto di iscrizione. Ciò dovrebbe valere a maggior ragione per eventi, come il pignoramento, ehe possono preludere al trasferimento coattivo della tItolantà del diritto, mutando l'originaria iscrizione. Più ampio discorso richiede invece la verifica della possibilità di applicare alle quote di S.r.l. la norma che prevede la trascrizione del pignoramento per i beni mobili registrati (art. 2693 c.c.), invocata dal ricorrente ed esclusa dal giudice del registro in quanto ritenuta connessa con un regime di pubblicità assimilato a quello dei beni immobili. Anche tale punto problematico può tuttavia trovare soluzione solo che si considerino sino in fondo le ripercussioni sul sistema esistente dell'estensione del regime di pubblicità al trasferimento delle quote di S.r.l. Occorre prendere le mosse dalla norma (che si colloca subito dopo quelle interessate dalla riforma) secondo cui le quote di S.r.l. possono formare oggetto di espropriazione (art. 2480 c.c.). La disposizione (...) - sancisce in realtà un principio che rende applicabile direttamente (e non soltanto in via analogica) alle quote di S.r.l. la disciplina dettata per l'esecuzione forzata, che conosce, come modalità attuativa per i beni soggetti a regimi di pubblicità, la trascrizione del pignoramento nei pubblici registri, cosÌ da fornire - almeno limitatamente al caso che ne occupa - l'indispensabile presupposto normativo richiesto dal regime di tassatività delle iscrizioni nel registro delle imprese, di cui si è detto sopra. Sinora, il richiamo contenuto nell' art. 2480 c.c. era stato interpretato nel senso di rendere applicabile alla esecuzione forzata sulla quota le norme in tema di espropriazione presso terzi (artt. 543 ss. c.p.c.), che si aggiungeva all'iscrizione del vincolo nel libro dei soci. Si rivelano però fondate, anzitutto, le critiche all'applicabilità del procedimento esecutivo dettato per l'esecuzione presso terzi (artt. 543 ss. c.p.c.). lnvero, i diritti nei quali si compendia lo status di socio non sono riconducibili a mere posizioni di credito, mentre le quote sociali costituiscono beni, nel senso dell'art. 810 2296 LA REVOCATORlAORDINARlA E fALLIMENTARE C.C., in quanto suscettibili di formare oggetto di diritti e devono essere ascritte residualmente alla categoria dei beni mobili a norma dell'art. 812, ult. comma, c.c. (cfr. in tal senso Cass., 30 gennaio 1997, n. 934). È pur vero che questa procedura è prevista anche per "altre cose in possesso di terzi" (cfr. art. 543 c.p.c.). Nella spe--------~c-_ie__tHt-t-avia_nOfl__si__t_ratterebbe__comunque-di cose nel--senso-di beni materiali suscet-- --------tibili di possesso. Sono noti del resto gli inconvenienti derivanti dalla necessità della dichiarazione ex art. 547 C.p.C. che il terzo deve rendere, quando si tratta di società, confermati nel caso presente dalla coincidenza tra la qualità di terzo e quella di debitore dell'amministratore che aveva la legale rappresentanza della società, il quale non si era nemmeno presentato a rendere la dichiarazione, rendendo inevitabile un giudizio destinato a svolgersi potenzialmente in tre gradi di giurisdizione, durante i quali potrebbero avvenire alienazioni della quota a favore di terzi di buona fede, che non potrebbero non essere tutelati. Come conseguenza dell'obbligo di iscrizione della situazione giuridica delle quote di S.r.l. in un pubblico registro, dovrebbe invece ritenersi superata la necessità di ricorrere all'accertamento della titolarità in capo al debitore della quota (quale che sia la sua natura), essendo il contenuto di un simile diritto esattamente consacrato nel registro, con la conseguenza che la quota stessa diverrebbe direttamente aggredibile da parte del creditore del socio. Anche l'iscrizione del pignoramento nel libro dei soci - (ossia in un documento che non può certo svolgere una funzione pubblica, oltre a non essere a disposizione del pubblico) C.. ) - può incontrare altri seri ostacoli destinati a frustrarne il risultato pratico. questo ufficio ha llattato cause in cui un analogo provvedimento di sequestro non poté essere trascritto pare perché il libro soci fosse stato sottratto dall'amministratore unico della società, successivamente revocato dall'assemblea ed il nuovo organo aveva istituito un secondo libro soci, ma ciò malgrado le quote continuavano a subire trasferimenti, annotati sul libro originario oltre che nel registro delle imprese, rendendo cosÌ vani anche gli ulteriori provvedimenti di sequestro. Attualmente, facendo applicazione rigorosa del principio introdotto nell'art. 2479, comma 3, c.c. che impone la previa comunicazione dei trasferimenti al registro delle imprese come condicio sine qua non, gli organi sociali potrebbero rifiutare l'iscrizione nel libro soci anche di vincoli sulle quote che non potessero vantare un simile requisito formale. Invero, le ricadute del nuovo regime di pubblicità si spingono fino agli stessi rapporti interni tra società e terzo che pretenda di esercitare diritto sulla quota. Accogliendo invece la tesi che estende l'iscrizione nel registro delle imprese al pignoramento, l'annotazione nel libro dei soci (che rimarrebbe in ogni caso indispensabile per far valere verso la società i diritti del creditore, analogamente a quanto prevede l'art. 2479, comma 2, c.c., che non è stato novellato) - potrebbe superare tale ostacolo formale, ponendo fine agli inconvenienti sopra indicati. Anche rispettando la nuova sequenza procedimentale, infatti, gli effetti della iscrizione nel pubblico registro sarebbero tali da assicurare al creditore pignorante risultati più certi della semplice iscrizione a libro soci, in quanto la prima renderebbe inopponibili eventuali atti di disposizione a favore di terzi sulla quota, trascritti in data successiva nel pubblico registro (ancorché posti in essere anteriormente), che altrimenti sarebbero destinati a prevalere in ogni caso. Né verrebbe meno l'effetto sorpresa, potendo il creditore procedere all'iscrizione del vincolo nel LE MISURE CAUTELARI CIVILI 2297 registro delle imprese senza l'intervento degli organi sociali, i quali dovranno limitarsi a prenderne atto prowedendo a riprodurla nel documento sociale. Si è detto che il richiamo contenuto nell'art. 2480 c.c. alle norme in tema di esecuzione forzata deve essere coordinato con il nuovo regime dei trasferimenti --~d.d-le---quot~-£.f.I.-Geme-si-ta-ffievare,la legge ha~-sistem~l'----------cità che, rimand~ndo ai principi del registro delle imprese, connotati da effetti diversi da quelli della trascrizione immobiliare, riveste tutta pur sempre la duplice efficacia di rendere opponibili ai terzi i fatti iscritti e, per contro, di rendere inopponibili da parte dei terzi la loro mancata conoscenza (art. 2193, commi 1 e 2, c.c.). Si tratta dunque di una forma di pubblicità che, in quanto assicura una conoscenza legale delle vicende relative all'impresa, è ritenuta, secondo la più recente dottrina, idonea a svolgere una funzione per certi aspetti molto simile a quella espletata dai registri immobiliari. Si interpreta infatti l'espressione "opponibilità", di cui alla norma citata, nel senso di prevalenza di un dato titolo di acquisto su un altro. In particolare, riguardo agli effetti del pignoramento sulle quote, l'iscrizione nel registro potrebbe apprestare una tutela analoga a quella prevista dagli artt. 2913 ss. c.c. Se prima di questa legiferazione poteva dubitarsi circa le modalità dell'esecuzione avente per oggetto di una quota di S.r.l., deve ormai prendersi atto che, una volta che si dovesse riconoscere a questa il carattere di bene mobile (vedi Casso n. 934/1997 supra cit.), ci si trova in presenza (come la dottrina ha subito awertito, spiegando che il pignoramento delle quote di S.r.l. si esegue ora tramite iscrizione nel registro delle imprese; nello stesso senso, in casi di sequestro delle quote, la giurisprudenza di merito) di una particolare specie di bene mobile (immateriale) iscritto in un pubblico registro, riconducibile alla categoria dei beni mobili registrati di cui agli artt. 2683 ss. c.c., rendendo applicabili le modalità di esproprio collegate con il relativo sistema pubblicitario. In questo particolare settore (con disposizione che non ha corrispondente nella trascrizione immobiliare, la quale, come è noto, riveste al riguardo efficacia costitutiva, come stabilito dagli artt. 555 e 679 c.p.c.) è appunto prevista la trascri. zione (oltre che del sequestro conservativo, ai fini di cui all'art. 2906 c.c.) del pignoramento, per i (limitati) effetti di cui agli artt. 2913,2914, 2915 e 2916 c.c. (art. 2693 c.c.). Si tratta, secondo il comune insegnamento, di una funzione diversa da quella della pubblicità immobiliare (in quanto interviene a favore non dell'acquirente di un diritto reale, ma del titolare di un credito), che pertanto è definita dichiarativa, analogamente a quella propria della pubblicità commerciale, cosÌ che appare sussistente il requisito della compatibilità necessario per estendere alla particolare categoria di beni rappresentata dalle quote di S.r.l., iscritto nel registro delle imprese, la norma tratta dalla disciplina generale dei beni mobili registrati riguardante la trascrizione del pignoramento. Del resto, una funzione suppletiva, al fine di colmare eventuali lacune per l'assenza di norme speciali è assegnata, sempre a condizione di compatibilità, alle stesse regole sulla pubblicità immobiliare (cfr. art. 2695, comma 2, c.c.). La categoria dei beni mobili registrati di cui agli artt. 2683 ss. c.c., infatti, non è circoscritta alle navi, agli aeromobili ed agli autoveicoli, che non ne esauriscono il novero, trattandosi di una serie "aperta", pur se tipica, conferma il richiamo alle leggi speciali (ed alle loro vicende) che dispongono la trascrizione di determinati atti riguardanti altri beni mobili (art. 2696 c.c.). Secondo una classica dottrina, lungi dall' esaurirsi in un mero rinvio a queste particolari statuizioni, tale norma, in quanto espressione della tendenza all'unificazione della disciplina della pubblicità, 2298 LAREYOCAWR[A ORDINARIA E. FAI I IMENT.ARF vale a mantenere i legami sistematici tra le disposizioni contenute nei codici e quelle contenute nelle leggi speciali. Un esempio di queste ultime ipotesi è rappresentato dalla legge sui brevetti per invenzioni industriali, la quale stabilisce che il pignoramento si attua mediante -------~tr~a-s~cI~iz.jone_neHo_speciairregistro (art. 69;r:cl-;-yielJtjraio19ZfO, n. 244T.i\ncn-e~m-------presenza di beni che, al pari delle quote di S.r.l., rivestono carattere immateriale, la legge prevede dunque espressamente la possibilità di trascrivere nel registro gli atti di indisponibilità. A queste figure deve ormai aggiungersi il caso delle quote di S.r.l. iscritte nel registro delle imprese, definito pubblico dall'art. 2188, comma 3, c.c. Ma quale che sia la natura della quota di S.r.l. (che divide tuttora la dottrina commercialistica, mentre il contrasto in giurisprudenza sembra ormai composto), la norma che rende configurabile l'esecuzione in forma specifica su una quota (art. 2480 c.c.) - che si rivela quindi veramente la chiave di volta della questione rende in ogni caso applicabili tutte le "regole" sulle modalità dell'esecuzione, compreso il ricorso al meccanismo pubblicitario, rispetto al quale, come si è visto, non ricorre alcuna incompatibilità. La mancanza della previsione specifica, nella regolamentazione delle quote di S.r.l., della possibilità di iscrizione del pignoramento nel pubblico registro, mentre, come si è visto, il nuovo regime di pubblicità ha finito per rendere inattuabili le forme tradizionali di esecuzione su di esse, non costituisce dunque una lacuna incolmabile, la quale darebbe altrimenti luogo ad una fondata eccezione di incostituzionalità, essendo giustamente ritenuta estensibile all'azione eseclltiva la garanzia dell'art. 24 Costo Deve quindi riconoscersi in astratto la possibilità di iscrivere nel registro delle imprese l'atto di pignoramento in oggetto, salvo la verifica circa la sussistenza delle altre condizioni d'indole formale per l'iscrizione, di cui si è detto sopra, che compete al Conservatore. Per questi motivi il Tribunale di Milano, visto l'art. 2192 c.c., accoglie il ricorso, proposto dalla S.p.a. Alfa awerso il prowedimento del giudice del Registro delle Imprese di Milano del 18 ottobre 1999 e ordina al Conservatore di iscrivere nel registro delle imprese l'atto di pignoramento sulle quote della S.r.l. Beta, di proprietà del socio debitore (sig. Caio), sussistendo le altre condizioni di legge ». Tale indirizzo è stato da ultimo confermato dalla più recente pronuncia del Trib. Milano, 28 marzo 2000 (in Giur. it., 2000, 2109), che ha chiaramente affermato la possibilità di iscrivere nel registro delle imprese il provvedimento con cui si dispone che il pignoramento della quota di S.r.l. discende dall' applicazione delle regole novellate sul suo trasferimento e non contrasta pertanto con il principio di tipicità delle iscrizioni (cfr. anche Trib. Torino 9 ottobre 2002, in Giur. it., 2003, 70). 3.1.6 Il sequestro giudiziario di azienda. li sequestro giudiziario d'azienda è espressamente previsto dall'art. 670, n. 1, c.p.c., ma privo di specifica disciplina. LE MISURE CAUTELAR! CIVILI 2299 Nella giurisprudenza si è ammesso il sequestro giudiziario di azienda solamente nel caso in cui sussiste il pericolo che essa venga alienata dal convenuto ad un soggetto terzo, sebbene non vi sia il rischio di un suo deterioramento e dj-di.s~¥Viame-nt-O--{-Tr-ib. Firenze,--2Uic-e-màre~~,-, -----------~ in Giur. il., 2004, 1865) e nel caso in cui sussiste la opportunità di provvedere alla relativa custodia e gestione della stessa (Trib. Bari, 2 luglio 2004). Sempre in giurisprudenza si è ritenuto, che comunque è inammissibile la domanda di sequestro giudiziario dell'azienda su istanza dello stesso socio della società di persone dal momento che la titolarità dei beni sociali compete alla stessa società (Trib. S. Maria Capua v., 17 maggio 2005, in Giur. il., 2006, 2, 316). Tale procedimento è finalizzato alla custodia o gestione temporanea di un bene, di cui sia controversa la proprietà od il possesso. Per effetto del sequestro il sequestrato è estromesso dalla gestione dell' azienda, che spetta invece al sequestratario. Questi viene immesso nella disponibilità non solo dei beni, ma anche dei contratti pendenti; inoltre deve ritenersi che a lui spetti il potere di esazione dei crediti e il dovere di pagare i debiti. Per quanto concerne poi il potere di gestione del sequestratario l'art. 670 C.p.c. ne lascia la determinazione al giudice che autorizza il sequestro. 3.1.7. Il sequestro giudiziario di prove. TI c.d. sequestro di prove previsto dall'art. 670, n. 2, C.p.c. ha per oggetto libri, registri, documenti, modelli, campioni o qualsiasi altra cosa da cui la parte istante intende trarre elementi di prova a proprio favore, che si trovino nella materiale disponibilità dell'altra parte o di un terzo. Ciò che distingue questa figura di sequestro da quella descritta nel n. 1 dell'art. 670 C.p.c. è la diversità di controversia, che non ha ad oggetto la proprietà o il possesso, ma il diritto ad utilizzare i detti documenti o cose come mezzi di prova nel futuro (o già pendente) giudizio di merito, previa loro esibizione o comunicazione, con la conseguenza che tale misura non è strumentalmente coordinata ad una futura esecuzione, di cui anticipa gli effetti, ma ad un successivo giudizio di ordinaria cognizione. La giurisprudenza più recente tende, peraltro, a svincolare l'ammissibilità della misura alla sussistenza di una controversia sul diritto all' esibizione' ritenendo possibile accedere al mezzo ogni qual volta la cosa serva come prova e ne sia indispensabile l'acquisizione ai fini dell' accertamento dei fatti (Cass., 22 dicembre 1993, n. 12705). Anche in questo caso per la concessione della misura il giudice della cautela deve positivamente valutare la sussistenza, oltre che del diritto cau- 2300 telando, cosa . ._~~~~~~3 LA REVOCATORIA .ORDINARlA E FALLIMENTARE del presupposto ..rl.8.-1Lprovt)edimentol-. dell'opportunità della custodia temporale della ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~-- Con la sottrazione della cosa a chi la possiede o la detiene e la conseguente sottoposizione della stessa a custodia giudiziaria, il sequestro giudiziario anticipa il risultato dell'esecuzione forzata per consegna o rilascio (della quale mutua le forme esecutive) anche se, quando la custodia viene affidata ad un terzo, l'effetto anticipatorio è limitato a quella sottrazione. li giudice della cautela, nel disporre il sequestro giudiziario, nomina il custode - il quale ha gli obblighi e i diritti previsti negli artt. 521, 522 e 560 C.p.c. -, stabilisce criteri e limiti dell' amministrazione delle cose sequestrate e le « particolari cautele idonee a render più sicura la custodia e a impedire la divulgazione dei segreti» (art. 676, comma 1, c.p.c.). li custode, che assume anche in questo caso il ruolo di ausiliario del giudice ex art. 66 C.p.c., è preposto alla conservazione della cosa e anche alla sua gestione che dovrà avvenire sotto la stretta sorveglianza del giudice e secondo le direttive impartite dal medesimo e nel rispetto delle regole stabilite dagli artt 521 (nomina e obblighi del custode), 522 (compenso del custode), 560 (modo della custodia) C.p.c. Nell'ambito del sequestro giudiziario, in ordine alla esatta determinazione dei poteri del custode, assume particolare importanza il provvedimento di cui all'art. 676 C.p.c. in cui il giudice « stabilisce i criteri e i limiti dell'amministrazione delle cose ... »; infatti solo il provvedimento emanato dal giudice può conferire poteri più o meno ampi al custode nell' esercizio della sua funzione. li comma 2, dell'art. 676 prevede che il giudice della cautela possa nominare custode « quello dei contendenti che offre maggiori garanzie e dà caUZIone ». li custode sequestratario assume la qualità di amministratore dei beni sequestrati per conto di colui il quale, in definitiva, ne sia dichiarato proprietario o possessore, sicché solo quest'ultimo resta vincolato per i negozi giuridici posti in essere dal sequestratario durante l'amministrazione; consegue che, mentre le spese di custodia ed il compenso dovuto al custode vanno posti a carico della parte soccombente, le passività della gestione gravano sul proprietario (o possessore), nel cui interesse l'amministrazione è stata tenuta e nei cui confronti il custode sarebbe stato responsabile per comportamento doloso o colposo, contrario ai doveri d'ufficio (Cass., 14 marzo 1988, n. 2429). Contro l'ordinanza di nomina del custode di beni, che costituisce LE MISURE CAUTELARI CIVILI 2301 provvedimento privo del requisito della decisorietà, che esplica effetti solo sul piano processuale ed è sempre revocabile e modificabile, è inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. (Cass., 27 luglio 1996, n. 6812). li custode di beni sottoposti a sequestro giudiziario, in quanto eSRonente e rappresentante di un patrimonio separato, costituente centro di imputazione di rapporti giuridici attivi e passivi, risponde direttamente degli atti compiuti in siffatta veste, quand' anche in esecuzione di provvedimenti del giudice ai sensi dell'art. 676 C.p.c. e, pertanto, è legittimato a stare in giudizio attivamente e passivamente in relazione a tali rapporti e per la tutela degli interessi che vi si collegano (Cass., 4 luglio 1991, n. 7354); nello stesso senso Cass., 28 agosto 1997, n. 8146, che, nel sottolineare il venir meno di detta legittimazione processuale a seguito della cessazione, per qualsiasi ragione, dell'incarico di custode, fa salve le conseguenze che sulla personale legittimazione di quest'ultimo possono derivare da «sue violazioni, colpose o dolose, dei doveri inerenti alla custodia, idonee ad impegnarlo personalmente verso i terzi ». Una recente sentenza della Suprema Corte ha, inoltre, stabilito che il custode dei beni sottoposti a sequestro giudiziario che agisce in giudizio per la tutela e per la conservazione del patrimonio affidatogli riveste la funzione di sostitJlto processuale, pertanto, l'eventuale cessazione del suo potere di stare in giudizio per conto di altri non fa venir meno automaticamente la legittimazione sostitutiva (Cass., 31 marzo 2006, n. 7693). li custode di cose sequestrate opera esclusivamente per conto del giudice al cui controllo è sottoposto come suo ausiliare, il che, se comporta l'assenza di ogni rapporto di tipo privatistico con i titolari delle cose poste sotto sequestro non esclude che nei confronti degli stessi il custode possa assumere una propria autonoma responsabilità di natura extracontrattuale ove cagioni loro un danno a causa dell'inosservanza dei suoi doveri inerenti alla conservazione delle cose affidategli in custodia. L'iniziativa della liquidazione del custode spetta in primo luogo a ciascuna delle parti, là dove si voglia che vengano subito determinate l'esistenza e l'entità della propria obbligazione (Cass., l° dicembre 2000, n. 15345), e le stesse spese, una volta liquidate, ed il compenso al custode rientrano tra le spese di lite e devono essere regolate in via definitiva secondo il principio della soccombenza (Cass., 23 luglio 1981, n. 4733). A norma del combinato disposto dagli artt. 521 e 522 C.p.c. (applicabili anche in tema di sequestro giudiziario, atteso il richiamo operato dall'art. 676) è da escludersi il diritto al compenso in tutti i casi in cui sia nominata custode una delle parti in lite, anche se col consenso della controparte, posto che, se il contendente nominato custode risultasse poi soccom. bente, non avrebbe titolo per ottenere dalla controparte il compenso per 2302 I A BEYOCATOBIA ORDINABIAEEAI J IMENTAHE un'attività resa necessaria da una sua pretesa o da una sua resistenza prive di fondamento, e se, viceversa, ristÙtasse vittorioso, la sua attività si sarebbe risolta nella gestione del bene in favore di sé medesimo, onde sarebbe in-------~c~o.ng-r:uO-at-trJhui-r_gli--llIl~SG~a___pGf-r-e--a--ar-ire-de-Ua---€6flff_epar-te-fGaS5-. ,-------30 maggio 1997, n. 4870). La competenza a liquidare il compenso al custode di beni sottoposti a sequestro giudiziario appartiene funzionalmente ed inderogabilmente, ai sensi dell'art. 65 C.p.c., al giudice che lo ha nominato (Cass., 12 agosto 1995, n.8865). Per quanto concerne il regime d'impugnabilità del decreto di liquidazione, premesso che gli artt. 52 e 53 cito non prevedono alcuna forma di reclamo avverso lo stesso, la tesi prevalente assimila il provvedimento all'ingiunzione di cui agli artt. 633 ss. C.p.c., con la conseguenza che possono innestarsi due gradi di cognizione ordinaria (giudizio di opposizione al decreto e appello avverso la sentenza che pronuncia sull' opposizione), oltre a ricorso ordinario per cassazione; mentre, per i decreti di liquidazione dei compensi a favore degli ausiliari di cui alla 1. n. 319, l'art. Il richiama l'art. 29 1. n. 794/1942 (in tema di liquidazione dei compensi all'avvocato per prestazioni giudiziali civili), che prevede la possibilità di proporre ricorso in opposizione, sottoposto a rIto camerale, che Si conclude con ordinanza impugnabile solo per cassazione. L'esecuzione del sequestro giudiziario è cosÌ egregiamente sintetizzata da LUIsa: « 1) Se viene nominato custode chi ha già la materiale disponibilità del bene, ovviamente non si applica l'art. 605 C.p.c., perché il custode, dal punto di vista materiale (di fatto), è già nel possesso del bene. È sufficiente, quindi, un atto dell'ufficiale giudiziario che avverta colui che esercita di fatto i poteri sul bene che, da quel momento in poi, deve esercitare tali poteri come custode e non nella precedente qualità. Si ritiene che non vi sia neppure bisogno di una ingiunzione orale, e che basti, cioè, solo notificare il provvedimento di sequestro al custode. 2) Il bene viene dato in custodia a chi non lo detiene. Si devono distinguere due casi: a) il bene è sottratto alla controparte (a colui, nei cui confronti il provvedimento è stato emesso). Qui trovano applicazione gli artt. 605 ss. C.p.c. L'ufficiale giudiziario apprende il bene e lo consegna nella materiale disponibilità del custode; b) la detenzione materiale del bene non l'ha colui contro il quale il sequestro è ottenuto, ma un terzo. Si deve, pertanto, distinguere, rifacendosi all' art. 608, II, c.p.c.: a') se la posizione del terzo, in relazione a quel bene, non è incompatibile col sequestro, non si pongono problemi; b') la posizione del terzo è incompatibile col sequestro. Questa ipotesi si può verificare, ad es., quando Tizio e Caio litigano della proprietà di un bene posseduto da Sempronio. li giudice concede il sequestro del bene, ma, quando lo si va LE MISURE CAUTELARI CIVILI 2303 ad eseguire, si scopre che il bene è posseduto dal terzo Sempronio. In tal caso il sequestro non può essere eseguito, perché deve essere chiesto ed ottenuto direttamente nei confronti del terzo possessore ». COSì smtetIcamente esposti l prmcipi cne regolano il sequestro giudiziario, passiamo a verificare se questo possa avere ad oggetto azioni sociali. Dottrina (FERRI, PROVINCIALI, GASPERONI, VISENTINI) e giurisprudenza (Trib. Mantova, 13 aprile 2006; Trib. Milano, 23 dicembre 1989, in Foro it., 1990, I, 1010; Cass., 6 novembre 1958, n. 3611; Cass., 21 giugno 1961, n. 1483) concordano nel ritenere ammissibile tale misura cautelare, in quanto la natura di bene mobile dell'azione, la rende suscettibile di controversie sulla proprietà o sul possesso. Il sequestro giudiziario di azioni si esegue mediante diretta apprensione del documento incorporante il diritto da parte dell'ufficiale giudiziario, annotazione del vincolo sul titolo e successivo affidamento al custode nominato dal giudice laddove l'iscrizione sul libro soci integra un mero adempimento successivo all' esecuzione della misura finalizzato a rendere il vincolo opponibile alla società e ai terzi (Trib. Mantova, 13 aprile 2006). Dottrina e giurisprudenza (v. CONSOW e Trib. Milano, ord. 22 maggio 1987, in Giur. it., 1989, I, 101) ritengono che le azioni possono essere oggetto di provvedimento ex art. 700 C.p.c., con provvedimento immediato di consegna di esse ad un custode nominato dal giudice. Il provvedimento che autorizza il sequestro perde efficacia se non è eseguito nel termine di trenta giorni dalla pronuncia, secondo quanto dispone l'immutato testo dell'art. 675 C.p.c., la cui ratio è nel senso di imporre, da un lato, al sequestrante tempi assai rapidi per la sua esecuzione e, dall'altro, di impedire che il sequestrato rimanga esposto alla misura per un periodo indefinito. Il dies a quo di tale termine è quello della pronuncia del provvedimento e non quello della sua comunicazione, anche quando questo sia pronunciato fuori udienza: la legittimità costituzionale della norma è stata anche di recente ribadita dalla Corte costituzionale, che ha richiamato l'onere di diligenza, che incombe sulla parte istante, nell'assumere informazioni sull'esito del procedimento cui essa stessa ha dato impulso. Ad evitare la « sanzione» dell'inefficacia è sufficiente che, entro il termine di trenta giorni, vi sia stato l'inizio delle operazioni di esecuzione, con il compimento del primo atto di esecuzione, che, nel caso di sequestro giudiziario di bene immobile, coincide con l'accesso in loeo da parte dell'ufficiale giudiziario. 2308 I A REVQCATQRIA (}BQlNARIA r fAI I IMfNTARr giudiziario del diritto di voto in assemblea implica necessariamente anche la legittimazione ad impugnare la deliberazione assembleare, dovendosi escludere una legittimazione concorrente del socio. (In Foro it., 2006, lO, 2864). Cassazione Civile, Sez. III - Sento 22860 del 30 ottobre 2007 - Banca Vicenza c. M. TI custode sequestratario giudiziario va qualificato come ausiliario del giudice, da cui ripete l'investitura oltre ai poteri e sotto la cui direzione e controllo opera e può compiere tutti gli atti di ordinaria e, con l'autorizzazione del giudice, di straordinaria amministrazione; l'attribuzione a tale custode degli indicati poteri, in vista del perseguimento delle finalità proprie del suo ufficio, presuppone lo « spossessamento » anche del creditore pignoratizio, il cui diritto di p relazione , che rappresenta il contenuto del diritto di pegno, non può essere esercitato ove privo di oggetto, il che si verifica nell'ipotesi in cui il creditore pignoratizio perda il possesso della cosa, e fino a quando non lo riacquisti con l'esperimento delle apposite azioni recuperative (in via possessoria o petitoria). Pertanto, nell'ipotesi in cui i beni pignorati costituiscano oggetto di sequestro giudiziari, o è imprescindibile farsi luogo allo « spossessamento » del bene in capo al possessore o detentore, al fine della relativa attribuzione al custode sequestratario. (In Giust. civ. Mass., 2007, lO). 3.2. Il sequestro conservativo. TI sequestro conservativo è uno strumento volto a tutelare il pericolo per il creditore di perdere la garanzia del proprio credito mediante l'imposizione di un vincolo sul patrimonio complessivamente inteso, agli effetti dell'art. 2740 c.c., e pertanto - diversamente dallo strumento del sequestro giudiziario - non può avere ad oggetto uno o più beni specifici singolarmente individuati, a pena di inammissibilità del ricorso stesso. TIgiudice, su istanza del creditore che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio cred£to, può autorizzare il sequestro conservativo di beni mobili o immobili del debitore o delle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento. Dal dato testuale degli artt. 2905 c.c. e 671 C.p.C.risulta che il sequestro conservativo è mezzo di tutela per i soli « diritti di credito ». Infatti, il riferimento a « creditore », « debitore» e « garanzia del credito» permette di affermare, sul piano strettamente interpretativo, che i diritti diversi da quelli di credito non possono trovare la loro tutela processuale nel sequestro conservativo. Poiché le norme che disciplinano il sequestro conservativo nulla precisano circa la natura del credito, è necessario verificare se ogni credito possa trovare la sua tutela in detto strumento. In generale si può affermare che ogni credito può essere tutelato dal sequestro, indipendentemente dalla sua fonte: pertanto, sia quelli scaturenti da contratto che quelli da delitto. TI credito alla cui garanzia è concesso il sequestro conservativo non ---~deve esse-re-a@-ee-Ft-e-{6aStafloo-!a probabile esistenza1-néiiquido (perché 1-0-----------scopo del sequestro conservativo non è quello di ottenerne il pagamento immediato, ma di renderne possibile il pagamento futuro), né esigibile (Cass., 28 gennaio 1994, n. 864; Cass., 8 febbraio 1993, in Foro il., 1993, I, 463). Riceve tutela cautelare anche il credito condizionale o a termine, non anche il credito eventuale. Com'è noto, il credito condizionale è quello che deriva da un contratto la cui efficacia o risoluzione dipende da un fatto futuro ed incerto; è incerto il fatto del quale - con gli strumenti di conoscenza ed i dati di esperienza ragionevolmente disponibili alle parti - non si è in grado di dire con sicurezza se avverrà o meno (cosÌ V. Roppo). Secondo CANTILLO e CATURANI, Sequestro, cit., 62, sono legittimati a chiedere il sequestro conservativo anche il fideiussore ed il datore di garanzia reale prima che, con l'adempimento del debitore garantito, essi divengano titolari dell'azione di regresso verso il medesimo. Infatti, il fideiussore ha la posizione di condebitore solidale ex art. 1944 c.c. e, come il datore di garanzia reale, si trova in situazione analoga a quella del creditore sotto condizione sospensiva. Per di più l'art. 1953 c.c. concede al fideiussore la possibilità di agire, ancor prima del pagamento, in rilievo contro il garantito, perché gli procuri la liberazione o, in mancanza, presti le garanzie necessarie per assicurargli il soddisfacimento delle eventuali ragioni di regresso. Legittimato a chiedere il sequestro conservativo è anche il soggetto danneggiato che si è costituito parte civile nel processo penale, come ha ritenuto, motivando in modo persuasivo il suo pensiero, Cass., 23 aprile 1958, n. 1338, in Giust. civ., 1958, I, 801, per la quale: « L'azione cautelare, invero, è una forma di azione del tutto autonoma da quella di merito: non è, infatti, accessoria del diritto sostanziale cautelato, perché, come potere attuale, essa non postula la certezza giuridica dell'esistenza di tale diritto, ed è, inoltre, distinta dall'azione di accertamento del diritto stesso, perché essa tende soltanto a preservare il patrimonio del debitore da eventuali atti che ne pregiudichino la consistenza. Ora è appunto questa autonomia ad escludere la ragionevole ammissibilità di un concorso elettivo tra l'azione cautelare e l'azione di merito, in funzione della sede di esercizio di quest'ultima. Né tale concorso è ipotizzabile tra sequestro conservativo penale e sequestro conservativo civile, date le non minori differenze, sul piano teorico e pratico, tra i due istituti. Il primo infatti ha carattere pubblicistico, è concesso soltanto ad istanza del pubblico ministero, al- 2310 LA REVOCATORIA ORDINARIA E fALLIMENTARE meno secondo la disciplina innovatrice del codice vigente, tutela anche i crediti dello Stato, colpisce solo beni mobili, non è soggetto a termini di caducazione e non deve essere seguito da convalida; il secondo, invece, ha carattere privatistico, è concesso ad istanza del creditore ed a garanzia soltanto dei crediti di questo, può cadere-sui-heni-mobili ed immobiH-del debitol e;-è--soggetto-a-termini-ci-i-cadttcazione----------e deve essere seguito da giudizio di convalida. D'altro canto, e siamo nel secondo ordine degli argomenti in esame, l'indubbio principio della inscindibilità del giudizio di convalida dal giudizio di merito soffre varie eccezioni, in tutti quei casi in cui i giudici di merito, stranieri o della Repubblica italiana, non abbiano per legge alcun potere di decidere in materia cautelare (Cass., Sez. un., 6 agosto 1947, n. 1459), ed è altresì derogabile, a discrezione del giudice civile, quando il sequestro conservativo è stato concesso con ordinanza e la "trattazione delle questioni di merito richieda lunga istruzione" (art. 682 c.p.c.). Orbene, questa accertata carenza di assolutezza esclude che il principio in parola possa essere d'ostacolo, per forza propria, all'ammissibilità di un'istanza di sequestro conservativo, diretto a tutelare un credito di risarcimento danni, il cui accertamento sia stato in precedenza attribuito alla competenza di un giudice penale, in sede di procedimento penale a carico del danneggiante. Comunque, a prescindere dall'efficacia delle considerazioni finora esposte, v'è la lettera degli artt. 673, ult. comma; 672, comma 3, 681 e 680, ult. comma, C.p.c., a suffragare l'accolta tesi dell'ammissibilità. Detti articoli, infatti, dispongono che, se la causa di merito pende davanti ad un iudice diverso da uello civile ordinario, l'istanza di se uestro si ro one al pretore o al presidente del tribunale, competente per valore, del luogo in cui i sequestro deve essere eseguito e detto giudice pronuncia anche sulla convalida di esso, senza pregiudizio della causa di merito; ora non v'è dubbio che il giudice diverso da quello civile ordinario sia anche il giudice penale, nell'ipotesi che ne oc- . cupa, perché il giudice ordinario penale non diviene giudice ordinario civile per il solo fatto che pronunci, incidentalmente, sull'azione di responsabilità civile promossa dalla persona offesa dal reato, non determinandosi il carattere penale o civile della giurisdizione di un organo giudiziario in relazione alla natura della controversia d'eccezione sottoposta al suo esame, bensì in relazione alla sua posizione ed ai suoi compiti di istituto ». TI sequestro conservativo sugli immobili serve, oltre a garantire il credito e ad assicurare la realizzazione di questo, anche a garantire la cosa sequestrata, attraverso il vincolo della indisponibilità, non astante che la proprietà di essa figuri intestata a un terzo. Esso tende, in sostanza, ad assicurare la garanzia generica sui beni del debitore stesso contro il pericolo di sottrazioni e alterazioni; è, in un certo senso, un'anticipazione del pignoramento. Condizioni per la concessione del sequestro conservativo sono: l) la ragionevole apparenza del diritto (jumus boni iuris). Tale requisito consiste nella probabile esistenza del diritto di colui che richiede la misura cautelare, cioè la apparente fondatezza della pretesa da questi fatta valere (Cass., 15 maggio 1991, n. 5444). I E MIspRr cAliTri AB! CIV!! J 2311 Il sequestro conservativo può essere concesso a tutela anche di un credito non esigibile, in quanto sottoposto a termine o a condizione (av, art. 1356 c,c.). Non si richiede inoltre che il credito sia liquido, cioè determinato ---n~e~-sseooe-suffic--it!llte----4e~llilsistane+pr-esuppesti--per--la-----------sua successiva determinazione (cfr. Cass., 20 dicembre 1970, n. 2445). Ai fini della sussistenza del «jumus boni iuris » necessario per l'ammissibilità del sequestro conservativo, è sufficiente che sia accertata, con delibazione sommaria, la probabile esistenza del credito, restando riservato al giudice del merito ogni accertamento in ordine alla sua effettiva sussistenza e al suo ammontare, anzi potendo il provvedimento cautelare essere concesso anche a tutela di ragioni di credito non ancora attuali, ma di probabile insorgenza, allorché al momento della richiesta cautelare sia già in essere il rapporto da cui origina il futuro credito, si sia già verificata la situazione di fatto che lo determina e sia possibile esperire un giudizio di probabilità in ordine all'attualità del diritto al tempo dell'esito del giudizio di merito (Trib. Bari, Sez. IV, 3 marzo 2008); 2) il pericolo o il fondato timore di perdere la garanzia del credito (periculum in mora). Tale requisito consiste nella attuale probabilità che il diritto rimanga menomato durante il tempo occorrente per la decisione. L'attualità va valutata con riferimento alla data di richiesta del provvedimento cautelare. Il « pericolo» inoltre, deve essere sopravvenuto rispetto al momento dell'insorgenza dell'obbligazione, in quanto la situazione che si sta profilando nel patrimonio del debitore deve costituire una novità rispetto al momento della genesi del negozio giuridico. Infatti è ragionevole pensare che il creditore, nel momento della insorgenza dell'obbligazione, abbia tenuto conto delle condizioni economiche dell'altro contraente ritenendosi, conseguentemente, soddisfatto e garantito dalle condizioni stesse. Ciò peraltro vale solo per i crediti nascenti da contratto e si giustifica considerando che chi ha trattato con un debitore insolvente non può dedurre l'insolvenza a fondamento della misura cautelare (sempreché le condizioni economiche del debitore potessero esser conosciute con l'ordinaria diligenza). Ma il principio non può valere nella materia extracontrattuale, in quanto nessuna negligenza può imputarsi al creditore e quindi il sequestro può essere concesso indipendentemente da un peggioramento delle condizioni economiche del debitore successivamente al sorgere del credito (così Cass., 3 gennaio 1967, n. 2, in Foro il., 1967, I, 1827). Circa le condizioni economiche del debitore, queste devono essere considerate sotto il profilo della globalità del patrimonio, tenendo conto dei 2312 _______ I A REYOCATQBIA QRD'NARIA -r FAI LIMENTARE beni dei quali il debitore può disporre anche fuori del territorio nazionale (Trib. Ancona, 8 aprile 1992, in Dir. marittimo, 1994, 187). TI periculum in mora può desumersi sia da elementi obiettivi, concer~n_en~t~i -la~ca_.p~a-c~ità_PatcimotUal~-de-bi-t-Gr-e-ffi rappor-t-e-all'-entit-à-del-er-eclit-o-, ---,---sia da elementi soggettivi, ricavabili dal comportamento del debitore, che lasci presumere il compimento di atti volti a depauperare il suo patrimonio, sottraendolo all'esecuzione forzata o rendendola più difficile (cfr. Cass., lO agosto 1988, n. 4906; Cass., 9 gennaio 1987, n. 69; Cass., 8 aprile 1982, n. 2172, ed altre). Non è necessario che entrambi i criteri concorrano simultaneamente (Cass., 26 febbraio 1998, n. 2139). Secondo Cass., lO agosto 1988, n. 4906, il requisito del periculum in mora, che non può essere escluso in base alla sola considerazione della consistenza patrimoniale (qualitativa o quantitativa) del debitore, non può essere affermato in base al mero rifiuto di adempiere, occorrendo che questo s'inserisca in un comportamento - processuale od extraprocessuale - dell'obbligato, che renda verosimile l'eventualità di un depauperamento del suo patrimonio e fondato il timore del creditore di perdere le garanzie del credito; fermo restando che il compito di stabilire, nei casi concreti, se il detto pericolo stlssista o no tenuto conto degli elementi oggettivi e soggettivi, congiuntamente o anche alternativamente apprezzati, e senza trascurare il rapporto di proporzionalità tra l'ammontare del credito e gli elementi valutativi appresi - è riservato al giudice del merito, la cui valutazione, se sorretta da motivazione congrua sul piano logico ed immune da errori di diritto, si sottrae al sindacato di legittimità. Anche Cass., lO settembre 1986, n. 5541, ritiene che il periculum in mora, che non deve necessariamente consistere in una situazione attuale di depauperamento del debitore, possa desumersi sia da « elementi oggettivi che soggettivi, la cui valutazione integra un giudizio di fatto sulla fondatezza del timore del creditore di perdere le garanzie per il recupero del proprio credito ». TI requisito del periculum in mora è diffusamente e perspicuamente illustrato da Cass., 23 aprile 1958, n. 1338, in Giust. civ., 1958, I, 801 per la quale « il periculum può essere espresso dal rapporto di proporzione, quantitativo e qualitativo, tra patrimonio del debitore ed ammontare presunto del probabile credito tutelato, dal comportamento del debitore in funzione di una dimostrata tendenza, di buona o mala fede, attuale o potenziale, a ridurre il proprio patrimonio, ovvero dall'uno e dall'altro insieme. Quanto al primo di questi due elementi, un patrimonio staticamente considerato può ben essere insufficiente a garantire la soddisfazione di un credito, ma tale 2313 insufficienza non legittima, in sé e per sé, l'adozione di un sequestro conservativo, perché mentre questo è condizionato alla esistenza del timore che il patrimonio, oggetto di responsabilità della persona obbligata sia sottratto, diminuito o comunque pregiudicato, alla nozione di siffatto timore è estraneo il concetto di proporzione attuale tra il patrimonio stesso e l'ammontare del credi-to-.--------'--~-------------Il periculum può desumersi, in alcuni casi, dalla valutazione della condotta del debitore ed in altri dalla valutazione della di lui capacità economica, intesa quest'ultima quale proporzione tra consistenza, attuale o potenziale, del patrimonio della persona responsabile ed ammontare presunto del credito tutelabile: salva sempre l'opportunità, in detti casi, e la necessità, in ogni altro, di considerare entrambi questi elementi in una valutazione congiunta e comparata. Quanto finora detto, peraltro, è incondizionatamente valevole nel campo della responsabilità aquiliana, mentre nel diverso campo della responsabilità contrattuale una ultima precisazione si impone; quella cioè che il periculum in mora, come innanzi configurato, debba sorgere da eventi posteriori alla nascita del diritto di credito tutelato, e non piuttosto da situazioni a questo coeve o anteriori. Ed invero se il dovere di prestazione, correlativo del diritto di credito, è ab origine connesso ad una responsabilità patrimoniale dell'obbligato, insufficiente, instabile o comunque non rassicurante, il creditore che abbia accettato queste condizioni negative del rapporto obbligatorio nel nascere di questo, non ha diritto di dolersene a posteriori, in sede di misura cautelare: salvo, s'intende, che non ne deduca un insorto peggioramento. D'altro canto ogni patrimonio, considerato dinamicamente nelle sue linee di sviluppo economICO, può presentare aspetti di mutevolezza, nel senso che la sua consistenza, per naturale effetto del suo potenziale economico, subisca modifiche sostanziali e formali: si pensi, ad es. a patrimoni mobiliari destinati al commercio all'ingrosso ovvero a patrimoni, anche immobiliari, impegnati in particolari industrie d'avanguardia, aleatorie per natura o per contingenze di mercato. Ora è evidente che, in siffatti casi, il timore di una variazione patrimoniale pregiudizievole agli interessi, diretti o indiretti, del creditore, può essere espressa anche dalla semplice proporzione tra la consistenza dei patrimoni in parola, valutati su di un piano di dinamismo economico, e l'ammontare del credito; e nulla vieta che il timore, così fondatamente espresso, sia considerato sufficiente, in sé e per sé, ad integrare il pericolo in mora legittimante il sequestro. Passando quindi al secondo elemento costitutivo di detto pericolo, è facile convincersi che la valutazione del comportamento del debitore è pur essa sufficiente, in molti casi, a rappresentare autonomamente il fondato timore di perdere le garanzie patrimoniali del creditore: qualsiasi patrimonio, infatti, apparirà insufficiente ad offrire garanzia di stabilità ove il suo titolare mostri di volerIo pregiudicare, in buona o mala fede, con azioni di distrazione od occultamento. Ed ecco perché la giurisprudenza di merito e della Suprema Corte dà ampio rilievo, in sede di convalida, alla condotta del debitore nei caratteristici suoi tratti di lealtà, correttezza e probità ». La giurisprudenza di merito di recente ha statuito che in tema di sequestro conservativo, il «periculum in mora» può essere desunto, anche alternativamente, sia da elementi obiettivi, attinenti alla consistenza qualitativa e quantitativa del patrimonio del debitore in rapporto alla entità del 2314 . LA REVOCATORIA ORDINARIA F fAl' IMENTAB[ credito, sia da elementi soggettivi, riguardanti il suo comportamento, che rendano verosimile l'eventualità di un depauperamento del suo patrimonio ed esprimano la sua intenzione di sottrarsi all'adempimento di suoi obblighi -------in--modo-da-mgme-r-are--ne-l-c-r.e-G!t.er.e-il-fagienevele--<Ìu14ie---ffie-la-stta-pre-,------tesa non sia soddisfatta (Trib. Napoli, Sez. VII, 3 marzo 2008). il sequestro conservativo da parte della curatela fallimentare dei beni appartenenti agli amministratori della società soggetta a curatela, con riferimento alla sola consistenza immobiliare dei patrimoni, seppure non sembra potersi escludere, almeno «prima facie », !'impossibilità di stabilire, sulla base della sola perizia, la presumibile entità del danno lamentato si ripercuote significativamente anche sulla valutazione della sussistenza, o meno, nella specie, dell'ulteriore requisito indispensabile per la concessione del sequestro conservativo, cioè il «periculum in mora », e poiché ulteriori indagini istruttorie dirette ad accertarne, con la garanzia del contraddittorio, la sussistenza, sarebbero, sostanzialmente incompatibili, attesa la loro presumibile complessità e lungaggine, con la cognizione sommaria propria della presente fase cautelare e con la particolarità della misura invocata, non può che concludersi nel senso del rigetto (per carenza di idonea dimostrazione del corrispondente «fumus boni iuris ») della formulata istanza ex art. 671 C.p.c. non sembrando possibile addivenire ad una valutazione meramente equitativa del lamentato danno (circa il quale, peraltro, mancherebbe la prova, sia pure in termini di verosimiglianza, dell'an) a cui parametrare il valore fino alla concorrenza del quale autorizzare l'invocato sequestro (Trib. Napoli, Sez. VII, 6 febbraio 2008). Si è anche ritenuto che in tema di sequestro conservativo (art. 671 c.p.c.), il pericolo per il creditore di perdere la garanzia del proprio credito deve corrispondere ad una situazione di pericolo reale ed obiettiva, in cui si concreti la possibilità che il patrimonio del debitore sia sottratto o diminuito in modo da non soddisfare più la funzione di garanzia che gli è propria e tale situazione obiettiva deve essere dedotta da elementi oggettivi o soggettivi ma non può, dal punto di vista oggettivo, consistere nel semplice inadempimento di obbligazioni, nell'esistenza di titoli risarcitori, né nel timore di una futura sopravveniente insufficienza di un patrimonio a soddisfare determinati crediti, ove non vi siano elementi concreti che dimostrino il pericolo che detto patrimonio sia o stia per essere sottratto, diminuito o comunque pregiudicato (Trib. Modena, Sez. I, 20 dicembre 2007). il requisito del periculum in mora può ritenersi sussistente anche se il diritto di credito sia assistito da privilegio, garanzia o risulti da titolo esecutivo. Cass., 29 aprile 1965, n. 766, in Giust. civ., 1965, I, 2284; in Foro pad., LE MISURE CAprE! 1964, I, 664, con riguardo rato esecutivo, osserva: ARI CIV!! ! ad una fattispecie di decreto 2315 ingiuntivo dichia- -------«;,nftOfin"i--'l~_a_r_it_enere_c_he__nel vigente-ordin-amento--prm:essuale il-sequestroronservativo non possa essere richiesto né concesso dopo l'esaurimento del giudizio di cognizione e la formazione del titolo esecutivo. Nessuna norma di legge contiene tale divieto né alcun argomento a sostegno di questa tesi può trarsi dagli artt. 680 e 681, C.p.c. Da tali disposizioni si evince soltanto che il giudizio di merito si svolge normalmente in unione a quello della convalida della misura cautelare, ma non sempre né necessariamente (art. 680, commi 4 e 5; art. 681, ult. comma); tanto che dal successivo art. 682 è prevista in via generale e rimessa al prudente criterio del giudice istruttore la possibilità di una decisione separata delle sole questioni relative alla convalida, indipendentemente dal giudizio sul merito. Si desume, invece, dai principi generali che - nella mancanza di una contraria disposizione di legge - i diversi presupposti, la diversa natura e la diversa finalità dell'azione esecutiva e dell'azione cautelare (o assicurativa) ne rendono ammissibile l'esperibilità ad libitum del creditore con la sola condizione della sussistenza - oltre che dei presupposti specifici di ciascuna di esse - dell'interesse a valersi dell'una anziché dell'altra o dell'una (la misura cautelare) prima dell'altra. E la possibilità di ravvisare un interesse a valersi dell'azione cautelare anche in presenza di un titolo esecutivo già costituito ben può essere riconosciuta in linea di principio, considerando che l'esecuzione patrimoniale deve essere preceduta dalla notificazione del titolo e del precetto e non può normalmente aver luogo prima del decorso di un termine fissato dalla legge (artt. 480 e 481 c.p.c.); che mera facoltà (non obbligo) del creditore è quella di chiedere al giudice l'esonero, in caso di pericolo nel ritardo, dall'osservanza di quel termine ed è nel potere discrezionale del giudice il concedere o non concedere tale esonero con cauzione o senza (art. 482); che la notificazione del titolo esecutivo e del precetto pongono il debitore sull' avviso circa le intenzioni esecutive del creditore. Pertanto, nelle more determinate dall'osservanza delle forme del processo di esecuzione, ben può essere configurato (e di fatto verificarsi) quello stato di pericolo che la legge richiede per la concessione del sequestro conservativo e che non è né necessariamente né esclusivamente tutelato dal disposto dell'art. 482 C.p.c. Pericolo che nella specie i giudici del merito hanno insindacabilmente accertato. Ma se tanto può dirsi in via generale, a fortiori deve riconoscersi l'interesse del creditore (anche se munito di titolo esecutivo) a procedere - come nella specie - a sequestro conservativo "speciale" quale è quello su cose soggette a privilegio a condizione che si trovino in una determinata situazione (art. 2769 c.c.). Ciò perché il mantenimento di quella situazione mediante il sequestro conservativo di quelle cose è diretto alla conservazione del privilegio e può costituire condizione necessaria per tale effetto, come è disposto per gli invecta et illoto dall' art. 2764 c.c. Non può, quindi, in queste ipotesi, contestarsi al creditore l'interesse di tutelare il proprio diritto di prelazione, impedendo con il sequestro che esse siano rimosse dal luogo ove si trovano ». 2316 LA REYOCAIORIA ORQINAR!A E FAI! IMENTABE Se il creditore possa rinunciare} in via preventiva, allo strumento del sequestro conservativo. La risposta negativa appare fondata alla luce delle argomentazioni esposteartass., 9 maggiO 1955, n. 1515~i1Gìust. civ., 1956, I, 2079 la quale osserva che la tutela cautelare (sebbene abbia anche riflessi di diritto sostanziale [art. 2905 e 2906 c.c.]), si inquadra con piena autonomia nel diritto processuale ed ha carattere giurisdizionale; che inoltre nella funzione cautelare è preminente l'interesse pubblico, determinato dal preciso scopo di predisporre situazioni giuridiche per cui la volontà della legge possa essere effettivamente attuata. Non sussiste cioè un diritto sostantivo di cautela, come per le misure preventive stragiudiziali (pegno, ipoteca, ecc.), le quali, pur avendo alcuni caratteri comuni con quelle cautelari, ed essenzialmente la strumentalità, non hanno natura giurisdizionale e, a differenza di queste ultime, sono normalmente disponibili. La Corte non nega la possibilità di accordi tra le parti, anteriori al giudizio ed influenti sul sorgere, sullo svilupparsi e sull'estinguersi del processo, ma nota che per la validità di tali accordi (sempre unilateralmente revocabili, sin quando non sia intervenuto il provvedimento del giudice a sanzionarli) è indispensabile anzitutto che non sussista un divieto, esplicito o implicito, di legge, divieto che eVIdentemente puo desumerSI dalla natura spiccatamente pubblica dell'interesse sul quale poggia l'istituto cui l'accordo si riferisce. E che l'attività cautelare non possa costituire oggetto di accordi si desumerebbe, oltre che dall'avere riservato il codice agli organi della giurisdizione ordinaria l'emissione dei relativi provvedimenti pur nell'ipotesi in cui le parti siano abilitate a derogare contrattualmente alla giurisdizione ordinaria, e cioè nell'ipotesi del compromesso, anche dall'espresso divieto di deroga alla competenza territoriale per i casi di procedimenti cautelari (art. 28 c.p.c.). Vi è infine altro motivo decisivo - secondo la Suprema Corte - per negare l'efficacia degli accordi che importino rinuncia alla tutela cautelare, quello cioè che, fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, non sono consentiti patti che possono intaccare il funzionamento dell'attività giurisdizionale: la funzione cautelare si inquadra in quella giurisdizionale, quale mezzo a fine che, prevenendo i danni dipendenti dal ritardo dei giudizi, causati dai meccanismi processuali, assicura gli effetti della pronuncia giurisdizionale sul diritto cautelato, per il migliore funzionamento dell'amministrazione della giustizia. I.:oggetto del sequestro conservativo. TI sequestro conservativo può avere ad oggetto: beni mobili (art. 678 c.p.c.); - beni immobili (art. 679 c.p.c.); - crediti (art. 678 c.p.c.); -----=---\.titoli---di---{:-recli-te-{-art.--l99ì-c~_;jI-. --------------------- 3.2.1. Il sequestro conservativo di beni immobili. TI sequestro conservativo su beni immobili si esegue mediante la « trascrizione » (art. 679 c.p.c.) del provvedimento nei registri immobiliari della Conservatoria competente per territorio. Dalla data della trascrizione del sequestro conservativo si verificano gli effetti di cui all'art. 2906 c.c. e cioè l'inefficacia nei soli confronti del creditore sequestrante degli atti di disposizione compiuti dal debitore sulle cose sequestrate. L'immobile sequestrato va custodito secondo quanto previsto dal contenuto disposto dagli am. 559, 560, 65 e 76 C.p.c. Custode dell'immobile può essere nominato: a) lo stesso debitore che, solo su espressa autorizzazione del giudice, può abitare e continuare ad abitare l'immobile sequestrato, provvedendone però alla custodia ed alla manutenzione; oppure a concederlo in locazione a terzi; in questo easo, H debilOle-custode, per l'espletamento del1'attlvlta di custodia, non ha diritto al compenso; b) un terzo; questo va immesso nel possesso dell'immobile, ha diritto al compenso per l'attività di custodire e deve rendere al giudice il conto della sua gestione, ogni tre mesi o nel più breve termine fissato dal giudice; al termine della gestione il custode deve rendere il conto finale. Nei rendiconti periodici devono essere indicate le spese che sono state sostenute per la conservazione della cosa sequestrata e gli incrementi di valore o i frutti percepiti. Al rendiconto devono essere allegate le c.d. « pezze giustificative », cioè la documentazione che comprovi il « conto» reso. TI rendiconto può essere sottoposto ad osservazioni e può essere accettato o respinto dal giudice. Nel caso in cui insorgano contestazioni, si deve dare ingresso al giudizio di rendiconto di cui agli artt. 263 ss. C.p.c. 3.2.2. Il sequestro conservativo di beni mobili. TI sequestro può cadere su: 1) beni mobili non iscritti in pubblici registri; 2) beni mobili iscritti in pubblici registri. Quale rapporto si pone tra sequestro e alienazione di tali beni? Bisogna distinguere tra alienazione anteriore ed alienazione successiva al sequestro. 2318 _______ I A B[VOCAWRIA ORDINAPU P FAI' n4Ji~JT.Ri!ì Le alienazioni dei beni mobili sub 1) anteriori al sequestro, prevalgono su questo solo se l'acquirente ne ha conseguito il possesso e la detenzione (art. 2914 n. 4 c.c.). Secondo Cass., 9 maggio 1956, n. 1515, in Giust. civ., 195J-.-L2D29'--« Il rigore del sistema degli artt. 2914 e 2915 C.C., ai quali fa riferimento l'art. 2906, dà regime di ritenere che per i beni mobili in genere, sebbene la proprietà si trasmetta tra le parti contraenti per effetto del consenso legittimamente manifestato, ove l'alienazione non risulti da atto avente data certa anteriore al pignoramento, il possesso, la cui trasmissione rende efficace l'atto nei confronti del creditore, che abbia successivamente proceduto a pignoramento sugli stessi beni (art. 2914, n. 4), deve valere quale titolo che dia certezza assoluta dell'anteriorità del diritto rispetto al pignoramento, ponendo luogo delle forme di pubblicità ovvero della data certa, e pertanto debba intendersi un possesso che non sia semplicemente giuridico. Il citato n. 4 dell'art. 2914, per i beni mobili non iscritti in pubblici registri, deroga al criterio generale accolto dall'art. 1376 c.c., sottoponendo l'efficacia dell'atto nei confronti del terzo creditore alla condizione che sia seguita la tradizione della cosa alienata. Ed invero, se così non fosse, stante l'effetto reale del consenso, salvo le eccezioni di legge, non potrebbe in alcun modo spiegarsi il valore della terminologia adottata dal legislatore (possesso "trasmesso") nella quale è insito il concetto di conseguimento e che assume rilievo solo in quanto si intenda richiesta la tradizione tutte le volte che l'alienazione è o osta al terzo' . proce uto plgnoramento. Mancando uno speciale sistema di pubblicità per la circolazione dei mobili, il legislatore, nel conflitto tra creditore pignorante ed acquirente del bene, in difetto della certezza del titolo giuridico, ha dato rilievo all'elemento di fatto, ed invano il ricorrente si richiama alle disposizioni generali relative al possesso di buona fede, tanto più che, anche secondo tali disposizioni, nel caso di conflitto tra due successivi acquirenti della medesima cosa, l'art. 1155 attribuisce la preferenza a colui che si trovi con la cosa acquistata non solo in una relazione di diritto, ma anche in una relazione di fatto, e ciò indipendentemente dalla data di acquisto ». Se invece il sequestro ha ad oggetto beni mobili iscritti in pubblici registri, l'acquirente prevale sul sequestrante solo se l'acquisto è stato precedentemente trascritto; di conseguenza è inefficace, nei confronti del sequestrante, l'alienazione trascritta successivamente, anche se posta in essere prima del sequestro (artt. 2906 e 2914 c.c.). Gli atti di disposizione compiuti dal debitore sul proprio patrimonio sono inopponibili al creditore fin tanto che duri l'efficacia del sequestro conservativo. Questo può convertirsi in pignoramento, ai sensi dell'art. 686 c.p.c., quando il creditore ottiene la sentenza di condanna esecutiva. La conversione non è automatica, ma consegue al compimento delle formalità di cui all'art. 156 disp. att. C.p.c. onde la mancata conversione fa sÌ che sia efficace ed opponibile al creditore l'alienazione compiuta dal debitore. Ma una volta che il sequestro conservativo si è convertito in pignora- --:--_--:--- _____ mento, gli atti di disposizione compiuti dal debitore dopo il sequestro, ma prima della conversione, sono inopponibili al solo creditore sequestrante o anche a quelli successivamente intervenuti nell' esecuzione? ~I.a-giurisprodmz-a--è-nel-senso---che--i!---vincolo-sia-a-porra ••. chiusa, ossia che l'atto di disposizione, compiuto successivamente alla trascrizione del sequestro conservativo, ma prima del pignoramento, è inopponibile soltanto al creditore sequestrante (Trib. Bari, 20 marzo 1958, in Foro il., 1959, I, 1232; nella specie trattavasi di ipoteca). Così il Tribunale motiva la sua deCISIone: « Mentre il sequestro conservativo, il quale è uno dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, giova soltanto a chi se ne awale, il pignoramento invece, il quale è l'atto con cui si inizia l'espropriazione forzata, giova, salve le giuste cause di prelazione, non soltanto al pignorante, ma a tutti i creditori intervenuti. La ragione è evidente: il sequestro conservativo è, con l'azione surrogatoria e l'azione revocatoria, un rimedio spettante ai creditori per la tutela della loro aspettativa di soddisfazione, e non c'è motivo che esso si estenda oltre i limiti richiesti dalla tutela del diritto del creditore sequestrante, né occorre che la indisponibilità del bene operi oltre i limiti del pregiudizio del creditore sequestrante, ond'è che le alienazioni e gli altri atti che hanno per oggetto la cosa sequestrata non hanno effetto in pregiudizio di costui. TIpignoramento, invece, preordinato alla tutela giurisdizionale dei diritti, iova non soltanto al . . e, ma a uttll ere ton IDtervenUtl, e giova ino al punto che il diritto sostanziale può farsi valere ex se nel procedimento esecutivo. È evidente quindi che se, per quanto riguarda gli atti aventi per oggetto beni sottoposti a sequestro conservativo, e diretti comunque a sottrarre gli stessi al credito sequestrante, la legge dispone che essi non hanno effetti soltanto rispetto al detto creditore sequestrante; e per quanto, invece, riguarda gli atti aventi per oggetto beni già sottoposti a pignoramento, dispone che essi non hanno effetto sia rispetto al creditore pignorante sia rispetto ai creditori che intervengono nell'esecuzione, il legislatore ha voluto per i primi disporne la inefficacia soltanto rispetto al creditore sequestrante, e non anche rispetto a creditori che intervengano nella esecuzione successiva. Il rinvio alle regole stabilite per il pignoramento, fatto dall'art. 2906 c.c., non significa che la disciplina giuridica di questo si estenda senz'altro, sotto l'aspetto delle posizioni soggettive di diritto sostanziale, al sequestro conservativo. Nell'art. 2906, per non ripetere le stesse regole alle quali negli artt. 2913, 2914,2915 e 2916 è condizionata da inefficacia degli atti nei medesimi elencati, ha prescritto che "non hanno effetto in pregiudizio del creditore sequestrante le alienazioni e gli altri atti che hanno per oggetto la cosa sequestrata, in conformità delle regole stabilite per il pignoramento". Questa dizione, quindi, va riferita non già alle persone nei confronti delle quali si è inteso sancire la inefficacia, sibbene e soltanto agli atti dei quali si è inteso sancire la inefficacia suddetta; sicché è evidente che con la dizione "in conformità delle regole stabilite per il pignoramento" il legislatore non ha voluto dire che, come gli atti indicati negli am. 2913, 2914, 2915 e 2916 non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengano nella esecuzione, così non hanno parimenti effetto nei confronti del creditore sequestrante e degli al- 2}20 --------c~r~e~d.ìtore J é PE"Q'A.QW Qa9ItJARlA ESE'rbI:IMEPlTh 1E .. tri creditori che intervenissero nella esecuzione, nel caso in cui i beni sequestrati venissero, su iniziativa dello stesso sequestrante o di altri creditori, espropriati; ma ha voluto dire invece che, come non hanno effetto rispetto al creditore pignorante e ai creditori che intervengano nella esecuzione, cosÌ non hanno effetto_r_is~p_e_tt_o __a_I sequestrante le ahenaZlOntdIEent ImmobilI ooIbeni mobìIi iscritti in pubblici registri, che, sebbene anteriori al sequestro, siano state notificate al debitore ceduto o siano state da questo accettate successivamente, nonché, ancora, ogni altro atto indicato nei citati artt. 2913, 2914, 2915 e 2916, secondo, però, le regole stabilite negli articoli medesimi. Da ciò consegue altresÌ che, giusta il disposto di cui all'art. 2906, gli stessi atti compiuti o trascritti dopo il sequestro, ma prima della conversione dello stesso in pignoramento, rimangono privi di effetto solo nei confronti del creditore sequestrante, e non anche di ogni altro creditore che intervenisse nella esecuzione ». (Nello stesso senso, REDENTI,SATIA,TARZIA,VELLANI,Cass., 26 agosto 1976, n. 3058; contra Cass., 13 novembre 1965, n. 2369). Se invece sopravvenga la dichiarazione di fallimento del debitore, l'inopponibilità si estende a tutti i creditori concorrenti, in quanto il sequestro è assorbito dal pignoramento generale del patrimonio del fallito, a favore di detti creditori, determinato dalla sentenza di fallimento (Cass., 18 agosto 1997, n. 7659). A nOlIIla dell'art. 2905, comma 2, c.c., il sequestro puo essere chiesto anche nei confronti del terzo acquirente dei beni del debitore, qualora sia stata proposta l'azione per far dichiarare l'inefficacia dell'alienazione. Secondo Trib. Napoli, Sez. Mragola 5 luglio 2000 (in Giur. it., 2000, 2078) il provvedimento cautelare può essere richiesto solo in pendenza dell' azione giudiziale ex art. 2901 c.c. e quindi non «ante causam » (in senso contrario, CONTE,Sul sequestro conservativo ex art. 2905) comma 2} C.C., ivi). Quando, dunque, il debitore abbia già alienato un proprio bene, cosÌ menomando la garanzia patrimoniale generale, il creditore può avvalersi, coordinatamente all'esercizio della revocatoria, anche di quello strumento tipicamente preventivo che è il sequestro, salvo a trasformare poi questo in pignoramento a sensi dell'art. 686 C.p.C. quando ottenga - nel giudizio di revocatoria - sentenza di condanna esecutiva contro il terzo. TI sequestro impedisce, che, venuto meno l'interesse del debitore a conservare ed amministrare un bene destinato all' esecuzione, il terzo lo alieni a sua volta, portando alla frustrazione della stessa azione revocatoria. 3.2.3. Soggetti presso i quali può avvenire il sequestro conservativo. TI sequestro conservativo può avvenire: 1) presso il debitore; 2) presso terzi. _ LE "II8t1Rf CJltt1l'ELJrftl et c ILI Sequestro presso il debitore. Si mutua da DE CREscENza: « Il soggetto esecutivo del sequestro è l'ufficiale giudiziario il quale si deve recare personalmente nel luogo ove deve essere eseguito l'atto, owiamente con i limiti di tempo previsti dall'art. 519 C.p.c. L'attività dell'ufficiale giudiziario si articola in fasi che sono quelle dell' accesso, della ricognizione delle cose da sottoporre a sequestro, nonché in quella del sequestro e dell' affidamento delle cose sequestrate al custode o al cancelliere. In merito all'accesso: l'ufficiale giudiziario può ricercare direttamente le cose nell'abitazione del debitore, ricorrendo, se del caso anche all'uso della forza (per aprire porte, cassetti, ripostigli o recipienti) facendosi aiutare, se del caso, anche dalla forza pubblica. È compito dell'ufficiale giudiziario operare la ricognizione e la scelta delle cose da sottoporre al sequestro, e ciò fino alla concorrenza del valore stabilito nel decreto del giudice. Owiamente, nell'attività della individuazione delle cose da sottoporre al sequestro, l'ufficiale giudiziario dovrà tenere conto delle graduazioni stabilite dal citato art. 517 c.p.c., e nel caso in cui, quanto sequestrato dall'ufficiale giudiziario abbia un valore esuberante rispetto ai limiti di somma indicati nel decreto, può trovare applicazione la disposizione di cui all' art 496 c p c Delle operazioni che vengono compiute l'ufficiale giudiziario redigerà un processo verbale nel quale dovrà: 1) dare indicazione delle operazioni effettuate; 2) fornire la descrizione delle cose sottoposte al sequestro; 3) dare la indicazione del valore attribuito alle suddette cose; 4) dare atto della ingiunzione al debitore (o alle persone presenti in sua vece) di astenersi dal compiere atti diretti a sottrarre la garanzia del credito ». Non si esclude comunque la possibilità che la misura cautelare Sia concessa soltanto nei confronti di uno soltanto dei condebitori. Tale conclusione è stata recentemente ribadita anche da Trib. Napoli, 7 novembre 2006, secondo la quale: «Ciò posto, rileva il Tribunale che è discusso, in dottrina ed in giurisprudenza, se, nel caso di obbligazione solidale, il periculum in mora debba essere accertato esclusivamente nei confronti del condebitore contro il quale il creditore ha agito, owero si debba tenere conto delle condizioni economiche della totalità dei condebitori, per modo che il sequestro conservativo possa essere concesso solo se il periculum sussista nei riguardi di tutti. Quest'ultima opinione viene argomentata essenzialmente sul rilievo che la solidarietà adempie a funzioni di garanzia e, dunque, ai fini dell'art. 2740 c.c., occorrerebbe tenere conto del complesso dei patrimoni degli obbligati, essendone ammissibile la considerazione separata solo nelle obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo nel caso sia previsto il beneficio di escussione (cfr., in giurisp., Trib. Bari, 2322 I A -RE\10çQl'QRH -QRQINARUJ E FhbblMEtR"'LtE 13 marzo 1996, in Foro il., 1997, I, 2702; Trib. Milano, 22 ottobre 1997, in Giur. il., 1998, 963; Trib. S. Maria C. v., 20 gennaio 2004, in Le società, 2004, 6. 754). A tale tesi si è però condivisibilmente obiettato che secondo l'orientamento dottrinario oggi più accreditato, - fatto proprio anche dalla giurisprudenza di leginimità---(cfr-Cass., 11 gennaIO 2005, n. 379; Cass., 26 marzo 2001, n. 4364) l'obbligazione solidale non ha struttura monolitica, bensÌ si fraziona in una pluralità di rapporti corrispondenti al numero degli obbligati ognuno avente ad oggetto l'intera ed identica obbligazione (qualora, quindi, il creditore convenga in giudizio tutti i condebitori in solido, esistono nell'unico processo, più cause tra loro distinte, ciascuna avente quali parti il creditore ed un condebitore in solido, cioè esistono più cause scindibili), ed a ciascuno di tali rapporti è correlata la garanzia generica del patrimonio di ogni condebitore, ex art. 2740 c.c., con i poteri che al creditore competono a tutela della garanzia medesima, compreso il sequestro conservativo. Inoltre, ai sensi dell'art. 1242 C.c., ove non sia diversamente stabilito, il creditore è libero di agire per l'adempimento nei confronti di ciascuno dei debitori e, di conseguenza, come può procedere ad esecuzione forzata sul patrimonio dello stesso, cosÌ medio tempore è legittimato alla misura cautelare senza che sia tenuto a considerare le condizioni economiche di coobbligati contro i quali ha ritenuto di non agire. Se cosÌ non fosse, si verrebbe a limitare la facoltà di scelta spettante al creditore, che sarebbe costretto a sperimentare l'azione (prima cognitiva e poi esecutiva) anche nei confronti di altri condebitori (la domanda proposta contro uno dei debitori in solido non ha effetto rispetto ad altro coobbligato D@ppur@ come costitu zione in mora: v. art. 1308 c.c.), in pratica cosÌ ottenendo il risultato di rendere ancora più difficile proprio la tutela che dovrebbe essere assistita da maggiori garanzie (cfr., in giurisp., Trib. Trento, 25 settembre 1993, in Giur. il., 1994, I, 2, 433; Trib. Pordenone, 18 novembre 1998, in Giur. il., 1999, 2082; Trib. Frosinone, 24 aprile 1996, in Banca, borsa e til. cred., 1997, II, 191) ». Sequestro presso terzi. Si mutua ancora da DE CRESCENZO: « r:esecuzione del sequestro, presso il terzo è un atto complesso che si svolge attraverso una serie di fasi che possono essere cosÌ riassunte: a) il creditore deve, in primis, effettuare la notificazione al terzo, della copia del decreto di sequestro, con l'intimazione che non deve essere fatta alcuna attività di disposizione del bene. Contestualmente, il terzo deve essere citato a comparire avanti il pretore del luogo della sua residenza perché renda, in quella sede, la dichiarazione di cui all'art. 547 C.p.c. Da questo momento si può dire che il terzo si trova ad essere custode del bene oggetto del sequestro, con le correlative responsabilità e ciò ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 546 C.p.C. Nel momento in cui viene notificato il decreto di sequestro e l'intimazione a non compiere atti di disposizione, il terzo, oltre ad assumere automaticamente la posizione di custode, è legittimato a non adempiere (senza subire gli effetti della mora) alle obbligazioni di restituzione o di pagamento che lE b4ISIIRECAl'X.1s4PI 'l''U,I vengano richieste dal suo creditore. Da questo momento operano anche gli effetti di cui all'art. 2917 c.c. (i fatti estintivi del credito successivamente al suo sequestro sono privi di effetto rispetto all'esecutante) e di cui all'art. 2906 C.c.; b) alla successiva udienza avanti al pretore possono verificarsi due ipotesi: terzo può comparIre (personalmente o a mezzo di-u-n-m-an-d~a-t-ar~io-)~e--------------formulare una dichiarazione positiva con la quale specifica quali cose o quali somme siano in suo possesso, quale sia il momento dell'adempimento o della restituzione, nonché se siano stati operati altri sequestri sugli stessi beni, e se gli siano state notificate cessioni di credito e se esse siano state accettate. Per effetto della dichiarazione positiva di debenza, il terzo rimane definitivamente nella posizione di custode delle cose sottoposte al sequestro (che deve ormai intendersi perfezionato) fino al termine del procedimento; b2) il terzo non compare, o comparendo svolge una dichiarazione negativa nel senso che afferma di nulla dovere o rifiuta di fare la dichiarazione; in tale caso si possono determinare tre diverse possibili ulteriori soluzioni: I) il creditore procedente non reclama alcunché e in tale caso il procedimento di sequestro non si perfeziona; II) sorge controversia relativamente all'obbligo del terzo e questi non richiede l'immediato accertamento dei propri obblighi; in tale caso il giudizio di accertamento rimane sospeso fino alla definizione del giudizio di merito relativo connesso al sequestro; III) sorge controversia relativamente all'obbligo del terzo e questi richiede invece l'immediato accertamento dei propri obblighi In quest'ultimo caso si deve dare luogo al giudizio in questione (relativo all'obbligo del terzo). La relativa causa dovrà essere radicata avanti al pretore o al tribunale secondo le ordinarie regole sulla competenza ex art. 548 C.p.C. ». bn-n 3.2.4. Il sequestro conservativo di crediti. n sequestro conservativo di un credito implica, da un lato, il divieto per l'obbligato di disporre della somma dovuta senza ordine del giudice e, quindi, anche di pagare al proprio creditore; dall'altro, l'impossibilità da parte del creditore, sia pure temporanea, di conseguire il pagamento. Tuttavia, il sequestro del credito non importa impedimento alle azioni o pretese relative al credito. n creditore, infatti, può legittimamente compiere nei confronti del proprio debitore, e non necessariamente nel giudizio promosso dal sequestrante, atti conservativi od esecutivi del diritto di credito, fermo l'obbligo di porre le somme ricavate in deposito giudiziale, in attesa di destinazione definitiva, e lo stesso debitore potrebbe liberarsi dell'obbligazione offrendo la somma dovuta e chiedendo al giudice competente le opportune disposizioni circa il deposito della stessa (Cass., 19 novembre 1969, n. 3760, in Foro it., 1970, I, 65). Ai sensi dell'art. 2917 c.c., richiamato per il sequestro conservativo dall'art. 2906, se oggetto del pignoramento è un credito, l'estinzione di esso per cause verificatesi in epoca successiva al pignoramento non ha effetto in