CONSORZIO INTERUNIVERSITARIO DI RICERCA IN CHIMICA DEI METALLI NEI SISTEMI BIOLOGICI Attività Scientifica svolta dalle Unità di Ricerca afferenti 2011 Presentazione Le conoscenze scientifiche e tecnologiche e la disponibilità di risorse umane qualificate costituiscono il differenziale che distingue il grado di sviluppo dei diversi sistemi paese. Essere in posizione avanzata su questi temi, poter partecipare alla cooperazione internazionale in forma non subalterna, accrescere ed innovare la propria capacità produttiva e la disponibilità e diffusività di servizi determinano la possibilità dei sistemi nazionali di essere protagonisti e competitivi nei processi di crescita economica, culturale e sociale. Si parla comunemente di “economia della conoscenza e dell'apprendimento” e di “sistemi nazionali di innovazione” per indicare una nuova fase di sviluppo in cui non è più possibile tenere separata la funzione di produzione di idee, progetti e prodotti scientifici e tecnologici da quella di un loro impiego per il soddisfacimento di una domanda diffusa generata dalle complesse esigenze della società moderna. In questo contesto il Consorzio Interuniversitario di Ricerca in Chimica dei Metalli nei Sistemi Biologici (C.I.R.C.M.S.B.), con sede legale a Bari e 21 Università consorziate, promuove e coordina le proprie ricerche con l’obiettivo di formare e valorizzare i ricercatori ed i risultati da essi ottenuti con la consapevolezza del valore strategico della ricerca come vantaggio competitivo nella Società della Conoscenza e nella convinzione che le infrastrutture di ricerca e alta formazione siano leve strategiche per il rilancio dell’economia nazionale. A tale scopo le attività del C.I.R.C.M.S.B. si articolano in macro aree di ricerca scientifica e tecnologica a carattere interdisciplinare, che riguardano i settori dell’ambiente, delle biotecnologie, dei farmaci e dei materiali. Tali aree di intervento attualmente oggetto di ricerca del Consorzio si articolano nelle seguenti tematiche: a) Biomineralizzazione e biocristallografia; b) Diagnostici innovativi in oncologia e malattie cardiovascolari; c) Ioni metallici nelle patologie degenerative croniche; d) Metallo-proteine come catalizzatori biologici; e) Metalli nell’ambiente; f) Nanostrutture di interesse biomedico e ambientale; g) Nuovi farmaci inorganici in oncologia; h) Radiofarmaci nella diagnostica e radioterapia tumorale; i) System biology per lo studio dei metalli. Il C.I.R.C.M.S.B. è presente in tutta Italia attraverso una rete di Unità Locali di Ricerca, al fine di favorire una diffusione capillare delle proprie competenze su tutto il territorio nazionale ed agevolare i contatti e le collaborazioni con enti ed industrie locali. Quello di seguito riportato è un riassunto dei risultati acquisiti nell’anno 2011 da ciascuna delle Unità di Ricerca del C.I.R.C.M.S.B. A tutti coloro che hanno partecipato all’attività consortile va rivolto il mio più profondo e sentito ringraziamento. Prof. Giovanni Natile 3 Indice Unita’di Ricerca: Bari Pag. 7 Bologna Pag. 13 Camerino Pag. 39 Catania Pag. 45 Ferrara Pag. 51 Firenze Pag. 55 Insubria Pag. 61 Messina Pag. 63 Napoli Pag. 65 Padova Pag. 71 Palermo Pag. 85 Parma Pag. 89 Pavia Pag. 97 Piemonte Orientale Pag. 99 Politecnica delle Marche Pag. 109 Roma “La Sapienza” Pag. 113 Roma “Tor Vergata” Pag. 121 Salento Pag. 123 Siena Pag. 133 Torino Pag. 137 Trieste Pag. 145 Pubblicazioni e Brevetti Pag. 151 Strumentazione Pag. 183 Personale Afferente Pag. 195 5 UNITA’ DI RICERCA DI BARI Direttore Scientifico: Prof. Giovanni Natile L’attività scientifica dell’unità di ricerca di Bari ha riguardato le seguenti tematiche: 1. Sintesi e caratterizzazione di nuovi complessi di platino quali potenziali farmaci antitumorali; 2. Aspetti molecolari del meccanismo d’azione di farmaci a base di platino. 1. Sintesi e caratterizzazione di nuovi complessi di platino quali potenziali farmaci antitumorali Un’importante tematica di ricerca nel campo dello sviluppo di nuovi farmaci di platino è rappresentata dall’uso di leganti appositamente selezionati per consentire attività farmacologiche sinergiche. In questo contesto la polichemioterapia a base di platino rappresenta l’opzione primaria per il trattamento del mesotelioma maligno della pleura (MPM). I bisfosfonati (BP), analoghi sintetici del pirofosfato largamente utilizzati nel trattamento di malattie metaboliche delle ossa, mostrano un notevole accumulo in questo tipo di tumore. Allo stesso tempo i bisfosfonati contenenti azoto (n-BP) inibiscono in maniera significativa la proliferazione delle cellule di MPM. Presso l'U.R. di Bari sono stati sintetizzati complessi dinucleari di Pt(II) contenenti n-BP come leganti a ponte ed am(m)ine come leganti terminali (Pt-n-BP), proprio con lo scopo di ottenere farmaci bifunzionali contro il mesotelioma (Figura 1). È stato quindi comparato l’effetto antiproliferativo dei singoli farmaci (complessi di platino e n-BP) con i complessi Pt-n-BP, utilizzando il combination index (CI) quale strumento in grado di chiarire l’effetto sinergico/additivo/antagonista dei due costituenti rispetto ai coniugati. La combinazione dei due farmaci è risultata abbastanza additiva, mentre il Pt-n-BP ha prodotto un effetto antagonista. Inoltre i Pt-n-BP non inibiscono il pathway del mevalonato (come invece fanno gli n-BP) e neppure aumentano l’uptake di platino. I ridotti risultati biologici di questi coniugati potrebbero essere associati ad una bassa ed impropria idrolisi, che rende difficile la scissione dell’addotto nei suoi costituenti attivi. Alla luce di quanto evidenziato è stata quindi pianificata la sintesi di nuovi coniugati Pt-n-BP modificati in modo tale da avere i due blocchi costituenti legati da uno spaziatore facilmente idrolizzabile con lo scopo di ottenere farmaci bifunzionali privi di qualsiasi interazione intramolecolare antagonista. Figura 1 7 Proseguendo nella ricerca di nuovi composti di platino in grado di migliorare le proprietà del cisplatino, l’unità di ricerca di Bari si è anche occupata di composti di platino(IV) quali farmaci antitumorali. Tali composti risultano più inerti delle specie di platino(II) e questo potrebbe permettere anche una loro utilizzazione per via orale. Inoltre i due leganti addizionali possono essere usati sia per rendere queste specie più resistenti agli attacchi di nucleofili biologici rispetto agli omologhi di platino(II) che per ancorare altre molecole in grado di migliorare la specificità per il bersaglio o l’efficacia terapeutica. D’altra parte i composti di platino(IV) sono considerati profarmaci in quanto devono essere ridotti a platino(II) da agenti biologici riducenti per essere attivi. In questo contesto l’U.R. di Bari ha condotto studi miranti a chiarire il meccanismo dell’addizione ossidativa di ioni cloruro al [PtCl2(cis-1,4-DACH)] (DACH = diamminocicloesano) (Fig. 2). Questo complesso contiene una forma isomerica del legante diamminico presente nell’ossaliplatino ed è stato ampiamente studiato quale potenziale nuovo farmaco antitumorale. Tale reazione di ossidazione ha mostrato che, indipendentemente dal solvente utilizzato, una molecola di solvente partecipa alla reazione entrando in posizione trans rispetto al sito di attacco dell’ossidante. In caso di molecole di solvente bifunzionale, come il dimetilsolfossido, sono formate sia le specie S-coordinate che Ocoordinate, con queste ultime favorite termodinamicamente. La sostituzione della molecola di solvente coordinata assialmente con uno ione cloruro libero è parsa più lenta in solventi organici rispetto all’acqua. È stato anche dimostrato che le specie solvatate intermedie possono essere utilizzate per legare in posizione assiale una sola molecola di un altro substrato. Figura 2 2. Aspetti molecolari del meccanismo d’azione di farmaci a base di platino Durante gli ultimi 20 anni l’interesse della comunità scientifica che lavora nell’ambito dei composti antitumorali a base platino si è molto preoccupata di chiarire l’interazione del platino con il DNA, il suo target primario. Al contrario, abbastanza sorprendentemente, le reazioni del farmaci di platino con le proteine hanno ricevuto una scarsa attenzione. Tali interazioni potrebbero giocare un ruolo cruciale nei processi di assorbimento e biodistribuzione dei farmaci di platino così come nella determinazione del loro profilo di tossicità. Le reazioni dei farmaci di platino con le proteine potrebbero inoltre essere coinvolte, direttamente o indirettamente, in molti aspetti del loro generale meccanismo d’azione. Una delle proteine più interessanti da questo punto di vista è l’ubiquitina umana (hUb) coinvolta, attraverso il sistema proteosomico dell’ubiquitina (UPS), nei processi di riparazione o di degradazione di proteine danneggiate, una sorta di sistema di controllo della qualità cellulare. La mancata degradazione di queste proteine danneggiate può portare alla formazione di aggregati tossici e quindi alla morte cellulare. L’U.R. di Bari si è occupata dello studio dell’inibizione dell’attività proteosomica mostrata da alcuni metalli pesanti, in particolar modo rame, zinco e platino, e della disfunzione del sistema UPS causata da complessi di platino che interagiscono con la stessa ubiquitina. In questo contesto molto rilevante è lo studio dei cambiamenti conformazionali, conseguenti all’interazione del metallo con ubiquitina, che possono influenzare i riarrangiamenti polimerici di questa proteina. 8 Le suddette motivazioni hanno portato alla pianificazione ed allo svolgimento di ampi test cristallografici in quanto la cristallografia ai raggi X risulta essere la tecnica di elezione nello studio della formazione di addotti e della geometria di coordinazione di ioni metallici caratterizzati da notevole instabilità cinetica e pluralità di siti di coordinazione (come nel caso dell’interazione con substrati proteici). In questo studio sono stati scelti due ioni metalli, rame e zinco, e due complessi di platino, il cisplatino (cis-[PtCl2(NH3)2]) ed il sale di Zeis (K[PtCl3(η2-C2H4)]·H2O), quest’ultimo scelto per l’effetto trans-labilizzante del legante etilenico in grado di favorire la coordinazione del centro metallico a proteine ed altre macromolecole. Sono state utilizzate differenti tecniche al fine di ottenere cristalli da utilizzare per analisi cristallografiche. In un primo tipo di esperimenti i cristalli di hUB sono stati messi in contatto (soaking) con soluzioni contenenti rame(II) acetato, sale di Zeis e cisplatino. Il sale di Zeis reagisce velocemente con i cristalli di hUb per dare un addotto con tre residui di platino per molecola di proteina (Pt3-hUb). Il rame(II) acetato e il cisplatino, invece, hanno mostrato di non reagire per brevi tempi di contatto (fino ad un’ora) e di causare degradazione dei cristalli di hUb per tempi più lunghi. In un secondo tipo di esperimenti la hUb è stata co-cristallizzata con una soluzione di acetato di rame(II) o di zinco(II) o di cisplatino. L’acetato di zinco(II) porta alla formazione, a bassi rapporti molari metallo-proteina (8:1), di cristalli contenenti uno ione metallico per tre molecole di proteina (Zn-hUb3), mentre ad alti rapporti molari metallo-proteina (70:1) porta alla formazione di cristalli contenenti tre ioni Zn(II) per ogni molecola di proteina (Zn3-hUb). Al contrario, l’acetato di rame(II) ed il cisplatino, anche a bassi rapporti molari metallo-proteina, non producono materiale cristallino (Fig. 3). Durante gli esperimenti di soaking dei cristalli di hUb, l’anione di Zeis porta a simultanea platinazione di His68, Met1 e Lys6. Questi risultati, insieme a quelli ottenuti in passato sulla co-cristallizzazione con Zn(II) ed altri ioni metallici del gruppo 12, hanno permesso di capire meglio le proprietà di coordinazione degli ioni metallici all’hUb con l’His68 che rappresenta il principale sito di ancoraggio, seguita dalla Met1 e dai gruppi carbossilici di Glu16, Glu18, Glu64, Asp21 e Asp32. La Lys6 può anche essere un sito di legame nel caso del platino. La quantità di ione metallico legata per molecola di proteina sembra inoltre essere un importante parametro che influenza l’impacchettamento del cristallo. Figura 3 9 È stato anche dimostrato che le molecole contenenti un atomo di S possono giocare un ruolo importante nell’attività dei farmaci antitumorali di platino. Studi recenti in questo senso sono stati effettuati su complessi di platino con geometria trans. Fra i diversi complessi a geometria trans, il trans-EE (trans-[PtCl2{E-HN=C(OCH3)CH3}2]) aveva suscitato un particolare interesse a causa della sua alta citotossicità rispetto all’isomero cis e per la sua attività nei confronti di cellule tumorali resistenti al cisplatino. Inoltre, il trans-EE si lega al DNA in maniera diversa rispetto al cisplatino, sebbene le velocità di reazione siano simili. È stato possibile dimostrare che la velocità di coordinazione al DNA di un farmaco antitumorale di platino con geometria trans sia notevolmente aumentata in presenza di metionina, ciò suggerendo che il tioetere potrebbe servire da catalizzatore per la platinazione del DNA. L’U.R. di Bari ha condotto uno studio sistematico sulla reazione del trans-EE con metionina (Met) e guanosina-5’-monofosfato (GMP). I risultati ottenuti mostrano come nella reazione del trans-EE con la metionina sia il bis addotto la specie dominante nei primi stadi della reazione e come la reazione sia influenzata dalla concentrazione dei cloruri (a basse concentrazioni di NaCl l’addotto bis-metionina si forma in prevalenza, mentre il monoaddotto si forma ad alte concentrazioni di NaCl). Questi risultati suggeriscono che possono essere formati differenti prodotti di reazione a seconda che ci si trovi nell’ambiente extra- o intra-cellulare. Non solo il complesso monometioninico, trans-[PtCl{E-HN=C(OCH3)CH3}2(AcMet)], ma anche l’addotto bis-metioninico, , trans-[Pt{E-HN=C(OCH3)CH3}2(AcMet)2], può reagire con il GMP per formare il complesso di platino ternario trans-[Pt{E-HN=C(OCH3)CH3}2(AcMet)(GMP)] (Fig. 4). Quest’ultima reazione permette la diretta coordinazione al DNA di un addotto platino-proteina in cui i due leganti carrier rimangono inalterati; questa opportunità non c’è nel caso di complessi di platino a geometria cis, come il cisplatino, per i quali la formazione di un complesso ternario è accompagnata dalla perdita di almeno un legante carrier. Riveste particolare interesse, inoltre, il fatto che l’isomerizzazione dalla coordinazione in S a quella in N di una metionina ha luogo nel complesso bis-metioninico a pH neutro, mentre il monoaddotto risulta stabile. Questo passaggio di coordinazione da S a N di una metionina nell’addotto trans-bis-metionina può giustificare l’ottenimento dell’isomero cis nel prodotto finale bis-chelato [Pt(Met-S,N)2]. Figura 4 L'interazione complesso di platino-DNA, che produce soprattutto legami covalenti crociati fra basi guaniniche adiacenti seguiti dal piegamento della doppia elica del DNA, è universalmente riconosciuta come fondamentale nel meccanismo d'azione del cisplatino e degli altri farmaci antitumorali di platino. A causa della sua natura chirale, il DNA potrebbe interagire in modo differente con i complessi di platino contenenti leganti amminici enantiomerici. Sono stati fatti quindi diversi tentativi per trovare le relazioni esistenti fra la configurazione di questi leganti e le modificazioni strutturali indotte da questi composti per coordinazione al DNA e/o ai processi cellulari che ne derivano. Per questo motivo l'U.R. di Bari è da tempo impegnata nello studio della stereochimica degli addotti formati da complessi di Pt con DNA o con molecole che lo possano mimare (ad esempio nucleot(s)idi e polinucleotidi). Per meglio comprendere i fattori che influenzano la stereochimica degli addotti Pt-DNA, l’U.R. di Bari ha intrapreso lo studio di composti di tipo cis-PtA2G*2, nei quali A2 è un legante amminico bidentato con ingombro sterico vicino al sito di coordinazione e G* è un derivato guaninico legato al platino via 10 N7. In questi modelli la rotazione intorno ai legami Pt-N7 è lenta sulla scala dei tempi NMR e pertanto può essere messa in evidenza la presenza di differenti rotameri. Lo studio di detti complessi ha permesso di analizzare le diverse interazioni che sono coinvolte nella stabilizzazione di addotti di cisplatino con mono e polinucleotidi e che possono influenzare il comportamento dinamico di tali addotti. Ultimamente lo studio è stato esteso all’anello macrociclico a 17 membri Pt(d(G*pG*)) che si forma nella coordinazione del cisplatino al DNA (Fig. 5) ed in particolar modo a come leganti con elevato ingombro sterico possono influenzare la struttura del macrociclo e il numero e la distribuzione dei vari conformeri di questo anello. In generale, l’anello favorisce la conformazione HH1 (HH indica le basi guaniniche-testa-a-testa, 1 indica la normale direzione di propagazione dello scheletro, Fig. 6). Gli analoghi del cisplatino con gruppi NH del legante carrier sostituiti da gruppi N-alchilici fortemente ingombranti sono più tossici, meno attivi e formano addotti meno dinamici del cisplatino stesso. In questo contesto abbiamo utilizzato come composto modello il Me4DABPt(d(G*pG*)) (Me4DAB = N,N,N’,N’-tetrametil-2,3-diamminobutano con configurazioni S,S o R,R degli atomi di carbonio dell’anello chelato). Diversamente da addotti con singoli basi guaniniche testati in passato per i quali non si evidenziava la presenza di conformeri HH, gli addotti Me4DABPt(d(G*pG*)) formano il conformero HH1, dimostrando che lo scheletro zucchero-fosfato può imporre una tale costrizione da superare l’effetto sterico di sostituenti alchilici. Il conformero HH1 non esibisce canting significativo. L’addotto (S,S)- Me4DABPt(d(G*pG*)) ha la minor quantità del conformero “normale” HH1 e la maggior quantità del conformero ΔHT1 (ΔHT1 = basi guaniniche-testa-a-coda con chiralità Δ) mai visto in precedenza (88% in certe condizioni). Questi risultanti pertanto portano ad ipotizzare che la bassa attività e l’alta tossicità degli analoghi del cisplatino con leganti carrier con gruppi N-alchilici derivano dalla bassa abbondanza e dal canting minimo del conformero HH1 e possibilmente dagli effetti contrari del conformero ΔHT1 particolarmente abbondante. Figura 5 Figura 6 11 Le distorsioni dei legami crociati (G*G*) e dell’appaiamento delle basi adiacenti XG*, conseguenti alla coordinazione dei farmaci antitumorali di platino al DNA e responsabili dell’attività antitumorale, dipendono dalle caratteristiche della doppia elica (per esempio l’appaiamento delle basi nel doppio filamento) e dalla posizione e canting delle basi guaniniche impegnate nel legame crociato. La struttura del duplex stabilizza le basi G* con l’orientazione HH piuttosto che HT e con canting R piuttosto che L. Allo scopo di reperire ulteriori informazioni circa le caratteristiche di tali effetti nel doppio filamento, l’U.R. di Bari ha condotto studi sugli addotti (S,R,R,S)-BipPt(oligo) (Bip = 2,2’-bipiperidina con centri chirali S,R,R,S agli atomi N,C,C,N dell’anello chelato e oligo = d(G*pG*) con sostituenti in posizione 3’ e 5’). Il legante moderatamente ingombrante (S,R,R,S)-Bip favorisce il canting L e rallenta la rotazione intorno ai legami Pt-G*. I modelli (S,R,R,S)-BipPt(oligo) permettono di ottenere dati più utili rispetto a quelli ottenuti da modelli dinamici derivati da farmaci di platino attivi. Tutti i sostituenti in posizione 5’ negli addotti (S,R,R,S)-BipPt(oligo) favoriscono il conformero HH normale (~97%) destabilizzando il conformero HT attraverso urti con il residuo 3’-G* piuttosto che attraverso la formazione di legami ad idrogeno con il legante carrier nel conformero HH. Per tutti questi addotti il pucker S del residuo 5’-X è mantenuto ed un sostituente in posizione 5’ apporta solo effetti modesti sul grado di canting L del conformero HH. Questo piccolo effetto del sostituente in posizione 5’ sul conformero HH con canting L è in contrasto con la notevole riduzione del grado di canting R che è stata osservata in precedenti studi in analoghi conformeri (R,S,S,R)-BipPt(oligo) con canting R. I dati ottenuti vanno a supporto dell’ipotesi che la particolare distorsione della coppia di basi XG* (cambiamento di pucker da S a N e movimento del residuo X) è fondamentale per conservare il normale stacking e l’accoppiamento tra basi e per prevenire forti interazioni steriche. 12 UNITA’ DI RICERCA DI BOLOGNA Direttore Scientifico: Prof. Norberto Roveri Attività di Ricerca svolta nell’ambito della tematica Biocristallografia e Biomineralizzazione Le attività di ricerca nel 2011 sono raggruppate nei seguenti temi di ricerca inclusi nell’ ambito dello studio del ruolo dei metalli in sistemi biologici di interesse biomedicale, ambientale e tecnologico: a) Interesse biomedicale 1) Processi di formazione di idrogeli e loro utilizzo per la crescita di carbonati di calcio e trasporto di metalli 2) Studio dei processi di biomineralizzazione 3) Sintesi, caratterizzazione chimico-fisica e funzionalizzazione di idrossiapatiti biomimetiche per applicazioni biomedicali 4) Preparazione per via elettrochimica di coating nanostrutturati biomimetici su protesi metalliche 5) Sintesi e caratterizzazione chimico-fisica di nanoparticelle di selenio cappate con floroglucinolo b) Interesse ambientale 1) Materiali nanodimensionati: effetto dei metalli in essi contenuti nei confronti dei sistemi biologici 2) Meccanismo della tossicità delle nanofibre di amianto sintetico contenente ferro c) Interesse tecnologico 1) Sistemi nanostrutturati inorganici e polimerici in grado di esibire particolari capacità di conduzione elettrica 2) Nuova sintesi di biossido di titanio ad elevata azione fotocatalitica 3) Nuova sintesi di microparticelle bifasiche attivate superficialmente da biossido di titanio a) Interesse biomedicale 1) Processi di formazione di idrogeli e loro utilizzo per la crescita di carbonati di calcio e trasporto di metalli La precipitazione di carbonato di calcio in diversi ambienti gelificanti di carragenano è stata condotta mediante rapida miscelazione di cloruro di calcio e di carbonato di sodio. La concentrazione di carragenano ed il meccanismo di gelificazione, controllato dall’aggiunta di diversi cationi, di calcio o di sodio, sono stati variati in modo da chiarire il meccanismo e la dinamica di formazione della fase solida in sistemi di precipitazione molto sovrasaturi, in cui era possibile la formazione iniziale dei tre polimorfi del carbonato di calcio e carbonato di calcio amorfo. Le analisi dei campioni hanno mostrato che la calcite è stata l'unica fase solida Fig. 1 Immagini al microscopio elettronico a ottenuta in tutta la gamma studiata di scansione (SEM) di cristalli di calcite ottenuti in concentrazione di carragenano. A basse gel di carragenano a diversi tempi di reazione. concentrazioni di carragenano sono stati osservati gli aggregati di calcite mentre, a concentrazioni più elevate, sono stati trovati cristalli romboedrici con distribuzione uniforme delle dimensioni. Sulla superficie delle particelle di calcite precipitata a basse concentrazioni di gel sono state osservate impronte sferiche, tali da indicare la precipitazione iniziale e contemporanea di calcite 13 stabile e fasi metastabili di carbonato di calcio, vaterite e carbonato di calcio amorfo. Esperimenti di precipitazione nei mezzi gelificanti con basse concentrazioni di carragenano in diversi tempi hanno confermato tale assunto e mostrato un meccanismo mediato di trasformazione di vaterite metastabile in stretto contatto con i cristalli di calcite (Fig. 1). L’unità di ricerca ha anche continuato la ricerca per lo svilluppo di nuove superfici con capacità nucleanti per le macromolecole biologiche. Si è dimostrato come l’effetto delle superfici sia preponderante in condizioni di basse sovrassaturazioni, mentre per valori elevati le superfici non non hanno effetto e la crescita dei cristalli avviene mediante un meccanismo di nucleazione omogenea. Nello studio sugli idrogeli è stata predisposta una piccola libreria di pseudopeptidi stereoisomerici in grado di gelificare in solventi acquosi ed è stata valutata la loro attitudine a formare gel in presenza di diversi ioni di metalli. Sono stati sintetizzati in soluzione quattro esteri benzilici e quattro acidi carbossilici, tutti contenenti come spaziatore un residuo di acido azelaico (acido dicarbossilico a Fig. 2 - Immagini SEM di xerogels formati lunga catena). La tendenza di questi pseudopeptidi dagli idrogeli della molecola 2a in assenza di ioni metallici (2a), in presenza di Cu (II) a formare gel è stata valutata utilizzando il test di (2a_Cu (II)), in presenza di Zn (II) (2a_Zn) o in inversione in presenza e in assenza di ioni presenza di Al (III) (2a_Al). La freccia (2a_Al) metallici. I corrispondenti xerogels sono stati indica un cristallino aggregato costituito da un ulteriormente analizzati utilizzando SEM (Fig. 2) e sale di alluminio. XRD. La formazione di gel contenente Zn (II) o Cu (II) ioni ha dato buoni risultati in termine di incorporazione degli ioni metallici, mentre la presenza di Cu (I), Al (III) e Mg (II) ha dato risultati meno soddisfacenti. Ulteriori studi sono in atto, utilizzando derivati di metalli di interesse farmacologico. 2) Studio dei processi di biomineralizzazione. Queste ricerche sono state svolte in collaborazione con gruppi dell’Università di Bologna e di vari istituti di ricerca nazionali ed esteri. La biomineralizzazione riguarda lo studio dei processi mediante i quali gli organismi depositano una fase minerale. In questi processi una matrice organica, formata da polisaccaridi e proteine acide, esercita la funzione di controllo. Tra gli oltre 70 minerali depositati dagli organismi, i più diffusi sono il carbonato e il fosfato di calcio, rispettivamente negli invertebrati e nei vertebrati. Nell’anno oggetto della relazione sono stati studiati sistemi sia in vivo sia in vitro e le conoscenze ottenute da questi studi hanno permesso il design e la sintesi di substrati innovativi per la cristallizzazione di bio-minerali e macromolecole biologiche. Gli scheletri dei coralli delle scleractinie sono costituiti principalmente di carbonato di calcio nella forma di aragonite. La deposizione minerale avviene in un ambiente biologico confinato, ma è ancora un tema di discussione in che misura la calcificazione avvenga sotto controllo biologico o ambientale. 14 Fig. 3 Corallo di Balanophyllia europaea La forma, le dimensioni e l'organizzazione di cristalli scheletrici, dal livello cellulare fino all'architettura della colonia, sono stati attribuiti a diversi fattori, come i livelli di sovrasaturazione minerale ed una mediazione della matrice organica (OM). Lo scheletro contiene una OM intrascheletrica, di cui solo la componente solubile in acqua è stata fino ad oggi chimicamente e fisicamente caratterizzata. In questo anno la OM complessiva dallo scheletro della Balanophyllia europaea, un corallo solitario endemico del Mar Mediterraneo, è stata studiata in vitro con l'obiettivo di comprendere il suo ruolo nella mineralizzazione del carbonato di calcio. La mineralizzazione di carbonato di calcio è stata condotta da esperimenti di “overgrowth” su scheletro di corallo e da soluzioni di cloruro di calcio contenenti diversi rapporti di OM (solubile e insolubile) e di ioni magnesio. I risultati hanno mostrato che entrambe le componenti della OM influenzano la precipitazione di carbonato di calcio e che l'effetto è potenziato dalla loro co-presenza. Il ruolo degli ioni magnesio è influenzato anche dalla presenza delle componenti della OM. Quindi, in vitro, la OM influenza morfologia, aggregazione e polimorfismo del carbonato di calcio come funzione della sua composizione e del contenuto di ioni di magnesio nelle soluzioni di precipitazione. Questa ricerca, sebbene non abbia risolto la controversia tra il controllo ambientale o biologico sulla deposizione di carbonato di calcio in coralli, ha evidenziato il ruolo della OM, che appare mediata dalla presenza di ioni magnesio. In questo anno di ricerca, in un ulteriore progetto sulla biomineralizzazione, la regione lamellare dell’osso di seppia (Sepia officinalis) è stata utilizzata come matrice per la deposizione organizzata di cristalli di fosfato di calcio, in condizioni ambientali mediante una rapida procedura che coinvolge un intermedio di carbonato di calcio amorfo, per finire con una conversione al fosfato di calcio con una procedura di fissazione. Tale procedura quindi consente una conversione diretta del carbonato calcio biogenico in fosfati di calcio in condizioni ambiente in una scala dei tempi di poche ore. 3) Sintesi, caratterizzazione chimico-fisica e funzionalizzazione di idrossiapatiti biomimetiche per applicazioni biomedicali Nanocristalli di idrossiapatite biomimetica per composizione, struttura, morfologia, area superficiale e bioreattività sono stati sintetizzati e riaggregati in clusters micrometrici per essere utilizzati in applicazioni odontoiatriche e nella chirurgia maxillofacciale. I microcristalli nanostrutturati di apatite biomimetica hanno messo in evidenza la capacità di rimineralizzare in condizioni fisiologiche le aree superficiali demineralizzate di smalto e dentina, il cui meccanismo di demineralizzazione è mostrato nella figura sottostante. 15 La capacità dell’idrossiapatite biomimetica nanostrutturata di legarsi chimicamente all’ idrossiapatite naturale dello smalto e della dentina ha permesso una importante innovazione in ambito dell’ “oral care” sostituendosi all’utilizzo dei fluoruri nei prodotti per l’igiene orale preposti a processi riparativi mineralizzanti. I fluoruri infatti hanno la capacità di promuovere la formazione di fasi apatitiche fluorurate in presenza di fosfati nell’ambiente orale. Tuttavia essi possono indurre fluorosi dentale e fluorosi ossea se l’assunzione di fluoro supera 0.1mg F-/Kg/day in bambini di età compresa tra 1-8anni (EFSA). Al fine di utilizzare come principio attivo nel processo di rimineralizzazione dello smalto e della dentina un’ idrossiapatite biomimetica per composizione, struttura e morfologia, è stata brevettata la sintesi di nanocristalli a morfologia planare di idrossiapatite sostituita da ioni carbonato, fluoruro, zinco, magnesio e stronzio in quantità corrispondenti alla loro presenza nelle apatiti biologiche. In questo modo la quantità di fluoro nel principio attivo corrisponde a quella fisiologicamente presente nello smalto dentale e non comporta controindicazioni nell’assunzione. Lo zinco svolge un’attività di stimolazione della crescita ossea, oltre a quella antisettica e antibatterica, e lo stronzio esplica una forte azione cariostatica. Al fine di proteggere ulteriormente lo smalto e la dentina esposta nell’ambiente orale dall’azione demineralizzante ed infettiva della placca batterica, il principio attivo costituito di idrossiapatite biomimetica è stato funzionalizzato superficialmente con lattoferrina, una proteina presente principalmente nel latte materno preposta ad una azione immunologica, antinfiammatoria , antibatterica, antiossidante e anticancerogena. La presenza di lattoferrina in prodotti per l’oral care è importante non solo per la superficie dentale, ma anche per le mucose gengivali ed orali in genere.[1 La lattoferrina, di cui è nota la forte attività antiossidante e antiradicalica, ha una grande affinità con il ferro in quanto è in grado di trattenerlo in un largo intervallo di pH. Grazie alla sua affinità per il ferro trivalente (Fe3+), espleta un’attività antimicrobica nei confronti sia dei batteri che dei funghi. Tale attività è correlata a due meccanismi: sequestro del ferro nei siti di infezione e interazione diretta con l’agente infettivo. I meccanismi d’interazione tra lattoferrina e idrossiapatite sono di elevato interesse scientifico ai fini applicativi in campo biotecnologico in conseguenza delle proprietà della lattoferrina e delle specifiche caratteristiche chimico-fisiche dell’idrossiapatite, che è un materiale biocompatibile, bioriassorbibile e rappresenta la fase inorganica del tessuto osseo. L’idrossiapatite sintetica biomimetica, ovvero che mima l’idrossiapatite biologica per composizione, struttura, morfologia e bioreattività superficiale, rappresenta un materiale inorganico ideale per assorbire superficialmente molecole biologicamente attive, come la lattoferrina, e rilasciarle con una cinetica che può essere modulata attraverso specifiche modifiche delle proprietà chimico fisiche dell’apatite sintetizzata. E’ stata sintetizzata idrossiapatite nanometrica con caratteristiche chimico-fisiche (dimensioni, grado di cristallinità, morfologia, area superficiale) del tutto simili a quella biologica presente nel tessuto osseo e si è caratterizzata l’interazione tra la lattoferrina e l’idrossiapatite sintetizzata, valutando l’assorbimento della proteina sulla superficie inorganica in funzione del diverso pH. Il valore di pH risulta responsabile di una sostanziale differenza nella quantità di lattoferrina adsorbita che sembra formare un monostrato superficiale a pH fisiologico e un doppio strato per pH basici. Questo risultato è stato confermato sia sperimentalmente attraverso indagini di tipo termogravimetrico sui diversi coniugati idrossiapatite-lattoferrina dopo lavaggio, sia teoricamente mediante l’uso dei modelli di Langmuir e Freundlich per fittare le isoterme di assorbimento della lattoferrina su idrossiapatite. Sono state valutate le eventuali modificazioni conformazionali della proteina adsorbita sui nanocristalli di idrossiapatite attraverso un’ indagine FTIR e Raman. Le indagini spettroscopiche e termogravimetriche non hanno rivelato alcuna modifica apprezzabile della struttura secondaria della lattoferrina assorbita sull’idrossiapatite, mettendo in evidenza le notevoli applicazioni in ambito biotecnologico del coniugato idrossiapatite-lattoferrina12,13. Appaiono immediate le applicazioni in ambito ortopedico ed odontoiatrico, attraverso la preparazione di impianti protesici ricoperti superficialmente da un substrato inorganico di idrossiapatite funzionalizzata superficialmente con lattoferrina. L’uso di un ibrido costituito da microclusters di idrossiapatite nanostrutturata attivata superficialmente da molecole di lattoferrina è 16 stato sintetizzato come principio attivo da utilizzare in paste dentifricie e collutori in grado di rimineralizzare lo smalto dentale, chiudere i tuboli dentinali responsabili dell’ipersensibilità dentinale e contrastare la formazione della placca batterica contrastando l’insorgere della carie. Sebbene le applicazioni in ambito biomedicale sembrino le più scontate, dobbiamo anche considerare come le potenzialità dell’ibrido idrossiapatite-lattoferrina possano essere ancor più innovative ed esclusive in applicazioni tecnologiche in cui all’interfaccia materiale-sistema biologico si sostituisca l’interfaccia materiale-alimento. L’ibrido idrossiapatite–lattoferrina potrà quindi essere depositato superficialmente sui films polimerici sia biocompatibili che inerti normalmente utilizzati per l’ imballaggio a contatto con gli alimenti rendendoli funzionalizzati per una azione antisettica, antibatterica ed antiossidante nei confronti dell’alimento con cui sono messi a contatto. 4) Preparazione per via elettrochimica di coating nanostrutturati biomimetici su protesi metalliche Attualmente il titanio e le sue leghe rappresentano il più utilizzato materiale da impianto in quanto non comporta reazioni di rigetto da parte dell’organismo, ma soprattutto perché presenta una porosità superficiale analoga a quella dei tessuti umani e risulta essere fisiologicamente inerte. Per questo motivo la lega Ti6Al4V viene utilizzata nelle componenti protesiche dell’anca e nelle viti degli impianti dentali. Il rivestimento superficiale della protesi con un coating biomimetico ha il vantaggio di avere la superficie a contatto con il tessuto osseo bioattiva, migliorando notevolmente la compatibilità della protesi con il tessuto biologico circostante. La preparazione di coating di idrossiapatite biomimetica nanostrutturata su superfici di Ti è stata realizzata per via elettrochimica (ELD) all’interno di una cella a tre colli (Fig. 1A). Il sistema è stato collegato secondo lo schema riportato in Fig. 1B e viene utilizzato un elettrodo di lavoro in titanio ed un controelettrodo in platino immersi in una soluzione contenente una soluzione elettrolitica composta da NH4H2PO4 (25 mM) e Ca(NO3)2 (42 mM). B A Elettrodo di Riferimento (Anodo) Galvanometro Elettrodo di Lavoro (Catodo) Cella Fig 1A: Immagine della cella a tre colli utilizzata per la reazione di ELD Fig 1B: Rappresentazione schematica del sistema utilizzato nel corso della reazione Si ottiene sul catodo di Ti un coating superficiale di idrossiapatite di spessore variabile in funzione della durata della reazione di deposizione assistita, della corrente applicata e della concentrazione delle soluzioni utilizzate. Nella seguente Fig. 2 è possibile osservare le immagini SEM relative a due differenti ingrandimenti dell’impianto in titanio ricoperto da un coating omogeneo di idrossiapatite. 17 A B Fig. 2: due differenti ingrandimenti della superficie dell’impianto, dopo la ricopertura con l’idrossiapatite Arbitrary Intensity In Fig. 3 sono riportati i diffrattogrammi di raggi X di un campione di apatite ossea (grafico blu) ed il diffrattogramma ottenuto dall’idrossiapatite depositata sul titanio per via elettrolitica (in rosso). I due diffrattogrammi sono molto simili e differiscono fortemente da quello dell’idrossiapatite cristallina non biomimetica (in verde). 20 25 30 35 Position [°2Theta] Fig. 3: DRX di idrossiapatite con alto grado di cristallinità (verde), idrossiapatite ossea (blu) e idrossiapatite elettrodeposta (rosso). Questo dimostra che la fase minerale ottenuta per via elettrolitica e depositata sul titanio è del tutto simile, per caratteristiche strutturali, a quella presente nelle ossa con cui verrà a contatto una volta impiantata in vivo, e per questo motivo si è verificato che l’applicazione di questo coating migliori le proprietà biomimetiche delle protesi metalliche. La deposizione di un coating costituito da idrossiapatite nanometrica biomimetica funzionalizzata superficialmente con lattoferrina è stata ottenuta su substrati conduttori e non, per elettrodeposizione da soluzioni elettrolitiche contenenti opportune concentrazioni di ioni fosfato, calcio e lattoferrina. L’ottimizzazione del coating apatite-lattoferrina è stata ottenuta usando elettrodeposizioni successive oppure pulsate. Si è inoltre messa a punto la preparazione mediante processo elettrochimico di un innovativo coating a base di collagene ricostituito e funzionalizzato superficialmente con lattoferrina. Il collagene è la più importante proteina fibrosa della matrice extracellulare e del tessuto connettivo nell’organismo animale; si organizza in fibrille di diametro nanometrico a loro volta organizzate in fasci micrometrici e successivamente milli-metrici. Questo nuovo coniugato collageno-lattoferrina, data la sua natura proteica, si presta ad essere utilizzato in un’ampia gamma di applicazioni 18 biomedicali che richiedono, non solo assenza di tossicità, ma anche biocompatibilità e bioattività. Mediante la tecnica dell’elettrodeposizione è possibile realizzare “coating” di opportuno spessore e diversa composizione, che possono venir depositati su superfici polimeriche e metalliche. In questo modo si possono conferire alle comuni matrici da imballaggio specifiche proprietà antiossidanti, antisettiche e antiradicaliche, ricoprendole superficialmente con questo coating biomimetico e biocompatibile. La realizzazione del coating attraverso il processo elettrochimico determina la formazione di fibrille di collagene nanometriche, aventi struttura e morfologia del tutto simili alle fibrille di collagene naturale che mostrano la tipica bandeggiatura della proteina nativa mettendone in evidenza il biomimetismo strutturale e morfologico. Mediante la nanostrutturazione superficiale, il film d’imballaggio entra in contatto molto stretto con la superficie dell’alimento trasmettendo in modo più efficace l’azione antibatterica, antisettica e antiossidante della lattoferrina. Il risultato di questo processo è la realizzazione di un materiale innovativo, biodegradabile e con buone proprietà meccaniche, caratteristiche che lo rendono idoneo ad applicazioni tecnologiche come la funzionalizzazione superficiale del packaging per uso alimentare. Inoltre, essendo questo coating composto da polimeri naturali, risulta biodegradabile e altamente decomponibile, tanto da poter essere smaltito direttamente nell’ambiente oppure tramite compostaggio. 5) Sintesi e caratterizzazione chimico-fisica di nanoparticelle di selenio (Se) cappate con floroglucinolo Il floroglucinolo è una molecola presente in molti composti flavonoidi ampiamente presenti nei vegetali e risulta essere un naturale citoprotettivo contro lo stress ossidativo. In questo lavoro il floroglucinolo è stato utilizzato per sintetizzare con un metodo “green”, senza alcun solvente organico, nanoparticelle di selenio protette in superfice da floroglucinolo. Infatti il floroglucinolo, oltre ad essere un buon cappante, è capace anche di ridurre gli ioni Se e formare nanoparticelle di Se. Le proprietà antiossidanti e citoprotettive di floroglucinolo potrebbero produrre sinergie con gli specifici effetti anticancerogeni delle nanoparticelle di Se. Il floroglucinolo presenta un’alta reattività grazie ai suoi tre gruppi ossidrilici disposti in posizioni alternate lungo un anello benzenico. Il floroglucinolo agisce come agente riducente di un acido selenioso secondo un percorso complesso che passa probabilmente attraverso un selenuro intermedio organico. Questo intermedio si forma attraverso una reazione di sostituzione elettrofila che coinvolge l'acido selenioso, come specie elettrofila, e floroglucinolo come donatore di elettroni. Le molecole di floroglucinolo sulla superficie delle nano particelle di Se sono probabilmente collegate tra loro tramite ponti di atomi di ossigeno, come si evince confrontando gli spettri FT-IR in figura 1 (e) e (a). Fig. 1 Spettri di assorbimento FTIR di a) nano particelle di Se cappate con floruglucinolo, b) conservate per 1 settimana, c) conservate per 2 mesi, d) dopo trattamento termico a 285° C per 10 min., e) floroglucinolo cristallino in polvere. 19 La bassa cristallinità dell’assemblaggio delle molecole di floroglucinolo sulla superficie delle nanoparticelle di Se può essere interrotta ed in parte rimossa attraverso un processo esotermico a circa 285 °C (Fig. 2). Fig. 2. Profilo di diffrazione ai raggi X a) prima del trattamento termico a 285° C per 10 min e b) dopo il tratta il trattamento termico. L'impoverimento del rivestimento superficiale protettivo di floroglucinolo fa sì che le nanoparticelle di selenio si aggreghino in cluster micrometrici (Fig. 3) che risultano morfologicamente molto simili a quelli osservati quando le nanoparticelle sono disperse in acqua (Fig. 4). Fig. 3 Fig. 4 In etanolo, le nanoparticelle amorfe di Se cappate con floroglucinolo (2-3 nm di diametro) appaiono omogeneamente distribuite (Fig. 5). Fig. 5 20 Con questo nuovo metodo di sintesi, in condizioni blande ed in assenza di solventi organici, è stato possibile ottenere nanoparticelle di Se stabili in etanolo con la possibilità di utilizzarle in campo biomedico, sfruttando la sinergica azione antiossidante del floroglucinolo e anticarcenogeniche delle nano particelle di Se. b) Interesse ambientale 1) Materiali nanodimensionati: effetto dei metalli in essi contenuti nei confronti dei sistemi biologici Come ampiamente documentato dalla letteratura, la presenza di impurità, sostituzioni ioniche e disordini strutturali in minerali contenenti Si, costituiti quasi esclusivamente da silice e silicati, non solo modificano la morfologia e le proprietà chimico fisiche del materiale, ma anche la loro reattività nei confronti dei sistemi biologici. Nello studio del rischio per la salute umana di composti nanometrici a base di silicio, di provenienza sia naturale che industriale, fondamentale è l'individuazione del meccanismo chimico di interazione della fase inorganica con il sistema biologico, per valutarne la tossicità. Tra i silicati, gli asbesti presentano un elevato impatto ambientale, modo particolare gli anfiboli. La capacità degli asbesti di produrre ROS è legata alle loro caratteristiche chimico-fisiche e morfologiche. Infatti, sono proprio le loro proprietà chimico-fisiche a condizionare la solubilità, biodurabilità e biopersistenza delle fibre. Un risultato originale, e di notevole importanza per gli studi futuri, è stata la sintesi di cristalli di crisotilo geoinspired contenenti quantità controllate di ferro. Dall’analisi di campioni con concentrazioni crescenti di Fe mediante spettroscopia (FTIR) combinata con studi strutturali (DRX) e morfologici (SEM-TEM) è stato verificato il ruolo svolto dalla presenza di Fe3+ nel modificare non solo superficialmente le fibre, ma anche la morfologia e la struttura cristallina attraverso una sostituzione del Fe sia nel sito ottaedrico che quello tetraedrico. Le valutazioni genotossica e citotossica effettuate sul crisotilo geoinspired Fe-sostituito hanno messo in evidenza che la produzione di specie reattive dell'ossigeno e di altri radicali è potenziato quando ioni Fe sostituiscono specifici siti cristallografici nel crisotilo. Per meglio studiare l’effetto della sostituzione del Fe nel crisotilo sintetico e dunque le modificazioni strutturali, la composizione superficiale, la distribuzione della carica e la reattività dei nano cristalli, sono state studiate le modificazioni strutturali indotte sull’albumina in seguito all’interazione con il crisotilo sintetico stechiometrico drogato col Fe. L’indagine è stata eseguita sulla base dei risultati ottenuti mediante l’utilizzo dell’FTIR, della TGA/DSC e della pirolisi analitica (2). Lo studio dello spettro FTIR nella regione dell’ammide I (1700-1600) ha permesso di valutare le variazioni della struttura secondaria quando la BSA (Bovine Serum Albumine) nativa (fig. 1a) viene fatta interagire con il crisotilo stechiometrico (Fig. 1b) e con il crisotilo sintetico drogato con il Fe in quantità crescente (0,52% di Fe (Fig 1 c) e 1,87% di Fe (Fig 1 d)) 21 Fig. 1 La tabella I riporta i risultati ottenuti integrando i fitting delle curve della derivata seconda della Fig. 1. Dalla tabella si può notare come i beta sheet diminuiscono drasticamente in seguito alla formazione dell’addotto con la fase inorganica, specialmente all’aumentare del Fe contenuto nei cristalli, mentre i beta turns aumentano. α-Helix β-Sheet Random β-Turn (%) (%) (%) (%) Sample BSA powder lyophilized 38±2 44±1 3±1 15±1 37±2 11±1 4±1 48±2 18±2 7±2 17±3 58±2 31±2 4±1 14±3 51±2 Stoichiometric BSAChrysotile adducts BSA-Fe (0.52 wt %) Chrysotile adducts BSA-Fe (1.87 wt %) Chrysotile adducts I dati TGA mettono in evidenza come la proteina percentualmente diminuisce sulla superficie della fase inorganica all’aumentare del Fe; al contrario, la proteina risulta essere più legata alla superficie del crisotilo all’aumentare del Fe (Fig. 2). 22 Figura 2 E’ stato condotto uno studio preliminare utilizzando la pirolisi analitica che ha fornito ulteriori informazioni circa la variazione della struttura della BSA in seguito all’interazione con il crisotilo di sintesi. Innanzitutto si è studiata la formazione di dichetopiperazine (DKPs) come specificità della ciclizzazione di specifici aminoacidi dovuti alla reazione di pirolisi e la Fig. 3 mostra la percentuale di formazione di DKPs nei diversi casi. Yields % DKPs 1.6 1.4 1.2 Figura 3 Yield % 1 Fe 0 Fe 0.52% Fe 1.8% % BSA 0.8 0.6 0.4 0.2 0 Cy clo Py r-P yr clo Cy PA 1 clo Cy PA 2 Cy clo PG clo Cy G L clo Cy PV 1 clo Cy ) ) ) 2 L1 L2 PP PI1 PI2 PL1 PL2 FA1 FA2 M1 M2 VP1 VP2 FL2 FL1 PF1 PF2 PE (1 (2 (2 PV o L o L P P lo clo lo K K K o o clo clo cl cl Cyc clo clo yclo clo clo yclo yclo lo P lo P lo P Cyc clo ycl clo ycl Cy Cy Cy c c c Cy Cy Cy Cy C Cy C C C C Cy Cy Cy Cy Cy Cy La formazione delle DKPs durante la pirolisi coinvolgono sempre coppie di amminoacidi contigui nella sequenza proteica; ciò significa che le DKPs sono idonee a fornire puntuali informazioni sulla struttura primaria. Gli amminoacidi che risultano più legati allo strato brucitico del crisotilo si suppone essere polari e per questo sono state monitorate le lisine e gli acidi glutammici. Particolare attenzione è stata posta anche alla frammentazione della catena laterale della proteina che produce tirosine e triptofani che possono essere coinvolti nell’interazione con la superficie del crisotilo. Questa strategia ci ha permesso di identificare tutte le DKPs derivanti sia da amminoacidi polari (Fig. 4) che aromatici (Fig. 5). 23 Figura 4 Figura 5 2) Meccanismo della tossicità delle nanofibre di amianto sintetico contenente ferro In questi ultimi anni è stato condotto uno studio multidisciplinare per comprendere, a livello molecolare, il meccanismo di tossicità del ferro contenuto nella struttura dell’asbesto. I risultati raggiunti sono stati possibili solo grazie alla disponibilità sia di crisotilo sintetico stechiometrico sia dello stesso drogato con ferro, entrambi ottenuti mediante sintesi idrotermica presso i nostri laboratori. Allo scopo di studiare la relazione tra fibre di asbesto che inducono la formazione di radicali liberi e le caratteristiche chimico-fisiche del ferro nei vari siti attivi, sono state sintetizzate nanofibre di crisotilo con contenuto di ferro tra 0 e 1,78 % di ferro. Questi campioni sono stati analizzati tramite tecniche di spin-trapping su campioni in sospensione e tramite tecniche EPR e Mossbauer su campioni solidi. Inaspettatamente abbiamo osservato che i campioni con più alto contenuto di ferro mostravano un’ attività radicalica ridotta rispetto ai campioni con minore contenuto di ferro Fig.1 24 Fig. 1A: radicali OH- rilasciati da una sospensione di fibre di crisotilo “geo-ispired” in presenza del reagente di spin trapping (DMPO) e di perossido di idrogeno. A) rappresentano spettri di EPR dell’addotto [DMPO-OH]. in presenza di crisotilo stechiometrio (a) e crisotilo drogato con Fe Fig. 1B: aree integrate dei segnali EPR in funzione del ferro presente nei vari campioni a) 0, b) 0.67, c) 0.81, d) 1.67, e) 1.78% Il Mossbauer e l’EPR hanno mostrato la presenza di ioni ferro isolati nei siti ottaedrici che provocavano una distorsione sia assiale che rombica soprattutto nei campioni a più basso tenore di ferro, mentre all’aumentare del ferro aumentano i cluster di atomi di ferro aggregati. La figura 2 mostra un assorbimento Mossbauer del campione contenente 1,78% eseguito a 11 K i tipici assorbimenti relativi alla presenza di Fe3+ paramagnetico. Fig. 2: spettro di assorbimento Mossbauer del crisotilo sintetico contenente il 1,78 % di ferro 25 La tab. 1 mostra la distribuzione del ferro nel sito ottaedrico e tetraedrico. La Fig. 2 mostra inoltre l’assenza di altre specie magnetiche come ad esempio ossidi di ferro anche in forma non nanometrica. In conclusione i dati mostrati mettono in evidenza come il crisotilo sintetico, preso quale standard, sia risultato idoneo per evidenziare come la tossicità degli amianti dipende soprattutto dalle proprietà chimico fisiche dei siti superficiali.[17,18] c) Interesse tecnologico 1) Sistemi nanostrutturati inorganici e polimerici in grado di esibire particolari capacità di conduzione elettrica. I principali approcci al mondo nanotecnologico sono quello top-down e quello botton-up. Bottomup sta ad indicare l’approccio nel quale, partendo da piccoli componenti, normalmente molecole o aggregati di molecole, si ottengono delle strutture nanometriche. Le nanotecnologie bottom-up nascono dal progetto di sfruttare molecole o aggregati molecolari che hanno la capacità di autoassemblarsi o autoorganizzarsi in strutture di ordine più elevato. Questo è un approccio di tipo chimico. L’electrospinning è considerata una tecnica efficiente per la produzione di fibre polimeriche nanometriche. Il diametro delle fibre prodotte con queste tecniche è fino a due ordini di grandezza inferiori rispetto alle tecniche di produzione tradizionali. La maggior parte dei polimeri può essere elettrofilata ed utilizzata per formare compositi con materiali come semiconduttori o ceramici. Tramite tale tecnica si possono disperdere all’interno delle fibre nanomateriali con un’orientazione preferenziale. Fibre elettrofilate di materiali ibridi organici-inorganici sono materiali molto studiati per le loro proprietà meccaniche, fisiche e chimico-fisiche. In particolare negli ultimi anni l’attenzione si è incentrata sulla produzione di conductive polmeric composites (CPCs). Con l’approccio bottom-up sono stati sintetizzati nanotubi di crisotilo stechiometrico e nanoparticelle metalliche cioè dei nanocristalli e colloidi con un diametro inferiore ai 100 nm. La sintesi di crisotilo geomimetico permette di ottenere dei nanotubi di lunghezza variabile con in diametro esterno di 21/22 nm e una cavità centrale del diametro di 7 nm, privi di deformazioni strutturali, di politipi o di impurezze. Queste caratteristiche oltre a renderlo strutturalmente un ottimo materiale di studio nanotecnologico permettono di considerarlo non tossico. Nel corso di tali studi sono state sintetizzate nanoparticelle metalliche cappate con composti organici (tioli) in grado di legarsi alla superficie delle nanoparticelle. Proprio questo guscio protettivo permette a tali particelle di non ossidarsi, non aggregarsi e di essere considerate dei punti quantici. Nanoparticelle metalliche possono interagire con una nanostruttura monodimensionale come i nanotubi di crisotilo sintetico formando nuove nanostrutture. I nanotubi decorati possono essere utilizzati per la realizzazione di nuovi materiali compositi con caratteristiche chimiche, fisiche e strutturali superiori, grazie alla direzionalità impartita dai nanotubi. Ci siamo prefissi di realizzare, studiare e sintetizzare nuovi sistemi nanostrutturati inorganici e polimerici in grado di esibire particolari capacità di conduzione elettrica. Il primo obiettivo è stato la sintesi e caratterizzazione morfologica e chimico-fisica di nanotubi di crisotilo stechiometrico e di varie nanoparticelle metalliche. Il passo successivo è quello di mettere a punto un processo di elettrofilatura in grado di produrre fibre stabili ed uniformi di un polimero conduttore. Raggiunti i primi risultati, si è proceduto allo studio della morfologia e della 26 conducibilità di una serie di fibre polimeriche addizionate con i vari tipi di nanotubi, nanoparticelle e nanowires precedentemente sintetizzati. Per quanto riguarda la parte polimerica sono stati studiati tappetini bidimensionali di fibre polimeriche, disperse in maniera casuale, di una blenda polimerica costituita da polianilina polietileneossido - acido canforsolfonico. Partendo da questi dati è stata individuata una classe polimerica, in base alla conducibilità elettrica del polimero e alla solubilità in solventi utilizzabili per elettrofilare, in grado di sostituire la polianilina. In tale ottica sono stati individuati dei politiofeni sostituiti con catene alchiliche. Parallelamente è stato intrapreso lo studio per ottenere fibre di PANI-PEO-CSA tramite l’utilizzo di collettori alternativi. Come si può notare dalle micrografie SEM in Figura1 è stato possibile produrre fibre altamente orientate, potenzialmente in grado di aumentare proprietà elettriche e meccaniche del materiale. Figura 1 Dal punto di vista inorganico, sfruttando le proprietà self-assembly dei materiali fino ad ora studiati, si è cercato di produrre materiali ad elevata orientazione, in grado di aumentare le proprietà meccaniche ed elettriche dei materiali polimerici, utilizzati come filler. Sono state testate varie metodiche con l’obiettivo di ottenere sospensioni contenenti solo le nanostrutture nanotubo-nanoparticelle, senza la presenza di nanotubi vuoti o nanoparticelle esterne ai tubi. Sono state utilizzate le seguenti tipologie di nanoparticelle: Nanoparticelle di rame cappate con 4-metilbenzentiolo Nanoparticelle di argento cappate con 4-metilbenzentiolo Nanoparticelle di oro cappate con 4-metilbenzentiolo Nanoparticelle di oro-argento (1:4) cappate con 4-metilbenzentiolo Nanoparticelle di oro-argento (4:1) cappate con 4-metilbenzentiolo Per tutte le tipologie di nanoparticelle utilizzate è stata riscontrata un’ottima tendenza a distribuirsi all’interno di nanotubi, lasciando un ambiente esterno privo di nanoparticelle metalliche, tranne per le particelle di rame che tendono a rimanere in sospensione all’esterno dei nanotubi. Le micrografie TEM (Figura 2) dei compositi nanotubi di crisotilo-nanoparticelle di argento cappate con 4-metilbenzentiolo confermano l’omogeneo riempimento delle cavità e l’assenza di nanoparticelle esternamente ai nanotubi. 27 Figura 2 Le analisi spettroscopiche FT-IR (Figura3) evidenziano nelle medesime strutture, con l’assenza dei tipici picchi dovuti al 4-metilbenzentiolo, come tutte le nanoparticelle siano alloggiate all’interno delle cavità dei nanotubi. Figura 3 Anche le analisi spettroscopiche UV-Vis mostrano la scomparsa della tipica banda plasmonica a 457 nm, che conferma l’assenza di particelle libere nella sospensione nanometrica. 2) Nuova sintesi di biossido di titanio ad elevata azione fotocatalitica E’ stata messa a punto una sospensione idroalcolica contenente una componente solida costituita da particelle di biossido di titanio aventi struttura “anatase”, morfologia “plate like”, elevata area superficiale. La metodica di sintesi è stata brevettata. Tali particelle hanno un’elevata superficie di contatto che si traduce in un elevatissima reattività e di conseguenza un’ elevata efficienza fotocatalitica. Tali particelle presentano un band gap di 3,23 28 eV, quindi un assorbimento ad una lunghezza d’onda max di 390 nm ovvero assorbono nella componente UV, dai 250 ai 390 nm. Tali cristalli infatti vengono attivati dalla luce visibile che nel suo spettro presenta una piccola finestra di emissione alla lunghezza d’onda di 370-390 nm. In Fig.1 è riportata l’ immagine al Microscopio Elettronico a Trasmissione (TEM) delle particelle di biossido di titanio (TiO2) presenti nella sospensione in cui si evidenzia la nanostrutturazione e la morfologia “plate like” delle particelle. Figura 1 In Fig. 2 è riportato lo spettro di Diffrazione di Raggi X delle particelle TiO 2 presenti nella sospensione in cui è possibile verificare come esse siano altamente cristalline e costituiscano una fase unica del tipo “anatase”. La presenza di una unica fase cristallina “anatase” è la condizione principale per ottenere una elevata attività fotocatalitica. Figura 2 In Fig. 3 è schematizzato il processo fotocatalitico del biossido di titanio in cui si mostra l’ attivazione da parte della luce solare delle particelle della miscela di ossidi foto catalitici nella produzione di radicali liberi attivi per la distruzione dei microrganismi biologici quali: muffe, funghi, batteri, molecole organiche aerodisperse, fumi e particolato atmosferico presenti nell’ ambiente di vita sia indoor sia outdoor responsabili di allergie, infezioni ed effetti tossici. 29 Figura 3 In Fig. 4 è mostrato l’ effetto del biossido di titanio sintetizzato in un test di abbattimento degli NOX effettuato con apposita camera per la certificazione di attività allegata. 90 Figura 4 % NOx Degradation 80 70 60 50 TITAN CLEA 40 Empty Ball + 30 20 10 0 0 100 200 300 400 Time (min) In Fig. 5 è mostrato l’ effetto del biossido di titanio sintetizzato in un test effettuato su una soluzione di blu di metilene che viene decolorata in 120 minuti 30 Figura 5 3) Nuova sintesi di microparticelle bifasiche attivate superficialmente da biossido di titanio Lo scopo del lavoro è stato quello di ottimizzare le caratteristiche fotocatalitiche di nuovi nanocristalli di TiO2 con struttura anatase sintetizzati per via idrotermale e cercare di mettere a punto una sospensione acquosa con particelle micrometriche per superare il rischio della nanotossicità in grado di esibire una elevata potenzialità fotocatalitica. L’attività di ricerca si è sviluppata sostanzialmente in tre fasi: Fase I: messa a punto e affinamento della sintesi idrotermale per l’ottenimento di nanocristalli di TiO2 ad alta efficienza fotocatalitica. In questa fase, si è cercato di sviluppare ulteriormente il lavoro di messa a punto di una sintesi di nanoparticelle di biossido di titanio ad alta efficienza fotocatalitica iniziato l’anno precedente. E’ stata quindi modificata la tipologia di sintesi; si è continuato ad utilizzare il processo idrotermale, ma è stata variata la modalità di miscelazione dei reagenti di sintesi. La sintesi è basata sulla reazione fra alcossido di titanio e acqua al fine di ottenere l’idrolisi del primo con conseguente formazione di TiO2 e corrispondente alcool. La sintesi è stata ottenuta gocciolando alcossido di titanio in acqua preriscaldata in un reattore idrotermale; si sono effettuate varie prove, variando sia il tempo sia la temperatura di reazione. La sintesi ottimale è risultata essere quella effettuata alla temperatura di 80 °C con un tempo di reazione di 4 ore. Con questa sintesi sono stati ottenuti cristalli nanometrici di anatasio, contenente una piccola percentuale di brookite della dimensione di 10-20 nm con morfologia a piattina; tali cristalli presentano mediamente un dominio cristallino medio lungo il piano (101) di 490 Å e di 140 Å lungo il piano (001). Queste caratteristiche morfologiche e strutturali conferiscono a questi nano cristalli un’elevata fotoreattività. Infatti, dai risultati delle ricerche effettuate lo scorso anno sulla correlazione tra la morfologia dei cristalli di anatase e l’attività fotocatalitica, si è potuto constatare che la maggiore reattività è data dalle particelle che presentano un morfologia a piattina. Inoltre si è osservato come la maggior attività fotocatalitica sia data dall’ assorbimento della luce sulla faccia (100) in accordo con quanto ipotizzato su base teorica. La sorprendente attività fotocatalitica dei nanocristalli sintetizzati è appunto dovuta alla loro morfologia a piattina ed all’ esposizione prevalente delle facce (100). Si può notare dalle immagini di microscopia TEM che i cristalli tendono ad aggregarsi e a formare aggregati cristallini aventi dimensioni di 50-100 nm. (Fig. 1) 31 Fig. 1 Immagine TEM di nanocrostalli di TiO2 Fase II: aggregazione nei nanocristalli TiO2 su microcristalli di fosfato di calcio. In questa seconda fase si è cercato di incrementare l’attività fotocatalitica dei nanocristalli ottenuti dalla precedente sintesi idrotermale cercando anche di superare le problematiche tossicologiche per la salute umana legate in generale alla nanodimensione. In questo studio è stato trovato un nuovo approccio in grado di ottenere il massimo dell’efficienza fotocatalitica senza ricorrere ai sistemi attualmente più usati quali il drogaggio con altri ossidi inorganici, o la modificazione strutturale delle nanoparticelle per creare difetti e quindi aumentarne la reattività. E’ stato messo a punto un sistema che prevede l’utilizzo di micro clusters di idrossiapatite che fungono da centri di aggregazione per i nanocristalli di TiO2. Sono stati quindi preparati dei microcristalli costituiti da un core di idrossiapatite ricoperto dai nanocristalli di TiO2 precedentemente sintetizzati. Ciò è stato possibile in quanto i microclusters di idrossiapatite utilizzati sono costituiti da una carbonatoidrossiapatite non stechiometrica in superficie; tale struttura presenta quindi in superficie delle cariche esposte sia positive che negative che la rendono particolarmente reattiva. Infatti i microclusters di idrossiapatite utilizzati sono a loro volta costituiti da nanocristalli aggregati, e ciò conferisce loro una morfologia irregolare e nanostrutturata con un’elevata area superficiale in grado di legare un’enorme quantità di nanocristalli di biossido di titanio. Dopo varie prove, si è ottenuto un soddisfacente grado di aggregazione partendo da una sospensione acquosa di nanocristalli di TiO2 al 0,8 % in peso al quale è stato aggiunto un quantitativo del 5% circa, calcolato in base alle aree superficiali, di una sospensione acquosa di microclusters di idrossiapatite al 30% in peso. I microaggregati così ottenuti sono stati caratterizzati tramite DRX, FT-IR, microscopia SEM con microanalisi EDS, microscopia TEM. Lo spettro di diffrazione di raggi X mostra che si è ottenuto un materiale cristallino che presenta i massimi di diffrazione caratteristici dell’idrossiapatite e dell’anatasio. Il picco dell’idrossiapatite (002) si sovrappone parzialmente al picco principale (100) dell’anatasio come si può vedere dal diffrattogramma riportato in Fig. 2. 32 Fig. 2 Diffrattogramma microcristalli HA-TiO2 Confrontando infatti il diffrattogramma con quello dei nanocristalli di TiO2 (Fig. 3) si nota che il picco (100) è presente a un angolo di diffrazione molto prossimo a quello del picco (002) dell’idrossiapatite. Fig. 3 Diffrattogramma nanocristalli TiO2 L’analisi FT- IR (Fig. 4) mostra le bande di assorbimento caratteristiche dell’idrossiapatite e dell’ anatasio. Infatti sono visibili la banda a 435 cm-1 caratteristica dello stretching νTi-O-Ti, la banda a 1639 cm-1 caratteristica della carbonatoapatite di tipo B, la bande a 1093 e 1025 relative allo stretching dei fosfati dell’apatite e le bande a 602 e 565 nm relative al bending dei legami O-H e O-P-O. Si notano inoltre 2 bande a 2906, 2855 cm−1 attribuibili ai moti di stretching νCH2, CH3 del gruppo isopropile presente nell’ alcool isopropilico residuo contenuto in soluzione. 33 Fig. 4 Spettro FT-IR L’analisi al Microscopio Elettronico a Scansione (SEM) (Fig. 5) mostra che sono stati ottenuti dei microcristalli di idrossiapatite ricoperti superficialmente da anatasio. Fig. 5 Immagine di microscopia SEM Le particelle hanno tutte una dimensione micrometrica; la distribuzione va da circa 0,5 a 15 micrometri con prevalenza di micro particelle di diametro di 8-10 micrometri. Lo spettro ottenuto con la microanalisi EDS (Fig. 6) mostra che la composizione elementare delle particelle è costituita da calcio e fosforo in rapporto di circa 1,7 compatibile con quello dell’idrossiapatite. Si notano inoltre il segnale del titanio e quello dell’ossigeno. Tutto ciò indica che si è formato un aggregato idrossiapatite-anatasio in quanto le particelle analizzate in punti differenti danno la stessa composizione. 34 Fig. 6 Analisi elementare effettuata con sonda EDS L’analisi effettuata con Microscopio Elettronico a Trasmissione (TEM) (Fig. 7) conferma che sono stati ottenuti dei cristalli aggregati della dimensione che va da 200 a 400 nm. Fig. 7 Immagine di microscopia TEM Fase III: Caratterizzazione dell’attività fotocatalitica Questa parte del lavoro è stata svolta in collaborazione con altri laboratori fra cui quello di Chimica Fisica dell’Università Politecnica di Milano, conducendo test di attività fotocatalitica con una speciale camera per determinare l’attività nei confronti degli NOx. e quello di Microbiologia del Chemical Center S.r.l per testarne l’ attività antibatterica nei confronti di specifici ceppi batterici. I test sui batteri sono stati effettuati sul ceppo E. Coli, eseguendo 2 diverse tipologie di prove, utilizzando 2 diverse tecniche di deposizione delle microparticelle. I test sono stati condotti irraggiando con luce UV di una lunghezza d’onda tale da non avere effetti sui batteri, ma in grado di attivare il meccanismo fotocatalitico del TiO2. Sono state effettuate inoltre prove a diversa durata di esposizione e di concentrazione, e si è visto che per qualsiasi prova si ha una riduzione minima del 72%. (Tabella 1) I dati migliori si ottengono con la tecnica “in sospensione” e la durata dell’esposizione non influenza il risultato, segno che l’effetto è immediato, e dopo già due ore ha raggiunto il suo massimo. La proprietà determinante è la concentrazione; infatti incrementi del 50% aumentano l’efficacia del 30 %. 35 CEPPO MICROBICO: Escherichia Coli PRODOTTO IN CONCENTRAZIONE CONCENTRAZIONE ESAME MICROBICA UVA MICROBICA FINALE INIZIALE T0 (UFC/ml) 3h (UFC/ml) acqua sterile 1,2x108 deionizzata TiO2-HA (fissato su piastra) 1,2x108 4ml TiO2-HA (in sospensione) 1,2x108 4ml RIDUZIONE % 1,2x108 - 1,7x107 85,84% 2,5x106 97,9% Tabella 1 – Risultati dei test antibatterici Le prove di attività fotocatalitica sono state condotte in una speciale camera in cui è presente una concentrazione nota di NOx; si determina la % di degradazione di questi composti: Anche in queste prove vengono utilizzate lampade UV per l’attivazione del TiO2 Tali prove hanno permesso di mettere in relazione l’attività con la diversa struttura delle molecole di TiO2, ovvero hanno permesso di apprezzare la diversa efficienza fra le particelle di TiO2 libere o aggregate su un microcluster di idrossiapatite, e di effettuare un confronto. I risultati ottenuti mostrano che per i microcristalli di TiO2 aggregati su HA, la percentuale degli NOx degradati arriva al 95% in soli 180 minuti, arrivando al 100% nei successivi minuti. Ciò indica che benché si abbia una cinetica lenta all’inizio, si arriva al risultato del totale abbattimento degli NOx in sole 4 ore. (Fig. 8) Fig 8 – Attività fotocatalitica microcristalli HA- TiO2 Dall’andamento ottenuto dal test effettuato sul solo TiO2 sintetizzato si osserva una cinetica veloce all’inizio che poi rallenta fino ad arrivare a plateau attestandosi su valori di abbattimento massimo del 72%. Dal confronto fra le due curve (Fig. 9), si vede il maggior effetto fotocatalitico dei microcristalli di TiO2 su HA (linea verde) rispetto ai nanocristalli di TiO2 (linea rossa). Infatti questi ultimi hanno una cinetica veloce all’inizio, ma poi arrivano ad una percentuale di degradazione massima soltanto del 72%, mentre i cristalli aggregati su HA danno una cinetica più blanda all’inizio ma poi sono in grado di arrivare a totale abbattimento degli NO x con una rendimento superiore rispetto ai soli cristalli di TiO2 del 30%. 36 Fig. 9 – Confronto dell’attività fotocatalitica In conclusione, si può affermare che è stata messa a punto una nuova sintesi molto di nanocristalli di TiO2 con struttura anatasio con una morfologia e dimensioni che li rendono estremamente reattivi. Tali microcristalli sono stati aggregati su microclusters di idrossiapatite in modo da formare un aggregato micrometrico. Le prove effettuate hanno mostrato che questi cristalli hanno un’elevata attività antibatterica ed inoltre sono molto reattivi anche nei confronti degli NOx. Il confronto fra i dati ottenuti con i nanocristalli liberi e quelli aggregati su HA mostra che nel secondo caso si hanno risultati superiori del 30%. Il risultati ottenuti confermano il raggiungimento degli obiettivi attesi per questa attività di ricerca e hanno permesso di verificare l’ importanza applicativa dell’approccio innovativo utilizzato; per questo motivo si è deciso di brevettare la sintesi di questo nuovo prodotto che potrebbe essere utilizzato in una ampia gamma di applicazioni industriali per il suo elevato potere antibatterico e antinquinamento. 37 UNITA’ DI RICERCA DI CAMERINO Direttore Scientifico: Prof. Alfredo Burini L’Unità di Camerino ha sviluppato il proprio lavoro di ricerca nel corso dell’anno 2011 secondo quattro linee di lavoro principali: 1) sintesi di nuovi sistemi chelanti N-, O-, S-, -C e/o P-donatori; 2) sviluppo dei relativi complessi di rame(II), rame(I), argento(I) e oro(I), valutati sulla base delle loro caratteristiche strutturali e delle proprietà redox; 3) sintesi di molecole a potenziale attività antitumorale con deposito di brevetti internazionali per le molecole più promettenti; 4) sintesi di un nuovo metallociclo di rame(II) e riconoscimento molecolare di anioni 5) stesura di reviews su invito riguardanti a) la sintesi e le proprietà di leganti scorpionati e b) strategie antitumorali con composti a base di rame. L’Unità di Camerino ha condotto per la prima volta uno studio comparativo delle attività citossiche di più serie omologhe di complessi fosfinici dei metalli del gruppo 11 nello stato di ossidazione (I). In particolare sono stati impiegati leganti fosfinici (L) quali la tris-idrossimetilfosfina (thp), la trisidrossipropilfosfina (thpp) e la 1,3,5 triazafosfaadamantano (PTA) nella sintesi di complessi del tipo [M(L)4]PF6, mediante reazioni di scambio di leganti partendo da [Cu(CH3CN)4]PF6 o AgPF6 o per metatesi dei corrispondenti derivati di oro(I) L4AuCl (Figura 1). Figura 1 Le tre serie di complessi sono state testate come agenti citotossici verso un ampio panel di linee cellulari tumorali comprendenti anche linee cellulari cis-platino resistenti, utilizzando come metallodrug di riferimento il cisplatino. I migliori risultati in termini di attività antitumorale in vitro sono stati ottenuti con i derivati della tris-idrossimetilfosfina e, tra i complessi della triade, quelli di rame sono risultati i più attivi (Tabella 1). Si è evidenziato con questo studio che, a parità di metallo, un buon bilanciamento delle caratteristiche idro/lipofiliche del complesso gioca un ruolo cruciale nella manifestazione delle attività citotossiche e, conseguentemente, la valutazione della specie attiva e del meccanismo di azione, deve tenere conto delle tendenza del complesso alla dissociazione nelle concentrazioni e nelle condizioni usate nei test biologici. In tale contesto la determinazione empirica del parametro logP e le indagini spettrometriche ESI-MS hanno evidenziato le caratteristiche idrofiliche di ogni singola classe di complessi, nonché la tendenza dei complessi [Cu(L)4]+ a dissociare, già in concentrazioni micromolari, nelle specie [Cu(L)2]+ e [Cu(L)]+, frammenti chiave nell’attuazione dell’attività biologica. In conclusione, l’attività citotossica è fortemente dipendente dalla natura del legante e dalla sua idrofilia, dalla tendenza del complesso alla dissociazione in funzione della concentrazione e dalla natura del metallo centrale. Studi preliminari sul meccanismo di azione di questa classe di complessi [M(L) 4]PF6 hanno evidenziato la tioredoxina reduttasi come uno dei possibili target cellulari per i complessi di oro e argento e hanno confermato per i complessi di rame un’attività citotossica che coinvolge l’inibizione del proteasoma. I risultati particolarmente incoraggianti ottenuti con il derivato 39 [Cu(thp)4][PF6] ci hanno indotto a depositare in data 16.08.2011 un BREVETTO INTERNAZIONALE PCT per la classe di composti [Cu(thp)4]n[X]-n per il trattamento di un ampio numero di tumori umani solidi, inclusi i tumori refrattari. Tabella 1. Attività citotossica IC50 (µM) ± S.D. Compound A549 MCF-7 A375 HCT-15 HeLa 2008 C13 RF 2.00±0.03 8.21±1.50 1.48±0.21 [Cu(thp)4][PF6] 9.11±2.71 11.08±0.52 4.58±2.41 2.88±1.07 1.9 [Ag(thp)4][PF6] 18.22±2.11 17.75±2.71 32.12±1.22 21.32±1.34 12.32±1.24 20.15±1.72 36.65±2.24 1.8 [Au(thp)4][PF6] 17.40±1.76 18.32±1.98 23.99±1.67 13.21±2.11 18.43±1.21 16.21±1.43 30.22±1.41 1.8 [Cu(PTA)4][PF6] 7.31±0.87 21.51±1.31 12.76±0.70 15.32±1.5 13.81±1.16 10.67±1.31 0.8 [Ag(PTA)4][PF6] 24.43±1.55 26.44±1.99 21.11±2.01 13.52±1.13 21.65±2.33 11.23±1.65 13.52±1.13 0.8 [Au(PTA)4][PF6] 50.32±1.53 50.72±2.41 44.63±1.71 32.23±1.62 53.43±1.99 29.52±1.92 38.33±1.97 1.2 [Cu(thpp)4][PF6] 18.40±3.24 27.31±1.53 31.26±1.65 8.65±3.11 17.96±2.78 20.41±1.43 39.43±2.64 1.9 [Ag(thpp)4][PF6] 55.64±1.76 77.41±1.56 74.51±1.23 42.93±2.41 55.57±2.65 64.52±1.87 90.30±2.32 1.4 [Au(thpp)4][PF6] 79.53±1.56 92.34±1.87 73.57±2.54 67.89±1.97 79.34±2.84 87.32±1.27 99.34±1.54 1.1 Cisplatin 29.21±1.92 19.04±1.51 20.33±1.33 25.34±1.31 10.50±1.51 12.69±1.72 89.18±4.50 7.02 7.42±0.65 S.D.= standard deviation. IC50 values were calculated by probit analysis (P < 0.05, 2 test). Cells (58·104·mL-1) were treated for 48 h with increasing concentrations of tested compounds. Cytotoxicity was assessed by MTT test. Resistance Factor (RF) is defined as the ratio between IC50 values measured for cisplatin-resistant cells (C13) and those arising from -sensitive ones (2008). Tre nuovi sistemi leganti macrociclici degli acidi 1,10-ditio-4,7-diazaciclododecano-3,8dicarbossilico (NEC-SE), 1,10-ditio-4,7-diazaciclotridecano-3,8-dicarbossilico (NEC-SP) e 1,10ditio-4,7-diazaciclotetradecano-3,8-dicarbossilico (NEC-SB) derivati della L,L-etilendicisteina sono stati sintetizzati ed impiegati nella sintesi dei relativi complessi di Cu(II). Tali nuovi leganti sono suscettibili di una ulteriore funzionalizzazione, sia modificando il set di atomi donatori che le dimensioni dell’anello macrociclico. E’ stato sintetizzato dall’Unità di Camerino anche un nuovo sistema legante a 15 membri (NEC-SNMe), con set di atomi donatori N3S2O2, utile ad aumentare la stabilità in vivo dei complessi di rame (Figura 2). 40 Figura 2 Per ottenere informazioni più dettagliate sulle strutture molecolari dei complessi di rame, sono stati condotti esperimenti di assorbimento di raggi X (EXAFS/XANES) su campioni in polvere ed in soluzione. Gli esperimenti XAS sono stati effettuati in trasmissione e in fluorescenza utilizzando la radiazione di sincrotrone disponibile presso la ELETTRA Sincrotrone Trieste S.C.p.A.. Tali studi hanno evidenziato un intorno di coordinazione del rame CuN2S2, dovuto alla chelazione del macrociclo attraverso i due atomi di azoto e i due atomi di zolfo, con differenti lunghezze di legame Cu-S in funzione delle dimensioni dell'anello macrociclico, senza apparente coordinazione degli ossigeni nel primo guscio. Tale intorno di coordinazione sembra presente anche nel nuovo composto [Cu(NEC-SN-Me)], anche se non si può del tutto escludere, dai dati EXAFS, un’addizionale interazione Cu-N (Figura 3). Figura 3 In collaborazione con il Dipartimento di Chimica Generale ed Inorganica dell'Università di Parma, si è proceduto alla valutazione della stabilità dei complessi in acqua. Gli studi di speciazione in soluzione sono stati effettuati mediante combinazione di tecniche spettrofotometriche e titolazioni potenziometriche nonché spettroelettrochimica UV-visibile. Tali studi hanno evidenziato che la specie isolata allo stato solido definita come [CuL] non è quella biologicamente rilevante in quanto, al pH del siero, si ha protonazione di una delle due funzioni amminiche con prevalenza della specie [Cu(HL)]+. Sono stati condotti anche degli studi di stabilità dei complessi in presenza di HSA (Human Serum Albumin), proteina che può competere con i leganti per la complessazione del rame. Da questi studi si evince che, anche in presenza di un forte eccesso di HSA, non si ha rimozione completa del rame dal macrociclo, il quale si comporta da chelante “strong” nei confronti dello ione 41 Cu2+. In virtù di questa elevata stabilità, tale classe di composti si dimostra promettente per lo sviluppo di nuovi radiofarmaci. Due nuovi leganti eteroscorpionati bio-coniugati, LMN e LDAC, sono stati sintetizzati attraverso la reazione diretta del legante [HC(CO2H)(pzMe2)2] con 1-(2-aminoethyl)-2-methyl-5-nitroimidazole e 1,3,4,6-tetra-O-acetyl-2-amino-2-deoxy-β-D-glucopyranose hydrobromide, rispettivamente (Figura 4). Figura 4 I relativi complessi di rame(II), {[(LMN)2Cu]Cl2} e {[(LDAC)2Cu]Cl2}, sono stati ottenuti attraverso la reazione diretta di CuCl2*2H2O con i leganti LMN e LDAC in metanolo. L’intorno di coordinazione dell’atomo di rame è stato studiato attraverso la spettroscopia XAS. In entrambi i complessi il rame presenta coordinazione 6 ed interagisce contemporaneamente con due unità di legante (Figura 5). Figura 5 L’attività citotossica dei nuovi complessi di rame(II), e dei rispettivi leganti non coordinati è stata valutata su alcune linee cellulari tumorali umane. I risultati indicano che i due complessi metallici possiedono una buona attività citotossica, soprattutto nei confronti delle cellule tumorali ovariche che hanno acquisito resistenza al Cisplatino. Questo lavoro è stato scelto dalla rivista Dalton Transactions per la FRONT COVER del volume 40 pubblicato il 4 ottobre 2011 [5] (Figura 6). Figura 6 I leganti scorpionati, grazie alle loro versatili caratteristiche steriche ed elettroniche, sono impiegati da anni come -donatori nella sintesi di una grande varietà di complessi metallici; in particolare leganti scorpionati funzionalizzati con gruppi elettronattrattori, come gruppi nitro, carbossietile e trifluorometile mostrano elevata solubilità, stabilità termica e resistenza ossidativa. Altrettanto validi risultano i leganti 1,3,5-triazapentadienilici altamente fluorurati in quanto monoanionici, Ndonatori e capaci di formare metallacicli a 6 membri. In particolare l’Unità di ricerca di Camerino ha studiato la chimica di coordinazione di leganti 1,3,5-triazapentadienilici funzionalizzati con gruppi fluoroalchilici, nei confronti di accettori di Cu(I), Ag(I) e Au(I), in presenza di coliganti fosfinici ed isonitrilici, progettati con l’obiettivo di sintetizzare e caratterizzare addotti fortemente 42 stabili e potenzialmente utili in ambito catalitico. Sui derivati [N{(CF3)C(C6F5)N}2]Ag(tBuNC)2 e [N{(CF3)C(C6F5)N}2]Cu(tBuNC)2 è stato condotto uno studio cristallografico ai raggi X (Figura 7). Figura 7 Infine si è condotto uno studio sulla capacità di un nuovo complesso metallociclico di rame(II) di incapsulare anioni. Facendo reagire all’aria una soluzione del complesso di rame(I),[Cu(3,5CF3)2pz]3, in acetonitrile in presenza di una sorgente di alogenuri come Ph 3PAuCl o [Bu4N]X (X = Cl, Br, I), si ottengono i rispettivi complessi [trans-Cu6{(3,5-CF3)2pz}6(OH)6-(X)] in cui l’alogenuro si trova al centro della cavità del metallociclo. La reazione fu eseguita anche in presenza di altri anioni aventi diverse geometrie come lo ione carbonato, solfato, nitrato, in questi casi però si è isolato solo il complesso esanucleare di rame(II) con una molecola di acqua nella cavità. Invece quando la reazione fu condotta in presenza di PPN[NO 2] (PPN = bis (trifenilfoforanilidene)ammonio) lo ione nitrito viene incapsulato all’interno del metallociclo. Questi esperimenti dimostrano una forte selettività nel riconoscimento molecolare di anioni da parte del complesso ciclico esanucleare di rame(II). Complessi rame(II)-nitrito possono servire come modelli per la comprensione di molti meccanismi di reazione biochimiche come ad esempio quello in cui è coinvolto l’enzima nitritoriduttasi che contiene rame. I complessi host-guest isolati sono stati caratterizzati anche tramite diffrazione ai raggi X, in figura 8 sono riportate le strutture con lo ione bromuro e lo ione nitrito al centro della cavità esanucleare di rame. Figura 8 43 UNITA’ DI RICERCA DI CATANIA Direttore Scientifico: Prof. Raffaele Pietro Bonomo Caratterizzazione chimico-fisica di complessi di rame(II) con polipeptidi correlati alle proteine prione ed angiogenina da mammiferi ed altri aventi proprietà SOD-like. I temi di ricerca affrontati riguardano: i) piccole molecole che si comportano da “molecular chaperones”; ii) la metallostasi nelle patologie da “misfolding” proteico quali le malattie neurodegenerative; iii) l’aspetto inorganico dei fattori di crescita; iv) alcuni nuovi aspetti di chimica bioinorganica intracellulare. E’ stato possibile accertare che la carnosina e suoi derivati svolgono attività non solo antiossidativa ed anti nitrosativa, ma anche di comportarsi da induttori di chaperones farmacologici intervenendo su diverse heat shock proteins coinvolte nello stress ossidativi. Tali risultati strettamente sono stati ottenuti sia in vitro che in vivo in differenti modelli di piccoli animali quali i topi triplamente trasgenici in grado di sviluppare la patologia di Alzheimer che in modelli murini sottoposti a compressione del midollo spinale. E’ stato evidenziato la specifica attività della D-carnosina rispetto alla L-carnosina per la sua capacità di resistere all’attacco della carnosinasi, così come dei derivati coniugati con glucidi dei quali sé studiata anche la stereoselettività termodinamica. Inoltre alcuni aspetti hanno riguardato le potenzialità di questa classe di peptidi naturali nei processi di invecchiamento. L’alterazione dell’omeostasi dei metalli nelle patologie neurodegenerative è stata messa in evidenza in relazione non solo alla alterazione dei livelli di rame e zinco, ma anche correlata con le diverse specie chimiche esistenti a diversi rapporti metallo legante e nella formazione di complessi a metallo misto. Il ruolo di abeta monomero e la sua degradazione mediante IDE ha rappresentato un contributo significativo in un approccio fortemente interdisciplinare. Il rapporto tra metallostasi e protestasi nella neurodegenerazione è stato declinato per varie patologie da misfolding protico nel libro pubblicato dalla RSC. Il ruolo di rame e zinco nell’attività del fattore di crescita nervoso (NGF) è stato messo in evidenza paragonando le capacità proliferative dei complessi formati da detti ioni metallici con frammenti peptidici del suo dominio N-terminale. Correlazione struttura-attività è stata anche avanzata. Il ruolo dello zinco intracellulare è stato indagato mediante l’indagine in vitro dell’interazione dello ione metallico con uno dei sistemi che presiedono al cosiddetto controllo di qualità delle proteine, il sistema ubiquitina-proteosoma. Per la prima volta è stata provata e descritta in modo quantitativo l’interazione dello zinco con l’ubiquitina. Inoltre è stata provata anche mediante microscopia confocale il vantaggio di utilizzare nanoparticelle per descrivere il “fate” intracellulare del rame(I). Il sistema impiegato ha permesso anche di accertare la capacità del nuovo “reporter” fluorescente di interagire con i metallochaperones che presiedono al trafficking intracellulare dello ione rame. L’attività svolta ha riguardato la sintesi di glicoconiugati con molecole di interesse biologico e/o farmacologico. La carnosina è stata coniugata con mono e disaccaridi per proteggerla dall’idrolisi delle carnosinasi conservandone le proprietà complessanti e antiossidanti. Allo scopo di migliorare la resistenza alle carnosinasi, la D-carnosina, enantiometro della carnosina di notevole interesse per le attività biologiche mostrate, è stato coniugato con la ciclodestrina e con il trealosio allo scopo di caratterizzarne i complessi del rame(II). E’ stato messo in evidenza come i coniugati con la D carnosina complessino meno efficacemente il rame(II) nella formazione della specie dimera, in relazione alle ridotte interazioni legante-legante. Nell’abito dell’interesse per i sistemi mimetici degli enzimi Superossidodismutasi (SOD), la porfirina ed il salophen sono stati anche coniugati alla ciclodestrina e sono stati caratterizzati i 45 complessi del manganese(III). La presenza della cavità saccaridica aumenta significativamente la solubilità e l’attività SOD. Sono anche stati sintetizzati coniugati non covalenti dell’albumina e di un complesso del manganese(III) di un derivato del salophen. La presenza della proteina migliora significativamente l’attività SOD. Alla luce dell’interesse verso i chelanti di ioni metallici nelle patologie neurodegenerative, anche il deferiprone è stato coniugato alla beta ciclodestrina sia in posizione 6 che in posizione 3 ed è stata studiata la complessazione con il ferro(III). La ciclodestrina non modifica la stabilità dei complessi del ferro e, anche in questo caso, migliora le capacità antiossidanti del componente deferiprone-Fe. E’ stata studiata l’interazione tra l’Insulin Degrading Enzyme (IDE) e diversi composti aventi attività fibrillogenica mediante tecniche di spettrometria di massa (AP/MALDI-MS e ESI-MS) e Surface Plasmon Resonance (SPR). I frammenti prodotti dall’interazione dell’IDE con Insulina e proteina β amiloide (Aβ) sono stati identificati e studiati al variare di diversi fattori ambientali come pH, presenza di metalli, tempi di incubazione e concentrazioni relative. In particolare, è stato studiato ed in parte chiarito il ruolo che alcune molecole quali somatostatina e ubiquitina hanno nell’attività proteolitica dell’IDE. Per quanto riguarda il ruolo dei metalli bisogna invece tenere presente che la comprensione del loro ruolo come modulatori dell’interazione tra l’IDE e l’amiloide-β (Aβ) è resa difficile sperimentalmente dal fatto che gli ioni metallici sono coinvolti nei processi di aggregazione di Aβ. L’IDE è in grado di degradare Aβ solo nella forma monomerica, quindi l’aggregazione del substrato blocca completamente l’attività dell’enzima, rendendo poco significativi gli esperimenti di proteolisi in presenza dei metalli. La sintesi dei peptidi Aβ(1-16), Aβ(16-28) e InsulinaB(20-30) ha rappresentato la soluzione ideale per comprendere il ruolo dei metalli nel processo di proteolisi senza incorrere nell’aggregazione dei substrati. I due peptidi, alle concentrazioni utilizzate negli esperimenti, non comportano infatti fenomeni di aggregazione, ed inoltre il primo presenta tutti i residui amminoacidici del Aβ naturale, coinvolti nel legame con i metalli, mentre il secondo ed il terzo hanno una bassissima affinità verso gli ioni metallici. Le differenti caratteristiche dei tre peptidi hanno permesso di attribuire le variazioni nell’attività e nel pattern di taglio dell’IDE, dovute alla presenza degli ioni metallici in soluzione, all’interazione dei metalli con l’enzima (effetti allosterici) o alla complessazione dei metalli con il substrato. L’attività proteolitica dell’IDE è stata testata in presenza ed assenza dei diversi ioni metallici. A livello qualitativo l’analisi dei digeriti è stata realizzata con uno strumento di spettrometria di massa AP/MALDI che mostra il pattern di degradazione del peptide, mentre a livello quantitativo le misure sulle soluzioni dei digeriti sono state realizzate con uno strumento HPLC accoppiato ad un rivelatore UV-VIS che misura la concentrazione di peptide non digerito. Gli effetti del rame nelle sue due forme di ossidazione sono diversi rispetto agli effetti dello ione zinco (II), dello ione alluminio (III) e dello ione ferro (nei due stati di ossidazione): Cu(I) e Cu(II) mostrano entrambi un netto effetto allosterico negativo, lo zinco (II) sembra comportare una discreta attivazione sull’attività assoluta dell’enzima, mentre l’alluminio (III) e il ferro (II e III) non comportano nessuna alterazione apprezzabile all’attività dell’IDE. Non è certo se l’effetto inibitorio degli ioni rame sia dovuto alla sostituzione degli ioni Zn(II) all’interno del sito catalitico, ma si pensa possa anche essere attribuito all’interazione con alcune delle cisteine che svolgono un ruolo strutturale determinante per l’attività dell’enzima. Dagli esperimenti di proteolisi svolti sull’Aβ1-16 si è anche potuto apprezzare come il Cu(II), oltre ad inibire l’attività dell’enzima, ne alteri pure il pattern di taglio, probabilmente a causa delle variazioni nella struttura del frammento di Aβ nelle forme complessate in cui il metallo interagisce principalmente con i primi amminoacidi all’N-terminale e con le istidine 13 e 14. Le misure svolte in questo lavoro riguardo l’attività dell’IDE in presenza dei metalli mettono in luce le due forme di ossidazione del rame come importanti modulatori dell’attività enzimatica dell’IDE, aprendo anche nuovi interrogativi sull’ubicazione dei siti allosterici per il rame nella struttura dell’enzima. Infine, è stato sviluppato un nuovo protocollo sperimentale con lo scopo di ancorare le molecole di IDE su superfici di oro senza alterarne l’attività. Risultati preliminari ottenuti mediante tecnica SPR 46 (Surface Plasmon Resonance) sembrano confermare il fatto che l’IDE ancorato è ancora in grado di svolgere le normali funzioni enzimatiche nei confronti dell’insulina. Uno studio spettroscopico (UV-Vis, CD ed EPR termodinamico ed elettrochimico in soluzione acquosa è stato condotto sui complessi di rame(II) con il peptide Ac-PHPGGSNWGQ-NH2 (L), che costituisce un frammento terminale della proteina PrP da opossum. Idati sperimentali suggeriscono la formazione di una specie [Cu(L)H-2] con geometria alquanto distorta nella rgione intorno alla neutralità. La stereochemimica può essere considearta una piramide a base quadrata con cromofor CuN(3)O(2), che risulta dalla coordinaztione dell’immidazolo di un’istidina ed due atomi di azoto peptidici, gli atomi di ossigeno provenienti da molecole d’acqua. A pH basici si forma una specie [Cu(L)H-3] con geometria pseudo-ottaedrica, con 4 atomi di azoto nel piano equatoriale. A pH un po’ più alti della neutralitràla sfera di coordinazione del complesso [Cu(L)H-2] varia la sua stereochimica verso un pseudo-ottaedro, come suggerito dalla variazione della costante di accoppiamento parallela. Un differente comportamento elettrochimico sembra confermare queste peculiarità della specie [Cu(L)H-2] . Porfirine metallate del tipo meso-tetrakis(N-methyl-4-pyridyl)porphyrin (MTMPyP) ed un calyx arene, 5,11,17,23-tetrasulfonato-25,26,27,28-tetrakis-(hydroxylcarbonylmethoxy)-calix[4]arene (C(4)TsTc) sono stati usati per costruire entità supramolecolari partendo dalla specie templata MTMPyP:C(4)TsTc (1 : 4, M = Cu, Zn). L’addizione ulteriore di porfirina consente la sintesi noncovalente di entità discrete con stechiometria 2 : 4 and 3 : 4. Mediante la tecnica voltammetrica dell’onda quadra, molto sensibile nel caso di soluzioni molto diluite, sono stati determinati i potenziali redox di queste specie supramolecolari in mezzo acquoso, così come quelli delle porfirine da cui derivano. Mediante simulazione sono sati accertati i processi elettronici di riduzione che coinvolgono più elettroni e più stadi anche se sperimentalmente non sono ben risolti. Il dato più interessante è che il comportamento elettrochimico di tali specie supramolecolari è abbastanza differente di quello dei composti usati per formarle. Il che fa pensare ad una sorta di comunicazione elettronica all’interno delle specie supramolecolari. Nella formazione della specie 1:4 si ha uno shift negativo di circa 30 mV,c osa che si riduce nelle specie 2 : 4 and 3 : 4. Studio dei meccanismi fotochimici, fotofisici e di fotosensibilizzazione di vari farmaci antiinfiammatori non steroidei e antibatterici fluorochinolonici e monitoraggio di inquinamento da idrocarburi policiclici aromatici e studio dei meccanismi di fotodegradazione in mezzi polari ed apolari Il naprossene appartiene alla classe dei farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS). I FANS sono comunemente utilizzati nel trattamento del dolore e dell’infiammazione di numerose malattie. L’azione fotosensibilizzatrice del naprossene è stata recentemente messa a confronto su compartimenti di membrana attraverso la fotoossidazione di triptofano: sono state esaminate le reazioni fotoindotte in proteine isolate usando come modello l’albumina bovina (bovine serum albumin, BSA) cellule di lievito Saccharomyces cerevisiae e da ultimo in fibroblasti umani al fine di esaminare il meccanismo di fotosensibilizzazione in un sistema così complesso. Nell’ambito della fotosensibilizzazione indotta da antibatterici, è stata pubblicata un invited review su “Photosensitization reactions of fluoroquinolones and their biological consequences” nella quale è riportata una overview delle reazioni fotoindotte da questa classe di farmaci antibatterici che sono implicati in molti effetti avversi come fotoallergie, fototossicità, mutagenesi e carcinogenesi. Nello studio di microinquinanti con potenziale attività (foto)tossica: a) quantificazione in vari environments ottenuta attraverso tecniche LC/MS/Fluorimetria supportate da riduzione elettrochimica successiva alla separazione LC per sfruttare le esaltate proprietà luminescenti degli aminoderivati ottenuti dalla riduzione stessa (con estensione del limite di determinazione al di sotto del limite dei ppm). b) caratterizzazione delle loro proprietà fotochimiche, fotofisiche e fotosensibilizzanti sia in soluzione omogenea ed eterogenea; c) individuazione di biomarker di fotoossidazione. 47 Processi di riconoscimento molecolare. Ci si propone lo studio del disegno, della formazione e della caratterizzazione in soluzione acquosa di aggregati di porfirine aventi stechiometria determinata e modulabile utilizzando le interazioni elettrostatiche tra cariche nette di segno opposto quale forze guida dei processi di self-assembly. Questi complessi sono stati progettati in maniera tale da renderli attivi verso processi di trasferimento elettronico fotoattivati o per essere utilizzati come sensori. Il progetto prevede due approcci diversi, uno in presenza e l’altro in assenza di templati. Nel primo caso ci si propone di ottenere di aggregati di porfirine di carica opposta utilizzando metallo-porfirine penta-coordinate per limitare la crescita dei complessi supramolecolari alle dimensioni desiderate. Infatti, a differenza delle porfirine planari, i derivati pentacoordinati hanno una sola faccia disponibile all’aggregazione e quindi fungono da “stopper”. Nel secondo caso verranno studiati complessi calixarene-porfirina in cui i calixareni esplichino una funzione di templato organizzatore per l’ottenimento di aggregati a stechiometria nota e modulabile. Dati preliminari indicano che i calixareni carbossilati inducono l’aggregazione di un numero discreto e modulabile di porfirine poiché il numero di siti disponibili per la complessazione varia con il pH. L’uso di queste molecole come templati presenta anche altri vantaggi. Infatti: i) possono essere variamente funzionalizzate variando sia il numero che la natura (cationica, anionica, chirale etc.) dei siti complessanti, consentendo il disegno di specifiche specie supramolecolari, e ii) sono particolarmente adatti ad essere utilizzati quali sensori. Si propongono anche una serie di esperimenti sulle interazioni tra porfirine e la forma sinistrorsa del DNA, la forma Z. Dati preliminari mostrano infatti che alcune metallo-porfirine riconoscono la forma B dalla forma Z. Assemblati molecolari attivabili dalla luce per applicazioni bio-mediche L’attività scientifica svolta nell’anno 2011 relativa a tematiche inerenti gli obiettivi del consorzio è stata incentrata sulla progettazione e realizzazione di sistemi molecolari, supramolecolari e materiali 1O 2 nanostrutturati per applicazioni nel campo di terapie anticancerogene e antibatteriche Drug fotoattivate di tipo bimodale. Tali trattamenti hanno il fine di sviluppare simultaneamente e nella stessa zona dello spazio due specie terapeutiche sotto l’esclusivo controllo di stimoli di luce visibile al fine di ottenere effetti additivi e/o sinergici. Le peculiari caratteristiche della luce come “reagente” pulito, economico e facilmente manipolabile mediante l’impiego di fibre ottiche ultrasottili, associate alla velocità con cui avvengono molte reazioni fotochimiche, rendono infatti i sistemi fotocontrollati particolarmente versatili in terapia nel campo biomedico con l’addizionale vantaggio di non alterare importanti parametri fisiologici quali temperatura, pH e forza ionica. In questo contesto, l’ossido di azoto (NO), l’ossigeno di singoletto (1O2) e le nanoparticelle di argento rappresentano agenti di particolare rilevanza date le ben note proprietà antitumorali e antibatteriche. Il lavori realizzati negli ultimi anni in questo ambito sono stati oggetto di un Feature Article riguardante nanomateriali di varie tipologie per il rilascio foto-regolato di vari agenti 48 terapeutici. E’ stato progettato e realizzato un sistema basato su nanoparticelle di ciclodestrine anfifiliche in grado di incorporare in differenti regioni delle stesse, porfirine anioniche e un fotodonatore di NO progettato opportunamente. Il sistema realizzato si è dimostrato in grado di rilasciare simultaneamente 1O2 ed NO in seguito ad eccitazione con luce visibile e di indurre una considerevole mortalità cellulare su cellule tumorali tipo HeLa dovuta all’azione combinata sdelle due specie anticancerogene foto generate. La fluorescenza dovuta alle unità porfiriniche rimane preservata nel nano assemblato, rappresentando un potente mezzo per monitorarne facilmente la sua localizzazione cellulare mediante microscopia di fluorescenza . - - - - - + + + + hn’ + + - 1O 2 - NO - 1O 2 NO Cancer cell Cell death Il rilascio di specie terapeutiche lucecontrollato rappresenta indubbiamente un grande vantaggio, tuttavia, la quantificazione in modo semplice di una specie foto rilasciata in un ambiente biologico, rappresenta una delle sfide piu’ affascinanti della moderna nanomedicina. A tale riguardo, è stato progettato un coniugato molecolare basato sul concetto di release and fluorescent report. In particolare, il sistema in oggetto è in grado di rilasciare NO in modo fotocontrollato associando allo sviluppo di ogni mole di NO la formazione di un prodotto fluorescente che ne permette il facile dosaggio anche in ambiente cellulare mediante microscopia di fluorescenza. Tale sistema molecolare è inoltre in grado di indurre una elevata percentuale di mortalità cellulare senza alcun bisogno di sistemi carrier in grado di veicolarlo . Sono stati infine realizzati dei film multistrato basati su nanoparticelle di argento, prodotte mediante una metodologia “green chemistry” recentemente sviluppata nel nostro laboratorio, e un fotodonatore di NO opportunamente modificato in modo da auto assemblarsi con dette nanoparticelle all’interfaccia acqua/aria. I film molecolari, ottenuti mediante tecniche del tipo Langmuir-Schaefer, sono in grado di accoppiare le proprietà antibatteriche delle nanoparticelle di argento alle proprietà antibatteriche dell’NO fotoproddotto per esposizione a luce visibile. E’ stato altresì messo in evidenza come l’NO foto generato possa efficacemente essere trasferito ad una metallo proteina come la Mioglobina . 49 Nitric oxide photodonor Ag Ag + Ag + + Ag + + Ag + Air Ag Ag Ag Ag Water subphase 50 Ag UNITA’ DI RICERCA DI FERRARA Direttore Scientifico: Prof.ssa Paola Bergamini L’attività 2011 dell’Unità di Ferrara ha riguardato due tematiche: 1) Complessi di Pt o Ru contenenti PTA (1,3,5-TriazA-7-Fosfaadamantano) o suoi derivati come inibitori della proliferazione di cellule tumorali ( Responsabile P. Bergamini) 2) I metalli in matrici complesse: studio di equilibri di complesso-formazione in soluzione (Responsabile M. Remelli) 1) Complessi di Pt o Ru contenenti PTA (1,3,5-Triaza-7-Fosfaadamantano) o suoi derivati come inibitori della proliferazione di cellule tumorali Complessi PTA – Ru I nuovi complessi idrosolubili di rutenio(II) mononucleari [RuCp(X)(PTA)(L)] (X = 8-thiotheophyllinate (TTH-) o 8-methylthio-theophyllinate (8-MTT-) o 8-benzylthio-theophyllinate (8BzTT-), L = PTA o L = PPh3) e binucleari [{RuCp(PTA)(L)}2--(Y-κN7,N´7)] (Y = bis(S-8thiotheophyllinate)-methane (MBTT2-), -ethane (EBTT2-) e -propane (PBTT2-) sono stati sintetizzati e caratterizzati mostrando che in tutti i casi le tiopurine sono S-coordinate. Il complesso [RuCp(8-MTT-κS)(PTA)2] è stato caratterizzato per diffrazione ai raggi X. La loro attività antiproliferativa è stata testate su cellule tumorali umane T2 (cisplatino-sensibili ) e SKOV3 (cisplatino-resistenti). Uno dei complessi testati, [RuCp(8-BzTT)(PTA)( PPh3 )] ha mostrato una notevole citotossicità, dovuta probabilmente al rapporto ottimale tra idrofilicità e lipofilicità, raggiunto con una combinazione di leganti che associa il PTA idrofilo a gruppi lipofili (PPh3 e il sostituente della tiopurina CH2Ph). Derivati del PTA ottenuti per N-alchilazione e loro complessi di Pt Nel corso del 2011 è proseguito la studio di derivati della fosfina idrosolubile 1,3,5-triaza-7phosphaadamantane (PTA), ottenuti attraverso l’alchilazione dell’azoto. I nuovi derivati sono carichi positivamente, essendo sali di ammonio quaternari, ma conservano la capacità coordinativa attraverso il fosforo. Queste caratteristiche possono essere vantaggiose per la funzione di leganti per il platino o il rutenio, allo scopo di ottenere nuovi complessi antitumorali. E’ infatti noto che il target finale degli antitumorali di platino è il DNA polianionico: la presenza di una carica positiva sul legante dovrebbe aumentare la velocità e l’efficacia dell’azione del farmaco, sfruttando l’attrazione elettrostatica. Durante l’anno 2011 ci siamo dedicati allo studio del comportamento chimico-fisico di derivati del PTA, ottenuti attraverso la N alchilazione, progettati per introdurre o ottimizzare determinate proprietà: - introducendo lunghe catene alchiliche sull’azoto, si ottengono derivati del PTA di cui stiamo tuttora studiando le proprietà anfifiliche surfactanti e la capacità dei loro complessi di autoaggregazione in strutture idrofobiche in mezzi polari. Queste proprietà potrebbero essere vantaggiose per la formulazione e distribuzione di complessi ad azione farmacologica e per promuovere il loro targeting sfruttando la capacità di attraversare membrane lipofile e l’uptake via endocitosi. N X- N N P n n=9 n = 13 n = 15 51 PTA-C12 (1I: X = I; PTA-C16 (2I: X = I; PTA-C18 (3I: X = I; 1PF6: X = PF6) 2PF6: X = PF6) 3PF6: X = PF6) - abbiamo messo a punto la sintesi e caratterizzazione di due fosfine zwitterioniche, 1 and 2, ottenute dalla reazione del PTA con l’ 1,3-propansultone e l’ 1,4- butansultone e studiato le proprietà coordinative verso il Pt(II) N N N + O N S O X n O N + N n SO3- X n = 1, 2 X = P, n = 1, X = P, n = 2, X = N, n = 1, X = N, n = 2, X = P, N (1) (2) (3) (4) Nella struttura di 1 e 2, la gabbia del PTA è connessa ad un gruppo sulfonato, dando nuove fosfine caratterizzate dalla presenza nella stessa molecola di due gruppi tradizionalmente sfruttati per rendere le fosfine idrosolubili, la gabbia del PTA e il gruppo SO3- . Anche gli analoghi amminici 3 and 4, ottenuti da HMTA, sono stati preparati e caratterizzati. 3 ha dato cristalli adatti per la determinazione della struttura ai raggi x. La coordinazione di questi PTA e HMTA-derivati al platino e al rutenio ha portato ad una serie di complessi che sono stati caratterizzati e sottoposti a test di inibizione della proliferazione cellulare, su linee cisplatino sensibili e cisplatino resistenti, con risultati promettenti. 2) I metalli in matrici complesse: studio di equilibri di complesso-formazione in soluzione (Responsabile M. Remelli) Complessi di rame con la proteina prionica È stato completato lo studio sulle interazioni dello ione Cu(II) con il cosiddetto “quinto sito” della proteina prionica, finalizzato a chiarire il ruolo giocato dagli atomi di zolfo tioeterei delle metionine in posizione 109 e 112. L’indagine, condotta su peptidi modello con tecniche potenziometriche, calorimetriche e spettroscopiche (ivi compresa la registrazione di spettri NMR su sistemi contenenti Ni(II) come sonda al posto di Cu(II) che è paramagnetico) ha portato ad escludere definitivamente qualsiasi interazione diretta tra gli atomi di zolfo dei residui Met e lo ione metallico già legato al gruppo imidazolico dell’istidina. 110 Ni(II) 109 111 Strutture NMR dei complessi Ni(II)/hPrP106-113 e Ni(II)/(M109n-Leu)hPrP106-113 in soluzione. La sovrapposizione quasi perfetta del sito di coordinazione permette di escludere ogni legame tra lo ione metallico e gli atomi di zolfo delle metionine. 52 Interazione tra ioni metallici e proteina Hpn È proseguito lo studio riguardante la formazione di complessi di Cu(II) e Ni(II) con una proteina caratteristica dell’Helicobacter Pylori, Hpn, una proteina citoplasmatica, coinvolta nell’omeostasi del nichel, metallo questo ritenuto essenziale per lo sviluppo del batterio. La comprensione delle modalità di interazione tra Hpn e Ni(II) può essere la base per lo sviluppo di nuovi farmaci. Lo studio è stato condotto sul frammento Ac-THHHHYHGG-NH2 e su 6 analoghi, con lo scopo principale di chiarire il ruolo delle istidine in questo sito di legame per gli ioni metallici. Tutti i peptidi studiati sono risultati ottimi leganti per Cu(II) e Ni(II). Tra i due metalli il preferito è sempre il rame, a tutti i valori di pH, che è perciò in grado di sostituire il nichel legato alla proteina. Sebbene il rame sia ben tollerato nel nostro organismo solo in dosi ridotte, la competizione tra rame e nichel potrà eventualmente esser sfruttata a scopo farmacologico. Infine, lo studio attraverso spettroscopia ESI-MS di questi sistemi ha rivelato che, in presenza di eccesso di metallo, si possono formare complessi polinucleari. La sintesi dei peptidi sopra citati è stata eseguita presso il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Ferrara; gli studi potenziometrici, calorimetrici, spettrofotometrici e mediante tecnica ESI-MS sono stati eseguiti presso i nostri laboratori; le analisi spettroscopiche EPR e CD sono state compiute presso il laboratorio di Chimica Bioinorganica e Biomedica della Facoltà di Chimica dell’Università Wroclaw (Polonia); le misure NMR sono state realizzate presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Siena. Metallacrown I metallacrown sono complessi macrociclici con una struttura analoga a quella di corrispondenti eteri corona in cui però gli O atomi di carbonio dello scheletro sono stati sostituiti con unità di coordinazione metallo-eteroatomo. Nell’ambito dello studio dei metallacrown di Ni(II) con acidi amminoidrossammici, iniziato da H N N OH 2 qualche anno in collaborazione con l’Università di Parma, si è deciso di iniziare uno studio termodinamico e spettroscopico sul H sistema Ni(II)/β-Alaha (acido β-alanil-idrossammico) al fine di chiarire il suo comportamento in soluzione e verificare l’eventuale Acido β-alanil idrossammico. formazione di metallacrown. Le tecniche utilizzate a tale scopo saranno le seguenti: potenziometria, calorimetria in soluzione, spettrofotometria UV-Vis e spettrometria di massa ESI. Non verranno trascurati tentativi di cristallizzare i complessi formati, al fine di determinare la loro struttura cristallografica mediante diffrattometria ai raggi X. Terapia chelante di malattie dovute a sovraccarico di alluminio Solo recentemente l’alluminio è stato riconosciuto come una possibile fonte di intossicazione: infatti, esso è stato a lungo considerato un metallo non essenziale e non tossico e i suoi prodotti sono stati ampiamente utilizzati in tutte le attività umane. È stato solo a partire da circa il 1970 che questo metallo è stato sospettato essere causa di diverse malattie, specialmente nei pazienti sottoposti a dialisi. L’alluminio è stato anche ritenuto coinvolto nel morbo di Alzheimer, ma tale ipotesi non ha mai trovato conferme definitive ed è ancora ampiamente dibattuta. In collaborazione con l’Università degli Studi di Cagliari è iniziato uno studio riguardante la chimica di soluzione dell’alluminio ed il suo comportamento nella formazione di complessi, con speciale attenzione al 53 confronto col ferro trivalente. È noto infatti che i due ioni metallici hanno un comportamento simile nei confronti di possibili leganti, sebbene il secondo, molto più largamente studiato, formi quasi sempre complessi più stabili. Le conoscenze acquisite sull’alluminio e la disponibilità di diversi farmaci chelanti per il ferro potranno portare ad allargare e migliorare le applicazioni della terapia chelante dell’alluminio nei casi di intossicazione e nelle malattie in cui essi risulti coinvolto. 54 UNITA’ DI RICERCA DI FIRENZE Direttore Scientifico: Prof. Luigi Messori L’attività scientifica dell’Unità di Ricerca di Firenze del CIRCMSB, condotta presso il Laboratorio Metalli in Medicina (lab METMED, Dip. Chimica, Università di Firenze), nel corso dell’anno 2011, si è focalizzata su 3 tematiche tipiche di questo laboratorio di ricerca: I) II) III) Antitumorali Metallici Metalli e Neurodegenerazione Composti Metallici per il Trattamento della Malaria. I maggiori risultati conseguiti nei vari ambiti di ricerca nel corso del 2011 e le relative pubblicazioni scientifiche sono, di seguito, analiticamente descritti. I) Antitumorali Metallici È questo il tema su cui si sono prevalentemente concentrate le attività di ricerca dell’UR di Firenze. Le attività svolte all’interno di tale tematica, a loro volta, possono essere così suddivise: 1. Sviluppo di Composti dell’ Oro come Agenti Citotossici ed Antitumorali. 2. Nuovi Composti di Platino 3. Studi Proteomici e Metallomici. 1. Sviluppo di Composti dell’ Oro come Agenti Citotossici ed Antitumorali Presso il Laboratorio METMED è attiva, da oltre 10 anni, una linea di ricerca diretta a valutare le proprietà chimiche e biologiche di nuovi composti dell’oro come possibili agenti antitumorali. I complessi di oro(III), isolettronici ed isostrutturali con i complessi di platino(II), sono infatti interessanti candidati come possibili agenti antitumorali. Parimenti, vari composti di oro(I) mostrano significative proprietà citotossiche, come già ampiamente documentato, e meritano specifica attenzione. In anni recenti, abbiamo dimostrato che certi complessi di oro(III), opportunamente sostituiti, mostrano una accettabile stabilità in ambiente fisiologico e sono, al contempo, dotati di significative proprietà antitumorali in vitro. I risultati più rilevanti di questa linea di ricerca, ottenuti nel corso dell’anno 2011, sono riportati di seguito. - Caratterizzazione chimica e valutazione biologica di nuovi complessi di oro. In collaborazione con un gruppo di chimici inorganici dell’Università di Sassari (Prof. Cinellu) abbiamo sviluppato nuovi complessi dell’ oro come possibili agenti citotossici ed antitumorali. (riferimenti 1-3). In particolare abbiamo effettuato una estesa caratterizzazione delle proprietà strutturali e della reattività chimica di un gruppo di complessi dell’oro contenenti il ligando saccarina. (riferimento 1). 55 O Na O O N Au S O O M N O O N N N O O Au Cl O S O O N O S Na N N S O O O O Au S O O O Au N P N N 2 M = K. 1-K M = NH4, 1-NH4 O S O O N N S O O O N S O O S O 1-Na K Au O S O O O S N O O S O 3 4 Figura 1. Rappresentazione schematica dei derivati oro-saccarina. Di particollare interesse la descrizione delle reazioni che si svolgono fra tali composti ed alcune proteine modello e la caratterizzazione degli addotti risultanti, effettuata mediante spettrometria ESI MS. Il riferimento 2 invece riguarda la caratterizzazione chimica e la valutazione biologica di due composti organometallici dinucleari di oro(III). Lo studio si è avvalso della collabrazione con Oncotest di Freiburg –Germania- una azienda biofarmaceutica capace di effettuare test di citotossicità su estesi panel di linee cellulari tumorali. Tali studi hanno fornito nuova informazione meccanicistica sui composi indagati Infine il riferimento 3 concerne la sintesi e caratterizzazione chimica e biolgica di una serie di compsoti di oro(III) con ligandi piridinici. E’ particolarmente interessante notare che il comportamento redox del centro oro(III) ha un ruolo crucaile nel determinare il tipo di interazione e la natura dei prodotti con proteine modello. Implicitameten anche il profilo bioligco complessivo risulta dipndere dal comportamneto redox del centor emtallico. - Interazione di composti dell’oro con proteine mediante spettroscopia XAS. Sempre nell’ambito degli studi sui composti dell’oro come agenti citotossici ed antitumorali, abbiamo pubblicato un articolo dal titolo “X-ray absorption spectroscopy studies of the adducts formed between cytotoxic gold compounds and two major serum proteins” dove viene evidenziata l’importanza della spettroscopia XAS per ottenere informazione strutturale indipendente su addotti di composti dell’oro con proteine (riferimento 4). Figura 2. Profilio XANES di due complessi di Au(III) da soli rispetto ai loro addotti con proteine. 56 - La tioredossina reduttasi come target per metallofarmaci citotossici. Il riferimento 5 riguarda lo studio delle interazioni di rappresentativi composti dell’oro con il frammento C-terminale dell’enzima tioredossina reduttasi. IN particolare cerchiamo di identificare in maggiore dettaglio il meccanismo di inibizione dell’enzima ad opera di svariati composti dell’oro mediante spettrometria di massa ed altri metodi biofisici e biochimici. Tale studio è in qualche modo un approfondimento di studi condotti precedentemente in collaborazione con il gruppo Rigobello-Bindoli dell’università di Padova. Figura 3. Rappresentazione dell’enzima tioredossian reduttasi - Due rassegne sui composti dell’oro Infine i riferimenti 6 e7 sono due rassegne che descrivono lo stato dell’arte delle ricerche sui farmaci sperimentali a base dell’oro nell’ambito degli studi sui metallofarmaci antitumorali. Particolare rilievo è attribuito al possibile meccanismo di azione ed all’identificazione dei probabili bersagli biomolecolari. 2. Studio dei Composti Antitumorali a base di Platino. Il riferimento 8 riguarda uno studio su nuovi complessi del platino come agenti antitumorali. In particolare tale studio condotto in collaborazione con il gruppo del prof Weigand dell’università di Jena riguarda composti del platino cosiddetti “non convenzionali”, caratterizzati dalla presenza di ligandi solforati e/o di fosfine. Lo studio comprende una estesa caratterizazione chimica di questi composti come pure la valutazione delle loro proprietà antiproliferative in vitro. Il riferimento 9 riguarda invece l’utilizzo della spettrometria di massa per la studio delle interazioni con proteine modello di alcuni composti del platino. La spettrometria di massa si dimostra spesso risolutiva per la caratterizzazione degli addotti risultanti e per l’identificazione dei frammenti metallici legati alle proteine. 3. Studi proteomici e metallomici. Abbiamo messo a punto delle specifiche metodologie di indagine per valutare le interazioni di complessi di platino(II), oro(III) e rutenio(III) con alcune proteine modello. La procedura sperimentale si basa su prove di ultracentrifugazione abbinate a determinazioni spettrofotometriche oppure ICP-OES. Successivamente gli addotti formati possono essere caratterizzati mediante tecniche di spettrometria di massa e di cristallografia. Tali approcci possono poi essere estesi a studi più generali di proteomica e metallomica. Una descrizione generale delle metodologie e dei risultati più significativi da noi ottenuti è fornita nel Riferimento 10, una rassegna scritta in collaborazione con ricercatori russi e polacchi.. 57 Non –linear IPG pH 3 pH 10 200 E Control cells K D G Mr kDa F Auranofin treated cells H C A J I B 10 Auoxo 6 treated cells A B Figura 4. Gel bidimensionale di proteine provenienti da cellule di A2780 da sole e dopo trattamento con farmaci a base di oro. II) Metalli e Neurodegenerazione Nel corso del 2011, proseguendo nelle attività di ricerca avviate nell’ambito del progetto nazionale FIRB sulle malattie neurodegenerative, coordinato dal Prof. Enrico Rizzarelli, abbiamo potuto incrementare ulteriormente gli sforzi della nostra ricerca in questo settore. (Riferimenti 11 e 12). In particolare, il riferimento 11, condotto in collaborazione con Prof. Paolo Zatta (Padova), riguarda la caratterizzazione delle interazioni fra il peptide beta amiloide ed alcuni ioni metallici di grande interesse come ad esempio zinco, rame, ferro ed alluminio. Si dimostra che tali ioni metallici esercitano effetti rilevanti sulla conformazione, l’aggregazione e la tossicità del peptide beta amiloide. Le metodologie ESI MS sono risultate molto importanti per caratterizzare tali interazioni. D'altra parte il riferimento 12 è uno studio NMR che analizza le interazioni fra il peptide beta amiloide 1-28 e gli ioni ferro(III) ed alluminio(III). Nelle condizioni sperimentali che abbiamo applicato, la formazione di addotti metallici del peptide beta amiloide risulta nettamente sfavorita rispetto alla precipitazione del metallo sotto forma di idrossido. Figura 5. Studi NMR delle interazioni del peptide beta amiloide 1-28 con ioni metallici 58 III) Composti Metallici per il Trattamento delle Malattie Protozoarie. Come dimostrato in precedenti nostri lavori, i complessi metallici dell’oro hanno una interessante valenza come potenziali agenti antiprotozoari. In collaborazione con il gruppo di ricerca dei dr. Colotti e Ilari, Università di Roma abbiamo analizzato le basi molecolari dell’inibizione della tripanotione reduttasi di Leishmania ad opera di auranofin. (riferimento 13). Il riferimento 14 invece identifica l’enzima plasmodiale falcipaina come potenziale bersaglio molecolare per i composti dell’oro con attività antimalarica. D’altra parte il riferimento 15 è uno studio condotto in collaborazione con il gruppo Vincieri e Bilia, dell’Università di Firenze e con ricercatori dell’Università di Padova in cui si mostra che l'ipericina funge da inibitore dell’enzima tioredossina reduttasi e che potrebbe avere una valenza sia come antitumorale sia come antiprotozoario. Figura 6. La tripanotione reduttas, un target per i composti metallici antiprotozoari. 59 UNITA’ DI RICERCA DELL’INSUBRIA Direttore Scientifico: Prof. Giovanni Palmisano La risonanza magnetica per immagini (MRI, Magnetic Resonance Imaging) è una tecnica diagnostica ampiamente utilizzata in medicina per ottenere immagini tridimensionali di tessuti ed organi. Un numero elevato di analisi MRI viene condotto dopo aver iniettato al paziente uno specifico agente di contrasto costituito generalmente da un chelato di ioni paramagnetici il cui effetto è quello di accelerare la velocità di rilassamento dei protoni dell’acqua. I complessi di Gd +3 sono tra i mezzi di contrasto più comunemente utilizzati in diagnostica MRI. Dati recenti hanno comunque evidenziato gli effetti tossici derivanti da un lento rilascio di Gd +3 in vivo ed hanno quindi stimolato lo studio di complessi di ioni metallici paramagnetici alternativi al Gd +3 . L’attività scientifica dell’U.O. si è rivolta allo studio di nuovi complessi di Mn +2 da impiegare quali agenti di contrasto per MRI. Gli ioni Mn+2 con 5 elettroni spaiati rappresentano una valida alternativa allo ione Gd +3; inoltre lo ione Mn+2 è presente nei tessuti viventi ed un suo eventuale rilascio dal chelato, in dosi limitate, non dovrebbe dar luogo a fenomeni di tossicità. Nel dettaglio, l’U.O. si è occupata della sintesi di due nuovi leganti DO3A like (DO3A: acido 1,4,7,10-tetraazaciclododecan-1,4,7-triacetico) come riportato nello schema 1. I leganti L1 ed L2 dovrebbero consentire l’ottenimento di chelati di Mn+2 binucleari , permettendo così di compensare le inferiori proprietà magnetiche del Mn+2 rispetto al Gd +3. La caratterizzazione rilassometrica dei complessi è stata effettuata in collaborazione con l’Università degli Studi del Piemonte Orientale “A.Avogadro”. Il complesso Mn-L1 presenta un valore di relassività di 1.52 mM-1s-1 ed uno studio dettagliato ha permesso di verificare la stabilità del complesso nell’intervallo di pH 4-13. Il complesso Mn-L2 mostra un valore di relassività di 1.65 mM-1s-1 ed un comportamento analogo a Mn-L1 al variare del pH. La presenza di gruppi benzilici in L2 permette di ipotizzare una interazione non-covalente del corrispondente complesso con albumina da siero umano (HSA). L’interazione di Mn-L2 con HSA induce un notevole incremento della relassività ( 7.6 mM-1s-1). Ulteriori studi sono in corso atti ad aumentare l’efficienza di questi nuovi chelati a base Mn+2 per una loro applicazione come mezzi di contrasto per MRI. Cl tBuOOC 2 N N . HBr tBuOOC N N N ROOC Cl COOtBu N N Cl N H ROOC Cl N Cl 3 R = tBu L1 R=H i) N N ROOC Ph N N N Cl COOR N N N N N Cl Cl iii) N N N 2 N Cl 5 Ph N Cl ROOC ii) 61 Cl N N N N N Ph 4 N N Cl Cl COOR COOR ROOC Ph NH N N ROOC N N N ii) 2 N 2 1 (DO3A-tBu) HN COOR N N i) N N N N N N COOR COOR 6 R = tBu L2 R=H UNITA’ DI RICERCA DI MESSINA Direttore Scientifico: Prof. Luigi Monsù Scolaro Composizione e settore di indagine L’unità di ricerca di Messina è composta da quattro distinti gruppi di ricerca, ciascuno dei quali possiede delle competenze specifiche in settori di interesse del Consorzio. Obiettivi e Metodi Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Monsù Scolaro. Questo gruppo di ricerca si interessa ormai da vari anni dell’indagine su processi di aggregazione organizzata di tipo supramolecolare a carico di una varietà di specie, ed in particolare di composti ad elevata planarità, quali porfirine e relativi metallo-derivati, e complessi planari di platino(II), nonché dello studio delle loro proprietà in termini di struttura, reattività e caratteristiche spettroscopiche. In alcuni casi, vari polimeri di rilevanza biologica sono stati impiegati come supporti templati per indurre la formazione di sistemi ad elevato grado di strutturazione. Una parte dei componenti del gruppo di ricerca si occupa anche dello studio di meccanismi di reazione su complessi inorganici ed organometallici. Nell’ambito dei sistemi supramolecolari, sono stati progettati e indagati addotti non-covalenti tra la tetrakis(4-carbossifenil)porfirina (TPPC) anionica ed un dendrimero di tipo poliamidoammina (PAMAM) di generazione 2. Tali addotti sono stabilizzati essenzialmente da interazioni elettrostatiche e mediante una combinazione di tecniche spettroscopiche è stato possibile osservare come in soluzione siano presenti varie specie in equilibrio, dipendentemente dal rapporto relativo dei vari componenti. Calcoli di meccanica molecolare hanno fornito un modello della possibile interazione, rivelando la possibile inclusione di una molecola di porfirina all’interno del core dendritico. L’interazione dell’addotto binario TPPC/PAMAM con DNA da timo di vitello è stata indagata mediante varie tecniche spettroscopiche indicando la formazione di addotti elettrostici sulla superficie dell’acido nucleico. Nell’ottica di sviluppare sistemi in grado di interagire efficientemente con acidi nucleici mediante meccanismi intercalativi, si è messa a punto la sintesi di una porfirina contenente coordinati quattro subunità platino(II)-terpiridina. Questo sistema presenta un’elevata planarità, responsabile di una discreta tendenza all’aggregazione. Il comportamento in soluzione in presenza di vari agenti nucleofili, di ioni metallici e di tensioattivi è stato studiato mediante una varietà di tecniche spettroscopiche. Allo scopo di sviluppare sistemi multifunzionali per il trasporto di farmaci e per applicazioni biomediche, sono state impiegate delle ciclo destrine anfifiliche, in grado di strutturarsi in soluzione formando una varietà di sistemi aggregati in grado di intrappolare molecole ospiti a vari livelli di complessità. Un sistema nanostrutturato composto da una nuova ciclodestrina anfifilica funzionalizzata covalentemente con un fluoroforo di tipo dansilico, unitamente ad una porfirina anionica, è in grado di internalizzarsi efficientemente in cellule tumorali, consentendo il rilevamento simultaneo del carrier e del fotosensibilizzatore. Date le favorevoli caratteristiche spettroscopiche delle porfirine, in termini di assorbimento elettronico e/o luminescenza, in grado di variare consistentemente in funzione del micro-ambiente, questi composti si prestano favorevolmente all’impiego come sonde spettroscopiche. In questa ottica, il derivato di rame(II) di una specifica porfirina dicationica è stato impiegato come sensore chirottico in grado di amplificare l’informazione chirale proveniente da una matriche polimerica in conformazione di alfa-elica. Il poliglutammato è stato scelto come sistema modello per studiare l’interazione con aggregati mesoscopici di questa porfirina, mostrando una notevolissima risposta in termini di dicroismo circolare. Sempre nel campo dello sviluppo di sistemi in grado di fornire interessanti risposte ottiche, è stato preparato e caratterizzato un sistema nanostrutturato costituito da nanoparticelle di oro, porfirine anioniche e spermina. In questo materiale ibrido, la localizzazione del campo elettromagnetico produce una localizzazione del campo elettrico con il conseguente innalzamento dell’intensità di luce diffusa. 63 La formazione di aggregati di porfirine anioniche all’interno di ambienti confinati (come le microemulsioni) consente di ottenere un interessante sistema modello di centri fotosintetici. Il controllo accurato delle dimensioni di questi aggregati ha consentito, inoltre, di evidenziare che la loro chiralità cresce all’aumentare della loro estensione. Nell’ambito degli studi meccanicistici su complessi di platino(II) è stato effettuato un dettagliato studio cinetico e computazionale sulla reazione di protonolisi e di isomerizzazione in complessi organometallici contenenti leganti fosfinici e residui benzilici, variamente sostituiti. In questi sistemi è stato mostrato il ruolo importante giocato da un’interazione beta-agostica nella stabilizzazione degli intermedi di reazione di tipo tri-coordinato. Gruppo di Ricerca del Prof. Matteo Cusumano. Questo gruppo si dedica allo studio delle proprietà di intercalazione di una serie di complessi di metalli di transizione contenenti leganti aromatici nei confronti di acidi nucleici ed alle variazioni di reattività indotte dal microambiente specifico. In questo ambito è stata riportata l’efficiente intercalazione di un complesso di iridio(III), basato su leganti polipidirinici, nei confronti di biopolimeri sintetici e naturali. La luminescenza di questa specie viene intensificata in presenza di [poly(dA-dT)(2)] e largamente spenta a contatto con [poly(dG-dC)(2)]. Sulla base di opportune comparazioni è stato proposto che lo spegnimento dell’emissione del complesso ad opera di residui guanina nel DNA perda efficienza oltre una distanza di quattro coppie di basi dA-dT. L’effetto cellulare di un nuovo metallo intercalatore del tipo [Pt(bipy)(Ph(2)-tu)(2)]Cl(2) è stato indagato in linee cellulari umane di carcinoma ovarico sensibili al cisplatin e nella sua variante resistente, in cui era stata determinata una elevata capacità di accumulo e citotossicità. E’ stato mostrato, inoltre, che questo complesso provoca la formazione di specie di ossigeno reattive ed è in grado di inibire l’attività della topoisomerasi II. Gruppo di ricerca dei Proff. Giuseppe Bruno ed Enrico Rotondo. Questi ricercatori si occupano principalmente della caratterizzazione spettroscopica e strutturale di composti inorganici e organici tramite l’impiego di tecniche di diffrazione di raggi-X su cristallo singolo, calcoli quanto-meccanici e spettroscopia di risonanza magnetica nucleare. Nell’ambito della caratterizzazione strutturale mediante tecniche diffrattometriche sono stati prodotti una serie di lavori su composti contenenti metalli di transizione, su leganti di nuova sintesi e su nuove molecole organiche di potenziale interesse farmacologico. Nell’ambito della spettroscopia NMR, è stato messo a punto un metodo basato sull’osservazione del nucleo 31P allo scopo di fornire una misura della distribuzione dei componenti fosfolipidici su campioni di plasma e membrane di eritrociti provenineti da vari mammiferi. Altri lavori hanno riguardato la caratterizzazione in solido ed in soluzione sia di composti organici che di complessi di metalli di transizione (soprattutto rame(II) e palladio(II)). Gruppo di Ricerca del Prof. Giuseppe Teti e della Dr. Lo Passo. Questo gruppo di ricerca opera nel settore della microbiologia e della biologia molecolare e genetica, sviluppando sia attività di ricerca indipendente che di supporto agli altri gruppi dell’Unità di ricerca. 64 UNITA’ DI RICERCA DI NAPOLI Direttore Scientifico: Prof. Carlo Pedone L’attività scientifica dell’Unità operativa di Ricerca di Napoli è stata rivolta, per l'anno 2011, principalmente alla veicolazione di mezzi contrasto e farmaci mediante peptidi nell’ambito delle seguenti tematiche: 1) Progettazione e sintesi di analoghi peptidici per il riconoscimento dei recettori della minigastrina e loro caratterizzazione in vitro Una delle strategie per diagnosticare con precisione la presenza di cellule tumorali e veicolare farmaci specificamente è quella basata sull'impiego di marcatori molecolari che risultano sovraespressi nei tumori solidi. Tali ligandi possono essere utilizzati come vettori per migliorare l’accumulo di mezzi di contrasto in cellule patogene e migliorarne l’immagine. Da diversi anni l’unità di Napoli è impegnata nella progettazione, sintesi e caratterizzazione di sistemi basati su molecole bioattive (peptidi) in grado di riconoscere recettori sovraespressi da cellule tumorali. In particolare i sistemi studiati recentemente intendono riconoscere i recettori della gastrina. Per ottenere nuove sonde, che migliorassero in particolare la biodistribuzione di quelle precedentemente preparate e caratterizzate, sono stati preparati nuovi analoghi della minigastrina sostituendo alcuni amminoacidi rispetto alla sequenza nativa della minigastrina che permettessero di mantenere le stesse cariche, ma aumentare in vivo la stabilità del coniugato peptidico oppure aggiungendo altri amminoacidi sull’estremità N-terminale che aumentassero la clearence renale. I nuovi coniugati (riportati in tabella) sono stati sintetizzati mediante la tecnica di sintesi peptidica in fase solida, purificati e caratterizzati dal punto di vista chimico fisico. La loro affinità sarà studiata mediante prove di binding cellulare in vitro su cellule che sovraesprimono i recettori della gastrina e successivamnete in vivo su cavie. Sequenze degli analoghi della minigastrina sintetizzate DOTA-DGlu-Ala-Tyr-Gly-Trp-Met-Cya-Phe-NH2 DOTA-DGlu-Ala-Tyr-Gly-Trp-Met-Ser(SO3H)-Phe-NH2 DOTA- [Ser(SO3H)]3-Ala-Tyr-Gly-Trp-Met-Asp-Phe-NH2 DOTA- [Cys(SO3H)]3-Ala-Tyr-Gly-Trp-Met-Asp-Phe-NH2 2) Aggregati supramolecolari teradiagnostici funzionalizzati con molecole bioattive come tools per la diagnosi oncologica mediante la tecnica della risonanza magnetica imaging (MRI) e la veicolazione di farmaci. Questa attività in collaborazione con l’UO di Torino si articola nella progettazione, sintesi e caratterizzazione di nuovi mezzi di contrasto selettivi per la visualizzazione di patologie oncologiche mediante la tecnica della Risonanza Magnetica Imaging (RMI). Questa tecnica fornisce immagini ad altissima risoluzione, ma a causa della bassa sensibilità, richiede un elevato accumulo di mezzi contrasto sul tessuto che si intende visualizzare. Pertanto è in corso da diversi anni un progetto per la messa a punto agenti di contrasto (ACs) supramolecolari capaci di accumularsi sull’organo bersaglio ad una concentrazione almeno dell’ordine di 10-4M. Liposomi e micelle che espongono sulla loro superficie un vettore peptidico (CCK8 e octrotide) sono stati preparati e caratterizzati sia dal punto di vista strutturale che relassometrico. A) Monooleina 65 B) O O CH2(CH2)6CH3 O CH2(CH2)6CH3 HO O Dioleina Figura 1: Schematica rappresentazione della monooleina e della dioleina Recentemente le attività hanno previsto la preparazione di nuovi aggregati supramolecolari lamellari a fase inversa (cubosomi, spugne e fasi cubiche esagonali) come mezzi contrasto per l’MRI. Questi nanovettori posseggono una struttura interna ad alveare più o meno ordinata e sono stati preparati a partire da monooleina (MO) e dioleina (DO) in miscela con acqua seguendo i loro diagrammi di fase (rapporto in peso tra H2O e MO o DO pari a 98/2). Per stabilizzare gli aggregati in ognuno dei campioni è stato aggiunto il 15% in peso rispetto alla MO totale di Pluronico F127, un copolimero a blocchi. Ad ognuno dei campioni è stato inoltre aggiunto un complesso anfiflico di gadolinio (C18)2DTPA(Gd) (vedi figura 2A). La percentuale di questo complesso di gadolinio è stata fatta variare dall’1% al 20% ed è riferita alla MO o DO totale. I sistemi supramolecolari sono stati caratterizzati sia mediante tecniche chimico fisiche (DLS e cryo-TEM, Potenziale Z) per determinare il raggio idrodinamico, struttura interna dei liposomi e la loro carica, sia mediante 1HNMR, DNMR per determinarne le proprietà rilassometriche. In accordo con dati di letteratura, il diametro di tutti i campioni risulta compreso tra i 150 e 170 nm. I valori della relassività, invece, sono compresi tra 1012 mM-1s-1 per i sistemi contenenti MO e leggermente più alti (14 mM-1s-1) per quelli contenenti DO. Questo incremento è accompagnato da un significativo aumento del parametro τR che indica una maggiore rigidità del sistema contenente DO. Ulteriori misure di caratterizzazione strutturale (Cryo-TEM) hanno permesso di concludere che gli aggregati ottenuti sono spugne. A) (C18)2DTPA(Gd) COOCOON O N O O H N (CH2)4 O NH2 Gd N N H N 3+ COOCOO- B) (C18)2-Peg3000-FA HO O O O NH N H H N O n O HN O N N NH2 O N N NH2 n=68 N O Figura 2: Schematica rappresentazione di monomeri (C18)2DTPA(Gd) e (C18)2-Peg3000-FA 66 Successivamente è stato sintetizzato il monomero (C18)2-Peg3000-FA (figura 2B) contenente due catene alchiliche a 18 atomi di carbonio, uno spaziatore di polietileneglicole (Peg3000) e l’acido folico (FA). Questo monomero è stato sintetizzato direttamente su resina mediante tecniche di sintesi in fase solida, purificato mediante RP-HPLC e caratterizzato mediante LC-MS. Aggiungendo il 3% in moli di questo monomero alle spugne di MO/(C18)2DTPA(Gd) (90/10) o DO/(C18)2DTPA(Gd) (90/10) sono stati ottenuti sistemi funzionalizzati con l’acido folico per il target selettivo dei recettori del folato. Questi sistemi funzionalizzati sono stati studiati in maniera del tutto analoga a quelli non funzionalizzati, per determinarne le proprietà strutturali e relassometriche (1HNMR, DNMR). L’aggiunta del 3% del monomero (C18)2-Peg3000-FA non altera la struttura degli aggregati e la loro relassività. Successivamente tutti i sistemi supramolecolari studiati (MO/(C18)2DTPA(Gd), DO/ (C18)2DTPA(Gd), MO/(C18)2DTPA(Gd)/(C18)2-Peg3000-FA, DO/(C18)2DTPA(Gd)/ (C18)2Peg3000-FA) a seguito dell’introduzione di una bassa percentuale (0.1%) del fosfolipide rodammina (Rho-PE) nella membrana sono stati sensibili alla tecnica della fluorescenza. Questi sistemi sono stati testati in vitro mediante tecniche di microscopia confocale e imaging su cellule del tumore ovarico che sovraesprimono i recettori del folato (IGROV-1). I sistemi con MO hanno mostrato elevata tossicità cellulare, quelli contenenti DO invece si accumulano sulla cellula, ed in particolare i sistemi funzionalizzati hanno un maggior accumulo rispetto a quelli non funzionalizzati. Un obiettivo futuro sarà incapsulare un farmaco antitumorale per ottenere un sistema teranostico target selettivo. 3) Complessi di Platino ed oro veicolati da peptidi Questa linea di ricerca, in collaborazione con le unità di Bari e di Padova, prevede di direzionare mediante peptidi bioattivi capaci di riconoscere recettori sovraespressi da cellule tumorali complessi di elementi di transizione attivi dal punto di vista chemioterapico. Nella terapia antitumorale i complessi di platino esplicano una ben nota funzione di inibizione della proliferazione cellulare, ma presentano molti effetti collaterali che ne limitano l’uso. Per direzionare i complessi verso il tessuto di interesse sono state messe a punto delle metodologie per la veicolazione mediante aggregati liposomiali o strategie per legare il complesso a peptidi. L’innovazione consiste nella messa a punto di una strategia sintetica in fase solida o in soluzione in grado di superare i problemi di solubilità, che spesso si presentano nella coordinazione dell’oro e del platino a chelanti ancorati a molecole bioattive e la concorrenza di più basi di Lewis nei confronti del centro metallico. Nel corso dell’anno 2011 sono stati sintetizzati in alte rese ed elevata purezza complessi anfifilici del platino che consentono di poter inserire tali molecole nella formazione di aggregati supramolecolari superando i problemi di caricamento del complesso di platino in un liposoma. I monomeri sono stati ottenuti mediante tecniche di sintesi in fase solida con chimica Fmoc. Tutti i monomeri contengono un gruppo chelante opportuno per la coordinazione del platino e due catene alchiliche a 18 atomi di carbonio inoltre possono contenere un peptide per direzionare l’aggregato verso il sito di interesse e una catena di Peg in grado di aumentare l’idrofilicità e l’ “invisibilità” nei confronti del RES (reticolo endoteliale). Gli aggregati sono stati formulati mediante tecniche di sonicazione ed estrusione. Misure di tipo chimico fisico come la fluorescenza e lo scattering di neutroni (SANS e DLS) hanno permesso di determinare i parametri strutturali degli aggregati. Gli aggregati più interessanti saranno sottoposti a prove di citossicità. 4) Studio del meccanismo di penetrazione e fuoriuscita del virus Herpes simplex di tipo 1 utilizzando nanocristalli. Lo studio del meccanismo di penetrazione e di fuoriuscita della glicoproteina gH del Herpes Simpex virus tipo I è risultato essere di notevole importanza per l’analisi in vitro dei meccanismi coinvolti. L’analisi accurata del meccanismo di interazione della glicoproteina gH con le membrane, mediante l’utilizzo di sistemi liposomiali modello ha portato alla identificazione della sequenza 625-644, altamente capace di interagire con le membrane. Quest’ultima è stata opportunamente marcata per consentirne la visualizzazione, mediante molecole fluorescenti (NBD) 67 e Qdots, in microscopia confocale. I Qdots sono stati scelti per le loro proprietà ottiche ed elettroniche che li rendono dei fluorofori unici sia in vitro per seguire un’ampia varietà di esperimenti biologici, che in vivo. Essi posseggono, rispetto alle tradizionali molecole organiche, elevata stabilità e la capacità di identificare contemporaneamente segnali multipli. Inoltre nella regione del vicino infrarosso (700–900 nm) la maggior parte delle biomolecole non presenta uno spettro di assorbimento, il che permette di usare i QDs per l’imaging in vivo. Notevoli successi sono stati ottenuti nell’utilizzo dei Qdots per la marcatura extracellulare; al contrario il delivery intracellulare presenta numerosi problemi ed ancora non esistono protocolli generali per riuscire ad effettuarlo. I coniugati peptidici gH 625-644-NBD, e gH 625 -644-QDot sono stati sintetizzati mediante sintesi in fase solida con chimica Fmoc. Inoltre è stato sintetizzato il peptide Tat-NBD e Tat-QD (cell penetrating) come peptide controllo. Figura 1: Immagini di microscopia confocale dei peptidi gH625-644 e TAT legati rispettivamente al QD ed NBD; Nel pannello A è evidenziato il peptide in verde; Pannello B il LysoTracker in rosso ; Pannello C una sovrapposizione delle due immagini Dall’analisi al microscopio confocale (Figura 1) si evince che entrambi i peptidi gH625-644 e Tat (peptide utilizzato come controllo) sono efficientemente internalizzati all’interno della cellula, ed inoltre si osserva anche una significativa colocalizzazione con il LysoTracker, indicando quindi una parziale presenza all’interno dei comparti endosomiali. Questi esperimenti sono stati anche condotti su cellule vive (Figura 2), perchè recenti studi indicano che il protocollo utilizzato per il fissaggio cellulare può parzialmente alterare l’internalizzazione cellulare. 68 Dalle immagini si evidenzia come la percentuale di peptide internalizzato nel caso del TAT sia minore con le cellule vive, indicando che una grande quantità di peptide diffonde nelle cellule durante il protocollo di fissaggio. Figura 2: Immagini di microscopia confocale dei peptidi gH625-644 e TAT legati rispettivamente al QD ed NBD, condotte su cellule vive a 1, 5 e 17 h di incubazione a 37°C Inoltre per meglio comprendere il meccanismo di ingresso sono stati condotti studi trattando le cellule con NaN3 ed anche a 4 OC al fine di inibire il processo di endocitosi (Figura 3). Il peptide Tat mostra una maggiore localizzazione all’interno degli endosomi come mostrano gli esperimenti condotti con NaN3 e quelli condotti 4 OC, quando le attività della cellula sono ridotte. Viceversa il peptide NBD-gH 626-644è in grado di attraversare le membrane senza essere intrappolato negli endosomi. Figura 3. Inibizione dell’endocitosi condotto con cellule HeLa per 1 h con 50 nm QD-peptide e con 10 μM NBD-peptide. (A) Cellule non trattate (B) Cellule trattate con 40 μM NaN3. Panello C gH625-QD e TAT-QD alla concentrazione di 100 nm incubati a 4 °C con cellule HeLa 69 Quindi il peptide gH625-644 è in grado di trasportare i Qdots attraverso la membrana plasmatica e di posizionarsi largamente nella frazione citoplasmatica della cellula, essenzialmente per via non endosomica. Inoltre è stato effettuato uno studio per determinare la concentrazione peptidica minima, ottimale da legare ai Qdots. E’ sicuramente di notevole interesse l’approfondimento di questo studio sia per la capacità del complesso di attraversare le membrane, senza essere intrappolato in maniera significativa in comparti lisososomiali, che vanno poi incontro a fenomeni di degradazione, sia per lo sviluppo di un sistema di interazione recettoriale. 70 UNITA’ DI RICERCA DI PADOVA Direttore Scientifico: Prof.ssa Dolores Fregona 1. Tematica “Nuovi Farmaci inorganici in oncologia” Parte 1 Sintesi, caratterizzazione e studio dell’attività biologica di composti di coordinazione per applicazioni in terapia e diagnostica oncologica Dolores Fregona, Luca Ronconi, Chiara Nardon, Eszter M. Nagy, Giulia Boscutti L’attività svolta nel corso del 2011 dal nostro gruppo pur avendo mantenuto la continuità con l’anno precedente si è focalizzata su due linee principali: 1) Agenti antitumorali a base metallica con leganti funzionalizzati per il loro indirizzo selettivo verso la cellula tumorale. 2) Sviluppo di nuovi biosensori per la rilevazione precoce di marker tumorali. 1) Agenti antitumorali a base metallica con leganti target specifici. Lo sviluppo di farmaci antitumorali a base metallica iniziò nella seconda metà del secolo scorso grazie alla scoperta da parte di Rosenberg delle promettenti proprietà del cisplatino che venne approvato nel 1978 dalla Food and Drug Administration (FDA) per il trattamento del cancro al testicolo e all’ovaio, oltre che nella cura del tumore alla vescica, al cervello, alla mammella e al polmone (nella variante a cellule non piccole) in combinazione con altri agenti chemoterapici. Pur essendo farmaci altamente efficaci, il cisplatino ed suoi succedanei causano tuttavia la comparsa di gravi effetti collaterali nei pazienti, tra cui nausea, alopecia, ototossicità, neurotossicità, mielosoppressione, nefrotossicità, e l’insorgenza di resistenza al farmaco acquisita in seguito ai primi cicli di terapia. Negli anni successivi sono stati perciò sviluppati numerosi composti analoghi al cisplatino, in cui sono stati variati la natura dei leganti e/o il tipo di centro metallico (es: oro, palladio, rutenio,rame, ecc) allo scopo di minimizzarne gli effetti collaterali più gravi, tra cui in primis la tossicità a livello renale e gastrointestinale, e superare il problema sia della resistenza intrinseca che acquisita. Ciò ha sviluppato la ricerca frenetica di nuove molecole a carattere terapeutico in grado di proporsi come nuovi eventuali chemioterapici nella incessante lotta contro il cancro; a tutt’oggi si contano migliaia di nuovi composti sintetizzati ogni anno nel mondo, ma solo un numero molto esiguo di tali composti mostra una attività terapeutica interessante e spesso la tossicità che accompagna la loro somministrazione non ne fa dei candidati credibili per la sostituzione degli attuali farmaci usati in ambito clinico. In questo contesto, noi abbiamo progettato, sintetizzato, caratterizzato e testato biologicamente come nuovi agenti antitumorali, dei derivati ditiocarbammici di Rutenio [Ru(II,III)], Rame [Cu(II)], Zinco [Zn(II)] e Oro [Au(III)]. Sebbene in molti casi i composti sintetizzati abbiano mostrato livelli di attività in vitro comparabili se non superiori a quelli del cisplatino, i risultati più significativi sono stati ottenuti con i derivati di Au(III). Date le loro proprietà di elevata stabilità in soluzione, riproducibilità di sintesi e di promettente attività antineoplastica, i nuovi composti a base di oro sono stati protetti con un brevetto PCT recentemente esteso nei vari Paesi europei, negli stati Uniti, in Canada, in Cina ecc. Gli studi eseguiti presso il Dipartimento di Patologia del Barbara Ann Karmanos Cancer Institute, Wayne State University di Detroit, su estratti cellulari di tumore mammario, hanno permesso di identificare il “proteasoma” come target primario intracellulare. Il proteasoma è un enzima scoperto recentemente con la funzione di “digerire” varie proteine “contrassegnate” con molecole di ubiquitina. È un bersaglio cellulare estremamente importante in 71 quanto è sovraespresso nelle neoplasie e la sua attività regola finemente l’omeostasi cellulare. I nostri composti di Au(III) sono potenti inibitori di tale enzima (IC50 nell’ordine del M) determinando uno squilibrio a livello intracellulare che porta alla morte della cellula sia in vitro che in vivo. Tale risultato è molto rilevante dato che attualmente soltanto il farmaco Velcade®, in uso clinico per il trattamento del mieloma multiplo farmacoresistente e recidivante, è un inibitore del proteasoma. Infine i nostri composti di Au(III) hanno evidenziato una capacità di inibizione della crescita tumorale dell’85% su tumori xerografici umani (tumore mammella MDA-MB-23 molto invasivo ed altamente metastatizzante con prognosi infausta). Inoltre durante il trattamento non sono stati osservati segni di tossicità e i topi non hanno perso peso, né hanno mostrato prostrazione o diminuzione dell’attività. Nuove ricerche in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, hanno permesso di rilevare altri target a livello mitocondriale con un’inibizione delle principali funzioni mitocondriali. Gli studi delle proprietà antitumorali in vitro e in vivo e di tossicità acuta in vivo, sono tuttora in corso con risultati estremamente positivi. Inoltre la valutazione delle vie e tempi di escrezione in vivo su ratti sani trattati per via intraperitoneale ha mostrato che nelle 48 h, viene escreto l'89.2% del metallo attraverso le feci e solo il 10.3% per via urinaria.(4.0% nelle prime 24 h e 6.3% durante le seconde 24 h), mentre meno dell'1% non viene rilevato. Inoltre sia nei macrofagi che nel liquido peritoneale non sono state rilevate tracce di oro. Infine gli studi istopatologici hanno evidenziato che i tessuti degli organi espiantati dai ratti trattati con i composti di oro non mostrano alcuna significativa variazione istologica rispetto ai controlli, apparendo ben conservati e compatibili con le condizioni normali. Altri test di attività antitumorale in vivo sul tumore xenografico della prostata PC3, condotti presso il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, hanno evidenziato una riduzione della proliferazione tumorale dell’85%. Infine, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Padova stiamo conducendo degli studi di farmacocinetica e di uptake cellulare. Nella ricerca di potenziali antitumorali con attività superiore a quella del cisplatino e minore tossicità, una grande attenzione viene attualmente rivolta anche ai complessi di rutenio che presentano interessanti proprietà antimetastatiche. Sulla base di tale considerazione, negli ultimi anni il nostro gruppo di ricerca ha sintetizzato nuovi complessi di Ru(III) del tipo [Ru(DT) 3] e α/[Ru2(DT)5]Cl, (DT= legante ditiocarbammico) che sono stati completamente caratterizzati tramite IR, NMR, massa, termogravimetria e cristallografia ai raggiX. I composti ottenuti sono stati poi sottoposti ad uno screening di attività citotossica su varie linee cellulari di tumori umani: i test hanno dimostrato una buona attività per i dimeri ionici α/-[Ru2(DT)5]Cl ed una maggiore selettività d’azione dei complessi neutri verso le linee leucemiche. I risultati preliminari, molto incoraggianti ci hanno indotto ad intraprendere uno studio sistematico in soluzione, attraverso tecniche UV-Vis e CD, finalizzato al chiarimento del meccanismo di azione e al riconoscimento dei principali target biologici. Gli studi sono stati condotti in presenza di DMSO, tampone fosfato e terreno di coltura completo (DMEM). Inoltre ne è stata studiata la reattività in presenza di albumina sierica (BSA). Per alcuni complessi sono stati inoltre ottenuti cristalli adatti alla risoluzione della loro struttura e per i composti monometrici di Ru(III) è stata misurata la suscettibilità magnetica. E’ stata inoltre condotta una sintesi innovativa di complessi ditiocarbammici di Ru(III) di seconda generazione con leganti dipeptidici al fine di accrescere l’uptake cellulare della sostanza e la biodisponibilità, incrementandone di conseguenza l’effetto terapeutico. 72 I complessi mononucleari tris-chelati, di formula [RuIIIL3], sono stati sintetizzati per mezzo di una reazione tra il legante, ottenuto in situ in soluzione acquosa, ed il precursore di Ru(III), Na[transRuIII(DMSO)2Cl4]; i complessi sono stati poi caratterizzati tramite spettroscopia 1H-NMR, FT-IR ed analisi elementare, confermando la natura del prodotto ottenuto. Per l’ottenimento dei complessi dinucleari è stata invece condotta una reazione templata tra RuCl 3 ed il legante in acqua e i prodotti di reazione sono stati caratterizzati tramite spettroscopia 1H-NMR, analisi elementare ed analisi ESI-MS. Sono stati ottenuti i complessi mononucleari di Ru(III) e di Ru(II) e i complessi dinucleari di Ru(III), nelle due diverse forme isomeriche, α e β. Tali complessi di seconda generazione sono stati testati su una linea cellulare di tumore al polmone non a piccole cellule (NSCLC), una tipologia di cancro che si presenta particolarmente aggressiva ed altamente metastatizzante, che tutt’oggi rimane difficilmente curabile. I complessi, testati sulla linea NCIH1975, hanno dimostrato una citotossicità maggiore rispetto al chemioterapico di riferimento e i derivati di Ru(III) sono risultati più attivi rispetto agli analoghi di Ru(II). Tali risultati hanno potuto evidenziare come il diverso intorno chimico e lo stato di ossidazione possano avere un effetto molto importante sull’attività citotossica. I risultati positivi ottenuti ci hanno permesso di programmare ulteriori studi tesi all’identificazione dei potenziali target biologici per il chiarimento del meccanismo di azione. 2) Sviluppo di nuovi biosensori per la rilevazione precoce di marker tumorali. Lo scopo di questo progetto di ricerca è quello di proseguire nello sviluppo di un nuovo metodo per la diagnosi precoce dei tumori con il fine di ottenere un dispositivo semplice da utilizzare anche a livello ambulatoriale, con un limite di rilevabilità inferiore e più rapido dei test attualmente utilizzati. Per raggiungere questo obiettivo sono state studiate due possibili vie chiamate LIA (Luminescence ImmunoAssay) e CHIA (Chemiluminescence ImmunoAssay). Entrambi gli approcci sfruttano le particolari caratteristiche chimico-fisiche dei lantanidi per utilizzarli come sonde luminescenti in un test immunologico. I lantanidi ed i loro derivati offrono dei vantaggi considerevoli se confrontati con i comuni fluorofori organici come, per esempio, la fluoresceina. Dato che il tempo di vita dello stato luminescente è molto lungo, nell’ordine dei ms-μs, è possibile raccogliere il segnale di luminescenza della sonda dopo un intervallo di tempo sufficientemente elevato da eliminare la fluorescenza del background, specialmente quella fornita da fluorofori endogeni come gli amminoacidi Phe, Tyr, Trp ed altre specie presenti nei campioni biologici. Questo permette un incremento del rapporto segnale/rumore poiché il segnale derivante dalla sonda contenente il lantanide può essere facilmente separato da quello degli altri fluorofori endogeni che hanno tempi di vita nell’ordine dei ns. Un’altra caratteristica che rende i lantanidi particolarmente adatti per essere utilizzati come sonde luminescenti è l’ampio spostamento di Stoke, cioè una grande differenza tra i massimi delle due lunghezze d’onda di eccitazione e di emissione, che determina una sovrapposizione minima tra le due bande. Inoltre i lantanidi e i loro complessi possono essere utilizzati in test multianalita poiché la banda di emissione è piuttosto stretta e varia da lantanide a lantanide. Entrambi i metodi, LIA e CHIA, si basano sul principio del trasferimento di energia per risonanza chiamato LRET (Luminescence Resonance Energy Transfer). La differenza tra i due metodi sviluppati consiste nel fatto che nel LIA il trasferimento energetico avviene dal legante al centro metallico del complesso contenente il lantanide, mentre nel CHIA il donatore è un amminoacido aromatico, in particolar modo i residui di Trp. Precedentemente sono state poste le basi teoriche per lo sviluppo dei due metodi e sono stati sintetizzati alcuni complessi intrinsecamente luminescenti da utilizzare nell’approccio LIA. Quest’anno ci si è concentrati invece sullo sviluppo di complessi adatti all’approccio CHIA. Da un 73 punto di vista biotecnologico il CHIA è un metodo piuttosto innovativo che punta ad ottenere una variazione nel segnale di luminescenza (ΔI o Δλ) del campione (mAb+Ag) solo nel caso si verifichi una reazione supramolecolare tra antigene(Ag) ed anticorpo(Ab). Si è scelto di utilizzare, come modello per la ricerca, il cancro del colon-retto in quanto è uno dei carcinomi più diffusi a livello mondiale di cui si conosca il corrispondente marker: il GICA (GastroIntestinal Cancer Antigen) chiamato anche CA 19-9. Si è deciso di utilizzare i residui di Ser come siti per la bioconiugazione dei complessi all’anticorpo e i residui di Trp come potenziali donatori per il processo LRET grazie alle loro appropriate caratteristiche chimico-fisiche. In seguito è stata ottimizzata la procedura di digestione dell’anticorpo per ottenere frammenti F(ab’)2 mediante l’utilizzo del kit Immunopure IgG1 basato sulla ficina proteasi. Poiché nell’approccio CHIA è necessario che i leganti dei complessi siano privi di gruppi aromatici in grado di dar trasferimento energetico per risonanza con il centro metallico, per rispettare questa condizione sono stati sintetizzati una serie di complessi di europio(III) e di praseodimio(III) con leganti acetilacetonato e con leganti non aromatici polidentati, che sono in grado di legarsi saldamente al centro lantanidico. Tali complessi sono stati caratterizzati mediante analisi elementare e termogravimetrica, spettroscopia 1H-NMR e FT-IR, e spettrofotometria UV-Vis e di luminescenza. Lo sviluppo del progetto continuerà con la sintesi di nuovi complessi e la loro bioconiugazione ai residui di serina di peptidi modello. Infine si è programmato di immobilizzare gli anticorpi su una superficie di biossido di titanio depositato su un vetrino poiché le proprietà chimico-fisiche del supporto risultante ben si adattano all’approccio CHIA. Parte 2 Sintesi, caratterizzazione e studio dell’attività biologica di complessi di metalli di transizione quali potenziali agenti antitumorali Valentina Gandin, Cristina Marzano, Marina Porchia Nell’ambito della ricerca di nuovi composti metal-based dotati di proprietà farmacologiche migliori rispetto al cisplatino, negli ultimi anni l’attività del nostro gruppo si è focalizzata sulla progettazione, sintesi e studio delle proprietà biologiche di nuovi complessi di Cu(I). In particolare, nel corso dell’anno 2011, l’attività di ricerca si è sviluppata secondo due tematiche principali: 1) Composti omolettici carichi di Cu(I) del tipo [CuP4]+ a) Approfondimenti del meccanismo d’azione e studi in vivo dell’efficacia antitumorale del lead compound [Cu(thp)4](PF6); 2) Composti eterolettici “3+1” neutri contenenti fosfine terziarie e trisazolilborati a) Studi inerenti il meccanismo d’azione e l’attività antitumorale in vitro ed in vivo di [Cu(HBpz3)(PCN)]; b) Sintesi, caratterizzazione e valutazione dell’attività antiproliferativa in vitro di nuovi complessi; 1a) Approfondimenti del meccanismo d’azione e studi in vivo dell’efficacia antitumorale del lead compound [Cu(thp)4](PF6). Nel corso di studi precedenti che hanno interessato diverse serie complessi fosfinici di Cu(I), è stato messo in evidenza che il complesso [Cu(thp)4][PF6] risulta il più attivo nell'inibire la proliferazione cellulare tumorale, anche nel caso di particolari linee cellulari tumorali selezionate per la loro resistenza al cis-platino e di tipo MDR. In particolare, testato nei confronti di un pannello di linee cellulari tumorali di adenocarcinoma colon-rettale rappresentative di diversi stadi di progressione 74 della malattia, si è dimostrato fino a 30 volte più efficace dell’oxaliplatino, farmaco d’elezione per il trattamento del tumore al colon-retto. Inoltre, dato di particolare interesse, è risultato estremamente attivo anche in cellule che hanno sviluppato resistenza nei confronti di questo derivato di platino di terza generazione. Studi condotti su cellule umane non trasformate hanno rivelato che [Cu(thp)4][PF6] dimostra una spiccata selettività nei confronti delle cellule tumorali, con un SI (indice di selettività: rapporto tra le IC50 calcolate per le cellule tumorali e le corrispondenti non trasformate) calcolato per tale complesso notevolmente più favorevole rispetto a quello dei chemioterapici di riferimento (cis-platino e oxaliplatino). Studi di caratterizzazione dell'effetto cellulare promosso da [Cu(thp)4][PF6], portano a concludere che tale complesso sia in grado di indurre selettivamente in cellule neoplastiche un caratteristico meccanismo di morte cellulare programmata (PCD) di tipo non apoptotico definito paraptosi (di tipo III B). Inoltre, si è avuta dimostrazione che [Cu(thp)4][PF6] induce un accumulo di proteine poli-coniugate all'ubiquitina come conseguenza del blocco delle attività proteolitiche del proteasoma 26S. Ciò determina l'induzione dello stress del reticolo endoplasmatico (ER) e la conseguente attivazione dell'UPR (Unfolded Protein Response), processo avviato dalla cellula stessa nel tentativo di ricondurre l'ER al suo normale stato fisiologico. Il processo di morte cellulare paraptotico si manifesta, dunque, con swelling dell’ER, massiccia vacuolizzazione citoplasmatica ed iperpolarizzazione del potenziale mitocondriale di membrana, mentre sembra essere indipendente dalla attivazione delle caspasi e dalla cascata delle MAP kinasi. Più di recente, si è concretizzato il primo importante passo mirato ad inserire questa ricerca in un contesto più strettamente applicativo. E’ stata, infatti, studiata l'attività in vivo di [Cu(thp)4][PF6] nei confronti di un modello tumorale murino (LLC, tumore polmonare di Lewis). I risultati della sperimentazione hanno indicato chiaramente che il trattamento con [Cu(thp)4][PF6] induce una netta riduzione della massa tumorale negli animali portatori del tumore, aumentandone i tempi di sopravvivenza, e, in alcuni casi, comportando persino la guarigione completa degli animali stessi. Questa elevata attività antitumorale si manifesta, però, a fronte di una minore tossicità sistemica rispetto a quella determinata dal cis-platino, farmaco di riferimento. La pressoché totale mancanza di gravi effetti avversi sembra essere giustificabile in base ai risultati ottenuti mediante esperimenti di biodistribuzione che hanno indicato un accumulo preferenziale di [Cu(thp)4][PF6] in sede tumorale. Questa spiccata capacità di accumulo a livello tumorale sembra essere riconducibile alla possibilità che questo complesso fosfinico di Cu(I) possa essere internalizzato a livello cellulare mediante hCtr1, il trasportatore transmembrana del rame endogeno. Questa particolarità appare di grande interesse, soprattutto se connessa a recenti osservazioni che mostrano come hCtr1 sia particolarmente espresso in molti tipi di tumore umano, soprattutto ovaio e colon. La notevole idrofilia e stabilità in mezzo acquoso di [Cu(thp)4][PF6] nonché il suo tropismo nei confronti del tumore e di conseguenza la sua eccezionale attività antitumorale in vivo, hanno portato al deposito da parte dell’Università degli Studi di Padova di un brevetto internazionale al fine di tutelare la proprietà intellettuale di questa ricerca che è risultata talmente interessante da stimolare l’attenzione di enti competenti per la valutazione clinica della sua efficacia antitumorale. 2a) Studi inerenti il meccanismo d’azione e l’attività antitumorale in vitro ed in vivo di [Cu(HBpz3)(PCN)]; Nel corso di studi precedenti era stata sintetizzata e caratterizzata una nuova classe di complessi di Cu(I) a sfera di coordinazione mista contenenti sia leganti fosfinici che un legante chelante bi o tridentato. Studi di valutazione dell’attività antitumorale in vitro hanno permesso di individuare una relazione tra la struttura e la loro attività. In particolare, il complesso più attivo è risultato 75 [Cu(BHpz3)(PCN)] (PCN = tris-cianoetilfosfina, HBPz3 = trispirazolilborato) composto neutro, lipofilico, a sfera di coordinazione ‘3+1’. La sua attività antitumorale in vitro, valutata nei confronti di un ampio pannello di linee cellulari tumorali, è risultata significativamente più elevata rispetto a quella del cis-platino, anche nei confronti di linee cellulari resistenti a tale platino derivato o appartenenti al fenotipo MDR. Inoltre, [Cu(HBpz3)(PCN)] ha dimostrato una elevata attività antiproliferativa, fino a 12 volte superiore a quella del cis-platino, anche nei confronti di due linee cellulari tumorali primarie, entrambe estratte dall’ascite del tumore di carcinoma ovarico di due pazienti che hanno presentato recidiva in seguito al trattamento con tassolo e carboplatino. Studi condotti al fine di caratterizzare il meccanismo d’azione di [Cu(HBpz3)(PCN)] dimostrano che il processo apoptotico non rappresenta il meccanismo principale di morte cellulare indotto da tale complesso. Non si denotano, infatti, segni classici di apoptosi quali l’attivazione della caspasi3, l’aumento della popolazione cellulare in fase Sub-G1, la condensazione e la frammentazione della cromatina con conseguente formazione dei corpi apoptotici. Inoltre, nemmeno il processo necrotico sembra prendere parte, dato che non si notano alterazioni nella permeabilità della membrana cellulare. Come è emerso per altri complessi fosfinici di rame(I), tra cui [Cu(thp) 4][PF6], anche [Cu(HBpz3)(PCN)] induce un tipo di morte cellulare programmata diverso sia dalla necrosi che dall’apoptosi e che viene definito come paraptosi. [Cu(HBpz3)(PCN)] determina quindi uno swelling del ER che sembra essere correlato al blocco del sistema proteasoma-ubiquitina (UPS) ma anche alla parziale inibizione dell’attività proteolitica della catepsina B, una proteasi cisteinica lisosomiale che risulta particolarmente espressa in numerosi tipi di tumori solidi. Il blocco di entrambi i sistemi deputati all’omeostasi proteica cellulare determina l’induzione di uno squilibrio proteolitico che ha come conseguenza l’attivazione dell’UPR e, in ultima battuta, l’attivazione del processo di morte paraptotico. Risultati davvero interessanti sono stati ottenuti, infine, valutando l’attività antitumorale di [Cu(HBpz3)(PCN)] in vivo, nei confronti di un tumore solido murino. Tale complesso ha dimostrato un’attività antitumorale pressoché simile a quella del cis-platino, associata però ad una minor tossicità sistemica. 2b) Sintesi, caratterizzazione e valutazione dell’attività antiproliferativa in vitro di nuovi complessi 3+1 di Cu(I) contenenti leganti tris(azolil)borati e fosfine primarie. Lo screening riguardante l’attività antiproliferativa in vitro di una serie di composti di Cu(I) con sfera di coordinazione 2+1+1 e 3+1, ha nel corso degli anni scorsi evidenziato che le specie dotate di miglior attività antiproliferativa sono quelle costituite da un legante tridentato e da una fosfina monodentata. In particolare, il derivato più attivo tra i composti studiati si è rivelato il composto neutro [Cu(HBpz3)(PCN)] (cfr paragrafo 2a). Al fine di migliorare ulteriormente l’attività citotossica è stata sintetizzata una serie di nuovi complessi 3+1 di Cu(I) e si è cercato di trovare una correlazione tra le proprietà chimico fisiche dei leganti (lipofilicità, ingombro sterico, carica) e l’attività dei complessi ottenuti. Considerando [Cu(HBpz3)(PCN)] come composto di riferimento, sono stati variati sistematicamente: 1) la fosfina; 2) i sostituenti agli anelli pirazolici; 3) la natura dell’anello legato all’atomo di boro ottenendo la serie di composti riportati in tabella: 76 Composto di riferimento [Cu(HBpz)3(PCN)] Variazione fosfina [Cu(HBpz3)(PTA)] PTA = 1,3,5-triaza-7-phosphaadamantano [Cu(HBpz3)(DAPTA)] DAPTA = 3,7-diacetil-1,3,7-trazafosfabiciclo[3.3.1]nonano [Cu(HBpz3)(thp)] thp = tris-idrossimetilfosfina [Cu(HBpz3)(PPh3)] PPh3 = trifenilfosfina Cu(HBpz3)[P(C6H4F)3] [Cu(HBpz3)(PTA-SO2)] PTA-SO2 =2-tia-1,3,5-triaza-fosfaadamantano2,2diossido Variazione sostituenti anello pirazolico (fosfina = PCN, PTA) Cu(PCN)[HB(CF3-Pz)3] Cu(PTA)[HB(CF3-Pz)3] Cu(PCN)[HB(Me2-Pz)3] Cu(PTA)[HB(Me2-Pz)3] Cu(PCN)[HB(NO2-Pz)3] Cu(PTA)[HB(NO2-Pz)3] Sostituzione anello (fosfina = PCN, PTA) [Cu(HBBenTz3)(PCN)] BenTz = benzotriazolo [Cu(HBBenTz3)(PTA)] La scelta dei leganti è stata fatta tenendo conto sia del loro ingombro sterico che della loro lipofilicità. Per questo è stato calcolato il LogP con il programma ALOGPS: VCCLAB, Virtual Computational Chemistry Laboratory; http://www.vcclab.org, 2005. LogP Tolman’s angle thp DAPTA PTASO2 PTA PCN PPh3 P(C6H4F)3 -1.98 -1.44 -1.11 -0.78 -0.18 5.34 5.64 102 132--175 145 145 HBPz3 HB(3-NO2-Pz)3 HB(3,5Me-Pz)3 HB(3-CF3-Pz)3 HB(benzotriazole)3 0.57 1.65 2.51 3.6 77 I composti di rame sono stati ottenuti a temperatura ambiente a partire da CuCl o da [Cu(CH3CN)4][BF4] e sono stati completamente caratterizzati tramite analisi elementare, 1H e 31P NMR, FT-IR e spettrometria di massa. E’ interessante notare che negli spettri di massa (ESI+) dei complessi sono sempre presenti segnali corrispondenti al picco molecolare [MH] + e a frammenti ottenuti soprattutto per perdita della fosfina, diversamente da quanto osservato precedentemente con i complessi del tipo ‘2+1+1’, dove il picco molecolare non è mai rilevabile e la frammentazione principale avviene tramite la perdita del legante bidentato piuttosto che per la perdita di una fosfina. Inoltre, si è ottenuta la determinazione strutturale ai raggi X del composto [Cu(PCN)[HB(NO2-Pz)3] da cui si evince chiaramente che il trispirazolilborato lega tridentato il rame mentre il quarto sito di coordinazione del metallo è occupato da una fosfina PCN. I complessi ottenuti sono neutri e insolubili in H2O, ma solubili nei comuni solventi organici quali MeCN e DMSO, ed in genere sono stabili all’ossidazione sia in solido che in soluzione. In via del tutto preliminare è stata valutata anche la loro attività citotossica nei confronti di un pannello di linee cellule tumorali di origine umana. Tutti i complessi finora testati hanno dimostrato una buona attività citotossica nei confronti delle linee cellulari considerate, con valori di IC 50 nell’ordine del micromolare. Ulteriori studi sono in corso per cercare di correlare le proprietà chimico-fisiche dei complessi con l’efficacia antiproliferativa. Parte 3 Ruolo dei leganti ancillari nell’interazione di complessi analoghi al cisplatino con nucleobasi modello. Longato Bruno, Montagner Diego Quest’anno la tematica dell’interazione delle nucleobasi modello con complessi di Pt(II) stabilizzati da leganti ancillari donatori al fosforo quali fosfine, si e’ concentrato sull’ottenimento di nuovi complessi amidinici (relazione del 2009 e 2010), sull’isolamento dei leganti amidinici nelle loro forme protonata e neutra e nello studio dell’attivita’ biologica dei complessi e dei leganti ottenuti in collaborazione con la prof. Marzano del dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Universita’ di Padova. Come oramai noto, la reazione di condensazione tra idrosso complessi stabilizzati da leganti fosfinici e le nucleobasi modello 1-metilcitosina (1-MeCy) e 9-metiladenina (9-MeAd) in solventi nitrilici quali acetonitrile e benzonitrile porta alla formazione di complessi amidinici come descritto nello schema seguente (L = PPh3). 78 H NH2 L N Pt N + R N(4) 1a: R = Me L(3)N O N CH3 L Pt L 1-MeCy H O L N Pt O H 1b: R = Ph O 2+ H3C L RCN, at 20° C NH2 H L N Pt N N N N + R 2a: R = Me N(6) L(1)N CH3 2b: R = Ph N(7) (3)N 9-MeAd N H 3C Per protonazione con due equivalenti di HCl si possono ottenere i leganti amidinici liberi nella loro forma protonata e poi per neutralizzazione delle stesse con NaOH si ottengono le amidine nella loro forma neutra. Questa via di sintesi di amidine mediate dal ruolo metallico non ha precedenti in letteratura e queste amidine con le nucleobasi modello del DNA sono uniche nel loro genere. Le amidine neutre sono state caratterizzate oltre che in soluzione anche ai raggi X come riportato in Figura 1. Questi leganti amidinici neutri, possono esistere sotto forma di due specie tautomeriche, la forma aminica e quella iminica (Schema sottostante). Allo stato solido, ma anche in soluzione la forma stabilizzata e’ quella aminica. . Figura 1. Struttura ai raggi X delle amidine neutre [H2N=C(Ph)1-MeCy(-2H) e [H2N=C(Ph)9MeAd(-2H). 79 Dallo spettro eterocorrelato HMBC 15N-1H HMBC delle amidine neutre [H2N=C(Ph)1-MeCy(2H) (5b) e [H2N=C(Ph)9-MeAd(-2H) (6b) si evince che anche in soluzione la forma aminica e’ quella stabilizzata dal momento che entrambi i protoni NH correlano con lo stesso azoto a = -268 ppm (Figura 2). Figura 2. HMBC 15N-1H HMBC di 5b in CDCl3. Dal momento che in letteratura sono riportati precedenti di complessi amidinici che manifestano elevate citotossicita’, abbiamo testato i nostril complessi amidinici e le corrispondenti amidine libere (sia neutre che protonate) su diverse line tumorali cellulari (quest’analisi attraverso l’MTT test e’ stata eseguita in collaborazione con la Prof. Marzano del Dipartimento di Scienze Farmaceutiche). Mentre le amidine libere non manifstano attivita’ (o solo parziale) i complessi amidinici ed in particolare quelli stabilizzati dal benzonitrile e dalla nucleobase 1-metilcitosina (1b) risultano essere molto attivi (a volte piu’ attivi del cisplatino di riferimento) anche su linee cellulari cisplatino resistenti come le C13 o le A431/Pt). Inoltre i complessi sono stati testate carcinoma del colon multidrug resistant (MDR) dimostrando che questi complessi superano anche questa ulterior resistenza. I valri di IC50 dei complessi esaminati e delle amidine libere ottenuti su diverse linne tumorali sono riportati nella tabella seguente. Questi risultati insieme ad altre analisi sono riportati nelle pubblicazioni 2011. 80 2. Tematica “Radiofarmaci nella diagnostica e terapia tumorale” Sintesi, caratterizzazione e valutazione biologica di nuovi radio-complessi quali potenziali agenti per la diagnostica SPECT e la terapia. Cristina Bolzati, Davide Carta, Nicolò Morellato, Nicola Salvarese, Fiorenzo Refosco, Alessandro Dolmella, Giuliano Bandoli. Le tematiche in cui si inserisce il presente lavoro sono legate ad una ampia area di ricerca, che ricade nel campo della nano-medicina, denominata imaging molecolare. Questa disciplina fornisce gli strumenti per studiare, sia qualitativamente sia quantitativamente ed in maniera non invasiva, numerosi processi biologici a livello molecolare. Negli ultimi anni abbiamo riportato una nuova ed efficiente metodologia per la sintesi in alta resa di nitruro complessi del tipo [Tc(N)(YZ)(PNP)]0/+ utilizzabili nella preparazione di radiofarmaci di perfusione e recettore specifici. In questi composti PNP è una alcossi alchil difosfinammina e YZ è un chelante contenente atomi donatori quali S, O e N tra cui ditiocarbammati (DTC) e cisteino derivati (cys~). Per questi composti, la possibilità di saturare in maniera asimmetrica la sfera di coordinazione del metallo apre la strada alla realizzazione di un‟ampia varietà di radiocomplessi, le cui caratteristiche chimico-fisiche possono essere finemente modulate conferendo agli stessi particolari e desiderate proprietà farmacocinetiche. Nell’ anno 2011 l’attività di ricerca è stata prevalentemente orientata verso l’ applicazione di questo paradigma di sintesi alla preparazione di agenti di perfusione e alla marcatura di molecole biologicamente attive di comprovata o potenziale importanza clinica sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico e conseguentemente alla preparazione di 99mTc-radiofarmaci capaci di interagire in modo selettivo con recettori posti sulla superficie di cellule coinvolte in processi infiammatori, degenerativi o neoplastici. Conseguentemente il lavoro è stato così suddiviso: A) Valutazione dell'applicabilità del frammento molecolare [M(N)(PNP)] 2+ alla preparazione di radiofarmaci target-specifici. Questa parte del progetto è stata orientata alla sintesi e alla valutazione biologica di differenti complessi (figura 1) neutri o carichi del tipo [M(N)(PNP)(BMs)]0/+ (M= 99mTc, 188Re) dove PNP è rappresentato da una amminodifosfina contenente gruppi alchilici e/o alcossialchilici (es. CH3- CH3OCH2CH2-; HOCH2-) e BMs da una biomolecola quale un peptide in grado di legare selettivamente recettori sovraespressi sulla superfice di cellule tumorali. Molecole d'interesse sono: peptidi contenenti la sequenza RGD (Arg-Gly-Asp) selettiva per l'integrina V3 coinvolta nell'angiogenesi e in numerose metastasi tumorali; derivati dell'ormone -MSH contenenti la sequenza His-D-Phe-ArgTrp in grado di legare con elevata specificità e selettività recettori della melanocortina-1 (MC-1) sovraespressi sulla superficie di cellule melanomatose. Questa parte del programma è stata svolta in collaborazione con l’Istituto di Chimica Biomolecolare di Padova. Parallelamente in collaborazione con l'Institut für Radiopharmazie, Rossendorf, Germany i peptidi derivanti dell'ormone -MSH sono stati coniugati con l'acido 1,4,7-triazacyclononane-1,4,7-triacetic (NOTA) in modo da legare stabilmente radionuclidi metallici utili nella diagnostica PET e nella radioterapia quali 68Ga e 64Cu. Si prevede nel prossimo futuro di completare questo studio attraverso la valutazione delle caratteristiche di stabilità in vitro dei complessi ottenuti e di transchelazione con cisteina e glutatione, e la loro valutazione biologica in vitro ed in vivo. Gli esperimenti in vitro saranno condotti su linee cellulari che sovraesprimono il tipo di recettore prescelto, mentre, le prove in vivo saranno condotte su modelli animali opportunamente selezionati. 81 Sempre in collaborazione con l'Institut für Radiopharmazie, Rossendorf, Germany il frammento molecolare [M(N)(PNP)]2+ è stato utilizzato nella sintesi di complessi stabili del tipo [188Re(N)(PNP)(L)]0/+ [L= N-acetil-cisteina, cys(OS); MeO-cysteina, cys(NH2,S)]. Gli interessanti risultati ottenuti con il 188Re sono stati oggetto di pubblicazione. La sintesi di questi complessi lascia intravvedere la possibilità di utilizzare questa tecnologia di sintesi alla preparazione di peptidi radiomarcati quali potenziali agenti ad azione terapeutica. In quest'ambito l'analogia chimica esistente tra Re e Tc rende il 188Re particolarmente interessante come componente terapeutico di una coppia di agenti 'matched pair' per la diagnosi e la terapia del cancro. Figura 1 B) Valutazione dell'applicabilità del frammento [M(N)(PNP)]2+ alla preparazione di radiofarmaci di perfusione. L'attività svolta è stata orientata alla sintesi e valutazione biologica di una serie di nuovi 99mTc(N)eterocomplessi del tipo [Tc(N)(DTC)(PNP)]+ quali potenziali agenti per l'imaging cardiaco (Figura 2) ed il loro confronto con 99mTc(N)DBODC(PNP5) [DBODC = bis-(N- etossietil)ditiocarbammato; PNP5 = bis-(dimetossipropilfosfinoetil)etossietilammina], abbreviato a DBODC5, lead compound della serie, attualmente in fase di studio clinico come agente di perfusione cardiaca, e le cui caratteristiche farmacocinetiche consentono di ottenere immagini di elevata qualità diagnostica, superiore a quelle ottenute con i traccianti attualmente in uso clinico (99mTc-Sestamibi e 99mTc-Tetrofosmin). Studi volti a chiarire i meccanismi di distribuzione, ritenzione ed eliminazione di questi complessi hanno dimostrato che il loro rapido efflusso dai tessuti non bersaglio è fortemente correlato all'azione di trasportatori P-gp, suggerendo che il frammento molecolare [Tc(N)(PNP)]2+ potrebbe essere identificato come substrato di P-gp MDR e delle proteine ad esse associate. In conformità a queste considerazioni, abbiamo iniziato, in collaborazione con il Gruppo della Dott. C. Marzano del Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell'Università di Padova e con il Gruppo del Prof. N.A. Colabufo del Dipartimento Farmaco Chimico, Università di Bari, uno studio volto allo sviluppo di nuovi 99mTc-agenti utili nell' imaging e nel monitoraggio di forme neoplastiche, nonché nella 82 determinazione dell'attività, espressione e funzione delle P-gp MPR nel cancro e nelle malattie neurodegenerative come l'Alzheimer , il Parkinson e l'epilessia. Dati preliminari hanno evidenziato come la captazione cellulare di questi 99mTc(N)-complessi sia strettamente correlata all'attività metabolica cellulare nonché funzione del livello di P-gp/MPR. Questi risultati lasciano intravvedere la possibilità di estendere l'applicazione diagnostica di questi complessi dalla cardiologia nucleare all'oncologia. Figura 2 Infine, a completamento della descrizione delle attività di studio inerenti la chimica dei metalli nei sistemi biologici dei membri della sezione va anche ricordato il contributo offerto da Alessandro Dolmella ad altre ricerche, sempre riguardanti la chimica di coordinazione di metalli di transizione. In particolare, è stata descritta l’attività catalitica di complessi del Pd(II) con leganti allilici, ed il contributo si è concretizzato nell’investigazione delle proprietà strutturali dei complessi. 83 UNITA’ DI RICERCA DI PALERMO Direttore Scientifico: Dott.ssa. Claudia Pellerito Durante gli ultimi anni, la composizione dell'unità di Palermo ha subito considerevoli cambiamenti, per lo più dovuti alla messa a riposo di una buona parte del personale storico, anche se non sono mancate le dimissioni volontarie. Nonostante questo trend, purtroppo destinato a proseguire, si sono osservate nuove adesioni, e, nonostante l'immissione sia troppo recente per valutarne la produzione scientifica, l'Unità si è indubbiamente arricchita di nuove competenze. Per quanto riguarda l'attività scientifica strettamente legata all'anno 2011, in conseguenza della composizione dell'Unità, essa si è svolta su diversi fronti: 1. 2. 3. 4. 5. Metallofarmaci in oncologia Proprietà termodinamiche standard per la formazione di complessi Termodinamica di sistemi acquosi copolimero/tensioattivo convenzionale Uso di Tecniche Neutroniche per indagini su materiali di interesse archeologico Modellizazioni ed indagini computazionali. 1. Metallofarmaci in oncologia L'attività di ricerca si è sviluppata lungo diverse linee; nuovi sistemi sono stati proposti, basati sia sull'ormai consolidato uso, presso l'unità, dell'organostagno(IV), sia il più nuovo – relativamente alle linee di ricerca di Palermo – rutenio. Facendo leva sull'esperienza pregressa, è proseguito il lavoro di costruzione di una libreria di complessi organostagno(IV)-derivati di 2-/4-[(E)-2-(aryl)-1-diazenil]benzoato. I nuovi composti hanno subito estesa caratterizzazione chimico-strutturale (spettroscopia Mössbauer, NMR, IR, ove possibile diffrazione di singolo cristallo) e sono stati testati su un panel di linee cellulari di tumori umani (A498, EVSA-T, H226, IGROV, M19 MEL, MCF-7 e WIDR). Alcuni composti, in vitro, hanno ottenuto citotossicità specifiche superiori rispetto a quelli di CCDP, 5-FU e ETO. Al fine di giustificare il meccanismo d'azione, i complessi ottenuti, modellizzati per via semiempirica, sono stati sottoposti ad analisi QSAR su enzimi chiave (ribonucleotide reduttasi, timidilato fosforilasi, timidilato sintasi, topoisomerasi II). Un'altra linea di complessi, organostagno(IV)-sulfonatofenilpofine, è risultata essere di notevole efficacia nell'induzione apoptotica e/o nell'arresto della crescita di cellule di A375, un melanoma umano. Lo studio è stato condotto mediante uso di Western blotting, che ha evidenziato come i tributilderivati abbassino i livelli delle principali proteine coinvolte nella tumorgenesi (β-catenin, cmyc, snail). Iè stato inoltre dimostrato l'ingresso dei comlessi all'interno delle cellule, nonché la localizzazione dei complessi a livello del nucleo. Sul fronte del rutenio, sono stati sintetizzati e caratterizzati (FT-IR, ES-MS, NMR, EXAFS e DFT) nuovi complessi di Ru(II), con glucosaminato, 1-thio-β-d-glucosio e 6'-amminolattosio. L'efficacia di tali complessi è stata testata su cellule A375. 2. Proprietà termodinamiche standard per la formazione di complessi. Nell'anno 2011 sono state condotte le indagini di seguito riassunte. Idrolisi di ioni metallici (Al3+) e organometallici (RxSn(4-x)+) ad elevate concentrazioni al fine di evidenziare la formazione di specie polinucleari. In particolare, è stato condotto uno studio sulla idrolisi di cationi di monometil, dimetil e trimetilstagno(IV) ad elevate concentrazioni sia sui sistemi singoli che su sistemi misti (R2Sn2+/R3Sn+ e RSn3+/R2Sn2+) con lo scopo di valutare la eventuale formazione di specie idrolitiche miste e la possibile azione sinergica prodotta dalla idrolisi di uno dei cationi di organostagno nei confronti dell'altro. In continuità con gli studi di analisi di equilibrio in soluzione acquosa è stata studiata a) la formazione di specie complesse tra lo ione uranile (UO22+) e leganti policarbossilici ad 85 elevato peso molecolare (acido poliacrilico e acido alginico) al fine di valutare la capacità sequestrante di questi leganti nei confronti dei derivati di U(VI) nei sistemi acquosi naturali, e b) la interazione dello ione Pd(II) con agenti chelanti amino policarbossilici (NTA, EDTA, DTPA, DTHA, EDDS) per valutare la speciazione del palladio in soluzione acquosa in presenza di leganti con gruppi N e O donatori. I risultati di queste indagini sono stati oggetto di pubblicazioni su riviste ISI a diffusione internazionale e di comunicazioni al congresso di termodinamica dei complessi tenutosi a Taormina nel giugno del 2011. 3. Termodinamica di sistemi acquosi copolimero/tensioattivo convenzionale L'attività scientifica ha riguardato lo studio di macromolecole interagenti con additivi idrofobi e fasi disperse. A tal fine, sono stati effettuati studi termodinamici, strutturali e spettroscopici. L'attività scientifica può essere così riassunta: a) Solubilizzazione di contaminanti in micelle polimeriche È stato effettuato un dettagliato studio termodinamico in funzione della temperatura e concentrazione del tensioattivo polimerico e additivo. A tal fine, sono state adoperate diverse tecniche quali la calorimetria differenziale a scansione (DSC), la tecnica volumetrica e la calorimetria isoterma di titolazione (ITC). b) Nanocompositi costituiti da polimeri biocompatibili I nanocompositi sono materiali che esibiscono strutture uniche e proprietà straordinarie assenti nei tradizionali compositi (stabilità termica e meccanica, ridotta infiammabilità, proprietà di barriera, ecc.) caratterizzati dalla presenza di nanofillers. L'attività di ricerca nel campo dei nanocompositi ha riguardato la sintesi e la caratterizzazione chimico-fisica di nanomateriali costituiti da nanoargille e nanosilice e macromolecole (polimeri e biopolimeri). Gli studi si sono basati sulle tecniche di DSC, diffrazione a raggi, spettroscopia di fluorescenza e UV-vis, termogravimetria e dynamic mechanical analysis. È stato possibile correlare le proprietà microscopiche con quelle macroscopiche. c) Termogravimetria applicata ai Beni Culturali. È stata messa in evidenza la versatilità della tecnica termogravimetrica nei processi di consolidamento di legni archeologici bagnati e nella valutazione dello stato di degrado del legno stesso. 4. Uso di Tecniche Neutroniche per indagini su materiali di interesse archeologico Una combinazione di quattro tecniche neutroniche è stata usata per investigare la struttura di rocce dal micro-dominio al macro-dominio. Una selezione di campioni provenienti dall'Edificio con Tre Esedre del sito archeologico di Villa Adriana (Tivoli) ha costituito il set di campioni. La Villa è un complesso di edifici classici costruiti nel II secolo D.C. su disposizione dell'imperatore Adriano e fa parte della World Heritage List dell'UNESCO. Informazione complementare sulla struttura e sui meccanismi di formazione e di aggregazione è stata ottenuta mediante misure di ND, SANS, USANS e NT. Gli esperimenti di diffrazione sono stati eseguiti facendo uso dei diffrattometri INES e ROTAX della Sorgente di Spallazione ISIS del Rutherford Appleton Laboratory di Chilton (UK). INES consente l'investigazione di un ampio range di dimensioni (fra 0.1 Å 16 Å) con una risoluzione massima Δd/d = 0.002. ROTAX copre un range dimensionale da 0.3 a 50 Å, con risoluzione Δd/d = 0.0035. Le misure combinate SANS-USANS sono state effettuate presso il NIST Center for Neutron Research di Gaithersburg (USA), facendo uso degli strumenti NG3 (SANS) e BT5 (USANS). Lo strumento NG3 ha consentito di investigare il range fra 1 e 500 nm, mentre BT5 ha consentito di investigare il range compreso fra 0,1 e 20 mm. È stato quindi possibile investigare la struttura frattale dei marmi e risalire alla possibile origine degli stessi, attraverso l'ottenimento dei coefficienti frattali, strettamente collegati al metamorfismo che ha generato i marmi. Le misure di Tomografia Neutronica sono state eseguite allo strumento CONRAD presso il reattore BERII del centro HZB di Berlino. 86 L'esame dei dati ottenuti mostra che ND e NT forniscono informazione direttamente paragonabile (composizione delle varie fasi), mentre SANS e USANS insieme forniscono informazione complementare a ND e NT (meccanismo di formazione), ma non direttamente collegata alla composizione. In particolare l'accordo fra ND e NT è eccellente per campioni a fase singola. SANS e USANS, in generale indicano che quasi tutti i campioni VA misurati hanno una struttura che può essere ben descritta da un modello gerarchico (Frattale). 5. Modellizazioni ed indagini teoriche Pur se non di stretta competenza delle tematiche del consorzio, membri dell'unità hanno condotto ricerche in ambito teorico nella modellizzazione di sistemi atipici o nella validazione di nuovi funzionali applicati a sistemi modello. Nella prima categoria ricade lo studio dell'acetone nelle condizioni di cicli di espansione/compressione in esperimenti di supercompressione (5 Gpa, 200 K). nella seconda, lo studio di interazioni π tra fullereni ed esabenzocoroneni o viologeni. 87 UNITA’ DI RICERCA DI PARMA Direttore Scientifico: Prof.ssa Marisa Ferrari Belicchi Sono di seguito descritti i risultati ottenuti nell’anno 2011 relativamente all’attività svolta nell’ambito della tematica “Nuovi farmaci inorganici in oncologia”. Metalloproteine come catalizzatori biologici Le metalloproteine catalizzano i più complessi e importanti processi biomolecolari presenti in Natura. La progettazione “de novo” di proteine ed enzimi artificiali rappresenta una strategia efficace per verificare il nostro livello di comprensione dei meccanismi di funzionamento dei metalloenzimi e per realizzare metalloproteine artificiali non accessibili dai sistemi biologici. I metallopeptidi “de novo” progettati sono aggregati di oligopeptidi nei quali una sequenza lineare di amminoacidi dà origine spontaneamente a una ben definita struttura proteica secondaria e terziaria, con inclusione di residui che coordinano ioni metallici (Figura 1). Questi sistemi sono un costrutto proteico semplificato dove una quantità significativa della struttura proteica è idealmente rimossa, mentre vengono mantenute le caratteristiche strutturali del sito metallico. I metallopeptidi possono essere facilmente sintetizzati in alta resa e purezza per realizzare composti idrosolubili nei quali la struttura del sito attivo metallico può essere controllata mediante progettazione della sequenza amminoacidica. Pertanto, essi possono essere utilizzati per studiare in dettaglio le relazioni struttura-attività correlando variazioni strutturali della proteina artificiale con le variazioni delle proprietà chimico-fisiche, anche attraverso l’uso di sequenze non accessibili dai sistemi biologici come quelle che includono amminoacidi non naturali. In questo progetto si sono studiati mutati della sequenza di 30 amminoacidi TRI (AcG[LKALEEK]4G-NH2). In soluzione, peptidi corrispondenti a questa sequenza avvolgono spontaneamente ad α-elica ed aggregano a dare unità di 3 α-eliche parallele dette “three stranded coiled coils” o “α-helix bundles” (Figura 1). I residui idrofobici di leucina (L) sono orientati all’interno dell’aggregato, e possono essere mutati a livello di sintesi con residui in grado di coordinare ioni metallici (es. istidina, cisteina, metionina). Fig. 1 (A): Rappresentazione dell’α-elica anfifilica contenente i residui idrofobici di leucina (Leu, “a” e “d”) su una faccia, e i residui idrofilici su quella opposta. (B): Diagrammi “helical wheel” che mostrano le interazioni idrofobiche (“a” e “d”) ed elettrostatiche (“e” e “g”) in peptidi two- e threestranded coiled coil paralleli. I residui di Leu nelle posizioni a e d vengono ingegnerizzati per creare siti in grado di coordinare ioni metallici. (C): Rappresentazione “cartoon” del three-stranded coiled coil relativo alla sequenza TRI. Attraverso questo approccio, è stata realizzata una rame proteina artificiale basata sulla sequenza TRI mutata in posizione 23 con una istidina. La α-helix bundle Cu(TRI L23H)3 contiene un sito 89 Cu+1/+2(His)3 con struttura analoga alla proteina Nitrito Reduttasi, quest’ultima coinvolta nella riduzione dissimilatoria del nitrito ad NO e contenente un sito rame catalitico tipo-2. Il modello proposto sulla base delle evidenze sperimentali mostra che il rame sia +1 che +2 possiede una geometria di coordinazione tetraedrica (distorta) con tre posizioni occupate da imidazoli e la quarta posizione occupata da una molecola d’acqua. Il sito rame si trova prossimo all’estremità Cterminale del bundle (His in posizione 23 su una sequenza di 30 amminoacidi), e i modelli 3D suggeriscono che la quarta posizione di coordinazione sia direzionata verso l’N-terminale (ossia verso il centro del coiled coil, Figura 2). Fig. 2 Sinistra: Rappresentazione “cartoon” di Cu(TRI L23H)3. L’estremità N-terminale è in alto. Destra: Rappresentazione del modello strutturale del metallopeptide Cu(I/II)(TRI L23H)3 (basato sulla struttura ai raggi X dell’analogo modello di Zn2+). Lo ione metallico è indicato in arancione. La quarta posizione di coordinazione è indicata con la sfera rossa e può essere occupata da una molecola d’acqua o di substrato. Per quanto riguarda l’attività scientifica, nel corso del 2011 essa si e’ sviluppata secondo le seguenti linee di lavoro: - Studio dell’efficienza catalitica di Cu(TRI L23H)3 nei confronti dello ione nitrito Caratterizzazione di sistemi mutati di Cu(TRI L23H)3 in prossimita’ del sito attivo Studio della fotoattivazione di Cu(TRI L23H)3 - Studio dell’efficienza catalitica di Cu(TRI L23H)3 nei confronti dello ione nitrito I dati raccolti sul comportamento reattivo di Cu(I)(TRI L23H)3+ nei confronti di NO2- come ossidante hanno mostrato che Cu(I) nel sito della proteina viene ossidato a Cu(II) con produzione di NO. Il sito rame puo’ essere quindi ridotto a Cu(I) mediante aggiunta di ascorbato anche in presenza di ioni nitrito. La reazione fra rame(II) e ascorbato, piu’ veloce di quella fra quest’ultimo e nitrito, permette di riottenere Cu(I)(TRI L23H)3+ e quindi ripristinare le proprieta’ riducenti della proteina. A pH 6 la reazione fra nitrito e Cu(I)(TRI L23H)3+ richiede circa un’ora e risulta significativamente piu’ lenta rispetto all’enzima naturale nitrito reduttasi. Nonostante questa inerzia cinetica Cu(TRI L23H)3 è comunque in grado di funzionare come catalizzatore per la riduzione di NO2- a NO. Attraverso misure spettrofotometriche nell’UV-Visibile e’ stato possibile dimostrare l’attività catalitica Nitrito Reduttasica di Cu(TRI L23H)3, e verificare che la velocita’ di ossidazione dell’ascorbato risulta dipendente dalla concentrazione di rame proteina, come atteso per una reazione soggetta a catalisi enzimatica. 90 In Figura 3 sono rappresentati alcuni dei dati spettrofotometrici relativi alla reazione Ascorbato + NO2- +3H+ = Deidroascorbato + NO + H2O. La reazione viene monitorata seguendo nel tempo la scomparsa della banda di assorbimento dell’ascorbato a 265 nm sia in presenza che in assenza di Cu(II)(TRI L23H)32+. Dopo un tempo di reazione di 4 h il turnover number e’ di 4.7, e cio’ mostra che Cu(II)(TRI L23H)32+ si comporta come catalizzatore nella reazione di riduzione del nitrito. Sebbene la sua efficienza sia piuttosto limitata, questo metallopeptide rappresenta il primo catalizzatore NiR basato su uno scaffold proteico artificiale, ed il secondo complesso di rame riportato in letteratura in grado di operare come modello NiR in soluzione acquosa. Questa reattività e’ attualmente in fase di studi ulteriori, in particolare per valutare i parametri cinetici di questa reazione (turnover number e costante cinetica del secondo ordine). Fig. 3. Assorbanza relativa all’assorbanza iniziale in campioni contenenti ascorbato e nitrito in assenza (rossi) e in presenza (rossi) di Cu(II)(TRI L23H)32+. - Caratterizzazione di sistemi mutati di Cu(TRI L23H)3 in prossimita’ del sito attivo Sistemi analoghi a Cu(TRI L23H)3, basati sulla stessa sequenza e mutati in prossimita’ del sito attivo, sono interessanti per valutare due aspetti fondamentali nella progettazione di rame-proteine catalitiche. Il primo aspetto e’ la stabilita’ del sistema proteico nel suo insieme, mentre il secondo riguarda la possibilita’ di modificare le proprieta’ chimico fisiche e catalitiche del sistema attraverso un opportuno design del sito metallico. Per questo sono stati sintetizzati e caratterizzati due mutati di Cu(TRI L23H)3 in posizione 19 con alternativamente alanina (Cu(TRI L19AL23H)3) e isoleucina (Cu(TRI L23IL23H)3). Questi due sistemi dovrebbero risultare rispettivamente meno e più stericamente ingombrato sul sito attivo rispetto a Cu(TRI L23H)3. Gli studi di binding di CO al sito di rame(I) hanno effettivamente dimostrato questa ipotesi. Gli studi programmati per il 2012 riguardano l’utilizzo di questi sistemi per controllare il legame di NO al sito di rame(I) (legame end on rispetto a side on). - Studio della fotoattivazione di Cu(TRI L23H)3 Come descritto precedentemente, il sistema Cu(II)(TRI L23H)32+ puo’ essere ridotto a Cu(I)(TRI L23H)3+ utilizzando acido ascorbico. Questa riduzione utilizza tuttavia un riducente sacrificale e non consente un controllo flessibile della reattività del sistema catalitico. Al fine di sviluppare una metodologia efficiente per il controllo del sistema reattivo, si e’ intrapreso lo studio del complesso Ru(II)(Bipy)32+ come riducente fotoattivabile. In questo modo, il complesso di rutenio puo’ essere fotoattivato mediante irradiazione continua o flash photolysis con radiazione a 435 nm per formare Ru(II)(Bipy)32+*, a sua volta un potenziale riducente nei confronti di Cu(II)(TRI L23H)32+. Al fine di ottenere un trasferimento di elettroni per concentrazioni basse di RuBipy e proteina (circa 500 uM di Ru, 0.47 mM di proteina), si e’ utilizzato metilviologeno (MV2+) come mediatore redox. Il trasferimento dell’elettrone da Ru(II)(Bipy)32+* a MV2+ e da questi a Cu(II)(TRI L23H)32+ e’ 91 stato dimostrato sulla base della velocita’ di rilassamento di MV•+ a MV2+ monitorata mediante assorbimento nel visibile (Figura 4). Fig. 4. Schema del processo di fotoattivazione e trasferimento elettronico RuBipy- MV2+Cu(II)(TRI L23H)32+ (destra). A sinistra sono riportate le tracce di assorbanza di MV•+. in assenza (magenta) e in presenza di Cu(II)(TRI L23H)32+ (verde). La traccia blu e’ relativa al rilassamento Ru(III/II)(bpy). Studio dell’attività biologica di complessi di rame(II) e approfondimento del meccanismo d’azione Da studi su tiosemicarbazoni derivati dal citronellale (H-S-tcitr), e loro complessi di Cu(II) [Cu(Stcitr)2] e Ni(II) [Ni(S-tcitr)2], è emerso che entrambi i complessi inibiscono la proliferazione sulla linea cellulare umana U937 di linfoma istiocitico. Per il complesso di nichelio è stato approfondito lo studio relativo al suo meccanismo di azione verificando in particolare che induce apoptosi, influenza il ciclo cellulare, altera il potenziale della membrana mitocondriale e l’attività della caspasi-3. Purtroppo uno dei limiti per valutare l’attività biologica è la scarsa solubilità di tali composti in mezzo acquoso, in quanto la citotossicità del solvente usato può mascherare l’effetto positivo dei composti testati. Pertanto abbiamo modificato il tiosemicarbazone del citronellale (H-S-tcitr) funzionalizzando l’atomo di azoto terminale con il radicale etilmorfolinico per cercare di migliorare la solubilità in acqua. I nostri studi si sono quindi indirizzati alla sintesi ed alla caratterizzazione chimica/biologica del legante S-citronellal etilmorfolinotiosemicarbazone (EtMorphH-S-tcitr) S O + N NH H2N NH NH S NH N O N O e dei relativi complessi di rame e di nichelio [Cu(EtMorph-S-tcitr)2] e [Ni(EtMorph-S-tcitr)2]. I saggi biologici mostrano che l’attività antiproliferativa dei complessi in esame è influenzata positivamente dalla presenza del frammento morfolinico, essendo più elevata di quella osservata per gli analoghi complessi senza sostituenti studiati in precedenza. A questo punto si è pensato di approfondire il confronto fra i due complessi di rame [Cu(S-tcitr)2] e [Cu(EtMorph-S-tcitr)2], che differiscono soltanto per la presenza del sostituente etilmorfolinico sull’azoto amminico del legante, per capire il meccanismo d’azione esplicato nella loro attività biologica sulla linea cellulare U937 di linfoma istiocitico umano. Sono stati inizialmente valutati gli effetti sulla proliferazione cellulare e sul ciclo cellulare. Il complesso [Cu(EtMorph-S-tcitr)2] è 92 risultato più attivo di [Cu(S-tcitr)2]. I valori IC50 sono 2.82 e 14.78 M rispettivamente per i due complessi (Figura 1). [Cu(S-tcitr)2] controllo 120 [Cu(Etmorph-S-tcitr)2] Curve di vitalità 100 o [Cu(S-tcitr)2] cell viability 80 IC50 = 14.78 µM • [Cu(Etmorph-S-tcitr)2] IC50 = 60 2.82 µM 40 20 0 1 10 µM Fig. 1. Effetto citotossico dei due complessi alla concentrazione IC50 su cellule U937 osservato con microscopio ottico dopo 24 ore di trattamento Curve dose-risposta dopo 24 ore di trattamento con i due complessi. Le cellule U937, trattate con [Cu(S-tcitr)2] alla concentrazione IC50 osservate al microscopio (Figura 1), presentano solo deboli alterazioni riguardo la morfologia se confrontate con le cellule non trattate con il complesso. Al contrario [Cu(EtMorph-S-tcitr)2] causa cambiamenti notevoli come condensazione nucleare e formazione di corpi apoptotici. Tali cambiamenti tipici di morte cellulare per apoptosi sono visibili dopo 6h di trattamento e sono dipendenti dal tempo. Dall’analisi del ciclo cellulare si è osservato poi che il trattamento con [Cu(EtMorph-S-tcitr)2] diminuisce significativamente la proporzione di cellule in fase G0/G1 in concomitanza con un picco di cellule in fase G0/G1 corrispondenti a cellule in apoptosi, mentre il complesso [Cu(S-tcitr)2] non altera il ciclo cellulare (Figura 2). 4h 8h 12h 24h control [Cu(S-tcitr)2] [Cu(Etmorph-S-tcitr)2] Fig. 2. Effetto dei due complessi sulla distribuzione del ciclo cellulare su cellule U937 93 Sono stati condotti anche saggi di induzione di apoptosi usando Annexin V e Ioduro di Propidio mediante citometria di flusso che evidenziano apoptosi nelle fasi precoci e tardive. Essi hanno confermato l’attività pro-apoptotica del complesso [Cu(EtMorph-S-tcitr)2], mentre come è mostrato in Fig. 3, le cellule trattate con il controllo ed il composto [Cu(S-tcitr)2] non mostrano apoptosi. Fig. 3 Dot plot della citometria di flusso dei complessi sulla linea cellulare U937. Sono stati successivamente compiuti studi sull’interazione dei due complessi con vari componenti cellulari allo scopo di caratterizzare il pathway apoptotico (Figura 4). ROS TNFR-I Bad Bid TRADD FADD Fas Ligand Mitochondria CD95 Bcl-2 Pro caspase 8 FADD Pro caspase 8 Pro caspase 9 Apaf-1 Bax Active caspase 8 Cytochrome c Active caspase 9 Active caspase 3 APOPTOSIS Fig. 4. Schema di pathway apoptotico In particolare è stata valutata l’attività caspasica ed è stato verificato per il complesso [Cu(EtMorphS-tcitr)2] una induzione significativa delle caspasi-8 e -3 in accordo con la sua evidente attività proapoptotica. [Cu(S-tcitr)2] invece risulta attivare la caspasi-9 del pathway intrinseco senza significativi cambiamenti dell’attività della caspasi-3 che esercita un ruolo dominante nell’innescare la cascata caspasica (Fig. 5). 94 Caspase activity (% as compared to controls) 10000 *** 1000 *** ** ** 100 10 1 C as 8 (1 ) 2h C -9 as (1 ) 2h C as 3 (1 ) 2h C 3 ) 4h (2 [Cu(Etmorph-S-tcitr)2] [Cu(S-tcitr)2] Control as Fig. 5. Attività di caspasi-8,-9 e -3 dopo 12 e 24 ore di esposizione alla concentrazione IC50 dei due complessi 200 *** TBARS (% as compared to controls) ROS levels (% as compared to controls) Abbiamo poi analizzato se i complessi inducono danno al DNA. Alterazioni del DNA sono state osservate soltanto a concentrazioni molto alte e potrebbero essere spiegate come danni alle basi e rottura ossidativa dell’ acido nucleico ed essere considerate come effetti collaterali di un generale disordine metabolico. Da notare che [Cu(EtMorph-S-tcitr)2] è più attivo di [Cu(S-tcitr)2]. Per valutare la capacità dei due complessi a indurre ossidazione intracellulare è stato usato un colorante fluorescente sensibile all’ossidazione, DCFH-DA che porta ad un incremento dell’intensità della fluorescenza in presenza di specie reattive dell’ossigeno (ROS). Mentre per il complesso [Cu(EtMorph-S-tcitr)2] dopo 4 ore di trattamento non è stato osservato alcun effetto, [Cu(S-tcitr)2] ha causato un significativo incremento del livello di ROS intracellulare. La perossidazione lipidica valutata mediante il saggio di TBARS (Thiobarbituric Acid Reactive Substances) dopo 4 ore di incubazione e l’attività della superossidodismutasi (SOD) presentano un trend decrescente e spariscono dopo 24 ore di trattamento. Per il complesso [Cu(EtMorph-S-tcitr)2] invece il saggio TBARS e l’attività della superossidodismutasi sono risultati significativamente più alti del controllo, e la più alta differenza si evidenzia alle 24 ore. 100 0 100 * 0 12h Control 150 * ** ** 100 50 0 4h 150 50 ** 200 4h SOD activity (% as compared to controls) GSH levels (% as compared to controls) 1h 250 8h 12h 24h *** 600 500 400 300 200 * ** 100 0 4h 24h [Cu(S-tcitr)2] 8h 24h [Cu(Etmorph-S-tcitr)2] Fig. 6. Effetti sull’attività di ROS, TBARS, GSH e SOD dopo l’esposizione di cellule U937 alla concentrazione IC50 dei due complessi 95 L’aumento precoce di ROS e TBARS causato da [Cu(S-tcitr)2] sembra essere limitato dall’attività di scavenger di SOD ed anche GSH quantificato nei lisati cellulari come mostrato in figura 6. Tuttavia l’azione di questi scavenger intracellulari non sembra avere effetti protettivi sui danni causati da stress ossidativo prodotti da [Cu(EtMorph-S-tcitr)2]. 96 UNITA’ DI RICERCA DI PAVIA Direttore Scientifico: Prof. Luigi Casella Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Casella Attività scientifica L’attività del gruppo di chimica bioinorganica si è focalizzata principalmente sullo studio di rame proteine e loro modelli biomimetici. In collaborazione col gruppo del prof. Luigi Bubacco, dell’università di Padova, stato completato lo studio dell’attività della tirosinasi da Streptomyces antibioticus verso i clorofenoli, dove si dimostra che l’enzima è competente per l’ossidazione degli isomeri meta e para del substrato ma risulta inattivo nei confronti dell’orto-clorofenolo. Studi di meccanica e dinamica molecolare hanno dato una base strutturale per interpretare questi effetti di selettività, i quali sono interamente da ricondurre all’interazione tra il substrato e la tasca del sito attivo della proteina, che impedisce all’isomero orto di avvicinarsi a una distanza sufficiente al sito dinucleare per poter subire l’attacco da parte dell’ossigeno legato al rame. In collaborazione con il gruppo del prof. K. K. Andersson dell’università di Oslo si è cercato di ottenere una caratterizzazione con la spettroscopia Raman dell’addotto ternario tra enzima-ossigeno-fenolo della tirosinasi da Streptomyces antibioticus. Nonostante siano stati condotti molti esperimenti anche a bassa temperatura utilizzando fenoli disattivati elettronicamente l’eccessiva fluorescenza ha impedito di ottenere uno spettro interpretabile. E’ stata viceversa effettuata una dettagliata caratterizzazione con la stessa tecnica Raman della forma ossigenata dell’emocianina da Carcinus Aestuarii, che ha consentito tra l’altro di effettuare un’assegnazione accurata delle bande di trasferimento di carica presenti nello spettro UV-visibile. In collaborazione con il gruppo di biochimica della prof. Antonella Forlino dell’università di Pavia è stato iniziato uno studio della prolidasi, un enzima contenente zinco e manganese associati probabilmente in siti dinucleari, la cui attività dipende in modo piuttosto complesso dal rapporto tra i due metalli. Un primo lavoro finalizzato alla messa a punto di un protocollo per lo studio dell’attività enzimatica è già stato pubblicato. Nel campo dei modelli dei rame enzimi è stata condotta una estesa caratterizzazione delle proprietà spettroscopiche, magnetiche e dell’attività catalitica ossidativa di una coppia di complessi, rispettivamente dinucleare e trinucleare, con un legante octadentato chirale contenente donatori azotati. La struttura del legante richiama l’intorno di coordinazione dei siti trinucleari delle ossidasi blu multirame, quali ascorbato ossidasi e laccasi, con una distribuzione degli otto donatori tra due siti tridentati (la cosiddetta coppia di tipo 3) e un sito bidentato (il rame di tipo 2). Gli esperimenti dimostrano che il centro di rame bidentato e uno di quelli tridentati sono fortemente accoppiati elettronicamente nella forma Cu(II) e agiscono di concerto nel legare e attivare l’ossigeno nella forma ridotta, mentre il terzo centro tridentato può funzionare da sito di aggancio del substrato. Questo meccanismo spiega l’elevato riconoscimento chirale che si nota nelle reazioni di ossidazione di substrati catecolici chirali, quali i derivati della 3,4-diidrossifenilalanina. Altri complessi derivati da amminoacidi sono stati utilizzati per la costruzione di polimeri biomimetici contenenti rame. Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Fabbrizzi Attività scientifica L’attività di ricerca del progetto è stata rivolta alla sintesi di nuovi recettori e sensori per piccole molecole e anioni e allo studio delle interazioni tra recettore e substrato. 97 UNITA’ DI RICERCA DEL PIEMONTE ORIENTALE Direttore Scientifico: Prof. Domenico Osella Tematica: Sonde per Molecular Imaging L’attività scientifica nell’anno 2011 nell’ambito delle sonde per Molecular Imaging ha riguardato: i) una analisi approfondita per via rilassometrica ed NMR di una serie di complessi di lantanidi per applicazioni di Magnetic Resonance Imaging (MRI); ii) la preparazione e lo studio di una sonda duale per applicazioni SPECT-MRI; iii) sintesi e studio rilassometrico di nanosistemi biodegradabili a base di -ciclodestrina. I complessi di Gd3+ di una serie di leganti preparati in precedenza presso l’unità di ricerca del DiSCAFF (Figura 1) avevano mostrato interessanti potenzialità nell’impiego come agenti di contrasto per MRI. Nel 2011 è stato Figura 1 N COOH N COOH perciò intrapreso uno studio O O COOH COOH approfondito della struttura COOH COOH O O molecolare e delle proprietà N COOH N COOH magnetiche dei complessi di questi L2 leganti, nonché delle caratteristiche L1 dinamiche alla base del loro N COOH N COOH comportamento. Gli spettri NMR ad 3+ O O alta risoluzione dei complessi di La S COOH S COOH R COOH COOH e Lu3+ hanno permesso di mettere in HOOC N N O N N O H H H H evidenza una coordinazione con N COOH N COOH geometria ad antiprisma quadrato R = C12H25 L4 L3 bicappato nei complessi formati da R = C18H37 L5 questi leganti con i primi membri della serie dei lantanidi; nella seconda parte della serie, la geometria è meglio descritta da un prisma trigonale tricappato. In entrambi i casi gli spettri registrati a temperatura variabile hanno messo in risalto un comportamento estremamente flussionale della struttura, con rapidi riarrangiamenti strutturali dei pendagli coordinanti carbossimetilici e dello scheletro amminoetereo benzofuso. Le analisi rilassometriche condotte sui complessi di Gd3+ hanno dimostrato l’elevata velocità di scambio della molecola di acqua coordinata, risultati determinanti per il raggiungimento di valori di rilassività osservati negli studi preliminari. Infine, uno studio combinato di modeling e docking ha consentito di individuare i determinanti strutturali alla base della forte interazione mostrata da alcuni di questi complessi con le proteine del siero, in particolare l’albumina (HSA). Nel 2011 sono stati inoltre riportati i risultati di una ricerca dedicata allo sviluppo ed allo studio di una sonda duale, in grado di poter essere impiegata per la determinazione in vivo del pH attraverso la combinazione delle tecniche MRI e SPECT. Figura 2 H O O H O N O N Ln3+ N N H pH > 6.7 H pH < 6.7 O N O O O O H N SO Ar 2 O N Ln3+ N N O O O Ar = 4-Methoxyphenyl Ln = Gd Ln = 166Ho N SO Ar 2 q=2 High relaxivity O q=0 Low relaxivity pH-independent -emission 99 Il sistema in questione è basato su una miscela di complessi formati dallo stesso legante con due ioni metallici distinti. Il legante è caratterizzato dalla presenza di un residuo sulfonammidico, la cui coordinazione al metallo è dipendente dal pH attraverso un meccanismo di protonazione/deprotonazione del gruppo stesso. Il legante viene complessato con lo ione Gd3+, ottenendo un agente di contrasto per MRI la cui efficienza è funzione della concentrazione del complesso e del pH in cui esso si trova; in parallelo, lo stesso legante viene complessato con 165Ho3+, successivamente irradiato con neutroni per generare il corrispondente isotopo -emettitore 166Ho. Miscele dei due complessi in rapporto fisso e a vari valori di pH sono state analizzate mediante SPECT (ottenendo immagini funzione della sola radioattività, proporzionale alla concentrazione del complesso di 166Ho) e MRI (ottenendo immagini funzione della concentrazione del complesso e del pH). Il rapporto tra le due serie di immagini consente di ottenere una nuova serie di immagini la cui dipendenza dalla concentrazione è rimossa, e la cui intensità è funzione del solo pH. Tale sistema ha un elevato potenziale diagnostico, in quanto numerose patologie possono determinare la variazione del pH fisiologico in determinati distretti corporei interessati dalla patologia. Una seconda attività si è rivolta allo studio approfondito dei complessi LnDOTMA, caratterizzati da una stabilità termodinamica ed inerzia cinetica elevatissime. In questo caso la nostra unità si è occupata di analizzare i dati rilasso metrici multinucleari in termini di un modello che prende in considerazione la esistenza in soluzione di due isomeri. Inoltre si è studiata l’affinità con HSA di due DOTA derivati con un gruppo difenilfosfinamidico valutandone la sfera di idratazione e l’incremento di relassività. Un’altra linea di attività ha riguardato la progettazione e la sintesi dei sistemi macromolecolari contenenti ciclo destrine. A questo riguardo gran parte del lavoro si è focalizzato su nanocapsule formate da ciclodestrine pertiolate tramite la realizzazione di ponti disolfuro. Le ciclodestrine pertiolate sono state sintetizzate a partire dalla β-ciclodestrina commerciale, e la procedura per la realizzazione delle nanocapsule (riportata in letteratura) è stata modificata in modo da poter includere complessi di gadolinio al momento dell’assemblaggio (Figura 3). O O O SH O O OH2 OH2 Gd O N + O O N HO OH N 7 O i) NaOH, pH 13, H2O, air, RT, 24 h ii) dialysis, pH 8 O -CD-perSH Gd-bzAAZTA Figura 3. Sintesi delle nanocapsule di β-ciclodestrine a partire da β-ciclodestrine pertiolate ed in presenza di Gd-bzAAZTA come complesso da includere. Lo scopo è stato quello di realizzare sistemi capaci di degradarsi in ambienti biologici riducenti in modo da liberare il loro contenuto di farmaci e sonde diagnostiche. Sono state preparate capsule con differenti rapporti ciclodestrina/complesso, che sono poi state caratterizzate sia tramite metodi di analisi tradizionali sia per via rilassometrica. Le particelle hanno dimostrato di avere una alta relassività a 0.47 T. Esperimenti di cinetica di riduzione sono stati quindi condotti in presenza di un agente riducente, risultando in una sostanziale rapida diminuzione della relassività conseguente alla loro disgregazione. Tali sistemi sono stati pienamente caratterizzati e studiati, evidenziando una notevole efficienza in termini di differenziazione delle prestazioni a seconda della tipologia di ambiente fisiologico (più o meno riducente) in cui diffondono. In particolare, essi sono in grado di degradarsi e rilasciare il loro contenuto (nel caso specifico, sonde paramagnetiche costituite da complessi di GdIII) in condizioni riducenti analoghe a quelle osservate per alcune patologie, con variazione significativa nell’effetto di contrasto MRI (Fig. 4). 100 Figura 4 Nanocapsule di ciclodestrine, in grado di degradarsi in ambienti fisiologici riducenti. L’attività scientifica si è poi concentrata sulla preparazione di leganti finalizzati ad una coordinazione mirata di ioni manganese(II), i complessi dei quali presentino una particolare efficacia come sonde diagnostiche per NMR. In particolare, si è cercato di progettare sistemi leganti che potessero variare la propria relassività in funzione di precisi parametri chimici, fisici o biologici di particolare rilevanza dal punto di vista diagnostico. Tuttavia, ci si è rivolti anche alla ricerca di sistemi leganti i cui complessi potessero essere coniugati covalentemente o non covalentemente a nanosistemi di interesse diagnostico. Una prima strategia seguita è stata quella di sintetizzare molecole leganti costituite da due subunità coordinanti unite attraverso uno spaziatore rappresentato da una sottostruttura elidibile ad opera di un determinato parametro chimico o biochimico. Poiché gli ioni manganese mostrano solitamente una coordinazione ottaedrica, sono state scelte due subunità coordinanti contenenti tre gruppi donatori, nel caso specifico residui imminodiacetici o imminobis(metanfosfonici). Tre leganti (L1L3) sono stati quindi preparati unendo i succitati residui mediante brevi catene alchiliche (C2) unite attraverso ponti disolfuro. I ponti disolfuro possono essere infatti recisi in ambienti riducenti, rapportando quindi su un’eventuale situazione di ipossia, o ad opera di tioli endogeni di particolare interesse (ad es. glutatione). La sintesi è stata realizzata funzionalizzando con gruppi carbossilici o fosfonici molecole di cistamina o cistina opportunamente protette. Una seconda linea di attività ha riguardato la messa a punto di agenti responsivi all’attività dell’enzima tirosinasi la cui espressione è associata alla presenza di melanoma. A questo fine si è progettata la sintesi di leganti in cui si è installato su strutture base di leganti noti (EDTA, DTPA) residui p-idrossibenzilici che possono essere riconosciuti dall’enzima. Sono stati sintetizzati i complessi di Mn(II) con i leganti L4, L5 ed L6 i quali sono stati successivamente caratterizzati in modo dettagliato per via rilassometrica. Test dell’attività responsiva in vitro all’enzima tirosinasi hanno indicato un aumento significativo di relassività (intensità del segnale) in presenza di enzima e hanno pertanto suggerito di condurre prove più approfonditi sia in vitro che su culture cellulari. Un’ulteriore linea di attività seguita è stata la ricerca di leganti originali, i cui complessi con lo ione manganese presentino una stabilità soddisfacente e possano quindi fungere da base per lo costruzione di nuovi sistemi a maggiore complessità. A tale scopo, sono stati preparati i leganti L7, L8 ed L9 (AAZ3A, AAZ3MA e MeAAZ3A), sistemi esadentati basati su uno scheletro peridro-1,4diazepinico noto per formare complessi stabili con metalli di transizione. Il legante L7 presenta un gruppo amminico secondario la cui funzionalizzazione può rappresentare un accesso sintetico per la coniugazione dei corrispondenti complessi a vettori di interesse diagnostico. Il legante L8 invece, data la presenza di un atomo di carbonio secondario legato all’ammina esociclica, impedisce l’ulteriore funzionalizzazione, ma viene preparato con più alte rese rispetto ad L7. Infine, dato che durante la procedura sintetica, in particolare durante la deprotezione degli esteri terz-butilici, è stata osservata la formazione di un lattame ciclico, l’ammina secondaria in posizione 6 è stata metilata nel legante L9 per impedire tale ciclizzazione. 101 R' R N R L1 L2 L3 S N S R3 HOOC R HOOC R N N n 2 R R = COOH R' = H R = PO3H2 R' = H R = COOH R' = COOH N R1 R' L4 L5 L6 COOH COOH COOH m COOH R' R R N N N HOOC COOH R m = 1 n = 0, R1 = CH2C6H4OH, R3 = H. L7 (R, R' = H, AAZ3A) L8 (R = CH3, R' = H AAZ3MA) m = 1 n = 0, R1 = R3 = CH2C6H4OH. m = 1 n = 1, R1 = R3 = H, R2 = CH2C6H4OH. L9 (R=H, R' = CH3, MeAAZ3A) Figura 3. Leganti utilizzati per la complessazione di Mn(II) In generale, la formazione dei complessi è avvenuta aggiungendo ad una soluzione acquosa del legante in tampone Hepes (pH = 6.5-7.5) aliquote crescenti di una soluzione di MnCl2 e monitorando la variazione della velocità di rilassamento magnetico nucleare longitudinale, R 1, a 20 MHz e 298 K. Per i complessi di Mn(II) si sono misurati i profili NMRD (Nuclear Magnetic Relaxation Dispersion) a 298 e 310 K, i quali permettono di ottenere i parametri strutturali-dinamici che caratterizzano la capacità rilassante del complesso e ne descrivono le proprietà. La caratterizzazione dei complessi è avvenuta anche attraverso la misura e l’analisi della dipendenza dalla temperatura della velocità di rilassamento trasversale (R2p) e dello shift isotropico 17O del solvente in una soluzione concentrata del complesso metallico. La caratterizzazione rilassometrica dei complessi MnL4-MnL9 è stata particolarmente dettagliata ed è qui di seguito riassunta: MnL4, MnL5 e MnL6: La introduzione del residuo idrossibenzilico non ha comportato una variazione delle capacità complessanti del chelante. Il complesso si forma facilmente in tampone HEPES e presenta proprietà del tutto analoghe ai corrispondenti complessi con gruppi acetici. I valori di r1p misurati sono 3.7, 1.7 e 1.6 mM-1 s-1, rispettivamente. In MnL4 lo ione è quindi eptacoordinato con q=1, mentre gli altri due complessi non possiedono molecole d’acqua nella prima sfera di coordinazione (q=0) come per MnDTPA. La caratterizzazione completa dei complessi è continuata con la misura della dipendenza di r1p da pH, temperatura e intensità di campo magnetico. La loro attività responsiva è stata valutata in vitro sia attraverso l’incubazione con l’enzima tirosinasi sia con l’incubazione in omogenato di cellule B16. Poiché l’espressione di questo enzima è associata con la formazione di melanomi, un metodo capace di rilevare in vivo tale enzima potrebbe trovare applicazioni diagnostiche rilevanti. Un notevole aumento di relassività è stato misurato, particolarmente pronunciato nel caso dei complessi q=0 MnL5 e MnL6, confermando le ipotesi iniziali. Il meccanismo di azione proposto si basa sulla destabilizzazione dei complessi di Mn(II) seguita dal rilascio degli ioni Mn2+ in un modo simile a quanto avviene per MnDPDP, approvato per uso clinico. I profili NMRD e gli spettri ESR delle miscele MnL e tirosinasi/B16 omogenati cellulari confermano il rilascio degli ioni Mn2+ nel caso di MnL4 e MnL5, mentre per MnL6 si nota la formazione di specie oligomeriche. MnL7, MnL8 e MnL9: Il legante AAZTA è eptadentato e quindi origina complessi LnAAZTA contenenti fino a due molecole d’acqua coordinate. I leganti L7, L8 e L9 contengono sei atomi donatori per la complessazione degli ioni MnII e quindi lasciano potenzialmente un sito ulteriore per la coordinazione di una molecola d’acqua. Le costanti di protonazione dei leganti e le costanti di stabilità dei loro complessi con lo ione MnII sono state determinate da titolazioni pH– potenziometriche in soluzioni 0.15 M di NaCl a 25C. Nonostante il valore simile della basicità totale (logK), i valori delle costanti di stabilità dei derivati MnAAZ3A sono più che tre ordini di grandezza inferiori a quelli di MnAAZTA (logKMnL = 14.19). Uno studio dettagliato rilassometrico 1 H e 17O NMR è stato condotto sui complessi di MnII in soluzione acquosa in funzione del pH, temperatura e intensità di campo magnetico applicato. I profili 1H NMRD di tutti i complessi mostrano una forma simile, tipica di sistemi a basso peso molecolare, ma ampiezze che differiscono considerevolmente a indicare un diverso grado di idratazione. Un comportamento simile è stato trovato nella dipendenza dalla temperature della velocità di rilassamento trasversale e del chemical 102 shift dei nuclei 17O del solvente. I dati sperimentali si possono interpretare considerando la presenza in soluzione di una miscela di due specie isomeriche che differiscono nel numero di coordinazione (7 and 6) e nel numero (1 and 0) di molecole d’acqua coordinate. Mentre questo tipo di equilibri di coordinazione sono stati riportati in precedenza nel caso di complessi con ioni lantanoidi(III), è osservato per la prima volta nel caso di complessi con ioni Mn2+. Tematica: Biomateriali e biocristallografia Biosurfattanti I biosurfattanti sono molecule anfililiche con estremità sia idrofiliche che idrofobiche che si adsorbono ed alterano le condizioni prevalenti sulle interfaccie. Essi sono sintetizzati da un’ampia varietà di differenti microrganismi procariotici ed eucaristici. I quattro principali tipi di biosurfattanti sono: 1) glicolipidi, 2) fosfolipidi, 3) lipoproteine e lipopeptidi, 4) polimeri. I biosurfattanti hanno numerosi vantaggi rispetto ai surfattanti, quali la bassa tossicità, la più elevata biodegradabilità, la miglior compatibilità ambientale, la miglior attività anti-schiuma, selettività e specificità ad estreme temperature, pH e salinità e la capacità di essere sintetizzati da materiale rinnovabile. I biosurfattanti lipopeptidici quali la surfattina e la fengicina sono stati descritti assemblare e formare nanoparticelle. Il lipopeptide surfattina possiede una forte attività di superficie ed importanti proprietà biologiche incluse quelle antivirali e antibatteriche. L’attività biologica della surfattina dipende dalla sua interazione con le membrane. In condizione fisiologiche è stato visto che la surfattina è in grado di penetrare nelle membrane cellulari. L’autoassemblaggio della molecola è la base dell’attività di produzione di pori nelle membrane. Il lipopeptide può avere un elevata selettività basata sulla composizione della matrice lipidica della cellula bersaglio in particolare su membrane con elevato quantità di lipidi anionici quali le membrane batteriche ed alcuni tipi di cellule cancerose. Due ceppi batterici di Bacillus spp., V9T14 e V19T21, sono stati isolati ed i loro sopranatanti hanno evidenziato la presenza di biosurfattanti con elevata attività di superficie. L’estrazione e la purificazione hanno messo in evidenza che i ceppi producevano molecole la cui natura chimica era lipopeptidica (in particolare surfattina e fengicina per entrambi i ceppi). Le molecole purificate hanno dimostrato specifica attività anti-adesiva e sono state in grado di prevenire la formazione di biofilm di batteri patogeni umani. In particolare il biosurfattante V9T14 attivo verso un ceppo Gram-negativo era inefficace verso un ceppo Gram-positivo e viceversa per il V19T21. Questa attività si osservava sia pre-incubando superfici di polistirene che aggiungendo il biosurfattante all’inoculo. Si è dimostrato, inoltre, che la fengicina era responsabile dell’attività anti-adesiva verso il biofilm di entrambi i ceppi. Inoltre, il biosurfattante V9T14 in associazione ad alcuni antibiotici ha dimostrato un’efficace attività sinergica nei confronti di biofilm pre-formati di ceppi batterici uro-patogeni di origine ospedaliera. In studi successivi, è stata studiata l’attività del AgNO3 in associazione al biosurfattante lipopeptidico V9T14 nei confronti di un biofilm pre-formato di Escherichia coli. I risultati hanno indicato che l’attività dell’argento poteva essere sinergicamente aumentata dalla presenza di V9T14, portando sia ad una riduzione della quantità di argento utilizzata nell’associazione che ad una più elevata attività microbicida. Questa è la prima volta che si osserva un’attività sinergica tra l’argento ed un biosurfattante lipopeptidico. Sulla base dei risultati ottenuti è stato depositato in data 25 novembre 2009 un brevetto internazionale PCT/IB2009/055334 dal titolo “Biosurfactant composition produced by a new Bacillus licheniformis strain, uses and products thereof” con inventori: Martinotti M.G., Rivardo F. Allegrone G., Ceri H., Turner R. Tematica: Nuovi farmaci inorganici in oncologia Relazioni struttura-proprietà in complessi di Pt(II) e Pt(IV) a potenziale attività antitumorale I pesanti effetti collaterali, la possibilità di sviluppo di chemio-resistenza e la somministrazione per infusione lenta sono i maggiori inconvenienti nell’uso dei complessi di Pt(II) come agenti antitumorali nella pratica clinica. Per questo motivo si continuano a sviluppare nuove molecole o 103 nuovi modi di somministrazione dei complessi a base di platino. Una categoria di composti su cui la ricerca sta puntando è costituita dai complessi ottaedrici di Pt(IV). Essi sono comunemente considerati pro-farmaci: la riduzione nell’ambiente ipossico del tessuto tumorale al corrispondente complesso planare-quadrato di Pt(II), cineticamente più labile, sembra essere alla base della loro attività antitumorale (Figura 4). Questo meccanismo potrebbe aumentare la selettività verso le cellule tumorali risparmiando quelle sane. Inoltre l’inerzia dei composti di Pt(IV) di per se ne permette la somministrazione per os. Figura 4 Il profilo ADME (Absorption, Distribution, Metabolism and Excretion) di una molecola a potenziale attività farmacologica è estremamente importante per guidare i chimici nel processo di drug design. Ad esempio è auspicabile che nella molecola non siamo presenti delle “proprietà” negative (gruppi reattivi, siti facilmente metabolizzabili, ecc.), ma incorporino “attributi” positivi (solubilità in acqua ottimale, buona permeabilità di membrana, ecc.). A tal scopo si è intrapreso uno studio QSAR (Quantitative Structure-Activity Relationship) per cercare di ottenere delle regole generali da seguire nella sintesi di complessi di Pt(IV). Nei modelli di previsione della citotossicità su due linee cellulari (una sensibile di tumore ovarico e una meno sensibile di adenocarcinoma del colon) si evidenza la presenza costante di un descrittore collegato alla lipofilicità (log P o/w oppure il numero di atomi di carbonio sp3 secondari) ed un descrittore “elettronico” (potenziale di picco, Ep, il numero di atomi di ossigeno, oppure la topological polar surface area TPSA, espressa considerando il contributo degli atomi di N ed O presenti). Questo risultato supporta l’osservazione generale che il comportamento biologico dei complessi di Pt(IV) può essere razionalizzato sulla base dell’uptake cellulare, della “facilità” di riduzione e della struttura del corrispondente metabolita Pt(II). Log Po/w ed Ep si sono quindi dimostrati descrittori sperimentali di grande importanza per la valutazione della citotossicità. Tuttavia la determinazione sperimentale della lipofilicità, in particolare per molecole caratterizzate da valori di log Po/w piuttosto negativi, non è né facile né precisa. La sua predizione potrebbe essere effettuata matematicamente sulla base dei gruppi funzionali presenti, come si fa comunemente per molecole organiche. Sfortunatamente i complessi di Pt rappresentano un dataset di problematica integrazione negli ampi database di composti organici e quindi di difficile confronto con i prodotti farmaceutici standard. Per questo motivo è stato intrapreso un secondo studio QSAR per ricavare dei modelli statisticamente accurati in grado prevedere tali proprietà a priori. Lipofilicità e potenziale di riduzione sono collegati a combinazioni di descrittori elettronici (energia del Figura 5: complessi di Pt(II) usati come LUMO, momento di dipolo, cariche atomiche data set 104 parziali) e di area superficiale (area totale e polar surface area, PSA, ovvero superficie somma su tutti gli atomi polari, inclusi gli idrogeni legati). Si è cercato di ottenere degli strumenti di calcolo in grado di fornire dei modelli per predire il log Po/w anche per complessi di Pt(II) (Figura 5). La nuova procedura multistep è consistita in (a) la costruzione e l’ottimizzazione delle strutture 3D di una serie di complessi, (b) la parametrizzazione del Pt(II) è la sua implementazione nel programma GRID per lo studio dei parametri MIF (Molecular Interaction Field), (c) calcoli GRID ed estrazione dell’informazione con VolSurf e BIOCUBE4mf (Figura 3), ed infine (d) analisi statistica per definire la correlazione tra i log Po/w sperimentali ed i descrittori molecolari. I contributi più importanti alla lipofilicità sono ancora una volta collegati a descrittori di tipo idrofobico (descrittore DRY) e di forma/dimensione (superficie molecolare S, e descrittore V-OH2, che rappresenta il volume molecolare non raggiungibile dall’acqua). Tutti questi descrittori influenzano positivamente la lipofilicità, maggiore è il loro valore, più lipofilo è il complesso. Figura 6: esempio di MIF generato dal probe DRY Tutti i modelli descritti possono formare una solida base per lo screening virtuale di molecole a potenziale attività antiproliferativa; con essi è infatti possibile effettuare una valutazione a priori delle proprietà molecolari direttamente da descrittori calcolati, senza bisogno di sintetizzare effettivamente la molecola. Complessi di Pt(II) e Pt(IV) a potenziale attività antitumorale Parallelamente allo studio QSAR applicato a complessi di platino, è continuato il lavoro sui “tradizionali” composti contenenti Pt(II). Figura 7 Figura 8 105 In particolare è stata presa in considerazione due serie di complessi cisplatin-like contenenti leganti bis-imidazolici (leganti di Joseph, Figura 7) e pirazolici (Figura 8). Tali leganti aumentano l’ingombro sterico attorno all’atomo di Pt rendendo più difficili reazioni di sostituzione indesiderate che provocano la disattivazione del complesso. Sebbene la presenza dei leganti di Joseph sia in grado di modulare la labilità del legame Pt-leaving group, aumentare la lipofilicità del complesso (e quindi l’ingresso nella cellula per diffusione passiva) e proteggere il centro metallico da reazioni di disattivazione, i dati biologici mostrano valori citotossicità decisamente al di sotto del composto di riferimento cisplatino. Tale performance è probabilmente dovuta ad una sfavorevole interazione con il DNA, come dimostrato dagli studi di molecular modeling. All’interno della serie studiata il composto che si è dimostrato più interessante è il catione 15 (Figura 7). La doppia carica positiva è parzialmente bilanciata dalla presenza del legante di Joseph molto lipofilo, facilitando l’uptake, essendo i complessi di Pt cationici possibili substrati degli OCT (organic cationic transporters). Infine, essendo 15 già nella forma attivata, esso è già pronto a reagire con il suo target finale, il DNA, senza bisogno di ulteriori step di attivazione (solvatazione). Dei complessi pirazolici (Figura 8) è stato studiato il comportamento in soluzione, la lipofilicità, il cell uptake, le proprietà antiproliferative e l’interazione con il DNA. I complessi sono risultati più lipofili del cisplatino (e l’accumulo cellulare riflette questo risultato); essi reagiscono come atteso con il DNA formando addotti mono (i monocloruri) o bifunzionali (i dicloruri). Nonostante tutti i composti siano meno attivi del cisplatino su linee A2780, la loro attività viene mantenuta anche su linee resistenti al cisplatino (A2780R), in quanto meno disattivati dal glutatione, maggior responsabile dei fenomeni di resistenza al cisplatino. La minor reattività del metabolita di Pt(II) rispetto al glutatione ridotto (GSH) è alla base della sintesi della serie di complessi di Pt(IV) basati sul picoplatino (picoplatino = [PtCl2(2picolina)(NH3)] riportati in Figura 9. Figura 9 La presenza della picolina infatti ha lo scopo di rendere il complesso di Pt(II) che si forma per riduzione meno sensibile alla disattivazione con glutatione. I complessi 1-3 sono stati testate su quattro linee cellulari di mesotelioma pleurico maligno (MPM). In generale, all’aumentare della catena assiale aumenta la citotossicità e la selettività del complesso (diventa meno tossico verso cellule sane di mesotelio). I complessi mostrano buona attività sulle linee MPM, in alcuni casi migliore del cisplatino, e si candidano quindi come possibili farmaci per il trattamento di tumori in cui la chemioresistenza è basata sulla sovraespressione del glutatione, come ad esempio nel MPM. L’azione detossificante (e in questo caso avversa all’attività antitumorale) del glutatione può essere indirettamente tenuto sotto controllo attraverso l’acido etacrinico, EA. Quest’ultimo inibisce l’enzima glutatione-S-transferasi (GST) che catalizza la coniugazione tra GSH e i complessi del Pt. Allo scopo di ottenere un farmaco bifunzionale, un complesso di Pt(II) contenente due unità EA è stato sintetizzato e testato su linee di MPM (Figura 10). 106 Figura 10 Sfortunatamente il complesso si è dimostrato meno efficace del cisplatino, ma anche meno efficace del cisplatino co-somministrato con EA in rapporto 1:2. Al contrario, il trattamento ha causato un aumento nel livello di GSH (specie nelle linee resistenti) non riuscendo così ad abbattere l’attività dell’enzima sul substrato. Per aumentare la selettività dei complessi a base di platino è possibile introdurre il complesso all’interno di sistemi polimerici in grado di rilasciarlo all’interno dei tessuti tumorali sfruttando l’effetto EPR (enhanced permeability and retention). A tal scopo sono stati ottenuti addotti tenuti insieme da interazioni elettrostatiche tra due complessi cationici di formula cis-[PtCl(NH3)2(py)]Cl e trans,trans-[(NH3)2Pt(NH2(CH2)4NH2)PtCl(NH3)2](Cl)2 e nanoparticelle core-shell a base di polimetilmetacrilato contenenti braccia solfonate (Figura 11). I complessi dicarichi hanno mostrato, come atteso, una stabilità superiore, anche se dipendente dalla forza ionica e dal tipo di altri cationi presenti in soluzione. Figura 11 107 UNITA’ DI RICERCA POLITECNICA DELLE MARCHE Direttore Scientifico: Prof. Giorgio Tosi L’analisi vibrazionale è divenuta una tecnica molto versatile e adatta allo studio dei materiali in svariati campi della chimica, della biologia e dell’ingegneria. Negli ultimi anni l’analisi vibrazionale è stata molto usata nello studio di proprietà funzionali di campioni biomedici e di biomolecole, dove possono essere identificati i diversi componenti molecolari e la loro distribuzione in una matrice. In questo contesto la microspettroscopia FTIR Imaging permette, nei settori biomedico e dei biomateriali, di sviluppare nuovi metodi di acquisizione delle immagini per lo studio delle caratteristiche composizionali, strutturali e morfologiche di svariati sistemi, primi fra tutti quelli biologici. Mediante tale tecnica e con l’ausilio di opportuni algoritmi, possono essere valutati numerosi parametri quali la natura molecolare, la quantità relativa, la distribuzione dei vari componenti. Ci si avvale di spettrometri a sorgente convenzionale, multidetectors o a luce di sincrotrone con risoluzione spaziale fino al limite di diffrazione. Di grande utilità, per una rapida acquisizione di dati spettrali, risulta il Focal Plane Detector (FPA) detector. Il trattamento dati per l’analisi multivariata e per procedure di analisi delle bande (deconvoluzione, curve-fitting, ecc.) viene effettuato mediante pacchetti software tra cui: Spectrum 5.0 (Perkin Elmer), Pirouette 4.0 (Infometrix Corp.), Cytospec, CytoSpec IR imaging (www.cytospec.com), Opus 5.5 (Bruker Corp.) e Grams AI (Galactic Corp.) Microspettroscopia FT-IR imaging su cellule e tessuti umani. (collaborazione con il: Dipartimento Scienze della Vita e dell'Ambiente, Università Politecnica delle Marche, Ancona; Dipartimento Scienze Biomediche e Sanita' Pubblica, Università Politecnica delle Marche, Ancona; Dipartimento Medicina Sperimentale e Clinica, Università Politecnica delle Marche, Ancona; Dipartmento of Scienze Biomorfologiche and Funzionali, Università Federico II di Napoli; SISSI Beamline, Elettra Synchrotron Light Laboratory, Trieste).) Abbiamo continuato lo studio FTIR di patologie della cavità orale nonché di altri compartimenti del corpo umanO. Le caratteristiche vibrazionali di campioni derivanti da operazioni chirurgiche sono state sfruttate per ottenere informazioni a livello molecolare e supramolecolare da affiancare ai dati provenienti dai più comuni mezzi diagnostici. Infatti, tramite le variazioni biochimiche e morfologiche che i tessuti subiscono durante la formazione di neoplasie, è stato possibile distinguere nei vari campioni zone sane da zone tumorali. I risultati sono stati comparati con dati istopatologici evidenziando una più che soddisfacente attendibilità. Si sono caratterizzati alcuni spectral markers, come i modi vibrazionali dei fosfati e del glicogeno, che permettono di valutare e verificare, nelle loro relazioni numeriche, la progressione ed il grado di tumorigeneità delle patologie della bocca (Figura 1). Figura 1. Andamento dei rapporti υsym/υasymPO2- e υC-O/υsymPO2-, nei tessuti sani (connettivo, C e muscolare, M), nelle displasie leggere e severe (mCMd, sCMd) e nelle forme tumorali tumori dei vari settori della cavità orale. Il valori maggiormente differenziati si ottengono nel caso di linfonodi metastatici. 109 Procedimenti di analisi multivariata di trattamento dei dati spettrali, hanno permesso di di distinguere queste diverse patologie (Figura 2). Figura 2. Epiteli tumorali di campioni da: SCC (epit. non tumorale di controllo, SCC indiff. e epit. displastico), ghiandole salivari (tum. muco-secernente e carcinoma adenoideo cistico) e cisti odontogene (fibroma ameloblastico, ameloblastoma unicistico, ciste residua, ciste radicolare e KCOT). La figura 3a riporta la clusterizzazione di aree epiteliali: di controllo (non tumorale), di grado 1, di grado 2, caratterizzato dalla presenza di perle cornee ed un epitelio indifferenziato di grado 3. La netta suddivisione dei campioni in 4 clusters ben distinti viene confermata anche dall’analisi bidimensionale (Figura 3b). Grado 1 Grado 3 Controll o Grado 2 Figura 3a Figura 3b Sempre nel distretto della cavità orale, l’indagine spettroscopica ha permesso di verificare la progressione e l’infiltrazione del tumore nei comparti connettivali. 110 Figura 4. Clusterizzazione di zone connettivali derivanti dagli SCC e dalle ghiandole salivari: carcinoma adenoideo cestico (cluster blu), SCC indiff. (cluster verde), tumore muco-secernente (cluster rosso), SCC displastico (cluster arancione) ed epitelio di controllo (cluster celeste). Si è continuato lo studio vibrazionale di lesioni cutanee benigne (nevo dermico, nevo di Reed), displastiche e maligne (melanomi invasivi) e contemporaneamente, con l’utilizzo di una risoluzione spaziale al limite della diffrazione (6.35x6.25μm2), si iniziato lo studio di nevi ‘border line’ come quelli Spitz o nevi a penetrazione anomala e che presentano notevoli difficoltà a livello di analisi clinica. Caratterizzazione tramite marker spettrali delle gonadi di Zebrafish durante la fase di maturazione (collaborazione con il Dipartimento Scienze della Vita e dell'Ambiente, Università Politecnica delle Marche, Ancona;). Nello studio del ruolo della melatonina nella crescita e nella maturazione di ovociti femmine di zebrafish, la spettroscopia FTIR imaging ha ben evidenziato modifiche biochimiche nella oonogenesi di femmine trattare con melatonina, in grado di influire sul pattern proteico, sulla composizione della membrana e sulle caratteristiche di gruppi fosfato. Tramite le analisi Real TimePCR e l’Enzyme-Linked Immuno Sorbent Assay (ELISA) , si è dimostrato che la somministrazione di questo ormone favorisce la sintesi della vitellogenina in zebrafish femmine, promuovendo quindi il relativo aumento dell’indice gonadosomatico (GSI) e della produzione dell’embrione. Applicazione della Microspettroscopia Infrarossa per la caratterizzazione di biomateriali e di biomolecole. (collaborazione con il gruppo del prof. Norberto Roveri della UNIBO) Particolarmente utile si è rivelata l’applicazione dell’imaging infrarosso nello studio ed utilizzo di materiali sintetici per operazioni di ricostruzione ossea e per evidenziare il fatto che tessuti artificiali possono mimare il tessuto osseo da sostituire, per studiare processi di biomineralizzazione con possibilità di individuare la formazione di idrossiapatiti su bio-vetri nonché per delucidare le varie fasi di ricostruzione di tessuti ossei danneggiati. E’ stato messo a punto un nuovo metodo per la sintesi di materiali nano strutturati a base di compositi collagene/idrossiapatite su leghe di titanio, combinando l’elettrospinning con la mineralizzazione biomimetica. Gli scaffolds mineralizzati esibiscono caratteristiche morfologiche, strutturali e chimiche molto simili a quelle di una matrice extracellulare dell’osso naturale. Oltre che con la microscopia elettronica, la distribuzione topografica della composizione chimica nella matrice mineralizzata, è stata studiata con la microspettroscopia FTIR, evidenziando come, nel processo di elettrospinnig, i nano cristalli di idrossiapatite ricoprono parzialmente le fibre di collagene (Figura 5, 6). 111 Figura 5. Spettri FT-IR del collagene (rosso) e del composito collagene-idrossiapatite (nero) nella regione 1800-700 cm-1. Figura 6. Mappe di correlazione ottenute caricando lo spettro del collagene nelle mappe chimiche da elettrospun del collagene puro (A) e del collagene mineralizzato (B), e (C) mappa di correlazione ottenuta caricando lo spettro del composito collagene-idrossiapatite sulla mappa chimica del collagene mineralizzato. Dall’analisi spettroscopica si è anche dedotto che la distribuzione di gruppi funzionali di materiali a base di collagene, come i gruppi carbonilici, hanno un ruolo cruciale nel processo di mineralizzazione in vitro. Ne deriva che, nanocompositi fibrosi potrebbero trovare applicazioni come materiali di rivestimento di dispositivi medicali a base di titanio o come fillers per compositi rinforzati da fibre migliorarando il contatto e l’interazione dell’impianto osseo con l’intorno biologico. 112 UNITÀ DI RICERCA DI ROMA “La Sapienza” Direttore Scientifico: Prof.ssa Elena Borghi Nel corso del 2011 l’attività scientifica dell’unità di ricerca dell’Università "La Sapienza" di Roma ha riguardato le tematiche e le linee di ricerca seguenti. 1. NUOVI FARMACI INORGANICI IN ONCOLOGIA Sistemi macrociclici tetrapirrolici ad alta delocalizzazione elettronica per la terapia anticancro G. Moretti, M. P. Donzello, E. Viola, P. Moro, D. Vittori, G. De Mori, C. Ercolani, F. Monacelli 2. METALLOPROTEINE COME CATALIZZATORI BIOLOGICI Caratterizzazione strutturale di centri metallici di metalloproteine e composti modello E. Borghi 1. Sistemi macrociclici tetrapirrolici ad alta delocalizzazione elettronica per la terapia anticancro In questa relazione viene presentato l’attività svolta dal gruppo di ricerca nel corso del 2011, attività che alla base del suo sviluppo pone la sintesi di nuovi macrocicli tetrapirrolici appartenenti prevalentemente alle classe delle porfirazine (tetraazaporfirine) sia come leganti liberi (non metallati) sia come derivati di metalli di transizione o di non transizione. Si tratta in generale di prodotti aventi un core porfirazinico centrale, eventualmente esteso perifericamente con anelli eterociclici o-condensati sugli anelli pirrolici centrali a dare sistemi molecolari ad alta delocalizzazione elettronica, le cui proprietà generali, dipendenti in qualche misura anche dalla natura del metallo centrale, sono state studiate con metodi spettroscopici convenzionali (IR, UVvisibile) come anche con tecniche di risonanza (NMR, ESR), misure magnetiche e comportamento elettrochimico (voltammetria ciclica, spettroelettrochimica). Come sviluppo successivo alla caratterizzazione chimico-fisica si pone come tema centrale lo studio del comportamento di alcune di queste specie come fotosensibilizzatori per la produzione di ossigeno singoletto (1O2) e della loro risposta di fluorescenza, tematiche che esplorano le loro potenzialità applicative nel campo della terapia anticancro che va sotto il nome di terapia fotodinamica (PDT), oggi in fase di grande sviluppo, e per il loro uso nel campo dell’imaging. Si riassume qui di seguito in breve la principale attività svolta dal gruppo di lavoro nel corso dell’intero anno 2011. Effetti della modifica del sistema coniugato centrale del macrociclo porfirazinico sul suo comportamento chimico-fisico e fotochimico Studi recenti del gruppo di ricerca hanno riguardato la sintesi e caratterizzazione di macrocicli pirazinoporfirazinici ed associati aspetti applicativi. Intenso lavoro è stato condotto sul macrociclo di cui allo Schema 1B come specie monopalladata [Py8TPyzPzPd], e suoi derivati di tipo pentanucleare [(PdCl2)4Py8TPyzPzPd] (Py8TPyzPz = dianione della tetrakis-2,3-[5,6-di(2-piridil)pirazino]porfirazina) e ottacationico [(2-Mepy)8TPyzPzPd]8+ (Donzello, M. P., et al. Inorg. Chem., 2008, 47, 3903; Donzello, M. P., et al. Inorg. Chem., 2008, 47, 8757). Per tali complessi è stata messa in evidenza la loro capacità di agire come potenti fotosensibilizzatori per la produzione di ossigeno singoletto, 1O2, l’agente citotossico attivo in PDT, una terapia oggi largamente applicata per il contrasto a diverse forme di tumori. Sulla base di questo tipo di risultati, e’ stato ritenuto opportuno ed interessante sviluppare un programma di ricerca diretto a contrarre e ad espandere il suddetto macrociclo nei modi specificati nello Schema 1A e 1C, in modo tale da modificare il livello di delocalizzazione elettronica del sistema porfirazinico centrale ed il tipo di contatti tra la periferia del macrociclo stesso e la sua cavità centrale. La preparazione dei macrocicli 1A e 1C (Schema 1) 113 N N N N N N N N N N N N N N N N N NH N N N N N N NH N N N N N N HN N N NH N N N HN N N HN N N N N N N N N N N N N N N N N N N A B N N N N C Schema 1 avviene mediante l’uso di adatti precursori quali quelli mostrati nello Schema 2. N CN N A N N CN N CN N CN N CN N CN N N B C Schema 2 Come è stato verificato sulla base di risultati preliminari sia per i macrocicli di cui allo Schema 1A (specie non metallata, [Py8PzH2] e complesso di MgII, [Py8PzMg(H2O)]) che per quelli di cui allo Schema 1C (specie non metallata, [Py8TQPzH2], e derivati metallici [Py8TQPzM] (M = MgII e ZnII), le apportate modifiche strutturali periferiche per i due tipi di macrocicli si riflettono in modo evidente sul comportamento spettroscopico (UV-visibile) ed elettrochimico, ed hanno anche effetti importanti per ciò che riguarda la loro fotoattività per la produzione di 1O2. Sulla linea di quanto è stato fatto per il macrociclo riportato nello Schema 1B, è ancora in fase di sviluppo la preparazione di specie pentametalliche che prevedono l’inserimento di unità PdCl 2 e PtCl2 alla periferia dei macrocicli 1A e 1C (Schema 1). Potenzialità fotochemioterapeutiche di un macrociclo porfirazinico pentanucleare di PtII E’ stato sintetizzato e caratterizzato mediante spettroscopie convenzionali (IR, UV-visibile) un complesso di PtII di formula [(PtCl2)4Py8TPyzPzPt]. Il composto è potenzialmente in grado di svolgere attività bimodale anticancro. Esso infatti manifesta buone proprietà di “fotosensibilizzatore” per la produzione di ossigeno singoletto, 1O2. Dati NMR di risposta protonica e di 13C indicano che unità PtCl2 sono legate alla periferia del macrociclo agli atomi di azoto piridinici con formazione di siti di tipo cis-platino N2(py)PtCl2 (Figura 1A). La presenza di quattro di questi siti nell’ambito della stessa molecola, corrisponde ad avere una multipla funzionalità cisplatino all’interno dello stesso macrociclo tetrapirrolico, fatto di assoluta rilevante novità nella pertinente letteratura. Gli stessi dati NMR hanno permesso di stabilire che la forma molecolare largamente prevalente nel macrocicloo è quella che vede i quattro frammenti dipiridinopirazinici che portano le unità PtCl2 orientate dalla stessa parte rispetto al piano molecolare centrale, come mostrato in Figura 1B. 114 Cl Cl Cl N Pt N N N N N N N Pt N N N N N N N N N Cl Pt Cl N N N Pt N N N N Cl Pt Cl Cl A B Figura 1 Nello stesso lavoro sono state considerate altre due specie mononucleari di formula [Py8TPyzPzPt] e [(2-Mepy)8TPyzPzPt]8+ (neutralizzata da ioni I-), delle quali è stata misurata la loro attività come fotosensibilizzatori in PDT. Proprietà coordinanti ed attività fotodinamica di un macrociclo porfirazinico avente anelli tienilici vicinali E’ stata sviluppata ed in larga misura portata a conclusione una linea di ricerca, già avviata nel corso del 2010, riguardante una specie simmetrica di tipo pirazinoporfirazinico alla periferia della quale sono stati innestati anelli 2-tienilici vicinali, come rappresentato in Figura 2A per la specie non metallata. Va rilevato che la coordinazione esterna con il coinvolgimento combinato dei due anelli 2-tienilici, adeguatamente verificata con l’inserimento di unità di PdCl2, rappresenta Cl Cl N S S N N HN N N N N N N N N N N N S S N N N S N S N N M N N NH Cl N N N N Pd S S N N Pd S N S S Cl S S Cl Pd Cl A N S S S B Pd Cl Cl Figura 2 un caso raro di coordinazione. Il legante libero, la tetrakis-2,3-[5,6-di(2-tienil)pirazino]porfirazina, [Th8TPyzPzH2] di Figura 2A, ottenuta per demetallazione del suo complesso di Mg II, [Th8TPyzPzMg(H2O)], è stata utilizzata per la preparazione di altri derivati metallici, [Th8TPyzPzM] (M = ZnII, CuII, CoII). E’ stato dimostrato il coinvolgimento diretto dei frammenti ditienilpirazinici nella coordinazione del PdII con formazione di specie tetrapalladate di formula [(PdCl2)4Th8TPyzPzM] (M = ZnII; Mg(H2O)). Utile è stata l’informazione fornita dal comportamento del precursore del macrociclo, la 2,3-diciano-5,6-di(2-tienil)-1,4-pirazina, [(CN)2Th2Pyz], circa la capacità del suo frammento di(2-tienil)pirazinico di agganciare il PdCl2. E’ stato verificato che tale precursore coordina due unità PdCl2 nel complesso di formula [(CN)2Th2Pyz(PdCl2)2] (diversamente da quanto osservato per l’analogo precursore dipiridinopirazinico [(CN)2Py2Pyz] che dà luogo, con lo stesso PdCl2, ma anche con PtCl2, ad un derivato monometallico [(CN)2Py2PyzMCl2] (M = PdII, PtII)), mentre la coordinazione a livello di macrociclo implica la coordinazione di una sola unità PdCl2 per ognuno dei quattro frammenti di(2tienil)pirazinici, come schematizzato in Figura 2B. La struttura del bispalladato [(CN)2Th2Pyz(PdCl2)2] è stata studiata mediante misure di NMR e con studi EXAFS. Ciascuno dei 115 due atomi di palladio risulta coordinato a due atomi di cloro, all’azoto pirazinico e allo zolfo tienilico. Oltre alla caratterizzazione chimico-fisica generale, i macrocicli tienilici [Th8TPyzPzM] sono stati studiati per via elettrochimica. I dati di spettroscopia UV-visibile ed elettrochimici forniscono informazioni sul contatto elettronico tra il core pirazinoporfirazinico centrale ed i tienili periferici, permettendo un adeguato confronto con la situazione riscontrata per gli analoghi macrocicli ottapiridinici. Inoltre i dati di resa quantica di ossigeno singoletto qualificano i complessi [Th8TPyzPzM] (M = ZnII, MgII(H2O)) come buoni fotosensibilizzatori. Formazione di dipiridinopirazinoporfirazine neutre, loro corrispondenti specie ottacationiche ed eterobimetalliche per la multimodalità anticancro Durante il 2011 sono state portate avanti e sono giunte a risultati significativi due linee di ricerca attinenti a tematiche che riguardano sequenze telomeriche 5’-d[AGGG(TTAGGG)3]-3’, 22mer nella forma G-quadruplex: a) la prima ha portato a sviluppi dello studio avviato nel 2010 e riguardanti gli aspetti di sintesi e generale caratterizzazione chimico-fisica dei complessi eterobimetallici di formula [(PtCl2)Py8TPyzPzM] (M = MgII(H2O), ZnII, PdII) provenienti dal macrociclo ottapiridinotetrapirazinoporfirazinico (Figura 3A) dal quale sono stati preparati e studiati gli analoghi complessi contenenti esternamente PdCl2. Di queste specie è stata verificata la loro capacità di agire come buoni “fotosensibilizzatori” in PDT. Essi presentano inoltre in coordinazione esociclica una funzionalità di tipo cis-platino, ed hanno pertanto una potenzialità di risposta anche in termini chemioterapici. A partire dalla specie monoplatinata [(PtCl2)Py8TPyzPzZn], è stata ottenuta la corrispondente specie monoplatinata esacationica Zn/Pt [(PtCl2)(2-Mepy)6Py2TPyzPzZn]6+ di Figura 3B, che è solubile nel mezzo acquoso, dove si mostra parzialmente aggregata. N N N + +N H3C CH3 N N N N N + N N + Zn N N N N N N N N N Pt Cl + CH3 N N N N N N N N N N N H3C N N N N N N N N N H3C N M N N N N N N + CH3 N Pt Cl Cl Cl A B Figura 3 E’ stato accertato che tale specie, che agisce come un buon fotosensibilizzatore in DMF per la generazione di ossigeno singoletto, ed è quindi attiva in PDT, è in grado di stabilire un contatto nel mezzo acquoso con una sequenza telomerica 5’-d[AGGG(TTAGGG)3]-3’, 22mer, di tipo Gquadruplex, ottenuta in presenza di ioni K+. In collaborazione con un gruppo dell’Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività del CNR di Bologna (D.ssa Sandra Monti e D.ssa Ilse Manet), è stato accertato, sulla base di studi di dicroismo circolare e di spettroscopia convenzionale, che il complesso Zn/Pt ed il G-quadruplex formano un aggregato 2:1, nel quale le due molecole del complesso si legano al G-quadruplex formando una struttura a sandwich e stabilizzandolo nella sua forma “parallela”, come riportato in Figura 4. Pertanto, tale complesso, che ha potenziale attività anticancro grazie alla sua fotoattività (PDT) e alla stabilizzazione del G-quadruplex, lascia intravedere una potenziale trimodalità per la presenza della funzionalità cis-platino, della quale deve essere verificata l’effettiva potenzialità chemioterapica almeno con delle prove in vitro. 116 Figura 4 Circa la seconda linea di ricerca b) attinente a studi riguardanti il G-quadruplex, in collaborazione con le colleghe Monti e Manet, è stato anche completato uno studio del possibile contatto tra il Gquadruplex formato dalla sequenza telomerica 5’-d[AGGG(TTAGGG)3]-3’, 22mer in acqua in presenza di ioni K+ ed il complesso monometallico di ZnII ottacationico [(2-Mepy)8TPyzPzZn]8+. Malgrado l’interferenza rappresentata dall’aggregazione molecolare, è stato tuttavia possibile verificare che il tipo di contatto tra G-quadruplex ed il complesso mononucleare di ZnII ricalca quello osservato per il sistema eterobimetallico Zn/Pt di cui sopra, e cioè formazione di un aggregato 2:1 Zn/G-quadruplex con il G-quadruplex nella sua forma “parallela”. Il macrociclo tetrakis-2,3-[5,6-di(2-piridil)pirazino]porfirazinico, [Py8TPyzPzH2] ed alcuni suoi derivati metallici [Py8TPyzPzM] (M = ZnII, CuII e PdII) sono stati studiati come sensibilizzatori adsorbiti su TiO2 (anatasio) per la fotodegradazione mediante irradiazione UV (350-400 nm) del 4nitrofenolo in sospensione acquosa. Nel caso dei derivati di Cu II e ZnII è stato osservato un aumento del potere catalitico rispetto all’anatasio puro di un fattore quattro e di più di un fattore due nel caso del complesso di PdII e del legante libero. Il confronto con i dati di letteratura su campioni di anatasio impregnati con alcune porfirine e ftalocianine strutturalmente simili, indica che i risultati ottenuti rappresentano un significativo miglioramento dell’efficienza del catalizzatore. 2. Caratterizzazione strutturale di centri metallici di metalloproteine e composti modello Metalloproteine - È noto che le emocianine, difficilmente cristallizzabili, con alto peso molecolare, EPR silenti sia nelle forme native (oxy-) sia derivate (met- e azido-), non sono caratterizzabili via diffrazione e risonanze magnetiche, e come solo l’approccio XAS consenta la derivazione d’informazioni strutturali fondamentali. Le met-Hcs e l’interazione di queste forme con l’azide mostrano una pH dipendenza, e, rispetto alla coordinazione dell’azide, per derivati di differenti phyla (mollusco O. vulgaris ed artropodo C. aestuarii) è stato proposto un modello di reazione diverso in base alla diversa affinità e alla diversa stechiometria di legame. (Beltramini et al., Eur. J. Biochem. 1995, 232: 98; Alzuet et al., Eur. J. Biochem. 1997, 247: 688). A pH 7.5 le due forme met-Hcs mostrano la stessa stechiometria 1:1 degli addotti con azide, mentre a pH 5.5 una seconda azide lega alla met-Hc di O. vulgaris; il derivato di artropodo non presenta la stechiometria 1:2. La parallela caratterizzazione strutturale di forme oxy-, met- e dei met-azido addotti è importante poiché permette di provare le caratteristiche e l’accessibilità del sito attivo nella proteina nativa e diversificare la reattività chimica dei due siti a Cu (il centro Cu(II)A più esposto ed il centro Cu(II)B). Il modello del sito attivo, proposto in base alla dipendenza delle caratteristiche CD dal pH, per le forme met-Hc dei due phyla, assume una struttura a Cu(II) binucleare con un ponte diidrosso con una parziale protonazione a basso pH. Il modello del sito attivo per i met-azido addotti, proposto in base alle caratteristiche LMCT degli spettri assorbimento e CD, suggerisce un legame a ponte nel caso della forma met-Hc di O. vulgaris in contrasto alla met-Hc di C. aestuarii, dove l’azide è supposta legare terminale al più esposto centro Cu(II)A. A pH 5.5 nel caso di met-Hc di O. vulgaris le caratteristiche LMCT sono indicative di un modo di legame a ponte per la prima azide (con affinità maggiore rispetto a pH 7.5) e di un modo di legame terminale al rame (CuA) che controlla la reattività del sito attivo per la seconda azide. Modelli biomimetici - Per delucidare le relazioni biologiche struttura-funzione è necessario impiegare sistemi mimetici con leganti strutturati. È noto (L. Casella et al., 1993, Inorg. Chem. 32, 2056–2067) che i leganti L-5,5 e L-6,6 hanno due identici gruppi donatori, ciascuno con due N117 benzimidazolici ed un N-ammino terziario, sono modello strutturale del motivo tris(imidazolo) presente in proteine con centro binucleare nel sito attivo, e coordinano il metallo con anelli chelanti a 5-termini (L-5,5) e a 6-termini (L-6,6). I complessi binucleari [Cu(II)2(L)(X)2](ClO4)n con L= L5,5, L-6,6 e X= OH_, H2O, N3- considerati sono mimetici delle caratteristiche strutturali del centro Cu2 nel sito attivo di derivati (met- e azido-) di emocianine e tirosinasi e della loro reattività. Considerando che il movimento dell’istidina apicale è coinvolto nel meccanismo di associazione del legante nelle proteine Hcs, la determinazione sia del corretto valore della distanza Cu-Cu sia della misura di una distorsione apicale al sito del rame sono i due aspetti fondamentali da risolvere. Le caratteristiche strutturali delle due possibilità di chelazione al metallo e del diverso modo di coordinazione, in particolare del legante N3- (-1,1 per L-5,5 e -1,3 per L-6,6), costituiscono un riferimento importante per i derivati Hcs considerati. È stata inoltre considerata la famiglia dei composti di rame mononucleari del legante poly(benzimidazole) 2-BB (relazionabile al legante L6,6), con proprietà strutturali e/o di reattività correlate a quelle dei derivati delle proteine Hcs, essendo il legante 2-BB tridentato con due N-benzimidazolici ed un N-ammino modello strutturale del motivo tris(imidazolo) presente nelle Hcs ed in altri sistemi biologi. (L. Casella et al., 1996, Inorg. Chem., 35, 1101-1113) Bio-X ray Absorption Spectroscopy (bioXAS) - L’analisi strutturale di metallo-cofattori di sistemi biologici e chimici sconosciuti richiede, almeno, l’identificazione strutturale dei donatorileganti del centro metallico. È noto che il contributo dominante della prima sfera di coordinazione del centro metallico assorbitore cade nella regione XANES (regione a bassa energia dello spettro XAS). La modulazione del segnale XANES può essere effettuata usando differenti programmi di calcolo e questa metodologia è stata applicata con successo con varie strategie di minimizzazione. La minimizzazione XANES mostra complementarità e vantaggi rispetto all’analisi tradizionale EXAFS (prima-sfera in approssimazione SS (singolo scattering) e MS (multiplo scattering). Usualmente nell’analisi strutturale di metallo-cofattori di sistemi biologici e chimici sconosciuti per arrivare all’identificazione strutturale dei donatori-leganti della prima sfera del centro metallico il cluster strutturale di partenza viene scelto con dimensione più piccola possibile (circa la prima sfera di coordinazione). Tuttavia per estrarre complete informazioni strutturali di metalloproteine, catalizzatori e composti biomimetici con struttura sconosciuta è importante e necessario considerare un cluster strutturale di partenza con una dimensione maggiore (rispetto alla prima sfera) ed opportuna (rispetto alle caratteristiche del/i legante/i di un centro metallico). Approccio sperimentale/teorico seguito - I nostri studi bioXAS si sono da sempre articolati nella direzione di risolvere, con accuratezza, dettagli strutturali per le distanze e per gli angoli di legame anche nel caso di un sistema complesso di un legante strutturato e flessibile. Abbiamo sempre considerato il duplice approccio XANES ed EXAFS e mostrata la complementarietà e/o i vantaggi dell’analisi tradizionale XANES e della modulazione del segnale EXAFS soprattutto nel caso di centri metallici binucleari sia di modelli biomimetici sia di metalloproteine. (E. Borghi, P. L. Solari, J. Inorg. Biochem., 2001, 86, 153; E. Borghi et al.. Biophys. J., 2002, 82, 3254-3268; E. Borghi, P. L. Solari, J. Inorg. Biochem., 2003, 96, 103; M. Friello, E. Borghi, http://w.w.w.circmsb.uniba.it, 2003; E. Borghi, P. L. Solari, Micron, 2004, 35, 81-86; E. Borghi, P. L. Solari, J. Synchrotron Radiat., 2005 ,12, 1-9 ; E. Borghi, FEBS J., 2005, 272, 70) Lo studio XAS di Hcs con siti binucleari a Cu di tipo 3 è complicato per la presenza dei due centri metallici assorbitori e per il fatto che il contributo metallo-metallo nello spettro è sovrapposto al segnale Cu-His. I risultati ottenuti hanno mostrato come sia possibile estrarre informazioni quantitative dalla regione XANES dello spettro con l’ausilio dell’analisi di MS anche nel caso di un centro binucleare. (E. Borghi, P. L. Solari, Micron, 2004, 35, 81-86; E. Borghi, P. L. Solari, J. Synchrotron Radiat., 2005, 12, 1-9) Gli studi XAS strutturali dei complessi del legante 2-BB considerati hanno permesso di definire un approccio d’analisi e modulazione del segnale XANES con il programma MXAN. (E. Borghi, L. Casella, Phys. Chem. Chem. Phys., 2010, 12, 1525-1534) 118 Si è mostrato che si può tener conto ed includere nel cluster di partenza il contributo strutturale di tutto un legante strutturato e flessibile come il legante poly(benzimidazole) 2-BB ed i leganti ancillari presenti (N3-, NO2, MeOH, H2O rispettivamente nel caso in studio). Questo studio è stato considerato costituire un riferimento importante e significativo per studi XAS strutturali di biosistemi. Studio teorico in corso. - Modulazione del segnale XANES con il codice di calcolo MXAN – È sicuramente l’approccio metodologico più idoneo per risolvere in modo completo e corretto le sottili differenze strutturali mostrate dai centri binucleari sia dei derivati-Hcs sia dei biomimetici dei leganti L-5,5 e L-6,6. (E. Borghi et al.. Biophys. J., 2002, 82, 3254-3268, E. Borghi et al., dati non pubblicati) Alla luce dei risultati ottenuti con i modelli mononucleari si sono e si stanno considerando le minimizzazioni della regione XANES dei centri binucleari a Cu di tipo 3 presenti nei composti modello. La completa e corretta risoluzione via spettroscopia XAS delle caratteristiche strutturali dei sei complessi dei leganti L-5,5 e L-6,6 potrà costituire un riferimento per studi strutturali di altri bio-mimetici con centri binucleari, considerando le difficoltà associate alla presenza dei due centri metallici assorbitori e del contributo metallo-metallo nello spettro se sovrapposto al/1 segnale/i CuN. (E. Borghi dati non pubblicati, e/o elaborazione teorica in corso) Le forme met-Hcs e i derivati met-azido-Hcs di O. vulgaris e C. aestuarii ai due diversi pH 7.5 e 5.5 presentano sottili differenze strutturali. (E. Borghi et al., dati non pubblicati) La modulazione nella regione XANES si propone di rifinire la struttura del sito ed identificare le possibili differenze presenti nella struttura locale dei due centri a rame che permettono alla proteina del mollusco O. vulgaris di mostrare, nella sua forma met-, attività di tipo tyrosinase e catalase. La chiarificazione del modo di legame dell’azide ai due valori di pH per questo derivato rimane il principale aspetto strutturale da risolvere, poiché permette di provare le caratteristiche e l’accessibilità del sito attivo nella proteina Hcs e diversificare la reattività chimica dei due siti a Cu. 119 UNITA’ DI RICERCA DI ROMA “Tor Vergata” Direttore Scientifico: Prof. Massimiliano Coletta Nel corso del 2011 l’Unità Operativa di Roma Tor Vergata ha effettuato una serie di ricerche sui seguenti argomenti. 1) Emoproteine 2) Metalloenzimi 1) Emoproteine In questo campo le indagini sono proseguite su alcuni aspetti funzionali e strutturali di emoproteine batteriche, quali la Protoglobina da Methanosarcina acetivorans e l’emoglobina troncata da Pseudoalteromona haloplanktis. Per quanto riguarda la protoglobina da M. acetivorans lo studio è stato rivolto ad una correlazione fra l’informazione strutturale con raggi X della forma Fe(III) sia della proteina ricombinante “wild type” che di una serie di mutanti sito-specifici di aminoacidi dell’intorno dell’eme rispetto alle proprietà funzionali cinetiche della reazione con leganti della forma Fe(III), quali la sodio azide. Tale indagine ha permesso di evidenziare il ruolo fondamentale di due residui che si trovano all’imboccatura di due tunnels che mettonoi in comunicazione la tasca dell’eme con il solvente. Per quanto riguarda l’emoglobina troncata da P. haloplanktis si sono effettuate due indagini: la prima ha riguardato uno studio dettagliato delle proprietà reattive della forma Fe(III) con sodio azide, che sono state correlate in modo puntuale alle varie conformazioni osservate mediante spettroscopia di assorbimento e risonanza Raman. La seconda indagine ha riguardato invece la forma Fe(II), la sua reazione con il CO e la dipendenza dal pH di tale reazione ; lo studio ha permesso di evidenziare l’esistenza di due conformazioni terziari della proteina in equilibrio lento fra di loro e caratterizzate da una diversa dinamica di reazione con il legando CO. Accanto a questi studi sulle emoproteine batteriche, si sono effettuate delle indagini sull’emealbumina. Tale forma dell’albumina ha infatti rilevanza fisiologica, poiché circa il 10% dell’Albumina circolante si trova nella forma legata all’eme. Ciò la trasforma in una emoproteina circolante, capace non solo di legare molecole quali O2, CO ed NO, ma in grado di modulare allostericamente il legame di altre molecole in siti distinti dall’eme. In particolare, si è evidenziato come l’eme-albumina abbia la capacità di isomerizzare il perossinitrito, un specie fortemente tossica per i tessuti, nel più innocuo nitrato e come questa proprietà sia modulata dall’interazione dell’eme-albumina con farmaci quali l’isoniazide e la rifampicina. Inoltre, un effetto di altri farmaci, quali l’ibuprofene e la warfarina, è stato osservato nei confronti del processo di nitrosilazione, che è noto essere importante per la modulazione della pressione arteriosa. A tale osservazione si è aggiunto anche uno studio più dettagliato sulla modulazione del processo di denitrosilazione. Per quanto riguarda il ruolo del citocromo c nell’apoptosi e l’interazione con la cardiolipina, si sono effettuati varie indagini. Un primo studio ha riguardato l’effetto dell’ATP e del NaCl sull’interazione con la cardiolipina, evidenziando il diverso comportamento del citocromo c da mammifero rispettosa quello di eucarioti primitivi, quali il lievito. Inoltre, si è studiato in modo più sistematico una nuova forma di reattività acquisita da parte del complesso citocromo c-cardiolipina riguardante l’isomerizzazione (e quindi la detossificazione) del perossinitrito; in particolare, si è evidenziato come questa reazione sia modulata dalla cardiolipina. Inoltre, si è scritto un articolo, pubblicato su IUBMB Life, nel quale si sono riassunte le conoscenze attuali sul ruolo modulatorio della cardiolipina nei confronti delle attività pro- and anti-apoptotiche del citocromo c. 2) Metalloenzimi Lo studio si è in parte rivolto ad uno studio abbastanza dettagliato sull’effetto di metalli, quali Cu, Ag e Zn, sulle proprietà enzimatiche dell’Insulin-Degrading Enzyme (IDE) nei confronti del processamento enzimatico di β-amiloide (Aβ1-40) e di peptidi derivati da questo (in particolare di Aβ1-16 e Aβ16-28). Si è così evidenziato come l’effetto dipenda sia dal tipo di metallo (con un 121 regolazione di segno opposto per Cu2+ e Zn2+) sia dallo stato di ossidazione (con effetti drasticamente diversi fra la forma ossidata bivalente Cu2+ e le forme monovalenti Cu1+ e Ag1+); questo risultato è stato poi spiegato con diversi siti di interazione per ioni monovalenti e bivalenti. Inoltre, si è iniziata la caratterizzazione di una Zn-metalloproteinasi (chiamata Zmp1) prodotta dal Mycobacterium tuberculosis e coinvolta nel processo di immunodepressione associato all’infezione tubercolare. Tale indagine ha portato alla caratterizzazione strutturale di tale Zmp1, permettendo di osservare come il sito catalitico sia drasticamente diverso dalle metalloproteinasi di matrice, essendo più riavvicinabile a quello della neprilisina. Inoltre, si è studiato il ruolo della proteina periplasmatica ZinT da Salmonella typhimurium nel trasporto di Zn2+. Tale studio si è rivolto sia agli aspetti strutturali di tale proteina, investigando la struttura ai raggi X della proteina ZnuA e la sua dinamica molecolareTale ricerca ha portato all’individuazione di una particolare triade di istidine che coordinano lo Zn. Tali informazioni sono poi state estese agli aspetti più squisitamente cellulari e proteomici, evidenziando il ruolo fondamentale di questa proteina nell’acquisizione di Zn. 122 UNITA’ DI RICERCA DEL SALENTO Direttore Scientifico: Prof. Francesco Paolo Fanizzi Gruppo di ricerca di Chimica Generale ed Inorganica del Prof. Francesco Paolo Fanizzi Composizione del gruppo: Prof. Francesco Paolo Fanizzi (professore ordinario), Prof.ssa Antonella Ciccarese (professore associato), Dott. Michele Benedetti (ricercatore), Dott. Paride Papadia (ricercatore), Dott.ssa Sandra Angelica De Pascali (tecnico), Dott. Danilo Migoni (tecnico), Dott.ssa Daniela Antonucci (dottorando), Dott.ssa Chiara Girelli (dottorando). L’attività del gruppo di Chimica Generale ed Inorganica svolta nel contesto delle linee programmatiche del C.I.R.C.M.S.B. si è articolata negli argomenti di ricerca di seguito riportati, inerenti la tematica “Nuovi farmaci inorganici in oncologia” Studio della tossicità nello sviluppo neuronale di composti a base di platino. Effetti del cisplatino correlati con un nuovo complesso di Pt(II) sul cervelletto di ratto. Nel campo dell’oncologia sperimentale, molti sforzi vengono effettuati per cercare nuovi farmaci a base di platino che superino la tossicità sul SNC e la resistenza al farmaco. Una delle strategie adottate è la sintesi di composti del platino capaci di formare addotti Pt-DNA differenti da quelli del cisplatino o di reagire con altri target subcellulari. In questo contesto è stato sintetizzato un nuovo complesso del Pt(II), il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)], che reagisce preferenzialmente con gruppi tiolici o tioeteri di proteine. In questo lavoro abbiamo esaminato gli effetti in vivo del cisplatino e del [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] sul normale sviluppo. Inoltre per verificare la dose-dipendenza degli effetti, sono stati trattati differenti gruppi di animali con 5μg/g o 10 μg/g di peso del corpo, sia di cisplatino che di [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)]. Abbiamo focalizzato la nostra attenzione sul cervelletto perché fornisce un sistema modello utile per valutare i risultati del trattamento perinatale con agenti chemioterapici sui processi chiave dello sviluppo del SNC come la proliferazione, la migrazione e la differenziazione delle cellule neuronali. Abbiamo dimostrato la capacità sia del cisplatino che del [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] di raggiungere il tessuto cerebrale una volta iniettati. Il contenuto di platino nel cervello dopo il trattamento con [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] era particolarmente più alto (approssimativamente 4 volte superiore) rispetto al cisplatino. L’accumulo di platino nel cervello era ancora significativo 7 giorni dopo la somministrazione di [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)]. Contenuto di Pt nei cervelli di ratto in seguito a trattamento con cisplatino e [Pt(O,O’-acac)(γacac)(DMS)] Tuttavia, comparato al cisplatino, il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] induce cambiamenti meno gravi sugli eventi fondamentali dello sviluppo dell’architettura neuronale, con scarsi eventi apoptotici, una minore migrazione di alterate cellule granulari e la crescita dendritica delle cellule di Purkinje, suggerendo una bassa neurotossicità di questo nuovo complesso del platino per il normale SNC. I danni lievi potrebbero essere attribuibili ai differenti target subcellulari di questo composto, come 123 pure a una più alta efficienza del sistema di riparazione cellulare a riconoscere gli addotti farmacotarget e a ripararli. Insieme all’efficacia antineoplastica in vitro precedentemente dimostrata, le scoperte qui riportate suggeriscono il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] come potenziale alternativa al cisplatino, indicando allo stesso tempo che la scelta dei composti a base di platino con nuovi target subcellulari potrebbe essere una strategia per prevenire la neurotossicità indotta dal cisplatino e superare la farmaco-resistenza indotta da mutazioni nel pathway apoptotico. Frequentemente il sistema nervoso è il sito di tossicità sintomatica di agenti antineoplasitci. Sebbene la neuropatia periferica è considerata la più comune forma di neurotossicità associata al trattamento chemioterapico, c’è un’evidenza clinica che suggerisce che i farmaci antineoplastici colpiscano anche il sistema nervoso centrale. Gli effetti negativi sul SNC includono sia una tossicità acuta (ad esempio un’acuta encefalopatia, una sindrome cerebellare) che ritardata (come menomazione cognitiva) che si possono manifestare anni dopo il trattamento e riguarda pazienti trattati sia per tumori al SNC che per altre neoplasie. I farmaci chemioterapici capaci di produrre effetti neurotossici dose-dipendenti includono tutti i membri della famiglia di composti a base di platino correntemente utilizzati nella pratica clinica. Questo ha incoraggiato sia la ricerca di complessi di platino migliorati, che lo studio sulle basi cellulari che regolano gli effetti tossici indotti dai composti platinati conosciuti, con lo scopo di sviluppare mezzi per ridurre la tossicità e preservare la qualità della vita del paziente. In questo studio, abbiamo comparato gli effetti del cisplatino e del [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] sullo sviluppo del SNC. Il cisplatino è ampiamente utilizzato nei tumori infantili come componente essenziale di protocolli di terapia composti da più farmaci, per bambini affetti da tumori solidi (per esempio neuroblastoma). A questo proposito è interessante notare che recenti studi hanno identificato un gran numero di problemi comportamentali a lungo termine (come depressione, ansia e comportamento antisociale) in pazienti dell’oncologia pediatrica, soprattutto quelli trattati per tumori del SNC. Il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] è un nuovo derivato del platino contenente due gruppi acetilacetonato (acac) che un ligando solfuro nella sfera di coordinazione del platino. Gli studi in vitro su differenti linee cellulari (HeLa, cellule del carcinoma della cervice uterina, MCF-7, cellule del carcinoma mammario, e SH-SY5Y, cellule del neuroblastoma) hanno dimostrato che questo composto del platino ha un’attività più alta di quella del cisplatino e mostra un’efficacia nelle linee cellulari tumorali cisplatino-resistenti. Differentemente dal cisplatino, la cui attività sembra essere associata al suo accumulo intracellulare e alla formazione di addotti con il DNA, la citotossicità del nuovo composto è in relazione soltanto al suo accumulo intracellulare. Il nuovo complesso, come pure la sua specifica attività biologica, ha mostrato una reattività chimica interessante e selettiva contro nucleofili con differenti caratteristiche HSAB (Hard Soft Acid Base), perfino nel caso di molecole biologiche come basi azotate e amminoacidi solforati. La bassa reattività con le nucleobasi e la specifica reattività con ligandi solforati suggerisce che i target cellulari potrebbero essere residui amminoacidici di proteine ed enzimi coinvolti nell’induzione dell’apoptosi. Inoltre sono stati eseguiti dei test di mutagenesi (test di Ames, un saggio standard di retromutazione sulla capacità mutagenica del complesso), su [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)], utilizzando il cisplatino come controllo positivo. Mentre il cisplatino esibiva la sua ben nota attività mutagenica, il nuovo complesso non mostrava la presenza di colonie revertanti, così confermando che l’attività biologica del nuovo complesso del Pt(II) è in relazione con l’interazione con target biologici non genomici. Questi risultati, insieme ad uno studio sulla trasduzione del segnale intracellulare attivata dal complesso di Pt(II), indica che il DNA non è il target principale di questo complesso, caratterizzato da una bassa reattività con le nucleobasi e da una specifica reattività con ligandi solforati. Inoltre, abbiamo dimostrato sia la capacità del cisplatino che quella del [Pt(O,O’-acac)(γacac)(DMS)] di raggiungere il tessuto cerebrale una volta iniettati. Il contenuto di platino nel cervello, dopo la somministrazione di [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)], era fino a 4 volte superiore a quello del cisplatino. Questo potrebbe significare sia che il nuovo complesso platinato si lega in minor misura alle proteine del plasma rispetto al cisplatino, sia che può attraversare la barriera emato-encefalica più rapidamente. È noto che la barriera emato-encefalica rappresenta un sistema 124 funzionale che protegge il cervello evitando che alcune molecole raggiungono il SNC. Alcuni studi dimostrano che la somministrazione di cisplatino è associata ad un aumento della permeabilità della barriera emato-encefalica, facilitando ulteriormente il passaggio di cisplatino attraverso essa. Le lesioni neurali prodotte da questo agente non sono specifiche ma piuttosto si manifestano come foci di necrosi emorragica ed edema. Questi risultati sono in accordo con altri precedentemente riportati che evidenziano sulla corteccia cerebellare vasi sanguigni interrotti o danneggiati in aree emorragiche dopo il trattamento con il cisplatino. Inoltre, nel presente studio, abbiamo osservato che l’aumento della dose è associato ad un peggioramento del danno emorragico. La presenza di platino nel tessuto cerebrale dopo la somministrazione di [Pt(O,O’-acac)(γacac)(DMS)] si combina con i dati ottenuti dagli studi in vitro sulle cellule HeLa e MCF-7. Allo stesso modo del cisplatino, le misure di accumulo cellulare hanno mostrato che l’accumulo del nuovo composto platinato è linearmente correlato alla concentrazione del farmaco. D’altro canto, la cinetica dell’uptake di [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] è differente da quella del cisplatino. Le concentrazioni di [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] nelle cellule crescono rapidamente e il suo accumulo cellulare nelle cellule HeLa e MCF-7 è rispettivamente circa 6 e 10 volte più alto di quello del cisplatino. Poiché è noto che l’effetto citostatico è strettamente associato all’accumulo di platino nella cellula, questo potrebbe rappresentare un vantaggio per il [Pt(O,O’-acac)(γacac)(DMS)] nella misura in cui potrebbe permettere l’utilizzo di dosi più basse di questo complesso platinato, riducendo allo stesso tempo il rischio di effetti collaterali e resistenza al farmaco. Per ciò che riguarda il cervelletto in via di sviluppo, il cisplatino esercita la sua azione citotossica sulle cellule proliferanti, portando alla morte delle cellule granulari dello strato granulare esterno durante i primi stadi di sviluppo. Ciò è in larga misura attribuibile all’induzione dell’apoptosi. Anche le cellule gliali (per esempio la glia radiale di Bergmann) ed i neuroni post-mitotici (per esempio le cellule di Purkinje) vengono danneggiati direttamente da questo farmaco, come è noto dalla letteratura. Inoltre è necessario considerare che il cisplatino potrebbe agire non solo sul DNA, ma anche sulle proteine, sui componenti citoplasmatici (per esempio i mitocondri, il reticolo endoplasmico) ed enzimi metabolici ampliando la gamma dei tipi cellulari sui quali esercita la sua azione citotossica. Il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] induce cambiamenti meno gravi del cisplatino sugli eventi fondamentali del normale sviluppo del SNC. Alcun significativo evento apoptotico, una minore migrazione delle cellule granulari delle fibre gliali radiali e una minore alterazione della crescita dei dendriti delle cellule di Purkinje evidenziano una ridotta neurotossicità di questo complesso platinato. Gli effetti lievemente citotossici potrebbero essere attribuibili a differenti target subcellulari di questo composto come pure ad una più grande efficienza del sistema di riparazione cellulare nel riconoscere gli addotti target-farmaco e a ripararli. Insieme alla dimostrata efficacia antineoplastica in vitro; questi risultati suggeriscono che il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] potrebbe essere una potenziale alternativa al cisplatino, e allo stesso tempo indicano che la scelta di analoghi del cisplatino con nuovi target subcellulari potrebbe costituire una strategia per prevenire la neurotossicità indotta dai composti del platino. Inoltre, la capacità del [Pt(O,O’-acac)(γacac)(DMS)] di esercitare un’azione citotossica sulle cellule del carcinoma mammario MCF-7, una linea cellulare umana relativamente resistente al cisplatino, potrebbe promuovere ulteriormente l’utilizzo di questo complesso platinato nel trattamento del cancro per superare la resistenza alla chemioterapia, almeno in caso di resistenza al farmaco indotta da mutazioni nel pathway apoptotico. Complessi del platino con ligandi diamminici chirali ingombranti L’anello altamente distorto Pt(d(G*pG*)) (G* = G N7-platinata) formato dal cisplatino, farmaco antitumorale, legato al DNA altera la struttura della coppia di basi G*G*, in quanto inclina una base ed incrementa la mobilità, complicando gli studi strutturali. Comunque, l’anello sembra favorire la conformazione HH1 (testa-testa) delle due guanine. In confronto al cisplatino, i composti analoghi con gruppi NH nel legante-carrier sostituiti da gruppi 125 N-alchilici ingombranti sono più tossici e meno attivi e formano addotti meno mobili. Per esaminare le basi molecolari degli effetti biologici dell’ingombro sterico, abbiamo adoperato il complesso- modello Me4DABPt(d(G*pG*)); l’ingombro e la chiralità del gruppo Me4DAB (N,N,N’,N’-tetrametil-2,3-diaminobutano con configurazione S,S o R,R dei carboni chelati all’anello) impediscono la mobilità ed incrementano l’utilità dei metodi NMR per l’identificazione e la caratterizzazione dei conformeri. Diversamente da studi effettuati in passato di addotti con ligandi-carrier ingombrati, nei quali non era stato trovato alcun conformero HH, gli addotti Me4DABPt(d(G*pG*)) formano conformeri HH1, dimostrando che lo scheletro zucchero-fosfato può imporre delle costrizioni sufficienti a vincere l’ingombro sterico dei gruppi alchilici. Il conformero HH1 non mostra distorsioni significative. L’addotto (S,S)-Me4DABPt(d(G*pG*)) è caratterizzato dalla più bassa percentule di conformero HH1 e la più alta percentuale osservata (anche l’88% in determinate condizioni) di conformero ΔHT1 (guanine in configurazione testa-coda con chiralità Δ). I nostri risultati ci portano ad ipotizzare che la bassa attività e l’elevata tossicità degli analoghi del cisplatino con leganti-carrier con gruppi N-alchilici derivano dalla scarsa abbondanza dei conformeri HH1 e probabilmente dagli effetti avversi del più abbondante conformero ΔHT1. Tali risultati accrescono la comprensione degli anelli macrociclici del tipo Pt(d(G*pG*)) e degli effetti dei leganti-carrier ingombranti sulle proprietà dell’anello. Conformeri testa-testa (HH1 e HH2) e testa-coda (ΔHT1) Studi di Metabolomica applicata L’Unità Locale di Lecce del C.I.R.C.M.S.B. negli ultimi anni ha avviato degli studi di metabolomica, sia in ambito animale che vegetale, attraverso tecniche di spettroscopia NMR. Lo scopo è quello di tracciare il profilo chimico e metabolico di estratti di origine naturale per individuare composti rilevanti dal punto di vista diagnostico, nutraceutico o per facilitare la tracciabilità di prodotti alimentari. Particolare attenzione è stata dedicata all’importanza degli ioni metallici nella produzione di specifici profili metabolici. A tal proposito, i profili NMR di campioni di olio pugliese sono stati correlati con i dati genetici e del suolo delle piante di origine, allo scopo di adoperare i metodi chemometrici per la determinazione della cultivar e dell’origine geografica dei campioni di olio extravergine d’oliva. Inoltre è stata applicata l’analisi di regressione dei dati relativi allo composizione del suolo allo scopo di correlare i nutrienti disponibili ed i metalli con il contenuto in acidi grassi e componenti minoritarie in campioni di olio extravergine d’oliva monovarietale. Nel caso dell’acido oleico e linoleico, e per alcuni terpeni, si è osservato che B, Cr, Mn e Zn danno correlazioni significative. Zn e Mn sono gli elementi più significativi per tutte le correlazioni trovate (p < 0.01). I risultati ottenuti (genetici, spettroscopici e di analisi del suolo) sono adoperati con un approccio multidisciplinare allo scopo di pianificare la costruzione di un database, utile alla certificazione della cultivar e dell’origine geografica. 126 Esempio di uno spettro 1H-NMR di un campione di olio extravergine d’oliva: i segnali relativi alle componenti minoritarie mostrati negli ingrandimenti vengono adoperati per l’analisi multivariata. Gruppo di ricerca di Fisiologia Cellulare del Prof. Santo Marsigliante Composizione del gruppo: Prof. Santo Marsigliante (professore associato ), Dott.ssa Antonella Muscella (ricercatore), Dott.ssa Carla Vetrugno (assegnista). L’attività del gruppo di Fisiologia Cellulare svolta nel contesto delle linee programmatiche del C.I.R.C.M.S.B. si è articolata negli argomenti di ricerca di seguito riportati, inerenti la tematica “Nuovi farmaci inorganici in oncologia”. Effetto citotossico del complesso [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] in cellule SH-SY5Y di neuroblastoma umano E’ stato già dimostrato che il complesso [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] induce apoptosi in vari tipi di cellule tumorali ed esercita una funzione antimetastatica in vitro. Nei ratti, il [Pt(O,O′-acac)(γacac)(DMS)] raggiunge il sistema nervoso centrale in quantità più elevate rispetto al cisplatino, pur causando minori effetti tossici. Si sono, quindi, studiati gli eventuali effetti citotossici del [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] sulla linea cellulare SH-SY5Y derivata da neuroblastoma umano ed i meccanismi di trasduzione intracellulare alla base di tali effetti. Il [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] si è dimostrato più efficace del cisplatino, causando un’apoptosi caratterizzata da depolarizzazione mitocondriale, decremento dell’espressione di Bcl-2 ed incremento dell’espressione di BAX con trasporto dal citosol ai mitocondri, attivazione delle caspasi 7 e 9, formazione di ROS. Inoltre, il [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] provoca l’attivazione delle seguenti chinasi in grado di interagire tra di loro: PKC-δ ed -ε, ERK1/2, p38MAPK, JNK1/2, NF-κB, c-src e FAK. Abbiamo osservato che le ROS generate dall’NADPH ossidasi è responsabile dell’attivazione delle PKC-δ ed -ε mediata dal [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] e della conseguente fosforilazione di tutte le MAPK. L’apoptosi mitocondriale indotta dal complesso [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] viene bloccata quando la p38MAPK e JNK1/2 vengono inibite, mentre gli effetti sui livelli degli mRNA e delle proteine di Bax/Bcl-2 vengono bloccati inibendo NF-κB. Il trasporto nel nucleo di NF-κB viene bloccato inibendo l’attività di MEK1/2. Oltre all’induzione dell’apoptosi, il complesso [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] don-regola le vie di traduzione pro-sopravvivenza. L’inibizione della sopravvivenza parte dalla generazione di ROS mitocondriali che inducono l’attivazione di c-src, FAK ed Akt. 127 In conclusione, i nostri risultati suggeriscono che il [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] può essere considerato un composto promettente per il trattamento del neuroblastoma. Ulteriori studi sono comunque necessari per esplorare in dettaglio il potenziale uso terapeutico di questa molecola. Schema riassuntivo degli effetti della somministrazione di [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] sulle cellule di neuroblastoma umano SH-SY5Y. Il complesso [Pt(O,O'-acac)(γ-acac)(DMS)] altera l’omeostasi intracellulare del calcio in cellule MCF-7 di carcinoma mammario umano E’ stato precedentemente dimostrato che il complesso [Pt(O,O'-acac)(γ-acac)(DMS)] esercita un effetto tossico a dosi elevate, mentre concentrazioni sub-citotossiche inducono anoikis e decremento della migrazione cellulare. Cellule MCF-7 di carcinoma mammario umano sono state trattate con [Pt(O,O'-acac)(γacac)(DMS)] e sono stati studiati gli effetti sui sistemi di regolazione dell’omeostasi del Ca2+, anche in cellule interessate dai complessi cambiamenti che avvengono durante l’attivazione, a causa di stimoli extracellulari, delle vie di trasduzione che coinvolgono il Ca 2+. Il [Pt(O,O'-acac)(γacac)(DMS)] provoca il decremento dell’attività di PMCA (ma non SERCA o SPCA) e della permeabilità della membrana al Ca2+. Questi due effetti opposti sulla concentrazione intracellulare del Ca2+ sono evidenziati dall’aumento di tale concentrazione da ~100 nM a ~250 nm dopo soli 15 min di incubazione. Tali effetti sono evidenti anche quando le cellule vengono stimolate con ATP: i cambiamenti dei livelli di Ca2+ causati da stimolazione purinergica risultano alterati a causa del decremento dell’attività di PMCA e della chiusura dei canali del Ca2+ aperti dai recettori purinergici. Il complesso [Pt(O,O'-acac)(γ-acac)(DMS)] non influenza i canali del Ca2+ aperti dalla tapsigargina o dall’ATP. Tale composto provoca l’attivazione delle PKC-α e la produzione di ROS, responsabili rispettivamente della permeabilità al Ca2+ del decremento dell’attività di PMCA. L’effetto complessivo del [Pt(O,O'-acac)(γ-acac)(DMS)] consiste nell’aumento della concentrazione intracellulare del Ca2+, effetto da legare verosimilmente alla capacità del complesso del Pt(II) di provocare una rapida apoptosi in cellule MCF-7. 128 Schema riassuntivo degli effetti della somministrazione di [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] sulle cellule di carcinoma mammario umano MCF-7. Gruppo di ricerca del Laboratorio di Anatomia Comparata e Citologia della Prof.ssa Luciana Dini Composizione del gruppo: Prof.ssa Luciana Dini (professore ordinario), Dott.ssa Elisabetta Carata (assegnista), Dott.ssa Mersia Lucia Indraccolo (dottoranda), Dott.ssa Valentina Inguscio (borsista), Dott.ssa Daniela Izzo (dottoranda), dott. Massimo Moretti (tecnico), dott.ssa Elisa Panzarini (contrattista), dott.ssa Bernardetta Tenuzzo (tecnico), dott. Cristian Vergallo (dottorando). L’attività del gruppo di Anatomia Comparata e Citologia svolta nel contesto delle linee programmatiche del C.I.R.C.M.S.B. si è articolata negli argomenti di ricerca di seguito riportati, inerenti la tematica “Nuovi farmaci inorganici in oncologia”. Scansione temporale dei pathway multipli di morte cellulare innescati dalla terapia fotodinamica con Rosa Bengala Acetato La terapia fotodinamica con Rosa Bengala Acetato (RBAc-PDT) induce pathway multipli di morte cellulare attraverso specie reattive dell’ossigeno (ROS) e stress al reticolo endoplasmico. Infatti, l’apoptosi è il primo preferito meccanismo di morte ed è innescato da almeno quattro differenti pathway, la cui attivazione temporale indipendente assicura la morte cellulare quando uno o diversi di questi pathway sono inattivati. L’apoptosi si verifica subito dopo un’ora dalla PDT attraverso l’attivazione del pathway intrinseco, seguito dall’attivazione dei pathway estrinseco, caspasi 12dipendente e caspasi-indipendente, e dall’autofagia. L’innesco dei differenti pathway apoptotici e dell’autofagia, la quale ha un ruolo pro-morte nel nostro sistema, è temporalmente scandito dalla determinazione dei livelli di caspasi 9, 8, 3 e 12; famiglia Bcl-2; Hsp70; LC3B; GRP78 e fosfoeIF2 . E’ interessante notare che l’inibizione di un pathway, quali caspasi-9 (Z-LEHD-FMK), caspasi-8 (Z-IETD-FMK), pan-caspasi (Z-VAD-FMK), autofagia (3-MA) e necrosi (Nec-1), non compromette l’attivazione degli altri, suggerendo che l’induzione indipendente dei differenti pathway apoptotici e dell’autofagia non si verifica in modo subordinato. Complessivamente i nostri dati indicano il RBAc come potente fotosensibilizzante che induce una citotossicità prolungata ed un’induzione di morte cellulare tempo-relativa attraverso segnali che originano da o che convergono su quasi tutti gli organelli intracellulari. Il fatto che le cellule tumorali possano morire attraverso meccanismi differenti è un indizio rilevante nella scelta e nella progettazione della PDT antitumorale. 129 Gruppo di ricerca del Laboratorio di Fisiologia Generale del Prof. Michele Maffia Composizione del gruppo: Prof. Michele Maffia (professore associato), Dott.ssa Antonia Rizzello (assegnista), Dott. Daniele Vergara (assegnista), Dott.ssa Maria Luce Coluccia (assegnista), Dott. Antonio Danieli (tecnico), Dott. Raffaele Acierno (tecnico), Dott.ssa Emanuela Urso (dottoranda), Dott.ssa Lidia De Riccardis (dottoranda) Dott.ssa Claudia Toto (borsista) L’attività del gruppo di Fisiologia Generale svolta nel contesto delle linee programmatiche del C.I.R.C.M.S.B. si è articolata negli argomenti di ricerca di seguito riportati, inerenti la tematica “Ruolo degli ioni metallici nelle patologie degenerative croniche”. Strategie di adattamento cellulare a deficit/eccessi di rame Tra i metalli di transizione, lo ione rame riveste un ruolo fondamentale ai fini della regolazione di numerosi processi fisiologici (es. respirazione mitocondriale, biosintesi di neurotrasmettitori, difesa cellulare contro lo stress ossidativo). Una limitata disponibilità di questo micronutriente essenziale, causata da una ridotta assunzione alimentare e/o da una distribuzione tissutale deficitaria, può agevolare l’innesco di fenomeni patologici di tipo prevalentemente neurodegenerativo. L’Unità Operativa coordinata dal Prof. Michele Maffia ha articolato la propria attività di ricerca su due linee principali: (i) analisi strutturale dell’interazione tra ioni rame e membrane cellulari (ii) definizione delle strategie di adattamento cellulare a deficit/eccessi di rame nell’ambiente extracellulare mediante l’uso di modelli sperimentali in vitro. In condizioni fisiologiche, i processi di assorbimento ed efflusso cellulare dello ione rame sono affidati al trasportatore di membrana ad elevata affinità CTR1 (Copper Transporter 1, Km 1-5 μM), al sistema di cotrasporto Fe-H+ NRAMP2 (Natural Resistance - Associated Macrophage Protein 2), alla proteina prionica cellulare PrPC, e alla Cu-ATPasi ATP7A. Le strategie cellulari di regolazione di questi sistemi di trasporto nei tessuti nervosi sono solo parzialmente conosciute, a dispetto di cospicue evidenze sperimentali raccolte a sostegno di una forte correlazione tra l’insorgenza di diffusi disordini neurodegenerativi e un limitato approvvigionamento di rame nei vari distretti del sistema nervoso. Al fine di contribuire alla definizione della natura di questo legame, è stato intrapreso uno studio di caratterizzazione in vitro della risposta neuronale ad una carenza di rame. La linea cellulare di neuroblastoma di ratto B104 è stata adoperata come modello di riferimento, in quanto in grado di riprodurre numerose caratteristiche tipiche dei neuroni, quali la sintesi ed il 130 rilascio di neurotrasmettitori e l’eccitabilità di membrana. L’utilizzo di un chelante degli ioni Cu2+ nel terreno di coltura per almeno 48 h ha prodotto un’attivazione della Caspasi-3, noto effettore enzimatico dei processi apoptotici, ed una riduzione dell’attività dell’enzima antiossidante Cu,Zn SOD (Cu,Zn Superossido-dismutasi), entrambi marker dell’attivazione di un processo di morte cellulare programmata. L’analisi della morfologia cellulare mediante Microscopia a Forza Atomica non ha, però, evidenziato segni di apoptosi avanzata, ma solo una maggiore rugosità di membrana (vedi Figura), caratteristica spesso associata ad una maggiore espressione di proteine di superficie. Effettivamente, lo studio della risposta trascrizionale relativa ai sistemi di trasporto già richiamati ha evidenziato un consistente incremento nei livelli di espressione della proteina PrPC, ancorata al versante esterno della membrana plasmatica, associato ad una maggiore capacità di trasporto transmembrana degli ioni rame e ad un aumento dell’attività del cuproenzima Cu,Zn SOD. I risultati ottenuti hanno consentito di attribuire alla proteina prionica cellulare un ruolo chiave rispetto ai meccanismi di adattamento neuronale ad una limitata disponibilità di rame, attraverso un’attività diretta di trasporto del metallo. Da questo punto di vista, l’over-espressione della proteina PrPC riscontrata in tessuti tumorali di varia origine potrebbe essere considerata un marcatore di carenza di rame e un potenziale target di interventi terapeutici mirati a ripristinare l’omeostasi sistemica dello ione. Analisi della morfologia cellulare mediante Microscopia a Forza Atomica di cellule trattate con Trien (chelante del rame) Infine, negli ultimi anni, la ricerca di base finalizzata allo sviluppo di sensori per la rilevazione e la quantificazione di specifiche proteine in campioni di origine biologica ha catturato un notevole interesse in ambito medico-diagnostico. Uno studio condotto dalla presente Unità di Ricerca in collaborazione con il Dipartimento di Scienze dei Materiali ha consentito la messa a punto di un sensore SERS (Surface Enhanced Raman Spectroscopy) per la mappatura e la quantificazione della proteina PrPC in campioni biologici deposti su particolari nanostrutture metalliche non tossiche, ottenute mediante sintesi idrotermica. La metodologia proposta presenta ampi margini di perfezionamento. E’, inoltre, rapida e low-cost, poiché non richiede particolari procedure di preparazione del campione da analizzare. 131 UNITA’ DI RICERCA DI SIENA Direttore Sientifico: Prof. Piero Zanello L'Unità di Ricerca di Siena nel corso del 2011 ha proseguito ricerche e studi su molecole di interesse biomedico e farmacologico avvalendosi delle competenze specifiche dei diversi gruppi componenti l’unità, competenze che si estendono dalla sintesi alla caratterizzazione chimico-fisica (strutture molecolari mediante tecniche a Raggi X e mediante tecniche spettroscopiche, proprietà elettro- e spettroelettro-chimiche e capacità complessante di metalloleganti mediante misure calorimetriche) alla caratterizzazione farmaco-bio-medicale. Gran parte di tali indagini sono state condotte in collaborazione non solo con gruppi di ricerca sia nazionali, che internazionali, ma anche in collaborazione con altre unità di ricerca afferenti al Consorzio. 1. Gruppo di ricerca del Professor Piero Zanello Nel corso dell'anno 2011 l’attività scientifica del gruppo è stata principalmente dedicata alla collaborazione con l’unità di ricerca del Professor G. Natile (Università di Bari) su composti antitumorali di platino. Si sono impiegate tecniche elettrochimiche e spettroelettrochimiche su derivati mononucleari di Pt(IV) e derivati binucleari sia di Pt(III) che di Pt(IV), dal momento che lo stato di ossidazione elevato di questi derivati comporta ovviamente la possibilità che essi possano subire a livello biologico processi di riduzione. E’noto infatti che i complessi di Pt(IV) subiscono riduzione a Pt(II) in vivo agendo come agenti antitumorali mediante formazione di legami cross bonding col DNA. Si è così determinato in modo puntuale il percorso di riduzione bielettronica dei derivati di Pt(IV) e la relativa formazione dei prodotti intermedi. In modo analogo si determinato il percorso di riduzione dei dimeri di Pt(III) accertando che ciascun sito metallico subisce una riduzione monoelettronica a potenziali redox leggermente separati, così come nei complessi binucleari di Pt(IV) ciascun centro metallico subisce una riduzione bielettronica. Una parte dell’attività di ricerca è stata infine indirizzata alla continuazione di un precedente progetto di ricerca volto alla messa a punto di nuovi agenti chelanti del ferro, alla luce del fatto che il ferro è direttamente o indirettamente coinvolto in numerose patologie umane (emocromatosi, talassemia, malattie neurodegenerative, alcuni tipi di cancro, sovraccarico di ferro da terapie trasfusionali, ecc). Poichè nell’uomo non esiste un sistema efficiente di eliminazione del ferro accumulato, una delle terapie utilizzate, soprattutto nella talassemia, è quella ferrochelante, basata sull’uso di farmaci che sequestrano il ferro e ne permettono l’eliminazione, mantenendo nell’organismo i livelli di ferro al di sotto della soglia di tossicità. Nell’attuale fase progettuale di nuovi agenti chelanti del ferro si è partiti da una molecola facilmente tollerata dall’organismo umano contenente maltolo legato a una catena alcolica alifatica (3-idrossi-2-(5-idrossipentil)-4H-piran-4-one, L), Figura 1, con l’auspicio di superare in questo modo la maggior parte degli effetti indesiderati associati all’uso prolungato dei farmaci chelanti attualmente utilizzati. Figura 1. Formula molecolare e struttura ai raggi X del legante 3-idrossi-2-(5-idrossipentil)-4Hpiran-4-one. 133 Sono in corso indagini chimico-fische e biologiche per studiare la potenziale attività farmacologica in ambiente fisiologico del complesso di Fe(III) con tale legante. 2. Gruppo di ricerca dei Professori Anzini, Cappelli, Giuliani. L’attività scientifica svolta nel 2011 dal gruppo di ricerca dei Prof. Anzini, Cappelli e Giuliani ha riguardato: a) la sintesi, caratterizzazione e lo studio delle potenziali applicazioni nel rilascio controllato di farmaci di matrici polimeriche innovative; b) la progettazione la sintesi, la caratterizzazione strutturale, e farmacologica di composti eterociclici di interesse farmaceutico; c) la sintesi di nuovi substrati delle luciferasi. 3. Gruppo di ricerca del Professor Gianni Valensin Nel corso del 2011 il gruppo del Prof. G. Valensin ha portato avanti le linee di ricerca iniziate negli anni precedenti dedicate principalmente allo studio dell’interazione metalli-proteine amiloidogeniche. Sono continuate le collaborazioni con i gruppi di ricerca del Prof. H. Kozlowski (Università di Wroclaw, Polonia), della Prof. M. Jezowska-Bojczuk (Università di Wroclaw, Polonia) del Prof. M. Remelli (Università di Ferrara) e del Prof. L. Messori (Università di Firenze). L’attività di ricerca ha riguardato principalmente: i. ii. iii. iv. v. vi. Studi spettroscopici (NMR, EPR e UV-Vis, CD), potenziometrici e di spettrometria di massa delle interazioni tra ioni metallici (Cu(II), Zn(II), Fe(III), Al(III)) e sequenze di proteine coinvolte in alcuni processi neurodegenerativi, come alfa-sinucleina (aS), il peptide amiloide e la proteina prionica, PrP. Saggi cellulari e studi spettroscopici su colture cellulari di astrociti trattate con il peptide amiloide in presenza degli ioni Zn(II) e Cu(II). Indagini spettroscopiche e potenziometriche dell’interazione dello ione Zn(II) con frammenti di proteine appartenenti alla famiglia ZIP. Indagini spettroscopiche e potenziometriche dell’interazione Ni(II) con frammenti di proteine appartenenti alla famiglia SlyD (sensitive to lysis D). Indagini NMR e di dinamica molecolare rivolte allo studio del folding e dell’ aggregazione di proteine amiloidogeniche in seguito al legame con gli ioni Cu(II) e Cu(I). Studio dell’interazione tra antibiotici amino glicosidici, ioni Cu(II) e frammenti di RNA, mediante NMR e dicroismo circolare. 4. Gruppo di ricerca del Professor Giuseppe Campiani Nel corso del 2011, in linea con le linee di ricerca del Prof. Campiani, l’attività di ricerca chimico-farmaceutica è proseguita nei settori delle malattie neurodegenerative, nel campo dei farmaci antienzimatici, nel settore dei farmaci antimalarici e anti parassitari, antivirali, anti-HIV e anti-HCV, nel settore dei farmaci antitumorali a struttura eterociclica e nel campo dei diagnostici per le malattie causate da prione e amiloide. 5. Gruppo di ricerca del dott. Mario Casolaro Durante l’anno 2011 l’attività di ricerca ha riguardato la sintesi di nuovi idrogeli vinilici, in particolare con residui di L-valina, ma anche con vari tipi di reticolante (PEG a diverso peso molecolare). Gli idrogeli sono stati studiati come piattaforme per il carico di farmaci basati su metalli (cisplatino) e farmaci ionizzabili (pilocarpina), capaci di interagire elettrostaticamente con i gruppi funzionali dell’idrogelo. Tali materiali sono risultati sensibili alle stimolazioni esterne, quali il pH e la temperatura. Su alcuni di essi è stato studiato, oltre la tossicità verso cellule opportune, il rilascio di cisplatino e di pilocarpina (farmaco usato per il trattamento del glaucoma) anche sotto la stimolazione della temperatura. La presenza della pilocarpina rilasciata aumentava fortemente la viabilità cellulare per più di due giorni. Per lo studio del rilascio del cisplatino, si è notato che la presenza del temsirolimus raddoppiava la capacità citotossica della specie Pt(II) rilasciata. 134 6. Gruppo di ricerca del Professor Renzo Cini Nel corso del 2011 sono state affrontate una serie di ricerche attinenti diverse tematiche tipiche del Consorzio. 1. Metalli in Medicina e negli Alimenti Nel corso dell’anno è proseguito lo studio in campo agroalimentare degli analiti (metalli, fenoli volatili) dei vini toscani di alta qualità al fine di definire la tracciabilità anche per via inorganica e di individuare possibili cause per l’insorgenza di fattori indesiderati possibili cause di rischio di abbassamento delle qualità organolettiche. Nello stesso anno è proseguito lo studio sulla importanza dei cationi metallici nelle patologie umane di tipo reumatico e sulla messa a punto di metodologie di rimedio per le stesse patologie. E’ stato completato uno studio in collaborazione con colleghi della clinica di reumatologia dell’Università di Siena rivolto alla asportazione di formazioni patologiche cristalline nelle articolazioni umane mediante inoculazione di soluzioni biocompatibili in grado di disciogliere i cristalli indesiderati formatisi nel ginocchio e causa di sofferenza e di menomazioni nella mobilità della persona. 2. Metalli nei Sistemi Biologici Nel corso dell’anno è stata effettuata una dettagliata analisi strutturale per via teorica con i metodi density functional di molecole complesse degli ioni Cu(I) e Cu(II) con leganti contenenti i donatori mercapto ((H)SR) e solfuro (-SR) fra cui EtSH, EtS-, l’amminoacido cisteina nella forma neutra ed anionica. Le molecole complesse studiate sono sia mononucleari che binucleari che trinucleari con atomi di zolfo a ponte fra i centri metallici. Le molecole a più centri metallici sono state studiate al fine di simulare al meglio le metallo-proteine del gruppo metallo-chaperon molto importanti per il trasporto ed il rilascio del micronutriente rame nei sistemi biologici. 3. Farmaci a base di Metalli Nell’ambito del filone dei complessi metallici come possibili farmaci è stato portato avanti anche nel 2011 uno studio con tecniche NMR, XRD e computazionali sui complessi della famiglia M-OXICAM, dove oxicam sono i ben noti farmaci non-steroidei. Le risultanze dello studio sono state presentate su invito nella lecture (autori G. Tamasi, R. Cini, presentatrice G. Tamasi) del simposio Structure Determination for Medicinal Chemistry, XL National Congress of the Italian Crystallographic Association (AIC), Siena, 19-22 September 2011. 135 UNITA’ DI RICERCA DI TORINO Direttore Scientifico: Dott. Walter Dastrù L’attività di ricerca relativa all’anno 2011 ha portato alla pubblicazione di 29 articoli su riviste internazionali e 1 capitolo di un libro. Essa si è svolta seguendo le seguenti principali linee di ricerca: Reporter per MR Imaging ad alta sensibilità(complessi di Gd, agenti CEST, molecole iperpolarizzate). Reporter responsivi a specifici parametri chimico-fisici e biologici del microambiente cellulare (pH, temperatura, concentrazione di metaboliti, attività enzimatica, ...). Procedure di targeting tumorale (AA, LDL, trasportatori anionici e cationici, molecole di adesione, recettori iperespressi, fibrina ...) e di placche aterosclerotiche (HDL, macrofagi, ...). Imaging e terapia. Valutazione della permeabilità vascolare. REPORTER PER MR IMAGING AD ALTA SENSIBILITA’ - Agenti iperpolarizzati Molti sforzi sono stati rivolti negli anni recenti verso lo sviluppo di procedure di iperpolarizzazione, principalmente nell'ambito del potenziale utilizzo di molecole iperpolarizzate in MRI. In questo contesto, sono attualmente in fase di studio entrambi i principali metodi di iperpolareizzazione, ovvero la Dynamic Nuclear Polaeization (DNP) e la Para-Hydrogen Induced Polarization (PHIP), per la preparazione di sostance iperpolarizzate arricchite in 13C, per le quali sono gia' sta state proposte interessanti applicazioni come agenti di contrasto per 13C -MRI. Con tali agenti di contrasto le immagini sono acquisite mediante l'osservazione diretta del nucleo 13C. L'assenza del rumore di fondo permette di ottenere immagini con un elevato rapporto segnalerumore, in cui il contrasto è dato dalla differenza di intensita' del segnale fra le regioni raggiunte dalla molecola iperpolarizzata e quelle non raggiunte Il metodo DNP può in linea di principio essere applicato a qualunque molecola purche' siano disponibili opportune metodologie per la rapida dissoluzione del substrato iperpolarizzato e la successiva separazione del composto paramagnetico che viene impiegato durante la fase di iperpolarizzazione. Viceversa, il metodo PHIP richiede substrati idrogenabili, ed implica l'impiego di catalizzatori di idrogenazione che devono essere rimossi rapidamente prima della somministrazione in vivo. Il principale vantaggio di questo metodo rispetto al DNP consiste nella maggiore semplicita' (non richiede le bassissime temperature e l'attrezzatura hardware impiegate in DNP), ed economicità. Presso il CIM, viene utilizzata la procedura PHIP per la preparazione di molecole iperpolarizzate utili come agenti di contrasto per 13C-MRI, e allo stesso si progettano e sintetizzano substrati idonei per il DNP, che vengono poi testati per quanto concerne polarizzazione e registrazione di immagini presso la Bracco S.p.A di Colleretto Giacosa, dove e’ stato installato un polarizzatore DNP. Nell’ultimo anno di attività, la ricerca è stata concentrata principalmente sulla progettazione e preparazione di sonde iperpolarizzate (o iperpolarizzabili) contenenti eteronulei caratterizzati da valori di T1 particolarmente lunghi, che consentano quindi di preservare la polarizzazione per il maggior tempo possibile. Nell’ambito PHIP, si è affrontato lo studio del metodo applicato a molecole contenenti nuclei di 29Si. Il 29Si è caratterizzato da un basso valore del rapporto giromagnetico ed è solitamente presente in configurazioni altamente simmetriche: di conseguenza i tempi di rilassamento 29Si sono estremamente lunghi. Si sono preparati alcuni derivati sililici di alchini semplici, che sono stati utilizzati come modelli per la messa a punto del metodo di para-idrogenazione e per le misure preliminari di T1 (che si sono confermati essere effettivamente molto lunghi, dell’ordine di 80 s). Successivamente e’ stato messo a punto un metodo per la risoluzione di miscele complesse di 137 composti contenenti gruppi OH, consistente nella sililizzazione degli ossidrili con un silil derivato insaturo, successivamente para-idrogenato: dalla misura dei chemical shifts negli spettri 29Si risultanti è possibile risalire alla composizione qualitativa della miscela, mentre misurando le intensità dei picchi polarizzati è possibile quantificare le componenti della miscela stessa. Il metodo funziona bene su miscele di alcoli di piccole dimensioni, ma i test condotti su miscele di ormoni hanno mostrato che in questo caso la determinazione quantitativa non è più fattibile a causa della decomposizione dei corrispondenti silil eteri. Rimane invece valida la possibilita’ di identificare le componenti di una miscela, cosa particolarmente utile nei casi in cui cio’ non si fattibile per altre vie. Per il DNP, si sono preparate molecole contenti atomi 13C o 15N isolati in ibridazione sp3 (ad esempio 13CD3 o 15N(CD3)3), anche questi caratterizzati da lunghi valori dei tempi di rilassamento, anche a campi elevati. Nei casi in cui si sono introdotti dei metili là dove nel substrato di interesse non erano presenti, tests di attività enzimatica in vitro sono stati e vengono tuttora condotti al fine di determinare quanto la modificazione strutturale vada a inficiare l’efficienza dei processi metabolici in cui la molecola in questione è coinvolta. Si è così stabilito che la permetilazione di aminoacidi non può essere perseguita in quanto blocca il metabolismo degli stessi. - Agenti CEST Questa classe di agenti è basata sull'effetto di trasferimento di saturazione verso il segnale NMR dell'acqua. L'ammontare di tale trasferimento dipende da un certo numero di fattori (numero di atomi di idrogeno scambiabili, volcità di scambio chimico, intensità del campo di RF utilizzato, ...). Sistemi Responsivi al pH E’ stato sviluppato un protocollo per la determinazione del pH extracellulare in modelli di melanoma murino attraverso l’utilizzo del complesso YbHPDO3A. Tale complesso presenta due pool di protoni mobili appartenenti a due forme isomeriche in scambio lento sulla scala dei tempi NMR. La velocità di scambio di questi protoni mobili è fortemente influenzata dal pH poichè lo scambio con l’acqua di bulk è mediato dalla catalisi basica. La presenza di due set di protoni mobili rende il sistema idoneo come agente CEST responsivo in quanto si presta all’elaborazione su base raziometrica dei dati di trasferimento di saturazione a cui danno origine. Il valore raziometrico di questa misure è tale da non dipendere dalla concentrazione totale di agente di contrasto ma solamente dal parametro di interesse (presupposto fondamentale perchè un probe possa fungere da responsivo). Questa sonda si rivela estremamente efficiente, sia per quanto riguarda la precisione con cui è in grado di determinare il pH sia per la bassa tossicità. Infatti, YbHPDO3A è equivalente al complesso di GdHPDO3A che viene comunemente utilizzato nella pratica clinica come agente di contresto T1, la differenza delle proprietà magnetiche dei due lantanidi (Yb e Gd) determina la loro diversificazione come tipologia di contrasto generato. I risultati ottenuti mostrano un’ottima correlazione fisiopatologica tra il pH misurato e il grado di ossigenazione del tessuto tumorale. Utilizzo in protocolli di labelling cellulare Gli agenti di contrasto convenzionali per MRI non consentono la visualizzazione simultanea di più sonde contemporaneamente presenti in un immagine. In particolare, la visualizzazione multipla, è uno strumento di grande interesse per applicazioni di cell tracking. Gli agenti di contrasto CEST offrono la possibilità di ottenere un contrasto nell’immagine MRI codificato in frequenza che consente di discriminare tra le varie sonde presenti. Sono stati utilizzati complessi paramagnetici neutri (Yb- ed Eu-HPDO3A) per garantire un elevato uptake da parte delle cellule labellate. Le linee cellulari scelte sono a) cellule macrofagiche murine (J774) e b) cellule tumorali di melanoma murino (B16). Le cellule labellate sono state visualizzate in vivo simultaneamente successivamente alla loro somministrazione sotto cute in un modello murino. 138 Iopamidolo come agente CEST Si è sviluppato un protocollo per la misura del pH extracellulare sfruttando come agente CEST lo Iopamidolo, un agente di contrasto per Tomografia Computerizzata a Raggi X ampiamente utilizzato in ambito clinico negli ultimi trent’anni. La presenza di due gruppi amidici aventi un differente chemical shift ha permesso di ottenere delle immagini il cui contrasto è funzione della velocità di scambio tra i protoni amidici e i protoni delle molecole dell’acqua di bulk, e pertanto è funzione del pH. La presenza di due pool di protoni mobili nella stessa molecola permette a questo agente di sfruttare il metodo ratiometrico, attraverso il quale la misura del pH diventa indipendente dalla concentrazione dell’agente stesso. La capacità di misurare il pH è stata testata a livello renale, sfruttando la completa eliminazione della molecola mediante il processo della filtrazione che porta ad un accumulo dello stesso a livello del rene. Il valore di pH ottenuto in topi sani è risutato essere in accordo con i valori di pH fisiologici per questa regione anatomica, con un’ottima precisione nel differenziare le diverse regioni anatomiche (corteccia, midollare esterna e interna) sulla base dei valori di pH ottenuti. Inoltre il sistema è sufficientemente sensibile da misurare variazione di pochi decimi di unità di pH in seguito ad alcalinizzazione o ad acidificazione indotta dalla somministrazione di cloruro di ammonio o di bicarbonato di sodio nell’acqua dei biberon dei topi. Modello farmaco-cinetico per la valutazione del trafficking liposomiale. Liposomi caricati con complessi paramagnetici possono agire contemporaneamente sia da agenti T2* sia da agenti CEST. Tuttavia, quando queste sostanze sono catturate dai macrofagi l'effetto CEST viene perso mentre permane l'effetto T2*. Paragonando quindi il decorso di questi due tipi di contrasto nelle immagini MRI, è possibile ricostruire una mappa dell'attività sequestrante dei macrofagi I liposomi sono nanovescicole lipidiche in grado di assemblere e veicolare più componenti sia sulla membrana fosfolipidica che all’interno del core acquoso.. Questa peculiarità è stata sfruttata per sviluppare sistemi che possano essere visualizzati in un’immagine MRI attraverso più modalità di contrasto (T1, T2 e CEST). L’evoluzione di queste tre tipologie di contrasto in seguito all’uptake macrofagico e al conseguente deassembling delle nanovescicole è molto diversa. E’ stato sviluppato un modello matematico per fittare simultaneamente la variazione dei tre contrasti in un tessuto tumorale e ricavarne informazioni relative alla velocità con cui tali vescicole vengono fagocitate e deassemblate dai macrofagi associati al tumore. Il modello scelto è un melanoma murino. Come tipologie liposomiali sono state selezionate una membrana stealth e una membrana pH-sensitive. Per quanto le stime delle costanti cinetiche siano ancora approssimative, il modello ha dimostrato di poter distinguere tra la velocità con cui viene deassemblato un liposoma stealth da un liposoma pH-sensitive. Le differenze vanno nella direzione attesa, ossia nel comparto endosomiale caratterizzato da un pH acido, i liposomi sensibili al pH vengono deassemblati molto più rapidamente rispetto ai liposomi stealth. AGENTI RESPONSIVI Gli agenti responsivi per MRI sono sostanze la cui relassività dipende da un particolare parametro fisiologico caratteristico del microambiente nel quale si distribuiscono (pH, temperatura, attività enzimatica, ... ). La loro applicazione dà origine alla formazione di immagini il cui contrasto dipende dal valore del particolare parametro. Il problema cruciale da risolvere è assicurarsi che le differenze di relassività osservate siano dovute solamente alla variazione di relassività e non alla differente concentrazione dell'agente di contrasto. Due principali approcci vengono seguiti: - Agente responsivo alla beta-galattosidasi Si è sintetizzato e testato sia in vitro che in vivo, un agente di contrasto a base di Gd(III) capace di dare informazioni riguardo l’espressione genica dell’enzima -galattosidasi in cellule di melanoma. La sonda è costituita da un Gd-DOTA funzionalizzato con un gruppo tirosina-galattosio che, in seguito alla rimozione dello zucchero operata dall’enzima, reagisce, in presenza di tirosinasi, per dare delle specie aggregate di tipo melaninico. La formazione di questi oligomeri contenenti il 139 complesso paramagnetico è accompagnata da un marcato aumento nella relassività del sistema. Tutti gli step relativi al rilascio dell’unità di galattosio e alla formazione della struttura supramolecolare sono stati studiati e caratterizzati a fondo, in vitro, tramite misure rilassometriche e di spettroscopia UV-Vis. Prove di uptake cellulare in cellule di melanoma (B16F10) hanno dimostrato che la sonda viene internalizzata dalle cellule e che non sembra essere compartimentalizzata all’interno delle vescicole endosomiali. L’utilizzo di cellule B16F10lacZ, -galattosidasi, ha permesso di evidenziare un rapido incremento nella velocità di rilassamento associata alla formazione della specie di tipo melaninico contenente il complesso paramagnetico. I risultati ottenuti in vitro sono stati confermati in vivo tramite la registratione di immagini MRI su topi con tumore derivato da melanoma murino. In seguito alla somministrazione intratumorale del complesso si è osservato un buon contrasto del tumore derivato da cellule B16F10laz rispetto a quello derivato da cellule B16F10 non transfettate (controllo). - Agente responsivo alla Glutammato Decarbossilasi (GAD) Al momento un’indagine accurata delle varie tipologie neuronali è possibile solo con metodi invasivi oppure con tecniche di imaging ottico. La Risonanza Magnetica per Immagini ha la capacità di visualizzare la struttura e l’anatomia cerebrale in modo non invasivo e ad un’elevata risoluzione, ma, per la maggior parte dei casi, non è in grado di dare informazioni su specifici distretti cellulari o di tipo funzionale. Questo lavoro è consistito nella sintesi e nello studio di una sonda a base di Gd(III) la cui relassività è sensibile all’azione dell’enzima Glutammato Decarbossilasi (GAD), la cui espressione è specifica dei neuroni di tipo inibitorio. In seguito all’azione dell’enzima, il complesso aumenta la sfera di idratazione del metallo e si carica di una carica netta positiva che ne promuove l’interazione con macromolecole endogene. Entrami questi effetti contribuiscono in modo sinergico all’aumento di relassività che caratterizza il sistema in seguito all’attivazione da parte dell’enzima. La sonda è stata testata in vitro tramite misure rilassometriche e MRI in presenza di GAD estratto da cellule di Clostridium Perfrigens. La rimozione dell’incremento di relassività osservata quando la sonda e l’enzima sono stati incubati in presenza di un noto inibitore dell’enzima stesso, Acido Chelidamico, è indice che l’attivazione è specifica. La specificità di attivazione è stata inoltre studiata su cellule staminali embrionali murine differenziate e non in neuroni. Si è osservato un significativo aumento della velocità di rilassamento dei neuroni di tipo inibitorio rispetto alle cellule staminali native sia in vitro che in vivo. - Agenti responsivi al pH L’utilizzo della tecnica MRI per la misura accurata del pH dei tessuti in vivo ha un valore clinico molto elevato sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico. Per agire da agenti responsivi al pH, le sonde MRI devono dare una risposta al pH che sia indipendente dalla concentrazione dell’agente stesso. Per questo motivo, si è messo a punto un sistema costituito da liposomi caricati con complessi paramagnetici, le cui proprietà rilassometriche sono influenzate dal pH ma, attraverso un metodo raziometrico, non dipendono dalla concentrazione di Gd(III). In questo sistema la cavità interna dei liposomi è caricata con un complesso di Gd(III) anfifilico che contiene una funzione (solfonammide) il cui equilibrio di protonazione/deprotonazione cambia le proprietà di coordinazione del metallo. In seguito a questo processo il complesso subisce una differente distribuzione intraliposomiale che ne condiziona la relassività. Ne consegue l’ottenimento di profili di relassività a campo variabile (NMRD) di forma caratteristica e differente in funzione del pH. Il metodo raziometrico consiste nel misurare la dipendenza dal pH del rapporto tra la velocità di rilassamento longitudinale del sistema a due diversi campi magnetici applicati rimuovendo così la dipendenza dalla concentrazione. AGENTI DI TARGETING Lo sviluppo di efficienti procedure per Imaging Molecolare richiede alte affinità e sensibilità da parte delle sonde utilizzate. Questa è la principale motivazione alla base dello sviluppo di agenti diagnostici innovativi. 140 - La fibrina Si sta lavorando su di un sistema costituito da un peptide e da quettro complessi di Gd cercando di ottimzzare sia l'affinità di legame al target sia il contrasto generato nell'immagine MRI. Un certo numero di malattie invariabilmente mostra la presenza di accumuli di fibrina (tumori, placche trombi ...). Lo sviluppo di sistemi efficienti di diagnosi di questi depositi avrebbe importanti ricadute in diverse applicazioni cliniche. - Il fattore XIII Un precedente lavoro ci ha permesso di identificare un peptide che agisce in modo ottimale come substrato per questo enzima, e viene rapidamente incluso nella matrice che da' origine alla formazione dei trombi. Questo peptide può essere funzionalizzato con una o più unità di chelati di Gd per poter ottenere un agente che sia reporter precoce della formazione di trombi. - I gruppi -SH La facile ossidazione a cui vanno incontro le funzioni tioliche rappresentano un eccellente indicatore dello stato redox in cui si trova il microambiente biologico. Inoltre, la presenza di gruppi -SH esposti può essere risultare da mutazione e conseguenti variazioni conformazionali che sono associate a importanti malattie (PPL/sclerosi multipla). Per queste ragioni si ata ottimizzando una sonda capace di legarsi specificamente a tioli liberi. La loro quantificazione può avere iteressanti implicazioni diagnostiche. - Le MMPs Le Metallo Proteasi di Membrana sono enzimi che sono presenti in un certo numero di situazioni che comportano la rimodellazione tissutale e rappresentano importanti indicatori di malattie (tumori, sclerosi multipla, placche aterosclerotiche). La sonda è rappresentata da particelle insolubili che possono essere solubilizzate in presenza di enzimi specifici; in questo modo si ha la trasformazione dell'effetto da T2* a T1. L'insolubilità è dovuta alla presenza di una catena lipofila separata dal dal complesso di Gd da un opportuno spaziatore che può essere riconosciuto e tagliato dalle MMP. Le particelle sono costituite da aggregati dl complesso di Gd, ciclodestrine, agenti aggreganti e agenti in grado di veicolare le particelle al sito di interesse. IMAGING E TERAPIA La possibilita' di guidare il trattamento terapeutico con l'imaging e' una opportunita' estremamente interessante. Da questo punto di vista, è stato molto importante l'avvento dei tomografi MRI accoppiati con sistemi ad ultrasuoni ad alta frequenza per trattamenti ipertermici localizzati. Le attività del CIM in quest'ambito sono: - Preparazione di liposomi per il rilascio di farmaci Si utilizzano liposomi contenenti sia gli agenti di contrasto, sia i farmaci, che vengono somministrati ad animali modello. La loro visualizzazione consente la quantificazione del numero di liposomi (e quindi delle molecole di farmaco) che sono presenti nel sito di interesse. I liposomi sono studiati in modo tale da rilasciare (possibilmente in modo controllato) il farmaco e l'agente di contrasto. Potrebbero inoltre essere ulteriormente modificati in modo da diventare reporters dell'efficacia terapeutica del farmaco. Per ottenere questo scopo, si usano sia probes MRI che CEST. - Terapia a cattura di neutroni (NCT) e Imaging L'approccio NCT è di grande interesse principalmente per i tumori cerebrali, ed è basato sull'abilità di certi nuclei (ad esempio il 10B) di assorbire neutroni iniziando una reazione nucleare che causa la distruzione delle cellule tumorali. Il successo del trattamento dipende dalla quantità di composto attivo che raggiunge le cellule malate rispetto a quanto si distribuisce fra i vasi e le cellule sane. Vengono utilizzati probes contenenti 10B e Gd: dalle immagini MRI è possibile risalire alla 141 concentrazione di Gd e quindi calcolare quella del boro. I probes contengono carborani, complessi di Gd e un vettore che li trasporta fino al target di interesse. Vale la pena sottolineare che il Gd esiste in una forma (157Gd) che è sensibile alla cattura neutronica, e la sua presenza nel probe rappresenta un rafforzamento dell'azione terapeutica. Il trasporto selettivo al tessuto tumorale è stato effettuato attraverso l’utilizzo di Lipoproteine a bassa densità (LDL) che vengono trasportate all’interno delle cellule attraverso specifici recettori che sono over espressi in caso di patologie tumorali. La sonda (Gd/B/L) duale messa a punto nei nostri laboratori è costituita da un carborano (contente 10 atomi di boro) legato covalentemente da una parte ad un complesso di Gd(III) per l’analisi MRI e dall’altra da una catena alifatica di 15 atomi di carbonio per permettere l’interazione con la superficie delle LDL. L’addotto Gd/B/L/LDL è stato testato su cellule tumorali in coltura (melanomi murini, epatomi umani e gliomi umani) e su modelli murini di melanoma ottenuti trapiantando circa un milione di cellule tumorali sottocute. Attraverso l’analisi MRI è stato possibile misurare la concentrazione di boro internalizzata dalle cellule tumorali sia “in vitro” che “in vivo” che circa 4-6 ore dopo la somministrazione dell’agente duale raggiungeva la quantità minima necessaria per effettuare la terapia. L’irraggiamento con neutroni è stato effettuato al reattore TRIGAMARK II all’università di Pavia in collaborazione con il gruppo del prof. Altieri. Gli animali irraggiati dopo il trattamento con la sonda duale (Gd/B/L/LDL) veicolata dalle LDL hanno evidenziato una rallentata crescita tumorale rispetto ai gruppi controllo costituiti da topi non trattati e topi irraggiati con neutroni senza la somministrazione di composti contenenti boro. Nanocarriers naturali per il trasporto di sonde per la diagnosi e per la terapia dell’epatocarcinoma. Il carcinoma epatico (HCC) è la quinta forma più comune di cancro negli uomini e l’ottava nelle donne ed è uno delle forme di tumore più letali. L’infezione cronica dal virus dell’epatite B (HBV) è la causa più frequente di HCC. La distruzione o promozione di geni associati con la crescita e ciclo cellulare che sono presenti in prossimità del sito di integrazione del virus HBV, sono implicati nello sviluppo del carcinoma. Allo stesso modo, le proteine codificate dal virus HBV possono contribuire all’instaurarsi della patologia. L’utilizzo di topi transgenici aventi espressione organospecifica di geni virali, offre una buona opportunità di studio dei vari aspetti della biologia del virus HBV. Per questo motivo, il modello transgenico di topi HBV (Tg (Alb-1HBV) Bri44) che contiene la sequenza genomica di HBV per la codifica delle proteine pre-S, S ed X rappresenta un modello ideale per lo studio degli eventi molecolari che portano allo sviluppo dell’HCC. In questo modello di topi HBV gli epatociti mostrano una alterazione degenerativa a partire dal terzo mese di vita, seguita da un prolungato danno e morte cellulare che provoca l’aumento di specie attive contenenti O2 generando iperplasia rigenerativa intorno al sesto mese. Al nono mese di vita si osserva la formazione di noduli displastici mentre lo sviluppo di HCC avviene dal 15 al 18 mese. Lo spegnimento epigenetico di geni oncosoppressori è un evento critico durante la carcinogenesi. Recentemente è stato osservato che lo scavenger receptor classe A tipo 5 (SCARA5) è espresso in minor quantità negli HCC umani. Fisiologicamente, SCARA 5 inibisce l’attività di chinasi focali di adesione (FAK) legandosi direttamente ad esse. In questo modo, la minore espressione di SCARA5 in HCC può contribuire alla tumorigenesi e progressione attraverso l’attivazione del Fak-Srcp130Cas pathway. Inoltre, SCARA5 è stato identificato come un nuovo recettore della ferritina in grado di internalizzare ferro all’interno delle cellule epatiche in alternativa all’utilizzo della transferrina. Nel nostro studio abbiamo cercato di valutare il ruolo di SCARA5-FAK signaling pathway nel processo della HBV carcinogenesi utilizzando come sonda molecolare per MRI l’apoferritina contenente all’interno della cavità particelle di ossido-idrossido di manganese al posto degli ossidi di ferro. E’ stata infatti messa a punto dal nostro laboratorio una procedura che permette di inserire nella cavità interna dell’apoferritina (Mn-Apo), con un diametro di 8 nm, particelle di ossido-idrossido di Mn, utilizzati come agenti di contrasto in MRI. Mn-Apo contiene all’interno della cavità circa 1000 atomi di manganese che sono in parte presenti come Mn-OOH ed in parte come ioni Mn2+ che rendono il sistema estremamente efficiente nella capacità di generare contrasto nell’immagine MRI. Studi “in vitro” hanno dimostrato la capacità degli epatociti di internalizzare 142 Mn-Apo attraverso i recettori della ferritina. Al contrario, cellule di epatoma mostrano una significativamente ridotta capacità ad internalizzare tale proteina. Le immagine MRI T1 pesate registrate 30’ dopo la somministrazione intravenosa di Mn-Apo (0.01mmol/kg) a topi C57BL/6 WT mostrano un marcato accumulo della proteina nel fegato. La somministrazione di Mn-Apo a topi HBV-tg transgenici che sviluppano spontaneamente epatocarcinomi (HCC) permette una chiara visualizzazione delle lesioni tumorali che appaiono ipo-intense rispetto agli epatociti sani presenti nel rimanente tessuto. Infine, l’utilizzo di carriers naturali come l’apoferritina per applicazioni di imaging molecolare offre i seguenti vantaggi: i) il loro destino metabolico è ben controllato e conosciuto; ii) non producono risposte immunologiche avverse ; iii) ridotto uptake da parte di macrofagi. VALUTAZIONE DELLA PERMEABILITÀ VASCOLARE L’attività di ricerca ha riguardato principalmente lo sviluppo dei protocolli di acquisizione delle immagini per DCE-MRI e di elaborazione delle immagini ottenute. Gli agenti di contrasto approvati e attualmente utilizzati nelle applicazioni cliniche sono chelati di Gd3+ di piccole dimensioni (ca. 500 Da). Questi tipi di agenti di contrasto sono noti come Small Molecular Contrast Media (SMCM), non entrano nelle cellule, e vengono solitamente metabolizzati per via renale. La loro limitata massa molecolare li rende però poco capaci di differenziare tra tessuti sani e neoplastici, in quanto sono in grado di diffondere liberamente attraverso l’endotelio vascolare (eccezion fatta per la barriera emato-encefalica). In molte sperimentazioni tale differenziazione è stata osservata solo in seguito all’utilizzo di agenti di contrasto di maggiori dimensioni (Macromolecular Contrast Media, MMCM), che riescono a diffondere più liberamente nei tessuti tumorali, caratterizzati da più elevate porosità dei vasi rispetto ai tessuti sani. Un ulteriore vantaggio degli MMCM consiste nella loro maggiore velocità di rilassamento che è direttamente dipendende dalla massa molecolare. L’agente di contrasto utilizzato è una molecola avente una struttura a base DTPA (= acido DietilenTetraamminoPentaAcetico) alla quale è stato covalentemente legato un residuo di acido deossicolico. Questo residuo permette al complesso di Gd3+ di legarsi in maniera non covalente e reversibile all’albumina presente nel siero. Studi in vitro hanno mostrato che la percentuale di complesso paramagnetico legato all’albumina varia tra il 94% (alb. umana) ed l’84% (alb. di ratto). Questo legame fa aumentare la massa molecolare dell’agente di contrasto che viene ad avere un valore maggiore di relassività rispetto al DTPA-Gd3+. Il massimo di relassività che si osserva in presenza di queste associazioni si posiziona solitamente attorno ai 20 MHz; gli strumenti MRI a nostra disposizione operano a 7T (300 MHz, Bruker) e 1T (42 MHz, Aspect). Le prime indagini sono state effettuate sullo strumento ad alto campo in quanto le sequenze di impulso erano già utilizzabili per la DCE-MRI. Lo strumento a basso campo è invece uno strumento in fase di sviluppo, ed inizialmente mancava di alcune caratteristiche necessarie per l’acquisizione dinamica di immagini MRI. Per questo motivo inizialmente il software di elaborazione è stato sviluppato per accettare in input il formato dei dati Bruker mentre di concerto con i tecnici Aspect si è lavorato alla modifica delle sequenze di impulso presenti sulla macchina operante ad 1T per renderle utilizzabili per studi DCEMRI. Sono stati apportati numerosi miglioramenti alle librerie software per l'analisi delle immagini, che possono essere così schematicamente riassunti: Gestione del software Lettura dei dati in formato Aspect MRI. Introduzione di una Graphical User Interface (GUI). Automazione Algoritmi di fitting Introduzione di un sistema di “pipeline” per rendere il software molto generale e più facilmente espandibile in futuro. 143 Riorganizzazione del codice. Correzione di errori di programmazione. Oltre all’analisi dei dati con un modello cinetico quantitativo, sono stati considerati anche dei parametri utili per caratterizzare in maniera semi-quantitativa le variazioni di segnale osservate durante gli studi di DCE-MRI. In particolare sono state considerate le procedure di estrazione dei seguenti parametri: Max Peak Enhancement: massimo enhancement osservato (relativamente al valore di segnale precontrasto); Time To Peak (TTP): tempo di comparsa del picco di massimo segnale (TTP); Slope: pendenza della curva dall’iniezione al TTP, indicative della velocità di uptake dell’agente di contrasto da parte del tessuto; Washout: indicante la differenza tra il segnale al TTP e la media delle ultime cinque immagini; indica la quantità di agente che esce dai vasi sanguigni dopo il TTP; Clearance: la velocità del processo di washout. Parallelamente allo sviluppo del software d’analisi sono stati acquisiti i dati DCE-MRI su una popolazione di circa 20 topi di ceppo Balb/c di sei settimane di vita. I topi sono stati suddivisi in due gruppi, uno di controllo, ed uno trattato con un agente antineoangiogenetico (angiomotina). 144 UNITA’ DI RICERCA DI TRIESTE Direttore Scientifico: Prof. Ennio Zangrando Biocristallografia Silvano Geremia, Giovanna Brancatelli, Matteo De March, Lucio Randaccio 1) Determinazione strutturale di nuovo citocromo batterico contenente due gruppi eme tipo c. La proteina Di Heme (rs-DHC), conosciuta anche come citocromo C551.5, è stata isolata per la prima volta dal batterio Rhodobacter sphaeroides, dal quale sono stati isolati e caratterizzati anche i citocromi c2, c’ e c554. DHC appartiene alla famiglia dei citocromi tipo c batterici di classe I, pur presentando due gruppi eme tipo c con potenziali redox pari a -254mV e -310mV. La sequenza primaria è composta di 126 residui ed è omologa ad una proteina che presenta le stesse caratteristiche isolata dal batterio Rhodobacter Adriaticus. Essendo particolarmente abbondante nelle cellule che crescono in condizioni anaerobiche ed essendo espressa in minor quantità in ceppi batterici denitrificanti cresciuti in presenza di azoto, a questa proteina è stata attribuita la capacità di legare l’ossigeno e l’azoto molecolari. Essa è inoltre componente essenziale della via di trasferimento elettronico e per questo motivo è oggetto di studi di tipo strutturale e funzionale; in particolare la sua struttura, risolta tramite diffrazione di raggi X, è depositata nel Protein Data Bank (1FW5). Il lavoro effettuato al CEB ha interessato una collaborazione con il gruppo della Dott.ssa G. Di Rocco dell’Università di Modena mirata alla produzione, cristallizzazione e risoluzione strutturale di una nuova proteina DHC ricombinante isolata dal batterio Shewanella Baltica (sbDHC) al fine di studiarne la struttura tridimensionale e di ottenere informazioni relative al processo di trasferimento elettronico tra i due gruppi eme tipo c in essa presenti. La proteina è stata espressa e purificata dal gruppo della Dott.ssa Di Rocco mentre la parte cristallografica è stata effettuata nei laboratori del CEB. Sono stati ottenuti dati di diffrazione su cristalli di proteina cresciuti dopo 21 giorni a temperatura ambiente completi e ad elevata risoluzione (Tabella 1) sfruttando l’elevata brillanza della radiazione di sincrotrone ELETTRA. E’ stato quindi possibile risolvere la struttura della proteina in forma ridotta del nuovo citocromo batterico DHC da Shewanella baltica, dal peso complessivo di 16.5KDa e di affinarla sino a valori di Rfactor del 15% (figura 1). Il modello strutturale risulta mancante di 23 residui aminoacidici, quali Asp1-Ala8 e Gln72-Gly87 a causa dell’elevato disordine presente in queste regioni non strutturate. La struttura cristallografica visualizzata in figura 1, mostra la presenza di 10 strutture secondarie ad -elica interconnesse da 9 loop, mentre il 10 loop risulta mancante in quanto caratterizzato dai residui sopra citati. La distanza tra le strutture aromatiche delle due porfirine dei gruppi eme è di 10.12Å. Queste strutturalmente appartengono a due differenti domini, la struttura del dominio N-terminale presenta analogie con gli altri citocromi c tipo I e con le flavoproteine, mentre il dominio C-terminale non trova similitudini tra le famiglie dei citocromi. I due atomi di ferro, coordinati equatorialmente ai gruppi prostetici, sono coordinati alla proteina tramite residui assiali di istidina. La proteina DHC da Shewanella baltica, determinata per la prima volta in forma ridotta in questo lavoro tramite di diffrazione di raggi X ad una risoluzione di 1.14Å, rappresenta una nuova classe di citocromi tipo C batterici contenenti due gruppi eme c. 145 Shewanella Monoclino C2 70.80 42.51 109.75 90 93.69 90 329652.25 Sistema G. Spaziale a (Å) b (Å) c (Å) (◦) (◦) (◦) Volume (Å3) N°mol/Unità 1 asimmetrica Rhodobacter Monoclino C2 93.01 45.21 34.43 90 105.92 90 232290 1 Tabella 1. Parametri di cella a confronto delle nuove metalloproteine DHC da Shewanella Baltica e da Rhodobacter Spheroides. Figura 1. Struttura a raggi X della nuova metalloproteina DHC da Shewanella Baltica in presenza del solvente. 2) Determinazione strutturale di una nuova forma esagonale della proteina Avidina deglicosilata. Usando la diffrazione di raggi X da sorgente di luce di sincrotrone è stata determinata a 2.0Å la struttura della nuova forma cristallina esagonale (P64) della proteina avidina deglicosilata. Lo scopo di questo studio rientra nella caratterizzazione allo stato solido di molecole proteiche artificiali e naturali con funzione biorecettoriale. Precedentemente al CEB erano state determinate la struttura completamente ad -elica del peptide KE1, di 35 residui aminoacidici, ed una struttura riguardante il complesso tra l’avidina ed una nuova sonda biotinilata contenente all’estremità una molecola di caffeina (BCG). I recenti dati raccolti ad ELETTRA hanno permesso di risolvere tramite Molecular Replacement la struttura della nuova forma proteica affinata fino ad un valore di R factor del 18% (figura 2). La nuova forma, non ancora determinata, si distingue tra quelle riportate in letteratura per la maggior parte tetragonali o monocline e presenta ad una prima analisi interessanti differenze strutturali rispetto alle precedenti. 146 . Figura 2. Impaccamento cristallino esagonale (P64) lungo l’asse c della nuova forma della proteina Avidina. Fotoattivazione di complessi di rutenio con possibile attività antitumorale Ioannis Bratsos, Enzo Alessio, Teresa Gianferrara La linea di ricerca si inquadra nello studio di alcuni complessi di coordinazione inerti half-sandwich di Ru(II), strutturalmente simili ai complessi organometallici citotossici di formula generale [(η 6arene)Ru(YZ)X] (di carica variabile) sviluppati in anni recenti da P.J. Sadler e altri, 1, 2 con lo specifico scopo di investigare la possibilità di attivazione per dissociazione del legante monodentato con l’uso di radiazione visibile.3 A questo scopo due nuovi complessi, specificatamente [Ru([9]aneS3)(en)(py)][PF6]2 (2) e [Ru([9]aneS3)(bpy)(py)][PF6]2 (3), sono stati sintetizzati, strutturalmente caratterizzati e analizzata la relativa fotochimica. Accanto a questi sono stati studiati due altri composti [Ru([9]aneN3)(en)(dmso-S)][Cl]2 (4) e fac-[Ru(dmso-S)3(en)Cl][PF6] (5), precedentemente sintetizzati in questi laboratori.4 Tutti questi complessi hanno dimostrato essere inerti in soluzione in assenza di luce, prerequisito per la foto attivazione. Figure 1: Complessi studiati per attività fotochimica. 147 Di questi complessi è stata studiato non solo il comportamento all’irradiazione in soluzione ma anche la loro interazione con la nucleobase model 9-etilguanina (9-EtG), per confermare il loro potenziale ruolo quali farmaci anticancro foto-attivabili. Nel caso del complesso 3 è stata studiata anche l’interazione con il glutatione (GSH) a seguito irradiazione. Con lo scopo di ottenere una maggior comprensione del processo fotochimico, è stato intrapreso anche uno studio teorico. Gli studi hanno permesso di osservare che tre di questi complessi half-sandwich di Ru(II) manifestano promettente attività quali farmaci foto attivabili. Più specificatamente [Ru([9]aneS3)(en)(py)][PF6]2 (2), [Ru([9]aneS3)(bpy)(py)][PF6]2 (3) e [Ru([9]aneN3)(en)(dmsoS)][Cl]2 (4) dissociano completamente o in gran parte il legante monodentato per irradiazione di luce visibile formando il corrispondente acquo derivato. Inoltre essi sono capaci di legare la 9etilguanina. I dati risultanti per I tre complessi sono riportati in Tabella 1. Table 1: Tempo irraggiamento (a 420 nm) necessario a raggiungere l’equilibrio con l’acquo derivato, % di conversione e quantità di 9-EtG legata all’equilibrio Complesso Tempo irraggiamento Conversione (%) (min) Legame a 9-EtG (%) 2 40 92 56 3 2 100 50 4 360 23 7 E’ significativo che i foto-processi che coinvolgono i complessi 2 e 3 sono più veloci di quelli osservati per altri composti in questo specifico settore, e anche mostrano un molto alta (o completa) velocità di dissociazione come richiesto per scopi di foto attivazione. La presenza di sistemi aromatici bi piridinici (bpy) aumenta la velocità di reazione, presumibilmente per un marcato incremento nell’assorbanza alla lunghezza d’onda della radiazione. In 4 a seguito irraggiamento non si osserva rottura del forte legame Ru-S. Le interessanti proprietà manifestate dal complesso 3 ci hanno spinto ad estendere questi studi sul composto: questo può essere attivato anche a 463 nm ed è capace di legare il glutatione solo per irraggiamento, confermando la sua inerzia verso biomolecole in assenza di luce. A differenza di altri complessi, fac-[Ru(dmso-S)3(en)Cl][PF6] (5) mostra, entro 360 min dall’irraggiamento, la completa dissociazione dei due leganti equatoriali dmso-S del frammento facciale, piuttosto che il cloruro, presumibilmente fornendo quale prodotto Ru(dmsoS)(en)(H2O)2Cl]+ (5a). Questa specie non è in grado di legare la 9-EtG in modo chiaro con un processo definito. Questo risultato suggerisce che il frammento fac-(dmso-S)3 è poco probabile essere adatto per processi di fotoattivazione, poichè la luce causa una parziale dissociazione. Inoltre i calcoli computazionali suggeriscono che i complessi contenenti dmso e piridina possono seguire processi di dissociazione consistenti con differenti tempi di irradiazione necessari a raggiungere l’equilibrio nei due casi. Riferimenti: (1) S. J. Dougan and P. J. Sadler, Chimia, 2007,61, 704. (2) G. Süss-Fink, Dalton Trans., 2010, 39, 1673. (3) N. J. Farrer, L. Salassa and P. J. Sadler, Dalton Trans., 2009, 48, 10690. (4) I. Bratsos, T. Gianferrara, E. Alessio, C. G. Hartinger, M. A. Jakupec, B. K. Keppler, “Ruthenium and Other Nonplatinum Anticancer Compounds.” in Bioinorganic Medicinal Chemistry, E. Alessio ed., Wiley-VCH, Weinheim, 2011, pp. 151-174. 148 Novel Re(I) and 99mTc(I)-porphyrin conjugates for molecular imaging Teresa Gianferrara, Enzo Alessio, Ennio Zangrando La marcatura di molecole biologicamente attive con 99mTc rappresenta un tema d' indagine di grande interesse e 99mTc è uno degli isotopi più usati per l’imaging in medicina nucleare. Il concetto di biomolecole marcate con radionuclidi implica l’uso del cosiddetto chelante bifunzionale (BFC), contenente una funzione che può legarsi covalentemente ad un gruppo funzionale delle molecole studiate e un chelante opportuno per la coordinazione del radionuclide. Le due funzioni sono collegate da un linker (spaziatore). Quale radionuclide è stato scelto il frammento [99Tc(CO)3]+, poiché esso possiede un numero di interessanti proprietà e i suoi coniugati possono essere facilmente caratterizzati a livello macroscopico usando l’analoga specie non-radioattiva (fredda) del Re. Se il tempo di ritenzione del composto di Re su colonna HPLC corrisponde a quello dell’analogo radiomarcato, la sua identità (e quindi caratterizzazione) è confermata. Quale molecola marcata abbiamo scelto le porfirine perché possono aumentare la selettività tumorale del metallo, poiché queste molecole hanno mostrato proprietò di localizzazione del tumore. Inoltre è possibile usare l’emissione di fluorescenza della porfirina per tracciare la biodistribuzione del frammento metallico nelle celle. Poiche’ per una attività ottimale la porfirina dovrebbe legare solo un frammento [99mTc(CO)3]+, sono sate sintetizzate due nuove porfirine contenenti un chelante periferico: la porfirina 1 possiede una unità dietilentriammina quale legante trifunzionale, la porfirina 2 è provvista di un unità periferica di bipiridile legata al cromoforo attraverso lo spaziatore. Momentaneamente è stata condotta la sintesi e la caratterizzazione dei nuovi coniugati idrosolubili 3a e 4a, assieme agli omologhi composti del Re (v. figura) 149 Proprietà struttura e reattività di cobalossime Renata Dreos, Silvano Geremia, Lucio Randaccio and Patrizia Siega A fine 2010 è stata pubblicata una una review (R. Dreos Geremia, S. Randaccio, L. Siega, P. “Properties, Structure and Reactivity of Cobaloximes” PATAI'S Chemistry of Functional Groups John Wiley & Sons, Ltd 2010) nella quale viene riportato una panoramica riguardante uno studio sistematico delle cobalossime, composti di cobalto a diverso stato di ossidazione e numero di coordinazione. Le più comuni cobalossime sono complessi ottaedrici di formula LCo(dmgH)2X dove dmgH è il legante monoanionico diossima, L un legante neutro, e X un legante monoanionico. Questi sistemi ottaedrici di Co(III) sono facilmente sintetizzati variando dmgH e i leganti X e L, e rappresentano dei sistemi singolari nel panorama dei complessi di cobalto. La disponibilità di un gran numero di complessi ha permesso di razionalizzare le proprietà strutturali in soluzione e allo stato solido accanto alla loro reattività in termini di fattori sterici ed elettronici dei leganti assiali (X e L), classificati come influenza ed effetto cis e trans. Questi studi hanno trovato ampio riscontro poiché le cobalossime sono state utilizzate quali sistemi modello delle cobalammine (cofattore degli enzimi della vitamina B12), anche verso la declorinazione riduttiva dei cloroetileni. Le cobalassime hanno trovato applicazione anche nelle reazioni di polimerizzazione e più recentemente quali catalizzatori per l’estrazione di idrogeno da una sorgente di protoni. 150 PUBBLICAZIONI E BREVETTI 151 A Accardo A., Morisco A., Gianolio E., Tesauro D., Mangiapia G., Radulescu A., Brandte A., Morelli G. Nanoparticles containing octreotide peptides and gadolinium complexes for MRI applications. Journal of Peptide Science, 2011, 17(2), 154-162. Accardo A., Morisco A., Palladino P., Palumbo R., Tesauro D., Morelli G. Amphiphilic CCK peptides assembled in supramolecular aggregates: structural investigations and in vitro studies. Molecular Biosystems, 2011, 7, 862-870. Accardo A., Morisco A., Tesauro D., Pedone C., Morelli G. 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Gli articoli con la sola indicazione del numero di Doi, quelli con l’indicazione “in press”/“accepted” o solo pubblicati on line, così come le partecipazioni a congressi non sono stati inseriti in questo elenco. 181 STRUMENTAZIONE 183 Laboratorio Centrale di Bari Spettrofotometro UV-Vis Varian Cary 100 con controllo della temperatura con effetto Peltier Spettrometro AA Varian 880Z con fornetto di grafite, generatore di idruri Varian VGA77, controller elettronico della temperatura Varian ETC-60 e autocampionatore Varian GTA100Z Spettrometro di massa con sorgente al plasma (ICP/MS) Varian 820 MS HPLC Hewlett-Packard Series 1100 Gascromatografo Hewlett-Packard 5890 Series II Unità di Ricerca: BARI Polarimetro Perkin-Elmer mod. 341 Gas-Massa Hewlett-Packard HP6890-5973MSD HPLC Perkin-Elmer mod. 200 Analisi elementare CHN Eurovector EA 3011 Gas-Cromatografo Capillare DANI mod. 3800HR UV-Vis Perkin-Elmer mod. Lambda Bio 20 NMR-300 MHz Varian VX Mercury NMR-90 MHz Varian mod. EM 390 Spettropolarimetro CD-ORD. JASCO mod. J-810 FT-IR Perkin-Elmer mod. Spectrum One System Liquido-Massa 1100 LC/MSD Trap system AGILENT Bilancia analitica Mettler H64 Idrogenatore Bassa Pressione (n. 2) Idrogenatore Alta Pressione Büchi 300 ml 60 bar Unità di Ricerca: BOLOGNA n.° 3 diffrattometri a raggi X a polveri n.°4 diffrattometri a raggi X a film piano e cilindrico per spettro di fibra Diffrattometro a raggi X a cristallo singolo Spettrometro UV-visibile Spettrometro FTIR, ATR Spettrometro CD Spettrometro AA con fornetto di grafite Spettrometro Raman Termobilancia TGA-DSC Microscopio elettronico a scansione Microscopio elettronico a trasmissione Microscopio a forza atomica Cromatografo ionico Cromatografo liquido Gas cromatografo Spettrometria ICP Microscopie ad alta risoluzioneTEM, SEM, AFM Diffrattometrie con luce di sincrotrone (Elettra, Trieste, Italy; ESRF, Grenoble, France; Brookhaven national laboratories, USA) Campionatore PF 11033PM-01 flusso costante ZB1 (Zambelli) Unità di Ricerca: CAMERINO Microscopio Elettronico A Scansione (Cambridge Stereoscan 360) Microscopio Elettronico A Trasmissione (Philips Cm10) Diffrattometro Per Polveri (Anodo Rotante Rigaku Ru-300) Xrd (X-Ray Diffraction) 185 Spettrometro Icp Sequenziale Veloce (Jobin Yvon Jy 24r) Cromatografo Ionico (Dionex 4500i) Analisi Termogravimetrica Setaram Tag 24 Ultramicrotomo Leica Ultracut R Ft-Nmr (Varian Gemini 200) Ft-Nmr (Varian Mercury Plus 400) Analisi Elementare (Fisons Ea 1108) Sistema Hplc-Dad-Ms (Hplc: Hp 1090 Liquid Chromatograph Series Ii; Ms: Hp 1100 Mass Spectrometer Series 1100 Msd; Diode Array Detector) Sistema Hplc-Ms-Ms (Ion Trap) (Equipaggiato Anche Con Rivelatori Dad Ed Indice Di Rifrazione) Sistema Gc-Ms (Gc: Agilent 6890n; Ms: Ei5973n) Sistema Gc-Fid-Ecd Spettrofotometro Uv-Vis (Varian Cary 1e) Spettrofotometro Ft-Ir (Perkin-Elmer Rx Ft-Ir System) Assorbimento Atomico (Analytik Yena Aaszenit 60) Assorbimento Atomico (Varian Spectra Aa 10) Unità di Ricerca: CATANIA Spettropolarimetro Jasco J 810 Spettropolarimetro Jasco J 710 Spettrofotometro Jasco V 530 Spettrofluorimetro Jobin Yvon Horiba-Fl3-11 Spettrometro di Massa Thermo Lxq Finnigan (Sorgente Esi) Elettroforesi Capillare Beckman P/Ace Mdq (Dad Detector) Spettrofotometro Cary 500 Scan Varian Spettrometro Bruker E 500 Cw-Epr (Elexsys) a Banda X. Analizzatore Voltammetrico Bioanalytical System Bas Cv-50w Spettrofluorimetro accessoriato di polarizzatori Sistema di laser flash photolysis per misure UV-Vis risolte nel tempo Sensore amperometrico per misure di ossido nitrico HPLC-Massa Thermo- Finnigan LC-MS LCQ DECA XP MAX Microscopio confocale a scansione laser Olimpus FV-10-147-010 Nanocalorimetro ITC2G TA Sintetizzatore di peptidi a micronde CEM. Surface Plasma Resonance SPR Imager GWC Technologies. Workstation per misure elettrochimiche e spettroelettrochimiche Unità di Ricerca: FERRARA Spettrometro FT-IR Nicolet 510 P; Analisi Elementare Carlo Erba modello EA 1110; Spettrometro NMR Bruker AM 200; Spettrometro NMR Varian Gemini 300 MHz; Spettrometro NMR Mercury 400 plus Varian Spettrometro di massa Hewlett-Packard MALDI TOF mod. G2025A; (presso Dip. di Scienze farmaceutiche) Diffrattometro raggi-X presso il centro di strutturistica del Dip. di Chimica dell’Università di Ferrara. Unità di Ricerca: FIRENZE Spettrofotometro Lambda 20 BIO (Perkin Elmer) che opera nell’intervallo 200/700 nm equipaggiato con una cella termostatica 298-373 K. Spettrofotometro Cary 50 Win-UV (Varian) equipaggiato di accessorio multicella. 186 Spettropolarimetro J-600 (Jasco). che opera nell’intervallo 200-700 nm. Spettrofluorimetro L55 (Perkin Elmer) equipaggiato con una cella termostatica che opera nell’intervallo 298-373 K. SX.18MV-R Analizzatore Stopped Flow (Applied-Photophysics, UK) oer studi in assorbimento oppure emissione di reazioni veloci (msec-sec) . Spettrometro NMR ad alta risouzione 400 MHz, Bruker. Unità di Ricerca: INSUBRIA Bruker NMR Avance 400 Bruker AXS D8 Advance Enraf Nonius Cad-4 Perkin-Elmer series II analyzer Icp plasmaquad ICP-massa Gbc 908 aa Assorbimento Atomico Metrohm 761 compact IC Cromatografia Ionica Shimadzu GC-17A, rivelatore fid e tcd Shimadsu GC-17A, rivelatore quadrupolo QP-5000 Shimadzu LC-10AC, rivelatore UV diode array Shimadzu FT-IR Prestige 21 Netzsch Luxx sta 409 pc Minipal Panalytical Spettrofluorimentro quanta ray gcr-3-10 Gascromatografo Capillare gas/massa HPLC Unità di Ricerca: MESSINA Spettrometro NMR Bruker ARX-300 con probe broad band e gradienti di campo SpettrofotometroUV/Vis HP8452-A n.° 2 Spettrofotometri UV/Vis HP8453 con sistema di termostatazione Haake D8 Spettrofotometro UV/Vis Jasco V560 con sistema di termostatazione Haake C25 Spettrofluorimetro Jasco FP-750 Spettropolarimetro Jasco J-500 A Spettropolarimetro Jasco J-810 Spettrometro diode-array Ocean Optics SF2000 doppio canale di acquisizione con fibre ottiche. Apparato Stopped-Flow Tritech SF-3L Apparato Stopped-Flow a 3 siringhe Biologic SFM-3 Omogenizzatore ad ultrasuoni a penna Sonoplus HD2070 Bilancia Analitica Mettler Toledo AL204 Bilancia Analitica Mettler Toledo AL204 con accessorio per misure di tensione superficiale Stufa Ecocell55 683/10000 Medcenter Unità di Ricerca: NAPOLI Sintetizzatore di peptidi Shimadzu PSSM-8 Sintetizzatore di peptidi Applied Biosystem ABI 433 Sintetizzatore di peptidi Advanced Chemtech 348 Omega Sintetizzatore di DNA e PNA Spettrometro di Massa Perspective Maldi Tof n.° 2 Sistemi HPLC analitici Hewlett Packard 1100 Sistema HPLC biocompatibile Waters 625 Sistema HPLC analitico Shimadzu LCA10 n.° 2 Sistemi HPLC preparativi Shimadzu LC8A Sistema HPLC preparativo Water Deltaprep 4000 Elettroforesi capillare Waters Quanta 4000 Sistema LC/MS 187 Spettrometro di Risonanza Magnetica Nucleare Varian 600 Mhz Spettrometro di Risonanza Magnetica Nucleare Varian 400 MHz Dicroismo circolare Jasco J715 con controllo di temperatura Spettrofluorimetro Varian Spettormetro UV-Vis Jasco BIACORE Citofluorimetro Diffrattometro ad anodo rotante con area detector Diffrattometro 4 cerchi Noius CAD4-Turbo Calcolatore parallelo a 6 CPU SGI Challenge n.° 15 workstation grafiche SGI (O2, Indigo2, Octene) Calcolatore parallelo Compaq Alpha. Cluster di PC sotto Linux per calcolo intensivo Unità di Ricerca: PADOVA Spettrometro VARIAN NMR Gemini 200 Spettrometro NMR AMX-3 300 Bruker Spettrometro di Massa “Mariner” Perkin Elmer” Spettrofotometro UV/VIS Lamba 40 Perkin Elmer Sistema HPLC AGILENT-Technologies, con rivelatore Fotodiode Array e Radioattivo (Raytest) Spettrometro BRUKER, MOD.FT-NMR AVANCE DMX 600 con sistema Shim,Amos, acquis.dati,controllo digitale,GRASP III, unità radiofreq. e temp. Spettrometro di massa a quadrupolo marca Hiden, mod.553021 Microscopio Elettrochimico a scansione marca IJ CAMBRIA Gas massa "VARIAN" mod. SATURN 2100 T Spettrometro FT-IR "Bruker" mod. Equinox 55 Sistema calorimetrico mod.TAM marca Qi Sintetizzatore Automatico di Peptidi, Mmarca Advanced Chemtech, MOD. 348 OMEGA, dotato di cappa di protezione. Diffrattometro modulare con goniometro 0/0 Philips mod.X'Pert Pro, attrezzato con una camera Anton Paar TKK 450 per media e bassa temperatura Spettrometro di massa AGILENT-Technologies Mod.G1725A Spettrometro FT-NMR marca BRUKER mod. AC 300 completo di accessori Spettrometro marca Bruker, mod.FT-NMR completo di criomagnete superconduttore, schermato e generatore di radiofrequenza,trasmettitore, lineare e multi Spettrofuorimetro, marca PERKIN ELMER, MOD. LS-50B completo di torretta termostabile con agitatore incorporato, polarizzatore e fotomultiplicatore. Unità di Ricerca: PALERMO Dipartimenti di Chimica: Spettrometri I.R. Spettrometri ad assorbimento atomico con fornetti di grafite Mineralizzatori Spettrometri Mössbauer Spettrofotomeri UV-visibile Analisi Termogravimetrica Raggi X di polveri Spettrometro Laser-Raman Osmometri Istituto di Biologia (Facoltà di Medicina): Microscopio elettronico Leitz Orthoplan Microscopio elettronico Philips EM 410 188 Unità di Ricerca: PARMA Spettrometro FT-IR Nexus Nicolet equipaggiato con microscopio Nicolet Continuum Spettrometro Perkin Elmer Lambda 25 UV/Vis HPLC preparativo con Rivelatore UV-VIS a variabile Sistema per titolazioni potenziometriche Metrohm Sistema per l'analisi quantitativa dell'immagine - FLUOR-S Multimager Diffrattometro SMART 1000 Bruker AXS Diffrattometro Bruker AXS APEX 2 Spettrometro NMR BRUKER AVANCE 300 MHz Spettrometro NMR BRUKER AMX-400 MHz Spettrometro NMR VARIAN INOVA 600 MHz Spettrometro di Massa M@LDI-TOF GC-Spettrometro di Massa FINNIGAN SSQ 710 Spettropolarimetro JASCO J 715 ENRAF NONIUS CAD4 con OXFORD CRYOSYSTEMS 600 SIEMENS AED PHILIPS PW 1100 Diffrattometro per polveri PW 1050 Unità di Ricerca: PAVIA Spettrofotometro Infrarosso Jasco FT-IR-5000 spettrofotometri UV-visibile a diodi HP8452A e HP8453 Spettrometro NMR Bruker AVANCE 400 MHz spettrometro di massa LCQ DECA a trappola ionica e sorgente ESI della Thermo-Finnigan HPLC Jasco MD-1510 con rivelatore ottico diode array Unità di Ricerca: PIEMONTE ORIENTALE Laboratori Chimici: Spettrometro ESR in banda X JEOL FA-200 Spettrometro NMR JEOL Eclipse Plus con magnete superconduttore da 9,4 T Spettrofotometro UV-visibile a doppio raggio JASCO V-550 Spettrometro di massa con plasma accoppiato induttivamente X Series 5 – THERMO Spettrofluorimetro FP-2020 Plus JASCO Gascromatografo THERMO Trace GC Ultra equipaggiato con analizzatore di massa a singolo quadrupolo THERMO Trace DSQ. Gas cromatografo CP-3800 Varian equipaggiato con autocampionatore e con analizzatore di massa a trappola ionica Saturn 2200 Sistema cromatografico HPLC Spectra System con autocampionatore e rivelatore Photo- DiodeArray accoppiato con uno spettrometro di massa LCQ Duo (analizzatore a trappola ionica e doppia sorgente di ionizzazione ESI e APCI) collegato direttamente ad un generatore d’azoto N2LC-MS Claind Sistema cromatografico HPLC Waters 2690 con autocampionatore e rivelatore UV-vis accoppiato con uno spettrometro di massa Micromass ZMD (analizzatore a singolo quadrupolo e doppia sorgente di ionizzazione ESI e APCI) Cromatografo HPLC con pompa a 4 canali JASCO PU 2089, rivelatore UV-visibile VARIAN Prostra 320 e rivelatore elettrochimico ESA Coulochem II Sistema cromatografico HPLC Spectra System THERMO con autocampionatore e rivelatore n.° 2 sistemi cromatografici HPLC Merck Hitachi con rivelatori UV-vis e conduttometrico Sistema cromatografico GPC HP series 1100 Cromatografo liquido a media pressione Alltech dotato di rivelatore UV-vis con cella semipreparativa Rilassometro STELAR Spin Master 189 Sistema elettrochimico modulare composto da n. 5 potenziostati Elettroforesi capillare Agilent Strumento per l’analisi termogravimetrica TGA/SDTA851e METTLER TOLEDO Calorimetro a scansione differenziale DSC821e METTLER TOLEDO n.° 2 strumenti per analisi dinamico-meccaniche DMTA V RHEOMETRIC SCIENTIFIC Reometro rotazionale ARES RHEOMETRIC SCIENTIFIC Dinamometro MINIMAT RHEOMETRIC SCIENTIFIC Reometro Capillare Goetfert 2000 Rheotens Goetfert Sistemi di calcolo parallelo a 32 processori (in collaborazione con DISTA) munito di software per la simulazione di proprietà molecolari di sistemi organici e inorganici complessi e per la soluzione di equazioni cinetiche chimiche anche su scala geografica regionale Raman portatile System 100 Remshaw Stereoscopic microscope SMZ-U Nikon Corporation Reattore a microonde CEM Discover Accelerates Solvent Extraction ASE 100 Dionex Omogenizzatore Ultraturrex IKA-WERKE Bagno ultrasuoni Sistema di produzione acqua ultrapura Milli-Q Millipore Cappa a flusso laminare Bluecoltur 4 Sono inoltre disponibili bilance analitiche, stufe, muffola, pH-metri, rotavapor, centrifughe. Laboratori Biologici: Sistema per cromatografia liquida LC-Packings/Dionex NanoHPLC Sistema robotizzato per il prelievo di porzioni di gel di proteomica ProteomeWorks Plus Spot Cutter (Bio-Rad) Sistema per la preparazione di campioni di proteine MultiPROBE® II Proteomics Workstation (Perkin Elmer) Spettrometro di massa quadrupolo TOF (QqTOF) Applied Biosystems QSTAR® XL Spettrometro di massa Applied Biosystems Voyager-DE™ PRO MALDI-TOF Sistema confocale Zeiss LSM 510 su Microscopio Axiovert 100 M (sorgenti luminose: 1 Laser Ar e 1 Laser He-Ne, lampada a fluorescenza HBO 50W) Microscopio Zeiss Axiovert 100 M con telecamera digitale Axiocam (sorgenti luminose: lampada a fluorescenza e UV FluoArc) Microscopio Elettronico Philips EM210 Microscopio Leica DM RB associato a sistema di analisi d’immagine Stereomicroscopio Zeiss Stemi SV6 Stereomicroscopio Leica Zoom 2000 Stereomicroscopio Leica MZ16 Stazione Silicon Graphics per analisi d’immagine Microtomo Zeiss HM 350 Criostato Leica CM 3050 Citometro a flusso Partec PAS (fonte d’illuminazione Laser Argon e lampada HBO100) Sonicatore Misonix Microson XL 2000 Sistema di produzione acqua ultrapura Millipore MilliQ Termociclatore Techne TC-512 Termociclatore per analisi quantitativa BioRad iCyler Termociclatore Perkin-Elmer 2400 Termociclatore Hybaid PCR Express Stazione preparativa per acidi nucleici Applied Biosystems 6100 Scanner per microarray BioRad Chip Reader Transilluminatore Bio-Rad UV Transilluminator 2000 Carbonatore Leica CLS 150 XE 190 Ingranditore fotografico Durst Elite 2000 Tim Taglialame LKB Knife maker 7801 Ultramicrotomo Reichert-Jung Ultracut E Ultramicrotomo Leica Ultracut UCT Spettrofotometro Beckmann DU530 Turbidimetro Biolog 21907 Densitometro per acquisizione di gel proteici mono e bidimensionali BioRad GS 710 Apparato con fotocamera per acquisizione in chemiluminescenza e fluorescenza di gel BioRad Chemidoc XRS Apparato per corsa in I dimensione di gel elettroforetici bidimensionali Amersham Biosciences ETTAN IPGphor n.° 2 Apparati per corsa in II dimensione di gel eletroforetici bidimensionali Bio-Rad Protean Xi/XL cells Spettrofotometro Varian Cary 50 Ultracentrifuga Beckman Coulter L8-70 Fluorimetro Perkin-Elmer LS50B Incubatore con piano rotante – modello: Gallenkamp – ditta: Sanyo centrifughe refrigerate, agitatori basculanti, vortex e magnetici, bagnomaria termostatati con sistema Dubnoff, bilance tecniche ed analitiche, pHmetri, termostati e stufe. Unità di Ricerca: POLITECNICA DELLE MARCHE Spettrometro Perkin Elmer Spectrum 1 equipaggiato con un microscopio AUTOIMAGE per determinazioni in riflessione e trasmittanza (micro-ATR objective). Sii ha anche accesso (per gentile concessione della Perkin Elmer Italia) allo spettrometro Spotlight FT-IR Imaging System 300 con risoluzione spaziale fino a 6.25µm. - Si dispone di svariati accessori: ATR verticale ad angolo variabile, ATR orizzontale, ATR CIRCLE (riflettanza interna cilindrica), DRIFT (riflettanza interna diffusa) tutti dalla Spectra Tech.. spettrometro infrarosso Perkin Elmer NTS spectrum one; Spettrometro Bruker Vertex-70 equipaggiato con un un HgCdTe FPA multidetector di 4096 elementi (in collaborazione con l’Università di Verona). Spettrometro NMR Varian Gemini 200; Spettrometro EPR EMX Bruker ; Spettrometro di massa Fisons QMD1000. Spettrofotometro UV-Vis Varian Cary 50 scan Sintetizzatore Beckman Oligo 1000 DNA Synthesizer Gas cromatogtafo Chromopack CP 9001 Si dispone di vari programmi per il trattamento dati e per l’analisi Unità di Ricerca: ROMA “La Sapienza” Spectrophotometer per fluorescenza Cary Eclipse Spettrofotometro UV-visibile Varian Cary 3E accessoriato con Peltier 1X1 Cell Holder Varian Spettrofotometro UV-visibile-IR Varian Cary 5E Spettrofotometro UV-visibile-IR Varian Cary 50 Spettrofotometro FT-IR Bruker Vertex 70 Spettrofotometro IR Perkin Elmer 783 Analizzatore elementare CHNS-O (Strumenti CE, EA1110) Diffrattometro EDXD non commerciale per LAXS e SACS (brev. 0126484, 23/05/96, specifico per lo studio di materiali amorfi). Dry box Braun con accessorio per la misura in ppm di O2 e H2O Spettrofotometro NMR Varian 300 MHz (Dipartimento di Chimica) Termoanalizzatore simultaneo Stanton-Redcrof mod. STA 781 191 Bilancia magnetica Sherwood Scientific Spettrofotometro EPR Varian E-9 (banda X) accessoriato con computer (Dipartimento di Chimica) Electrochemical computerized system AMEL SYSTEM 5000 HPLC Varian Prostar con detector UV-visibile modello 320 Spettropolarimetro CD Jasco J-715 (Dipartimento di Fisica) Spettrofotometro FTIR Jasco 401 (Dipartimento di Fisica) Spettrofotometro ATR Pro Jasco (Dipartimento di Fisica) Unità di Ricerca: ROMA “Tor Vergata” Cappa a flusso laminare Heraeus Incubatore a 37° per crescita batteri Centrifugha refrigerata Sorvall Microcentrifuga Heraeus Apparecchi per elettroforesi di DNA e proteine Lettore ELISA per micropiastre DAS PCR Gas cromatografo ThermoFinnigan HPLC di ultima generazione Surveyor ThermoFinnigan Spettrofluorimetro Varian Eclypse Spettrofotometro Jasco V-530 Stopped-flow SX.18MV Applied Photophysics. Unità di Ricerca: SALENTO Spettrometro UV-VIS Perkin Elmer Lambda 16 Spettrometro NMR Bruker AVANCE III 400 con Magnete Ultrashield PLUS Spettrometro di massa con sorgente al plasma Varian ICP-MS 820-MS con autocampionatore-/autodiluitore SPS3 Spettrometro ICP-OES Thermo Scientific iCAP 6000 Microscopio confocale (C1 NIKON) Microscopio ottico (TE 300 NIKON) Set up per cortocircuitazione (DVC-1000, WPI) Centrifuga (Beckman J-25) Camere per colture cellulari con incubatori, cappe a flusso laminare, microscopi invertiti, centrifughe da banco Apparati per elettroforesi e western blotting Microscopi ottici e a fluorescenza Fluorimetri e spettrofotometri Camere per l’uso di radioisotopi con scintillatore Microscopio ottico a fluorescenza Nikon Eclipse 80i (Nikon, Japan) con obiettivi Plan Fluor (Nikon), equipaggiato di una fotocamera digitale DXM1200F: l’acquisizione delle immagini è effettuata con un ACT-1 software per Nikon DXM 1200F (Nikon). Microscopio invertito TE2000-E (Nikon, Japan) Microscopio ottico Olympus (Japan) 1 cappa a flusso laminare (Nicostra SpA, Milano) 3 cappe chimiche 1 incubatore per colture cellulari Modello 2123TC CO2 (pbi International, Milano) Dispositivi per gel-elettroforesi proteine e DNA e per Western Blotting (Biorad, Hercules California, US) Centrifuga per eppendorf, Sigma, 1-15 (Baar, Svizzera) Centrifuga per tubi 4236 CWS (ALC, Milano, Italia) Microtomo Reichert-Jung 2050 192 Ultramicrotomo ULTRAMICROTOME SYSTEM 2128 ULTROTOME LKB, Bromma (Ontario, Canada) Taglialame 7800 Knifemaker, LKB Gromma Balzer 020 Critical Point Dryer Balzer 040 Sputter Coater Strumentazione per l'isolamento e la purificazione delle cellule epatiche Camera oscura per sviluppo e stampa foto Mineralizzatore a microonde Milestone START D, Cromatografo ionico Metrohm 883 Basic IC Plus. Nuovi strumenti in dotazione Digestore a microonde FKV Start D Unità di Ricerca: SIENA NMR Bruker DRX 600 NMR Varian VXR 300 NMR Bruker AMX 400 NMR Bruker 400 NMR Varian 300 EPR BRUKER 200D-SRC Microwave CEMM Spettrometro UV-Vis HP8453 Spettrofotometro UV-vis-NIR Perkin Elmer Lambda 900 Spettrometro CD Jasco J-815 MS VG 70-250S (Micromass, Manchester) LSIMS HPLC/MS SATURN GC/MS 2000 / CP-3800 (Varian) MS Electrospray LCQ DECA (ThermoFinnigan) HPLC/MS Agilent Apparato elettrochimico BAS 100 A Apparato elettrochimico BAS 100 W Unità di Ricerca: TORINO Elenco della strumentazione dell’Unita’ di Torino del CIRCMSB Bruker Avance 300 spectrometer (7 T) Bruker Avance 600 spectrometer (14T) High-resolution 400 MHZ, JEOL EX-400 High-resolution wide bore 270 MHz, JEOL GX-270, 2 MHz spectral width High-resolution 90 MHz, JEOL EX-90 Field Cycling Relaxometer, Stelar Variable field (20 - 80 MHz) Stelar Spinmaster UV-Visible Spectrophotometer U-2800 Hitachi Malvern Zeta-sizer Instruments, Malvern, UK Sintetizzatore automatico di peptidi Liberty Microwave-Enhanced (CEM) Fluoromax-4 Spectofluorometer Horiba Jobin Yvon HPLC Amersham AKTA Unità di Ricerca: TRIESTE Sistema ad Area detector Enraf-Nonius DIP1030 con generatore Enraf-Nonius Sistema ad Area detector Bruker-Enraf CCD2000 con anodo rotante Bruker-Nonius 193 PERSONALE AFFERENTE 195 Unita’ di Ricerca di Bari Personale Agostiano Angela Gallerani Raffaele Livrea Paolo Maresca Luciana Natile Giovanni Palmieri Ferdinando Catucci Lucia Coluccia Mauro Pacifico Concetta Storelli Maria Maddalena Ceci Luigi Ruggiero Saviano Michele Arnesano Fabio Boccarelli Angelina Caliandro Rocco Casalino Elisabetta Di Benedetto Angela Intini Francesco Paolo Margiotta Nicola Trotta Massimo Roselli Francesco Belviso Dniele Calò Vincenza Galliani Angela Mangini Vincenzo Petruzzella Emanuele Piccinonna Sara Sinisi Marilù Barone Carmen Cannito Francesco Busco Vito Pietro Di Masi Nicola Giovanni Garofalo Rita Giampietro Antonio Sblano Cesare Storelli Arianna Dompietro Maria Teresa Bottalico Simona Racaniello Francesco Qualifica Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Primo Ricercatore Primo Ricercatore Ricercatore Ricercatore Ricercatore Ricercatore Ricercatrice Ricercatore Ricercatore Ricercatore Post Doctor Dottorando Dottoranda Dottoranda Dottorando Dottorando Dottoranda Dottoranda Assegnista Tecnico laureato Tecnico Tecnico Tecnico Tecnico Tecnico Tecnico Tecnico a Contratto Coll.re d’Amm.ne Responsabile Amministrativo Dipartimento Dip. di Chimica Dip. di Biochim. e Biol. Mol. Scienze Neurolog. e Psichiatriche Dip. Farmaco-chimico Dip. Farmaco-chimico Dip.to Farmaco-Biologico Dip. di Chimica Dip. Scienze Biomed. e Oncol. Dip. Farmaco-chimico Dip.to Farmaco-Biologico CNR CNR Dip. Farmaco-chimico Dip. Scienze Biomed. e Oncol. CNR Dip.to Farmaco-Biologico Dip. di Chimica Dip. Farmaco-chimico Dip. Farmaco-chimico CNR Scienze Neurolog. e Psichiatriche Dip. Farmaco-chimico Dip. Farmaco-chimico Dip. Farmaco-chimico Dip. Farmaco-chimico Dip. Farmaco-chimico Dip. Farmaco-chimico Dip. Farmaco-chimico Dip. Farmaco-chimico C.I.R.C.M.S.B. Dip.to Farmaco-Biologico Dip. Farmaco-chimico Dip.to Farmaco-Biologico Dip.to Farmaco-Biologico Dip.to Farmaco-Biologico Dip.to Farmaco-Biologico Dip. Farmaco-chimico C.I.R.C.M.S.B. C.I.R.C.M.S.B. Unita’ di Ricerca di Bologna Personale Ripamonti Alberto Roveri Norberto Cristino Sandra Fabbri Daniele Falini Giuseppe Foresti Elisabetta Taddia Marco Fermani Simona Qualifica Prof. Emerito Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Ricercatore Dipartimento Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip.to di Medicina e Sanità Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” 197 Lelli Marco Lesci Giorgio Isidoro Losacco Maurizio Petraroia Sandra Rinaldi Francesca Caroselli Alessio Balducci Giulia D’Amen Eros Marchetti Marco Pierini Filippo Vecchiotti Stefania Fracasso Guido Modelli Stefano Montebugnoli Giulia Morselli Silvana Molinas Maria Assegnista Assegnista Assegnista Assegnista Assegnista Borsista Dottoranda Dottorando Co.Co.Co. Co.Co.Co. Co.Co.Pro. Tecnico di Laboratorio Tecnico di Laboratorio Tecnico di Laboratorio Tecnico Segretaria Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamicia Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Dip. Chimica “Ciamician” Unita’ di Ricerca di Camerino Personale Marchetti Fabio Natalini Paolo Pettinari Claudio Angeletti Mauro Burini Alfredo Lupidi Giulio Lorenzotti Adriana Santini Carlo Galassi Rossana Pellei Maura Pucciarelli Stefania Qualifica Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Ricercatore Ricercatore Ricercatore Dipartimento Scuola di Scienze e Tecnologie Scuola di Bioscienze e Biotecnol. Scuola di Scienze del Farmaco Scuola di Bioscienze e Biotecnol. Scuola di Scienze e Tecnologie Scuola di Bioscienze e Biotecnol. Scuola di Scienze e Tecnologie Scuola di Scienze e Tecnologie Scuola di Scienze e Tecnologie Scuola di Scienze e Tecnologie Scuola di Bioscienze e Biotecnol. Unita’ di Ricerca di Catania Personale Docente Arena Giuseppe Bonomo Raffaele Cucinotta Vincenzo Maccarone Giuseppe Purrello Roberto Rizzarelli Enrico Spoto Giuseppe Vecchio Graziella De Guidi Guido Sortino Salvatore Attanasio Francesco Bellia Francesco Di Natale Giuseppe Grasso Giulia Grasso Giuseppe La Mendola Diego Magrì Antonio Milardi Danilo Pappalardo Giuseppe Qualifica Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore CNR Dipartimento Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche IBB CNR – Sezione di Catania IBB CNR – Sezione di Catania IBB CNR – Sezione di Catania IBB CNR – Sezione di Catania Dip. Scienze Chimiche IBB CNR – Sezione di Catania IBB CNR – Sezione di Catania IBB CNR – Sezione di Catania IBB CNR – Sezione di Catania 198 Santoro Anna Maria Tabbì Giovanni D’Urso Alessandro Giuffrida Alessandro Grasso Giuseppa Greco Valentina Vagliasindi Laura Irene IBB CNR – Sezione di Catania IBB CNR – Sezione di Catania Dip. Scienze Chimiche IBB CNR – Sezione di Catania IBB CNR – Sezione di Catania IBB CNR – Sezione di Catania Dip. Scienze Chimiche Ricercatore CNR Ricercatore CNR Assegnista Assegnista CNR Assegnista CNR Assegnista CNR Borsista Unita’ di Ricerca di Ferrara Personale Docente Maldotti Andrea Marchi Andrea Remelli Maurizio Bergamini Paola Marvelli Lorenza Molinari Alessandra Qualifica Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Ricercatore Ricercatore Ricercatore Dipartimento Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. di Chimica Unita’ di Ricerca di Firenze Personale Scozzafava Andrea Smulevich Giulietta Vincieri Francesco Franco Bilia Anna Rita Briganti Fabrizio Messori Luigi Gianneschi Mauro Modesti Alessandra Bergonzi Maria Camilla Feis Alessandro Ferraroni Marta Innocenti Massimo Supuran Claudio Isacchi Benedetta Casini Angela Guidi Francesca Temperini Claudia Vullo Daniela Gabbiani Chiara Innocenti Alessio Pratesi Alessandro Bruni Bruno Magherini Francesca Qualifica Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Ricercatore Ricercatore Ricercatore Ricercatore Ricercatore Dottoranda Borsista Borsista CIRCMSB Borsista Borsista Assegnista Assegnista Assegnista Tecnico Tecnico Dipartimento Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. Scienze Farmaceutiche Dip. Scienze Farmaceutiche Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. di Chimica Organica Dip. di Scienze Biomediche Dip. Scienze Farmaceutiche Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. Scienze Farmaceutiche Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. di Chimica Organica Dip. Scienze Farmaceutiche Dip. di Scienze Biomediche Unita’ di Ricerca dell’Insubria Personale Palmisano Giovanni Banfi Stefano Fumagalli Alessandro Sisti Massimo Tollari Stefano Qualifica Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Dipartimento Dip. Scienze Chim. e Amb. Dip.di Biologia Strutturale e Funz. Dip. di Biologia Strutturale e Funz. Dip. Scienze Chim. e Amb. Dip. Scienze Chim. e Amb. 199 Unita’ di Ricerca di Messina Personale Bruno Giuseppe Cusumano Matteo Monsù Scolaro Luigi Rotondo Enrico Teti Giuseppe Giannetto Antonino Nicolò Francesco Di Pietro Letizia Lo Passo Carla Romeo Andrea Rotondo Archimede Guido Emanuela Qualifica Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Ricercatrice Ricercatrice Ricercatore Ricercatore Borsista CIRCMSB Dipartimento C.I.C.A.F. C.I.C.A.F. C.I.C.A.F. C.I.C.A.F. P.M.S. C.I.C.A.F. C.I.C.A.F. C.I.C.A.F. S.G.M. C.I.C.A.F. C.I.C.A.F. C.I.C.A.F. C.I.C.A.F. = Dipartimento di Chimica Inorganica, Chimica Analitica e Chimica Fisica S.G.M. = Dip. Scienze Microbiologiche Genetiche e Molecolari P.M.S. = Dip. Patologia e Microbiologia Sperimentale Unita’ di Ricerca di Napoli Personale Busico Vincenzo Morelli Giancarlo Abbrescia Paolo Benedetti Ettore Paolillo Livio Pedone Carlo Pedone Paolo Vincenzo Vitagliano Aldo D’Auria Gabriella Fattorusso Roberto Galdiero Massimiliano Isernia Carla Rossi Filomena Ruffo Francesco Ruvo Menotti Saviano Michele Vitagliano Luigi Bucci Enrico D’Andrea Luca Domenico De Simone Giuseppina Di Gaetano Sonia Improta Roberto Luongo Delia Menchise Valeria Monti Simona Maria Palumbo Rosanna Zaccaro Laura Aloj Luigi Cipullo Roberta Cucciolito Maria Elena Falcigno Lucia Qualifica Prof. Straordinario Prof. Straordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Primo Ricercatore CNR Primo Ricercatore CNR Primo Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore Univ. Ricercatore Univ. Ricercatore Univ. Ricercatore Univ. 200 Dipartimento C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. Galdiero Stefania Messere Anna Tesauro Diego Trifuoggi Marco Falanga Annarita Ricercatore Univ. Ricercatore Univ. Ricercatore Univ. Ricercatore Univ. Borsista C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.P.B. C.I.R.C.M.S.B. C.I.R.P.B. = Centro Interuniversitario di Ricerca su Peptidi Bioattivi Unita’ di Ricerca di Padova Personale Formaggio Fernando Zanotti Giuseppe Dalla Via Lisa Dolmella Alessandro Fregona Dolores Toninello Antonio Trevisan Andrea Bolzati Cristina Galenda Alessandro Porchia Marina Tisato Francesco Gandin Valentina Marzano Cristina Rigobello Maria Pia Ronconi Luca Adami Arianna Boscutti Giulia Carta Davide Morellato Nicolo’ Nardon Chiara Salvarese Nicola Montagner Diego Nagy Eszter Marta Folda Alessandra Qualifica Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore CNR Ricercatore non confermato Ricercatore Ricercatore Ricercatore Dottoranda Dottoranda Dottorando Dottorando Dottoranda Dottorando Assegnista Assegnista Tecnico Laureato Dipartimento Dip. di Scienze Chimiche Dip. Chimica Biologica Dip. Scienze Farmaceutiche Dip. Scienze Farmaceutiche Dip. di Scienze Chimiche Dip. Chimica Biologica Dip. Med. Amb. e Sanità Pubblica ICIS ICIS ICIS ICIS Dip. Scienze Farmaceutiche Dip. Scienze Farmaceutiche Dip. Chimica Biologica Dip. di Scienze Chimiche Dip. di Scienze Chimiche Dip. di Scienze Chimiche Dip. Scienze Farmaceutiche Dip. Scienze Farmaceutiche Dip. di Scienze Chimiche Dip. Scienze Farmaceutiche Dip. di Scienze Chimiche Dip. di Scienze Chimiche Dip. Chimica Biologica ICIS: Istituto di Chimica Inorganica e Superfici Unita’ di Ricerca di Palermo Personale Gianguzza Antonio Gianguzza Mario Milioto Stefania Chillura Martino Delia Turco Liveri Maria Liria Barone Giampaolo Antonio Casella Girolamo Fiore Tiziana Lombardo Renato Pellerito Claudia Scopelliti Michelangelo Abbate Michele Di Prima Maria Sciacca Ivan Diego Qualifica Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Ricercatore Ricercatore Ricercatore Ricercatore Ricercatore Ricercatore Assegnista di Ricerca Segretaria Amministrativa Tecnico 201 Dipartimento Dip. Chimica Dip. Biologia-Medicina Dip. Chimica Dip. Chimica Dip. Chimica Dip. Chimica Dip. Chimica Dip. Chimica Dip. Chimica Dip. Chimica Dip. Chimica Dip. Chimica Dip. Chimica Dip. Chimica Unita’ di Ricerca di Parma Personale Qualifica Dipartimento Ugozzoli Franco Ferrari-Belicchi Marisa Franchi Gazzola Renata Pelosi Giorgio Tarasconi Pieralberto Bisceglie Franco Buschini Annamaria Marchiò Luciano Massera Chiara Tegoni Matteo Pinelli Silvana Bassanetti Irene Tavone Matteo Bersellini Manuela Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Ricercatore Ricercatore Ricercatore Ricercatore Ricercatore Assistente tecnico Dottorando Dottorando Borsista CGICACF CGICACF DMS-PGC CGICACF CGICACF CGICACF GBMAE CGIACF CGIACF CGIACF CMNSP CGICACF CGICACF CIRCMSB CMNSP = Dipartimento di Clinica Medica, Nefrologia e Scienze della Prevenzione CGICACF = Dipartimento di Chimica Generale ed Inorganica, Chimica Analitica, Chimica Fisica GBMAE = Dipartimento di Genetica, Biologia dei Microrganismi, Antropologia,Evoluzione DMS-PGC = Dip. di Medicina Sperimentale sez. Patologia Generale e Clinica Unita’ di Ricerca di Pavia Personale Casella Luigi Fabbrizzi Luigi Licchelli Maurizio Poggi Antonio Monzani Enrico Pallavicini Piersandro Taglietti Angelo Amendola Valeria Palavicini Sara Patroni Stefano Barbieri Marica Bonizzoni Marco Cacchione Giovanni Colucci Guido Nicolis Stefania Qualifica Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Ricercatore Ricercatore Ricercatore Ricercatore Dottorando Dottorando Borsista Borsista Borsista Borsista Assegnista Dipartimento Dip. Chimica Generale Dip. Chimica Generale Dip. Chimica Generale Dip. Chimica Generale Dip. Chimica Generale Dip. Chimica Generale Dip. Chimica Generale Dip. Chimica Generale Dip. Chimica Generale Dip. Chimica Generale Dip. Chimica Generale Dip. Chimica Generale C.I.R.C.M.S.B. Dip. Chimica Generale Dip. Chimica Generale Unita’ di Ricerca del Piemonte Orientale Personale Botta Mauro Osella Domenico Prat Maria Viano Ilario Giovenzana Giovanni B. Martinotti Maria Giovanna Ravera Mauro Rimondini Lia Colangelo Donato Digilio Giuseppe Fracchia Letizia Qualifica Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Ricercatore Ricercatore Ricercatore Dipartimento DiSAV DiSAV DiSM DiSM DiSCAFF DiSCAFF DiSAV DiSM DiSM DiSAV DiSCAFF 202 Tei Lorenzo Fekele Marianna Gal Miroslav Martinelli Jonathan Rolla Gabriele Gaviglio Luca Gugliotta Giuseppe Imperio Daniela Sardi Manuele Zanellato Ilaria Cavallo Massimo Gabano Elisabetta Iafisco Michele Palazzo Barbara Cassino Claudio Musso Davide Boidi Carla Doriana Faccio Valeria Bonarrigo Ilaria Ricercatore Postdoc Postdoc Postdoc Postdoc Dottorando Dottorando Dottoranda Dottorando Dottorando Assegnista di Ricerca Assegnista di Ricerca Assegnista di Ricerca Assegnista di Ricerca Tecnico D Tecnico C Borsista Borsista Borsista CIRCMSB DiSAV DiSAV DiSAV DiSAV DiSAV DiSAV DiSAV DiSCAFF DiSAV DiSAV DiSCAFF DiSAV DiSM DiSM DiSAV DiSAV DiSAV DiSCAFF DiSCAFF DiSAV: Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Vita DiSM: Dipartimento di Scienze Mediche DiSCAFF: Dipartimento di Scienze Chimiche, Alimentari, Farmaceutiche e Farmacologiche Unita’ di Ricerca Politecnica delle Marche Personale Tosi Giorgio Giorgini Elisabetta Sabbatini Simona Ferraris Paolo Conti Carla Qualifica Prof. Ordinario Ricercatore Borsista Borsista Tecnico Dipartimento Dip. di Scienz. Mat. e Terra Dip. di Scienz. Mat. e Terra CIRCMSB Dip. di Scienz. Mat. e Terra Dip. di Scienz. Mat. e Terra Unita’ di Ricerca di Roma “La Sapienza” Personale Barteri Mario Ercolani Claudio Monacelli Fabrizio Moretti Giuliano Borghi Elena Donzello Maria Pia Dragone Roberto Moro Piera De Mori Giorgia Vittori Daniela Nepi Fabio Viola Elisa Qualifica Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Ricercatore Ricercatore Ricercatore Dottore di Ricerca Dottoranda Dottoranda Assegnista di Ricerca Assegnista di Ricerca Dipartimento Dipartimento di Chimica Dipartimento di Chimica Dipartimento di Chimica Dipartimento di Chimica Dipartimento di Chimica Dipartimento di Chimica Dipartimento di Chimica Dipartimento di Chimica Dipartimento di Chimica Dipartimento di Chimica Dipartimento di Chimica Dipartimento di Chimica Unita’ di Ricerca di Roma “Tor vergata” Personale Coletta Massimo Rotilio Giuseppe Battistoni Andrea Qualifica Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Associato Dipartimento Dip. Med. Sper. Scienze Bioch. Dip. di Biologia Dip. di Biologia 203 Fiorucci Laura Marini Stefano Rossi Luisa Santucci Roberto Erba Fulvio Gambacurta Alessandra Ciaccio Chiara Di Pierro Donato Gioia Magda Fasciglione Giovanni F. Sbardella Diego Tundo Grazia Raffaella Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Ricercatore Ricercatore Funz. Tecnico Funz. Tecnico Funz. Tecnico Assist. Tecnico Contrattista Dottoranda Dip. Med. Sper. Scienze Bioch. Dip. Med. Sper. Scienze Bioch. Dip. di Biologia Dip. Med. Sper. Scienze Bioch. Dip. Med. Sper. Scienze Bioch. Dip. Med. Sper. Scienze Bioch. Dip. Med. Sper. Scienze Bioch. Dip. Med. Sper. Scienze Bioch. Dip. Med. Sper. Scienze Bioch. Dip. Med. Sper. Scienze Bioch. CIRCMSB Dip. Med. Sper. Scienze Bioch. Unita’ di Ricerca del Salento Personale Dini Luciana Fanizzi Francesco Paolo Schettino Trifone Ciccarese Antonella Maffia Michele Marsigliante Santo Benedetti Michele Lionetto Maria Giulia Muscella Antonella Papadia Paride Antonucci Daniela De Riccardis Lidia Indraccolo Mersia Lucia Izzo Daniela Urso Emanuela Vergallo Cristian Carata Elisabetta Caricato Roberto Coluccia Maria Luce Rizzello Antonia Vergara Daniele Vetrugno Carla Inguscio Valentina Toto Claudia Acierno Raffaele De Pascali Sandra Angelica Giordano Maria Elena Migoni Danilo Moretti Massimo Danieli Antonio Tenuzzo Bernardetta Panzarini Elisa Qualifica Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Ricercatore Ricercatrice Ricercatrice Ricercatore Dottoranda Dottoranda Dottoranda Dottoranda Dottoranda Dottorando Assegnista Assegnista Assegnista Assegnista Assegnista Assegnista Borsista Borsista Tecnico Laureato Tecnico Laureato Tecnico Laureato Tecnico Laureato Tecnico Laureato Tecnico Tecnico Contrattista Dipartimento D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. D.I.S.T.E.B.A. = Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali 204 Unita’ di Ricerca di Siena Personale Campiani Giuseppe Cini Renzo Valensin Gianni Anzini Maurizio Laschi Franco Savini Luisa Butini Stefania Casolaro Mario Fabrizi de Biani Fabrizia Gemma Sandra Germano Giuliani Valensin Daniela Corsini Maddalena Gaggelli Nicola Draghi Sara Qualifica Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Ricercatore Ricercatore Ricercatore Ricercatore Ricercatore Ricercatore Tecnico Laureato Tecnico Laureato Tecnico Dipartimento Dip. Farmaco-Chimico-Tecnol. Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. Farmaco-Chimico-Tecnol. Dip. di Chimica Dip. Farmaco-Chimico-Tecnol. Dip. Farmaco-Chimico-Tecnol. Dip. Farmaco-Chimico-Tecnol. Dip. di Chimica Dip. Farmaco-Chimico-Tecnol. Dip. Farmaco-Chimico-Tecnol. Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. di Chimica Dip. di Chimica Unita’ di Ricerca di Torino Personale Aime Silvio Fubini Bice Gobetto Roberto Cravotto Giancarlo Terreno Enzo Barge Alessandro Dastrù Walter Nervi Carlo Reineri Francesca Geninatti Crich Simonetta Gianolio Eliana Viale Alessandra Bartoli Antonietta Baroni Simona Carrera Carla Chierotti Michele Delli Castelli Daniela Esposito Giovanna Garino Claudio Lanzardo Stefania Longo Dario Stefania Rachele Alberti Diego Qualifica Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Ordinario Prof. Associato Prof. Associato Ricercatore Ricercatore Ricercatore Ricercatore Tecnico Laureato Tecnico Laureato Tecnico Laureato Post-Doc Post-Doc Post-Doc Post-Doc Post-Doc Post-Doc Post-Doc Post-Doc Post-Doc Post-Doc Borsista Dipartimento Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM Dip. di Chimica IFM C.I.R.C.M.S.B. Unita’ di Ricerca di Trieste Personale Alessio Enzo Dreos Renata Geremia Silvano Zangrando Ennio Randaccio Lucio Milani Barbara Qualifica Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. Associato Prof. a contratto Ricercatore Dipartimento Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche 205 Gianferrara Teresa Tavagnacco Claudio Iengo Elisabetta Bratsos Joannis Siega Patrizia De March Matteo De Baseggio Paolo Brancatelli Giovanna Ricercatore Ricercatore Ricercatore a tempo det. Assegnista Assegnista Dottorando Tecnico Borsista 206 Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche Dip. Scienze Chimiche CIRCMSB