CONSORZIO INTERUNIVERSITARIO DI
RICERCA IN CHIMICA DEI METALLI
NEI SISTEMI BIOLOGICI
Attività Scientifica
svolta dalle Unità di Ricerca afferenti
2011
Presentazione
Le conoscenze scientifiche e tecnologiche e la disponibilità di risorse umane qualificate
costituiscono il differenziale che distingue il grado di sviluppo dei diversi sistemi paese. Essere in
posizione avanzata su questi temi, poter partecipare alla cooperazione internazionale in forma non
subalterna, accrescere ed innovare la propria capacità produttiva e la disponibilità e diffusività di
servizi determinano la possibilità dei sistemi nazionali di essere protagonisti e competitivi nei
processi di crescita economica, culturale e sociale.
Si parla comunemente di “economia della conoscenza e dell'apprendimento” e di “sistemi
nazionali di innovazione” per indicare una nuova fase di sviluppo in cui non è più possibile tenere
separata la funzione di produzione di idee, progetti e prodotti scientifici e tecnologici da quella di
un loro impiego per il soddisfacimento di una domanda diffusa generata dalle complesse esigenze
della società moderna.
In questo contesto il Consorzio Interuniversitario di Ricerca in Chimica dei Metalli nei
Sistemi Biologici (C.I.R.C.M.S.B.), con sede legale a Bari e 21 Università consorziate, promuove e
coordina le proprie ricerche con l’obiettivo di formare e valorizzare i ricercatori ed i risultati da essi
ottenuti con la consapevolezza del valore strategico della ricerca come vantaggio competitivo nella
Società della Conoscenza e nella convinzione che le infrastrutture di ricerca e alta formazione siano
leve strategiche per il rilancio dell’economia nazionale.
A tale scopo le attività del C.I.R.C.M.S.B. si articolano in macro aree di ricerca scientifica e
tecnologica a carattere interdisciplinare, che riguardano i settori dell’ambiente, delle biotecnologie,
dei farmaci e dei materiali. Tali aree di intervento attualmente oggetto di ricerca del Consorzio si
articolano nelle seguenti tematiche:
a) Biomineralizzazione e biocristallografia;
b) Diagnostici innovativi in oncologia e malattie cardiovascolari;
c) Ioni metallici nelle patologie degenerative croniche;
d) Metallo-proteine come catalizzatori biologici;
e) Metalli nell’ambiente;
f) Nanostrutture di interesse biomedico e ambientale;
g) Nuovi farmaci inorganici in oncologia;
h) Radiofarmaci nella diagnostica e radioterapia tumorale;
i) System biology per lo studio dei metalli.
Il C.I.R.C.M.S.B. è presente in tutta Italia attraverso una rete di Unità Locali di Ricerca, al
fine di favorire una diffusione capillare delle proprie competenze su tutto il territorio nazionale ed
agevolare i contatti e le collaborazioni con enti ed industrie locali.
Quello di seguito riportato è un riassunto dei risultati acquisiti nell’anno 2011 da ciascuna
delle Unità di Ricerca del C.I.R.C.M.S.B.
A tutti coloro che hanno partecipato all’attività consortile va rivolto il mio più profondo e
sentito ringraziamento.
Prof. Giovanni Natile
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Indice
Unita’di Ricerca:
Bari
Pag. 7
Bologna
Pag. 13
Camerino
Pag. 39
Catania
Pag. 45
Ferrara
Pag. 51
Firenze
Pag. 55
Insubria
Pag. 61
Messina
Pag. 63
Napoli
Pag. 65
Padova
Pag. 71
Palermo
Pag. 85
Parma
Pag. 89
Pavia
Pag. 97
Piemonte Orientale
Pag. 99
Politecnica delle Marche
Pag. 109
Roma “La Sapienza”
Pag. 113
Roma “Tor Vergata”
Pag. 121
Salento
Pag. 123
Siena
Pag. 133
Torino
Pag. 137
Trieste
Pag. 145
Pubblicazioni e Brevetti
Pag. 151
Strumentazione
Pag. 183
Personale Afferente
Pag. 195
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UNITA’ DI RICERCA DI BARI
Direttore Scientifico: Prof. Giovanni Natile
L’attività scientifica dell’unità di ricerca di Bari ha riguardato le seguenti tematiche:
1. Sintesi e caratterizzazione di nuovi complessi di platino quali potenziali farmaci antitumorali;
2. Aspetti molecolari del meccanismo d’azione di farmaci a base di platino.
1. Sintesi e caratterizzazione di nuovi complessi di platino quali potenziali farmaci antitumorali
Un’importante tematica di ricerca nel campo dello sviluppo di nuovi farmaci di platino è
rappresentata dall’uso di leganti appositamente selezionati per consentire attività farmacologiche
sinergiche. In questo contesto la polichemioterapia a base di platino rappresenta l’opzione primaria per
il trattamento del mesotelioma maligno della pleura (MPM). I bisfosfonati (BP), analoghi sintetici del
pirofosfato largamente utilizzati nel trattamento di malattie metaboliche delle ossa, mostrano un
notevole accumulo in questo tipo di tumore. Allo stesso tempo i bisfosfonati contenenti azoto (n-BP)
inibiscono in maniera significativa la proliferazione delle cellule di MPM.
Presso l'U.R. di Bari sono stati sintetizzati complessi dinucleari di Pt(II) contenenti n-BP come
leganti a ponte ed am(m)ine come leganti terminali (Pt-n-BP), proprio con lo scopo di ottenere
farmaci bifunzionali contro il mesotelioma (Figura 1).
È stato quindi comparato l’effetto antiproliferativo dei singoli farmaci (complessi di platino e n-BP)
con i complessi Pt-n-BP, utilizzando il combination index (CI) quale strumento in grado di chiarire
l’effetto sinergico/additivo/antagonista dei due costituenti rispetto ai coniugati.
La combinazione dei due farmaci è risultata abbastanza additiva, mentre il Pt-n-BP ha prodotto un
effetto antagonista. Inoltre i Pt-n-BP non inibiscono il pathway del mevalonato (come invece fanno
gli n-BP) e neppure aumentano l’uptake di platino.
I ridotti risultati biologici di questi coniugati potrebbero essere associati ad una bassa ed impropria
idrolisi, che rende difficile la scissione dell’addotto nei suoi costituenti attivi.
Alla luce di quanto evidenziato è stata quindi pianificata la sintesi di nuovi coniugati Pt-n-BP
modificati in modo tale da avere i due blocchi costituenti legati da uno spaziatore facilmente
idrolizzabile con lo scopo di ottenere farmaci bifunzionali privi di qualsiasi interazione
intramolecolare antagonista.
Figura 1
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Proseguendo nella ricerca di nuovi composti di platino in grado di migliorare le proprietà del
cisplatino, l’unità di ricerca di Bari si è anche occupata di composti di platino(IV) quali farmaci
antitumorali. Tali composti risultano più inerti delle specie di platino(II) e questo potrebbe
permettere anche una loro utilizzazione per via orale. Inoltre i due leganti addizionali possono
essere usati sia per rendere queste specie più resistenti agli attacchi di nucleofili biologici rispetto
agli omologhi di platino(II) che per ancorare altre molecole in grado di migliorare la specificità per
il bersaglio o l’efficacia terapeutica. D’altra parte i composti di platino(IV) sono considerati profarmaci in quanto devono essere ridotti a platino(II) da agenti biologici riducenti per essere attivi.
In questo contesto l’U.R. di Bari ha condotto studi miranti a chiarire il meccanismo dell’addizione
ossidativa di ioni cloruro al [PtCl2(cis-1,4-DACH)] (DACH = diamminocicloesano) (Fig. 2). Questo
complesso contiene una forma isomerica del legante diamminico presente nell’ossaliplatino ed è stato
ampiamente studiato quale potenziale nuovo farmaco antitumorale. Tale reazione di ossidazione ha
mostrato che, indipendentemente dal solvente utilizzato, una molecola di solvente partecipa alla
reazione entrando in posizione trans rispetto al sito di attacco dell’ossidante. In caso di molecole di
solvente bifunzionale, come il dimetilsolfossido, sono formate sia le specie S-coordinate che Ocoordinate, con queste ultime favorite termodinamicamente. La sostituzione della molecola di solvente
coordinata assialmente con uno ione cloruro libero è parsa più lenta in solventi organici rispetto
all’acqua. È stato anche dimostrato che le specie solvatate intermedie possono essere utilizzate per
legare in posizione assiale una sola molecola di un altro substrato.
Figura 2
2. Aspetti molecolari del meccanismo d’azione di farmaci a base di platino
Durante gli ultimi 20 anni l’interesse della comunità scientifica che lavora nell’ambito dei composti
antitumorali a base platino si è molto preoccupata di chiarire l’interazione del platino con il DNA, il
suo target primario. Al contrario, abbastanza sorprendentemente, le reazioni del farmaci di platino
con le proteine hanno ricevuto una scarsa attenzione. Tali interazioni potrebbero giocare un ruolo
cruciale nei processi di assorbimento e biodistribuzione dei farmaci di platino così come nella
determinazione del loro profilo di tossicità.
Le reazioni dei farmaci di platino con le proteine potrebbero inoltre essere coinvolte, direttamente o
indirettamente, in molti aspetti del loro generale meccanismo d’azione. Una delle proteine più
interessanti da questo punto di vista è l’ubiquitina umana (hUb) coinvolta, attraverso il sistema
proteosomico dell’ubiquitina (UPS), nei processi di riparazione o di degradazione di proteine
danneggiate, una sorta di sistema di controllo della qualità cellulare. La mancata degradazione di
queste proteine danneggiate può portare alla formazione di aggregati tossici e quindi alla morte
cellulare.
L’U.R. di Bari si è occupata dello studio dell’inibizione dell’attività proteosomica mostrata da
alcuni metalli pesanti, in particolar modo rame, zinco e platino, e della disfunzione del sistema UPS
causata da complessi di platino che interagiscono con la stessa ubiquitina. In questo contesto molto
rilevante è lo studio dei cambiamenti conformazionali, conseguenti all’interazione del metallo con
ubiquitina, che possono influenzare i riarrangiamenti polimerici di questa proteina.
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Le suddette motivazioni hanno portato alla pianificazione ed allo svolgimento di ampi test
cristallografici in quanto la cristallografia ai raggi X risulta essere la tecnica di elezione nello studio
della formazione di addotti e della geometria di coordinazione di ioni metallici caratterizzati da
notevole instabilità cinetica e pluralità di siti di coordinazione (come nel caso dell’interazione con
substrati proteici).
In questo studio sono stati scelti due ioni metalli, rame e zinco, e due complessi di platino, il
cisplatino (cis-[PtCl2(NH3)2]) ed il sale di Zeis (K[PtCl3(η2-C2H4)]·H2O), quest’ultimo scelto per
l’effetto trans-labilizzante del legante etilenico in grado di favorire la coordinazione del centro
metallico a proteine ed altre macromolecole. Sono state utilizzate differenti tecniche al fine di
ottenere cristalli da utilizzare per analisi cristallografiche. In un primo tipo di esperimenti i cristalli
di hUB sono stati messi in contatto (soaking) con soluzioni contenenti rame(II) acetato, sale di Zeis
e cisplatino. Il sale di Zeis reagisce velocemente con i cristalli di hUb per dare un addotto con tre
residui di platino per molecola di proteina (Pt3-hUb). Il rame(II) acetato e il cisplatino, invece,
hanno mostrato di non reagire per brevi tempi di contatto (fino ad un’ora) e di causare degradazione
dei cristalli di hUb per tempi più lunghi.
In un secondo tipo di esperimenti la hUb è stata co-cristallizzata con una soluzione di acetato di
rame(II) o di zinco(II) o di cisplatino. L’acetato di zinco(II) porta alla formazione, a bassi rapporti
molari metallo-proteina (8:1), di cristalli contenenti uno ione metallico per tre molecole di proteina
(Zn-hUb3), mentre ad alti rapporti molari metallo-proteina (70:1) porta alla formazione di cristalli
contenenti tre ioni Zn(II) per ogni molecola di proteina (Zn3-hUb). Al contrario, l’acetato di
rame(II) ed il cisplatino, anche a bassi rapporti molari metallo-proteina, non producono materiale
cristallino (Fig. 3).
Durante gli esperimenti di soaking dei cristalli di hUb, l’anione di Zeis porta a simultanea
platinazione di His68, Met1 e Lys6.
Questi risultati, insieme a quelli ottenuti in passato sulla co-cristallizzazione con Zn(II) ed altri ioni
metallici del gruppo 12, hanno permesso di capire meglio le proprietà di coordinazione degli ioni
metallici all’hUb con l’His68 che rappresenta il principale sito di ancoraggio, seguita dalla Met1 e
dai gruppi carbossilici di Glu16, Glu18, Glu64, Asp21 e Asp32. La Lys6 può anche essere un sito di
legame nel caso del platino. La quantità di ione metallico legata per molecola di proteina sembra
inoltre essere un importante parametro che influenza l’impacchettamento del cristallo.
Figura 3
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È stato anche dimostrato che le molecole contenenti un atomo di S possono giocare un ruolo
importante nell’attività dei farmaci antitumorali di platino. Studi recenti in questo senso sono stati
effettuati su complessi di platino con geometria trans. Fra i diversi complessi a geometria trans, il
trans-EE (trans-[PtCl2{E-HN=C(OCH3)CH3}2]) aveva suscitato un particolare interesse a causa
della sua alta citotossicità rispetto all’isomero cis e per la sua attività nei confronti di cellule
tumorali resistenti al cisplatino. Inoltre, il trans-EE si lega al DNA in maniera diversa rispetto al
cisplatino, sebbene le velocità di reazione siano simili. È stato possibile dimostrare che la velocità
di coordinazione al DNA di un farmaco antitumorale di platino con geometria trans sia
notevolmente aumentata in presenza di metionina, ciò suggerendo che il tioetere potrebbe servire da
catalizzatore per la platinazione del DNA.
L’U.R. di Bari ha condotto uno studio sistematico sulla reazione del trans-EE con metionina (Met)
e guanosina-5’-monofosfato (GMP). I risultati ottenuti mostrano come nella reazione del trans-EE
con la metionina sia il bis addotto la specie dominante nei primi stadi della reazione e come la
reazione sia influenzata dalla concentrazione dei cloruri (a basse concentrazioni di NaCl l’addotto
bis-metionina si forma in prevalenza, mentre il monoaddotto si forma ad alte concentrazioni di
NaCl). Questi risultati suggeriscono che possono essere formati differenti prodotti di reazione a
seconda che ci si trovi nell’ambiente extra- o intra-cellulare.
Non solo il complesso monometioninico, trans-[PtCl{E-HN=C(OCH3)CH3}2(AcMet)], ma anche
l’addotto bis-metioninico, , trans-[Pt{E-HN=C(OCH3)CH3}2(AcMet)2], può reagire con il GMP per
formare il complesso di platino ternario trans-[Pt{E-HN=C(OCH3)CH3}2(AcMet)(GMP)] (Fig. 4).
Quest’ultima reazione permette la diretta coordinazione al DNA di un addotto platino-proteina in
cui i due leganti carrier rimangono inalterati; questa opportunità non c’è nel caso di complessi di
platino a geometria cis, come il cisplatino, per i quali la formazione di un complesso ternario è
accompagnata dalla perdita di almeno un legante carrier. Riveste particolare interesse, inoltre, il
fatto che l’isomerizzazione dalla coordinazione in S a quella in N di una metionina ha luogo nel
complesso bis-metioninico a pH neutro, mentre il monoaddotto risulta stabile. Questo passaggio di
coordinazione da S a N di una metionina nell’addotto trans-bis-metionina può giustificare
l’ottenimento dell’isomero cis nel prodotto finale bis-chelato [Pt(Met-S,N)2].
Figura 4
L'interazione complesso di platino-DNA, che produce soprattutto legami covalenti crociati fra basi
guaniniche adiacenti seguiti dal piegamento della doppia elica del DNA, è universalmente riconosciuta
come fondamentale nel meccanismo d'azione del cisplatino e degli altri farmaci antitumorali di platino.
A causa della sua natura chirale, il DNA potrebbe interagire in modo differente con i complessi di
platino contenenti leganti amminici enantiomerici. Sono stati fatti quindi diversi tentativi per trovare le
relazioni esistenti fra la configurazione di questi leganti e le modificazioni strutturali indotte da questi
composti per coordinazione al DNA e/o ai processi cellulari che ne derivano. Per questo motivo l'U.R.
di Bari è da tempo impegnata nello studio della stereochimica degli addotti formati da complessi di Pt
con DNA o con molecole che lo possano mimare (ad esempio nucleot(s)idi e polinucleotidi).
Per meglio comprendere i fattori che influenzano la stereochimica degli addotti Pt-DNA, l’U.R. di Bari
ha intrapreso lo studio di composti di tipo cis-PtA2G*2, nei quali A2 è un legante amminico bidentato
con ingombro sterico vicino al sito di coordinazione e G* è un derivato guaninico legato al platino via
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N7. In questi modelli la rotazione intorno ai legami Pt-N7 è lenta sulla scala dei tempi NMR e pertanto
può essere messa in evidenza la presenza di differenti rotameri. Lo studio di detti complessi ha permesso
di analizzare le diverse interazioni che sono coinvolte nella stabilizzazione di addotti di cisplatino con
mono e polinucleotidi e che possono influenzare il comportamento dinamico di tali addotti.
Ultimamente lo studio è stato esteso all’anello macrociclico a 17 membri Pt(d(G*pG*)) che si forma
nella coordinazione del cisplatino al DNA (Fig. 5) ed in particolar modo a come leganti con elevato
ingombro sterico possono influenzare la struttura del macrociclo e il numero e la distribuzione dei vari
conformeri di questo anello. In generale, l’anello favorisce la conformazione HH1 (HH indica le basi
guaniniche-testa-a-testa, 1 indica la normale direzione di propagazione dello scheletro, Fig. 6).
Gli analoghi del cisplatino con gruppi NH del legante carrier sostituiti da gruppi N-alchilici fortemente
ingombranti sono più tossici, meno attivi e formano addotti meno dinamici del cisplatino stesso. In
questo contesto abbiamo utilizzato come composto modello il Me4DABPt(d(G*pG*)) (Me4DAB =
N,N,N’,N’-tetrametil-2,3-diamminobutano con configurazioni S,S o R,R degli atomi di carbonio
dell’anello chelato). Diversamente da addotti con singoli basi guaniniche testati in passato per i quali
non si evidenziava la presenza di conformeri HH, gli addotti Me4DABPt(d(G*pG*)) formano il
conformero HH1, dimostrando che lo scheletro zucchero-fosfato può imporre una tale costrizione da
superare l’effetto sterico di sostituenti alchilici. Il conformero HH1 non esibisce canting significativo.
L’addotto (S,S)- Me4DABPt(d(G*pG*)) ha la minor quantità del conformero “normale” HH1 e la
maggior quantità del conformero ΔHT1 (ΔHT1 = basi guaniniche-testa-a-coda con chiralità Δ) mai visto
in precedenza (88% in certe condizioni). Questi risultanti pertanto portano ad ipotizzare che la bassa
attività e l’alta tossicità degli analoghi del cisplatino con leganti carrier con gruppi N-alchilici derivano
dalla bassa abbondanza e dal canting minimo del conformero HH1 e possibilmente dagli effetti contrari
del conformero ΔHT1 particolarmente abbondante.
Figura 5
Figura 6
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Le distorsioni dei legami crociati (G*G*) e dell’appaiamento delle basi adiacenti XG*, conseguenti alla
coordinazione dei farmaci antitumorali di platino al DNA e responsabili dell’attività antitumorale,
dipendono dalle caratteristiche della doppia elica (per esempio l’appaiamento delle basi nel doppio
filamento) e dalla posizione e canting delle basi guaniniche impegnate nel legame crociato. La struttura
del duplex stabilizza le basi G* con l’orientazione HH piuttosto che HT e con canting R piuttosto che L.
Allo scopo di reperire ulteriori informazioni circa le caratteristiche di tali effetti nel doppio filamento,
l’U.R. di Bari ha condotto studi sugli addotti (S,R,R,S)-BipPt(oligo) (Bip = 2,2’-bipiperidina con centri
chirali S,R,R,S agli atomi N,C,C,N dell’anello chelato e oligo = d(G*pG*) con sostituenti in posizione
3’ e 5’). Il legante moderatamente ingombrante (S,R,R,S)-Bip favorisce il canting L e rallenta la
rotazione intorno ai legami Pt-G*. I modelli (S,R,R,S)-BipPt(oligo) permettono di ottenere dati più utili
rispetto a quelli ottenuti da modelli dinamici derivati da farmaci di platino attivi. Tutti i sostituenti in
posizione 5’ negli addotti (S,R,R,S)-BipPt(oligo) favoriscono il conformero HH normale (~97%)
destabilizzando il conformero HT attraverso urti con il residuo 3’-G* piuttosto che attraverso la
formazione di legami ad idrogeno con il legante carrier nel conformero HH. Per tutti questi addotti il
pucker S del residuo 5’-X è mantenuto ed un sostituente in posizione 5’ apporta solo effetti modesti sul
grado di canting L del conformero HH. Questo piccolo effetto del sostituente in posizione 5’ sul
conformero HH con canting L è in contrasto con la notevole riduzione del grado di canting R che è stata
osservata in precedenti studi in analoghi conformeri (R,S,S,R)-BipPt(oligo) con canting R.
I dati ottenuti vanno a supporto dell’ipotesi che la particolare distorsione della coppia di basi XG*
(cambiamento di pucker da S a N e movimento del residuo X) è fondamentale per conservare il normale
stacking e l’accoppiamento tra basi e per prevenire forti interazioni steriche.
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UNITA’ DI RICERCA DI BOLOGNA
Direttore Scientifico: Prof. Norberto Roveri
Attività di Ricerca svolta nell’ambito della tematica Biocristallografia e Biomineralizzazione
Le attività di ricerca nel 2011 sono raggruppate nei seguenti temi di ricerca inclusi nell’ ambito
dello studio del ruolo dei metalli in sistemi biologici di interesse biomedicale, ambientale e
tecnologico:
a) Interesse biomedicale
1) Processi di formazione di idrogeli e loro utilizzo per la crescita di carbonati di calcio e trasporto
di metalli
2) Studio dei processi di biomineralizzazione
3) Sintesi, caratterizzazione chimico-fisica e funzionalizzazione di idrossiapatiti biomimetiche per
applicazioni biomedicali
4) Preparazione per via elettrochimica di coating nanostrutturati biomimetici su protesi metalliche
5) Sintesi e caratterizzazione chimico-fisica di nanoparticelle di selenio cappate con floroglucinolo
b) Interesse ambientale
1) Materiali nanodimensionati: effetto dei metalli in essi contenuti nei confronti dei sistemi
biologici
2) Meccanismo della tossicità delle nanofibre di amianto sintetico contenente ferro
c) Interesse tecnologico
1) Sistemi nanostrutturati inorganici e polimerici in grado di esibire particolari capacità di
conduzione elettrica
2) Nuova sintesi di biossido di titanio ad elevata azione fotocatalitica
3) Nuova sintesi di microparticelle bifasiche attivate superficialmente da biossido di titanio
a) Interesse biomedicale
1) Processi di formazione di idrogeli e loro utilizzo per la crescita di carbonati di calcio e trasporto
di metalli
La precipitazione di carbonato di calcio in diversi
ambienti gelificanti di carragenano è stata
condotta mediante rapida miscelazione di cloruro
di calcio e di carbonato di sodio. La
concentrazione di carragenano ed il meccanismo
di gelificazione, controllato dall’aggiunta di
diversi cationi, di calcio o di sodio, sono stati
variati in modo da chiarire il meccanismo e la
dinamica di formazione della fase solida in
sistemi di precipitazione molto sovrasaturi, in cui
era possibile la formazione iniziale dei tre
polimorfi del carbonato di calcio e carbonato di
calcio amorfo. Le analisi dei campioni hanno
mostrato che la calcite è stata l'unica fase solida Fig. 1 Immagini al microscopio elettronico a
ottenuta in tutta la gamma studiata di scansione (SEM) di cristalli di calcite ottenuti in
concentrazione di carragenano. A basse gel di carragenano a diversi tempi di reazione.
concentrazioni di carragenano sono stati osservati gli aggregati di calcite mentre, a concentrazioni
più elevate, sono stati trovati cristalli romboedrici con distribuzione uniforme delle dimensioni.
Sulla superficie delle particelle di calcite precipitata a basse concentrazioni di gel sono state
osservate impronte sferiche, tali da indicare la precipitazione iniziale e contemporanea di calcite
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stabile e fasi metastabili di carbonato di calcio, vaterite e carbonato di calcio amorfo. Esperimenti di
precipitazione nei mezzi gelificanti con basse concentrazioni di carragenano in diversi tempi hanno
confermato tale assunto e mostrato un meccanismo mediato di trasformazione di vaterite
metastabile in stretto contatto con i cristalli di calcite (Fig. 1).
L’unità di ricerca ha anche continuato la ricerca per
lo svilluppo di nuove superfici con capacità
nucleanti per le macromolecole biologiche. Si è
dimostrato come l’effetto delle superfici sia
preponderante
in
condizioni
di
basse
sovrassaturazioni, mentre per valori elevati le
superfici non non hanno effetto e la crescita dei
cristalli avviene mediante un meccanismo di
nucleazione omogenea.
Nello studio sugli idrogeli è stata predisposta una
piccola libreria di pseudopeptidi stereoisomerici in
grado di gelificare in solventi acquosi ed è stata
valutata la loro attitudine a formare gel in presenza
di diversi ioni di metalli. Sono stati sintetizzati in
soluzione quattro esteri benzilici e quattro acidi
carbossilici, tutti contenenti come spaziatore un
residuo di acido azelaico (acido dicarbossilico a Fig. 2 - Immagini SEM di xerogels formati
lunga catena). La tendenza di questi pseudopeptidi dagli idrogeli della molecola 2a in assenza di
ioni metallici (2a), in presenza di Cu (II)
a formare gel è stata valutata utilizzando il test di (2a_Cu (II)), in presenza di Zn (II) (2a_Zn) o in
inversione in presenza e in assenza di ioni presenza di Al (III) (2a_Al). La freccia (2a_Al)
metallici. I corrispondenti xerogels sono stati indica un cristallino aggregato costituito da un
ulteriormente analizzati utilizzando SEM (Fig. 2) e sale di alluminio.
XRD. La formazione di gel contenente Zn (II) o
Cu (II) ioni ha dato buoni risultati in termine di incorporazione degli ioni metallici, mentre la
presenza di Cu (I), Al (III) e Mg (II) ha dato risultati meno soddisfacenti.
Ulteriori studi sono in atto, utilizzando derivati di metalli di interesse farmacologico.
2) Studio dei processi di biomineralizzazione.
Queste ricerche sono state svolte in collaborazione con gruppi
dell’Università di Bologna e di vari istituti di ricerca nazionali ed
esteri.
La biomineralizzazione riguarda lo studio dei processi mediante i
quali gli organismi depositano una fase minerale. In questi
processi una matrice organica, formata da polisaccaridi e
proteine acide, esercita la funzione di controllo. Tra gli oltre 70
minerali depositati dagli organismi, i più diffusi sono il
carbonato e il fosfato di calcio, rispettivamente negli invertebrati
e nei vertebrati. Nell’anno oggetto della relazione sono stati
studiati sistemi sia in vivo sia in vitro e le conoscenze ottenute da
questi studi hanno permesso il design e la sintesi di substrati
innovativi per la cristallizzazione di bio-minerali e
macromolecole biologiche.
Gli scheletri dei coralli delle scleractinie sono costituiti
principalmente di carbonato di calcio nella forma di aragonite.
La deposizione minerale avviene in un ambiente biologico
confinato, ma è ancora un tema di discussione in che misura la
calcificazione avvenga sotto controllo biologico o ambientale.
14
Fig. 3 Corallo di Balanophyllia
europaea
La forma, le dimensioni e l'organizzazione di cristalli scheletrici, dal livello cellulare fino
all'architettura della colonia, sono stati attribuiti a diversi fattori, come i livelli di sovrasaturazione
minerale ed una mediazione della matrice organica (OM). Lo scheletro contiene una OM intrascheletrica, di cui solo la componente solubile in acqua è stata fino ad oggi chimicamente e
fisicamente caratterizzata. In questo anno la OM complessiva dallo scheletro della Balanophyllia
europaea, un corallo solitario endemico del Mar Mediterraneo, è stata studiata in vitro con
l'obiettivo di comprendere il suo ruolo nella mineralizzazione del carbonato di calcio. La
mineralizzazione di carbonato di calcio è stata condotta da esperimenti di “overgrowth” su scheletro
di corallo e da soluzioni di cloruro di calcio contenenti diversi rapporti di OM (solubile e insolubile)
e di ioni magnesio. I risultati hanno mostrato che entrambe le componenti della OM influenzano la
precipitazione di carbonato di calcio e che l'effetto è potenziato dalla loro co-presenza. Il ruolo degli
ioni magnesio è influenzato anche dalla presenza delle componenti della OM. Quindi, in vitro, la
OM influenza morfologia, aggregazione e polimorfismo del carbonato di calcio come funzione
della sua composizione e del contenuto di ioni di magnesio nelle soluzioni di precipitazione. Questa
ricerca, sebbene non abbia risolto la controversia tra il controllo ambientale o biologico sulla
deposizione di carbonato di calcio in coralli, ha evidenziato il ruolo della OM, che appare mediata
dalla presenza di ioni magnesio.
In questo anno di ricerca, in un ulteriore progetto sulla biomineralizzazione, la regione lamellare
dell’osso di seppia (Sepia officinalis) è stata utilizzata come matrice per la deposizione organizzata
di cristalli di fosfato di calcio, in condizioni ambientali mediante una rapida procedura che
coinvolge un intermedio di carbonato di calcio amorfo, per finire con una conversione al fosfato di
calcio con una procedura di fissazione. Tale procedura quindi consente una conversione diretta del
carbonato calcio biogenico in fosfati di calcio in condizioni ambiente in una scala dei tempi di
poche ore.
3) Sintesi, caratterizzazione chimico-fisica e funzionalizzazione di idrossiapatiti biomimetiche per
applicazioni biomedicali
Nanocristalli di idrossiapatite biomimetica per composizione, struttura, morfologia, area
superficiale e bioreattività sono stati sintetizzati e riaggregati in clusters micrometrici per essere
utilizzati in applicazioni odontoiatriche e nella chirurgia maxillofacciale.
I microcristalli nanostrutturati di apatite biomimetica hanno messo in evidenza la capacità di
rimineralizzare in condizioni fisiologiche le aree superficiali demineralizzate di smalto e dentina, il
cui meccanismo di demineralizzazione è mostrato nella figura sottostante.
15
La capacità dell’idrossiapatite biomimetica nanostrutturata di legarsi chimicamente all’
idrossiapatite naturale dello smalto e della dentina ha permesso una importante innovazione in
ambito dell’ “oral care” sostituendosi all’utilizzo dei fluoruri nei prodotti per l’igiene orale preposti
a processi riparativi mineralizzanti. I fluoruri infatti hanno la capacità di promuovere la formazione
di fasi apatitiche fluorurate in presenza di fosfati nell’ambiente orale. Tuttavia essi possono indurre
fluorosi dentale e fluorosi ossea se l’assunzione di fluoro supera 0.1mg F-/Kg/day in bambini di età
compresa tra 1-8anni (EFSA). Al fine di utilizzare come principio attivo nel processo di
rimineralizzazione dello smalto e della dentina un’ idrossiapatite biomimetica per composizione,
struttura e morfologia, è stata brevettata la sintesi di nanocristalli a morfologia planare di
idrossiapatite sostituita da ioni carbonato, fluoruro, zinco, magnesio e stronzio in quantità
corrispondenti alla loro presenza nelle apatiti biologiche. In questo modo la quantità di fluoro nel
principio attivo corrisponde a quella fisiologicamente presente nello smalto dentale e non comporta
controindicazioni nell’assunzione. Lo zinco svolge un’attività di stimolazione della crescita ossea,
oltre a quella antisettica e antibatterica, e lo stronzio esplica una forte azione cariostatica. Al fine di
proteggere ulteriormente lo smalto e la dentina esposta nell’ambiente orale dall’azione
demineralizzante ed infettiva della placca batterica, il principio attivo costituito di idrossiapatite
biomimetica è stato funzionalizzato superficialmente con lattoferrina, una proteina presente
principalmente nel latte materno preposta ad una azione immunologica, antinfiammatoria ,
antibatterica, antiossidante e anticancerogena. La presenza di lattoferrina in prodotti per l’oral care è
importante non solo per la superficie dentale, ma anche per le mucose gengivali ed orali in genere.[1
La lattoferrina, di cui è nota la forte attività antiossidante e antiradicalica, ha una grande affinità con
il ferro in quanto è in grado di trattenerlo in un largo intervallo di pH. Grazie alla sua affinità per il
ferro trivalente (Fe3+), espleta un’attività antimicrobica nei confronti sia dei batteri che dei funghi.
Tale attività è correlata a due meccanismi: sequestro del ferro nei siti di infezione e interazione
diretta con l’agente infettivo.
I meccanismi d’interazione tra lattoferrina e idrossiapatite sono di elevato interesse scientifico ai
fini applicativi in campo biotecnologico in conseguenza delle proprietà della lattoferrina e delle
specifiche caratteristiche chimico-fisiche dell’idrossiapatite, che è un materiale biocompatibile,
bioriassorbibile e rappresenta la fase inorganica del tessuto osseo.
L’idrossiapatite sintetica biomimetica, ovvero che mima l’idrossiapatite biologica per
composizione, struttura, morfologia e bioreattività superficiale, rappresenta un materiale inorganico
ideale per assorbire superficialmente molecole biologicamente attive, come la lattoferrina, e
rilasciarle con una cinetica che può essere modulata attraverso specifiche modifiche delle proprietà
chimico fisiche dell’apatite sintetizzata.
E’ stata sintetizzata idrossiapatite nanometrica con caratteristiche chimico-fisiche (dimensioni,
grado di cristallinità, morfologia, area superficiale) del tutto simili a quella biologica presente nel
tessuto osseo e si è caratterizzata l’interazione tra la lattoferrina e l’idrossiapatite sintetizzata,
valutando l’assorbimento della proteina sulla superficie inorganica in funzione del diverso pH. Il
valore di pH risulta responsabile di una sostanziale differenza nella quantità di lattoferrina adsorbita
che sembra formare un monostrato superficiale a pH fisiologico e un doppio strato per pH basici.
Questo risultato è stato confermato sia
sperimentalmente attraverso indagini di tipo
termogravimetrico sui diversi coniugati idrossiapatite-lattoferrina dopo lavaggio, sia teoricamente
mediante l’uso dei modelli di Langmuir e Freundlich per fittare le isoterme di assorbimento della
lattoferrina su idrossiapatite. Sono state valutate le eventuali modificazioni conformazionali della
proteina adsorbita sui nanocristalli di idrossiapatite attraverso un’ indagine FTIR e Raman. Le
indagini spettroscopiche e termogravimetriche non hanno rivelato alcuna modifica apprezzabile
della struttura secondaria della lattoferrina assorbita sull’idrossiapatite, mettendo in evidenza le
notevoli applicazioni in ambito biotecnologico del coniugato idrossiapatite-lattoferrina12,13.
Appaiono immediate le applicazioni in ambito ortopedico ed odontoiatrico, attraverso la
preparazione di impianti protesici ricoperti superficialmente da un substrato inorganico di
idrossiapatite funzionalizzata superficialmente con lattoferrina. L’uso di un ibrido costituito da
microclusters di idrossiapatite nanostrutturata attivata superficialmente da molecole di lattoferrina è
16
stato sintetizzato come principio attivo da utilizzare in paste dentifricie e collutori in grado di
rimineralizzare lo smalto dentale, chiudere i tuboli dentinali responsabili dell’ipersensibilità
dentinale e contrastare la formazione della placca batterica contrastando l’insorgere della carie.
Sebbene le applicazioni in ambito biomedicale sembrino le più scontate, dobbiamo anche
considerare come le potenzialità dell’ibrido idrossiapatite-lattoferrina possano essere ancor più
innovative ed esclusive in applicazioni tecnologiche in cui all’interfaccia materiale-sistema
biologico si sostituisca l’interfaccia materiale-alimento.
L’ibrido idrossiapatite–lattoferrina potrà quindi essere depositato superficialmente sui films
polimerici sia biocompatibili che inerti normalmente utilizzati per l’ imballaggio a contatto con gli
alimenti rendendoli funzionalizzati per una azione antisettica, antibatterica ed antiossidante nei
confronti dell’alimento con cui sono messi a contatto.
4) Preparazione per via elettrochimica di coating nanostrutturati biomimetici su protesi metalliche
Attualmente il titanio e le sue leghe rappresentano il più utilizzato materiale da impianto in quanto
non comporta reazioni di rigetto da parte dell’organismo, ma soprattutto perché presenta una
porosità superficiale analoga a quella dei tessuti umani e risulta essere fisiologicamente inerte. Per
questo motivo la lega Ti6Al4V viene utilizzata nelle componenti protesiche dell’anca e nelle viti
degli impianti dentali.
Il rivestimento superficiale della protesi con un coating biomimetico ha il vantaggio di avere la
superficie a contatto con il tessuto osseo bioattiva, migliorando notevolmente la compatibilità della
protesi con il tessuto biologico circostante.
La preparazione di coating di idrossiapatite biomimetica nanostrutturata su superfici di Ti è stata
realizzata per via elettrochimica (ELD) all’interno di una cella a tre colli (Fig. 1A). Il sistema è stato
collegato secondo lo schema riportato in Fig. 1B e viene utilizzato un elettrodo di lavoro in titanio
ed un controelettrodo in platino immersi in una soluzione contenente una soluzione elettrolitica
composta da NH4H2PO4 (25 mM) e Ca(NO3)2 (42 mM).
B
A
Elettrodo di
Riferimento
(Anodo)
Galvanometro
Elettrodo di
Lavoro
(Catodo)
Cella
Fig 1A: Immagine della cella a tre colli utilizzata per la reazione di ELD
Fig 1B: Rappresentazione schematica del sistema utilizzato nel corso della reazione
Si ottiene sul catodo di Ti un coating superficiale di idrossiapatite di spessore variabile in funzione
della durata della reazione di deposizione assistita, della corrente applicata e della concentrazione
delle soluzioni utilizzate.
Nella seguente Fig. 2 è possibile osservare le immagini SEM relative a due differenti ingrandimenti
dell’impianto in titanio ricoperto da un coating omogeneo di idrossiapatite.
17
A
B
Fig. 2: due differenti ingrandimenti della superficie dell’impianto, dopo la ricopertura con
l’idrossiapatite
Arbitrary Intensity
In Fig. 3 sono riportati i diffrattogrammi di raggi X di un campione di apatite ossea (grafico blu) ed
il diffrattogramma ottenuto dall’idrossiapatite depositata sul titanio per via elettrolitica (in rosso). I
due diffrattogrammi sono molto simili e differiscono fortemente da quello dell’idrossiapatite
cristallina non biomimetica (in verde).
20
25
30
35
Position [°2Theta]
Fig. 3: DRX di idrossiapatite con alto grado di cristallinità (verde), idrossiapatite ossea (blu) e
idrossiapatite elettrodeposta (rosso).
Questo dimostra che la fase minerale ottenuta per via elettrolitica e depositata sul titanio è del tutto
simile, per caratteristiche strutturali, a quella presente nelle ossa con cui verrà a contatto una volta
impiantata in vivo, e per questo motivo si è verificato che l’applicazione di questo coating migliori
le proprietà biomimetiche delle protesi metalliche.
La deposizione di un coating costituito da idrossiapatite nanometrica biomimetica funzionalizzata
superficialmente con lattoferrina è stata ottenuta su substrati conduttori e non,
per
elettrodeposizione da soluzioni elettrolitiche contenenti opportune concentrazioni di ioni
fosfato, calcio e lattoferrina. L’ottimizzazione del coating apatite-lattoferrina è stata ottenuta
usando elettrodeposizioni successive oppure pulsate.
Si è inoltre messa a punto la preparazione mediante processo elettrochimico di un innovativo
coating a base di collagene ricostituito e funzionalizzato superficialmente con lattoferrina. Il
collagene è la più importante proteina fibrosa della matrice extracellulare e del tessuto connettivo
nell’organismo animale; si organizza in fibrille di diametro nanometrico a loro volta organizzate in
fasci micrometrici e successivamente milli-metrici. Questo nuovo coniugato collageno-lattoferrina,
data la sua natura proteica, si presta ad essere utilizzato in un’ampia gamma di applicazioni
18
biomedicali che richiedono, non solo assenza di tossicità, ma anche biocompatibilità e bioattività.
Mediante la tecnica dell’elettrodeposizione è possibile realizzare “coating” di opportuno spessore e
diversa composizione, che possono venir depositati su superfici polimeriche e metalliche. In questo
modo si possono conferire alle comuni matrici da imballaggio specifiche proprietà antiossidanti,
antisettiche e antiradicaliche, ricoprendole superficialmente con questo coating biomimetico e
biocompatibile. La realizzazione del coating attraverso il processo elettrochimico determina la
formazione di fibrille di collagene nanometriche, aventi struttura e morfologia del tutto simili alle
fibrille di collagene naturale che mostrano la tipica bandeggiatura della proteina nativa mettendone
in evidenza il biomimetismo strutturale e morfologico. Mediante la nanostrutturazione superficiale,
il film d’imballaggio entra in contatto molto stretto con la superficie dell’alimento trasmettendo in
modo più efficace l’azione antibatterica, antisettica e antiossidante della lattoferrina. Il risultato di
questo processo è la realizzazione di un materiale innovativo, biodegradabile e con buone proprietà
meccaniche, caratteristiche che lo rendono idoneo ad applicazioni tecnologiche come la
funzionalizzazione superficiale del packaging per uso alimentare. Inoltre, essendo questo coating
composto da polimeri naturali, risulta biodegradabile e altamente decomponibile, tanto da poter
essere smaltito direttamente nell’ambiente oppure tramite compostaggio.
5) Sintesi e caratterizzazione chimico-fisica di nanoparticelle di selenio (Se) cappate con
floroglucinolo
Il floroglucinolo è una molecola presente in molti composti flavonoidi ampiamente presenti nei
vegetali e risulta essere un naturale citoprotettivo contro lo stress ossidativo. In questo lavoro il
floroglucinolo è stato utilizzato per sintetizzare con un metodo “green”, senza alcun solvente
organico, nanoparticelle di selenio protette in superfice da floroglucinolo. Infatti il floroglucinolo,
oltre ad essere un buon cappante, è capace anche di ridurre gli ioni Se e formare nanoparticelle di
Se. Le proprietà antiossidanti e citoprotettive di floroglucinolo potrebbero produrre sinergie con gli
specifici effetti anticancerogeni delle nanoparticelle di Se. Il floroglucinolo presenta un’alta
reattività grazie ai suoi tre gruppi ossidrilici disposti in posizioni alternate lungo un anello
benzenico. Il floroglucinolo agisce come agente riducente di un acido selenioso secondo un
percorso complesso che passa probabilmente attraverso un selenuro intermedio organico. Questo
intermedio si forma attraverso una reazione di sostituzione elettrofila che coinvolge l'acido
selenioso, come specie elettrofila, e floroglucinolo come donatore di elettroni. Le molecole di
floroglucinolo sulla superficie delle nano particelle di Se sono probabilmente collegate tra loro
tramite ponti di atomi di ossigeno, come si evince confrontando gli spettri FT-IR in figura 1 (e) e
(a).
Fig. 1 Spettri di assorbimento FTIR di a) nano particelle di Se cappate con floruglucinolo, b)
conservate per 1 settimana, c) conservate per 2 mesi, d) dopo trattamento termico a 285° C per 10
min., e) floroglucinolo cristallino in polvere.
19
La bassa cristallinità dell’assemblaggio delle molecole di floroglucinolo sulla superficie delle
nanoparticelle di Se può essere interrotta ed in parte rimossa attraverso un processo esotermico a
circa 285 °C (Fig. 2).
Fig. 2. Profilo di diffrazione ai raggi X a) prima del trattamento termico a 285° C per 10 min e b)
dopo il tratta il trattamento termico.
L'impoverimento del rivestimento superficiale protettivo di floroglucinolo fa sì che le nanoparticelle
di selenio si aggreghino in cluster micrometrici (Fig. 3) che risultano morfologicamente molto
simili a quelli osservati quando le nanoparticelle sono disperse in acqua (Fig. 4).
Fig. 3
Fig. 4
In etanolo, le nanoparticelle amorfe di Se cappate con floroglucinolo (2-3 nm di diametro) appaiono
omogeneamente distribuite (Fig. 5).
Fig. 5
20
Con questo nuovo metodo di sintesi, in condizioni blande ed in assenza di solventi organici, è stato
possibile ottenere nanoparticelle di Se stabili in etanolo con la possibilità di utilizzarle in campo
biomedico, sfruttando la sinergica azione antiossidante del floroglucinolo e anticarcenogeniche
delle nano particelle di Se.
b) Interesse ambientale
1) Materiali nanodimensionati: effetto dei metalli in essi contenuti nei confronti dei sistemi
biologici
Come ampiamente documentato dalla letteratura, la presenza di impurità, sostituzioni ioniche e
disordini strutturali in minerali contenenti Si, costituiti quasi esclusivamente da silice e silicati, non
solo modificano la morfologia e le proprietà chimico fisiche del materiale, ma anche la loro
reattività nei confronti dei sistemi biologici. Nello studio del rischio per la salute umana di composti
nanometrici a base di silicio, di provenienza sia naturale che industriale, fondamentale è
l'individuazione del meccanismo chimico di interazione della fase inorganica con il sistema
biologico, per valutarne la tossicità.
Tra i silicati, gli asbesti presentano un elevato impatto ambientale, modo particolare gli anfiboli. La
capacità degli asbesti di produrre ROS è legata alle loro caratteristiche chimico-fisiche e
morfologiche. Infatti, sono proprio le loro proprietà chimico-fisiche a condizionare la solubilità,
biodurabilità e biopersistenza delle fibre. Un risultato originale, e di notevole importanza per gli
studi futuri, è stata la sintesi di cristalli di crisotilo geoinspired contenenti quantità controllate di
ferro. Dall’analisi di campioni con concentrazioni crescenti di Fe mediante spettroscopia (FTIR)
combinata con studi strutturali (DRX) e morfologici (SEM-TEM) è stato verificato il ruolo svolto
dalla presenza di Fe3+ nel modificare non solo superficialmente le fibre, ma anche la morfologia e la
struttura cristallina attraverso una sostituzione del Fe sia nel sito ottaedrico che quello tetraedrico.
Le valutazioni genotossica e citotossica effettuate sul crisotilo geoinspired Fe-sostituito hanno
messo in evidenza che la produzione di specie reattive dell'ossigeno e di altri radicali è potenziato
quando ioni Fe sostituiscono specifici siti cristallografici nel crisotilo.
Per meglio studiare l’effetto della sostituzione del Fe nel crisotilo sintetico e dunque le
modificazioni strutturali, la composizione superficiale, la distribuzione della carica e la reattività dei
nano cristalli, sono state studiate le modificazioni strutturali indotte sull’albumina in seguito
all’interazione con il crisotilo sintetico stechiometrico drogato col Fe. L’indagine è stata eseguita
sulla base dei risultati ottenuti mediante l’utilizzo dell’FTIR, della TGA/DSC e della pirolisi
analitica (2). Lo studio dello spettro FTIR nella regione dell’ammide I (1700-1600) ha permesso di
valutare le variazioni della struttura secondaria quando la BSA (Bovine Serum Albumine) nativa
(fig. 1a) viene fatta interagire con il crisotilo stechiometrico (Fig. 1b) e con il crisotilo sintetico
drogato con il Fe in quantità crescente (0,52% di Fe (Fig 1 c) e 1,87% di Fe (Fig 1 d))
21
Fig. 1
La tabella I riporta i risultati ottenuti integrando i fitting delle curve della derivata seconda della
Fig. 1.
Dalla tabella si può notare come i beta sheet diminuiscono drasticamente in seguito alla formazione
dell’addotto con la fase inorganica, specialmente all’aumentare del Fe contenuto nei cristalli,
mentre i beta turns aumentano.
α-Helix β-Sheet Random β-Turn (%)
(%)
(%)
(%)
Sample
BSA
powder
lyophilized
38±2
44±1
3±1
15±1
37±2
11±1
4±1
48±2
18±2
7±2
17±3
58±2
31±2
4±1
14±3
51±2
Stoichiometric BSAChrysotile adducts
BSA-Fe (0.52 wt %)
Chrysotile adducts
BSA-Fe (1.87 wt %)
Chrysotile adducts
I dati TGA mettono in evidenza come la proteina percentualmente diminuisce sulla superficie della
fase inorganica all’aumentare del Fe; al contrario, la proteina risulta essere più legata alla superficie
del crisotilo all’aumentare del Fe (Fig. 2).
22
Figura 2
E’ stato condotto uno studio preliminare utilizzando la pirolisi analitica che ha fornito ulteriori
informazioni circa la variazione della struttura della BSA in seguito all’interazione con il crisotilo di
sintesi. Innanzitutto si è studiata la formazione di dichetopiperazine (DKPs) come specificità della
ciclizzazione di specifici aminoacidi dovuti alla reazione di pirolisi e la Fig. 3 mostra la percentuale
di formazione di DKPs nei diversi casi.
Yields % DKPs
1.6
1.4
1.2
Figura 3
Yield %
1
Fe 0
Fe 0.52%
Fe 1.8%
% BSA
0.8
0.6
0.4
0.2
0
Cy
clo
Py
r-P
yr
clo
Cy
PA
1
clo
Cy
PA
2
Cy
clo
PG
clo
Cy
G
L
clo
Cy
PV
1
clo
Cy
)
)
)
2
L1
L2
PP PI1 PI2 PL1 PL2 FA1 FA2 M1 M2 VP1 VP2 FL2 FL1 PF1 PF2
PE
(1
(2
(2
PV o L o L
P
P
lo clo
lo
K
K
K
o
o
clo clo
cl
cl Cyc
clo clo yclo clo
clo yclo yclo lo P lo P lo P Cyc
clo ycl
clo ycl
Cy
Cy Cy
c
c
c
Cy
Cy
Cy Cy
C
Cy
C
C
C
C
Cy
Cy
Cy
Cy
Cy
Cy
La formazione delle DKPs durante la pirolisi coinvolgono sempre coppie di amminoacidi contigui
nella sequenza proteica; ciò significa che le DKPs sono idonee a fornire puntuali informazioni sulla
struttura primaria. Gli amminoacidi che risultano più legati allo strato brucitico del crisotilo si
suppone essere polari e per questo sono state monitorate le lisine e gli acidi glutammici. Particolare
attenzione è stata posta anche alla frammentazione della catena laterale della proteina che produce
tirosine e triptofani che possono essere coinvolti nell’interazione con la superficie del crisotilo.
Questa strategia ci ha permesso di identificare tutte le DKPs derivanti sia da amminoacidi polari
(Fig. 4) che aromatici (Fig. 5).
23
Figura 4
Figura 5
2) Meccanismo della tossicità delle nanofibre di amianto sintetico contenente ferro
In questi ultimi anni è stato condotto uno studio multidisciplinare per comprendere, a livello
molecolare, il meccanismo di tossicità del ferro contenuto nella struttura dell’asbesto. I risultati
raggiunti sono stati possibili solo grazie alla disponibilità sia di crisotilo sintetico stechiometrico sia
dello stesso drogato con ferro, entrambi ottenuti mediante sintesi idrotermica presso i nostri
laboratori. Allo scopo di studiare la relazione tra fibre di asbesto che inducono la formazione di
radicali liberi e le caratteristiche chimico-fisiche del ferro nei vari siti attivi, sono state sintetizzate
nanofibre di crisotilo con contenuto di ferro tra 0 e 1,78 % di ferro. Questi campioni sono stati
analizzati tramite tecniche di spin-trapping su campioni in sospensione e tramite tecniche EPR e
Mossbauer su campioni solidi. Inaspettatamente abbiamo osservato che i campioni con più alto
contenuto di ferro mostravano un’ attività radicalica ridotta rispetto ai campioni con minore
contenuto di ferro Fig.1
24
Fig. 1A: radicali OH- rilasciati da una sospensione di fibre di crisotilo “geo-ispired” in presenza del
reagente di spin trapping (DMPO) e di perossido di idrogeno. A) rappresentano spettri di EPR
dell’addotto [DMPO-OH]. in presenza di crisotilo stechiometrio (a) e crisotilo drogato con Fe
Fig. 1B: aree integrate dei segnali EPR in funzione del ferro presente nei vari campioni a) 0, b)
0.67, c) 0.81, d) 1.67, e) 1.78%
Il Mossbauer e l’EPR hanno mostrato la presenza di ioni ferro isolati nei siti ottaedrici che
provocavano una distorsione sia assiale che rombica soprattutto nei campioni a più basso tenore di
ferro, mentre all’aumentare del ferro aumentano i cluster di atomi di ferro aggregati. La figura 2
mostra un assorbimento Mossbauer del campione contenente 1,78% eseguito a 11 K i tipici
assorbimenti relativi alla presenza di Fe3+ paramagnetico.
Fig. 2: spettro di assorbimento Mossbauer del crisotilo sintetico contenente il 1,78 % di ferro
25
La tab. 1 mostra la distribuzione del ferro nel sito ottaedrico e tetraedrico.
La Fig. 2 mostra inoltre l’assenza di altre specie magnetiche come ad esempio ossidi di ferro anche
in forma non nanometrica. In conclusione i dati mostrati mettono in evidenza come il crisotilo
sintetico, preso quale standard, sia risultato idoneo per evidenziare come la tossicità degli amianti
dipende soprattutto dalle proprietà chimico fisiche dei siti superficiali.[17,18]
c) Interesse tecnologico
1) Sistemi nanostrutturati inorganici e polimerici in grado di esibire particolari capacità di
conduzione elettrica.
I principali approcci al mondo nanotecnologico sono quello top-down e quello botton-up. Bottomup sta ad indicare l’approccio nel quale, partendo da piccoli componenti, normalmente molecole o
aggregati di molecole, si ottengono delle strutture nanometriche. Le nanotecnologie bottom-up
nascono dal progetto di sfruttare molecole o aggregati molecolari che hanno la capacità di
autoassemblarsi o autoorganizzarsi in strutture di ordine più elevato. Questo è un approccio di tipo
chimico.
L’electrospinning è considerata una tecnica efficiente per la produzione di fibre polimeriche
nanometriche. Il diametro delle fibre prodotte con queste tecniche è fino a due ordini di grandezza
inferiori rispetto alle tecniche di produzione tradizionali. La maggior parte dei polimeri può essere
elettrofilata ed utilizzata per formare compositi con materiali come semiconduttori o ceramici.
Tramite tale tecnica si possono disperdere all’interno delle fibre nanomateriali con un’orientazione
preferenziale. Fibre elettrofilate di materiali ibridi organici-inorganici sono materiali molto studiati
per le loro proprietà meccaniche, fisiche e chimico-fisiche. In particolare negli ultimi anni
l’attenzione si è incentrata sulla produzione di conductive polmeric composites (CPCs).
Con l’approccio bottom-up sono stati sintetizzati nanotubi di crisotilo stechiometrico e
nanoparticelle metalliche cioè dei nanocristalli e colloidi con un diametro inferiore ai 100 nm.
La sintesi di crisotilo geomimetico permette di ottenere dei nanotubi di lunghezza variabile con in
diametro esterno di 21/22 nm e una cavità centrale del diametro di 7 nm, privi di deformazioni
strutturali, di politipi o di impurezze. Queste caratteristiche oltre a renderlo strutturalmente un
ottimo materiale di studio nanotecnologico permettono di considerarlo non tossico.
Nel corso di tali studi sono state sintetizzate nanoparticelle metalliche cappate con composti
organici (tioli) in grado di legarsi alla superficie delle nanoparticelle. Proprio questo guscio
protettivo permette a tali particelle di non ossidarsi, non aggregarsi e di essere considerate dei punti
quantici.
Nanoparticelle metalliche possono interagire con una nanostruttura monodimensionale come i
nanotubi di crisotilo sintetico formando nuove nanostrutture. I nanotubi decorati possono essere
utilizzati per la realizzazione di nuovi materiali compositi con caratteristiche chimiche, fisiche e
strutturali superiori, grazie alla direzionalità impartita dai nanotubi.
Ci siamo prefissi di realizzare, studiare e sintetizzare nuovi sistemi nanostrutturati inorganici e
polimerici in grado di esibire particolari capacità di conduzione elettrica.
Il primo obiettivo è stato la sintesi e caratterizzazione morfologica e chimico-fisica di nanotubi di
crisotilo stechiometrico e di varie nanoparticelle metalliche. Il passo successivo è quello di mettere
a punto un processo di elettrofilatura in grado di produrre fibre stabili ed uniformi di un polimero
conduttore. Raggiunti i primi risultati, si è proceduto allo studio della morfologia e della
26
conducibilità di una serie di fibre polimeriche addizionate con i vari tipi di nanotubi, nanoparticelle
e nanowires precedentemente sintetizzati.
Per quanto riguarda la parte polimerica sono stati studiati tappetini bidimensionali di fibre
polimeriche, disperse in maniera casuale, di una blenda polimerica costituita da polianilina polietileneossido - acido canforsolfonico. Partendo da questi dati è stata individuata una classe
polimerica, in base alla conducibilità elettrica del polimero e alla solubilità in solventi utilizzabili
per elettrofilare, in grado di sostituire la polianilina. In tale ottica sono stati individuati dei
politiofeni sostituiti con catene alchiliche.
Parallelamente è stato intrapreso lo studio per ottenere fibre di PANI-PEO-CSA tramite l’utilizzo di
collettori alternativi. Come si può notare dalle micrografie SEM in Figura1 è stato possibile
produrre fibre altamente orientate, potenzialmente in grado di aumentare proprietà elettriche e
meccaniche del materiale.
Figura 1
Dal punto di vista inorganico, sfruttando le proprietà self-assembly dei materiali fino ad ora studiati,
si è cercato di produrre materiali ad elevata orientazione, in grado di aumentare le proprietà
meccaniche ed elettriche dei materiali polimerici, utilizzati come filler.
Sono state testate varie metodiche con l’obiettivo di ottenere sospensioni contenenti solo le
nanostrutture nanotubo-nanoparticelle, senza la presenza di nanotubi vuoti o nanoparticelle esterne
ai tubi. Sono state utilizzate le seguenti tipologie di nanoparticelle:
Nanoparticelle di rame cappate con 4-metilbenzentiolo
Nanoparticelle di argento cappate con 4-metilbenzentiolo
Nanoparticelle di oro cappate con 4-metilbenzentiolo
Nanoparticelle di oro-argento (1:4) cappate con 4-metilbenzentiolo
Nanoparticelle di oro-argento (4:1) cappate con 4-metilbenzentiolo
Per tutte le tipologie di nanoparticelle utilizzate è stata riscontrata un’ottima tendenza a distribuirsi
all’interno di nanotubi, lasciando un ambiente esterno privo di nanoparticelle metalliche, tranne per
le particelle di rame che tendono a rimanere in sospensione all’esterno dei nanotubi.
Le micrografie TEM (Figura 2) dei compositi nanotubi di crisotilo-nanoparticelle di argento cappate
con 4-metilbenzentiolo confermano l’omogeneo riempimento delle cavità e l’assenza di
nanoparticelle esternamente ai nanotubi.
27
Figura 2
Le analisi spettroscopiche FT-IR (Figura3) evidenziano nelle medesime strutture, con l’assenza dei
tipici picchi dovuti al 4-metilbenzentiolo, come tutte le nanoparticelle siano alloggiate all’interno
delle cavità dei nanotubi.
Figura 3
Anche le analisi spettroscopiche UV-Vis mostrano la scomparsa della tipica banda plasmonica a
457 nm, che conferma l’assenza di particelle libere nella sospensione nanometrica.
2) Nuova sintesi di biossido di titanio ad elevata azione fotocatalitica
E’ stata messa a punto una sospensione idroalcolica contenente una componente solida costituita da
particelle di biossido di titanio aventi struttura “anatase”, morfologia “plate like”, elevata area
superficiale. La metodica di sintesi è stata brevettata.
Tali particelle hanno un’elevata superficie di contatto che si traduce in un elevatissima reattività e di
conseguenza un’ elevata efficienza fotocatalitica. Tali particelle presentano un band gap di 3,23
28
eV, quindi un assorbimento ad una lunghezza d’onda max di 390 nm ovvero assorbono nella
componente UV, dai 250 ai 390 nm.
Tali cristalli infatti vengono attivati dalla luce visibile che nel suo spettro presenta una piccola
finestra di emissione alla lunghezza d’onda di 370-390 nm.
In Fig.1 è riportata l’ immagine al Microscopio Elettronico a Trasmissione (TEM) delle particelle di
biossido di titanio (TiO2) presenti nella sospensione in cui si evidenzia la nanostrutturazione e la
morfologia “plate like” delle particelle.
Figura 1
In Fig. 2 è riportato lo spettro di Diffrazione di Raggi X delle particelle TiO 2 presenti nella
sospensione in cui è possibile verificare come esse siano altamente cristalline e costituiscano una
fase unica del tipo “anatase”. La presenza di una unica fase cristallina “anatase” è la condizione
principale per ottenere una elevata attività fotocatalitica.
Figura 2
In Fig. 3 è schematizzato il processo fotocatalitico del biossido di titanio in cui si mostra l’
attivazione da parte della luce solare delle particelle della miscela di ossidi foto catalitici nella
produzione di radicali liberi attivi per la distruzione dei microrganismi biologici quali: muffe,
funghi, batteri, molecole organiche aerodisperse, fumi e particolato atmosferico presenti
nell’ ambiente di vita sia indoor sia outdoor responsabili di allergie, infezioni ed effetti tossici.
29
Figura 3
In Fig. 4 è mostrato l’ effetto del biossido di titanio sintetizzato in un test di abbattimento degli NOX
effettuato con apposita camera per la certificazione di attività allegata.
90
Figura 4
% NOx Degradation
80
70
60
50
TITAN CLEA
40
Empty Ball +
30
20
10
0
0
100
200
300
400
Time (min)
In Fig. 5 è mostrato l’ effetto del biossido di titanio sintetizzato in un test effettuato su una
soluzione di blu di metilene che viene decolorata in 120 minuti
30
Figura 5
3) Nuova sintesi di microparticelle bifasiche attivate superficialmente da biossido di titanio
Lo scopo del lavoro è stato quello di ottimizzare le caratteristiche fotocatalitiche di nuovi
nanocristalli di TiO2 con struttura anatase sintetizzati per via idrotermale e cercare di mettere a
punto una sospensione acquosa con particelle micrometriche per superare il rischio della
nanotossicità in grado di esibire una elevata potenzialità fotocatalitica.
L’attività di ricerca si è sviluppata sostanzialmente in tre fasi:
Fase I: messa a punto e affinamento della sintesi idrotermale per l’ottenimento di nanocristalli di
TiO2 ad alta efficienza fotocatalitica.
In questa fase, si è cercato di sviluppare ulteriormente il lavoro di messa a punto di una sintesi di
nanoparticelle di biossido di titanio ad alta efficienza fotocatalitica iniziato l’anno precedente.
E’ stata quindi modificata la tipologia di sintesi; si è continuato ad utilizzare il processo idrotermale,
ma è stata variata la modalità di miscelazione dei reagenti di sintesi.
La sintesi è basata sulla reazione fra alcossido di titanio e acqua al fine di ottenere l’idrolisi del
primo con conseguente formazione di TiO2 e corrispondente alcool.
La sintesi è stata ottenuta gocciolando alcossido di titanio in acqua preriscaldata in un reattore
idrotermale; si sono effettuate varie prove, variando sia il tempo sia la temperatura di reazione.
La sintesi ottimale è risultata essere quella effettuata alla temperatura di 80 °C con un tempo di
reazione di 4 ore.
Con questa sintesi sono stati ottenuti cristalli nanometrici di anatasio, contenente una piccola
percentuale di brookite della dimensione di 10-20 nm con morfologia a piattina; tali cristalli
presentano mediamente un dominio cristallino medio lungo il piano (101) di 490 Å e di 140 Å
lungo il piano (001). Queste caratteristiche morfologiche e strutturali conferiscono a questi nano
cristalli un’elevata fotoreattività.
Infatti, dai risultati delle ricerche effettuate lo scorso anno sulla correlazione tra la morfologia dei
cristalli di anatase e l’attività fotocatalitica, si è potuto constatare che la maggiore reattività è data
dalle particelle che presentano un morfologia a piattina. Inoltre si è osservato come la maggior
attività fotocatalitica sia data dall’ assorbimento della luce sulla faccia (100) in accordo con quanto
ipotizzato su base teorica. La sorprendente attività fotocatalitica dei nanocristalli sintetizzati è
appunto dovuta alla loro morfologia a piattina ed all’ esposizione prevalente delle facce (100).
Si può notare dalle immagini di microscopia TEM che i cristalli tendono ad aggregarsi e a formare
aggregati cristallini aventi dimensioni di 50-100 nm. (Fig. 1)
31
Fig. 1 Immagine TEM di nanocrostalli di TiO2
Fase II: aggregazione nei nanocristalli TiO2 su microcristalli di fosfato di calcio.
In questa seconda fase si è cercato di incrementare l’attività fotocatalitica dei nanocristalli ottenuti
dalla precedente sintesi idrotermale cercando anche di superare le problematiche tossicologiche per
la salute umana legate in generale alla nanodimensione.
In questo studio è stato trovato un nuovo approccio in grado di ottenere il massimo dell’efficienza
fotocatalitica senza ricorrere ai sistemi attualmente più usati quali il drogaggio con altri ossidi
inorganici, o la modificazione strutturale delle nanoparticelle per creare difetti e quindi aumentarne
la reattività.
E’ stato messo a punto un sistema che prevede l’utilizzo di micro clusters di idrossiapatite che
fungono da centri di aggregazione per i nanocristalli di TiO2.
Sono stati quindi preparati dei microcristalli costituiti da un core di idrossiapatite ricoperto dai
nanocristalli di TiO2 precedentemente sintetizzati.
Ciò è stato possibile in quanto i microclusters di idrossiapatite utilizzati sono costituiti da una
carbonatoidrossiapatite non stechiometrica in superficie; tale struttura presenta quindi in superficie
delle cariche esposte sia positive che negative che la rendono particolarmente reattiva. Infatti i
microclusters di idrossiapatite utilizzati sono a loro volta costituiti da nanocristalli aggregati, e ciò
conferisce loro una morfologia irregolare e nanostrutturata con un’elevata area superficiale in grado
di legare un’enorme quantità di nanocristalli di biossido di titanio.
Dopo varie prove, si è ottenuto un soddisfacente grado di aggregazione partendo da una
sospensione acquosa di nanocristalli di TiO2 al 0,8 % in peso al quale è stato aggiunto un
quantitativo del 5% circa, calcolato in base alle aree superficiali, di una sospensione acquosa di
microclusters di idrossiapatite al 30% in peso.
I microaggregati così ottenuti sono stati caratterizzati tramite DRX, FT-IR, microscopia SEM con
microanalisi EDS, microscopia TEM.
Lo spettro di diffrazione di raggi X mostra che si è ottenuto un materiale cristallino che presenta i
massimi di diffrazione caratteristici dell’idrossiapatite e dell’anatasio.
Il picco dell’idrossiapatite (002) si sovrappone parzialmente al picco principale (100) dell’anatasio
come si può vedere dal diffrattogramma riportato in Fig. 2.
32
Fig. 2 Diffrattogramma microcristalli HA-TiO2
Confrontando infatti il diffrattogramma con quello dei nanocristalli di TiO2 (Fig. 3) si nota che il
picco (100) è presente a un angolo di diffrazione molto prossimo a quello del picco (002)
dell’idrossiapatite.
Fig. 3 Diffrattogramma nanocristalli TiO2
L’analisi FT- IR (Fig. 4) mostra le bande di assorbimento caratteristiche dell’idrossiapatite e dell’
anatasio.
Infatti sono visibili la banda a 435 cm-1 caratteristica dello stretching νTi-O-Ti, la banda a 1639
cm-1 caratteristica della carbonatoapatite di tipo B, la bande a 1093 e 1025 relative allo stretching
dei fosfati dell’apatite e le bande a 602 e 565 nm relative al bending dei legami O-H e O-P-O.
Si notano inoltre 2 bande a 2906, 2855 cm−1 attribuibili ai moti di stretching νCH2, CH3 del
gruppo isopropile presente nell’ alcool isopropilico residuo contenuto in soluzione.
33
Fig. 4 Spettro FT-IR
L’analisi al Microscopio Elettronico a Scansione (SEM) (Fig. 5) mostra che sono stati ottenuti dei
microcristalli di idrossiapatite ricoperti superficialmente da anatasio.
Fig. 5 Immagine di microscopia SEM
Le particelle hanno tutte una dimensione micrometrica; la distribuzione va da circa 0,5 a 15
micrometri con prevalenza di micro particelle di diametro di 8-10 micrometri.
Lo spettro ottenuto con la microanalisi EDS (Fig. 6) mostra che la composizione elementare delle
particelle è costituita da calcio e fosforo in rapporto di circa 1,7 compatibile con quello
dell’idrossiapatite.
Si notano inoltre il segnale del titanio e quello dell’ossigeno.
Tutto ciò indica che si è formato un aggregato idrossiapatite-anatasio in quanto le particelle
analizzate in punti differenti danno la stessa composizione.
34
Fig. 6 Analisi elementare effettuata con sonda EDS
L’analisi effettuata con Microscopio Elettronico a Trasmissione (TEM) (Fig. 7) conferma che sono
stati ottenuti dei cristalli aggregati della dimensione che va da 200 a 400 nm.
Fig. 7 Immagine di microscopia TEM
Fase III: Caratterizzazione dell’attività fotocatalitica
Questa parte del lavoro è stata svolta in collaborazione con altri laboratori fra cui quello di Chimica
Fisica dell’Università Politecnica di Milano, conducendo test di attività fotocatalitica con una
speciale camera per determinare l’attività nei confronti degli NOx. e quello di Microbiologia del
Chemical Center S.r.l per testarne l’ attività antibatterica nei confronti di specifici ceppi batterici.
I test sui batteri sono stati effettuati sul ceppo E. Coli, eseguendo 2 diverse tipologie di prove,
utilizzando 2 diverse tecniche di deposizione delle microparticelle. I test sono stati condotti
irraggiando con luce UV di una lunghezza d’onda tale da non avere effetti sui batteri, ma in grado
di attivare il meccanismo fotocatalitico del TiO2.
Sono state effettuate inoltre prove a diversa durata di esposizione e di concentrazione, e si è visto
che per qualsiasi prova si ha una riduzione minima del 72%. (Tabella 1)
I dati migliori si ottengono con la tecnica “in sospensione” e la durata dell’esposizione non
influenza il risultato, segno che l’effetto è immediato, e dopo già due ore ha raggiunto il suo
massimo. La proprietà determinante è la concentrazione; infatti incrementi del 50% aumentano
l’efficacia del 30 %.
35
CEPPO MICROBICO: Escherichia Coli
PRODOTTO IN CONCENTRAZIONE
CONCENTRAZIONE
ESAME
MICROBICA
UVA MICROBICA FINALE
INIZIALE T0 (UFC/ml) 3h
(UFC/ml)
acqua
sterile
1,2x108
deionizzata
TiO2-HA
(fissato su piastra) 1,2x108
4ml
TiO2-HA
(in sospensione)
1,2x108
4ml
RIDUZIONE
%
1,2x108
-
1,7x107
85,84%
2,5x106
97,9%
Tabella 1 – Risultati dei test antibatterici
Le prove di attività fotocatalitica sono state condotte in una speciale camera in cui è presente una
concentrazione nota di NOx; si determina la % di degradazione di questi composti: Anche in queste
prove vengono utilizzate lampade UV per l’attivazione del TiO2
Tali prove hanno permesso di mettere in relazione l’attività con la diversa struttura delle molecole
di TiO2, ovvero hanno permesso di apprezzare la diversa efficienza fra le particelle di TiO2 libere o
aggregate su un microcluster di idrossiapatite, e di effettuare un confronto.
I risultati ottenuti mostrano che per i microcristalli di TiO2 aggregati su HA, la percentuale degli
NOx degradati arriva al 95% in soli 180 minuti, arrivando al 100% nei successivi minuti.
Ciò indica che benché si abbia una cinetica lenta all’inizio, si arriva al risultato del totale
abbattimento degli NOx in sole 4 ore. (Fig. 8)
Fig 8 – Attività fotocatalitica microcristalli HA- TiO2
Dall’andamento ottenuto dal test effettuato sul solo TiO2 sintetizzato si osserva una cinetica veloce
all’inizio che poi rallenta fino ad arrivare a plateau attestandosi su valori di abbattimento massimo
del 72%.
Dal confronto fra le due curve (Fig. 9), si vede il maggior effetto fotocatalitico dei microcristalli di
TiO2 su HA (linea verde) rispetto ai nanocristalli di TiO2 (linea rossa).
Infatti questi ultimi hanno una cinetica veloce all’inizio, ma poi arrivano ad una percentuale di
degradazione massima soltanto del 72%, mentre i cristalli aggregati su HA danno una cinetica più
blanda all’inizio ma poi sono in grado di arrivare a totale abbattimento degli NO x con una
rendimento superiore rispetto ai soli cristalli di TiO2 del 30%.
36
Fig. 9 – Confronto dell’attività fotocatalitica
In conclusione, si può affermare che è stata messa a punto una nuova sintesi molto di nanocristalli
di TiO2 con struttura anatasio con una morfologia e dimensioni che li rendono estremamente
reattivi.
Tali microcristalli sono stati aggregati su microclusters di idrossiapatite in modo da formare un
aggregato micrometrico.
Le prove effettuate hanno mostrato che questi cristalli hanno un’elevata attività antibatterica ed
inoltre sono molto reattivi anche nei confronti degli NOx.
Il confronto fra i dati ottenuti con i nanocristalli liberi e quelli aggregati su HA mostra che nel
secondo caso si hanno risultati superiori del 30%.
Il risultati ottenuti confermano il raggiungimento degli obiettivi attesi per questa attività di ricerca e
hanno permesso di verificare l’ importanza applicativa dell’approccio innovativo utilizzato; per
questo motivo si è deciso di brevettare la sintesi di questo nuovo prodotto che potrebbe essere
utilizzato in una ampia gamma di applicazioni industriali per il suo elevato potere antibatterico e
antinquinamento.
37
UNITA’ DI RICERCA DI CAMERINO
Direttore Scientifico: Prof. Alfredo Burini
L’Unità di Camerino ha sviluppato il proprio lavoro di ricerca nel corso dell’anno 2011 secondo
quattro linee di lavoro principali: 1) sintesi di nuovi sistemi chelanti N-, O-, S-, -C e/o P-donatori;
2) sviluppo dei relativi complessi di rame(II), rame(I), argento(I) e oro(I), valutati sulla base delle
loro caratteristiche strutturali e delle proprietà redox; 3) sintesi di molecole a potenziale attività
antitumorale con deposito di brevetti internazionali per le molecole più promettenti; 4) sintesi di un
nuovo metallociclo di rame(II) e riconoscimento molecolare di anioni 5) stesura di reviews su invito
riguardanti a) la sintesi e le proprietà di leganti scorpionati e b) strategie antitumorali con composti
a base di rame.
L’Unità di Camerino ha condotto per la prima volta uno studio comparativo delle attività citossiche
di più serie omologhe di complessi fosfinici dei metalli del gruppo 11 nello stato di ossidazione (I).
In particolare sono stati impiegati leganti fosfinici (L) quali la tris-idrossimetilfosfina (thp), la trisidrossipropilfosfina (thpp) e la 1,3,5 triazafosfaadamantano (PTA) nella sintesi di complessi del tipo
[M(L)4]PF6, mediante reazioni di scambio di leganti partendo da [Cu(CH3CN)4]PF6 o AgPF6 o per
metatesi dei corrispondenti derivati di oro(I) L4AuCl (Figura 1).
Figura 1
Le tre serie di complessi sono state testate come agenti citotossici verso un ampio panel di linee
cellulari tumorali comprendenti anche linee cellulari cis-platino resistenti, utilizzando come
metallodrug di riferimento il cisplatino. I migliori risultati in termini di attività antitumorale in vitro
sono stati ottenuti con i derivati della tris-idrossimetilfosfina e, tra i complessi della triade, quelli di
rame sono risultati i più attivi (Tabella 1). Si è evidenziato con questo studio che, a parità di
metallo, un buon bilanciamento delle caratteristiche idro/lipofiliche del complesso gioca un ruolo
cruciale nella manifestazione delle attività citotossiche e, conseguentemente, la valutazione della
specie attiva e del meccanismo di azione, deve tenere conto delle tendenza del complesso alla
dissociazione nelle concentrazioni e nelle condizioni usate nei test biologici. In tale contesto la
determinazione empirica del parametro logP e le indagini spettrometriche ESI-MS hanno
evidenziato le caratteristiche idrofiliche di ogni singola classe di complessi, nonché la tendenza dei
complessi [Cu(L)4]+ a dissociare, già in concentrazioni micromolari, nelle specie [Cu(L)2]+ e
[Cu(L)]+, frammenti chiave nell’attuazione dell’attività biologica. In conclusione, l’attività
citotossica è fortemente dipendente dalla natura del legante e dalla sua idrofilia, dalla tendenza del
complesso alla dissociazione in funzione della concentrazione e dalla natura del metallo centrale.
Studi preliminari sul meccanismo di azione di questa classe di complessi [M(L) 4]PF6 hanno
evidenziato la tioredoxina reduttasi come uno dei possibili target cellulari per i complessi di oro e
argento e hanno confermato per i complessi di rame un’attività citotossica che coinvolge
l’inibizione del proteasoma. I risultati particolarmente incoraggianti ottenuti con il derivato
39
[Cu(thp)4][PF6] ci hanno indotto a depositare in data 16.08.2011 un BREVETTO
INTERNAZIONALE PCT per la classe di composti [Cu(thp)4]n[X]-n per il trattamento di un ampio
numero di tumori umani solidi, inclusi i tumori refrattari.
Tabella 1. Attività citotossica
IC50 (µM) ± S.D.
Compound
A549
MCF-7
A375
HCT-15
HeLa
2008
C13
RF
2.00±0.03
8.21±1.50
1.48±0.21
[Cu(thp)4][PF6]
9.11±2.71 11.08±0.52 4.58±2.41
2.88±1.07
1.9
[Ag(thp)4][PF6]
18.22±2.11 17.75±2.71 32.12±1.22 21.32±1.34 12.32±1.24 20.15±1.72 36.65±2.24
1.8
[Au(thp)4][PF6]
17.40±1.76 18.32±1.98 23.99±1.67 13.21±2.11 18.43±1.21 16.21±1.43 30.22±1.41
1.8
[Cu(PTA)4][PF6]
7.31±0.87 21.51±1.31 12.76±0.70 15.32±1.5
13.81±1.16 10.67±1.31
0.8
[Ag(PTA)4][PF6]
24.43±1.55 26.44±1.99 21.11±2.01 13.52±1.13 21.65±2.33 11.23±1.65 13.52±1.13
0.8
[Au(PTA)4][PF6]
50.32±1.53 50.72±2.41 44.63±1.71 32.23±1.62 53.43±1.99 29.52±1.92 38.33±1.97
1.2
[Cu(thpp)4][PF6]
18.40±3.24 27.31±1.53 31.26±1.65 8.65±3.11 17.96±2.78 20.41±1.43 39.43±2.64
1.9
[Ag(thpp)4][PF6]
55.64±1.76 77.41±1.56 74.51±1.23 42.93±2.41 55.57±2.65 64.52±1.87 90.30±2.32
1.4
[Au(thpp)4][PF6]
79.53±1.56 92.34±1.87 73.57±2.54 67.89±1.97 79.34±2.84 87.32±1.27 99.34±1.54
1.1
Cisplatin
29.21±1.92 19.04±1.51 20.33±1.33 25.34±1.31 10.50±1.51 12.69±1.72 89.18±4.50
7.02
7.42±0.65
S.D.= standard deviation. IC50 values were calculated by probit analysis (P < 0.05, 2 test). Cells (58·104·mL-1) were treated for 48 h with increasing concentrations of tested compounds. Cytotoxicity
was assessed by MTT test. Resistance Factor (RF) is defined as the ratio between IC50 values
measured for cisplatin-resistant cells (C13) and those arising from -sensitive ones (2008).
Tre nuovi sistemi leganti macrociclici degli acidi 1,10-ditio-4,7-diazaciclododecano-3,8dicarbossilico (NEC-SE), 1,10-ditio-4,7-diazaciclotridecano-3,8-dicarbossilico (NEC-SP) e 1,10ditio-4,7-diazaciclotetradecano-3,8-dicarbossilico (NEC-SB) derivati della L,L-etilendicisteina sono
stati sintetizzati ed impiegati nella sintesi dei relativi complessi di Cu(II). Tali nuovi leganti sono
suscettibili di una ulteriore funzionalizzazione, sia modificando il set di atomi donatori che le
dimensioni dell’anello macrociclico. E’ stato sintetizzato dall’Unità di Camerino anche un nuovo
sistema legante a 15 membri (NEC-SNMe), con set di atomi donatori N3S2O2, utile ad aumentare la
stabilità in vivo dei complessi di rame (Figura 2).
40
Figura 2
Per ottenere informazioni più dettagliate sulle strutture molecolari dei complessi di rame, sono stati
condotti esperimenti di assorbimento di raggi X (EXAFS/XANES) su campioni in polvere ed in
soluzione. Gli esperimenti XAS sono stati effettuati in trasmissione e in fluorescenza utilizzando la
radiazione di sincrotrone disponibile presso la ELETTRA Sincrotrone Trieste S.C.p.A.. Tali studi
hanno evidenziato un intorno di coordinazione del rame CuN2S2, dovuto alla chelazione del
macrociclo attraverso i due atomi di azoto e i due atomi di zolfo, con differenti lunghezze di legame
Cu-S in funzione delle dimensioni dell'anello macrociclico, senza apparente coordinazione degli
ossigeni nel primo guscio. Tale intorno di coordinazione sembra presente anche nel nuovo
composto [Cu(NEC-SN-Me)], anche se non si può del tutto escludere, dai dati EXAFS,
un’addizionale interazione Cu-N (Figura 3).
Figura 3
In collaborazione con il Dipartimento di Chimica Generale ed Inorganica dell'Università di Parma,
si è proceduto alla valutazione della stabilità dei complessi in acqua. Gli studi di speciazione in
soluzione sono stati effettuati mediante combinazione di tecniche spettrofotometriche e titolazioni
potenziometriche nonché spettroelettrochimica UV-visibile. Tali studi hanno evidenziato che la
specie isolata allo stato solido definita come [CuL] non è quella biologicamente rilevante in quanto,
al pH del siero, si ha protonazione di una delle due funzioni amminiche con prevalenza della specie
[Cu(HL)]+. Sono stati condotti anche degli studi di stabilità dei complessi in presenza di HSA
(Human Serum Albumin), proteina che può competere con i leganti per la complessazione del rame.
Da questi studi si evince che, anche in presenza di un forte eccesso di HSA, non si ha rimozione
completa del rame dal macrociclo, il quale si comporta da chelante “strong” nei confronti dello ione
41
Cu2+. In virtù di questa elevata stabilità, tale classe di composti si dimostra promettente per lo
sviluppo di nuovi radiofarmaci.
Due nuovi leganti eteroscorpionati bio-coniugati, LMN e LDAC, sono stati sintetizzati attraverso la
reazione diretta del legante [HC(CO2H)(pzMe2)2] con 1-(2-aminoethyl)-2-methyl-5-nitroimidazole e
1,3,4,6-tetra-O-acetyl-2-amino-2-deoxy-β-D-glucopyranose hydrobromide, rispettivamente (Figura
4).
Figura 4
I relativi complessi di rame(II), {[(LMN)2Cu]Cl2} e {[(LDAC)2Cu]Cl2}, sono stati ottenuti attraverso
la reazione diretta di CuCl2*2H2O con i leganti LMN e LDAC in metanolo. L’intorno di coordinazione
dell’atomo di rame è stato studiato attraverso la spettroscopia XAS. In entrambi i complessi il rame
presenta coordinazione 6 ed interagisce contemporaneamente con due unità di legante (Figura 5).
Figura 5
L’attività citotossica dei nuovi complessi di rame(II), e dei
rispettivi leganti non coordinati è stata valutata su alcune linee
cellulari tumorali umane. I risultati indicano che i due complessi
metallici possiedono una buona attività citotossica, soprattutto
nei confronti delle cellule tumorali ovariche che hanno acquisito
resistenza al Cisplatino. Questo lavoro è stato scelto dalla rivista
Dalton Transactions per la FRONT COVER del volume 40
pubblicato il 4 ottobre 2011 [5] (Figura 6).
Figura 6
I leganti scorpionati, grazie alle loro versatili caratteristiche steriche ed elettroniche, sono impiegati
da anni come -donatori nella sintesi di una grande varietà di complessi metallici; in particolare
leganti scorpionati funzionalizzati con gruppi elettronattrattori, come gruppi nitro, carbossietile e
trifluorometile mostrano elevata solubilità, stabilità termica e resistenza ossidativa. Altrettanto
validi risultano i leganti 1,3,5-triazapentadienilici altamente fluorurati in quanto monoanionici, Ndonatori e capaci di formare metallacicli a 6 membri. In particolare l’Unità di ricerca di Camerino
ha studiato la chimica di coordinazione di leganti 1,3,5-triazapentadienilici funzionalizzati con
gruppi fluoroalchilici, nei confronti di accettori di Cu(I), Ag(I) e Au(I), in presenza di coliganti
fosfinici ed isonitrilici, progettati con l’obiettivo di sintetizzare e caratterizzare addotti fortemente
42
stabili e potenzialmente utili in ambito catalitico. Sui derivati [N{(CF3)C(C6F5)N}2]Ag(tBuNC)2 e
[N{(CF3)C(C6F5)N}2]Cu(tBuNC)2 è stato condotto uno studio cristallografico ai raggi X (Figura 7).
Figura 7
Infine si è condotto uno studio sulla capacità di un nuovo complesso metallociclico di rame(II) di
incapsulare anioni. Facendo reagire all’aria una soluzione del complesso di rame(I),[Cu(3,5CF3)2pz]3, in acetonitrile in presenza di una sorgente di alogenuri come Ph 3PAuCl o [Bu4N]X (X =
Cl, Br, I), si ottengono i rispettivi complessi [trans-Cu6{(3,5-CF3)2pz}6(OH)6-(X)] in cui
l’alogenuro si trova al centro della cavità del metallociclo. La reazione fu eseguita anche in
presenza di altri anioni aventi diverse geometrie come lo ione carbonato, solfato, nitrato, in questi
casi però si è isolato solo il complesso esanucleare di rame(II) con una molecola di acqua nella
cavità. Invece quando la reazione fu condotta in presenza di PPN[NO 2] (PPN = bis
(trifenilfoforanilidene)ammonio) lo ione nitrito viene incapsulato all’interno del metallociclo.
Questi esperimenti dimostrano una forte selettività nel riconoscimento molecolare di anioni da parte
del complesso ciclico esanucleare di rame(II). Complessi rame(II)-nitrito possono servire come
modelli per la comprensione di molti meccanismi di reazione biochimiche come ad esempio quello
in cui è coinvolto l’enzima nitritoriduttasi che contiene rame. I complessi host-guest isolati sono
stati caratterizzati anche tramite diffrazione ai raggi X, in figura 8 sono riportate le strutture con lo
ione bromuro e lo ione nitrito al centro della cavità esanucleare di rame.
Figura 8
43
UNITA’ DI RICERCA DI CATANIA
Direttore Scientifico: Prof. Raffaele Pietro Bonomo
Caratterizzazione chimico-fisica di complessi di rame(II) con polipeptidi correlati alle
proteine prione ed angiogenina da mammiferi ed altri aventi proprietà SOD-like.
I temi di ricerca affrontati riguardano:
i) piccole molecole che si comportano da “molecular chaperones”;
ii) la metallostasi nelle patologie da “misfolding” proteico quali le
malattie neurodegenerative;
iii) l’aspetto inorganico dei fattori di crescita;
iv) alcuni nuovi aspetti di chimica bioinorganica intracellulare.
E’ stato possibile accertare che la carnosina e suoi derivati svolgono attività non solo antiossidativa
ed anti nitrosativa, ma anche di comportarsi da induttori di chaperones farmacologici intervenendo
su diverse heat shock proteins coinvolte nello stress ossidativi. Tali risultati strettamente sono stati
ottenuti sia in vitro che in vivo in differenti modelli di piccoli animali quali i topi triplamente
trasgenici in grado di sviluppare la patologia di Alzheimer che in modelli murini sottoposti a
compressione del midollo spinale. E’ stato evidenziato la specifica attività della D-carnosina
rispetto alla L-carnosina per la sua capacità di resistere all’attacco della carnosinasi, così come dei
derivati coniugati con glucidi dei quali sé studiata anche la stereoselettività termodinamica. Inoltre
alcuni aspetti hanno riguardato le potenzialità di questa classe di peptidi naturali nei processi di
invecchiamento.
L’alterazione dell’omeostasi dei metalli nelle patologie neurodegenerative è stata messa in evidenza
in relazione non solo alla alterazione dei livelli di rame e zinco, ma anche correlata con le diverse
specie chimiche esistenti a diversi rapporti metallo legante e nella formazione di complessi a
metallo misto. Il ruolo di abeta monomero e la sua degradazione mediante IDE ha rappresentato un
contributo significativo in un approccio fortemente interdisciplinare. Il rapporto tra metallostasi e
protestasi nella neurodegenerazione è stato declinato per varie patologie da misfolding protico nel
libro pubblicato dalla RSC.
Il ruolo di rame e zinco nell’attività del fattore di crescita nervoso (NGF) è stato messo in evidenza
paragonando le capacità proliferative dei complessi formati da detti ioni metallici con frammenti
peptidici del suo dominio N-terminale. Correlazione struttura-attività è stata anche avanzata.
Il ruolo dello zinco intracellulare è stato indagato mediante l’indagine in vitro dell’interazione dello
ione metallico con uno dei sistemi che presiedono al cosiddetto controllo di qualità delle proteine, il
sistema ubiquitina-proteosoma. Per la prima volta è stata provata e descritta in modo quantitativo
l’interazione dello zinco con l’ubiquitina. Inoltre è stata provata anche mediante microscopia
confocale il vantaggio di utilizzare nanoparticelle per descrivere il “fate” intracellulare del rame(I).
Il sistema impiegato ha permesso anche di accertare la capacità del nuovo “reporter” fluorescente
di interagire con i metallochaperones che presiedono al trafficking intracellulare dello ione rame.
L’attività svolta ha riguardato la sintesi di glicoconiugati con molecole di interesse biologico e/o
farmacologico.
La carnosina è stata coniugata con mono e disaccaridi per proteggerla dall’idrolisi delle carnosinasi
conservandone le proprietà complessanti e antiossidanti. Allo scopo di migliorare la resistenza alle
carnosinasi, la D-carnosina, enantiometro della carnosina di notevole interesse per le attività
biologiche mostrate, è stato coniugato con la ciclodestrina e con il trealosio allo scopo di
caratterizzarne i complessi del rame(II). E’ stato messo in evidenza come i coniugati con la D
carnosina complessino meno efficacemente il rame(II) nella formazione della specie dimera, in
relazione alle ridotte interazioni legante-legante.
Nell’abito dell’interesse per i sistemi mimetici degli enzimi Superossidodismutasi (SOD), la
porfirina ed il salophen sono stati anche coniugati alla ciclodestrina e sono stati caratterizzati i
45
complessi del manganese(III). La presenza della cavità saccaridica aumenta significativamente la
solubilità e l’attività SOD. Sono anche stati sintetizzati coniugati non covalenti dell’albumina e di
un complesso del manganese(III) di un derivato del salophen. La presenza della proteina migliora
significativamente l’attività SOD.
Alla luce dell’interesse verso i chelanti di ioni metallici nelle patologie neurodegenerative, anche il
deferiprone è stato coniugato alla beta ciclodestrina sia in posizione 6 che in posizione 3 ed è stata
studiata la complessazione con il ferro(III). La ciclodestrina non modifica la stabilità dei complessi
del ferro e, anche in questo caso, migliora le capacità antiossidanti del componente deferiprone-Fe.
E’ stata studiata l’interazione tra l’Insulin Degrading Enzyme (IDE) e diversi composti aventi
attività fibrillogenica mediante tecniche di spettrometria di massa (AP/MALDI-MS e ESI-MS) e
Surface Plasmon Resonance (SPR). I frammenti prodotti dall’interazione dell’IDE con Insulina e
proteina β amiloide (Aβ) sono stati identificati e studiati al variare di diversi fattori ambientali come
pH, presenza di metalli, tempi di incubazione e concentrazioni relative. In particolare, è stato
studiato ed in parte chiarito il ruolo che alcune molecole quali somatostatina e ubiquitina hanno
nell’attività proteolitica dell’IDE. Per quanto riguarda il ruolo dei metalli bisogna invece tenere
presente che la comprensione del loro ruolo come modulatori dell’interazione tra l’IDE e
l’amiloide-β (Aβ) è resa difficile sperimentalmente dal fatto che gli ioni metallici sono coinvolti nei
processi di aggregazione di Aβ. L’IDE è in grado di degradare Aβ solo nella forma monomerica,
quindi l’aggregazione del substrato blocca completamente l’attività dell’enzima, rendendo poco
significativi gli esperimenti di proteolisi in presenza dei metalli.
La sintesi dei peptidi Aβ(1-16), Aβ(16-28) e InsulinaB(20-30) ha rappresentato la soluzione ideale
per comprendere il ruolo dei metalli nel processo di proteolisi senza incorrere nell’aggregazione dei
substrati. I due peptidi, alle concentrazioni utilizzate negli esperimenti, non comportano infatti
fenomeni di aggregazione, ed inoltre il primo presenta tutti i residui amminoacidici del Aβ naturale,
coinvolti nel legame con i metalli, mentre il secondo ed il terzo hanno una bassissima affinità verso
gli ioni metallici.
Le differenti caratteristiche dei tre peptidi hanno permesso di attribuire le variazioni nell’attività e
nel pattern di taglio dell’IDE, dovute alla presenza degli ioni metallici in soluzione, all’interazione
dei metalli con l’enzima (effetti allosterici) o alla complessazione dei metalli con il substrato.
L’attività proteolitica dell’IDE è stata testata in presenza ed assenza dei diversi ioni metallici. A
livello qualitativo l’analisi dei digeriti è stata realizzata con uno strumento di spettrometria di massa
AP/MALDI che mostra il pattern di degradazione del peptide, mentre a livello quantitativo le
misure sulle soluzioni dei digeriti sono state realizzate con uno strumento HPLC accoppiato ad un
rivelatore UV-VIS che misura la concentrazione di peptide non digerito.
Gli effetti del rame nelle sue due forme di ossidazione sono diversi rispetto agli effetti dello ione
zinco (II), dello ione alluminio (III) e dello ione ferro (nei due stati di ossidazione): Cu(I) e Cu(II)
mostrano entrambi un netto effetto allosterico negativo, lo zinco (II) sembra comportare una
discreta attivazione sull’attività assoluta dell’enzima, mentre l’alluminio (III) e il ferro (II e III) non
comportano nessuna alterazione apprezzabile all’attività dell’IDE.
Non è certo se l’effetto inibitorio degli ioni rame sia dovuto alla sostituzione degli ioni Zn(II)
all’interno del sito catalitico, ma si pensa possa anche essere attribuito all’interazione con alcune
delle cisteine che svolgono un ruolo strutturale determinante per l’attività dell’enzima.
Dagli esperimenti di proteolisi svolti sull’Aβ1-16 si è anche potuto apprezzare come il Cu(II), oltre
ad inibire l’attività dell’enzima, ne alteri pure il pattern di taglio, probabilmente a causa delle
variazioni nella struttura del frammento di Aβ nelle forme complessate in cui il metallo interagisce
principalmente con i primi amminoacidi all’N-terminale e con le istidine 13 e 14.
Le misure svolte in questo lavoro riguardo l’attività dell’IDE in presenza dei metalli mettono in luce
le due forme di ossidazione del rame come importanti modulatori dell’attività enzimatica dell’IDE,
aprendo anche nuovi interrogativi sull’ubicazione dei siti allosterici per il rame nella struttura
dell’enzima.
Infine, è stato sviluppato un nuovo protocollo sperimentale con lo scopo di ancorare le molecole di
IDE su superfici di oro senza alterarne l’attività. Risultati preliminari ottenuti mediante tecnica SPR
46
(Surface Plasmon Resonance) sembrano confermare il fatto che l’IDE ancorato è ancora in grado di
svolgere le normali funzioni enzimatiche nei confronti dell’insulina.
Uno studio spettroscopico (UV-Vis, CD ed EPR termodinamico ed elettrochimico in soluzione
acquosa è stato condotto sui complessi di rame(II) con il peptide Ac-PHPGGSNWGQ-NH2 (L), che
costituisce un frammento terminale della proteina PrP da opossum. Idati sperimentali suggeriscono
la formazione di una specie [Cu(L)H-2] con geometria alquanto distorta nella rgione intorno alla
neutralità. La stereochemimica può essere considearta una piramide a base quadrata con cromofor
CuN(3)O(2), che risulta dalla coordinaztione dell’immidazolo di un’istidina ed due atomi di azoto
peptidici, gli atomi di ossigeno provenienti da molecole d’acqua. A pH basici si forma una specie
[Cu(L)H-3] con geometria pseudo-ottaedrica, con 4 atomi di azoto nel piano equatoriale. A pH un
po’ più alti della neutralitràla sfera di coordinazione del complesso [Cu(L)H-2] varia la sua
stereochimica verso un pseudo-ottaedro, come suggerito dalla variazione della costante di
accoppiamento parallela. Un differente comportamento elettrochimico sembra confermare queste
peculiarità della specie [Cu(L)H-2] .
Porfirine metallate del tipo meso-tetrakis(N-methyl-4-pyridyl)porphyrin (MTMPyP) ed un calyx
arene,
5,11,17,23-tetrasulfonato-25,26,27,28-tetrakis-(hydroxylcarbonylmethoxy)-calix[4]arene
(C(4)TsTc) sono stati usati per costruire entità supramolecolari partendo dalla specie templata
MTMPyP:C(4)TsTc (1 : 4, M = Cu, Zn). L’addizione ulteriore di porfirina consente la sintesi noncovalente di entità discrete con stechiometria 2 : 4 and 3 : 4. Mediante la tecnica voltammetrica
dell’onda quadra, molto sensibile nel caso di soluzioni molto diluite, sono stati determinati i
potenziali redox di queste specie supramolecolari in mezzo acquoso, così come quelli delle porfirine
da cui derivano. Mediante simulazione sono sati accertati i processi elettronici di riduzione che
coinvolgono più elettroni e più stadi anche se sperimentalmente non sono ben risolti. Il dato più
interessante è che il comportamento elettrochimico di tali specie supramolecolari è abbastanza
differente di quello dei composti usati per formarle. Il che fa pensare ad una sorta di comunicazione
elettronica all’interno delle specie supramolecolari. Nella formazione della specie 1:4 si ha uno shift
negativo di circa 30 mV,c osa che si riduce nelle specie 2 : 4 and 3 : 4.
Studio dei meccanismi fotochimici, fotofisici e di fotosensibilizzazione di vari farmaci
antiinfiammatori non steroidei e antibatterici fluorochinolonici e monitoraggio di
inquinamento da idrocarburi policiclici aromatici e studio dei meccanismi di
fotodegradazione in mezzi polari ed apolari
Il naprossene appartiene alla classe dei farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS). I FANS
sono comunemente utilizzati nel trattamento del dolore e dell’infiammazione di numerose malattie.
L’azione fotosensibilizzatrice del naprossene è stata recentemente messa a confronto su
compartimenti di membrana attraverso la fotoossidazione di triptofano: sono state esaminate le
reazioni fotoindotte in proteine isolate usando come modello l’albumina bovina (bovine serum
albumin, BSA) cellule di lievito Saccharomyces cerevisiae e da ultimo in fibroblasti umani al fine
di esaminare il meccanismo di fotosensibilizzazione in un sistema così complesso.
Nell’ambito della fotosensibilizzazione indotta da antibatterici, è stata pubblicata un invited review
su “Photosensitization reactions of fluoroquinolones and their biological consequences” nella quale
è riportata una overview delle reazioni fotoindotte da questa classe di farmaci antibatterici che sono
implicati in molti effetti avversi come fotoallergie, fototossicità, mutagenesi e carcinogenesi.
Nello studio di microinquinanti con potenziale attività (foto)tossica:
a)
quantificazione in vari environments ottenuta attraverso tecniche LC/MS/Fluorimetria
supportate da riduzione elettrochimica successiva alla separazione LC per sfruttare le esaltate
proprietà luminescenti degli aminoderivati ottenuti dalla riduzione stessa (con estensione del limite
di determinazione al di sotto del limite dei ppm).
b)
caratterizzazione delle loro proprietà fotochimiche, fotofisiche e fotosensibilizzanti sia in
soluzione omogenea ed eterogenea;
c)
individuazione di biomarker di fotoossidazione.
47
Processi di riconoscimento molecolare.
Ci si propone lo studio del disegno, della formazione e della caratterizzazione in soluzione acquosa
di aggregati di porfirine aventi stechiometria determinata e modulabile utilizzando le interazioni
elettrostatiche tra cariche nette di segno opposto quale forze guida dei processi di self-assembly.
Questi complessi sono stati progettati in maniera tale da renderli attivi verso processi di
trasferimento elettronico fotoattivati o per essere utilizzati come sensori. Il progetto prevede due
approcci diversi, uno in presenza e l’altro in assenza di templati. Nel primo caso ci si propone di
ottenere di aggregati di porfirine di carica opposta utilizzando metallo-porfirine penta-coordinate
per limitare la crescita dei complessi supramolecolari alle dimensioni desiderate. Infatti, a
differenza delle porfirine planari, i derivati pentacoordinati hanno una sola faccia disponibile
all’aggregazione e quindi fungono da “stopper”. Nel secondo caso verranno studiati complessi
calixarene-porfirina in cui i calixareni esplichino una funzione di templato organizzatore per
l’ottenimento di aggregati a stechiometria nota e modulabile. Dati preliminari indicano che i
calixareni carbossilati inducono l’aggregazione di un numero discreto e modulabile di porfirine
poiché il numero di siti disponibili per la complessazione varia con il pH. L’uso di queste molecole
come templati presenta anche altri vantaggi. Infatti: i) possono essere variamente funzionalizzate
variando sia il numero che la natura (cationica, anionica, chirale etc.) dei siti complessanti,
consentendo il disegno di specifiche specie supramolecolari, e ii) sono particolarmente adatti ad
essere utilizzati quali sensori.
Si propongono anche una serie di esperimenti sulle interazioni tra porfirine e la forma sinistrorsa del
DNA, la forma Z. Dati preliminari mostrano infatti che alcune metallo-porfirine riconoscono la
forma B dalla forma Z.
Assemblati molecolari attivabili dalla luce per applicazioni bio-mediche
L’attività scientifica svolta nell’anno 2011 relativa a tematiche inerenti gli obiettivi del
consorzio è stata incentrata sulla
progettazione e realizzazione di sistemi
molecolari, supramolecolari e materiali
1O
2
nanostrutturati per applicazioni nel campo
di terapie anticancerogene e antibatteriche
Drug
fotoattivate di tipo bimodale.
Tali
trattamenti hanno il fine di sviluppare
simultaneamente e nella stessa zona dello
spazio due specie terapeutiche sotto
l’esclusivo controllo di stimoli di luce
visibile al fine di ottenere effetti additivi e/o
sinergici. Le peculiari caratteristiche della
luce come “reagente” pulito, economico e
facilmente manipolabile mediante l’impiego
di fibre ottiche ultrasottili, associate alla
velocità con cui avvengono molte reazioni
fotochimiche, rendono infatti i sistemi
fotocontrollati particolarmente versatili in
terapia nel campo biomedico con
l’addizionale vantaggio di non alterare
importanti parametri fisiologici quali
temperatura, pH e forza ionica. In questo
contesto, l’ossido di azoto (NO), l’ossigeno
di singoletto (1O2) e le nanoparticelle di
argento rappresentano agenti di particolare rilevanza date le ben note proprietà antitumorali e
antibatteriche. Il lavori realizzati negli ultimi anni in questo ambito sono stati oggetto di un Feature
Article riguardante nanomateriali di varie tipologie per il rilascio foto-regolato di vari agenti
48
terapeutici. E’ stato progettato e realizzato un sistema basato su nanoparticelle di ciclodestrine
anfifiliche in grado di incorporare in differenti regioni delle stesse, porfirine anioniche e un
fotodonatore di NO progettato opportunamente. Il sistema realizzato si è dimostrato in grado di
rilasciare simultaneamente 1O2 ed NO in seguito ad eccitazione con luce visibile e di indurre una
considerevole mortalità cellulare su cellule tumorali tipo HeLa dovuta all’azione combinata sdelle
due specie anticancerogene foto generate. La fluorescenza dovuta alle unità porfiriniche rimane
preservata nel nano assemblato, rappresentando un potente mezzo per monitorarne facilmente la sua
localizzazione cellulare mediante microscopia di fluorescenza .
-
-
-
-
-
+
+
+
+
hn’
+
+
-
1O
2
-
NO

-
1O
2
NO

Cancer cell
Cell death
Il rilascio di specie terapeutiche lucecontrollato rappresenta indubbiamente un
grande vantaggio, tuttavia, la quantificazione
in modo semplice di una specie foto rilasciata
in un ambiente biologico, rappresenta una
delle sfide piu’ affascinanti della moderna
nanomedicina. A tale riguardo, è stato
progettato un coniugato molecolare basato sul
concetto di release and fluorescent report. In
particolare, il sistema in oggetto è in grado di
rilasciare NO in modo fotocontrollato
associando allo sviluppo di ogni mole di NO
la formazione di un prodotto fluorescente che
ne permette il facile dosaggio anche in
ambiente cellulare mediante microscopia di
fluorescenza. Tale sistema molecolare è
inoltre in grado di indurre una elevata
percentuale di mortalità cellulare senza alcun
bisogno di sistemi carrier in grado di
veicolarlo .
Sono stati infine realizzati dei film multistrato
basati su nanoparticelle di argento, prodotte
mediante una metodologia “green chemistry”
recentemente
sviluppata
nel
nostro
laboratorio, e un fotodonatore di NO
opportunamente modificato in modo da auto
assemblarsi con dette nanoparticelle all’interfaccia acqua/aria. I film molecolari, ottenuti mediante
tecniche del tipo Langmuir-Schaefer, sono in grado di accoppiare le proprietà antibatteriche delle
nanoparticelle di argento alle proprietà antibatteriche dell’NO fotoproddotto per esposizione a luce
visibile. E’ stato altresì messo in evidenza come l’NO foto generato possa efficacemente essere
trasferito ad una metallo proteina come la Mioglobina .
49
Nitric oxide
photodonor
Ag
Ag
+
Ag
+
+
Ag
+
+
Ag
+
Air
Ag
Ag
Ag
Ag
Water subphase
50
Ag
UNITA’ DI RICERCA DI FERRARA
Direttore Scientifico: Prof.ssa Paola Bergamini
L’attività 2011 dell’Unità di Ferrara ha riguardato due tematiche:
1) Complessi di Pt o Ru contenenti PTA (1,3,5-TriazA-7-Fosfaadamantano) o suoi derivati
come inibitori della proliferazione di cellule tumorali ( Responsabile P. Bergamini)
2) I metalli in matrici complesse: studio di equilibri di complesso-formazione in soluzione
(Responsabile M. Remelli)
1) Complessi di Pt o Ru contenenti PTA (1,3,5-Triaza-7-Fosfaadamantano) o suoi derivati
come inibitori della proliferazione di cellule tumorali
Complessi PTA – Ru
I nuovi complessi idrosolubili di rutenio(II) mononucleari [RuCp(X)(PTA)(L)] (X = 8-thiotheophyllinate (TTH-) o 8-methylthio-theophyllinate (8-MTT-) o 8-benzylthio-theophyllinate (8BzTT-), L = PTA o L = PPh3) e binucleari [{RuCp(PTA)(L)}2--(Y-κN7,N´7)] (Y = bis(S-8thiotheophyllinate)-methane (MBTT2-), -ethane (EBTT2-) e -propane (PBTT2-) sono stati
sintetizzati e caratterizzati mostrando che in tutti i casi le tiopurine sono S-coordinate. Il complesso
[RuCp(8-MTT-κS)(PTA)2] è stato caratterizzato per diffrazione ai raggi X. La loro attività
antiproliferativa è stata testate su cellule tumorali umane T2 (cisplatino-sensibili ) e SKOV3
(cisplatino-resistenti).
Uno dei complessi testati, [RuCp(8-BzTT)(PTA)( PPh3 )] ha mostrato una notevole citotossicità,
dovuta probabilmente al rapporto ottimale tra idrofilicità e lipofilicità, raggiunto con una
combinazione di leganti che associa il PTA idrofilo a gruppi lipofili (PPh3 e il sostituente della
tiopurina CH2Ph).
Derivati del PTA ottenuti per N-alchilazione e loro complessi di Pt
Nel corso del 2011 è proseguito la studio di derivati della fosfina idrosolubile 1,3,5-triaza-7phosphaadamantane (PTA), ottenuti attraverso l’alchilazione dell’azoto. I nuovi derivati sono
carichi positivamente, essendo sali di ammonio quaternari, ma conservano la capacità coordinativa
attraverso il fosforo. Queste caratteristiche possono essere vantaggiose per la funzione di leganti per
il platino o il rutenio, allo scopo di ottenere nuovi complessi antitumorali. E’ infatti noto che il
target finale degli antitumorali di platino è il DNA polianionico: la presenza di una carica positiva
sul legante dovrebbe aumentare la velocità e l’efficacia dell’azione del farmaco, sfruttando
l’attrazione elettrostatica.
Durante l’anno 2011 ci siamo dedicati allo studio del comportamento chimico-fisico di derivati del
PTA, ottenuti attraverso la N alchilazione, progettati per introdurre o ottimizzare determinate
proprietà:
- introducendo lunghe catene alchiliche sull’azoto, si ottengono derivati del PTA di cui stiamo
tuttora studiando le proprietà anfifiliche surfactanti e la capacità dei loro complessi di autoaggregazione in strutture idrofobiche in mezzi polari. Queste proprietà potrebbero essere
vantaggiose per la formulazione e distribuzione di complessi ad azione farmacologica e per
promuovere il loro targeting sfruttando la capacità di attraversare membrane lipofile e l’uptake via
endocitosi.
N
X-
N
N
P
n
n=9
n = 13
n = 15
51
PTA-C12 (1I: X = I;
PTA-C16 (2I: X = I;
PTA-C18 (3I: X = I;
1PF6: X = PF6)
2PF6: X = PF6)
3PF6: X = PF6)
- abbiamo messo a punto la sintesi e caratterizzazione di due fosfine zwitterioniche, 1 and 2,
ottenute dalla reazione del PTA con l’ 1,3-propansultone e l’ 1,4- butansultone e studiato le
proprietà coordinative verso il Pt(II)
N
N
N
+
O
N
S
O
X
n
O
N
+
N
n
SO3-
X
n = 1, 2
X = P, n = 1,
X = P, n = 2,
X = N, n = 1,
X = N, n = 2,
X = P, N
(1)
(2)
(3)
(4)
Nella struttura di 1 e 2, la gabbia del PTA è connessa ad un gruppo sulfonato, dando nuove fosfine
caratterizzate dalla presenza nella stessa molecola di due gruppi tradizionalmente sfruttati per
rendere le fosfine idrosolubili, la gabbia del PTA e il gruppo SO3- .
Anche gli analoghi amminici 3 and 4, ottenuti da HMTA, sono stati preparati e caratterizzati. 3 ha
dato cristalli adatti per la determinazione della struttura ai raggi x.
La coordinazione di questi PTA e HMTA-derivati al platino e al rutenio ha portato ad una serie di
complessi che sono stati caratterizzati e sottoposti a test di inibizione della proliferazione cellulare,
su linee cisplatino sensibili e cisplatino resistenti, con risultati promettenti.
2) I metalli in matrici complesse: studio di equilibri di complesso-formazione in soluzione
(Responsabile M. Remelli)
Complessi di rame con la proteina prionica
È stato completato lo studio sulle interazioni dello ione Cu(II) con il cosiddetto “quinto sito” della
proteina prionica, finalizzato a chiarire il ruolo giocato dagli atomi di zolfo tioeterei delle metionine
in posizione 109 e 112. L’indagine, condotta su peptidi modello con tecniche potenziometriche,
calorimetriche e spettroscopiche (ivi compresa la registrazione di spettri NMR su sistemi contenenti
Ni(II) come sonda al posto di Cu(II) che è paramagnetico) ha portato ad escludere definitivamente
qualsiasi interazione diretta tra gli atomi di zolfo dei residui Met e lo ione metallico già legato al
gruppo imidazolico dell’istidina.
110
Ni(II)
109
111
Strutture NMR dei complessi Ni(II)/hPrP106-113 e
Ni(II)/(M109n-Leu)hPrP106-113 in soluzione.
La sovrapposizione quasi perfetta del sito di
coordinazione permette di escludere ogni legame tra
lo ione metallico e gli atomi di zolfo delle metionine.
52
Interazione tra ioni metallici e proteina Hpn
È proseguito lo studio riguardante la formazione di complessi di Cu(II) e Ni(II) con una proteina
caratteristica dell’Helicobacter Pylori, Hpn, una proteina citoplasmatica, coinvolta nell’omeostasi
del nichel, metallo questo ritenuto essenziale per lo sviluppo del batterio. La comprensione delle
modalità di interazione tra Hpn e Ni(II) può essere la base per lo sviluppo di nuovi farmaci. Lo
studio è stato condotto sul frammento Ac-THHHHYHGG-NH2 e su 6 analoghi, con lo scopo
principale di chiarire il ruolo delle istidine in questo sito di legame per gli ioni metallici. Tutti i
peptidi studiati sono risultati ottimi leganti
per Cu(II) e Ni(II). Tra i due metalli il
preferito è sempre il rame, a tutti i valori di
pH, che è perciò in grado di sostituire il
nichel legato alla proteina. Sebbene il rame
sia ben tollerato nel nostro organismo solo
in dosi ridotte, la competizione tra rame e
nichel potrà eventualmente esser sfruttata a
scopo farmacologico. Infine, lo studio
attraverso spettroscopia ESI-MS di questi
sistemi ha rivelato che, in presenza di
eccesso di metallo, si possono formare
complessi polinucleari.
La sintesi dei peptidi sopra citati è stata eseguita presso il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche
dell’Università di Ferrara; gli studi potenziometrici, calorimetrici, spettrofotometrici e mediante
tecnica ESI-MS sono stati eseguiti presso i nostri laboratori; le analisi spettroscopiche EPR e CD
sono state compiute presso il laboratorio di Chimica Bioinorganica e Biomedica della Facoltà di
Chimica dell’Università Wroclaw (Polonia); le misure NMR sono state realizzate presso il
Dipartimento di Chimica dell’Università di Siena.
Metallacrown
I metallacrown sono complessi macrociclici con una struttura
analoga a quella di corrispondenti eteri corona in cui però gli
O
atomi di carbonio dello scheletro sono stati sostituiti con unità di
coordinazione metallo-eteroatomo. Nell’ambito dello studio dei
metallacrown di Ni(II) con acidi amminoidrossammici, iniziato da H N
N OH
2
qualche anno in collaborazione con l’Università di Parma, si è
deciso di iniziare uno studio termodinamico e spettroscopico sul
H
sistema Ni(II)/β-Alaha (acido β-alanil-idrossammico) al fine di
chiarire il suo comportamento in soluzione e verificare l’eventuale Acido β-alanil idrossammico.
formazione di
metallacrown. Le tecniche utilizzate a tale scopo saranno le seguenti:
potenziometria, calorimetria in soluzione, spettrofotometria UV-Vis e spettrometria di massa ESI.
Non verranno trascurati tentativi di cristallizzare i complessi formati, al fine di determinare la loro
struttura cristallografica mediante diffrattometria ai raggi X.
Terapia chelante di malattie dovute a sovraccarico di alluminio
Solo recentemente l’alluminio è stato riconosciuto come una possibile fonte di intossicazione:
infatti, esso è stato a lungo considerato un metallo non essenziale e non tossico e i suoi prodotti
sono stati ampiamente utilizzati in tutte le attività umane. È stato solo a partire da circa il 1970 che
questo metallo è stato sospettato essere causa di diverse malattie, specialmente nei pazienti
sottoposti a dialisi. L’alluminio è stato anche ritenuto coinvolto nel morbo di Alzheimer, ma tale
ipotesi non ha mai trovato conferme definitive ed è ancora ampiamente dibattuta. In collaborazione
con l’Università degli Studi di Cagliari è iniziato uno studio riguardante la chimica di soluzione
dell’alluminio ed il suo comportamento nella formazione di complessi, con speciale attenzione al
53
confronto col ferro trivalente. È noto infatti che i due ioni metallici hanno un comportamento simile
nei confronti di possibili leganti, sebbene il secondo, molto più largamente studiato, formi quasi
sempre complessi più stabili. Le conoscenze acquisite sull’alluminio e la disponibilità di diversi
farmaci chelanti per il ferro potranno portare ad allargare e migliorare le applicazioni della terapia
chelante dell’alluminio nei casi di intossicazione e nelle malattie in cui essi risulti coinvolto.
54
UNITA’ DI RICERCA DI FIRENZE
Direttore Scientifico: Prof. Luigi Messori
L’attività scientifica dell’Unità di Ricerca di Firenze del CIRCMSB, condotta presso il Laboratorio
Metalli in Medicina (lab METMED, Dip. Chimica, Università di Firenze), nel corso dell’anno 2011,
si è focalizzata su 3 tematiche tipiche di questo laboratorio di ricerca:
I)
II)
III)
Antitumorali Metallici
Metalli e Neurodegenerazione
Composti Metallici per il Trattamento della Malaria.
I maggiori risultati conseguiti nei vari ambiti di ricerca nel corso del 2011 e le relative pubblicazioni
scientifiche sono, di seguito, analiticamente descritti.
I) Antitumorali Metallici
È questo il tema su cui si sono prevalentemente concentrate le attività di ricerca dell’UR di Firenze.
Le attività svolte all’interno di tale tematica, a loro volta, possono essere così suddivise:
1. Sviluppo di Composti dell’ Oro come Agenti Citotossici ed Antitumorali.
2. Nuovi Composti di Platino
3. Studi Proteomici e Metallomici.
1. Sviluppo di Composti dell’ Oro come Agenti Citotossici ed Antitumorali
Presso il Laboratorio METMED è attiva, da oltre 10 anni, una linea di ricerca diretta a valutare le
proprietà chimiche e biologiche di nuovi composti dell’oro come possibili agenti antitumorali. I
complessi di oro(III), isolettronici ed isostrutturali con i complessi di platino(II), sono infatti
interessanti candidati come possibili agenti antitumorali. Parimenti, vari composti di oro(I)
mostrano significative proprietà citotossiche, come già ampiamente documentato, e meritano
specifica attenzione.
In anni recenti, abbiamo dimostrato che certi complessi di oro(III), opportunamente sostituiti,
mostrano una accettabile stabilità in ambiente fisiologico e sono, al contempo, dotati di significative
proprietà antitumorali in vitro. I risultati più rilevanti di questa linea di ricerca, ottenuti nel corso
dell’anno 2011, sono riportati di seguito.
- Caratterizzazione chimica e valutazione biologica di nuovi complessi di oro.
In collaborazione con un gruppo di chimici inorganici dell’Università di Sassari (Prof. Cinellu)
abbiamo sviluppato nuovi complessi dell’ oro come possibili agenti citotossici ed antitumorali.
(riferimenti 1-3).
In particolare abbiamo effettuato una estesa caratterizzazione delle proprietà strutturali e della
reattività chimica di un gruppo di complessi dell’oro contenenti il ligando saccarina.
(riferimento 1).
55
O
Na
O
O
N
Au
S
O
O
M
N
O
O
N
N
N
O
O
Au
Cl
O S
O O N
O
S
Na
N
N
S
O
O
O
O
Au
S
O
O
O
Au
N
P
N
N
2
M = K. 1-K
M = NH4, 1-NH4
O S
O O N
N
S
O
O
O
N
S
O
O
S
O
1-Na
K
Au
O
S
O
O
O
S
N
O O
S O
3
4
Figura 1. Rappresentazione schematica dei derivati oro-saccarina.
Di particollare interesse la descrizione delle reazioni che si svolgono fra tali composti ed alcune
proteine modello e la caratterizzazione degli addotti risultanti, effettuata mediante spettrometria ESI
MS.
Il riferimento 2 invece riguarda la caratterizzazione chimica e la valutazione biologica di due
composti organometallici dinucleari di oro(III). Lo studio si è avvalso della collabrazione con
Oncotest di Freiburg –Germania- una azienda biofarmaceutica capace di effettuare test di
citotossicità su estesi panel di linee cellulari tumorali. Tali studi hanno fornito nuova informazione
meccanicistica sui composi indagati
Infine il riferimento 3 concerne la sintesi e caratterizzazione chimica e biolgica di una serie di
compsoti di oro(III) con ligandi piridinici. E’ particolarmente interessante notare che il
comportamento redox del centro oro(III) ha un ruolo crucaile nel determinare il tipo di interazione e
la natura dei prodotti con proteine modello. Implicitameten anche il profilo bioligco complessivo
risulta dipndere dal comportamneto redox del centor emtallico.
- Interazione di composti dell’oro con proteine mediante spettroscopia XAS.
Sempre nell’ambito degli studi sui composti dell’oro come agenti citotossici ed
antitumorali, abbiamo pubblicato un articolo dal titolo “X-ray absorption spectroscopy studies of
the adducts formed between cytotoxic gold compounds and two major serum proteins” dove viene
evidenziata
l’importanza della spettroscopia XAS per ottenere informazione strutturale
indipendente su addotti di composti dell’oro con proteine (riferimento 4).
Figura 2. Profilio XANES di due complessi di Au(III) da soli rispetto ai loro addotti con proteine.
56
- La tioredossina reduttasi come target per metallofarmaci citotossici.
Il riferimento 5 riguarda lo studio delle interazioni di rappresentativi composti dell’oro con il
frammento C-terminale dell’enzima tioredossina reduttasi. IN particolare cerchiamo di identificare
in maggiore dettaglio il meccanismo di inibizione dell’enzima ad opera di svariati composti dell’oro
mediante spettrometria di massa ed altri metodi biofisici e biochimici. Tale studio è in qualche
modo un approfondimento di studi condotti precedentemente in collaborazione con il gruppo
Rigobello-Bindoli dell’università di Padova.
Figura 3. Rappresentazione dell’enzima tioredossian reduttasi
- Due rassegne sui composti dell’oro
Infine i riferimenti 6 e7 sono due rassegne che descrivono lo stato dell’arte delle ricerche sui
farmaci sperimentali a base dell’oro nell’ambito degli studi sui metallofarmaci antitumorali.
Particolare rilievo è attribuito al possibile meccanismo di azione ed all’identificazione dei probabili
bersagli biomolecolari.
2. Studio dei Composti Antitumorali a base di Platino.
Il riferimento 8 riguarda uno studio su nuovi complessi del platino come agenti antitumorali. In
particolare tale studio condotto in collaborazione con il gruppo del prof Weigand dell’università di
Jena riguarda composti del platino cosiddetti “non convenzionali”, caratterizzati dalla presenza di
ligandi solforati e/o di fosfine. Lo studio comprende una estesa caratterizazione chimica di questi
composti come pure la valutazione delle loro proprietà antiproliferative in vitro.
Il riferimento 9 riguarda invece l’utilizzo della spettrometria di massa per la studio delle interazioni
con proteine modello di alcuni composti del platino. La spettrometria di massa si dimostra spesso
risolutiva per la caratterizzazione degli addotti risultanti e per l’identificazione dei frammenti
metallici legati alle proteine.
3. Studi proteomici e metallomici.
Abbiamo messo a punto delle specifiche metodologie di indagine per valutare le interazioni di
complessi di platino(II), oro(III) e rutenio(III) con alcune proteine modello. La procedura
sperimentale si basa su prove di ultracentrifugazione abbinate a determinazioni spettrofotometriche
oppure ICP-OES. Successivamente gli addotti formati possono essere caratterizzati mediante
tecniche di spettrometria di massa e di cristallografia. Tali approcci possono poi essere estesi a studi
più generali di proteomica e metallomica. Una descrizione generale delle metodologie e dei risultati
più significativi da noi ottenuti è fornita nel Riferimento 10, una rassegna scritta in collaborazione
con ricercatori russi e polacchi..
57
Non –linear IPG
pH 3
pH 10
200
E
Control cells
K
D
G
Mr kDa
F
Auranofin treated cells
H
C
A
J
I
B
10
Auoxo 6 treated cells
A
B
Figura 4. Gel bidimensionale di proteine provenienti da cellule di A2780 da sole e dopo
trattamento con farmaci a base di oro.
II) Metalli e Neurodegenerazione
Nel corso del 2011, proseguendo nelle attività di ricerca avviate nell’ambito del progetto nazionale
FIRB sulle malattie neurodegenerative, coordinato dal Prof. Enrico Rizzarelli, abbiamo potuto
incrementare ulteriormente gli sforzi della nostra ricerca in questo settore. (Riferimenti 11 e 12).
In particolare, il riferimento 11, condotto in collaborazione con Prof. Paolo Zatta (Padova),
riguarda la caratterizzazione delle interazioni fra il peptide beta amiloide ed alcuni ioni metallici di
grande interesse come ad esempio zinco, rame, ferro ed alluminio. Si dimostra che tali ioni metallici
esercitano effetti rilevanti sulla conformazione, l’aggregazione e la tossicità del peptide beta
amiloide. Le metodologie ESI MS sono risultate molto importanti per caratterizzare tali interazioni.
D'altra parte il riferimento 12 è uno studio NMR che analizza le interazioni fra il peptide beta
amiloide 1-28 e gli ioni ferro(III) ed alluminio(III). Nelle condizioni sperimentali che abbiamo
applicato, la formazione di addotti metallici del peptide beta amiloide risulta nettamente sfavorita
rispetto alla precipitazione del metallo sotto forma di idrossido.
Figura 5. Studi NMR delle interazioni del peptide beta amiloide 1-28 con ioni metallici
58
III) Composti Metallici per il Trattamento delle Malattie Protozoarie.
Come dimostrato in precedenti nostri lavori, i complessi metallici dell’oro hanno una interessante
valenza come potenziali agenti antiprotozoari. In collaborazione con il gruppo di ricerca dei dr.
Colotti e Ilari, Università di Roma abbiamo analizzato le basi molecolari dell’inibizione della
tripanotione reduttasi di Leishmania ad opera di auranofin. (riferimento 13).
Il riferimento 14 invece identifica l’enzima plasmodiale falcipaina come potenziale bersaglio
molecolare per i composti dell’oro con attività antimalarica.
D’altra parte il riferimento 15 è uno studio condotto in collaborazione con il gruppo Vincieri e
Bilia, dell’Università di Firenze e con ricercatori dell’Università di Padova in cui si mostra che
l'ipericina funge da inibitore dell’enzima tioredossina reduttasi e che potrebbe avere una valenza sia
come antitumorale sia come antiprotozoario.
Figura 6. La tripanotione reduttas, un target per i composti metallici antiprotozoari.
59
UNITA’ DI RICERCA DELL’INSUBRIA
Direttore Scientifico: Prof. Giovanni Palmisano
La risonanza magnetica per immagini (MRI, Magnetic Resonance Imaging) è una tecnica
diagnostica ampiamente utilizzata in medicina per ottenere immagini tridimensionali di tessuti ed
organi. Un numero elevato di analisi MRI viene condotto dopo aver iniettato al paziente uno
specifico agente di contrasto costituito generalmente da un chelato di ioni paramagnetici il cui
effetto è quello di accelerare la velocità di rilassamento dei protoni dell’acqua. I complessi di Gd +3
sono tra i mezzi di contrasto più comunemente utilizzati in diagnostica MRI. Dati recenti hanno
comunque evidenziato gli effetti tossici derivanti da un lento rilascio di Gd +3 in vivo ed hanno
quindi stimolato lo studio di complessi di ioni metallici paramagnetici alternativi al Gd +3 .
L’attività scientifica dell’U.O. si è rivolta allo studio di nuovi complessi di Mn +2 da impiegare quali
agenti di contrasto per MRI. Gli ioni Mn+2 con 5 elettroni spaiati rappresentano una valida
alternativa allo ione Gd +3; inoltre lo ione Mn+2 è presente nei tessuti viventi ed un suo eventuale
rilascio dal chelato, in dosi limitate, non dovrebbe dar luogo a fenomeni di tossicità.
Nel dettaglio, l’U.O. si è occupata della sintesi di due nuovi leganti DO3A like (DO3A: acido
1,4,7,10-tetraazaciclododecan-1,4,7-triacetico) come riportato nello schema 1.
I leganti L1 ed L2 dovrebbero consentire l’ottenimento di chelati di Mn+2 binucleari , permettendo
così di compensare le inferiori proprietà magnetiche del Mn+2 rispetto al Gd +3. La caratterizzazione
rilassometrica dei complessi è stata effettuata in collaborazione con l’Università degli Studi del
Piemonte Orientale “A.Avogadro”. Il complesso Mn-L1 presenta un valore di relassività di 1.52
mM-1s-1 ed uno studio dettagliato ha permesso di verificare la stabilità del complesso nell’intervallo
di pH 4-13. Il complesso Mn-L2 mostra un valore di relassività di 1.65 mM-1s-1 ed un
comportamento analogo a Mn-L1 al variare del pH. La presenza di gruppi benzilici in L2 permette
di ipotizzare una interazione non-covalente del corrispondente complesso con albumina da siero
umano (HSA). L’interazione di Mn-L2 con HSA induce un notevole incremento della relassività (
7.6 mM-1s-1). Ulteriori studi sono in corso atti ad aumentare l’efficienza di questi nuovi chelati a
base Mn+2 per una loro applicazione come mezzi di contrasto per MRI.
Cl
tBuOOC
2
N
N
. HBr
tBuOOC
N
N
N
ROOC
Cl
COOtBu
N
N
Cl
N
H
ROOC
Cl
N
Cl
3
R = tBu
L1
R=H
i)
N
N
ROOC
Ph
N
N
N
Cl
COOR
N
N
N
N
N
Cl
Cl
iii)
N
N
N
2
N
Cl
5
Ph
N
Cl
ROOC
ii)
61
Cl
N
N
N
N
N
Ph
4
N
N
Cl
Cl
COOR
COOR
ROOC
Ph
NH
N
N
ROOC
N
N
N
ii)
2
N
2
1 (DO3A-tBu)
HN
COOR
N
N
i)
N
N
N
N
N
N
COOR
COOR
6
R = tBu
L2
R=H
UNITA’ DI RICERCA DI MESSINA
Direttore Scientifico: Prof. Luigi Monsù Scolaro
Composizione e settore di indagine
L’unità di ricerca di Messina è composta da quattro distinti gruppi di ricerca, ciascuno dei quali
possiede delle competenze specifiche in settori di interesse del Consorzio.
Obiettivi e Metodi
Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Monsù Scolaro. Questo gruppo di ricerca si interessa ormai da
vari anni dell’indagine su processi di aggregazione organizzata di tipo supramolecolare a carico di
una varietà di specie, ed in particolare di composti ad elevata planarità, quali porfirine e relativi
metallo-derivati, e complessi planari di platino(II), nonché dello studio delle loro proprietà in
termini di struttura, reattività e caratteristiche spettroscopiche. In alcuni casi, vari polimeri di
rilevanza biologica sono stati impiegati come supporti templati per indurre la formazione di sistemi
ad elevato grado di strutturazione. Una parte dei componenti del gruppo di ricerca si occupa anche
dello studio di meccanismi di reazione su complessi inorganici ed organometallici.
Nell’ambito dei sistemi supramolecolari, sono stati progettati e indagati addotti non-covalenti tra la
tetrakis(4-carbossifenil)porfirina (TPPC) anionica ed un dendrimero di tipo poliamidoammina
(PAMAM) di generazione 2. Tali addotti sono stabilizzati essenzialmente da interazioni
elettrostatiche e mediante una combinazione di tecniche spettroscopiche è stato possibile osservare
come in soluzione siano presenti varie specie in equilibrio, dipendentemente dal rapporto relativo
dei vari componenti. Calcoli di meccanica molecolare hanno fornito un modello della possibile
interazione, rivelando la possibile inclusione di una molecola di porfirina all’interno del core
dendritico. L’interazione dell’addotto binario TPPC/PAMAM con DNA da timo di vitello è stata
indagata mediante varie tecniche spettroscopiche indicando la formazione di addotti elettrostici
sulla superficie dell’acido nucleico.
Nell’ottica di sviluppare sistemi in grado di interagire efficientemente con acidi nucleici mediante
meccanismi intercalativi, si è messa a punto la sintesi di una porfirina contenente coordinati quattro
subunità platino(II)-terpiridina. Questo sistema presenta un’elevata planarità, responsabile di una
discreta tendenza all’aggregazione. Il comportamento in soluzione in presenza di vari agenti
nucleofili, di ioni metallici e di tensioattivi è stato studiato mediante una varietà di tecniche
spettroscopiche.
Allo scopo di sviluppare sistemi multifunzionali per il trasporto di farmaci e per applicazioni
biomediche, sono state impiegate delle ciclo destrine anfifiliche, in grado di strutturarsi in soluzione
formando una varietà di sistemi aggregati in grado di intrappolare molecole ospiti a vari livelli di
complessità. Un sistema nanostrutturato composto da una nuova ciclodestrina anfifilica
funzionalizzata covalentemente con un fluoroforo di tipo dansilico, unitamente ad una porfirina
anionica, è in grado di internalizzarsi efficientemente in cellule tumorali, consentendo il
rilevamento simultaneo del carrier e del fotosensibilizzatore.
Date le favorevoli caratteristiche spettroscopiche delle porfirine, in termini di assorbimento
elettronico e/o luminescenza, in grado di variare consistentemente in funzione del micro-ambiente,
questi composti si prestano favorevolmente all’impiego come sonde spettroscopiche. In questa
ottica, il derivato di rame(II) di una specifica porfirina dicationica è stato impiegato come sensore
chirottico in grado di amplificare l’informazione chirale proveniente da una matriche polimerica in
conformazione di alfa-elica. Il poliglutammato è stato scelto come sistema modello per studiare
l’interazione con aggregati mesoscopici di questa porfirina, mostrando una notevolissima risposta in
termini di dicroismo circolare. Sempre nel campo dello sviluppo di sistemi in grado di fornire
interessanti risposte ottiche, è stato preparato e caratterizzato un sistema nanostrutturato costituito
da nanoparticelle di oro, porfirine anioniche e spermina. In questo materiale ibrido, la
localizzazione del campo elettromagnetico produce una localizzazione del campo elettrico con il
conseguente innalzamento dell’intensità di luce diffusa.
63
La formazione di aggregati di porfirine anioniche all’interno di ambienti confinati (come le
microemulsioni) consente di ottenere un interessante sistema modello di centri fotosintetici. Il
controllo accurato delle dimensioni di questi aggregati ha consentito, inoltre, di evidenziare che la
loro chiralità cresce all’aumentare della loro estensione.
Nell’ambito degli studi meccanicistici su complessi di platino(II) è stato effettuato un dettagliato
studio cinetico e computazionale sulla reazione di protonolisi e di isomerizzazione in complessi
organometallici contenenti leganti fosfinici e residui benzilici, variamente sostituiti. In questi
sistemi è stato mostrato il ruolo importante giocato da un’interazione beta-agostica nella
stabilizzazione degli intermedi di reazione di tipo tri-coordinato.
Gruppo di Ricerca del Prof. Matteo Cusumano. Questo gruppo si dedica allo studio delle proprietà
di intercalazione di una serie di complessi di metalli di transizione contenenti leganti aromatici nei
confronti di acidi nucleici ed alle variazioni di reattività indotte dal microambiente specifico. In
questo ambito è stata riportata l’efficiente intercalazione di un complesso di iridio(III), basato su
leganti polipidirinici, nei confronti di biopolimeri sintetici e naturali. La luminescenza di questa
specie viene intensificata in presenza di [poly(dA-dT)(2)] e largamente spenta a contatto con
[poly(dG-dC)(2)]. Sulla base di opportune comparazioni è stato proposto che lo spegnimento
dell’emissione del complesso ad opera di residui guanina nel DNA perda efficienza oltre una
distanza di quattro coppie di basi dA-dT.
L’effetto cellulare di un nuovo metallo intercalatore del tipo [Pt(bipy)(Ph(2)-tu)(2)]Cl(2) è stato
indagato in linee cellulari umane di carcinoma ovarico sensibili al cisplatin e nella sua variante
resistente, in cui era stata determinata una elevata capacità di accumulo e citotossicità. E’ stato
mostrato, inoltre, che questo complesso provoca la formazione di specie di ossigeno reattive ed è in
grado di inibire l’attività della topoisomerasi II.
Gruppo di ricerca dei Proff. Giuseppe Bruno ed Enrico Rotondo. Questi ricercatori si occupano
principalmente della caratterizzazione spettroscopica e strutturale di composti inorganici e organici
tramite l’impiego di tecniche di diffrazione di raggi-X su cristallo singolo, calcoli quanto-meccanici
e spettroscopia di risonanza magnetica nucleare.
Nell’ambito della caratterizzazione strutturale mediante tecniche diffrattometriche sono stati
prodotti una serie di lavori su composti contenenti metalli di transizione, su leganti di nuova sintesi
e su nuove molecole organiche di potenziale interesse farmacologico.
Nell’ambito della spettroscopia NMR, è stato messo a punto un metodo basato sull’osservazione del
nucleo 31P allo scopo di fornire una misura della distribuzione dei componenti fosfolipidici su
campioni di plasma e membrane di eritrociti provenineti da vari mammiferi.
Altri lavori hanno riguardato la caratterizzazione in solido ed in soluzione sia di composti organici
che di complessi di metalli di transizione (soprattutto rame(II) e palladio(II)).
Gruppo di Ricerca del Prof. Giuseppe Teti e della Dr. Lo Passo. Questo gruppo di ricerca opera nel
settore della microbiologia e della biologia molecolare e genetica, sviluppando sia attività di ricerca
indipendente che di supporto agli altri gruppi dell’Unità di ricerca.
64
UNITA’ DI RICERCA DI NAPOLI
Direttore Scientifico: Prof. Carlo Pedone
L’attività scientifica dell’Unità operativa di Ricerca di Napoli è stata rivolta, per l'anno 2011,
principalmente alla veicolazione di mezzi contrasto e farmaci mediante peptidi nell’ambito delle
seguenti tematiche:
1) Progettazione e sintesi di analoghi peptidici per il riconoscimento dei recettori della
minigastrina e loro caratterizzazione in vitro
Una delle strategie per diagnosticare con precisione la presenza di cellule tumorali e veicolare
farmaci specificamente è quella basata sull'impiego di marcatori molecolari che risultano
sovraespressi nei tumori solidi. Tali ligandi possono essere utilizzati come vettori per migliorare
l’accumulo di mezzi di contrasto in cellule patogene e migliorarne l’immagine. Da diversi anni
l’unità di Napoli è impegnata nella progettazione, sintesi e caratterizzazione di sistemi basati su
molecole bioattive (peptidi) in grado di riconoscere recettori sovraespressi da cellule tumorali. In
particolare i sistemi studiati recentemente intendono riconoscere i recettori della gastrina. Per
ottenere nuove sonde, che migliorassero in particolare la biodistribuzione di quelle precedentemente
preparate e caratterizzate, sono stati preparati nuovi analoghi della minigastrina sostituendo alcuni
amminoacidi rispetto alla sequenza nativa della minigastrina che permettessero di mantenere le
stesse cariche, ma aumentare in vivo la stabilità del coniugato peptidico oppure aggiungendo altri
amminoacidi sull’estremità N-terminale che aumentassero la clearence renale. I nuovi coniugati
(riportati in tabella) sono stati sintetizzati mediante la tecnica di sintesi peptidica in fase solida,
purificati e caratterizzati dal punto di vista chimico fisico. La loro affinità sarà studiata mediante
prove di binding cellulare in vitro su cellule che sovraesprimono i recettori della gastrina e
successivamnete in vivo su cavie.
Sequenze degli analoghi della minigastrina sintetizzate
DOTA-DGlu-Ala-Tyr-Gly-Trp-Met-Cya-Phe-NH2
DOTA-DGlu-Ala-Tyr-Gly-Trp-Met-Ser(SO3H)-Phe-NH2
DOTA- [Ser(SO3H)]3-Ala-Tyr-Gly-Trp-Met-Asp-Phe-NH2
DOTA- [Cys(SO3H)]3-Ala-Tyr-Gly-Trp-Met-Asp-Phe-NH2
2) Aggregati supramolecolari teradiagnostici funzionalizzati con molecole bioattive come tools
per la diagnosi oncologica mediante la tecnica della risonanza magnetica imaging (MRI) e la
veicolazione di farmaci.
Questa attività in collaborazione con l’UO di Torino si articola nella progettazione, sintesi e
caratterizzazione di nuovi mezzi di contrasto selettivi per la visualizzazione di patologie
oncologiche mediante la tecnica della Risonanza Magnetica Imaging (RMI). Questa tecnica fornisce
immagini ad altissima risoluzione, ma a causa della bassa sensibilità, richiede un elevato accumulo
di mezzi contrasto sul tessuto che si intende visualizzare. Pertanto è in corso da diversi anni un
progetto per la messa a punto agenti di contrasto (ACs) supramolecolari capaci di accumularsi
sull’organo bersaglio ad una concentrazione almeno dell’ordine di 10-4M. Liposomi e micelle che
espongono sulla loro superficie un vettore peptidico (CCK8 e octrotide) sono stati preparati e
caratterizzati sia dal punto di vista strutturale che relassometrico.
A)
Monooleina
65
B)
O
O
CH2(CH2)6CH3
O
CH2(CH2)6CH3
HO
O
Dioleina
Figura 1: Schematica rappresentazione della monooleina e della dioleina
Recentemente le attività hanno previsto la preparazione di nuovi aggregati supramolecolari
lamellari a fase inversa (cubosomi, spugne e fasi cubiche esagonali) come mezzi contrasto per
l’MRI. Questi nanovettori posseggono una struttura interna ad alveare più o meno ordinata e sono
stati preparati a partire da monooleina (MO) e dioleina (DO) in miscela con acqua seguendo i loro
diagrammi di fase (rapporto in peso tra H2O e MO o DO pari a 98/2). Per stabilizzare gli aggregati
in ognuno dei campioni è stato aggiunto il 15% in peso rispetto alla MO totale di Pluronico F127,
un copolimero a blocchi.
Ad ognuno dei campioni è stato inoltre aggiunto un complesso anfiflico di gadolinio
(C18)2DTPA(Gd) (vedi figura 2A). La percentuale di questo complesso di gadolinio è stata fatta
variare dall’1% al 20% ed è riferita alla MO o DO totale.
I sistemi supramolecolari sono stati caratterizzati sia mediante tecniche chimico fisiche (DLS e
cryo-TEM, Potenziale Z) per determinare il raggio idrodinamico, struttura interna dei liposomi e la
loro carica, sia mediante 1HNMR, DNMR per determinarne le proprietà rilassometriche. In accordo
con dati di letteratura, il diametro di tutti i campioni risulta compreso tra i 150 e 170 nm. I valori
della relassività, invece, sono compresi tra 1012 mM-1s-1 per i sistemi contenenti MO e
leggermente più alti (14 mM-1s-1) per quelli contenenti DO. Questo incremento è accompagnato da
un significativo aumento del parametro τR che indica una maggiore rigidità del sistema contenente
DO. Ulteriori misure di caratterizzazione strutturale (Cryo-TEM) hanno permesso di concludere che
gli aggregati ottenuti sono spugne.
A)
(C18)2DTPA(Gd)
COOCOON
O
N
O
O
H
N
(CH2)4
O
NH2
Gd
N
N
H
N
3+
COOCOO-
B)
(C18)2-Peg3000-FA
HO
O
O
O
NH
N
H
H
N
O
n
O
HN
O
N
N
NH2
O
N
N
NH2
n=68
N
O
Figura 2: Schematica rappresentazione di monomeri (C18)2DTPA(Gd) e (C18)2-Peg3000-FA
66
Successivamente è stato sintetizzato il monomero (C18)2-Peg3000-FA (figura 2B) contenente due
catene alchiliche a 18 atomi di carbonio, uno spaziatore di polietileneglicole (Peg3000) e l’acido
folico (FA). Questo monomero è stato sintetizzato direttamente su resina mediante tecniche di
sintesi in fase solida, purificato mediante RP-HPLC e caratterizzato mediante LC-MS.
Aggiungendo il 3% in moli di questo monomero alle spugne di MO/(C18)2DTPA(Gd) (90/10) o
DO/(C18)2DTPA(Gd) (90/10) sono stati ottenuti sistemi funzionalizzati con l’acido folico per il
target selettivo dei recettori del folato. Questi sistemi funzionalizzati sono stati studiati in maniera
del tutto analoga a quelli non funzionalizzati, per determinarne le proprietà strutturali e
relassometriche (1HNMR, DNMR). L’aggiunta del 3% del monomero (C18)2-Peg3000-FA non
altera la struttura degli aggregati e la loro relassività.
Successivamente tutti i sistemi supramolecolari studiati (MO/(C18)2DTPA(Gd), DO/
(C18)2DTPA(Gd), MO/(C18)2DTPA(Gd)/(C18)2-Peg3000-FA, DO/(C18)2DTPA(Gd)/ (C18)2Peg3000-FA) a seguito dell’introduzione di una bassa percentuale (0.1%) del fosfolipide
rodammina (Rho-PE) nella membrana sono stati sensibili alla tecnica della fluorescenza. Questi
sistemi sono stati testati in vitro mediante tecniche di microscopia confocale e imaging su cellule
del tumore ovarico che sovraesprimono i recettori del folato (IGROV-1). I sistemi con MO hanno
mostrato elevata tossicità cellulare, quelli contenenti DO invece si accumulano sulla cellula, ed in
particolare i sistemi funzionalizzati hanno un maggior accumulo rispetto a quelli non
funzionalizzati. Un obiettivo futuro sarà incapsulare un farmaco antitumorale per ottenere un
sistema teranostico target selettivo.
3) Complessi di Platino ed oro veicolati da peptidi
Questa linea di ricerca, in collaborazione con le unità di Bari e di Padova, prevede di direzionare
mediante peptidi bioattivi capaci di riconoscere recettori sovraespressi da cellule tumorali complessi
di elementi di transizione attivi dal punto di vista chemioterapico. Nella terapia antitumorale i
complessi di platino esplicano una ben nota funzione di inibizione della proliferazione cellulare, ma
presentano molti effetti collaterali che ne limitano l’uso. Per direzionare i complessi verso il tessuto
di interesse sono state messe a punto delle metodologie per la veicolazione mediante aggregati
liposomiali o strategie per legare il complesso a peptidi. L’innovazione consiste nella messa a punto
di una strategia sintetica in fase solida o in soluzione in grado di superare i problemi di solubilità,
che spesso si presentano nella coordinazione dell’oro e del platino a chelanti ancorati a molecole
bioattive e la concorrenza di più basi di Lewis nei confronti del centro metallico.
Nel corso dell’anno 2011 sono stati sintetizzati in alte rese ed elevata purezza complessi anfifilici
del platino che consentono di poter inserire tali molecole nella formazione di aggregati
supramolecolari superando i problemi di caricamento del complesso di platino in un liposoma.
I monomeri sono stati ottenuti mediante tecniche di sintesi in fase solida con chimica Fmoc. Tutti i
monomeri contengono un gruppo chelante opportuno per la coordinazione del platino e due catene
alchiliche a 18 atomi di carbonio inoltre possono contenere un peptide per direzionare l’aggregato
verso il sito di interesse e una catena di Peg in grado di aumentare l’idrofilicità e l’ “invisibilità” nei
confronti del RES (reticolo endoteliale). Gli aggregati sono stati formulati mediante tecniche di
sonicazione ed estrusione. Misure di tipo chimico fisico come la fluorescenza e lo scattering di
neutroni (SANS e DLS) hanno permesso di determinare i parametri strutturali degli aggregati. Gli
aggregati più interessanti saranno sottoposti a prove di citossicità.
4) Studio del meccanismo di penetrazione e fuoriuscita del virus Herpes simplex di tipo 1
utilizzando nanocristalli.
Lo studio del meccanismo di penetrazione e di fuoriuscita della glicoproteina gH del Herpes
Simpex virus tipo I è risultato essere di notevole importanza per l’analisi in vitro dei meccanismi
coinvolti. L’analisi accurata del meccanismo di interazione della glicoproteina gH con le
membrane, mediante l’utilizzo di sistemi liposomiali modello ha portato alla identificazione della
sequenza 625-644, altamente capace di interagire con le membrane. Quest’ultima è stata
opportunamente marcata per consentirne la visualizzazione, mediante molecole fluorescenti (NBD)
67
e Qdots, in microscopia confocale. I Qdots sono stati scelti per le loro proprietà ottiche ed
elettroniche che li rendono dei fluorofori unici sia in vitro per seguire un’ampia varietà di
esperimenti biologici, che in vivo. Essi posseggono, rispetto alle tradizionali molecole organiche,
elevata stabilità e la capacità di identificare contemporaneamente segnali multipli. Inoltre nella
regione del vicino infrarosso (700–900 nm) la maggior parte delle biomolecole non presenta uno
spettro di assorbimento, il che permette di usare i QDs per l’imaging in vivo.
Notevoli successi sono stati ottenuti nell’utilizzo dei Qdots per la marcatura extracellulare; al
contrario il delivery intracellulare presenta numerosi problemi ed ancora non esistono protocolli
generali per riuscire ad effettuarlo.
I coniugati peptidici gH 625-644-NBD, e gH 625 -644-QDot sono stati sintetizzati mediante sintesi
in fase solida con chimica Fmoc. Inoltre è stato sintetizzato il peptide Tat-NBD e Tat-QD (cell
penetrating) come peptide controllo.
Figura 1: Immagini di microscopia confocale dei peptidi gH625-644 e TAT legati rispettivamente
al QD ed NBD; Nel pannello A è evidenziato il peptide in verde; Pannello B il LysoTracker in
rosso ; Pannello C una sovrapposizione delle due immagini
Dall’analisi al microscopio confocale (Figura 1) si evince che entrambi i peptidi gH625-644 e Tat
(peptide utilizzato come controllo) sono efficientemente internalizzati all’interno della cellula, ed
inoltre si osserva anche una significativa colocalizzazione con il LysoTracker, indicando quindi una
parziale presenza all’interno dei comparti endosomiali.
Questi esperimenti sono stati anche condotti su cellule vive (Figura 2), perchè recenti studi indicano
che il protocollo utilizzato per il fissaggio cellulare può parzialmente alterare l’internalizzazione
cellulare.
68
Dalle immagini si evidenzia come la percentuale di peptide internalizzato nel caso del TAT sia
minore con le cellule vive, indicando che una grande quantità di peptide diffonde nelle cellule
durante il protocollo di fissaggio.
Figura 2: Immagini di microscopia confocale dei peptidi gH625-644 e TAT legati rispettivamente
al QD ed NBD, condotte su cellule vive a 1, 5 e 17 h di incubazione a 37°C
Inoltre per meglio comprendere il meccanismo di ingresso sono stati condotti studi trattando le
cellule con NaN3 ed anche a 4 OC al fine di inibire il processo di endocitosi (Figura 3).
Il peptide Tat mostra una maggiore localizzazione all’interno degli endosomi come mostrano gli
esperimenti condotti con NaN3 e quelli condotti 4 OC, quando le attività della cellula sono ridotte.
Viceversa il peptide NBD-gH 626-644è in grado di attraversare le membrane senza essere
intrappolato negli endosomi.
Figura 3. Inibizione dell’endocitosi condotto con cellule HeLa per 1 h con 50 nm QD-peptide e con
10 μM NBD-peptide. (A) Cellule non trattate (B) Cellule trattate con 40 μM NaN3. Panello C
gH625-QD e TAT-QD alla concentrazione di 100 nm incubati a 4 °C con cellule HeLa
69
Quindi il peptide gH625-644 è in grado di trasportare i Qdots attraverso la membrana plasmatica e
di posizionarsi largamente nella frazione citoplasmatica della cellula, essenzialmente per via non
endosomica. Inoltre è stato effettuato uno studio per determinare la concentrazione peptidica
minima, ottimale da legare ai Qdots.
E’ sicuramente di notevole interesse l’approfondimento di questo studio sia per la capacità del
complesso di attraversare le membrane, senza essere intrappolato in maniera significativa in
comparti lisososomiali, che vanno poi incontro a fenomeni di degradazione, sia per lo sviluppo di
un sistema di interazione recettoriale.
70
UNITA’ DI RICERCA DI PADOVA
Direttore Scientifico: Prof.ssa Dolores Fregona
1. Tematica “Nuovi Farmaci inorganici in oncologia”
Parte 1
Sintesi, caratterizzazione e studio dell’attività biologica di composti di coordinazione per
applicazioni in terapia e diagnostica oncologica
Dolores Fregona, Luca Ronconi, Chiara Nardon, Eszter M. Nagy, Giulia Boscutti
L’attività svolta nel corso del 2011 dal nostro gruppo pur avendo mantenuto la continuità con
l’anno precedente si è focalizzata su due linee principali:
1) Agenti antitumorali a base metallica con leganti funzionalizzati per il loro indirizzo
selettivo verso la cellula tumorale.
2) Sviluppo di nuovi biosensori per la rilevazione precoce di marker tumorali.
1) Agenti antitumorali a base metallica con leganti target specifici.
Lo sviluppo di farmaci antitumorali a base metallica iniziò nella seconda metà del secolo scorso
grazie alla scoperta da parte di Rosenberg delle promettenti proprietà del cisplatino che venne
approvato nel 1978 dalla Food and Drug Administration (FDA) per il trattamento del cancro al
testicolo e all’ovaio, oltre che nella cura del tumore alla vescica, al cervello, alla mammella e al
polmone (nella variante a cellule non piccole) in combinazione con altri agenti chemoterapici. Pur
essendo farmaci altamente efficaci, il cisplatino ed suoi succedanei causano tuttavia la comparsa di
gravi effetti collaterali nei pazienti, tra cui nausea, alopecia, ototossicità, neurotossicità,
mielosoppressione, nefrotossicità, e l’insorgenza di resistenza al farmaco acquisita in seguito ai
primi cicli di terapia. Negli anni successivi sono stati perciò sviluppati numerosi composti analoghi
al cisplatino, in cui sono stati variati la natura dei leganti e/o il tipo di centro metallico (es: oro,
palladio, rutenio,rame, ecc) allo scopo di minimizzarne gli effetti collaterali più gravi, tra cui in
primis la tossicità a livello renale e gastrointestinale, e superare il problema sia della resistenza
intrinseca che acquisita. Ciò ha sviluppato la ricerca frenetica di nuove molecole a carattere
terapeutico in grado di proporsi come nuovi eventuali chemioterapici nella incessante lotta contro il
cancro; a tutt’oggi si contano migliaia di nuovi composti sintetizzati ogni anno nel mondo, ma solo
un numero molto esiguo di tali composti mostra una attività terapeutica interessante e spesso la
tossicità che accompagna la loro somministrazione non ne fa dei candidati credibili per la
sostituzione degli attuali farmaci usati in ambito clinico.
In questo contesto, noi abbiamo progettato, sintetizzato, caratterizzato e testato biologicamente
come nuovi agenti antitumorali, dei derivati ditiocarbammici di Rutenio [Ru(II,III)], Rame [Cu(II)],
Zinco [Zn(II)] e Oro [Au(III)]. Sebbene in molti casi i composti sintetizzati abbiano mostrato livelli
di attività in vitro comparabili se non superiori a quelli del cisplatino, i risultati più significativi
sono stati ottenuti con i derivati di Au(III). Date le loro proprietà di elevata stabilità in soluzione,
riproducibilità di sintesi e di promettente attività antineoplastica, i nuovi composti a base di oro
sono stati protetti con un brevetto PCT recentemente esteso nei vari Paesi europei, negli stati Uniti,
in Canada, in Cina ecc. Gli studi eseguiti presso il Dipartimento di Patologia del Barbara Ann
Karmanos Cancer Institute, Wayne State University di Detroit, su estratti cellulari di tumore
mammario, hanno permesso di identificare il “proteasoma” come target primario intracellulare. Il
proteasoma è un enzima scoperto recentemente con la funzione di “digerire” varie proteine
“contrassegnate” con molecole di ubiquitina. È un bersaglio cellulare estremamente importante in
71
quanto è sovraespresso nelle neoplasie e la sua attività regola finemente l’omeostasi cellulare. I
nostri composti di Au(III) sono potenti inibitori di tale enzima (IC50 nell’ordine del M)
determinando uno squilibrio a livello intracellulare che porta alla morte della cellula sia in vitro che
in vivo. Tale risultato è molto rilevante dato che attualmente soltanto il farmaco Velcade®, in uso
clinico per il trattamento del mieloma multiplo farmacoresistente e recidivante, è un inibitore del
proteasoma. Infine i nostri composti di Au(III) hanno evidenziato una capacità di inibizione della
crescita tumorale dell’85% su tumori xerografici umani (tumore mammella MDA-MB-23 molto
invasivo ed altamente metastatizzante con prognosi infausta). Inoltre durante il trattamento non
sono stati osservati segni di tossicità e i topi non hanno perso peso, né hanno mostrato prostrazione
o diminuzione dell’attività. Nuove ricerche in collaborazione con il Dipartimento di Medicina
Ambientale e Sanità Pubblica, hanno permesso di rilevare altri target a livello mitocondriale con
un’inibizione delle principali funzioni mitocondriali. Gli studi delle proprietà antitumorali in vitro e
in vivo e di tossicità acuta in vivo, sono tuttora in corso con risultati estremamente positivi. Inoltre la
valutazione delle vie e tempi di escrezione in vivo su ratti sani trattati per via intraperitoneale ha
mostrato che nelle 48 h, viene escreto l'89.2% del metallo attraverso le feci e solo il 10.3% per via
urinaria.(4.0% nelle prime 24 h e 6.3% durante le seconde 24 h), mentre meno dell'1% non viene
rilevato. Inoltre sia nei macrofagi che nel liquido peritoneale non sono state rilevate tracce di oro.
Infine gli studi istopatologici hanno evidenziato che i tessuti degli organi espiantati dai ratti trattati
con i composti di oro non mostrano alcuna significativa variazione istologica rispetto ai controlli,
apparendo ben conservati e compatibili con le condizioni normali. Altri test di attività antitumorale
in vivo sul tumore xenografico della prostata PC3, condotti presso il Centro di Riferimento
Oncologico di Aviano, hanno evidenziato una riduzione della proliferazione tumorale dell’85%.
Infine, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Padova
stiamo conducendo degli studi di farmacocinetica e di uptake cellulare.
Nella ricerca di potenziali antitumorali con attività superiore a quella del cisplatino e minore
tossicità, una grande attenzione viene attualmente rivolta anche ai complessi di rutenio che
presentano interessanti proprietà antimetastatiche. Sulla base di tale considerazione, negli ultimi
anni il nostro gruppo di ricerca ha sintetizzato nuovi complessi di Ru(III) del tipo [Ru(DT) 3] e α/[Ru2(DT)5]Cl, (DT= legante ditiocarbammico) che sono stati completamente caratterizzati tramite
IR, NMR, massa, termogravimetria e cristallografia ai raggiX. I composti ottenuti sono stati poi
sottoposti ad uno screening di attività citotossica su varie linee cellulari di tumori umani: i test
hanno dimostrato una buona attività per i dimeri ionici α/-[Ru2(DT)5]Cl ed una maggiore
selettività d’azione dei complessi neutri verso le linee leucemiche. I risultati preliminari, molto
incoraggianti ci hanno indotto ad intraprendere uno studio sistematico in soluzione, attraverso
tecniche UV-Vis e CD, finalizzato al chiarimento del meccanismo di azione e al riconoscimento dei
principali target biologici. Gli studi sono stati condotti in presenza di DMSO, tampone fosfato e
terreno di coltura completo (DMEM). Inoltre ne è stata studiata la reattività in presenza di albumina
sierica (BSA).
Per alcuni complessi sono stati inoltre ottenuti cristalli adatti alla risoluzione della loro struttura e
per i composti monometrici di Ru(III) è stata misurata la suscettibilità magnetica. E’ stata inoltre
condotta una sintesi innovativa di complessi ditiocarbammici di Ru(III) di seconda generazione con
leganti dipeptidici al fine di accrescere l’uptake cellulare della sostanza e la biodisponibilità,
incrementandone di conseguenza l’effetto terapeutico.
72
I complessi mononucleari tris-chelati, di formula [RuIIIL3], sono stati sintetizzati per mezzo di una
reazione tra il legante, ottenuto in situ in soluzione acquosa, ed il precursore di Ru(III), Na[transRuIII(DMSO)2Cl4]; i complessi sono stati poi caratterizzati tramite spettroscopia 1H-NMR, FT-IR ed
analisi elementare, confermando la natura del prodotto ottenuto.
Per l’ottenimento dei complessi dinucleari è stata invece condotta una reazione templata tra RuCl 3
ed il legante in acqua e i prodotti di reazione sono stati caratterizzati tramite spettroscopia 1H-NMR,
analisi elementare ed analisi ESI-MS. Sono stati ottenuti i complessi mononucleari di Ru(III) e di
Ru(II) e i complessi dinucleari di Ru(III), nelle due diverse forme isomeriche, α e β. Tali complessi
di seconda generazione sono stati testati su una linea cellulare di tumore al polmone non a piccole
cellule (NSCLC), una tipologia di cancro che si presenta particolarmente aggressiva ed altamente
metastatizzante, che tutt’oggi rimane difficilmente curabile. I complessi, testati sulla linea NCIH1975, hanno dimostrato una citotossicità maggiore rispetto al chemioterapico di riferimento e i
derivati di Ru(III) sono risultati più attivi rispetto agli analoghi di Ru(II). Tali risultati hanno potuto
evidenziare come il diverso intorno chimico e lo stato di ossidazione possano avere un effetto molto
importante sull’attività citotossica. I risultati positivi ottenuti ci hanno permesso di programmare
ulteriori studi tesi all’identificazione dei potenziali target biologici per il chiarimento del
meccanismo di azione.
2) Sviluppo di nuovi biosensori per la rilevazione precoce di marker tumorali.
Lo scopo di questo progetto di ricerca è quello di proseguire nello sviluppo di un nuovo metodo per
la diagnosi precoce dei tumori con il fine di ottenere un dispositivo semplice da utilizzare anche a
livello ambulatoriale, con un limite di rilevabilità inferiore e più rapido dei test attualmente
utilizzati. Per raggiungere questo obiettivo sono state studiate due possibili vie chiamate LIA
(Luminescence ImmunoAssay) e CHIA (Chemiluminescence ImmunoAssay). Entrambi gli
approcci sfruttano le particolari caratteristiche chimico-fisiche dei lantanidi per utilizzarli come
sonde luminescenti in un test immunologico. I lantanidi ed i loro derivati offrono dei vantaggi
considerevoli se confrontati con i comuni fluorofori organici come, per esempio, la fluoresceina.
Dato che il tempo di vita dello stato luminescente è molto lungo, nell’ordine dei ms-μs, è possibile
raccogliere il segnale di luminescenza della sonda dopo un intervallo di tempo sufficientemente
elevato da eliminare la fluorescenza del background, specialmente quella fornita da fluorofori
endogeni come gli amminoacidi Phe, Tyr, Trp ed altre specie presenti nei campioni biologici.
Questo permette un incremento del rapporto segnale/rumore poiché il segnale derivante dalla sonda
contenente il lantanide può essere facilmente separato da quello degli altri fluorofori endogeni che
hanno tempi di vita nell’ordine dei ns. Un’altra caratteristica che rende i lantanidi particolarmente
adatti per essere utilizzati come sonde luminescenti è l’ampio spostamento di Stoke, cioè una
grande differenza tra i massimi delle due lunghezze d’onda di eccitazione e di emissione, che
determina una sovrapposizione minima tra le due bande. Inoltre i lantanidi e i loro complessi
possono essere utilizzati in test multianalita poiché la banda di emissione è piuttosto stretta e varia
da lantanide a lantanide. Entrambi i metodi, LIA e CHIA, si basano sul principio del trasferimento
di energia per risonanza chiamato LRET (Luminescence Resonance Energy Transfer). La differenza
tra i due metodi sviluppati consiste nel fatto che nel LIA il trasferimento energetico avviene dal
legante al centro metallico del complesso contenente il lantanide, mentre nel CHIA il donatore è un
amminoacido aromatico, in particolar modo i residui di Trp.
Precedentemente sono state poste le basi teoriche per lo sviluppo dei due metodi e sono stati
sintetizzati alcuni complessi intrinsecamente luminescenti da utilizzare nell’approccio LIA.
Quest’anno ci si è concentrati invece sullo sviluppo di complessi adatti all’approccio CHIA. Da un
73
punto di vista biotecnologico il CHIA è un metodo piuttosto innovativo che punta ad ottenere una
variazione nel segnale di luminescenza (ΔI o Δλ) del campione (mAb+Ag) solo nel caso si verifichi
una reazione supramolecolare tra antigene(Ag) ed anticorpo(Ab). Si è scelto di utilizzare, come
modello per la ricerca, il cancro del colon-retto in quanto è uno dei carcinomi più diffusi a livello
mondiale di cui si conosca il corrispondente marker: il GICA (GastroIntestinal Cancer Antigen)
chiamato anche CA 19-9.
Si è deciso di utilizzare i residui di Ser come siti per la bioconiugazione dei complessi all’anticorpo
e i residui di Trp come potenziali donatori per il processo LRET grazie alle loro appropriate
caratteristiche chimico-fisiche. In seguito è stata ottimizzata la procedura di digestione
dell’anticorpo per ottenere frammenti F(ab’)2 mediante l’utilizzo del kit Immunopure IgG1 basato
sulla ficina proteasi.
Poiché nell’approccio CHIA è necessario che i leganti dei complessi siano privi di gruppi aromatici
in grado di dar trasferimento energetico per risonanza con il centro metallico, per rispettare questa
condizione sono stati sintetizzati una serie di complessi di europio(III) e di praseodimio(III) con
leganti acetilacetonato e con leganti non aromatici polidentati, che sono in grado di legarsi
saldamente al centro lantanidico. Tali complessi sono stati caratterizzati mediante analisi elementare
e termogravimetrica, spettroscopia 1H-NMR e FT-IR, e spettrofotometria UV-Vis e di
luminescenza. Lo sviluppo del progetto continuerà con la sintesi di nuovi complessi e la loro
bioconiugazione ai residui di serina di peptidi modello. Infine si è programmato di immobilizzare
gli anticorpi su una superficie di biossido di titanio depositato su un vetrino poiché le proprietà
chimico-fisiche del supporto risultante ben si adattano all’approccio CHIA.
Parte 2
Sintesi, caratterizzazione e studio dell’attività biologica di complessi di metalli di transizione
quali potenziali agenti antitumorali
Valentina Gandin, Cristina Marzano, Marina Porchia
Nell’ambito della ricerca di nuovi composti metal-based dotati di proprietà farmacologiche migliori
rispetto al cisplatino, negli ultimi anni l’attività del nostro gruppo si è focalizzata sulla progettazione,
sintesi e studio delle proprietà biologiche di nuovi complessi di Cu(I). In particolare, nel corso dell’anno
2011, l’attività di ricerca si è sviluppata secondo due tematiche principali:
1) Composti omolettici carichi di Cu(I) del tipo [CuP4]+
a) Approfondimenti del meccanismo d’azione e studi in vivo dell’efficacia antitumorale del
lead compound [Cu(thp)4](PF6);
2) Composti eterolettici “3+1” neutri contenenti fosfine terziarie e trisazolilborati
a) Studi inerenti il meccanismo d’azione e l’attività antitumorale in vitro ed in vivo di
[Cu(HBpz3)(PCN)];
b) Sintesi, caratterizzazione e valutazione dell’attività antiproliferativa in vitro di nuovi
complessi;
1a) Approfondimenti del meccanismo d’azione e studi in vivo dell’efficacia antitumorale del lead
compound [Cu(thp)4](PF6).
Nel corso di studi precedenti che hanno interessato diverse serie complessi fosfinici di Cu(I), è stato
messo in evidenza che il complesso [Cu(thp)4][PF6] risulta il più attivo nell'inibire la proliferazione
cellulare tumorale, anche nel caso di particolari linee cellulari tumorali selezionate per la loro
resistenza al cis-platino e di tipo MDR. In particolare, testato nei confronti di un pannello di linee
cellulari tumorali di adenocarcinoma colon-rettale rappresentative di diversi stadi di progressione
74
della malattia, si è dimostrato fino a 30 volte più efficace dell’oxaliplatino, farmaco d’elezione per
il trattamento del tumore al colon-retto. Inoltre, dato di particolare interesse, è risultato
estremamente attivo anche in cellule che hanno sviluppato resistenza nei confronti di questo
derivato di platino di terza generazione. Studi condotti su cellule umane non trasformate hanno
rivelato che [Cu(thp)4][PF6] dimostra una spiccata selettività nei confronti delle cellule tumorali,
con un SI (indice di selettività: rapporto tra le IC50 calcolate per le cellule tumorali e le
corrispondenti non trasformate) calcolato per tale complesso notevolmente più favorevole rispetto a
quello dei chemioterapici di riferimento (cis-platino e oxaliplatino). Studi di caratterizzazione
dell'effetto cellulare promosso da [Cu(thp)4][PF6], portano a concludere che tale complesso sia in
grado di indurre selettivamente in cellule neoplastiche un caratteristico meccanismo di morte
cellulare programmata (PCD) di tipo non apoptotico definito paraptosi (di tipo III B). Inoltre, si è
avuta dimostrazione che [Cu(thp)4][PF6] induce un accumulo di proteine poli-coniugate
all'ubiquitina come conseguenza del blocco delle attività proteolitiche del proteasoma 26S. Ciò
determina l'induzione dello stress del reticolo endoplasmatico (ER) e la conseguente attivazione
dell'UPR (Unfolded Protein Response), processo avviato dalla cellula stessa nel tentativo di
ricondurre l'ER al suo normale stato fisiologico. Il processo di morte cellulare paraptotico si
manifesta, dunque, con swelling dell’ER, massiccia vacuolizzazione citoplasmatica ed
iperpolarizzazione del potenziale mitocondriale di membrana, mentre sembra essere indipendente
dalla attivazione delle caspasi e dalla cascata delle MAP kinasi. Più di recente, si è concretizzato il
primo importante passo mirato ad inserire questa ricerca in un contesto più strettamente applicativo.
E’ stata, infatti, studiata l'attività in vivo di [Cu(thp)4][PF6] nei confronti di un modello tumorale
murino (LLC, tumore polmonare di Lewis). I risultati della sperimentazione hanno indicato
chiaramente che il trattamento con [Cu(thp)4][PF6] induce una netta riduzione della massa tumorale
negli animali portatori del tumore, aumentandone i tempi di sopravvivenza, e, in alcuni casi,
comportando persino la guarigione completa degli animali stessi. Questa elevata attività
antitumorale si manifesta, però, a fronte di una minore tossicità sistemica rispetto a quella
determinata dal cis-platino, farmaco di riferimento. La pressoché totale mancanza di gravi effetti
avversi sembra essere giustificabile in base ai risultati ottenuti mediante esperimenti di
biodistribuzione che hanno indicato un accumulo preferenziale di [Cu(thp)4][PF6] in sede tumorale.
Questa spiccata capacità di accumulo a livello tumorale sembra essere riconducibile alla possibilità
che questo complesso fosfinico di Cu(I) possa essere internalizzato a livello cellulare mediante
hCtr1, il trasportatore transmembrana del rame endogeno. Questa particolarità appare di grande
interesse, soprattutto se connessa a recenti osservazioni che mostrano come hCtr1 sia
particolarmente espresso in molti tipi di tumore umano, soprattutto ovaio e colon.
La notevole idrofilia e stabilità in mezzo acquoso di [Cu(thp)4][PF6] nonché il suo tropismo nei
confronti del tumore e di conseguenza la sua eccezionale attività antitumorale in vivo, hanno
portato al deposito da parte dell’Università degli Studi di Padova di un brevetto internazionale al
fine di tutelare la proprietà intellettuale di questa ricerca che è risultata talmente interessante da
stimolare l’attenzione di enti competenti per la valutazione clinica della sua efficacia antitumorale.
2a) Studi inerenti il meccanismo d’azione e l’attività antitumorale in vitro ed in vivo di
[Cu(HBpz3)(PCN)];
Nel corso di studi precedenti era stata sintetizzata e caratterizzata una nuova classe di complessi di
Cu(I) a sfera di coordinazione mista contenenti sia leganti fosfinici che un legante chelante bi o
tridentato. Studi di valutazione dell’attività antitumorale in vitro hanno permesso di individuare una
relazione tra la struttura e la loro attività. In particolare, il complesso più attivo è risultato
75
[Cu(BHpz3)(PCN)] (PCN = tris-cianoetilfosfina, HBPz3 = trispirazolilborato) composto neutro,
lipofilico, a sfera di coordinazione ‘3+1’. La sua attività antitumorale in vitro, valutata nei confronti
di un ampio pannello di linee cellulari tumorali, è risultata significativamente più elevata rispetto a
quella del cis-platino, anche nei confronti di linee cellulari resistenti a tale platino derivato o
appartenenti al fenotipo MDR. Inoltre, [Cu(HBpz3)(PCN)] ha dimostrato una elevata attività
antiproliferativa, fino a 12 volte superiore a quella del cis-platino, anche nei confronti di due linee
cellulari tumorali primarie, entrambe estratte dall’ascite del tumore di carcinoma ovarico di due
pazienti che hanno presentato recidiva in seguito al trattamento con tassolo e carboplatino.
Studi condotti al fine di caratterizzare il meccanismo d’azione di [Cu(HBpz3)(PCN)] dimostrano
che il processo apoptotico non rappresenta il meccanismo principale di morte cellulare indotto da
tale complesso. Non si denotano, infatti, segni classici di apoptosi quali l’attivazione della caspasi3, l’aumento della popolazione cellulare in fase Sub-G1, la condensazione e la frammentazione
della cromatina con conseguente formazione dei corpi apoptotici. Inoltre, nemmeno il processo
necrotico sembra prendere parte, dato che non si notano alterazioni nella permeabilità della
membrana cellulare. Come è emerso per altri complessi fosfinici di rame(I), tra cui [Cu(thp) 4][PF6],
anche [Cu(HBpz3)(PCN)] induce un tipo di morte cellulare programmata diverso sia dalla necrosi
che dall’apoptosi e che viene definito come paraptosi.
[Cu(HBpz3)(PCN)] determina quindi uno swelling del ER che sembra essere correlato al blocco del
sistema proteasoma-ubiquitina (UPS) ma anche alla parziale inibizione dell’attività proteolitica
della catepsina B, una proteasi cisteinica lisosomiale che risulta particolarmente espressa in
numerosi tipi di tumori solidi. Il blocco di entrambi i sistemi deputati all’omeostasi proteica
cellulare determina l’induzione di uno squilibrio proteolitico che ha come conseguenza l’attivazione
dell’UPR e, in ultima battuta, l’attivazione del processo di morte paraptotico.
Risultati davvero interessanti sono stati ottenuti, infine, valutando l’attività antitumorale di
[Cu(HBpz3)(PCN)] in vivo, nei confronti di un tumore solido murino. Tale complesso ha dimostrato
un’attività antitumorale pressoché simile a quella del cis-platino, associata però ad una minor
tossicità sistemica.
2b) Sintesi, caratterizzazione e valutazione dell’attività antiproliferativa in vitro di nuovi complessi
3+1 di Cu(I) contenenti leganti tris(azolil)borati e fosfine primarie.
Lo screening riguardante l’attività antiproliferativa in vitro di una serie di composti di Cu(I) con
sfera di coordinazione 2+1+1 e 3+1, ha nel corso degli anni scorsi evidenziato che le specie dotate
di miglior attività antiproliferativa sono quelle costituite da un legante tridentato e da una fosfina
monodentata. In particolare, il derivato più attivo tra i composti studiati si è rivelato il composto
neutro [Cu(HBpz3)(PCN)] (cfr paragrafo 2a). Al fine di migliorare ulteriormente l’attività citotossica
è stata sintetizzata una serie di nuovi complessi 3+1 di Cu(I) e si è cercato di trovare una
correlazione tra le proprietà chimico fisiche dei leganti (lipofilicità, ingombro sterico, carica) e
l’attività dei complessi ottenuti. Considerando [Cu(HBpz3)(PCN)] come composto di riferimento,
sono stati variati sistematicamente:
1) la fosfina;
2) i sostituenti agli anelli pirazolici;
3) la natura dell’anello legato all’atomo di boro
ottenendo la serie di composti riportati in tabella:
76
Composto di riferimento
[Cu(HBpz)3(PCN)]
Variazione fosfina
[Cu(HBpz3)(PTA)]
PTA = 1,3,5-triaza-7-phosphaadamantano
[Cu(HBpz3)(DAPTA)]
DAPTA = 3,7-diacetil-1,3,7-trazafosfabiciclo[3.3.1]nonano
[Cu(HBpz3)(thp)]
thp = tris-idrossimetilfosfina
[Cu(HBpz3)(PPh3)]
PPh3 = trifenilfosfina
Cu(HBpz3)[P(C6H4F)3]
[Cu(HBpz3)(PTA-SO2)]
PTA-SO2 =2-tia-1,3,5-triaza-fosfaadamantano2,2diossido
Variazione sostituenti anello pirazolico (fosfina = PCN, PTA)
Cu(PCN)[HB(CF3-Pz)3]
Cu(PTA)[HB(CF3-Pz)3]
Cu(PCN)[HB(Me2-Pz)3]
Cu(PTA)[HB(Me2-Pz)3]
Cu(PCN)[HB(NO2-Pz)3]
Cu(PTA)[HB(NO2-Pz)3]
Sostituzione anello
(fosfina = PCN, PTA)
[Cu(HBBenTz3)(PCN)]
BenTz = benzotriazolo
[Cu(HBBenTz3)(PTA)]
La scelta dei leganti è stata fatta tenendo conto sia del loro ingombro sterico che della loro
lipofilicità. Per questo è stato calcolato il LogP con il programma ALOGPS: VCCLAB, Virtual
Computational Chemistry Laboratory; http://www.vcclab.org, 2005.
LogP
Tolman’s angle
thp
DAPTA
PTASO2
PTA
PCN
PPh3
P(C6H4F)3
-1.98
-1.44
-1.11
-0.78
-0.18
5.34
5.64
102
132--175
145
145
HBPz3
HB(3-NO2-Pz)3
HB(3,5Me-Pz)3
HB(3-CF3-Pz)3
HB(benzotriazole)3
0.57
1.65
2.51
3.6
77
I composti di rame sono stati ottenuti a temperatura ambiente a partire da CuCl o da
[Cu(CH3CN)4][BF4] e sono stati completamente caratterizzati tramite analisi elementare, 1H e 31P
NMR, FT-IR e spettrometria di massa. E’ interessante notare che negli spettri di massa (ESI+) dei
complessi sono sempre presenti segnali corrispondenti al picco molecolare [MH] + e a frammenti
ottenuti soprattutto per perdita della fosfina, diversamente da quanto osservato precedentemente con
i complessi del tipo ‘2+1+1’, dove il picco molecolare non è mai rilevabile e la frammentazione
principale avviene tramite la perdita del legante bidentato piuttosto che per la perdita di una fosfina.
Inoltre, si è ottenuta la determinazione strutturale ai raggi X del composto [Cu(PCN)[HB(NO2-Pz)3]
da cui si evince chiaramente che il trispirazolilborato lega tridentato il rame mentre il quarto sito di
coordinazione del metallo è occupato da una fosfina PCN.
I complessi ottenuti sono neutri e insolubili in H2O, ma solubili nei comuni solventi organici quali
MeCN e DMSO, ed in genere sono stabili all’ossidazione sia in solido che in soluzione. In via del
tutto preliminare è stata valutata anche la loro attività citotossica nei confronti di un pannello di
linee cellule tumorali di origine umana. Tutti i complessi finora testati hanno dimostrato una buona
attività citotossica nei confronti delle linee cellulari considerate, con valori di IC 50 nell’ordine del
micromolare. Ulteriori studi sono in corso per cercare di correlare le proprietà chimico-fisiche dei
complessi con l’efficacia antiproliferativa.
Parte 3
Ruolo dei leganti ancillari nell’interazione di complessi analoghi al cisplatino con nucleobasi
modello.
Longato Bruno, Montagner Diego
Quest’anno la tematica dell’interazione delle nucleobasi modello con complessi di Pt(II) stabilizzati
da leganti ancillari donatori al fosforo quali fosfine, si e’ concentrato sull’ottenimento di nuovi
complessi amidinici (relazione del 2009 e 2010), sull’isolamento dei leganti amidinici nelle loro
forme protonata e neutra e nello studio dell’attivita’ biologica dei complessi e dei leganti ottenuti in
collaborazione con la prof. Marzano del dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Universita’ di
Padova.
Come oramai noto, la reazione di condensazione tra idrosso complessi stabilizzati da leganti
fosfinici e le nucleobasi modello 1-metilcitosina (1-MeCy) e 9-metiladenina (9-MeAd) in solventi
nitrilici quali acetonitrile e benzonitrile porta alla formazione di complessi amidinici come descritto
nello schema seguente (L = PPh3).
78
H
NH2
L
N
Pt
N
+
R
N(4)
1a: R = Me
L(3)N
O
N
CH3
L
Pt
L
1-MeCy
H
O
L
N
Pt
O
H
1b: R = Ph
O
2+
H3C
L
RCN, at 20° C
NH2
H
L N
Pt
N
N
N
N
+
R
2a: R = Me
N(6)
L(1)N
CH3
2b: R = Ph
N(7)
(3)N
9-MeAd
N
H 3C
Per protonazione con due equivalenti di HCl si possono ottenere i leganti amidinici liberi nella loro
forma protonata e poi per neutralizzazione delle stesse con NaOH si ottengono le amidine nella loro
forma neutra.
Questa via di sintesi di amidine mediate dal ruolo metallico non ha precedenti in letteratura e queste
amidine con le nucleobasi modello del DNA sono uniche nel loro genere.
Le amidine neutre sono state caratterizzate oltre che in soluzione anche ai raggi X come riportato in
Figura 1. Questi leganti amidinici neutri, possono esistere sotto forma di due
specie tautomeriche, la forma aminica e quella iminica (Schema sottostante). Allo stato solido, ma
anche in soluzione la forma stabilizzata e’ quella aminica.
.
Figura 1. Struttura ai raggi X delle amidine neutre [H2N=C(Ph)1-MeCy(-2H) e [H2N=C(Ph)9MeAd(-2H).
79
Dallo spettro eterocorrelato HMBC 15N-1H HMBC delle amidine neutre [H2N=C(Ph)1-MeCy(2H) (5b) e [H2N=C(Ph)9-MeAd(-2H) (6b) si evince che anche in soluzione la forma aminica e’
quella stabilizzata dal momento che entrambi i protoni NH correlano con lo stesso azoto a  = -268
ppm (Figura 2).
Figura 2. HMBC 15N-1H HMBC di 5b in CDCl3.
Dal momento che in letteratura sono riportati precedenti di complessi amidinici che manifestano
elevate citotossicita’, abbiamo testato i nostril complessi amidinici e le corrispondenti amidine
libere (sia neutre che protonate) su diverse line tumorali cellulari (quest’analisi attraverso l’MTT
test e’ stata eseguita in collaborazione con la Prof. Marzano del Dipartimento di Scienze
Farmaceutiche).
Mentre le amidine libere non manifstano attivita’ (o solo parziale) i complessi amidinici ed in
particolare quelli stabilizzati dal benzonitrile e dalla nucleobase 1-metilcitosina (1b) risultano essere
molto attivi (a volte piu’ attivi del cisplatino di riferimento) anche su linee cellulari cisplatino
resistenti come le C13 o le A431/Pt).
Inoltre i complessi sono stati testate carcinoma del colon multidrug resistant (MDR) dimostrando
che questi complessi superano anche questa ulterior resistenza.
I valri di IC50 dei complessi esaminati e delle amidine libere ottenuti su diverse linne tumorali sono
riportati nella tabella seguente.
Questi risultati insieme ad altre analisi sono riportati nelle pubblicazioni 2011.
80
2. Tematica “Radiofarmaci nella diagnostica e terapia tumorale”
Sintesi, caratterizzazione e valutazione biologica di nuovi radio-complessi quali potenziali
agenti per la diagnostica SPECT e la terapia.
Cristina Bolzati, Davide Carta, Nicolò Morellato, Nicola Salvarese, Fiorenzo Refosco, Alessandro
Dolmella, Giuliano Bandoli.
Le tematiche in cui si inserisce il presente lavoro sono legate ad una ampia area di ricerca, che ricade nel
campo della nano-medicina, denominata imaging molecolare. Questa disciplina fornisce gli strumenti
per studiare, sia qualitativamente sia quantitativamente ed in maniera non invasiva, numerosi processi
biologici a livello molecolare.
Negli ultimi anni abbiamo riportato una nuova ed efficiente metodologia per la sintesi in alta resa di
nitruro complessi del tipo [Tc(N)(YZ)(PNP)]0/+ utilizzabili nella preparazione di radiofarmaci di
perfusione e recettore specifici. In questi composti PNP è una alcossi alchil difosfinammina e YZ è un
chelante contenente atomi donatori quali S, O e N tra cui ditiocarbammati (DTC) e cisteino derivati
(cys~). Per questi composti, la possibilità di saturare in maniera asimmetrica la sfera di coordinazione
del metallo apre la strada alla realizzazione di un‟ampia varietà di radiocomplessi, le cui caratteristiche
chimico-fisiche possono essere finemente modulate conferendo agli stessi particolari e desiderate
proprietà farmacocinetiche.
Nell’ anno 2011 l’attività di ricerca è stata prevalentemente orientata verso l’ applicazione di questo
paradigma di sintesi alla preparazione di agenti di perfusione e alla marcatura di molecole
biologicamente attive di comprovata o potenziale importanza clinica sia dal punto di vista diagnostico
che terapeutico e conseguentemente alla preparazione di 99mTc-radiofarmaci capaci di interagire in
modo selettivo con recettori posti sulla superficie di cellule coinvolte in processi infiammatori,
degenerativi o neoplastici.
Conseguentemente il lavoro è stato così suddiviso:
A) Valutazione dell'applicabilità del frammento molecolare [M(N)(PNP)] 2+ alla preparazione di
radiofarmaci target-specifici.
Questa parte del progetto è stata orientata alla sintesi e alla valutazione biologica di differenti complessi
(figura 1) neutri o carichi del tipo [M(N)(PNP)(BMs)]0/+ (M= 99mTc, 188Re) dove PNP è rappresentato
da una amminodifosfina contenente gruppi alchilici e/o alcossialchilici (es. CH3- CH3OCH2CH2-;
HOCH2-) e BMs da una biomolecola quale un peptide in grado di legare selettivamente recettori
sovraespressi sulla superfice di cellule tumorali. Molecole d'interesse sono: peptidi contenenti la
sequenza RGD (Arg-Gly-Asp) selettiva per l'integrina V3 coinvolta nell'angiogenesi e in
numerose metastasi tumorali; derivati dell'ormone -MSH contenenti la sequenza His-D-Phe-ArgTrp in grado di legare con elevata specificità e selettività recettori della melanocortina-1 (MC-1)
sovraespressi sulla superficie di cellule melanomatose. Questa parte del programma è stata svolta in
collaborazione con l’Istituto di Chimica Biomolecolare di Padova. Parallelamente in collaborazione
con l'Institut für Radiopharmazie, Rossendorf, Germany i peptidi derivanti dell'ormone -MSH
sono stati coniugati con l'acido 1,4,7-triazacyclononane-1,4,7-triacetic (NOTA) in modo da legare
stabilmente radionuclidi metallici utili nella diagnostica PET e nella radioterapia quali 68Ga e 64Cu.
Si prevede nel prossimo futuro di completare questo studio attraverso la valutazione delle
caratteristiche di stabilità in vitro dei complessi ottenuti e di transchelazione con cisteina e
glutatione, e la loro valutazione biologica in vitro ed in vivo. Gli esperimenti in vitro saranno
condotti su linee cellulari che sovraesprimono il tipo di recettore prescelto, mentre, le prove in vivo
saranno condotte su modelli animali opportunamente selezionati.
81
Sempre in collaborazione con l'Institut für Radiopharmazie, Rossendorf, Germany il frammento
molecolare [M(N)(PNP)]2+ è stato utilizzato nella sintesi di complessi stabili del tipo
[188Re(N)(PNP)(L)]0/+ [L= N-acetil-cisteina, cys(OS); MeO-cysteina, cys(NH2,S)].
Gli interessanti risultati ottenuti con il 188Re sono stati oggetto di pubblicazione. La sintesi di questi
complessi lascia intravvedere la possibilità di utilizzare questa tecnologia di sintesi alla preparazione di
peptidi radiomarcati quali potenziali agenti ad azione terapeutica. In quest'ambito l'analogia chimica
esistente tra Re e Tc rende il 188Re particolarmente interessante come componente terapeutico di una
coppia di agenti 'matched pair' per la diagnosi e la terapia del cancro.
Figura 1
B) Valutazione dell'applicabilità del frammento [M(N)(PNP)]2+ alla preparazione di radiofarmaci
di perfusione.
L'attività svolta è stata orientata alla sintesi e valutazione biologica di una serie di nuovi 99mTc(N)eterocomplessi del tipo [Tc(N)(DTC)(PNP)]+ quali potenziali agenti per l'imaging cardiaco (Figura 2) ed
il loro confronto con 99mTc(N)DBODC(PNP5) [DBODC = bis-(N- etossietil)ditiocarbammato; PNP5 =
bis-(dimetossipropilfosfinoetil)etossietilammina], abbreviato a DBODC5, lead compound della serie,
attualmente in fase di studio clinico come agente di perfusione cardiaca, e le cui caratteristiche
farmacocinetiche consentono di ottenere immagini di elevata qualità diagnostica, superiore a quelle
ottenute con i traccianti attualmente in uso clinico (99mTc-Sestamibi e 99mTc-Tetrofosmin).
Studi volti a chiarire i meccanismi di distribuzione, ritenzione ed eliminazione di questi complessi
hanno dimostrato che il loro rapido efflusso dai tessuti non bersaglio è fortemente correlato
all'azione di trasportatori P-gp, suggerendo che il frammento molecolare [Tc(N)(PNP)]2+ potrebbe
essere identificato come substrato di P-gp MDR e delle proteine ad esse associate. In conformità a
queste considerazioni, abbiamo iniziato, in collaborazione con il Gruppo della Dott. C. Marzano del
Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell'Università di Padova e con il Gruppo del Prof. N.A.
Colabufo del Dipartimento Farmaco Chimico, Università di Bari, uno studio volto allo sviluppo di
nuovi 99mTc-agenti utili nell' imaging e nel monitoraggio di forme neoplastiche, nonché nella
82
determinazione dell'attività, espressione e funzione delle P-gp MPR nel cancro e nelle malattie
neurodegenerative come l'Alzheimer , il Parkinson e l'epilessia.
Dati preliminari hanno evidenziato come la captazione cellulare di questi 99mTc(N)-complessi sia
strettamente correlata all'attività metabolica cellulare nonché funzione del livello di P-gp/MPR.
Questi risultati lasciano intravvedere la possibilità di estendere l'applicazione diagnostica di questi
complessi dalla cardiologia nucleare all'oncologia.
Figura 2
Infine, a completamento della descrizione delle attività di studio inerenti la chimica dei metalli nei
sistemi biologici dei membri della sezione va anche ricordato il contributo offerto da Alessandro
Dolmella ad altre ricerche, sempre riguardanti la chimica di coordinazione di metalli di transizione.
In particolare, è stata descritta l’attività catalitica di complessi del Pd(II) con leganti allilici, ed il
contributo si è concretizzato nell’investigazione delle proprietà strutturali dei complessi.
83
UNITA’ DI RICERCA DI PALERMO
Direttore Scientifico: Dott.ssa. Claudia Pellerito
Durante gli ultimi anni, la composizione dell'unità di Palermo ha subito considerevoli cambiamenti,
per lo più dovuti alla messa a riposo di una buona parte del personale storico, anche se non sono
mancate le dimissioni volontarie.
Nonostante questo trend, purtroppo destinato a proseguire, si sono osservate nuove adesioni, e,
nonostante l'immissione sia troppo recente per valutarne la produzione scientifica, l'Unità si è
indubbiamente arricchita di nuove competenze.
Per quanto riguarda l'attività scientifica strettamente legata all'anno 2011, in conseguenza della
composizione dell'Unità, essa si è svolta su diversi fronti:
1.
2.
3.
4.
5.
Metallofarmaci in oncologia
Proprietà termodinamiche standard per la formazione di complessi
Termodinamica di sistemi acquosi copolimero/tensioattivo convenzionale
Uso di Tecniche Neutroniche per indagini su materiali di interesse archeologico
Modellizazioni ed indagini computazionali.
1. Metallofarmaci in oncologia
L'attività di ricerca si è sviluppata lungo diverse linee; nuovi sistemi sono stati proposti, basati sia
sull'ormai consolidato uso, presso l'unità, dell'organostagno(IV), sia il più nuovo – relativamente
alle linee di ricerca di Palermo – rutenio.
Facendo leva sull'esperienza pregressa, è proseguito il lavoro di costruzione di una libreria di
complessi organostagno(IV)-derivati di 2-/4-[(E)-2-(aryl)-1-diazenil]benzoato. I nuovi composti
hanno subito estesa caratterizzazione chimico-strutturale (spettroscopia Mössbauer, NMR, IR, ove
possibile diffrazione di singolo cristallo) e sono stati testati su un panel di linee cellulari di tumori
umani (A498, EVSA-T, H226, IGROV, M19 MEL, MCF-7 e WIDR). Alcuni composti, in vitro,
hanno ottenuto citotossicità specifiche superiori rispetto a quelli di CCDP, 5-FU e ETO.
Al fine di giustificare il meccanismo d'azione, i complessi ottenuti, modellizzati per via
semiempirica, sono stati sottoposti ad analisi QSAR su enzimi chiave (ribonucleotide reduttasi,
timidilato fosforilasi, timidilato sintasi, topoisomerasi II).
Un'altra linea di complessi, organostagno(IV)-sulfonatofenilpofine, è risultata essere di notevole
efficacia nell'induzione apoptotica e/o nell'arresto della crescita di cellule di A375, un melanoma
umano. Lo studio è stato condotto mediante uso di Western blotting, che ha evidenziato come i
tributilderivati abbassino i livelli delle principali proteine coinvolte nella tumorgenesi (β-catenin, cmyc, snail). Iè stato inoltre dimostrato l'ingresso dei comlessi all'interno delle cellule, nonché la
localizzazione dei complessi a livello del nucleo.
Sul fronte del rutenio, sono stati sintetizzati e caratterizzati (FT-IR, ES-MS, NMR, EXAFS e DFT)
nuovi complessi di Ru(II), con glucosaminato, 1-thio-β-d-glucosio e 6'-amminolattosio. L'efficacia
di tali complessi è stata testata su cellule A375.
2. Proprietà termodinamiche standard per la formazione di complessi.
Nell'anno 2011 sono state condotte le indagini di seguito riassunte.
 Idrolisi di ioni metallici (Al3+) e organometallici (RxSn(4-x)+) ad elevate concentrazioni al
fine di evidenziare la formazione di specie polinucleari.
In particolare, è stato condotto uno studio sulla idrolisi di cationi di monometil, dimetil e
trimetilstagno(IV) ad elevate concentrazioni sia sui sistemi singoli che su sistemi misti
(R2Sn2+/R3Sn+ e RSn3+/R2Sn2+) con lo scopo di valutare la eventuale formazione di specie
idrolitiche miste e la possibile azione sinergica prodotta dalla idrolisi di uno dei cationi di
organostagno nei confronti dell'altro.
 In continuità con gli studi di analisi di equilibrio in soluzione acquosa è stata studiata a) la
formazione di specie complesse tra lo ione uranile (UO22+) e leganti policarbossilici ad
85
elevato peso molecolare (acido poliacrilico e acido alginico) al fine di valutare la capacità
sequestrante di questi leganti nei confronti dei derivati di U(VI) nei sistemi acquosi naturali,
e b) la interazione dello ione Pd(II) con agenti chelanti amino policarbossilici (NTA, EDTA,
DTPA, DTHA, EDDS) per valutare la speciazione del palladio in soluzione acquosa in
presenza di leganti con gruppi N e O donatori.
I risultati di queste indagini sono stati oggetto di pubblicazioni su riviste ISI a diffusione
internazionale e di comunicazioni al congresso di termodinamica dei complessi tenutosi a Taormina
nel giugno del 2011.
3. Termodinamica di sistemi acquosi copolimero/tensioattivo convenzionale
L'attività scientifica ha riguardato lo studio di macromolecole interagenti con additivi idrofobi e fasi
disperse. A tal fine, sono stati effettuati studi termodinamici, strutturali e spettroscopici. L'attività
scientifica può essere così riassunta:
a) Solubilizzazione di contaminanti in micelle polimeriche
È stato effettuato un dettagliato studio termodinamico in funzione della temperatura e
concentrazione del tensioattivo polimerico e additivo. A tal fine, sono state adoperate diverse
tecniche quali la calorimetria differenziale a scansione (DSC), la tecnica volumetrica e la
calorimetria isoterma di titolazione (ITC).
b) Nanocompositi costituiti da polimeri biocompatibili
I nanocompositi sono materiali che esibiscono strutture uniche e proprietà straordinarie assenti nei
tradizionali compositi (stabilità termica e meccanica, ridotta infiammabilità, proprietà di barriera,
ecc.) caratterizzati dalla presenza di nanofillers. L'attività di ricerca nel campo dei nanocompositi ha
riguardato la sintesi e la caratterizzazione chimico-fisica di nanomateriali costituiti da nanoargille e
nanosilice e macromolecole (polimeri e biopolimeri).
Gli studi si sono basati sulle tecniche di DSC, diffrazione a raggi, spettroscopia di fluorescenza e
UV-vis, termogravimetria e dynamic mechanical analysis. È stato possibile correlare le proprietà
microscopiche con quelle macroscopiche.
c) Termogravimetria applicata ai Beni Culturali. È stata messa in evidenza la versatilità della
tecnica termogravimetrica nei processi di consolidamento di legni archeologici bagnati e
nella valutazione dello stato di degrado del legno stesso.
4. Uso di Tecniche Neutroniche per indagini su materiali di interesse archeologico
Una combinazione di quattro tecniche neutroniche è stata usata per investigare la struttura di rocce
dal micro-dominio al macro-dominio. Una selezione di campioni provenienti dall'Edificio con Tre
Esedre del sito archeologico di Villa Adriana (Tivoli) ha costituito il set di campioni. La Villa è un
complesso di edifici classici costruiti nel II secolo D.C. su disposizione dell'imperatore Adriano e fa
parte della World Heritage List dell'UNESCO. Informazione complementare sulla struttura e sui
meccanismi di formazione e di aggregazione è stata ottenuta mediante misure di ND, SANS,
USANS e NT.
Gli esperimenti di diffrazione sono stati eseguiti facendo uso dei diffrattometri INES e ROTAX
della Sorgente di Spallazione ISIS del Rutherford Appleton Laboratory di Chilton (UK).
INES consente l'investigazione di un ampio range di dimensioni (fra 0.1 Å 16 Å) con una
risoluzione massima Δd/d = 0.002. ROTAX copre un range dimensionale da 0.3 a 50 Å, con
risoluzione Δd/d = 0.0035.
Le misure combinate SANS-USANS sono state effettuate presso il NIST Center for Neutron
Research di Gaithersburg (USA), facendo uso degli strumenti NG3 (SANS) e BT5 (USANS). Lo
strumento NG3 ha consentito di investigare il range fra 1 e 500 nm, mentre BT5 ha consentito di
investigare il range compreso fra 0,1 e 20 mm. È stato quindi possibile investigare la struttura
frattale dei marmi e risalire alla possibile origine degli stessi, attraverso l'ottenimento dei
coefficienti frattali, strettamente collegati al metamorfismo che ha generato i marmi.
Le misure di Tomografia Neutronica sono state eseguite allo strumento CONRAD presso il reattore
BERII del centro HZB di Berlino.
86
L'esame dei dati ottenuti mostra che ND e NT forniscono informazione direttamente paragonabile
(composizione delle varie fasi), mentre SANS e USANS insieme forniscono informazione
complementare a ND e NT (meccanismo di formazione), ma non direttamente collegata alla
composizione. In particolare l'accordo fra ND e NT è eccellente per campioni a fase singola. SANS
e USANS, in generale indicano che quasi tutti i campioni VA misurati hanno una struttura che può
essere ben descritta da un modello gerarchico (Frattale).
5. Modellizazioni ed indagini teoriche
Pur se non di stretta competenza delle tematiche del consorzio, membri dell'unità hanno condotto
ricerche in ambito teorico nella modellizzazione di sistemi atipici o nella validazione di nuovi
funzionali applicati a sistemi modello. Nella prima categoria ricade lo studio dell'acetone nelle
condizioni di cicli di espansione/compressione in esperimenti di supercompressione (5 Gpa, 200 K).
nella seconda, lo studio di interazioni π tra fullereni ed esabenzocoroneni o viologeni.
87
UNITA’ DI RICERCA DI PARMA
Direttore Scientifico: Prof.ssa Marisa Ferrari Belicchi
Sono di seguito descritti i risultati ottenuti nell’anno 2011 relativamente all’attività svolta
nell’ambito della tematica “Nuovi farmaci inorganici in oncologia”.
Metalloproteine come catalizzatori biologici
Le metalloproteine catalizzano i più complessi e importanti processi biomolecolari presenti in
Natura. La progettazione “de novo” di proteine ed enzimi artificiali rappresenta una strategia
efficace per verificare il nostro livello di comprensione dei meccanismi di funzionamento dei
metalloenzimi e per realizzare metalloproteine artificiali non accessibili dai sistemi biologici.
I metallopeptidi “de novo” progettati sono aggregati di oligopeptidi nei quali una sequenza lineare
di amminoacidi dà origine spontaneamente a una ben definita struttura proteica secondaria e
terziaria, con inclusione di residui che coordinano ioni metallici (Figura 1). Questi sistemi sono un
costrutto proteico semplificato dove una quantità significativa della struttura proteica è idealmente
rimossa, mentre vengono mantenute le caratteristiche strutturali del sito metallico. I metallopeptidi
possono essere facilmente sintetizzati in alta resa e purezza per realizzare composti idrosolubili nei
quali la struttura del sito attivo metallico può essere controllata mediante progettazione della
sequenza amminoacidica. Pertanto, essi possono essere utilizzati per studiare in dettaglio le
relazioni struttura-attività correlando variazioni strutturali della proteina artificiale con le variazioni
delle proprietà chimico-fisiche, anche attraverso l’uso di sequenze non accessibili dai sistemi
biologici come quelle che includono amminoacidi non naturali.
In questo progetto si sono studiati mutati della sequenza di 30 amminoacidi TRI (AcG[LKALEEK]4G-NH2). In soluzione, peptidi corrispondenti a questa sequenza avvolgono
spontaneamente ad α-elica ed aggregano a dare unità di 3 α-eliche parallele dette “three stranded
coiled coils” o “α-helix bundles” (Figura 1). I residui idrofobici di leucina (L) sono orientati
all’interno dell’aggregato, e possono essere mutati a livello di sintesi con residui in grado di
coordinare ioni metallici (es. istidina, cisteina, metionina).
Fig. 1 (A): Rappresentazione dell’α-elica anfifilica contenente i residui idrofobici di leucina (Leu,
“a” e “d”) su una faccia, e i residui idrofilici su quella opposta. (B): Diagrammi “helical wheel” che
mostrano le interazioni idrofobiche (“a” e “d”) ed elettrostatiche (“e” e “g”) in peptidi two- e threestranded coiled coil paralleli. I residui di Leu nelle posizioni a e d vengono ingegnerizzati per creare
siti in grado di coordinare ioni metallici. (C): Rappresentazione “cartoon” del three-stranded coiled
coil relativo alla sequenza TRI.
Attraverso questo approccio, è stata realizzata una rame proteina artificiale basata sulla sequenza
TRI mutata in posizione 23 con una istidina. La α-helix bundle Cu(TRI L23H)3 contiene un sito
89
Cu+1/+2(His)3 con struttura analoga alla proteina Nitrito Reduttasi, quest’ultima coinvolta nella
riduzione dissimilatoria del nitrito ad NO e contenente un sito rame catalitico tipo-2. Il modello
proposto sulla base delle evidenze sperimentali mostra che il rame sia +1 che +2 possiede una
geometria di coordinazione tetraedrica (distorta) con tre posizioni occupate da imidazoli e la quarta
posizione occupata da una molecola d’acqua. Il sito rame si trova prossimo all’estremità Cterminale del bundle (His in posizione 23 su una sequenza di 30 amminoacidi), e i modelli 3D
suggeriscono che la quarta posizione di coordinazione sia direzionata verso l’N-terminale (ossia
verso il centro del coiled coil, Figura 2).
Fig. 2 Sinistra: Rappresentazione “cartoon” di Cu(TRI L23H)3. L’estremità N-terminale è in alto.
Destra: Rappresentazione del modello strutturale del metallopeptide Cu(I/II)(TRI L23H)3 (basato
sulla struttura ai raggi X dell’analogo modello di Zn2+). Lo ione metallico è indicato in arancione.
La quarta posizione di coordinazione è indicata con la sfera rossa e può essere occupata da una
molecola d’acqua o di substrato.
Per quanto riguarda l’attività scientifica, nel corso del 2011 essa si e’ sviluppata secondo le seguenti
linee di lavoro:
-
Studio dell’efficienza catalitica di Cu(TRI L23H)3 nei confronti dello ione nitrito
Caratterizzazione di sistemi mutati di Cu(TRI L23H)3 in prossimita’ del sito attivo
Studio della fotoattivazione di Cu(TRI L23H)3
- Studio dell’efficienza catalitica di Cu(TRI L23H)3 nei confronti dello ione nitrito
I dati raccolti sul comportamento reattivo di Cu(I)(TRI L23H)3+ nei confronti di NO2- come
ossidante hanno mostrato che Cu(I) nel sito della proteina viene ossidato a Cu(II) con produzione di
NO. Il sito rame puo’ essere quindi ridotto a Cu(I) mediante aggiunta di ascorbato anche in
presenza di ioni nitrito. La reazione fra rame(II) e ascorbato, piu’ veloce di quella fra quest’ultimo e
nitrito, permette di riottenere Cu(I)(TRI L23H)3+ e quindi ripristinare le proprieta’ riducenti della
proteina. A pH 6 la reazione fra nitrito e Cu(I)(TRI L23H)3+ richiede circa un’ora e risulta
significativamente piu’ lenta rispetto all’enzima naturale nitrito reduttasi. Nonostante questa inerzia
cinetica Cu(TRI L23H)3 è comunque in grado di funzionare come catalizzatore per la riduzione di
NO2- a NO.
Attraverso misure spettrofotometriche nell’UV-Visibile e’ stato possibile dimostrare l’attività
catalitica Nitrito Reduttasica di Cu(TRI L23H)3, e verificare che la velocita’ di ossidazione
dell’ascorbato risulta dipendente dalla concentrazione di rame proteina, come atteso per una
reazione soggetta a catalisi enzimatica.
90
In Figura 3 sono rappresentati alcuni dei dati spettrofotometrici relativi alla reazione Ascorbato +
NO2- +3H+ = Deidroascorbato + NO + H2O. La reazione viene monitorata seguendo nel tempo la
scomparsa della banda di assorbimento dell’ascorbato a 265 nm sia in presenza che in assenza di
Cu(II)(TRI L23H)32+. Dopo un tempo di reazione di 4 h il turnover number e’ di 4.7, e cio’ mostra
che Cu(II)(TRI L23H)32+ si comporta come catalizzatore nella reazione di riduzione del nitrito.
Sebbene la sua efficienza sia piuttosto limitata, questo metallopeptide rappresenta il primo
catalizzatore NiR basato su uno scaffold proteico artificiale, ed il secondo complesso di rame
riportato in letteratura in grado di operare come modello NiR in soluzione acquosa. Questa reattività
e’ attualmente in fase di studi ulteriori, in particolare per valutare i parametri cinetici di questa
reazione (turnover number e costante cinetica del secondo ordine).
Fig. 3. Assorbanza relativa all’assorbanza iniziale in campioni contenenti ascorbato e nitrito in
assenza (rossi) e in presenza (rossi) di Cu(II)(TRI L23H)32+.
- Caratterizzazione di sistemi mutati di Cu(TRI L23H)3 in prossimita’ del sito attivo
Sistemi analoghi a Cu(TRI L23H)3, basati sulla stessa sequenza e mutati in prossimita’ del sito
attivo, sono interessanti per valutare due aspetti fondamentali nella progettazione di rame-proteine
catalitiche. Il primo aspetto e’ la stabilita’ del sistema proteico nel suo insieme, mentre il secondo
riguarda la possibilita’ di modificare le proprieta’ chimico fisiche e catalitiche del sistema attraverso
un opportuno design del sito metallico.
Per questo sono stati sintetizzati e caratterizzati due mutati di Cu(TRI L23H)3 in posizione 19 con
alternativamente alanina (Cu(TRI L19AL23H)3) e isoleucina (Cu(TRI L23IL23H)3). Questi due
sistemi dovrebbero risultare rispettivamente meno e più stericamente ingombrato sul sito attivo
rispetto a Cu(TRI L23H)3. Gli studi di binding di CO al sito di rame(I) hanno effettivamente
dimostrato questa ipotesi. Gli studi programmati per il 2012 riguardano l’utilizzo di questi sistemi
per controllare il legame di NO al sito di rame(I) (legame end on rispetto a side on).
- Studio della fotoattivazione di Cu(TRI L23H)3
Come descritto precedentemente, il sistema Cu(II)(TRI L23H)32+ puo’ essere ridotto a Cu(I)(TRI
L23H)3+ utilizzando acido ascorbico. Questa riduzione utilizza tuttavia un riducente sacrificale e
non consente un controllo flessibile della reattività del sistema catalitico.
Al fine di sviluppare una metodologia efficiente per il controllo del sistema reattivo, si e’ intrapreso
lo studio del complesso Ru(II)(Bipy)32+ come riducente fotoattivabile. In questo modo, il complesso
di rutenio puo’ essere fotoattivato mediante irradiazione continua o flash photolysis con radiazione
a 435 nm per formare Ru(II)(Bipy)32+*, a sua volta un potenziale riducente nei confronti di
Cu(II)(TRI L23H)32+.
Al fine di ottenere un trasferimento di elettroni per concentrazioni basse di RuBipy e proteina (circa
500 uM di Ru, 0.47 mM di proteina), si e’ utilizzato metilviologeno (MV2+) come mediatore redox.
Il trasferimento dell’elettrone da Ru(II)(Bipy)32+* a MV2+ e da questi a Cu(II)(TRI L23H)32+ e’
91
stato dimostrato sulla base della velocita’ di rilassamento di MV•+ a MV2+ monitorata mediante
assorbimento nel visibile (Figura 4).
Fig. 4. Schema del processo di fotoattivazione e trasferimento elettronico RuBipy- MV2+Cu(II)(TRI L23H)32+ (destra). A sinistra sono riportate le tracce di assorbanza di MV•+. in
assenza (magenta) e in presenza di Cu(II)(TRI L23H)32+ (verde). La traccia blu e’ relativa al
rilassamento Ru(III/II)(bpy).
Studio dell’attività biologica di complessi di rame(II) e approfondimento del meccanismo
d’azione
Da studi su tiosemicarbazoni derivati dal citronellale (H-S-tcitr), e loro complessi di Cu(II) [Cu(Stcitr)2] e Ni(II) [Ni(S-tcitr)2], è emerso che entrambi i complessi inibiscono la proliferazione sulla
linea cellulare umana U937 di linfoma istiocitico. Per il complesso di nichelio è stato approfondito
lo studio relativo al suo meccanismo di azione verificando in particolare che induce apoptosi,
influenza il ciclo cellulare, altera il potenziale della membrana mitocondriale e l’attività della
caspasi-3.
Purtroppo uno dei limiti per valutare l’attività biologica è la scarsa solubilità di tali composti in
mezzo acquoso, in quanto la citotossicità del solvente usato può mascherare l’effetto positivo dei
composti testati. Pertanto abbiamo modificato il tiosemicarbazone del citronellale (H-S-tcitr)
funzionalizzando l’atomo di azoto terminale con il radicale etilmorfolinico per cercare di migliorare
la solubilità in acqua.
I nostri studi si sono quindi indirizzati alla sintesi ed alla caratterizzazione chimica/biologica del
legante S-citronellal etilmorfolinotiosemicarbazone (EtMorphH-S-tcitr)
S
O
+
N
NH
H2N NH
NH
S
NH
N
O
N
O
e dei relativi complessi di rame e di nichelio [Cu(EtMorph-S-tcitr)2] e [Ni(EtMorph-S-tcitr)2].
I saggi biologici mostrano che l’attività antiproliferativa dei complessi in esame è influenzata
positivamente dalla presenza del frammento morfolinico, essendo più elevata di quella osservata per
gli analoghi complessi senza sostituenti studiati in precedenza.
A questo punto si è pensato di approfondire il confronto fra i due complessi di rame [Cu(S-tcitr)2] e
[Cu(EtMorph-S-tcitr)2], che differiscono soltanto per la presenza del sostituente etilmorfolinico
sull’azoto amminico del legante, per capire il meccanismo d’azione esplicato nella loro attività
biologica sulla linea cellulare U937 di linfoma istiocitico umano. Sono stati inizialmente valutati gli
effetti sulla proliferazione cellulare e sul ciclo cellulare. Il complesso [Cu(EtMorph-S-tcitr)2] è
92
risultato più attivo di [Cu(S-tcitr)2]. I valori IC50 sono 2.82 e 14.78 M rispettivamente per i due
complessi (Figura 1).
[Cu(S-tcitr)2]
controllo
120
[Cu(Etmorph-S-tcitr)2]
Curve di vitalità
100
o [Cu(S-tcitr)2]
cell viability
80
IC50 = 14.78 µM
• [Cu(Etmorph-S-tcitr)2] IC50 =
60
2.82 µM
40
20
0
1
10
µM
Fig. 1. Effetto citotossico dei due complessi alla concentrazione IC50 su cellule U937 osservato con
microscopio ottico dopo 24 ore di trattamento
Curve dose-risposta dopo 24 ore di trattamento con i due complessi.
Le cellule U937, trattate con [Cu(S-tcitr)2] alla concentrazione IC50 osservate al microscopio
(Figura 1), presentano solo deboli alterazioni riguardo la morfologia se confrontate con le cellule
non trattate con il complesso. Al contrario [Cu(EtMorph-S-tcitr)2] causa cambiamenti notevoli come
condensazione nucleare e formazione di corpi apoptotici. Tali cambiamenti tipici di morte cellulare
per apoptosi sono visibili dopo 6h di trattamento e sono dipendenti dal tempo.
Dall’analisi del ciclo cellulare si è osservato poi che il trattamento con [Cu(EtMorph-S-tcitr)2]
diminuisce significativamente la proporzione di cellule in fase G0/G1 in concomitanza con un picco
di cellule in fase G0/G1 corrispondenti a cellule in apoptosi, mentre il complesso [Cu(S-tcitr)2] non
altera il ciclo cellulare (Figura 2).
4h
8h
12h
24h
control
[Cu(S-tcitr)2]
[Cu(Etmorph-S-tcitr)2]
Fig. 2. Effetto dei due complessi sulla distribuzione del ciclo cellulare su cellule U937
93
Sono stati condotti anche saggi di induzione di apoptosi usando Annexin V e Ioduro di Propidio
mediante citometria di flusso che evidenziano apoptosi nelle fasi precoci e tardive. Essi hanno
confermato l’attività pro-apoptotica del complesso [Cu(EtMorph-S-tcitr)2], mentre come è mostrato
in Fig. 3, le cellule trattate con il controllo ed il composto [Cu(S-tcitr)2] non mostrano apoptosi.
Fig. 3 Dot plot della citometria di flusso dei complessi sulla linea cellulare U937.
Sono stati successivamente compiuti studi sull’interazione dei due complessi con vari componenti
cellulari allo scopo di caratterizzare il pathway apoptotico (Figura 4).
ROS
TNFR-I
Bad
Bid
TRADD
FADD
Fas Ligand
Mitochondria
CD95
Bcl-2
Pro
caspase 8
FADD
Pro
caspase 8
Pro
caspase 9
Apaf-1
Bax
Active caspase 8
Cytochrome c
Active caspase 9
Active caspase 3
APOPTOSIS
Fig. 4. Schema di pathway apoptotico
In particolare è stata valutata l’attività caspasica ed è stato verificato per il complesso [Cu(EtMorphS-tcitr)2] una induzione significativa delle caspasi-8 e -3 in accordo con la sua evidente attività proapoptotica. [Cu(S-tcitr)2] invece risulta attivare la caspasi-9 del pathway intrinseco senza
significativi cambiamenti dell’attività della caspasi-3 che esercita un ruolo dominante nell’innescare
la cascata caspasica (Fig. 5).
94
Caspase activity
(% as compared to controls)
10000
***
1000
***
**
**
100
10
1
C
as
8
(1
)
2h
C
-9
as
(1
)
2h
C
as
3
(1
)
2h
C
3
)
4h
(2
[Cu(Etmorph-S-tcitr)2]
[Cu(S-tcitr)2]
Control
as
Fig. 5. Attività di caspasi-8,-9 e -3 dopo 12 e 24 ore di esposizione alla concentrazione IC50 dei due
complessi
200
***
TBARS
(% as compared to controls)
ROS levels
(% as compared to controls)
Abbiamo poi analizzato se i complessi inducono danno al DNA. Alterazioni del DNA sono state
osservate soltanto a concentrazioni molto alte e potrebbero essere spiegate come danni alle basi e
rottura ossidativa dell’ acido nucleico ed essere considerate come effetti collaterali di un generale
disordine metabolico. Da notare che [Cu(EtMorph-S-tcitr)2] è più attivo di [Cu(S-tcitr)2].
Per valutare la capacità dei due complessi a indurre ossidazione intracellulare è stato usato un
colorante fluorescente sensibile all’ossidazione, DCFH-DA che porta ad un incremento
dell’intensità della fluorescenza in presenza di specie reattive dell’ossigeno (ROS). Mentre per il
complesso [Cu(EtMorph-S-tcitr)2] dopo 4 ore di trattamento non è stato osservato alcun effetto,
[Cu(S-tcitr)2] ha causato un significativo incremento del livello di ROS intracellulare. La
perossidazione lipidica valutata mediante il saggio di TBARS (Thiobarbituric Acid Reactive
Substances) dopo 4 ore di incubazione e l’attività della superossidodismutasi (SOD) presentano un
trend decrescente e spariscono dopo 24 ore di trattamento. Per il complesso [Cu(EtMorph-S-tcitr)2]
invece il saggio TBARS e l’attività della superossidodismutasi sono risultati significativamente più
alti del controllo, e la più alta differenza si evidenzia alle 24 ore.
100
0
100
*
0
12h
Control
150
*
**
**
100
50
0
4h
150
50
**
200
4h
SOD activity
(% as compared to controls)
GSH levels
(% as compared to controls)
1h
250
8h
12h
24h
***
600
500
400
300
200
* **
100
0
4h
24h
[Cu(S-tcitr)2]
8h
24h
[Cu(Etmorph-S-tcitr)2]
Fig. 6. Effetti sull’attività di ROS, TBARS, GSH e SOD dopo l’esposizione di cellule U937 alla
concentrazione IC50 dei due complessi
95
L’aumento precoce di ROS e TBARS causato da [Cu(S-tcitr)2] sembra essere limitato dall’attività
di scavenger di SOD ed anche GSH quantificato nei lisati cellulari come mostrato in figura 6.
Tuttavia l’azione di questi scavenger intracellulari non sembra avere effetti protettivi sui danni
causati da stress ossidativo prodotti da [Cu(EtMorph-S-tcitr)2].
96
UNITA’ DI RICERCA DI PAVIA
Direttore Scientifico: Prof. Luigi Casella
Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Casella
Attività scientifica
L’attività del gruppo di chimica bioinorganica si è focalizzata principalmente sullo studio di
rame proteine e loro modelli biomimetici. In collaborazione col gruppo del prof. Luigi Bubacco,
dell’università di Padova, stato completato lo studio dell’attività della tirosinasi da Streptomyces
antibioticus verso i clorofenoli, dove si dimostra che l’enzima è competente per l’ossidazione degli
isomeri meta e para del substrato ma risulta inattivo nei confronti dell’orto-clorofenolo. Studi di
meccanica e dinamica molecolare hanno dato una base strutturale per interpretare questi effetti di
selettività, i quali sono interamente da ricondurre all’interazione tra il substrato e la tasca del sito
attivo della proteina, che impedisce all’isomero orto di avvicinarsi a una distanza sufficiente al sito
dinucleare per poter subire l’attacco da parte dell’ossigeno legato al rame. In collaborazione con il
gruppo del prof. K. K. Andersson dell’università di Oslo si è cercato di ottenere una
caratterizzazione con la spettroscopia Raman dell’addotto ternario tra enzima-ossigeno-fenolo della
tirosinasi da Streptomyces antibioticus. Nonostante siano stati condotti molti esperimenti anche a
bassa temperatura utilizzando fenoli disattivati elettronicamente l’eccessiva fluorescenza ha
impedito di ottenere uno spettro interpretabile. E’ stata viceversa effettuata una dettagliata
caratterizzazione con la stessa tecnica Raman della forma ossigenata dell’emocianina da Carcinus
Aestuarii, che ha consentito tra l’altro di effettuare un’assegnazione accurata delle bande di
trasferimento di carica presenti nello spettro UV-visibile.
In collaborazione con il gruppo di biochimica della prof. Antonella Forlino dell’università di Pavia
è stato iniziato uno studio della prolidasi, un enzima contenente zinco e manganese associati
probabilmente in siti dinucleari, la cui attività dipende in modo piuttosto complesso dal rapporto tra
i due metalli. Un primo lavoro finalizzato alla messa a punto di un protocollo per lo studio
dell’attività enzimatica è già stato pubblicato.
Nel campo dei modelli dei rame enzimi è stata condotta una estesa caratterizzazione delle proprietà
spettroscopiche, magnetiche e dell’attività catalitica ossidativa di una coppia di complessi,
rispettivamente dinucleare e trinucleare, con un legante octadentato chirale contenente donatori
azotati. La struttura del legante richiama l’intorno di coordinazione dei siti trinucleari delle ossidasi
blu multirame, quali ascorbato ossidasi e laccasi, con una distribuzione degli otto donatori tra due
siti tridentati (la cosiddetta coppia di tipo 3) e un sito bidentato (il rame di tipo 2). Gli esperimenti
dimostrano che il centro di rame bidentato e uno di quelli tridentati sono fortemente accoppiati
elettronicamente nella forma Cu(II) e agiscono di concerto nel legare e attivare l’ossigeno nella
forma ridotta, mentre il terzo centro tridentato può funzionare da sito di aggancio del substrato.
Questo meccanismo spiega l’elevato riconoscimento chirale che si nota nelle reazioni di ossidazione
di substrati catecolici chirali, quali i derivati della 3,4-diidrossifenilalanina. Altri complessi derivati
da amminoacidi sono stati utilizzati per la costruzione di polimeri biomimetici contenenti rame.
Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Fabbrizzi
Attività scientifica
L’attività di ricerca del progetto è stata rivolta alla sintesi di nuovi recettori e sensori per piccole
molecole e anioni e allo studio delle interazioni tra recettore e substrato.
97
UNITA’ DI RICERCA DEL PIEMONTE ORIENTALE
Direttore Scientifico: Prof. Domenico Osella
Tematica: Sonde per Molecular Imaging
L’attività scientifica nell’anno 2011 nell’ambito delle sonde per Molecular Imaging ha riguardato: i)
una analisi approfondita per via rilassometrica ed NMR di una serie di complessi di lantanidi per
applicazioni di Magnetic Resonance Imaging (MRI); ii) la preparazione e lo studio di una sonda
duale per applicazioni SPECT-MRI; iii) sintesi e studio rilassometrico di nanosistemi
biodegradabili a base di -ciclodestrina.
I complessi di Gd3+ di una serie di leganti preparati in precedenza presso l’unità di ricerca del
DiSCAFF (Figura 1) avevano mostrato interessanti potenzialità nell’impiego come agenti di
contrasto per MRI. Nel 2011 è stato Figura 1
N
COOH
N
COOH
perciò
intrapreso
uno
studio
O
O
COOH
COOH
approfondito
della
struttura
COOH
COOH
O
O
molecolare
e
delle
proprietà
N
COOH
N
COOH
magnetiche dei complessi di questi
L2
leganti, nonché delle caratteristiche
L1
dinamiche alla base del loro
N
COOH
N
COOH
comportamento. Gli spettri NMR ad
3+
O
O
alta risoluzione dei complessi di La
S
COOH
S
COOH
R
COOH
COOH
e Lu3+ hanno permesso di mettere in HOOC N N
O
N
N
O
H
H
H
H
evidenza una coordinazione con
N
COOH
N
COOH
geometria ad antiprisma quadrato
R = C12H25 L4
L3
bicappato nei complessi formati da
R = C18H37 L5
questi leganti con i primi membri
della serie dei lantanidi; nella seconda parte della serie, la geometria è meglio descritta da un prisma
trigonale tricappato. In entrambi i casi gli spettri registrati a temperatura variabile hanno messo in
risalto un comportamento estremamente flussionale della struttura, con rapidi riarrangiamenti
strutturali dei pendagli coordinanti carbossimetilici e dello scheletro amminoetereo benzofuso. Le
analisi rilassometriche condotte sui complessi di Gd3+ hanno dimostrato l’elevata velocità di
scambio della molecola di acqua coordinata, risultati determinanti per il raggiungimento di valori di
rilassività osservati negli studi preliminari. Infine, uno studio combinato di modeling e docking ha
consentito di individuare i determinanti strutturali alla base della forte interazione mostrata da
alcuni di questi complessi con le proteine del siero, in particolare l’albumina (HSA).
Nel 2011 sono stati inoltre riportati i risultati di una ricerca dedicata allo sviluppo ed allo studio di
una sonda duale, in grado di poter essere impiegata per la determinazione in vivo del pH attraverso
la combinazione delle tecniche MRI e SPECT.
Figura 2
H
O
O
H
O
N
O
N
Ln3+
N
N
H
pH > 6.7
H
pH < 6.7
O
N
O
O
O
O
H
N SO Ar
2
O
N
Ln3+
N
N
O
O
O
Ar = 4-Methoxyphenyl
Ln = Gd
Ln = 166Ho
N SO Ar
2
q=2
High relaxivity
O
q=0
Low relaxivity
pH-independent -emission
99
Il sistema in questione è basato su
una miscela di complessi formati
dallo stesso legante con due ioni
metallici distinti. Il legante è
caratterizzato dalla presenza di un
residuo sulfonammidico, la cui
coordinazione al metallo è
dipendente dal pH attraverso un
meccanismo
di
protonazione/deprotonazione del
gruppo stesso. Il legante viene
complessato con lo ione Gd3+,
ottenendo un agente di contrasto
per MRI la cui efficienza è
funzione della concentrazione del complesso e del pH in cui esso si trova; in parallelo, lo stesso
legante viene complessato con 165Ho3+, successivamente irradiato con neutroni per generare il
corrispondente isotopo -emettitore 166Ho. Miscele dei due complessi in rapporto fisso e a vari
valori di pH sono state analizzate mediante SPECT (ottenendo immagini funzione della sola
radioattività, proporzionale alla concentrazione del complesso di 166Ho) e MRI (ottenendo immagini
funzione della concentrazione del complesso e del pH). Il rapporto tra le due serie di immagini
consente di ottenere una nuova serie di immagini la cui dipendenza dalla concentrazione è rimossa,
e la cui intensità è funzione del solo pH. Tale sistema ha un elevato potenziale diagnostico, in
quanto numerose patologie possono determinare la variazione del pH fisiologico in determinati
distretti corporei interessati dalla patologia.
Una seconda attività si è rivolta allo studio approfondito dei complessi LnDOTMA, caratterizzati da
una stabilità termodinamica ed inerzia cinetica elevatissime. In questo caso la nostra unità si è
occupata di analizzare i dati rilasso metrici multinucleari in termini di un modello che prende in
considerazione la esistenza in soluzione di due isomeri. Inoltre si è studiata l’affinità con HSA di
due DOTA derivati con un gruppo difenilfosfinamidico valutandone la sfera di idratazione e
l’incremento di relassività.
Un’altra linea di attività ha riguardato la progettazione e la sintesi dei sistemi macromolecolari
contenenti ciclo destrine. A questo riguardo gran parte del lavoro si è focalizzato su nanocapsule
formate da ciclodestrine pertiolate tramite la realizzazione di ponti disolfuro. Le ciclodestrine
pertiolate sono state sintetizzate a partire dalla β-ciclodestrina commerciale, e la procedura per la
realizzazione delle nanocapsule (riportata in letteratura) è stata modificata in modo da poter
includere complessi di gadolinio al momento dell’assemblaggio (Figura 3).
O
O
O
SH
O
O
OH2
OH2
Gd
O
N
+
O
O
N
HO
OH
N
7
O
i) NaOH, pH 13, H2O, air, RT, 24 h
ii) dialysis, pH 8
O
-CD-perSH
Gd-bzAAZTA
Figura 3. Sintesi delle nanocapsule di β-ciclodestrine a partire da β-ciclodestrine pertiolate ed in
presenza di Gd-bzAAZTA come complesso da includere.
Lo scopo è stato quello di realizzare sistemi capaci di degradarsi in ambienti biologici riducenti in
modo da liberare il loro contenuto di farmaci e sonde diagnostiche. Sono state preparate capsule con
differenti rapporti ciclodestrina/complesso, che sono poi state caratterizzate sia tramite metodi di
analisi tradizionali sia per via rilassometrica. Le particelle hanno dimostrato di avere una alta
relassività a 0.47 T. Esperimenti di cinetica di riduzione sono stati quindi condotti in presenza di un
agente riducente, risultando in una sostanziale rapida diminuzione della relassività conseguente alla
loro disgregazione. Tali sistemi sono stati pienamente caratterizzati e studiati, evidenziando una
notevole efficienza in termini di differenziazione delle prestazioni a seconda della tipologia di
ambiente fisiologico (più o meno riducente) in cui diffondono. In particolare, essi sono in grado di
degradarsi e rilasciare il loro contenuto (nel caso specifico, sonde paramagnetiche costituite da
complessi di GdIII) in condizioni riducenti analoghe a quelle osservate per alcune patologie, con
variazione significativa nell’effetto di contrasto MRI (Fig. 4).
100
Figura 4 Nanocapsule di ciclodestrine, in grado di degradarsi in ambienti fisiologici riducenti.
L’attività scientifica si è poi concentrata sulla preparazione di leganti finalizzati ad una
coordinazione mirata di ioni manganese(II), i complessi dei quali presentino una particolare
efficacia come sonde diagnostiche per NMR. In particolare, si è cercato di progettare sistemi leganti
che potessero variare la propria relassività in funzione di precisi parametri chimici, fisici o biologici
di particolare rilevanza dal punto di vista diagnostico. Tuttavia, ci si è rivolti anche alla ricerca di
sistemi leganti i cui complessi potessero essere coniugati covalentemente o non covalentemente a
nanosistemi di interesse diagnostico.
Una prima strategia seguita è stata quella di sintetizzare molecole leganti costituite da due subunità
coordinanti unite attraverso uno spaziatore rappresentato da una sottostruttura elidibile ad opera di
un determinato parametro chimico o biochimico. Poiché gli ioni manganese mostrano solitamente
una coordinazione ottaedrica, sono state scelte due subunità coordinanti contenenti tre gruppi
donatori, nel caso specifico residui imminodiacetici o imminobis(metanfosfonici). Tre leganti (L1L3) sono stati quindi preparati unendo i succitati residui mediante brevi catene alchiliche (C2) unite
attraverso ponti disolfuro. I ponti disolfuro possono essere infatti recisi in ambienti riducenti,
rapportando quindi su un’eventuale situazione di ipossia, o ad opera di tioli endogeni di particolare
interesse (ad es. glutatione). La sintesi è stata realizzata funzionalizzando con gruppi carbossilici o
fosfonici molecole di cistamina o cistina opportunamente protette.
Una seconda linea di attività ha riguardato la messa a punto di agenti responsivi all’attività
dell’enzima tirosinasi la cui espressione è associata alla presenza di melanoma. A questo fine si è
progettata la sintesi di leganti in cui si è installato su strutture base di leganti noti (EDTA, DTPA)
residui p-idrossibenzilici che possono essere riconosciuti dall’enzima. Sono stati sintetizzati i
complessi di Mn(II) con i leganti L4, L5 ed L6 i quali sono stati successivamente caratterizzati in
modo dettagliato per via rilassometrica. Test dell’attività responsiva in vitro all’enzima tirosinasi
hanno indicato un aumento significativo di relassività (intensità del segnale) in presenza di enzima e
hanno pertanto suggerito di condurre prove più approfonditi sia in vitro che su culture cellulari.
Un’ulteriore linea di attività seguita è stata la ricerca di leganti originali, i cui complessi con lo ione
manganese presentino una stabilità soddisfacente e possano quindi fungere da base per lo
costruzione di nuovi sistemi a maggiore complessità. A tale scopo, sono stati preparati i leganti L7,
L8 ed L9 (AAZ3A, AAZ3MA e MeAAZ3A), sistemi esadentati basati su uno scheletro peridro-1,4diazepinico noto per formare complessi stabili con metalli di transizione. Il legante L7 presenta un
gruppo amminico secondario la cui funzionalizzazione può rappresentare un accesso sintetico per la
coniugazione dei corrispondenti complessi a vettori di interesse diagnostico. Il legante L8 invece,
data la presenza di un atomo di carbonio secondario legato all’ammina esociclica, impedisce
l’ulteriore funzionalizzazione, ma viene preparato con più alte rese rispetto ad L7. Infine, dato che
durante la procedura sintetica, in particolare durante la deprotezione degli esteri terz-butilici, è stata
osservata la formazione di un lattame ciclico, l’ammina secondaria in posizione 6 è stata metilata
nel legante L9 per impedire tale ciclizzazione.
101
R'
R
N
R
L1
L2
L3
S
N
S
R3
HOOC
R
HOOC
R
N
N
n
2
R
R = COOH R' = H
R = PO3H2 R' = H
R = COOH R' = COOH
N
R1
R'
L4
L5
L6
COOH
COOH
COOH
m
COOH
R' R
R
N
N
N
HOOC
COOH
R
m = 1 n = 0, R1 = CH2C6H4OH, R3 = H.
L7 (R, R' = H, AAZ3A)
L8 (R = CH3, R' = H AAZ3MA)
m = 1 n = 0, R1 = R3 = CH2C6H4OH.
m = 1 n = 1, R1 = R3 = H, R2 = CH2C6H4OH. L9 (R=H, R' = CH3, MeAAZ3A)
Figura 3. Leganti utilizzati per la complessazione di Mn(II)
In generale, la formazione dei complessi è avvenuta aggiungendo ad una soluzione acquosa del
legante in tampone Hepes (pH = 6.5-7.5) aliquote crescenti di una soluzione di MnCl2 e
monitorando la variazione della velocità di rilassamento magnetico nucleare longitudinale, R 1, a 20
MHz e 298 K. Per i complessi di Mn(II) si sono misurati i profili NMRD (Nuclear Magnetic
Relaxation Dispersion) a 298 e 310 K, i quali permettono di ottenere i parametri strutturali-dinamici
che caratterizzano la capacità rilassante del complesso e ne descrivono le proprietà. La
caratterizzazione dei complessi è avvenuta anche attraverso la misura e l’analisi della dipendenza
dalla temperatura della velocità di rilassamento trasversale (R2p) e dello shift isotropico 17O del
solvente in una soluzione concentrata del complesso metallico.
La caratterizzazione rilassometrica dei complessi MnL4-MnL9 è stata particolarmente dettagliata ed
è qui di seguito riassunta:
MnL4, MnL5 e MnL6: La introduzione del residuo idrossibenzilico non ha comportato una
variazione delle capacità complessanti del chelante. Il complesso si forma facilmente in tampone
HEPES e presenta proprietà del tutto analoghe ai corrispondenti complessi con gruppi acetici. I
valori di r1p misurati sono 3.7, 1.7 e 1.6 mM-1 s-1, rispettivamente. In MnL4 lo ione è quindi
eptacoordinato con q=1, mentre gli altri due complessi non possiedono molecole d’acqua nella
prima sfera di coordinazione (q=0) come per MnDTPA. La caratterizzazione completa dei
complessi è continuata con la misura della dipendenza di r1p da pH, temperatura e intensità di
campo magnetico. La loro attività responsiva è stata valutata in vitro sia attraverso l’incubazione
con l’enzima tirosinasi sia con l’incubazione in omogenato di cellule B16. Poiché l’espressione di
questo enzima è associata con la formazione di melanomi, un metodo capace di rilevare in vivo tale
enzima potrebbe trovare applicazioni diagnostiche rilevanti. Un notevole aumento di relassività è
stato misurato, particolarmente pronunciato nel caso dei complessi q=0 MnL5 e MnL6,
confermando le ipotesi iniziali. Il meccanismo di azione proposto si basa sulla destabilizzazione dei
complessi di Mn(II) seguita dal rilascio degli ioni Mn2+ in un modo simile a quanto avviene per
MnDPDP, approvato per uso clinico. I profili NMRD e gli spettri ESR delle miscele MnL e
tirosinasi/B16 omogenati cellulari confermano il rilascio degli ioni Mn2+ nel caso di MnL4 e MnL5,
mentre per MnL6 si nota la formazione di specie oligomeriche.
MnL7, MnL8 e MnL9: Il legante AAZTA è eptadentato e quindi origina complessi LnAAZTA
contenenti fino a due molecole d’acqua coordinate. I leganti L7, L8 e L9 contengono sei atomi
donatori per la complessazione degli ioni MnII e quindi lasciano potenzialmente un sito ulteriore per
la coordinazione di una molecola d’acqua. Le costanti di protonazione dei leganti e le costanti di
stabilità dei loro complessi con lo ione MnII sono state determinate da titolazioni pH–
potenziometriche in soluzioni 0.15 M di NaCl a 25C. Nonostante il valore simile della basicità
totale (logK), i valori delle costanti di stabilità dei derivati MnAAZ3A sono più che tre ordini di
grandezza inferiori a quelli di MnAAZTA (logKMnL = 14.19). Uno studio dettagliato rilassometrico
1
H e 17O NMR è stato condotto sui complessi di MnII in soluzione acquosa in funzione del pH,
temperatura e intensità di campo magnetico applicato. I profili 1H NMRD di tutti i complessi
mostrano una forma simile, tipica di sistemi a basso peso molecolare, ma ampiezze che differiscono
considerevolmente a indicare un diverso grado di idratazione. Un comportamento simile è stato
trovato nella dipendenza dalla temperature della velocità di rilassamento trasversale e del chemical
102
shift dei nuclei 17O del solvente. I dati sperimentali si possono interpretare considerando la presenza
in soluzione di una miscela di due specie isomeriche che differiscono nel numero di coordinazione
(7 and 6) e nel numero (1 and 0) di molecole d’acqua coordinate. Mentre questo tipo di equilibri di
coordinazione sono stati riportati in precedenza nel caso di complessi con ioni lantanoidi(III), è
osservato per la prima volta nel caso di complessi con ioni Mn2+.
Tematica: Biomateriali e biocristallografia
Biosurfattanti
I biosurfattanti sono molecule anfililiche con estremità sia idrofiliche che idrofobiche che si
adsorbono ed alterano le condizioni prevalenti sulle interfaccie. Essi sono sintetizzati da un’ampia
varietà di differenti microrganismi procariotici ed eucaristici. I quattro principali tipi di
biosurfattanti sono: 1) glicolipidi, 2) fosfolipidi, 3) lipoproteine e lipopeptidi, 4) polimeri. I
biosurfattanti hanno numerosi vantaggi rispetto ai surfattanti, quali la bassa tossicità, la più elevata
biodegradabilità, la miglior compatibilità ambientale, la miglior attività anti-schiuma, selettività e
specificità ad estreme temperature, pH e salinità e la capacità di essere sintetizzati da materiale
rinnovabile. I biosurfattanti lipopeptidici quali la surfattina e la fengicina sono stati descritti
assemblare e formare nanoparticelle. Il lipopeptide surfattina possiede una forte attività di superficie
ed importanti proprietà biologiche incluse quelle antivirali e antibatteriche. L’attività biologica della
surfattina dipende dalla sua interazione con le membrane. In condizione fisiologiche è stato visto
che la surfattina è in grado di penetrare nelle membrane cellulari. L’autoassemblaggio della
molecola è la base dell’attività di produzione di pori nelle membrane. Il lipopeptide può avere un
elevata selettività basata sulla composizione della matrice lipidica della cellula bersaglio in
particolare su membrane con elevato quantità di lipidi anionici quali le membrane batteriche ed
alcuni tipi di cellule cancerose.
Due ceppi batterici di Bacillus spp., V9T14 e V19T21, sono stati isolati ed i loro sopranatanti hanno
evidenziato la presenza di biosurfattanti con elevata attività di superficie. L’estrazione e la
purificazione hanno messo in evidenza che i ceppi producevano molecole la cui natura chimica era
lipopeptidica (in particolare surfattina e fengicina per entrambi i ceppi). Le molecole purificate
hanno dimostrato specifica attività anti-adesiva e sono state in grado di prevenire la formazione di
biofilm di batteri patogeni umani. In particolare il biosurfattante V9T14 attivo verso un ceppo
Gram-negativo era inefficace verso un ceppo Gram-positivo e viceversa per il V19T21. Questa
attività si osservava sia pre-incubando superfici di polistirene che aggiungendo il biosurfattante
all’inoculo. Si è dimostrato, inoltre, che la fengicina era responsabile dell’attività anti-adesiva verso
il biofilm di entrambi i ceppi. Inoltre, il biosurfattante V9T14 in associazione ad alcuni antibiotici
ha dimostrato un’efficace attività sinergica nei confronti di biofilm pre-formati di ceppi batterici
uro-patogeni di origine ospedaliera.
In studi successivi, è stata studiata l’attività del AgNO3 in associazione al biosurfattante
lipopeptidico V9T14 nei confronti di un biofilm pre-formato di Escherichia coli. I risultati hanno
indicato che l’attività dell’argento poteva essere sinergicamente aumentata dalla presenza di V9T14,
portando sia ad una riduzione della quantità di argento utilizzata nell’associazione che ad una più
elevata attività microbicida. Questa è la prima volta che si osserva un’attività sinergica tra l’argento
ed un biosurfattante lipopeptidico.
Sulla base dei risultati ottenuti è stato depositato in data 25 novembre 2009 un brevetto
internazionale PCT/IB2009/055334 dal titolo “Biosurfactant composition produced by a new
Bacillus licheniformis strain, uses and products thereof” con inventori: Martinotti M.G., Rivardo
F. Allegrone G., Ceri H., Turner R.
Tematica: Nuovi farmaci inorganici in oncologia
Relazioni struttura-proprietà in complessi di Pt(II) e Pt(IV) a potenziale attività antitumorale
I pesanti effetti collaterali, la possibilità di sviluppo di chemio-resistenza e la somministrazione per
infusione lenta sono i maggiori inconvenienti nell’uso dei complessi di Pt(II) come agenti
antitumorali nella pratica clinica. Per questo motivo si continuano a sviluppare nuove molecole o
103
nuovi modi di somministrazione dei complessi a base di platino. Una categoria di composti su cui la
ricerca sta puntando è costituita dai complessi ottaedrici di Pt(IV). Essi sono comunemente
considerati pro-farmaci: la riduzione nell’ambiente ipossico del tessuto tumorale al corrispondente
complesso planare-quadrato di Pt(II), cineticamente più labile, sembra essere alla base della loro
attività antitumorale (Figura 4). Questo meccanismo potrebbe aumentare la selettività verso le
cellule tumorali risparmiando quelle sane. Inoltre l’inerzia dei composti di Pt(IV) di per se ne
permette la somministrazione per os.
Figura 4
Il profilo ADME (Absorption, Distribution, Metabolism and Excretion) di una molecola a
potenziale attività farmacologica è estremamente importante per guidare i chimici nel processo di
drug design. Ad esempio è auspicabile che nella molecola non siamo presenti delle “proprietà”
negative (gruppi reattivi, siti facilmente metabolizzabili, ecc.), ma incorporino “attributi” positivi
(solubilità in acqua ottimale, buona permeabilità di membrana, ecc.). A tal scopo si è intrapreso uno
studio QSAR (Quantitative Structure-Activity Relationship) per cercare di ottenere delle regole
generali da seguire nella sintesi di complessi di Pt(IV). Nei modelli di previsione della citotossicità
su due linee cellulari (una sensibile di tumore ovarico e una meno sensibile di adenocarcinoma del
colon) si evidenza la presenza costante di un descrittore collegato alla lipofilicità (log P o/w oppure il
numero di atomi di carbonio sp3 secondari) ed un descrittore “elettronico” (potenziale di picco, Ep,
il numero di atomi di ossigeno, oppure la topological polar surface area TPSA, espressa
considerando il contributo degli atomi di N ed O presenti). Questo risultato supporta l’osservazione
generale che il comportamento biologico dei complessi di Pt(IV) può essere razionalizzato sulla
base dell’uptake cellulare, della “facilità” di riduzione e della struttura del corrispondente
metabolita Pt(II).
Log Po/w ed Ep si sono quindi dimostrati
descrittori sperimentali di grande importanza per
la valutazione della citotossicità. Tuttavia la
determinazione sperimentale della lipofilicità, in
particolare per molecole caratterizzate da valori di
log Po/w piuttosto negativi, non è né facile né
precisa. La sua predizione potrebbe essere
effettuata matematicamente sulla base dei gruppi
funzionali presenti, come si fa comunemente per
molecole organiche. Sfortunatamente i complessi
di Pt rappresentano un dataset di problematica
integrazione negli ampi database di composti
organici e quindi di difficile confronto con i
prodotti farmaceutici standard. Per questo motivo
è stato intrapreso un secondo studio QSAR per
ricavare dei modelli statisticamente accurati in
grado prevedere tali proprietà a priori. Lipofilicità
e potenziale di riduzione sono collegati a
combinazioni di descrittori elettronici (energia del Figura 5: complessi di Pt(II) usati come
LUMO, momento di dipolo, cariche atomiche data set
104
parziali) e di area superficiale (area totale e polar surface area, PSA, ovvero superficie somma su
tutti gli atomi polari, inclusi gli idrogeni legati).
Si è cercato di ottenere degli strumenti di calcolo in grado di fornire dei modelli per predire il log
Po/w anche per complessi di Pt(II) (Figura 5). La nuova procedura multistep è consistita in (a) la
costruzione e l’ottimizzazione delle strutture 3D di una serie di complessi, (b) la parametrizzazione
del Pt(II) è la sua implementazione nel programma GRID per lo studio dei parametri MIF
(Molecular Interaction Field), (c) calcoli GRID ed estrazione dell’informazione con VolSurf e
BIOCUBE4mf (Figura 3), ed infine (d) analisi statistica per definire la correlazione tra i log Po/w
sperimentali ed i descrittori molecolari. I contributi più importanti alla lipofilicità sono ancora una
volta collegati a descrittori di tipo idrofobico (descrittore DRY) e di forma/dimensione (superficie
molecolare S, e descrittore V-OH2, che rappresenta il volume molecolare non raggiungibile
dall’acqua). Tutti questi descrittori influenzano positivamente la lipofilicità, maggiore è il loro
valore, più lipofilo è il complesso.
Figura 6: esempio di MIF generato dal probe DRY
Tutti i modelli descritti possono formare una solida base per lo screening virtuale di molecole a
potenziale attività antiproliferativa; con essi è infatti possibile effettuare una valutazione a priori
delle proprietà molecolari direttamente da descrittori calcolati, senza bisogno di sintetizzare
effettivamente la molecola.
Complessi di Pt(II) e Pt(IV) a potenziale attività antitumorale
Parallelamente allo studio QSAR applicato a complessi di platino, è continuato il lavoro sui
“tradizionali” composti contenenti Pt(II).
Figura 7
Figura 8
105
In particolare è stata presa in considerazione due serie di complessi cisplatin-like contenenti leganti
bis-imidazolici (leganti di Joseph, Figura 7) e pirazolici (Figura 8). Tali leganti aumentano
l’ingombro sterico attorno all’atomo di Pt rendendo più difficili reazioni di sostituzione indesiderate
che provocano la disattivazione del complesso. Sebbene la presenza dei leganti di Joseph sia in
grado di modulare la labilità del legame Pt-leaving group, aumentare la lipofilicità del complesso (e
quindi l’ingresso nella cellula per diffusione passiva) e proteggere il centro metallico da reazioni di
disattivazione, i dati biologici mostrano valori citotossicità decisamente al di sotto del composto di
riferimento cisplatino. Tale performance è probabilmente dovuta ad una sfavorevole interazione con
il DNA, come dimostrato dagli studi di molecular modeling. All’interno della serie studiata il
composto che si è dimostrato più interessante è il catione 15 (Figura 7). La doppia carica positiva è
parzialmente bilanciata dalla presenza del legante di Joseph molto lipofilo, facilitando l’uptake,
essendo i complessi di Pt cationici possibili substrati degli OCT (organic cationic transporters).
Infine, essendo 15 già nella forma attivata, esso è già pronto a reagire con il suo target finale, il
DNA, senza bisogno di ulteriori step di attivazione (solvatazione).
Dei complessi pirazolici (Figura 8) è stato studiato il comportamento in soluzione, la
lipofilicità, il cell uptake, le proprietà antiproliferative e l’interazione con il DNA. I complessi
sono risultati più lipofili del cisplatino (e l’accumulo cellulare riflette questo risultato); essi
reagiscono come atteso con il DNA formando addotti mono (i monocloruri) o bifunzionali (i
dicloruri). Nonostante tutti i composti siano meno attivi del cisplatino su linee A2780, la loro
attività viene mantenuta anche su linee resistenti al cisplatino (A2780R), in quanto meno
disattivati dal glutatione, maggior responsabile dei fenomeni di resistenza al cisplatino.
La minor reattività del metabolita di Pt(II) rispetto al glutatione ridotto (GSH) è alla base della
sintesi della serie di complessi di Pt(IV) basati sul picoplatino (picoplatino = [PtCl2(2picolina)(NH3)] riportati in Figura 9.
Figura 9
La presenza della picolina infatti ha lo scopo di rendere il complesso di Pt(II) che si forma per
riduzione meno sensibile alla disattivazione con glutatione. I complessi 1-3 sono stati testate su
quattro linee cellulari di mesotelioma pleurico maligno (MPM). In generale, all’aumentare della
catena assiale aumenta la citotossicità e la selettività del complesso (diventa meno tossico verso
cellule sane di mesotelio). I complessi mostrano buona attività sulle linee MPM, in alcuni casi
migliore del cisplatino, e si candidano quindi come possibili farmaci per il trattamento di tumori in
cui la chemioresistenza è basata sulla sovraespressione del glutatione, come ad esempio nel MPM.
L’azione detossificante (e in questo caso avversa all’attività antitumorale) del glutatione può essere
indirettamente tenuto sotto controllo attraverso l’acido etacrinico, EA. Quest’ultimo inibisce
l’enzima glutatione-S-transferasi (GST) che catalizza la coniugazione tra GSH e i complessi del Pt.
Allo scopo di ottenere un farmaco bifunzionale, un complesso di Pt(II) contenente due unità EA è
stato sintetizzato e testato su linee di MPM (Figura 10).
106
Figura 10
Sfortunatamente il complesso si è dimostrato meno efficace del cisplatino, ma anche meno efficace
del cisplatino co-somministrato con EA in rapporto 1:2. Al contrario, il trattamento ha causato un
aumento nel livello di GSH (specie nelle linee resistenti) non riuscendo così ad abbattere l’attività
dell’enzima sul substrato.
Per aumentare la selettività dei complessi a base di platino è possibile introdurre il complesso
all’interno di sistemi polimerici in grado di rilasciarlo all’interno dei tessuti tumorali sfruttando
l’effetto EPR (enhanced permeability and retention). A tal scopo sono stati ottenuti addotti tenuti
insieme da interazioni elettrostatiche tra due complessi cationici di formula cis-[PtCl(NH3)2(py)]Cl
e trans,trans-[(NH3)2Pt(NH2(CH2)4NH2)PtCl(NH3)2](Cl)2 e nanoparticelle core-shell a base di
polimetilmetacrilato contenenti braccia solfonate (Figura 11). I complessi dicarichi hanno mostrato,
come atteso, una stabilità superiore, anche se dipendente dalla forza ionica e dal tipo di altri cationi
presenti in soluzione.
Figura 11
107
UNITA’ DI RICERCA POLITECNICA DELLE MARCHE
Direttore Scientifico: Prof. Giorgio Tosi
L’analisi vibrazionale è divenuta una tecnica molto versatile e adatta allo studio dei materiali in
svariati campi della chimica, della biologia e dell’ingegneria. Negli ultimi anni l’analisi
vibrazionale è stata molto usata nello studio di proprietà funzionali di campioni biomedici e di
biomolecole, dove possono essere identificati i diversi componenti molecolari e la loro
distribuzione in una matrice. In questo contesto la microspettroscopia FTIR Imaging permette, nei
settori biomedico e dei biomateriali, di sviluppare nuovi metodi di acquisizione delle immagini per
lo studio delle caratteristiche composizionali, strutturali e morfologiche di svariati sistemi, primi fra
tutti quelli biologici. Mediante tale tecnica e con l’ausilio di opportuni algoritmi, possono essere
valutati numerosi parametri quali la natura molecolare, la quantità relativa, la distribuzione dei vari
componenti. Ci si avvale di spettrometri a sorgente convenzionale, multidetectors o a luce di
sincrotrone con risoluzione spaziale fino al limite di diffrazione. Di grande utilità, per una rapida
acquisizione di dati spettrali, risulta il Focal Plane Detector (FPA) detector.
Il trattamento dati per l’analisi multivariata e per procedure di analisi delle bande (deconvoluzione,
curve-fitting, ecc.) viene effettuato mediante pacchetti software tra cui: Spectrum 5.0 (Perkin
Elmer), Pirouette 4.0 (Infometrix Corp.), Cytospec, CytoSpec IR imaging (www.cytospec.com),
Opus 5.5 (Bruker Corp.) e Grams AI (Galactic Corp.)
Microspettroscopia FT-IR imaging su cellule e tessuti umani.
(collaborazione con il: Dipartimento Scienze della Vita e dell'Ambiente, Università Politecnica
delle Marche, Ancona; Dipartimento Scienze Biomediche e Sanita' Pubblica, Università Politecnica
delle Marche, Ancona; Dipartimento Medicina Sperimentale e Clinica, Università Politecnica delle
Marche, Ancona; Dipartmento of Scienze Biomorfologiche and Funzionali, Università Federico II
di Napoli; SISSI Beamline, Elettra Synchrotron Light Laboratory, Trieste).)
Abbiamo continuato lo studio FTIR di patologie della cavità orale nonché di altri compartimenti del
corpo umanO. Le caratteristiche vibrazionali di campioni derivanti da operazioni chirurgiche sono
state sfruttate per ottenere informazioni a livello molecolare e supramolecolare da affiancare ai dati
provenienti dai più comuni mezzi diagnostici. Infatti, tramite le variazioni biochimiche e
morfologiche che i tessuti subiscono durante la formazione di neoplasie, è stato possibile
distinguere nei vari campioni zone sane da zone tumorali. I risultati sono stati comparati con dati
istopatologici evidenziando una più che soddisfacente attendibilità.
Si sono caratterizzati alcuni spectral markers, come i modi vibrazionali dei fosfati e del glicogeno,
che permettono di valutare e verificare, nelle loro relazioni numeriche, la progressione ed il grado di
tumorigeneità delle patologie della bocca (Figura 1).
Figura 1. Andamento dei rapporti υsym/υasymPO2- e υC-O/υsymPO2-, nei tessuti sani
(connettivo, C e muscolare, M), nelle displasie leggere e severe (mCMd, sCMd) e nelle forme
tumorali tumori dei vari settori della cavità orale. Il valori maggiormente differenziati si ottengono
nel caso di linfonodi metastatici.
109
Procedimenti di analisi multivariata di trattamento dei dati spettrali, hanno permesso di di
distinguere queste diverse patologie (Figura 2).
Figura 2. Epiteli tumorali di campioni da: SCC (epit. non tumorale di controllo, SCC indiff. e epit.
displastico), ghiandole salivari (tum. muco-secernente e carcinoma adenoideo cistico) e cisti
odontogene (fibroma ameloblastico, ameloblastoma unicistico, ciste residua, ciste radicolare e
KCOT).
La figura 3a riporta la clusterizzazione di aree epiteliali: di controllo (non tumorale), di grado 1, di
grado 2, caratterizzato dalla presenza di perle cornee ed un epitelio indifferenziato di grado 3. La
netta suddivisione dei campioni in 4 clusters ben distinti viene confermata anche dall’analisi
bidimensionale (Figura 3b).
Grado 1
Grado 3
Controll
o
Grado 2
Figura 3a
Figura 3b
Sempre nel distretto della cavità orale, l’indagine spettroscopica ha permesso di verificare la
progressione e l’infiltrazione del tumore nei comparti connettivali.
110
Figura 4. Clusterizzazione di zone connettivali derivanti dagli SCC e dalle ghiandole salivari:
carcinoma adenoideo cestico (cluster blu), SCC indiff. (cluster verde), tumore muco-secernente
(cluster rosso), SCC displastico (cluster arancione) ed epitelio di controllo (cluster celeste).
Si è continuato lo studio vibrazionale di lesioni cutanee benigne (nevo dermico, nevo di Reed),
displastiche e maligne (melanomi invasivi) e contemporaneamente, con l’utilizzo di una risoluzione
spaziale al limite della diffrazione (6.35x6.25μm2), si iniziato lo studio di nevi ‘border line’ come
quelli Spitz o nevi a penetrazione anomala e che presentano notevoli difficoltà a livello di analisi
clinica.
Caratterizzazione tramite marker spettrali delle gonadi di Zebrafish durante la fase di
maturazione
(collaborazione con il Dipartimento Scienze della Vita e dell'Ambiente, Università Politecnica delle
Marche, Ancona;).
Nello studio del ruolo della melatonina nella crescita e nella maturazione di ovociti femmine di
zebrafish, la spettroscopia FTIR imaging ha ben evidenziato modifiche biochimiche nella
oonogenesi di femmine trattare con melatonina, in grado di influire sul pattern proteico, sulla
composizione della membrana e sulle caratteristiche di gruppi fosfato. Tramite le analisi Real TimePCR e l’Enzyme-Linked Immuno Sorbent Assay (ELISA) , si è dimostrato che la somministrazione
di questo ormone favorisce la sintesi della vitellogenina in zebrafish femmine, promuovendo quindi
il relativo aumento dell’indice gonadosomatico (GSI) e della produzione dell’embrione.
Applicazione della Microspettroscopia Infrarossa per la caratterizzazione di biomateriali e di
biomolecole.
(collaborazione con il gruppo del prof. Norberto Roveri della UNIBO)
Particolarmente utile si è rivelata l’applicazione dell’imaging infrarosso nello studio ed utilizzo di
materiali sintetici per operazioni di ricostruzione ossea e per evidenziare il fatto che tessuti
artificiali possono mimare il tessuto osseo da sostituire, per studiare processi di biomineralizzazione
con possibilità di individuare la formazione di idrossiapatiti su bio-vetri nonché per delucidare le
varie fasi di ricostruzione di tessuti ossei danneggiati. E’ stato messo a punto un nuovo metodo per
la sintesi di materiali nano strutturati a base di compositi collagene/idrossiapatite su leghe di titanio,
combinando l’elettrospinning con la mineralizzazione biomimetica. Gli scaffolds mineralizzati
esibiscono caratteristiche morfologiche, strutturali e chimiche molto simili a quelle di una matrice
extracellulare dell’osso naturale. Oltre che con la microscopia elettronica, la distribuzione
topografica della composizione chimica nella matrice mineralizzata, è stata studiata con la
microspettroscopia FTIR, evidenziando come, nel processo di elettrospinnig, i nano cristalli di
idrossiapatite ricoprono parzialmente le fibre di collagene (Figura 5, 6).
111
Figura 5. Spettri FT-IR del collagene (rosso) e del composito collagene-idrossiapatite (nero) nella
regione 1800-700 cm-1.
Figura 6. Mappe di correlazione ottenute caricando lo spettro del collagene nelle mappe chimiche
da elettrospun del collagene puro (A) e del collagene mineralizzato (B), e (C) mappa di correlazione
ottenuta caricando lo spettro del composito collagene-idrossiapatite sulla mappa chimica del
collagene mineralizzato.
Dall’analisi spettroscopica si è anche dedotto che la distribuzione di gruppi funzionali di materiali a
base di collagene, come i gruppi carbonilici, hanno un ruolo cruciale nel processo di
mineralizzazione in vitro. Ne deriva che, nanocompositi fibrosi potrebbero trovare applicazioni
come materiali di rivestimento di dispositivi medicali a base di titanio o come fillers per compositi
rinforzati da fibre migliorarando il contatto e l’interazione dell’impianto osseo con l’intorno
biologico.
112
UNITÀ DI RICERCA DI ROMA “La Sapienza”
Direttore Scientifico: Prof.ssa Elena Borghi
Nel corso del 2011 l’attività scientifica dell’unità di ricerca dell’Università "La Sapienza" di Roma
ha riguardato le tematiche e le linee di ricerca seguenti.
1. NUOVI FARMACI INORGANICI IN ONCOLOGIA
Sistemi macrociclici tetrapirrolici ad alta delocalizzazione elettronica per la terapia
anticancro
G. Moretti, M. P. Donzello, E. Viola, P. Moro, D. Vittori, G. De Mori, C. Ercolani, F. Monacelli
2. METALLOPROTEINE COME CATALIZZATORI BIOLOGICI
Caratterizzazione strutturale di centri metallici di metalloproteine e composti modello
E. Borghi
1. Sistemi macrociclici tetrapirrolici ad alta delocalizzazione elettronica per la terapia
anticancro
In questa relazione viene presentato l’attività svolta dal gruppo di ricerca nel corso del 2011,
attività che alla base del suo sviluppo pone la sintesi di nuovi macrocicli tetrapirrolici appartenenti
prevalentemente alle classe delle porfirazine (tetraazaporfirine) sia come leganti liberi (non
metallati) sia come derivati di metalli di transizione o di non transizione. Si tratta in generale di
prodotti aventi un core porfirazinico centrale, eventualmente esteso perifericamente con anelli
eterociclici o-condensati sugli anelli pirrolici centrali a dare sistemi molecolari ad alta
delocalizzazione elettronica, le cui proprietà generali, dipendenti in qualche misura anche dalla
natura del metallo centrale, sono state studiate con metodi spettroscopici convenzionali (IR, UVvisibile) come anche con tecniche di risonanza (NMR, ESR), misure magnetiche e comportamento
elettrochimico (voltammetria ciclica, spettroelettrochimica). Come sviluppo successivo alla
caratterizzazione chimico-fisica si pone come tema centrale lo studio del comportamento di alcune
di queste specie come fotosensibilizzatori per la produzione di ossigeno singoletto (1O2) e della
loro risposta di fluorescenza, tematiche che esplorano le loro potenzialità applicative nel campo
della terapia anticancro che va sotto il nome di terapia fotodinamica (PDT), oggi in fase di grande
sviluppo, e per il loro uso nel campo dell’imaging. Si riassume qui di seguito in breve la
principale attività svolta dal gruppo di lavoro nel corso dell’intero anno 2011.
Effetti della modifica del sistema coniugato centrale del macrociclo porfirazinico sul suo
comportamento chimico-fisico e fotochimico
Studi recenti del gruppo di ricerca hanno riguardato la sintesi e caratterizzazione di macrocicli
pirazinoporfirazinici ed associati aspetti applicativi. Intenso lavoro è stato condotto sul macrociclo di
cui allo Schema 1B come specie monopalladata [Py8TPyzPzPd], e suoi derivati di tipo pentanucleare
[(PdCl2)4Py8TPyzPzPd] (Py8TPyzPz = dianione della tetrakis-2,3-[5,6-di(2-piridil)pirazino]porfirazina) e ottacationico [(2-Mepy)8TPyzPzPd]8+ (Donzello, M. P., et al. Inorg. Chem., 2008, 47,
3903; Donzello, M. P., et al. Inorg. Chem., 2008, 47, 8757). Per tali complessi è stata messa in
evidenza la loro capacità di agire come potenti fotosensibilizzatori per la produzione di ossigeno
singoletto, 1O2, l’agente citotossico attivo in PDT, una terapia oggi largamente applicata per il
contrasto a diverse forme di tumori. Sulla base di questo tipo di risultati, e’ stato ritenuto opportuno
ed interessante sviluppare un programma di ricerca diretto a contrarre e ad espandere il suddetto
macrociclo nei modi specificati nello Schema 1A e 1C, in modo tale da modificare il livello di
delocalizzazione elettronica  del sistema porfirazinico centrale ed il tipo di contatti tra la periferia
del macrociclo stesso e la sua cavità centrale. La preparazione dei macrocicli 1A e 1C (Schema 1)
113
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
NH
N
N
N
N
N
N
NH
N
N
N
N
N
N
HN
N
N
NH
N
N
N
HN
N
N
HN
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
A
B
N
N
N
N
C
Schema 1
avviene mediante l’uso di adatti precursori quali quelli mostrati nello Schema 2.
N
CN
N
A
N
N
CN
N
CN
N
CN
N
CN
N
CN
N
N
B
C
Schema 2
Come è stato verificato sulla base di risultati preliminari sia per i macrocicli di cui allo Schema 1A
(specie non metallata, [Py8PzH2] e complesso di MgII, [Py8PzMg(H2O)]) che per quelli di cui allo
Schema 1C (specie non metallata, [Py8TQPzH2], e derivati metallici [Py8TQPzM] (M = MgII e
ZnII), le apportate modifiche strutturali periferiche per i due tipi di macrocicli si riflettono in modo
evidente sul comportamento spettroscopico (UV-visibile) ed elettrochimico, ed hanno anche effetti
importanti per ciò che riguarda la loro fotoattività per la produzione di 1O2.
Sulla linea di quanto è stato fatto per il macrociclo riportato nello Schema 1B, è ancora in fase di
sviluppo la preparazione di specie pentametalliche che prevedono l’inserimento di unità PdCl 2 e
PtCl2 alla periferia dei macrocicli 1A e 1C (Schema 1).
Potenzialità fotochemioterapeutiche di un macrociclo porfirazinico pentanucleare di PtII
E’ stato sintetizzato e caratterizzato mediante spettroscopie convenzionali (IR, UV-visibile) un
complesso di PtII di formula [(PtCl2)4Py8TPyzPzPt]. Il composto è potenzialmente in grado di
svolgere attività bimodale anticancro. Esso infatti manifesta buone proprietà di
“fotosensibilizzatore” per la produzione di ossigeno singoletto, 1O2. Dati NMR di risposta protonica
e di 13C indicano che unità PtCl2 sono legate alla periferia del macrociclo agli atomi di azoto
piridinici con formazione di siti di tipo cis-platino N2(py)PtCl2 (Figura 1A). La presenza di quattro di
questi siti nell’ambito della stessa molecola, corrisponde ad avere una multipla funzionalità cisplatino all’interno dello stesso macrociclo tetrapirrolico, fatto di assoluta rilevante novità nella
pertinente letteratura. Gli stessi dati NMR hanno permesso di stabilire che la forma molecolare
largamente prevalente nel macrocicloo è quella che vede i quattro frammenti dipiridinopirazinici che
portano le unità PtCl2 orientate dalla stessa parte rispetto al piano molecolare centrale, come
mostrato in Figura 1B.
114
Cl
Cl
Cl
N
Pt
N
N
N
N
N
N
N
Pt
N
N
N
N
N
N
N
N
N
Cl
Pt
Cl
N
N
N
Pt
N
N
N
N
Cl
Pt
Cl
Cl
A
B
Figura 1
Nello stesso lavoro sono state considerate altre due specie mononucleari di formula [Py8TPyzPzPt] e
[(2-Mepy)8TPyzPzPt]8+ (neutralizzata da ioni I-), delle quali è stata misurata la loro attività come
fotosensibilizzatori in PDT.
Proprietà coordinanti ed attività fotodinamica di un macrociclo porfirazinico avente anelli
tienilici vicinali
E’ stata sviluppata ed in larga misura portata a conclusione una linea di ricerca, già avviata nel
corso del 2010, riguardante una specie simmetrica di tipo pirazinoporfirazinico alla periferia della
quale sono stati innestati anelli 2-tienilici vicinali, come rappresentato in Figura 2A per la specie
non metallata. Va rilevato che la coordinazione esterna con il coinvolgimento combinato dei due
anelli 2-tienilici, adeguatamente verificata con l’inserimento di unità di PdCl2, rappresenta
Cl
Cl
N
S
S
N
N
HN
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
S
S
N
N
N
S
N
S
N
N
M
N
N
NH
Cl
N
N
N
N
Pd
S
S
N
N
Pd
S
N
S
S
Cl
S
S
Cl
Pd
Cl
A
N
S
S
S
B
Pd
Cl
Cl
Figura 2
un caso raro di coordinazione. Il legante libero, la tetrakis-2,3-[5,6-di(2-tienil)pirazino]porfirazina,
[Th8TPyzPzH2] di Figura 2A, ottenuta per demetallazione del suo complesso di Mg II,
[Th8TPyzPzMg(H2O)], è stata utilizzata per la preparazione di altri derivati metallici,
[Th8TPyzPzM] (M = ZnII, CuII, CoII). E’ stato dimostrato il coinvolgimento diretto dei frammenti
ditienilpirazinici nella coordinazione del PdII con formazione di specie tetrapalladate di formula
[(PdCl2)4Th8TPyzPzM] (M = ZnII; Mg(H2O)). Utile è stata l’informazione fornita dal
comportamento del precursore del macrociclo, la 2,3-diciano-5,6-di(2-tienil)-1,4-pirazina,
[(CN)2Th2Pyz], circa la capacità del suo frammento di(2-tienil)pirazinico di agganciare il PdCl2. E’
stato verificato che tale precursore coordina due unità PdCl2 nel complesso di formula
[(CN)2Th2Pyz(PdCl2)2] (diversamente da quanto osservato per l’analogo precursore
dipiridinopirazinico [(CN)2Py2Pyz] che dà luogo, con lo stesso PdCl2, ma anche con PtCl2, ad un
derivato monometallico [(CN)2Py2PyzMCl2] (M = PdII, PtII)), mentre la coordinazione a livello di
macrociclo implica la coordinazione di una sola unità PdCl2 per ognuno dei quattro frammenti di(2tienil)pirazinici, come schematizzato in Figura 2B. La struttura del bispalladato
[(CN)2Th2Pyz(PdCl2)2] è stata studiata mediante misure di NMR e con studi EXAFS. Ciascuno dei
115
due atomi di palladio risulta coordinato a due atomi di cloro, all’azoto pirazinico e allo zolfo
tienilico. Oltre alla caratterizzazione chimico-fisica generale, i macrocicli tienilici [Th8TPyzPzM]
sono stati studiati per via elettrochimica. I dati di spettroscopia UV-visibile ed elettrochimici
forniscono informazioni sul contatto elettronico tra il core pirazinoporfirazinico centrale ed i tienili
periferici, permettendo un adeguato confronto con la situazione riscontrata per gli analoghi
macrocicli ottapiridinici. Inoltre i dati di resa quantica di ossigeno singoletto qualificano i complessi
[Th8TPyzPzM] (M = ZnII, MgII(H2O)) come buoni fotosensibilizzatori.
Formazione di dipiridinopirazinoporfirazine neutre, loro corrispondenti specie
ottacationiche ed eterobimetalliche per la multimodalità anticancro
Durante il 2011 sono state portate avanti e sono giunte a risultati significativi due linee di ricerca
attinenti a tematiche che riguardano sequenze telomeriche 5’-d[AGGG(TTAGGG)3]-3’, 22mer
nella forma G-quadruplex: a) la prima ha portato a sviluppi dello studio avviato nel 2010 e
riguardanti gli aspetti di sintesi e generale caratterizzazione chimico-fisica dei complessi
eterobimetallici di formula [(PtCl2)Py8TPyzPzM] (M = MgII(H2O), ZnII, PdII) provenienti dal
macrociclo ottapiridinotetrapirazinoporfirazinico (Figura 3A) dal quale sono stati preparati e
studiati gli analoghi complessi contenenti esternamente PdCl2. Di queste specie è stata verificata la
loro capacità di agire come buoni “fotosensibilizzatori” in PDT. Essi presentano inoltre in
coordinazione esociclica una funzionalità di tipo cis-platino, ed hanno pertanto una potenzialità di
risposta anche in termini chemioterapici. A partire dalla specie monoplatinata
[(PtCl2)Py8TPyzPzZn], è stata ottenuta la corrispondente specie monoplatinata esacationica Zn/Pt
[(PtCl2)(2-Mepy)6Py2TPyzPzZn]6+ di Figura 3B, che è solubile nel mezzo acquoso, dove si mostra
parzialmente aggregata.
N
N
N
+
+N
H3C
CH3
N
N
N
N
N
+
N
N
+
Zn
N
N
N
N
N
N
N
N
N
Pt
Cl
+
CH3
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
H3C
N
N
N
N
N
N
N
N
N
H3C
N
M
N
N
N
N
N
N
+
CH3
N
Pt
Cl
Cl
Cl
A
B
Figura 3
E’ stato accertato che tale specie, che agisce come un buon fotosensibilizzatore in DMF per la
generazione di ossigeno singoletto, ed è quindi attiva in PDT, è in grado di stabilire un contatto nel
mezzo acquoso con una sequenza telomerica 5’-d[AGGG(TTAGGG)3]-3’, 22mer, di tipo Gquadruplex, ottenuta in presenza di ioni K+. In collaborazione con un gruppo dell’Istituto per la
Sintesi Organica e la Fotoreattività del CNR di Bologna (D.ssa Sandra Monti e D.ssa Ilse Manet), è
stato accertato, sulla base di studi di dicroismo circolare e di spettroscopia convenzionale, che il
complesso Zn/Pt ed il G-quadruplex formano un aggregato 2:1, nel quale le due molecole del
complesso si legano al G-quadruplex formando una struttura a sandwich e stabilizzandolo nella sua
forma “parallela”, come riportato in Figura 4. Pertanto, tale complesso, che ha potenziale attività
anticancro grazie alla sua fotoattività (PDT) e alla stabilizzazione del G-quadruplex, lascia
intravedere una potenziale trimodalità per la presenza della funzionalità cis-platino, della quale deve
essere verificata l’effettiva potenzialità chemioterapica almeno con delle prove in vitro.
116
Figura 4
Circa la seconda linea di ricerca b) attinente a studi riguardanti il G-quadruplex, in collaborazione
con le colleghe Monti e Manet, è stato anche completato uno studio del possibile contatto tra il Gquadruplex formato dalla sequenza telomerica 5’-d[AGGG(TTAGGG)3]-3’, 22mer in acqua in
presenza di ioni K+ ed il complesso monometallico di ZnII ottacationico [(2-Mepy)8TPyzPzZn]8+.
Malgrado l’interferenza rappresentata dall’aggregazione molecolare, è stato tuttavia possibile
verificare che il tipo di contatto tra G-quadruplex ed il complesso mononucleare di ZnII ricalca
quello osservato per il sistema eterobimetallico Zn/Pt di cui sopra, e cioè formazione di un
aggregato 2:1 Zn/G-quadruplex con il G-quadruplex nella sua forma “parallela”.
Il macrociclo tetrakis-2,3-[5,6-di(2-piridil)pirazino]porfirazinico, [Py8TPyzPzH2] ed alcuni suoi
derivati metallici [Py8TPyzPzM] (M = ZnII, CuII e PdII) sono stati studiati come sensibilizzatori
adsorbiti su TiO2 (anatasio) per la fotodegradazione mediante irradiazione UV (350-400 nm) del 4nitrofenolo in sospensione acquosa. Nel caso dei derivati di Cu II e ZnII è stato osservato un aumento
del potere catalitico rispetto all’anatasio puro di un fattore quattro e di più di un fattore due nel caso
del complesso di PdII e del legante libero. Il confronto con i dati di letteratura su campioni di
anatasio impregnati con alcune porfirine e ftalocianine strutturalmente simili, indica che i risultati
ottenuti rappresentano un significativo miglioramento dell’efficienza del catalizzatore.
2. Caratterizzazione strutturale di centri metallici di metalloproteine e composti modello
Metalloproteine - È noto che le emocianine, difficilmente cristallizzabili, con alto peso molecolare,
EPR silenti sia nelle forme native (oxy-) sia derivate (met- e azido-), non sono caratterizzabili via
diffrazione e risonanze magnetiche, e come solo l’approccio XAS consenta la derivazione
d’informazioni strutturali fondamentali. Le met-Hcs e l’interazione di queste forme con l’azide
mostrano una pH dipendenza, e, rispetto alla coordinazione dell’azide, per derivati di differenti
phyla (mollusco O. vulgaris ed artropodo C. aestuarii) è stato proposto un modello di reazione
diverso in base alla diversa affinità e alla diversa stechiometria di legame. (Beltramini et al., Eur. J.
Biochem. 1995, 232: 98; Alzuet et al., Eur. J. Biochem. 1997, 247: 688). A pH 7.5 le due forme
met-Hcs mostrano la stessa stechiometria 1:1 degli addotti con azide, mentre a pH 5.5 una seconda
azide lega alla met-Hc di O. vulgaris; il derivato di artropodo non presenta la stechiometria 1:2. La
parallela caratterizzazione strutturale di forme oxy-, met- e dei met-azido addotti è importante
poiché permette di provare le caratteristiche e l’accessibilità del sito attivo nella proteina nativa e
diversificare la reattività chimica dei due siti a Cu (il centro Cu(II)A più esposto ed il centro
Cu(II)B). Il modello del sito attivo, proposto in base alla dipendenza delle caratteristiche CD dal
pH, per le forme met-Hc dei due phyla, assume una struttura a Cu(II) binucleare con un ponte diidrosso con una parziale protonazione a basso pH. Il modello del sito attivo per i met-azido addotti,
proposto in base alle caratteristiche LMCT degli spettri assorbimento e CD, suggerisce un legame a
ponte nel caso della forma met-Hc di O. vulgaris in contrasto alla met-Hc di C. aestuarii, dove
l’azide è supposta legare terminale al più esposto centro Cu(II)A. A pH 5.5 nel caso di met-Hc di O.
vulgaris le caratteristiche LMCT sono indicative di un modo di legame a ponte per la prima azide
(con affinità maggiore rispetto a pH 7.5) e di un modo di legame terminale al rame (CuA) che
controlla la reattività del sito attivo per la seconda azide.
Modelli biomimetici - Per delucidare le relazioni biologiche struttura-funzione è necessario
impiegare sistemi mimetici con leganti strutturati. È noto (L. Casella et al., 1993, Inorg. Chem. 32,
2056–2067) che i leganti L-5,5 e L-6,6 hanno due identici gruppi donatori, ciascuno con due N117
benzimidazolici ed un N-ammino terziario, sono modello strutturale del motivo tris(imidazolo)
presente in proteine con centro binucleare nel sito attivo, e coordinano il metallo con anelli chelanti
a 5-termini (L-5,5) e a 6-termini (L-6,6). I complessi binucleari [Cu(II)2(L)(X)2](ClO4)n con L= L5,5, L-6,6 e X= OH_, H2O, N3- considerati sono mimetici delle caratteristiche strutturali del centro
Cu2 nel sito attivo di derivati (met- e azido-) di emocianine e tirosinasi e della loro reattività.
Considerando che il movimento dell’istidina apicale è coinvolto nel meccanismo di associazione del
legante nelle proteine Hcs, la determinazione sia del corretto valore della distanza Cu-Cu sia della
misura di una distorsione apicale al sito del rame sono i due aspetti fondamentali da risolvere. Le
caratteristiche strutturali delle due possibilità di chelazione al metallo e del diverso modo di
coordinazione, in particolare del legante N3- (-1,1 per L-5,5 e -1,3 per L-6,6), costituiscono un
riferimento importante per i derivati Hcs considerati. È stata inoltre considerata la famiglia dei
composti di rame mononucleari del legante poly(benzimidazole) 2-BB (relazionabile al legante L6,6), con proprietà strutturali e/o di reattività correlate a quelle dei derivati delle proteine Hcs,
essendo il legante 2-BB tridentato con due N-benzimidazolici ed un N-ammino modello strutturale
del motivo tris(imidazolo) presente nelle Hcs ed in altri sistemi biologi. (L. Casella et al., 1996,
Inorg. Chem., 35, 1101-1113)
Bio-X ray Absorption Spectroscopy (bioXAS) - L’analisi strutturale di metallo-cofattori di
sistemi biologici e chimici sconosciuti richiede, almeno, l’identificazione strutturale dei donatorileganti del centro metallico. È noto che il contributo dominante della prima sfera di coordinazione
del centro metallico assorbitore cade nella regione XANES (regione a bassa energia dello spettro
XAS).
La modulazione del segnale XANES può essere effettuata usando differenti programmi di calcolo e
questa metodologia è stata applicata con successo con varie strategie di minimizzazione. La
minimizzazione XANES mostra complementarità e vantaggi rispetto all’analisi tradizionale EXAFS
(prima-sfera in approssimazione SS (singolo scattering) e MS (multiplo scattering). Usualmente
nell’analisi strutturale di metallo-cofattori di sistemi biologici e chimici sconosciuti per arrivare
all’identificazione strutturale dei donatori-leganti della prima sfera del centro metallico il cluster
strutturale di partenza viene scelto con dimensione più piccola possibile (circa la prima sfera di
coordinazione). Tuttavia per estrarre complete informazioni strutturali di metalloproteine,
catalizzatori e composti biomimetici con struttura sconosciuta è importante e necessario considerare
un cluster strutturale di partenza con una dimensione maggiore (rispetto alla prima sfera) ed
opportuna (rispetto alle caratteristiche del/i legante/i di un centro metallico).
Approccio sperimentale/teorico seguito - I nostri studi bioXAS si sono da sempre articolati nella
direzione di risolvere, con accuratezza, dettagli strutturali per le distanze e per gli angoli di legame
anche nel caso di un sistema complesso di un legante strutturato e flessibile. Abbiamo sempre
considerato il duplice approccio XANES ed EXAFS e mostrata la complementarietà e/o i vantaggi
dell’analisi tradizionale XANES e della modulazione del segnale EXAFS soprattutto nel caso di
centri metallici binucleari sia di modelli biomimetici sia di metalloproteine.
(E. Borghi, P. L. Solari, J. Inorg. Biochem., 2001, 86, 153; E. Borghi et al.. Biophys. J., 2002, 82,
3254-3268; E. Borghi, P. L. Solari, J. Inorg. Biochem., 2003, 96, 103; M. Friello, E. Borghi,
http://w.w.w.circmsb.uniba.it, 2003; E. Borghi, P. L. Solari, Micron, 2004, 35, 81-86; E. Borghi, P.
L. Solari, J. Synchrotron Radiat., 2005 ,12, 1-9 ; E. Borghi, FEBS J., 2005, 272, 70)
Lo studio XAS di Hcs con siti binucleari a Cu di tipo 3 è complicato per la presenza dei due centri
metallici assorbitori e per il fatto che il contributo metallo-metallo nello spettro è sovrapposto al
segnale Cu-His. I risultati ottenuti hanno mostrato come sia possibile estrarre informazioni
quantitative dalla regione XANES dello spettro con l’ausilio dell’analisi di MS anche nel caso di un
centro binucleare.
(E. Borghi, P. L. Solari, Micron, 2004, 35, 81-86; E. Borghi, P. L. Solari, J. Synchrotron Radiat.,
2005, 12, 1-9)
Gli studi XAS strutturali dei complessi del legante 2-BB considerati hanno permesso di definire un
approccio d’analisi e modulazione del segnale XANES con il programma MXAN.
(E. Borghi, L. Casella, Phys. Chem. Chem. Phys., 2010, 12, 1525-1534)
118
Si è mostrato che si può tener conto ed includere nel cluster di partenza il contributo strutturale di
tutto un legante strutturato e flessibile come il legante poly(benzimidazole) 2-BB ed i leganti
ancillari presenti (N3-, NO2, MeOH, H2O rispettivamente nel caso in studio). Questo studio è stato
considerato costituire un riferimento importante e significativo per studi XAS strutturali di biosistemi.
Studio teorico in corso. - Modulazione del segnale XANES con il codice di calcolo MXAN – È
sicuramente l’approccio metodologico più idoneo per risolvere in modo completo e corretto le
sottili differenze strutturali mostrate dai centri binucleari sia dei derivati-Hcs sia dei biomimetici dei
leganti L-5,5 e L-6,6. (E. Borghi et al.. Biophys. J., 2002, 82, 3254-3268, E. Borghi et al., dati non
pubblicati)
Alla luce dei risultati ottenuti con i modelli mononucleari si sono e si stanno considerando le
minimizzazioni della regione XANES dei centri binucleari a Cu di tipo 3 presenti nei composti
modello. La completa e corretta risoluzione via spettroscopia XAS delle caratteristiche strutturali
dei sei complessi dei leganti L-5,5 e L-6,6 potrà costituire un riferimento per studi strutturali di altri
bio-mimetici con centri binucleari, considerando le difficoltà associate alla presenza dei due centri
metallici assorbitori e del contributo metallo-metallo nello spettro se sovrapposto al/1 segnale/i CuN.
(E. Borghi dati non pubblicati, e/o elaborazione teorica in corso)
Le forme met-Hcs e i derivati met-azido-Hcs di O. vulgaris e C. aestuarii ai due diversi pH 7.5 e
5.5 presentano sottili differenze strutturali. (E. Borghi et al., dati non pubblicati) La modulazione
nella regione XANES si propone di rifinire la struttura del sito ed identificare le possibili differenze
presenti nella struttura locale dei due centri a rame che permettono alla proteina del mollusco O.
vulgaris di mostrare, nella sua forma met-, attività di tipo tyrosinase e catalase. La chiarificazione
del modo di legame dell’azide ai due valori di pH per questo derivato rimane il principale aspetto
strutturale da risolvere, poiché permette di provare le caratteristiche e l’accessibilità del sito attivo
nella proteina Hcs e diversificare la reattività chimica dei due siti a Cu.
119
UNITA’ DI RICERCA DI ROMA “Tor Vergata”
Direttore Scientifico: Prof. Massimiliano Coletta
Nel corso del 2011 l’Unità Operativa di Roma Tor Vergata ha effettuato una serie di ricerche sui
seguenti argomenti.
1) Emoproteine
2) Metalloenzimi
1) Emoproteine
In questo campo le indagini sono proseguite su alcuni aspetti funzionali e strutturali di emoproteine
batteriche, quali la Protoglobina da Methanosarcina acetivorans e l’emoglobina troncata da
Pseudoalteromona haloplanktis. Per quanto riguarda la protoglobina da M. acetivorans lo studio è
stato rivolto ad una correlazione fra l’informazione strutturale con raggi X della forma Fe(III) sia
della proteina ricombinante “wild type” che di una serie di mutanti sito-specifici di aminoacidi
dell’intorno dell’eme rispetto alle proprietà funzionali cinetiche della reazione con leganti della
forma Fe(III), quali la sodio azide. Tale indagine ha permesso di evidenziare il ruolo fondamentale
di due residui che si trovano all’imboccatura di due tunnels che mettonoi in comunicazione la tasca
dell’eme con il solvente. Per quanto riguarda l’emoglobina troncata da P. haloplanktis si sono
effettuate due indagini: la prima ha riguardato uno studio dettagliato delle proprietà reattive della
forma Fe(III) con sodio azide, che sono state correlate in modo puntuale alle varie conformazioni
osservate mediante spettroscopia di assorbimento e risonanza Raman. La seconda indagine ha
riguardato invece la forma Fe(II), la sua reazione con il CO e la dipendenza dal pH di tale reazione ;
lo studio ha permesso di evidenziare l’esistenza di due conformazioni terziari della proteina in
equilibrio lento fra di loro e caratterizzate da una diversa dinamica di reazione con il legando CO.
Accanto a questi studi sulle emoproteine batteriche, si sono effettuate delle indagini sull’emealbumina. Tale forma dell’albumina ha infatti rilevanza fisiologica, poiché circa il 10%
dell’Albumina circolante si trova nella forma legata all’eme. Ciò la trasforma in una emoproteina
circolante, capace non solo di legare molecole quali O2, CO ed NO, ma in grado di modulare
allostericamente il legame di altre molecole in siti distinti dall’eme. In particolare, si è evidenziato
come l’eme-albumina abbia la capacità di isomerizzare il perossinitrito, un specie fortemente
tossica per i tessuti, nel più innocuo nitrato e come questa proprietà sia modulata dall’interazione
dell’eme-albumina con farmaci quali l’isoniazide e la rifampicina. Inoltre, un effetto di altri
farmaci, quali l’ibuprofene e la warfarina, è stato osservato nei confronti del processo di
nitrosilazione, che è noto essere importante per la modulazione della pressione arteriosa. A tale
osservazione si è aggiunto anche uno studio più dettagliato sulla modulazione del processo di
denitrosilazione.
Per quanto riguarda il ruolo del citocromo c nell’apoptosi e l’interazione con la cardiolipina, si sono
effettuati varie indagini. Un primo studio ha riguardato l’effetto dell’ATP e del NaCl
sull’interazione con la cardiolipina, evidenziando il diverso comportamento del citocromo c da
mammifero rispettosa quello di eucarioti primitivi, quali il lievito. Inoltre, si è studiato in modo più
sistematico una nuova forma di reattività acquisita da parte del complesso citocromo c-cardiolipina
riguardante l’isomerizzazione (e quindi la detossificazione) del perossinitrito; in particolare, si è
evidenziato come questa reazione sia modulata dalla cardiolipina. Inoltre, si è scritto un articolo,
pubblicato su IUBMB Life, nel quale si sono riassunte le conoscenze attuali sul ruolo modulatorio
della cardiolipina nei confronti delle attività pro- and anti-apoptotiche del citocromo c.
2) Metalloenzimi
Lo studio si è in parte rivolto ad uno studio abbastanza dettagliato sull’effetto di metalli, quali Cu,
Ag e Zn, sulle proprietà enzimatiche dell’Insulin-Degrading Enzyme (IDE) nei confronti del
processamento enzimatico di β-amiloide (Aβ1-40) e di peptidi derivati da questo (in particolare di
Aβ1-16 e Aβ16-28). Si è così evidenziato come l’effetto dipenda sia dal tipo di metallo (con un
121
regolazione di segno opposto per Cu2+ e Zn2+) sia dallo stato di ossidazione (con effetti
drasticamente diversi fra la forma ossidata bivalente Cu2+ e le forme monovalenti Cu1+ e Ag1+);
questo risultato è stato poi spiegato con diversi siti di interazione per ioni monovalenti e bivalenti.
Inoltre, si è iniziata la caratterizzazione di una Zn-metalloproteinasi (chiamata Zmp1) prodotta dal
Mycobacterium tuberculosis e coinvolta nel processo di immunodepressione associato all’infezione
tubercolare. Tale indagine ha portato alla caratterizzazione strutturale di tale Zmp1, permettendo di
osservare come il sito catalitico sia drasticamente diverso dalle metalloproteinasi di matrice,
essendo più riavvicinabile a quello della neprilisina.
Inoltre, si è studiato il ruolo della proteina periplasmatica ZinT da Salmonella typhimurium nel
trasporto di Zn2+. Tale studio si è rivolto sia agli aspetti strutturali di tale proteina, investigando la
struttura ai raggi X della proteina ZnuA e la sua dinamica molecolareTale ricerca ha portato
all’individuazione di una particolare triade di istidine che coordinano lo Zn. Tali informazioni sono
poi state estese agli aspetti più squisitamente cellulari e proteomici, evidenziando il ruolo
fondamentale di questa proteina nell’acquisizione di Zn.
122
UNITA’ DI RICERCA DEL SALENTO
Direttore Scientifico: Prof. Francesco Paolo Fanizzi
Gruppo di ricerca di Chimica Generale ed Inorganica del Prof. Francesco Paolo Fanizzi
Composizione del gruppo: Prof. Francesco Paolo Fanizzi (professore ordinario), Prof.ssa Antonella
Ciccarese (professore associato), Dott. Michele Benedetti (ricercatore), Dott. Paride Papadia
(ricercatore), Dott.ssa Sandra Angelica De Pascali (tecnico), Dott. Danilo Migoni (tecnico), Dott.ssa
Daniela Antonucci (dottorando), Dott.ssa Chiara Girelli (dottorando).
L’attività del gruppo di Chimica Generale ed Inorganica svolta nel contesto delle linee
programmatiche del C.I.R.C.M.S.B. si è articolata negli argomenti di ricerca di seguito riportati,
inerenti la tematica “Nuovi farmaci inorganici in oncologia”
Studio della tossicità nello sviluppo neuronale di composti a base di platino. Effetti del
cisplatino correlati con un nuovo complesso di Pt(II) sul cervelletto di ratto.
Nel campo dell’oncologia sperimentale, molti sforzi vengono effettuati per cercare nuovi farmaci a
base di platino che superino la tossicità sul SNC e la resistenza al farmaco. Una delle strategie
adottate è la sintesi di composti del platino capaci di formare addotti Pt-DNA differenti da quelli del
cisplatino o di reagire con altri target subcellulari. In questo contesto è stato sintetizzato un nuovo
complesso del Pt(II), il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)], che reagisce preferenzialmente con gruppi
tiolici o tioeteri di proteine. In questo lavoro abbiamo esaminato gli effetti in vivo del cisplatino e
del [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] sul normale sviluppo. Inoltre per verificare la dose-dipendenza
degli effetti, sono stati trattati differenti gruppi di animali con 5μg/g o 10 μg/g di peso del corpo, sia
di cisplatino che di [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)]. Abbiamo focalizzato la nostra attenzione sul
cervelletto perché fornisce un sistema modello utile per valutare i risultati del trattamento perinatale
con agenti chemioterapici sui processi chiave dello sviluppo del SNC come la proliferazione, la
migrazione e la differenziazione delle cellule neuronali. Abbiamo dimostrato la capacità sia del
cisplatino che del [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] di raggiungere il tessuto cerebrale una volta
iniettati. Il contenuto di platino nel cervello dopo il trattamento con [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)]
era particolarmente più alto (approssimativamente 4 volte superiore) rispetto al cisplatino.
L’accumulo di platino nel cervello era ancora significativo 7 giorni dopo la somministrazione di
[Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)].
Contenuto di Pt nei cervelli di ratto in seguito a trattamento con cisplatino e [Pt(O,O’-acac)(γacac)(DMS)]
Tuttavia, comparato al cisplatino, il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] induce cambiamenti meno gravi
sugli eventi fondamentali dello sviluppo dell’architettura neuronale, con scarsi eventi apoptotici,
una minore migrazione di alterate cellule granulari e la crescita dendritica delle cellule di Purkinje,
suggerendo una bassa neurotossicità di questo nuovo complesso del platino per il normale SNC. I
danni lievi potrebbero essere attribuibili ai differenti target subcellulari di questo composto, come
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pure a una più alta efficienza del sistema di riparazione cellulare a riconoscere gli addotti farmacotarget e a ripararli. Insieme all’efficacia antineoplastica in vitro precedentemente dimostrata, le
scoperte qui riportate suggeriscono il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] come potenziale alternativa al
cisplatino, indicando allo stesso tempo che la scelta dei composti a base di platino con nuovi target
subcellulari potrebbe essere una strategia per prevenire la neurotossicità indotta dal cisplatino e
superare la farmaco-resistenza indotta da mutazioni nel pathway apoptotico.
Frequentemente il sistema nervoso è il sito di tossicità sintomatica di agenti antineoplasitci.
Sebbene la neuropatia periferica è considerata la più comune forma di neurotossicità associata al
trattamento chemioterapico, c’è un’evidenza clinica che suggerisce che i farmaci antineoplastici
colpiscano anche il sistema nervoso centrale. Gli effetti negativi sul SNC includono sia una tossicità
acuta (ad esempio un’acuta encefalopatia, una sindrome cerebellare) che ritardata (come
menomazione cognitiva) che si possono manifestare anni dopo il trattamento e riguarda pazienti
trattati sia per tumori al SNC che per altre neoplasie.
I farmaci chemioterapici capaci di produrre effetti neurotossici dose-dipendenti includono tutti i
membri della famiglia di composti a base di platino correntemente utilizzati nella pratica clinica.
Questo ha incoraggiato sia la ricerca di complessi di platino migliorati, che lo studio sulle basi
cellulari che regolano gli effetti tossici indotti dai composti platinati conosciuti, con lo scopo di
sviluppare mezzi per ridurre la tossicità e preservare la qualità della vita del paziente.
In questo studio, abbiamo comparato gli effetti del cisplatino e del [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)]
sullo sviluppo del SNC. Il cisplatino è ampiamente utilizzato nei tumori infantili come componente
essenziale di protocolli di terapia composti da più farmaci, per bambini affetti da tumori solidi (per
esempio neuroblastoma). A questo proposito è interessante notare che recenti studi hanno
identificato un gran numero di problemi comportamentali a lungo termine (come depressione, ansia
e comportamento antisociale) in pazienti dell’oncologia pediatrica, soprattutto quelli trattati per
tumori del SNC. Il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] è un nuovo derivato del platino contenente due
gruppi acetilacetonato (acac) che un ligando solfuro nella sfera di coordinazione del platino. Gli
studi in vitro su differenti linee cellulari (HeLa, cellule del carcinoma della cervice uterina, MCF-7,
cellule del carcinoma mammario, e SH-SY5Y, cellule del neuroblastoma) hanno dimostrato che
questo composto del platino ha un’attività più alta di quella del cisplatino e mostra un’efficacia
nelle linee cellulari tumorali cisplatino-resistenti.
Differentemente dal cisplatino, la cui attività sembra essere associata al suo accumulo intracellulare
e alla formazione di addotti con il DNA, la citotossicità del nuovo composto è in relazione soltanto
al suo accumulo intracellulare. Il nuovo complesso, come pure la sua specifica attività biologica, ha
mostrato una reattività chimica interessante e selettiva contro nucleofili con differenti caratteristiche
HSAB (Hard Soft Acid Base), perfino nel caso di molecole biologiche come basi azotate e
amminoacidi solforati. La bassa reattività con le nucleobasi e la specifica reattività con ligandi
solforati suggerisce che i target cellulari potrebbero essere residui amminoacidici di proteine ed
enzimi coinvolti nell’induzione dell’apoptosi. Inoltre sono stati eseguiti dei test di mutagenesi (test
di Ames, un saggio standard di retromutazione sulla capacità mutagenica del complesso), su
[Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)], utilizzando il cisplatino come controllo positivo. Mentre il
cisplatino esibiva la sua ben nota attività mutagenica, il nuovo complesso non mostrava la presenza
di colonie revertanti, così confermando che l’attività biologica del nuovo complesso del Pt(II) è in
relazione con l’interazione con target biologici non genomici. Questi risultati, insieme ad uno studio
sulla trasduzione del segnale intracellulare attivata dal complesso di Pt(II), indica che il DNA non è
il target principale di questo complesso, caratterizzato da una bassa reattività con le nucleobasi e da
una specifica reattività con ligandi solforati.
Inoltre, abbiamo dimostrato sia la capacità del cisplatino che quella del [Pt(O,O’-acac)(γacac)(DMS)] di raggiungere il tessuto cerebrale una volta iniettati. Il contenuto di platino nel
cervello, dopo la somministrazione di [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)], era fino a 4 volte superiore a
quello del cisplatino. Questo potrebbe significare sia che il nuovo complesso platinato si lega in
minor misura alle proteine del plasma rispetto al cisplatino, sia che può attraversare la barriera
emato-encefalica più rapidamente. È noto che la barriera emato-encefalica rappresenta un sistema
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funzionale che protegge il cervello evitando che alcune molecole raggiungono il SNC. Alcuni studi
dimostrano che la somministrazione di cisplatino è associata ad un aumento della permeabilità della
barriera emato-encefalica, facilitando ulteriormente il passaggio di cisplatino attraverso essa.
Le lesioni neurali prodotte da questo agente non sono specifiche ma piuttosto si manifestano come
foci di necrosi emorragica ed edema. Questi risultati sono in accordo con altri precedentemente
riportati che evidenziano sulla corteccia cerebellare vasi sanguigni interrotti o danneggiati in aree
emorragiche dopo il trattamento con il cisplatino. Inoltre, nel presente studio, abbiamo osservato
che l’aumento della dose è associato ad un peggioramento del danno emorragico.
La presenza di platino nel tessuto cerebrale dopo la somministrazione di [Pt(O,O’-acac)(γacac)(DMS)] si combina con i dati ottenuti dagli studi in vitro sulle cellule HeLa e MCF-7. Allo
stesso modo del cisplatino, le misure di accumulo cellulare hanno mostrato che l’accumulo del
nuovo composto platinato è linearmente correlato alla concentrazione del farmaco.
D’altro canto, la cinetica dell’uptake di [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] è differente da quella del
cisplatino. Le concentrazioni di [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] nelle cellule crescono rapidamente e
il suo accumulo cellulare nelle cellule HeLa e MCF-7 è rispettivamente circa 6 e 10 volte più alto di
quello del cisplatino. Poiché è noto che l’effetto citostatico è strettamente associato all’accumulo di
platino nella cellula, questo potrebbe rappresentare un vantaggio per il [Pt(O,O’-acac)(γacac)(DMS)] nella misura in cui potrebbe permettere l’utilizzo di dosi più basse di questo
complesso platinato, riducendo allo stesso tempo il rischio di effetti collaterali e resistenza al
farmaco.
Per ciò che riguarda il cervelletto in via di sviluppo, il cisplatino esercita la sua azione citotossica
sulle cellule proliferanti, portando alla morte delle cellule granulari dello strato granulare esterno
durante i primi stadi di sviluppo. Ciò è in larga misura attribuibile all’induzione dell’apoptosi.
Anche le cellule gliali (per esempio la glia radiale di Bergmann) ed i neuroni post-mitotici (per
esempio le cellule di Purkinje) vengono danneggiati direttamente da questo farmaco, come è noto
dalla letteratura.
Inoltre è necessario considerare che il cisplatino potrebbe agire non solo sul DNA, ma anche sulle
proteine, sui componenti citoplasmatici (per esempio i mitocondri, il reticolo endoplasmico) ed
enzimi metabolici ampliando la gamma dei tipi cellulari sui quali esercita la sua azione citotossica.
Il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] induce cambiamenti meno gravi del cisplatino sugli eventi
fondamentali del normale sviluppo del SNC. Alcun significativo evento apoptotico, una minore
migrazione delle cellule granulari delle fibre gliali radiali e una minore alterazione della crescita dei
dendriti delle cellule di Purkinje evidenziano una ridotta neurotossicità di questo complesso
platinato. Gli effetti lievemente citotossici potrebbero essere attribuibili a differenti target
subcellulari di questo composto come pure ad una più grande efficienza del sistema di riparazione
cellulare nel riconoscere gli addotti target-farmaco e a ripararli. Insieme alla dimostrata efficacia
antineoplastica in vitro; questi risultati suggeriscono che il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] potrebbe
essere una potenziale alternativa al cisplatino, e allo stesso tempo indicano che la scelta di analoghi
del cisplatino con nuovi target subcellulari potrebbe costituire una strategia per prevenire la
neurotossicità indotta dai composti del platino. Inoltre, la capacità del [Pt(O,O’-acac)(γacac)(DMS)] di esercitare un’azione citotossica sulle cellule del carcinoma mammario MCF-7, una
linea cellulare umana relativamente resistente al cisplatino, potrebbe promuovere ulteriormente
l’utilizzo di questo complesso platinato nel trattamento del cancro per superare la resistenza alla
chemioterapia, almeno in caso di resistenza al farmaco indotta da mutazioni nel pathway
apoptotico.
Complessi del platino con ligandi diamminici chirali ingombranti
L’anello altamente distorto Pt(d(G*pG*)) (G* = G N7-platinata) formato dal cisplatino, farmaco
antitumorale, legato al DNA altera la struttura della coppia di basi G*G*, in quanto inclina una base
ed incrementa la mobilità, complicando gli studi strutturali.
Comunque, l’anello sembra favorire la conformazione HH1 (testa-testa) delle due guanine. In
confronto al cisplatino, i composti analoghi con gruppi NH nel legante-carrier sostituiti da gruppi
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N-alchilici ingombranti sono più tossici e meno attivi e formano addotti meno mobili. Per
esaminare le basi molecolari degli effetti biologici dell’ingombro sterico, abbiamo adoperato il
complesso- modello Me4DABPt(d(G*pG*)); l’ingombro e la chiralità del gruppo Me4DAB
(N,N,N’,N’-tetrametil-2,3-diaminobutano con configurazione S,S o R,R dei carboni chelati
all’anello) impediscono la mobilità ed incrementano l’utilità dei metodi NMR per l’identificazione e
la caratterizzazione dei conformeri.
Diversamente da studi effettuati in passato di addotti con ligandi-carrier ingombrati, nei quali non
era stato trovato alcun conformero HH, gli addotti Me4DABPt(d(G*pG*)) formano conformeri
HH1, dimostrando che lo scheletro zucchero-fosfato può imporre delle costrizioni sufficienti a
vincere l’ingombro sterico dei gruppi alchilici. Il conformero HH1 non mostra distorsioni
significative. L’addotto (S,S)-Me4DABPt(d(G*pG*)) è caratterizzato dalla più bassa percentule di
conformero HH1 e la più alta percentuale osservata (anche l’88% in determinate condizioni) di
conformero ΔHT1 (guanine in configurazione testa-coda con chiralità Δ).
I nostri risultati ci portano ad ipotizzare che la bassa attività e l’elevata tossicità degli analoghi del
cisplatino con leganti-carrier con gruppi N-alchilici derivano dalla scarsa abbondanza dei
conformeri HH1 e probabilmente dagli effetti avversi del più abbondante conformero ΔHT1. Tali
risultati accrescono la comprensione degli anelli macrociclici del tipo Pt(d(G*pG*)) e degli effetti
dei leganti-carrier ingombranti sulle proprietà dell’anello.
Conformeri testa-testa (HH1 e HH2) e testa-coda (ΔHT1)
Studi di Metabolomica applicata
L’Unità Locale di Lecce del C.I.R.C.M.S.B. negli ultimi anni ha avviato degli studi di
metabolomica, sia in ambito animale che vegetale, attraverso tecniche di spettroscopia NMR. Lo
scopo è quello di tracciare il profilo chimico e metabolico di estratti di origine naturale per
individuare composti rilevanti dal punto di vista diagnostico, nutraceutico o per facilitare la
tracciabilità di prodotti alimentari.
Particolare attenzione è stata dedicata all’importanza degli ioni metallici nella produzione di
specifici profili metabolici. A tal proposito, i profili NMR di campioni di olio pugliese sono stati
correlati con i dati genetici e del suolo delle piante di origine, allo scopo di adoperare i metodi
chemometrici per la determinazione della cultivar e dell’origine geografica dei campioni di olio
extravergine d’oliva.
Inoltre è stata applicata l’analisi di regressione dei dati relativi allo composizione del suolo allo
scopo di correlare i nutrienti disponibili ed i metalli con il contenuto in acidi grassi e componenti
minoritarie in campioni di olio extravergine d’oliva monovarietale. Nel caso dell’acido oleico e
linoleico, e per alcuni terpeni, si è osservato che B, Cr, Mn e Zn danno correlazioni significative. Zn
e Mn sono gli elementi più significativi per tutte le correlazioni trovate (p < 0.01). I risultati ottenuti
(genetici, spettroscopici e di analisi del suolo) sono adoperati con un approccio multidisciplinare
allo scopo di pianificare la costruzione di un database, utile alla certificazione della cultivar e
dell’origine geografica.
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Esempio di uno spettro 1H-NMR di un campione di olio extravergine d’oliva: i segnali relativi
alle componenti minoritarie mostrati negli ingrandimenti vengono adoperati per l’analisi
multivariata.
Gruppo di ricerca di Fisiologia Cellulare del Prof. Santo Marsigliante
Composizione del gruppo: Prof. Santo Marsigliante (professore associato ), Dott.ssa Antonella
Muscella (ricercatore), Dott.ssa Carla Vetrugno (assegnista).
L’attività del gruppo di Fisiologia Cellulare svolta nel contesto delle linee programmatiche del
C.I.R.C.M.S.B. si è articolata negli argomenti di ricerca di seguito riportati, inerenti la tematica
“Nuovi farmaci inorganici in oncologia”.
Effetto citotossico del complesso [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] in cellule SH-SY5Y di
neuroblastoma umano
E’ stato già dimostrato che il complesso [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] induce apoptosi in vari tipi
di cellule tumorali ed esercita una funzione antimetastatica in vitro. Nei ratti, il [Pt(O,O′-acac)(γacac)(DMS)] raggiunge il sistema nervoso centrale in quantità più elevate rispetto al cisplatino, pur
causando minori effetti tossici.
Si sono, quindi, studiati gli eventuali effetti citotossici del [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] sulla linea
cellulare SH-SY5Y derivata da neuroblastoma umano ed i meccanismi di trasduzione intracellulare
alla base di tali effetti. Il [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] si è dimostrato più efficace del cisplatino,
causando un’apoptosi caratterizzata da depolarizzazione mitocondriale, decremento dell’espressione
di Bcl-2 ed incremento dell’espressione di BAX con trasporto dal citosol ai mitocondri, attivazione
delle caspasi 7 e 9, formazione di ROS.
Inoltre, il [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] provoca l’attivazione delle seguenti chinasi in grado di
interagire tra di loro: PKC-δ ed -ε, ERK1/2, p38MAPK, JNK1/2, NF-κB, c-src e FAK. Abbiamo
osservato che le ROS generate dall’NADPH ossidasi è responsabile dell’attivazione delle PKC-δ ed
-ε mediata dal [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] e della conseguente fosforilazione di tutte le MAPK.
L’apoptosi mitocondriale indotta dal complesso [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] viene bloccata
quando la p38MAPK e JNK1/2 vengono inibite, mentre gli effetti sui livelli degli mRNA e delle
proteine di Bax/Bcl-2 vengono bloccati inibendo NF-κB. Il trasporto nel nucleo di NF-κB viene
bloccato inibendo l’attività di MEK1/2.
Oltre all’induzione dell’apoptosi, il complesso [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] don-regola le vie di
traduzione pro-sopravvivenza. L’inibizione della sopravvivenza parte dalla generazione di ROS
mitocondriali che inducono l’attivazione di c-src, FAK ed Akt.
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In conclusione, i nostri risultati suggeriscono che il [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] può essere
considerato un composto promettente per il trattamento del neuroblastoma. Ulteriori studi sono
comunque necessari per esplorare in dettaglio il potenziale uso terapeutico di questa molecola.
Schema riassuntivo degli effetti della somministrazione di [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] sulle
cellule di neuroblastoma umano SH-SY5Y.
Il complesso [Pt(O,O'-acac)(γ-acac)(DMS)] altera l’omeostasi intracellulare del calcio in
cellule MCF-7 di carcinoma mammario umano
E’ stato precedentemente dimostrato che il complesso [Pt(O,O'-acac)(γ-acac)(DMS)] esercita un
effetto tossico a dosi elevate, mentre concentrazioni sub-citotossiche inducono anoikis e decremento
della migrazione cellulare.
Cellule MCF-7 di carcinoma mammario umano sono state trattate con [Pt(O,O'-acac)(γacac)(DMS)] e sono stati studiati gli effetti sui sistemi di regolazione dell’omeostasi del Ca2+, anche
in cellule interessate dai complessi cambiamenti che avvengono durante l’attivazione, a causa di
stimoli extracellulari, delle vie di trasduzione che coinvolgono il Ca 2+. Il [Pt(O,O'-acac)(γacac)(DMS)] provoca il decremento dell’attività di PMCA (ma non SERCA o SPCA) e della
permeabilità della membrana al Ca2+. Questi due effetti opposti sulla concentrazione intracellulare
del Ca2+ sono evidenziati dall’aumento di tale concentrazione da ~100 nM a ~250 nm dopo soli 15
min di incubazione. Tali effetti sono evidenti anche quando le cellule vengono stimolate con ATP: i
cambiamenti dei livelli di Ca2+ causati da stimolazione purinergica risultano alterati a causa del
decremento dell’attività di PMCA e della chiusura dei canali del Ca2+ aperti dai recettori
purinergici.
Il complesso [Pt(O,O'-acac)(γ-acac)(DMS)] non influenza i canali del Ca2+ aperti dalla tapsigargina
o dall’ATP. Tale composto provoca l’attivazione delle PKC-α e la produzione di ROS, responsabili
rispettivamente della permeabilità al Ca2+ del decremento dell’attività di PMCA. L’effetto
complessivo del [Pt(O,O'-acac)(γ-acac)(DMS)] consiste nell’aumento della concentrazione
intracellulare del Ca2+, effetto da legare verosimilmente alla capacità del complesso del Pt(II) di
provocare una rapida apoptosi in cellule MCF-7.
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Schema riassuntivo degli effetti della somministrazione di [Pt(O,O′-acac)(γ-acac)(DMS)] sulle
cellule di carcinoma mammario umano MCF-7.
Gruppo di ricerca del Laboratorio di Anatomia Comparata e Citologia della Prof.ssa Luciana
Dini
Composizione del gruppo: Prof.ssa Luciana Dini (professore ordinario), Dott.ssa Elisabetta Carata
(assegnista), Dott.ssa Mersia Lucia Indraccolo (dottoranda), Dott.ssa Valentina Inguscio (borsista),
Dott.ssa Daniela Izzo (dottoranda), dott. Massimo Moretti (tecnico), dott.ssa Elisa Panzarini
(contrattista), dott.ssa Bernardetta Tenuzzo (tecnico), dott. Cristian Vergallo (dottorando).
L’attività del gruppo di Anatomia Comparata e Citologia svolta nel contesto delle linee
programmatiche del C.I.R.C.M.S.B. si è articolata negli argomenti di ricerca di seguito riportati,
inerenti la tematica “Nuovi farmaci inorganici in oncologia”.
Scansione temporale dei pathway multipli di morte cellulare innescati dalla terapia
fotodinamica con Rosa Bengala Acetato
La terapia fotodinamica con Rosa Bengala Acetato (RBAc-PDT) induce pathway multipli di morte
cellulare attraverso specie reattive dell’ossigeno (ROS) e stress al reticolo endoplasmico. Infatti,
l’apoptosi è il primo preferito meccanismo di morte ed è innescato da almeno quattro differenti
pathway, la cui attivazione temporale indipendente assicura la morte cellulare quando uno o diversi
di questi pathway sono inattivati. L’apoptosi si verifica subito dopo un’ora dalla PDT attraverso
l’attivazione del pathway intrinseco, seguito dall’attivazione dei pathway estrinseco, caspasi 12dipendente e caspasi-indipendente, e dall’autofagia. L’innesco dei differenti pathway apoptotici e
dell’autofagia, la quale ha un ruolo pro-morte nel nostro sistema, è temporalmente scandito dalla
determinazione dei livelli di caspasi 9, 8, 3 e 12; famiglia Bcl-2; Hsp70; LC3B; GRP78 e fosfoeIF2 . E’ interessante notare che l’inibizione di un pathway, quali caspasi-9 (Z-LEHD-FMK),
caspasi-8 (Z-IETD-FMK), pan-caspasi (Z-VAD-FMK), autofagia (3-MA) e necrosi (Nec-1), non
compromette l’attivazione degli altri, suggerendo che l’induzione indipendente dei differenti
pathway apoptotici e dell’autofagia non si verifica in modo subordinato. Complessivamente i nostri
dati indicano il RBAc come potente fotosensibilizzante che induce una citotossicità prolungata ed
un’induzione di morte cellulare tempo-relativa attraverso segnali che originano da o che
convergono su quasi tutti gli organelli intracellulari. Il fatto che le cellule tumorali possano morire
attraverso meccanismi differenti è un indizio rilevante nella scelta e nella progettazione della PDT
antitumorale.
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Gruppo di ricerca del Laboratorio di Fisiologia Generale del Prof. Michele Maffia
Composizione del gruppo: Prof. Michele Maffia (professore associato), Dott.ssa Antonia Rizzello
(assegnista), Dott. Daniele Vergara (assegnista), Dott.ssa Maria Luce Coluccia (assegnista), Dott.
Antonio Danieli (tecnico), Dott. Raffaele Acierno (tecnico), Dott.ssa Emanuela Urso (dottoranda),
Dott.ssa Lidia De Riccardis (dottoranda) Dott.ssa Claudia Toto (borsista)
L’attività del gruppo di Fisiologia Generale svolta nel contesto delle linee programmatiche del
C.I.R.C.M.S.B. si è articolata negli argomenti di ricerca di seguito riportati, inerenti la tematica
“Ruolo degli ioni metallici nelle patologie degenerative croniche”.
Strategie di adattamento cellulare a deficit/eccessi di rame
Tra i metalli di transizione, lo ione rame riveste un ruolo fondamentale ai fini della regolazione di
numerosi processi fisiologici (es. respirazione mitocondriale, biosintesi di neurotrasmettitori, difesa
cellulare contro lo stress ossidativo). Una limitata disponibilità di questo micronutriente essenziale,
causata da una ridotta assunzione alimentare e/o da una distribuzione tissutale deficitaria, può
agevolare l’innesco di fenomeni patologici di tipo prevalentemente neurodegenerativo.
L’Unità Operativa coordinata dal Prof. Michele Maffia ha articolato la propria attività di ricerca su
due linee principali: (i) analisi strutturale dell’interazione tra ioni rame e membrane cellulari (ii)
definizione delle strategie di adattamento cellulare a deficit/eccessi di rame nell’ambiente
extracellulare mediante l’uso di modelli sperimentali in vitro.
In condizioni fisiologiche, i processi di assorbimento ed efflusso cellulare dello ione rame sono
affidati al trasportatore di membrana ad elevata affinità CTR1 (Copper Transporter 1, Km 1-5 μM),
al sistema di cotrasporto Fe-H+ NRAMP2 (Natural Resistance - Associated Macrophage Protein 2),
alla proteina prionica cellulare PrPC, e alla Cu-ATPasi ATP7A. Le strategie cellulari di regolazione
di questi sistemi di trasporto nei tessuti nervosi sono solo parzialmente conosciute, a dispetto di
cospicue evidenze sperimentali raccolte a sostegno di una forte correlazione tra l’insorgenza di
diffusi disordini neurodegenerativi e un limitato approvvigionamento di rame nei vari distretti del
sistema nervoso.
Al fine di contribuire alla definizione della natura di questo legame, è stato intrapreso uno studio di
caratterizzazione in vitro della risposta neuronale ad una carenza di rame.
La linea cellulare di neuroblastoma di ratto B104 è stata adoperata come modello di riferimento, in
quanto in grado di riprodurre numerose caratteristiche tipiche dei neuroni, quali la sintesi ed il
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rilascio di neurotrasmettitori e l’eccitabilità di membrana. L’utilizzo di un chelante degli ioni Cu2+
nel terreno di coltura per almeno 48 h ha prodotto un’attivazione della Caspasi-3, noto effettore
enzimatico dei processi apoptotici, ed una riduzione dell’attività dell’enzima antiossidante Cu,Zn
SOD (Cu,Zn Superossido-dismutasi), entrambi marker dell’attivazione di un processo di morte
cellulare programmata. L’analisi della morfologia cellulare mediante Microscopia a Forza Atomica
non ha, però, evidenziato segni di apoptosi avanzata, ma solo una maggiore rugosità di membrana
(vedi Figura), caratteristica spesso associata ad una maggiore espressione di proteine di superficie.
Effettivamente, lo studio della risposta trascrizionale relativa ai sistemi di trasporto già richiamati
ha evidenziato un consistente incremento nei livelli di espressione della proteina PrPC, ancorata al
versante esterno della membrana plasmatica, associato ad una maggiore capacità di trasporto
transmembrana degli ioni rame e ad un aumento dell’attività del cuproenzima Cu,Zn SOD.
I risultati ottenuti hanno consentito di attribuire alla proteina prionica cellulare un ruolo chiave
rispetto ai meccanismi di adattamento neuronale ad una limitata disponibilità di rame, attraverso
un’attività diretta di trasporto del metallo. Da questo punto di vista, l’over-espressione della
proteina PrPC riscontrata in tessuti tumorali di varia origine potrebbe essere considerata un
marcatore di carenza di rame e un potenziale target di interventi terapeutici mirati a ripristinare
l’omeostasi sistemica dello ione.
Analisi della morfologia cellulare mediante Microscopia a Forza Atomica di cellule trattate
con Trien (chelante del rame)
Infine, negli ultimi anni, la ricerca di base finalizzata allo sviluppo di sensori per la rilevazione e la
quantificazione di specifiche proteine in campioni di origine biologica ha catturato un notevole
interesse in ambito medico-diagnostico. Uno studio condotto dalla presente Unità di Ricerca in
collaborazione con il Dipartimento di Scienze dei Materiali ha consentito la messa a punto di un
sensore SERS (Surface Enhanced Raman Spectroscopy) per la mappatura e la quantificazione della
proteina PrPC in campioni biologici deposti su particolari nanostrutture metalliche non tossiche,
ottenute mediante sintesi idrotermica. La metodologia proposta presenta ampi margini di
perfezionamento. E’, inoltre, rapida e low-cost, poiché non richiede particolari procedure di
preparazione del campione da analizzare.
131
UNITA’ DI RICERCA DI SIENA
Direttore Sientifico: Prof. Piero Zanello
L'Unità di Ricerca di Siena nel corso del 2011 ha proseguito ricerche e studi su molecole di
interesse biomedico e farmacologico avvalendosi delle competenze specifiche dei diversi gruppi
componenti l’unità, competenze che si estendono dalla sintesi alla caratterizzazione chimico-fisica
(strutture molecolari mediante tecniche a Raggi X e mediante tecniche spettroscopiche, proprietà
elettro- e spettroelettro-chimiche e capacità complessante di metalloleganti mediante misure
calorimetriche) alla caratterizzazione farmaco-bio-medicale. Gran parte di tali indagini sono state
condotte in collaborazione non solo con gruppi di ricerca sia nazionali, che internazionali, ma anche
in collaborazione con altre unità di ricerca afferenti al Consorzio.
1.
Gruppo di ricerca del Professor Piero Zanello
Nel corso dell'anno 2011 l’attività scientifica del gruppo è stata principalmente dedicata alla
collaborazione con l’unità di ricerca del Professor G. Natile (Università di Bari) su composti
antitumorali di platino. Si sono impiegate tecniche elettrochimiche e spettroelettrochimiche su
derivati mononucleari di Pt(IV) e derivati binucleari sia di Pt(III) che di Pt(IV), dal momento che lo
stato di ossidazione elevato di questi derivati comporta ovviamente la possibilità che essi possano
subire a livello biologico processi di riduzione. E’noto infatti che i complessi di Pt(IV) subiscono
riduzione a Pt(II) in vivo agendo come agenti antitumorali mediante formazione di legami cross
bonding col DNA.
Si è così determinato in modo puntuale il percorso di riduzione bielettronica dei derivati di Pt(IV) e
la relativa formazione dei prodotti intermedi.
In modo analogo si determinato il percorso di riduzione dei dimeri di Pt(III) accertando che ciascun
sito metallico subisce una riduzione monoelettronica a potenziali redox leggermente separati, così
come nei complessi binucleari di Pt(IV) ciascun centro metallico subisce una riduzione
bielettronica.
Una parte dell’attività di ricerca è stata infine indirizzata alla continuazione di un precedente
progetto di ricerca volto alla messa a punto di nuovi agenti chelanti del ferro, alla luce del fatto che
il ferro è direttamente o indirettamente coinvolto in numerose patologie umane (emocromatosi,
talassemia, malattie neurodegenerative, alcuni tipi di cancro, sovraccarico di ferro da terapie
trasfusionali, ecc). Poichè nell’uomo non esiste un sistema efficiente di eliminazione del ferro
accumulato, una delle terapie utilizzate, soprattutto nella talassemia, è quella ferrochelante, basata
sull’uso di farmaci che sequestrano il ferro e ne permettono l’eliminazione, mantenendo
nell’organismo i livelli di ferro al di sotto della soglia di tossicità.
Nell’attuale fase progettuale di nuovi agenti chelanti del ferro si è partiti da una molecola
facilmente tollerata dall’organismo umano contenente maltolo legato a una catena alcolica alifatica
(3-idrossi-2-(5-idrossipentil)-4H-piran-4-one, L), Figura 1, con l’auspicio di superare in questo
modo la maggior parte degli effetti indesiderati associati all’uso prolungato dei farmaci chelanti
attualmente utilizzati.
Figura 1. Formula molecolare e struttura ai raggi X del legante 3-idrossi-2-(5-idrossipentil)-4Hpiran-4-one.
133
Sono in corso indagini chimico-fische e biologiche per studiare la potenziale attività
farmacologica in ambiente fisiologico del complesso di Fe(III) con tale legante.
2.
Gruppo di ricerca dei Professori Anzini, Cappelli, Giuliani.
L’attività scientifica svolta nel 2011 dal gruppo di ricerca dei Prof. Anzini, Cappelli e Giuliani ha
riguardato:
a) la sintesi, caratterizzazione e lo studio delle potenziali applicazioni nel rilascio controllato
di farmaci di matrici polimeriche innovative;
b) la progettazione la sintesi, la caratterizzazione strutturale, e farmacologica di composti
eterociclici di interesse farmaceutico;
c) la sintesi di nuovi substrati delle luciferasi.
3.
Gruppo di ricerca del Professor Gianni Valensin
Nel corso del 2011 il gruppo del Prof. G. Valensin ha portato avanti le linee di ricerca
iniziate negli anni precedenti dedicate principalmente allo studio dell’interazione metalli-proteine
amiloidogeniche. Sono continuate le collaborazioni con i gruppi di ricerca del Prof. H. Kozlowski
(Università di Wroclaw, Polonia), della Prof. M. Jezowska-Bojczuk (Università di Wroclaw,
Polonia) del Prof. M. Remelli (Università di Ferrara) e del Prof. L. Messori (Università di Firenze).
L’attività di ricerca ha riguardato principalmente:
i.
ii.
iii.
iv.
v.
vi.
Studi spettroscopici (NMR, EPR e UV-Vis, CD), potenziometrici e di spettrometria di massa delle
interazioni tra ioni metallici (Cu(II), Zn(II), Fe(III), Al(III)) e sequenze di proteine coinvolte in
alcuni processi neurodegenerativi, come alfa-sinucleina (aS), il peptide amiloide  e la proteina
prionica, PrP.
Saggi cellulari e studi spettroscopici su colture cellulari di astrociti trattate con il peptide amiloide 
in presenza degli ioni Zn(II) e Cu(II).
Indagini spettroscopiche e potenziometriche dell’interazione dello ione Zn(II) con frammenti di
proteine appartenenti alla famiglia ZIP.
Indagini spettroscopiche e potenziometriche dell’interazione Ni(II) con frammenti di proteine
appartenenti alla famiglia SlyD (sensitive to lysis D).
Indagini NMR e di dinamica molecolare rivolte allo studio del folding e dell’ aggregazione di
proteine amiloidogeniche in seguito al legame con gli ioni Cu(II) e Cu(I).
Studio dell’interazione tra antibiotici amino glicosidici, ioni Cu(II) e frammenti di RNA, mediante
NMR e dicroismo circolare.
4.
Gruppo di ricerca del Professor Giuseppe Campiani
Nel corso del 2011, in linea con le linee di ricerca del Prof. Campiani, l’attività di ricerca
chimico-farmaceutica è proseguita nei settori delle malattie neurodegenerative, nel campo dei
farmaci antienzimatici, nel settore dei farmaci antimalarici e anti parassitari, antivirali, anti-HIV e
anti-HCV, nel settore dei farmaci antitumorali a struttura eterociclica e nel campo dei diagnostici
per le malattie causate da prione e amiloide.
5.
Gruppo di ricerca del dott. Mario Casolaro
Durante l’anno 2011 l’attività di ricerca ha riguardato la sintesi di nuovi idrogeli vinilici, in
particolare con residui di L-valina, ma anche con vari tipi di reticolante (PEG a diverso peso
molecolare). Gli idrogeli sono stati studiati come piattaforme per il carico di farmaci basati su
metalli (cisplatino) e farmaci ionizzabili (pilocarpina), capaci di interagire elettrostaticamente con i
gruppi funzionali dell’idrogelo. Tali materiali sono risultati sensibili alle stimolazioni esterne, quali
il pH e la temperatura. Su alcuni di essi è stato studiato, oltre la tossicità verso cellule opportune, il
rilascio di cisplatino e di pilocarpina (farmaco usato per il trattamento del glaucoma) anche sotto la
stimolazione della temperatura. La presenza della pilocarpina rilasciata aumentava fortemente la
viabilità cellulare per più di due giorni. Per lo studio del rilascio del cisplatino, si è notato che la
presenza del temsirolimus raddoppiava la capacità citotossica della specie Pt(II) rilasciata.
134
6.
Gruppo di ricerca del Professor Renzo Cini
Nel corso del 2011 sono state affrontate una serie di ricerche attinenti diverse tematiche
tipiche del Consorzio.
1. Metalli in Medicina e negli Alimenti
Nel corso dell’anno è proseguito lo studio in campo agroalimentare degli analiti (metalli,
fenoli volatili) dei vini toscani di alta qualità al fine di definire la tracciabilità anche per via
inorganica e di individuare possibili cause per l’insorgenza di fattori indesiderati possibili cause di
rischio di abbassamento delle qualità organolettiche.
Nello stesso anno è proseguito lo studio sulla importanza dei cationi metallici nelle patologie
umane di tipo reumatico e sulla messa a punto di metodologie di rimedio per le stesse patologie. E’
stato completato uno studio in collaborazione con colleghi della clinica di reumatologia
dell’Università di Siena rivolto alla asportazione di formazioni patologiche cristalline nelle
articolazioni umane mediante inoculazione di soluzioni biocompatibili in grado di disciogliere i
cristalli indesiderati formatisi nel ginocchio e causa di sofferenza e di menomazioni nella mobilità
della persona.
2. Metalli nei Sistemi Biologici
Nel corso dell’anno è stata effettuata una dettagliata analisi strutturale per via teorica con i
metodi density functional di molecole complesse degli ioni Cu(I) e Cu(II) con leganti contenenti i
donatori mercapto ((H)SR) e solfuro (-SR) fra cui EtSH, EtS-, l’amminoacido cisteina nella forma
neutra ed anionica. Le molecole complesse studiate sono sia mononucleari che binucleari che
trinucleari con atomi di zolfo a ponte fra i centri metallici. Le molecole a più centri metallici sono
state studiate al fine di simulare al meglio le metallo-proteine del gruppo metallo-chaperon molto
importanti per il trasporto ed il rilascio del micronutriente rame nei sistemi biologici.
3. Farmaci a base di Metalli
Nell’ambito del filone dei complessi metallici come possibili farmaci è stato portato avanti
anche nel 2011 uno studio con tecniche NMR, XRD e computazionali sui complessi della famiglia
M-OXICAM, dove oxicam sono i ben noti farmaci non-steroidei. Le risultanze dello studio sono
state presentate su invito nella lecture (autori G. Tamasi, R. Cini, presentatrice G. Tamasi) del
simposio Structure Determination for Medicinal Chemistry, XL National Congress of the Italian
Crystallographic Association (AIC), Siena, 19-22 September 2011.
135
UNITA’ DI RICERCA DI TORINO
Direttore Scientifico: Dott. Walter Dastrù
L’attività di ricerca relativa all’anno 2011 ha portato alla pubblicazione di 29 articoli su riviste
internazionali e 1 capitolo di un libro.
Essa si è svolta seguendo le seguenti principali linee di ricerca:
 Reporter per MR Imaging ad alta sensibilità(complessi di Gd, agenti CEST, molecole
iperpolarizzate).
 Reporter responsivi a specifici parametri chimico-fisici e biologici del microambiente
cellulare (pH, temperatura, concentrazione di metaboliti, attività enzimatica, ...).
 Procedure di targeting tumorale (AA, LDL, trasportatori anionici e cationici, molecole di
adesione, recettori iperespressi, fibrina ...) e di placche aterosclerotiche (HDL, macrofagi,
...).
 Imaging e terapia.
 Valutazione della permeabilità vascolare.
REPORTER PER MR IMAGING AD ALTA SENSIBILITA’
- Agenti iperpolarizzati
Molti sforzi sono stati rivolti negli anni recenti verso lo sviluppo di procedure di iperpolarizzazione, principalmente nell'ambito del potenziale utilizzo di molecole iperpolarizzate in
MRI. In questo contesto, sono attualmente in fase di studio entrambi i principali metodi di
iperpolareizzazione, ovvero la Dynamic Nuclear Polaeization (DNP) e la Para-Hydrogen Induced
Polarization (PHIP), per la preparazione di sostance iperpolarizzate arricchite in 13C, per le quali
sono gia' sta state proposte interessanti applicazioni come agenti di contrasto per 13C -MRI. Con
tali agenti di contrasto le immagini sono acquisite mediante l'osservazione diretta del nucleo 13C.
L'assenza del rumore di fondo permette di ottenere immagini con un elevato rapporto segnalerumore, in cui il contrasto è dato dalla differenza di intensita' del segnale fra le regioni raggiunte
dalla molecola iperpolarizzata e quelle non raggiunte
Il metodo DNP può in linea di principio essere applicato a qualunque molecola purche' siano
disponibili opportune metodologie per la rapida dissoluzione del substrato iperpolarizzato e la
successiva separazione del composto paramagnetico che viene impiegato durante la fase di
iperpolarizzazione. Viceversa, il metodo PHIP richiede substrati idrogenabili, ed implica l'impiego
di catalizzatori di idrogenazione che devono essere rimossi rapidamente prima della
somministrazione in vivo. Il principale vantaggio di questo metodo rispetto al DNP consiste nella
maggiore semplicita' (non richiede le bassissime temperature e l'attrezzatura hardware impiegate in
DNP), ed economicità.
Presso il CIM, viene utilizzata la procedura PHIP per la preparazione di molecole iperpolarizzate
utili come agenti di contrasto per 13C-MRI, e allo stesso si progettano e sintetizzano substrati
idonei per il DNP, che vengono poi testati per quanto concerne polarizzazione e registrazione di
immagini presso la Bracco S.p.A di Colleretto Giacosa, dove e’ stato installato un polarizzatore
DNP.
Nell’ultimo anno di attività, la ricerca è stata concentrata principalmente sulla progettazione e
preparazione di sonde iperpolarizzate (o iperpolarizzabili) contenenti eteronulei caratterizzati da
valori di T1 particolarmente lunghi, che consentano quindi di preservare la polarizzazione per il
maggior tempo possibile.
Nell’ambito PHIP, si è affrontato lo studio del metodo applicato a molecole contenenti nuclei di
29Si. Il 29Si è caratterizzato da un basso valore del rapporto giromagnetico ed è solitamente
presente in configurazioni altamente simmetriche: di conseguenza i tempi di rilassamento 29Si sono
estremamente lunghi. Si sono preparati alcuni derivati sililici di alchini semplici, che sono stati
utilizzati come modelli per la messa a punto del metodo di para-idrogenazione e per le misure
preliminari di T1 (che si sono confermati essere effettivamente molto lunghi, dell’ordine di 80 s).
Successivamente e’ stato messo a punto un metodo per la risoluzione di miscele complesse di
137
composti contenenti gruppi OH, consistente nella sililizzazione degli ossidrili con un silil derivato
insaturo, successivamente para-idrogenato: dalla misura dei chemical shifts negli spettri 29Si
risultanti è possibile risalire alla composizione qualitativa della miscela, mentre misurando le
intensità dei picchi polarizzati è possibile quantificare le componenti della miscela stessa. Il metodo
funziona bene su miscele di alcoli di piccole dimensioni, ma i test condotti su miscele di ormoni
hanno mostrato che in questo caso la determinazione quantitativa non è più fattibile a causa della
decomposizione dei corrispondenti silil eteri. Rimane invece valida la possibilita’ di identificare le
componenti di una miscela, cosa particolarmente utile nei casi in cui cio’ non si fattibile per altre
vie.
Per il DNP, si sono preparate molecole contenti atomi 13C o 15N isolati in ibridazione sp3 (ad
esempio 13CD3 o 15N(CD3)3), anche questi caratterizzati da lunghi valori dei tempi di
rilassamento, anche a campi elevati. Nei casi in cui si sono introdotti dei metili là dove nel substrato
di interesse non erano presenti, tests di attività enzimatica in vitro sono stati e vengono tuttora
condotti al fine di determinare quanto la modificazione strutturale vada a inficiare l’efficienza dei
processi metabolici in cui la molecola in questione è coinvolta. Si è così stabilito che la
permetilazione di aminoacidi non può essere perseguita in quanto blocca il metabolismo degli
stessi.
- Agenti CEST
Questa classe di agenti è basata sull'effetto di trasferimento di saturazione verso il segnale NMR
dell'acqua. L'ammontare di tale trasferimento dipende da un certo numero di fattori (numero di
atomi di idrogeno scambiabili, volcità di scambio chimico, intensità del campo di RF utilizzato, ...).
 Sistemi Responsivi al pH
E’ stato sviluppato un protocollo per la determinazione del pH extracellulare in modelli di
melanoma murino attraverso l’utilizzo del complesso YbHPDO3A. Tale complesso presenta due
pool di protoni mobili appartenenti a due forme isomeriche in scambio lento sulla scala dei tempi
NMR. La velocità di scambio di questi protoni mobili è fortemente influenzata dal pH poichè lo
scambio con l’acqua di bulk è mediato dalla catalisi basica. La presenza di due set di protoni mobili
rende il sistema idoneo come agente CEST responsivo in quanto si presta all’elaborazione su base
raziometrica dei dati di trasferimento di saturazione a cui danno origine. Il valore raziometrico di
questa misure è tale da non dipendere dalla concentrazione totale di agente di contrasto ma
solamente dal parametro di interesse (presupposto fondamentale perchè un probe possa fungere da
responsivo). Questa sonda si rivela estremamente efficiente, sia per quanto riguarda la precisione
con cui è in grado di determinare il pH sia per la bassa tossicità. Infatti, YbHPDO3A è equivalente
al complesso di GdHPDO3A che viene comunemente utilizzato nella pratica clinica come agente di
contresto T1, la differenza delle proprietà magnetiche dei due lantanidi (Yb e Gd) determina la loro
diversificazione come tipologia di contrasto generato. I risultati ottenuti mostrano un’ottima
correlazione fisiopatologica tra il pH misurato e il grado di ossigenazione del tessuto tumorale.
 Utilizzo in protocolli di labelling cellulare
Gli agenti di contrasto convenzionali per MRI non consentono la visualizzazione simultanea di più
sonde contemporaneamente presenti in un immagine. In particolare, la visualizzazione multipla, è
uno strumento di grande interesse per applicazioni di cell tracking. Gli agenti di contrasto CEST
offrono la possibilità di ottenere un contrasto nell’immagine MRI codificato in frequenza che
consente di discriminare tra le varie sonde presenti. Sono stati utilizzati complessi paramagnetici
neutri (Yb- ed Eu-HPDO3A) per garantire un elevato uptake da parte delle cellule labellate. Le
linee cellulari scelte sono a) cellule macrofagiche murine (J774) e b) cellule tumorali di melanoma
murino (B16). Le cellule labellate sono state visualizzate in vivo simultaneamente successivamente
alla loro somministrazione sotto cute in un modello murino.
138
 Iopamidolo come agente CEST
Si è sviluppato un protocollo per la misura del pH extracellulare sfruttando come agente CEST lo
Iopamidolo, un agente di contrasto per Tomografia Computerizzata a Raggi X ampiamente
utilizzato in ambito clinico negli ultimi trent’anni. La presenza di due gruppi amidici aventi un
differente chemical shift ha permesso di ottenere delle immagini il cui contrasto è funzione della
velocità di scambio tra i protoni amidici e i protoni delle molecole dell’acqua di bulk, e pertanto è
funzione del pH. La presenza di due pool di protoni mobili nella stessa molecola permette a questo
agente di sfruttare il metodo ratiometrico, attraverso il quale la misura del pH diventa indipendente
dalla concentrazione dell’agente stesso.
La capacità di misurare il pH è stata testata a livello renale, sfruttando la completa eliminazione
della molecola mediante il processo della filtrazione che porta ad un accumulo dello stesso a livello
del rene. Il valore di pH ottenuto in topi sani è risutato essere in accordo con i valori di pH
fisiologici per questa regione anatomica, con un’ottima precisione nel differenziare le diverse
regioni anatomiche (corteccia, midollare esterna e interna) sulla base dei valori di pH ottenuti.
Inoltre il sistema è sufficientemente sensibile da misurare variazione di pochi decimi di unità di pH
in seguito ad alcalinizzazione o ad acidificazione indotta dalla somministrazione di cloruro di
ammonio o di bicarbonato di sodio nell’acqua dei biberon dei topi.
 Modello farmaco-cinetico per la valutazione del trafficking liposomiale.
Liposomi caricati con complessi paramagnetici possono agire contemporaneamente sia da agenti
T2* sia da agenti CEST. Tuttavia, quando queste sostanze sono catturate dai macrofagi l'effetto
CEST viene perso mentre permane l'effetto T2*. Paragonando quindi il decorso di questi due tipi di
contrasto nelle immagini MRI, è possibile ricostruire una mappa dell'attività sequestrante dei
macrofagi I liposomi sono nanovescicole lipidiche in grado di assemblere e veicolare più
componenti sia sulla membrana fosfolipidica che all’interno del core acquoso.. Questa peculiarità è
stata sfruttata per sviluppare sistemi che possano essere visualizzati in un’immagine MRI attraverso
più modalità di contrasto (T1, T2 e CEST). L’evoluzione di queste tre tipologie di contrasto in
seguito all’uptake macrofagico e al conseguente deassembling delle nanovescicole è molto diversa.
E’ stato sviluppato un modello matematico per fittare simultaneamente la variazione dei tre
contrasti in un tessuto tumorale e ricavarne informazioni relative alla velocità con cui tali vescicole
vengono fagocitate e deassemblate dai macrofagi associati al tumore. Il modello scelto è un
melanoma murino. Come tipologie liposomiali sono state selezionate una membrana stealth e una
membrana pH-sensitive. Per quanto le stime delle costanti cinetiche siano ancora approssimative, il
modello ha dimostrato di poter distinguere tra la velocità con cui viene deassemblato un liposoma
stealth da un liposoma pH-sensitive. Le differenze vanno nella direzione attesa, ossia nel comparto
endosomiale caratterizzato da un pH acido, i liposomi sensibili al pH vengono deassemblati molto
più rapidamente rispetto ai liposomi stealth.
AGENTI RESPONSIVI
Gli agenti responsivi per MRI sono sostanze la cui relassività dipende da un particolare parametro
fisiologico caratteristico del microambiente nel quale si distribuiscono (pH, temperatura, attività
enzimatica, ... ). La loro applicazione dà origine alla formazione di immagini il cui contrasto
dipende dal valore del particolare parametro. Il problema cruciale da risolvere è assicurarsi che le
differenze di relassività osservate siano dovute solamente alla variazione di relassività e non alla
differente concentrazione dell'agente di contrasto. Due principali approcci vengono seguiti:
- Agente responsivo alla beta-galattosidasi
Si è sintetizzato e testato sia in vitro che in vivo, un agente di contrasto a base di Gd(III) capace di
dare informazioni riguardo l’espressione genica dell’enzima -galattosidasi in cellule di melanoma.
La sonda è costituita da un Gd-DOTA funzionalizzato con un gruppo tirosina-galattosio che, in
seguito alla rimozione dello zucchero operata dall’enzima, reagisce, in presenza di tirosinasi, per
dare delle specie aggregate di tipo melaninico. La formazione di questi oligomeri contenenti il
139
complesso paramagnetico è accompagnata da un marcato aumento nella relassività del sistema.
Tutti gli step relativi al rilascio dell’unità di galattosio e alla formazione della struttura
supramolecolare sono stati studiati e caratterizzati a fondo, in vitro, tramite misure rilassometriche e
di spettroscopia UV-Vis. Prove di uptake cellulare in cellule di melanoma (B16F10) hanno
dimostrato che la sonda viene internalizzata dalle cellule e che non sembra essere
compartimentalizzata all’interno delle vescicole endosomiali. L’utilizzo di cellule B16F10lacZ,
-galattosidasi, ha permesso di evidenziare un rapido incremento
nella velocità di rilassamento associata alla formazione della specie di tipo melaninico contenente il
complesso paramagnetico. I risultati ottenuti in vitro sono stati confermati in vivo tramite la
registratione di immagini MRI su topi con tumore derivato da melanoma murino. In seguito alla
somministrazione intratumorale del complesso si è osservato un buon contrasto del tumore derivato
da cellule B16F10laz rispetto a quello derivato da cellule B16F10 non transfettate (controllo).
- Agente responsivo alla Glutammato Decarbossilasi (GAD)
Al momento un’indagine accurata delle varie tipologie neuronali è possibile solo con metodi
invasivi oppure con tecniche di imaging ottico. La Risonanza Magnetica per Immagini ha la
capacità di visualizzare la struttura e l’anatomia cerebrale in modo non invasivo e ad un’elevata
risoluzione, ma, per la maggior parte dei casi, non è in grado di dare informazioni su specifici
distretti cellulari o di tipo funzionale. Questo lavoro è consistito nella sintesi e nello studio di una
sonda a base di Gd(III) la cui relassività è sensibile all’azione dell’enzima Glutammato
Decarbossilasi (GAD), la cui espressione è specifica dei neuroni di tipo inibitorio. In seguito
all’azione dell’enzima, il complesso aumenta la sfera di idratazione del metallo e si carica di una
carica netta positiva che ne promuove l’interazione con macromolecole endogene. Entrami questi
effetti contribuiscono in modo sinergico all’aumento di relassività che caratterizza il sistema in
seguito all’attivazione da parte dell’enzima. La sonda è stata testata in vitro tramite misure
rilassometriche e MRI in presenza di GAD estratto da cellule di Clostridium Perfrigens. La
rimozione dell’incremento di relassività osservata quando la sonda e l’enzima sono stati incubati in
presenza di un noto inibitore dell’enzima stesso, Acido Chelidamico, è indice che l’attivazione è
specifica. La specificità di attivazione è stata inoltre studiata su cellule staminali embrionali murine
differenziate e non in neuroni. Si è osservato un significativo aumento della velocità di rilassamento
dei neuroni di tipo inibitorio rispetto alle cellule staminali native sia in vitro che in vivo.
- Agenti responsivi al pH
L’utilizzo della tecnica MRI per la misura accurata del pH dei tessuti in vivo ha un valore clinico
molto elevato sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico. Per agire da agenti responsivi al
pH, le sonde MRI devono dare una risposta al pH che sia indipendente dalla concentrazione
dell’agente stesso. Per questo motivo, si è messo a punto un sistema costituito da liposomi caricati
con complessi paramagnetici, le cui proprietà rilassometriche sono influenzate dal pH ma,
attraverso un metodo raziometrico, non dipendono dalla concentrazione di Gd(III). In questo
sistema la cavità interna dei liposomi è caricata con un complesso di Gd(III) anfifilico che contiene
una funzione (solfonammide) il cui equilibrio di protonazione/deprotonazione cambia le proprietà
di coordinazione del metallo. In seguito a questo processo il complesso subisce una differente
distribuzione intraliposomiale che ne condiziona la relassività. Ne consegue l’ottenimento di profili
di relassività a campo variabile (NMRD) di forma caratteristica e differente in funzione del pH. Il
metodo raziometrico consiste nel misurare la dipendenza dal pH del rapporto tra la velocità di
rilassamento longitudinale del sistema a due diversi campi magnetici applicati rimuovendo così la
dipendenza dalla concentrazione.
AGENTI DI TARGETING
Lo sviluppo di efficienti procedure per Imaging Molecolare richiede alte affinità e sensibilità da
parte delle sonde utilizzate. Questa è la principale motivazione alla base dello sviluppo di agenti
diagnostici innovativi.
140
- La fibrina
Si sta lavorando su di un sistema costituito da un peptide e da quettro complessi di Gd cercando di
ottimzzare sia l'affinità di legame al target sia il contrasto generato nell'immagine MRI. Un certo
numero di malattie invariabilmente mostra la presenza di accumuli di fibrina (tumori, placche
trombi ...). Lo sviluppo di sistemi efficienti di diagnosi di questi depositi avrebbe importanti
ricadute in diverse applicazioni cliniche.
- Il fattore XIII
Un precedente lavoro ci ha permesso di identificare un peptide che agisce in modo ottimale come
substrato per questo enzima, e viene rapidamente incluso nella matrice che da' origine alla
formazione dei trombi. Questo peptide può essere funzionalizzato con una o più unità di chelati di
Gd per poter ottenere un agente che sia reporter precoce della formazione di trombi.
- I gruppi -SH
La facile ossidazione a cui vanno incontro le funzioni tioliche rappresentano un eccellente
indicatore dello stato redox in cui si trova il microambiente biologico. Inoltre, la presenza di gruppi
-SH esposti può essere risultare da mutazione e conseguenti variazioni conformazionali che sono
associate a importanti malattie (PPL/sclerosi multipla). Per queste ragioni si ata ottimizzando una
sonda capace di legarsi specificamente a tioli liberi. La loro quantificazione può avere iteressanti
implicazioni diagnostiche.
- Le MMPs
Le Metallo Proteasi di Membrana sono enzimi che sono presenti in un certo numero di situazioni
che comportano la rimodellazione tissutale e rappresentano importanti indicatori di malattie
(tumori, sclerosi multipla, placche aterosclerotiche). La sonda è rappresentata da particelle
insolubili che possono essere solubilizzate in presenza di enzimi specifici; in questo modo si ha la
trasformazione dell'effetto da T2* a T1. L'insolubilità è dovuta alla presenza di una catena lipofila
separata dal dal complesso di Gd da un opportuno spaziatore che può essere riconosciuto e tagliato
dalle MMP. Le particelle sono costituite da aggregati dl complesso di Gd, ciclodestrine, agenti
aggreganti e agenti in grado di veicolare le particelle al sito di interesse.
IMAGING E TERAPIA
La possibilita' di guidare il trattamento terapeutico con l'imaging e' una opportunita' estremamente
interessante. Da questo punto di vista, è stato molto importante l'avvento dei tomografi MRI
accoppiati con sistemi ad ultrasuoni ad alta frequenza per trattamenti ipertermici localizzati. Le
attività del CIM in quest'ambito sono:
- Preparazione di liposomi per il rilascio di farmaci
Si utilizzano liposomi contenenti sia gli agenti di contrasto, sia i farmaci, che vengono
somministrati ad animali modello. La loro visualizzazione consente la quantificazione del numero
di liposomi (e quindi delle molecole di farmaco) che sono presenti nel sito di interesse. I liposomi
sono studiati in modo tale da rilasciare (possibilmente in modo controllato) il farmaco e l'agente di
contrasto. Potrebbero inoltre essere ulteriormente modificati in modo da diventare reporters
dell'efficacia terapeutica del farmaco. Per ottenere questo scopo, si usano sia probes MRI che
CEST.
- Terapia a cattura di neutroni (NCT) e Imaging
L'approccio NCT è di grande interesse principalmente per i tumori cerebrali, ed è basato sull'abilità
di certi nuclei (ad esempio il 10B) di assorbire neutroni iniziando una reazione nucleare che causa la
distruzione delle cellule tumorali. Il successo del trattamento dipende dalla quantità di composto
attivo che raggiunge le cellule malate rispetto a quanto si distribuisce fra i vasi e le cellule sane.
Vengono utilizzati probes contenenti 10B e Gd: dalle immagini MRI è possibile risalire alla
141
concentrazione di Gd e quindi calcolare quella del boro. I probes contengono carborani, complessi
di Gd e un vettore che li trasporta fino al target di interesse. Vale la pena sottolineare che il Gd
esiste in una forma (157Gd) che è sensibile alla cattura neutronica, e la sua presenza nel probe
rappresenta un rafforzamento dell'azione terapeutica. Il trasporto selettivo al tessuto tumorale è stato
effettuato attraverso l’utilizzo di Lipoproteine a bassa densità (LDL) che vengono trasportate
all’interno delle cellule attraverso specifici recettori che sono over espressi in caso di patologie
tumorali. La sonda (Gd/B/L) duale messa a punto nei nostri laboratori è costituita da un carborano
(contente 10 atomi di boro) legato covalentemente da una parte ad un complesso di Gd(III) per
l’analisi MRI e dall’altra da una catena alifatica di 15 atomi di carbonio per permettere l’interazione
con la superficie delle LDL. L’addotto Gd/B/L/LDL è stato testato su cellule tumorali in coltura
(melanomi murini, epatomi umani e gliomi umani) e su modelli murini di melanoma ottenuti
trapiantando circa un milione di cellule tumorali sottocute. Attraverso l’analisi MRI è stato possibile
misurare la concentrazione di boro internalizzata dalle cellule tumorali sia “in vitro” che “in vivo”
che circa 4-6 ore dopo la somministrazione dell’agente duale raggiungeva la quantità minima
necessaria per effettuare la terapia. L’irraggiamento con neutroni è stato effettuato al reattore
TRIGAMARK II all’università di Pavia in collaborazione con il gruppo del prof. Altieri.
Gli animali irraggiati dopo il trattamento con la sonda duale (Gd/B/L/LDL) veicolata dalle LDL
hanno evidenziato una rallentata crescita tumorale rispetto ai gruppi controllo costituiti da topi non
trattati e topi irraggiati con neutroni senza la somministrazione di composti contenenti boro.
Nanocarriers naturali per il trasporto di sonde per la diagnosi e per la terapia dell’epatocarcinoma.
Il carcinoma epatico (HCC) è la quinta forma più comune di cancro negli uomini e l’ottava nelle
donne ed è uno delle forme di tumore più letali. L’infezione cronica dal virus dell’epatite B (HBV)
è la causa più frequente di HCC. La distruzione o promozione di geni associati con la crescita e
ciclo cellulare che sono presenti in prossimità del sito di integrazione del virus HBV, sono implicati
nello sviluppo del carcinoma. Allo stesso modo, le proteine codificate dal virus HBV possono
contribuire all’instaurarsi della patologia. L’utilizzo di topi transgenici aventi espressione organospecifica di geni virali, offre una buona opportunità di studio dei vari aspetti della biologia del virus
HBV. Per questo motivo, il modello transgenico di topi HBV (Tg (Alb-1HBV) Bri44) che contiene
la sequenza genomica di HBV per la codifica delle proteine pre-S, S ed X rappresenta un modello
ideale per lo studio degli eventi molecolari che portano allo sviluppo dell’HCC. In questo modello
di topi HBV gli epatociti mostrano una alterazione degenerativa a partire dal terzo mese di vita,
seguita da un prolungato danno e morte cellulare che provoca l’aumento di specie attive contenenti
O2 generando iperplasia rigenerativa intorno al sesto mese. Al nono mese di vita si osserva la
formazione di noduli displastici mentre lo sviluppo di HCC avviene dal 15 al 18 mese. Lo
spegnimento epigenetico di geni oncosoppressori è un evento critico durante la carcinogenesi.
Recentemente è stato osservato che lo scavenger receptor classe A tipo 5 (SCARA5) è espresso in
minor quantità negli HCC umani. Fisiologicamente, SCARA 5 inibisce l’attività di chinasi focali di
adesione (FAK) legandosi direttamente ad esse. In questo modo, la minore espressione di SCARA5
in HCC può contribuire alla tumorigenesi e progressione attraverso l’attivazione del Fak-Srcp130Cas pathway. Inoltre, SCARA5 è stato identificato come un nuovo recettore della ferritina in
grado di internalizzare ferro all’interno delle cellule epatiche in alternativa all’utilizzo della
transferrina. Nel nostro studio abbiamo cercato di valutare il ruolo di SCARA5-FAK signaling
pathway nel processo della HBV carcinogenesi utilizzando come sonda molecolare per MRI
l’apoferritina contenente all’interno della cavità particelle di ossido-idrossido di manganese al posto
degli ossidi di ferro. E’ stata infatti messa a punto dal nostro laboratorio una procedura che permette
di inserire nella cavità interna dell’apoferritina (Mn-Apo), con un diametro di 8 nm, particelle di
ossido-idrossido di Mn, utilizzati come agenti di contrasto in MRI. Mn-Apo contiene all’interno
della cavità circa 1000 atomi di manganese che sono in parte presenti come Mn-OOH ed in parte
come ioni Mn2+ che rendono il sistema estremamente efficiente nella capacità di generare contrasto
nell’immagine MRI. Studi “in vitro” hanno dimostrato la capacità degli epatociti di internalizzare
142
Mn-Apo attraverso i recettori della ferritina. Al contrario, cellule di epatoma mostrano una
significativamente ridotta capacità ad internalizzare tale proteina. Le immagine MRI T1 pesate
registrate 30’ dopo la somministrazione intravenosa di Mn-Apo (0.01mmol/kg) a topi C57BL/6 WT
mostrano un marcato accumulo della proteina nel fegato. La somministrazione di Mn-Apo a topi
HBV-tg transgenici che sviluppano spontaneamente epatocarcinomi (HCC) permette una chiara
visualizzazione delle lesioni tumorali che appaiono ipo-intense rispetto agli epatociti sani presenti
nel rimanente tessuto. Infine, l’utilizzo di carriers naturali come l’apoferritina per applicazioni di
imaging molecolare offre i seguenti vantaggi: i) il loro destino metabolico è ben controllato e
conosciuto; ii) non producono risposte immunologiche avverse ; iii) ridotto uptake da parte di
macrofagi.
VALUTAZIONE DELLA PERMEABILITÀ VASCOLARE
L’attività di ricerca ha riguardato principalmente lo sviluppo dei protocolli di acquisizione delle
immagini per DCE-MRI e di elaborazione delle immagini ottenute.
Gli agenti di contrasto approvati e attualmente utilizzati nelle applicazioni cliniche sono chelati di
Gd3+ di piccole dimensioni (ca. 500 Da). Questi tipi di agenti di contrasto sono noti come Small
Molecular Contrast Media (SMCM), non entrano nelle cellule, e vengono solitamente metabolizzati
per via renale. La loro limitata massa molecolare li rende però poco capaci di differenziare tra
tessuti sani e neoplastici, in quanto sono in grado di diffondere liberamente attraverso l’endotelio
vascolare (eccezion fatta per la barriera emato-encefalica). In molte sperimentazioni tale
differenziazione è stata osservata solo in seguito all’utilizzo di agenti di contrasto di maggiori
dimensioni (Macromolecular Contrast Media, MMCM), che riescono a diffondere più liberamente
nei tessuti tumorali, caratterizzati da più elevate porosità dei vasi rispetto ai tessuti sani. Un
ulteriore vantaggio degli MMCM consiste nella loro maggiore velocità di rilassamento che è
direttamente dipendende dalla massa molecolare.
L’agente di contrasto utilizzato è una molecola avente una struttura a base DTPA (= acido
DietilenTetraamminoPentaAcetico) alla quale è stato covalentemente legato un residuo di acido
deossicolico. Questo residuo permette al complesso di Gd3+ di legarsi in maniera non covalente e
reversibile all’albumina presente nel siero. Studi in vitro hanno mostrato che la percentuale di
complesso paramagnetico legato all’albumina varia tra il 94% (alb. umana) ed l’84% (alb. di ratto).
Questo legame fa aumentare la massa molecolare dell’agente di contrasto che viene ad avere un
valore maggiore di relassività rispetto al DTPA-Gd3+. Il massimo di relassività che si osserva in
presenza di queste associazioni si posiziona solitamente attorno ai 20 MHz; gli strumenti MRI a
nostra disposizione operano a 7T (300 MHz, Bruker) e 1T (42 MHz, Aspect).
Le prime indagini sono state effettuate sullo strumento ad alto campo in quanto le sequenze di
impulso erano già utilizzabili per la DCE-MRI. Lo strumento a basso campo è invece uno strumento
in fase di sviluppo, ed inizialmente mancava di alcune caratteristiche necessarie per l’acquisizione
dinamica di immagini MRI.
Per questo motivo inizialmente il software di elaborazione è stato sviluppato per accettare in input il
formato dei dati Bruker mentre di concerto con i tecnici Aspect si è lavorato alla modifica delle
sequenze di impulso presenti sulla macchina operante ad 1T per renderle utilizzabili per studi DCEMRI.
Sono stati apportati numerosi miglioramenti alle librerie software per l'analisi delle immagini, che
possono essere così schematicamente riassunti:






Gestione del software
Lettura dei dati in formato Aspect MRI.
Introduzione di una Graphical User Interface (GUI).
Automazione
Algoritmi di fitting
Introduzione di un sistema di “pipeline” per rendere il software molto generale e più
facilmente espandibile in futuro.
143
 Riorganizzazione del codice.
 Correzione di errori di programmazione.
Oltre all’analisi dei dati con un modello cinetico quantitativo, sono stati considerati anche dei
parametri utili per caratterizzare in maniera semi-quantitativa le variazioni di segnale osservate
durante gli studi di DCE-MRI. In particolare sono state considerate le procedure di estrazione dei
seguenti parametri:
 Max Peak Enhancement: massimo enhancement osservato (relativamente al valore di
segnale precontrasto);
 Time To Peak (TTP): tempo di comparsa del picco di massimo segnale (TTP);
 Slope: pendenza della curva dall’iniezione al TTP, indicative della velocità di uptake
dell’agente di contrasto da parte del tessuto;
 Washout: indicante la differenza tra il segnale al TTP e la media delle ultime cinque
immagini; indica la quantità di agente che esce dai vasi sanguigni dopo il TTP;
 Clearance: la velocità del processo di washout.
Parallelamente allo sviluppo del software d’analisi sono stati acquisiti i dati DCE-MRI su una
popolazione di circa 20 topi di ceppo Balb/c di sei settimane di vita. I topi sono stati suddivisi in
due gruppi, uno di controllo, ed uno trattato con un agente antineoangiogenetico (angiomotina).
144
UNITA’ DI RICERCA DI TRIESTE
Direttore Scientifico: Prof. Ennio Zangrando
Biocristallografia
Silvano Geremia, Giovanna Brancatelli, Matteo De March, Lucio Randaccio
1) Determinazione strutturale di nuovo citocromo batterico contenente due gruppi eme tipo c.
La proteina Di Heme (rs-DHC), conosciuta anche come citocromo C551.5, è stata isolata per la prima
volta dal batterio Rhodobacter sphaeroides, dal quale sono stati isolati e caratterizzati anche i
citocromi c2, c’ e c554. DHC appartiene alla famiglia dei citocromi tipo c batterici di classe I, pur
presentando due gruppi eme tipo c con potenziali redox pari a -254mV e -310mV. La sequenza
primaria è composta di 126 residui ed è omologa ad una proteina che presenta le stesse
caratteristiche isolata dal batterio Rhodobacter Adriaticus. Essendo particolarmente abbondante
nelle cellule che crescono in condizioni anaerobiche ed essendo espressa in minor quantità in ceppi
batterici denitrificanti cresciuti in presenza di azoto, a questa proteina è stata attribuita la capacità di
legare l’ossigeno e l’azoto molecolari. Essa è inoltre componente essenziale della via di
trasferimento elettronico e per questo motivo è oggetto di studi di tipo strutturale e funzionale; in
particolare la sua struttura, risolta tramite diffrazione di raggi X, è depositata nel Protein Data Bank
(1FW5). Il lavoro effettuato al CEB ha interessato una collaborazione con il gruppo della Dott.ssa
G. Di Rocco dell’Università di Modena mirata alla produzione, cristallizzazione e risoluzione
strutturale di una nuova proteina DHC ricombinante isolata dal batterio Shewanella Baltica (sbDHC) al fine di studiarne la struttura tridimensionale e di ottenere informazioni relative al processo
di trasferimento elettronico tra i due gruppi eme tipo c in essa presenti. La proteina è stata espressa
e purificata dal gruppo della Dott.ssa Di Rocco mentre la parte cristallografica è stata effettuata nei
laboratori del CEB.
Sono stati ottenuti dati di diffrazione su cristalli di proteina cresciuti dopo 21 giorni a temperatura
ambiente completi e ad elevata risoluzione (Tabella 1) sfruttando l’elevata brillanza della radiazione
di sincrotrone ELETTRA. E’ stato quindi possibile risolvere la struttura della proteina in forma
ridotta del nuovo citocromo batterico DHC da Shewanella baltica, dal peso complessivo di
16.5KDa e di affinarla sino a valori di Rfactor del 15% (figura 1). Il modello strutturale risulta
mancante di 23 residui aminoacidici, quali Asp1-Ala8 e Gln72-Gly87 a causa dell’elevato disordine
presente in queste regioni non strutturate. La struttura cristallografica visualizzata in figura 1,
mostra la presenza di 10 strutture secondarie ad -elica interconnesse da 9 loop, mentre il 10 loop
risulta mancante in quanto caratterizzato dai residui sopra citati. La distanza tra le strutture
aromatiche delle due porfirine dei gruppi eme è di 10.12Å. Queste strutturalmente appartengono a
due differenti domini, la struttura del dominio N-terminale presenta analogie con gli altri citocromi
c tipo I e con le flavoproteine, mentre il dominio C-terminale non trova similitudini tra le famiglie
dei citocromi. I due atomi di ferro, coordinati equatorialmente ai gruppi prostetici, sono coordinati
alla proteina tramite residui assiali di istidina. La proteina DHC da Shewanella baltica, determinata
per la prima volta in forma ridotta in questo lavoro tramite di diffrazione di raggi X ad una
risoluzione di 1.14Å, rappresenta una nuova classe di citocromi tipo C batterici contenenti due
gruppi eme c.
145
Shewanella
Monoclino
C2
70.80
42.51
109.75
90
93.69
90
329652.25
Sistema
G. Spaziale
a (Å)
b (Å)
c (Å)
 (◦)
 (◦)
 (◦)
Volume (Å3)
N°mol/Unità
1
asimmetrica
Rhodobacter
Monoclino
C2
93.01
45.21
34.43
90
105.92
90
232290
1
Tabella 1. Parametri di cella a confronto delle nuove metalloproteine DHC da Shewanella Baltica e
da Rhodobacter Spheroides.
Figura 1. Struttura a raggi X della nuova metalloproteina DHC da Shewanella Baltica in presenza
del solvente.
2) Determinazione strutturale di una nuova forma esagonale della proteina Avidina
deglicosilata.
Usando la diffrazione di raggi X da sorgente di luce di sincrotrone è stata determinata a 2.0Å la
struttura della nuova forma cristallina esagonale (P64) della proteina avidina deglicosilata. Lo scopo
di questo studio rientra nella caratterizzazione allo stato solido di molecole proteiche artificiali e
naturali con funzione biorecettoriale. Precedentemente al CEB erano state determinate la struttura
completamente ad -elica del peptide KE1, di 35 residui aminoacidici, ed una struttura riguardante
il complesso tra l’avidina ed una nuova sonda biotinilata contenente all’estremità una molecola di
caffeina (BCG). I recenti dati raccolti ad ELETTRA hanno permesso di risolvere tramite Molecular
Replacement la struttura della nuova forma proteica affinata fino ad un valore di R factor del 18%
(figura 2). La nuova forma, non ancora determinata, si distingue tra quelle riportate in letteratura per
la maggior parte tetragonali o monocline e presenta ad una prima analisi interessanti differenze
strutturali rispetto alle precedenti.
146
.
Figura 2. Impaccamento cristallino esagonale (P64) lungo l’asse c della nuova forma
della proteina Avidina.
Fotoattivazione di complessi di rutenio con possibile attività antitumorale
Ioannis Bratsos, Enzo Alessio, Teresa Gianferrara
La linea di ricerca si inquadra nello studio di alcuni complessi di coordinazione inerti half-sandwich
di Ru(II), strutturalmente simili ai complessi organometallici citotossici di formula generale [(η 6arene)Ru(YZ)X] (di carica variabile) sviluppati in anni recenti da P.J. Sadler e altri, 1, 2 con lo
specifico scopo di investigare la possibilità di attivazione per dissociazione del legante monodentato
con l’uso di radiazione visibile.3
A questo scopo due nuovi complessi, specificatamente [Ru([9]aneS3)(en)(py)][PF6]2 (2) e
[Ru([9]aneS3)(bpy)(py)][PF6]2 (3), sono stati sintetizzati, strutturalmente caratterizzati e analizzata
la relativa fotochimica. Accanto a questi sono stati studiati due altri composti
[Ru([9]aneN3)(en)(dmso-S)][Cl]2 (4) e fac-[Ru(dmso-S)3(en)Cl][PF6] (5), precedentemente
sintetizzati in questi laboratori.4 Tutti questi complessi hanno dimostrato essere inerti in soluzione
in assenza di luce, prerequisito per la foto attivazione.
Figure 1: Complessi studiati per attività fotochimica.
147
Di questi complessi è stata studiato non solo il comportamento all’irradiazione in soluzione ma
anche la loro interazione con la nucleobase model 9-etilguanina (9-EtG), per confermare il loro
potenziale ruolo quali farmaci anticancro foto-attivabili. Nel caso del complesso 3 è stata studiata
anche l’interazione con il glutatione (GSH) a seguito irradiazione. Con lo scopo di ottenere una
maggior comprensione del processo fotochimico, è stato intrapreso anche uno studio teorico.
Gli studi hanno permesso di osservare che tre di questi complessi half-sandwich di Ru(II)
manifestano promettente attività quali farmaci foto attivabili. Più specificatamente
[Ru([9]aneS3)(en)(py)][PF6]2 (2), [Ru([9]aneS3)(bpy)(py)][PF6]2 (3) e [Ru([9]aneN3)(en)(dmsoS)][Cl]2 (4) dissociano completamente o in gran parte il legante monodentato per irradiazione di
luce visibile formando il corrispondente acquo derivato. Inoltre essi sono capaci di legare la 9etilguanina. I dati risultanti per I tre complessi sono riportati in Tabella 1.
Table 1: Tempo irraggiamento (a 420 nm) necessario a raggiungere l’equilibrio con l’acquo
derivato, % di conversione e quantità di 9-EtG legata all’equilibrio
Complesso
Tempo irraggiamento
Conversione (%)
(min)
Legame a 9-EtG (%)
2
40
92
56
3
2
100
50
4
360
23
7
E’ significativo che i foto-processi che coinvolgono i complessi 2 e 3 sono più veloci di quelli
osservati per altri composti in questo specifico settore, e anche mostrano un molto alta (o completa)
velocità di dissociazione come richiesto per scopi di foto attivazione. La presenza di sistemi
aromatici bi piridinici (bpy) aumenta la velocità di reazione, presumibilmente per un marcato
incremento nell’assorbanza alla lunghezza d’onda della radiazione. In 4 a seguito irraggiamento non
si osserva rottura del forte legame Ru-S. Le interessanti proprietà manifestate dal complesso 3 ci
hanno spinto ad estendere questi studi sul composto: questo può essere attivato anche a 463 nm ed è
capace di legare il glutatione solo per irraggiamento, confermando la sua inerzia verso biomolecole
in assenza di luce.
A differenza di altri complessi, fac-[Ru(dmso-S)3(en)Cl][PF6] (5) mostra, entro 360 min
dall’irraggiamento, la completa dissociazione dei due leganti equatoriali dmso-S del frammento
facciale, piuttosto che il cloruro, presumibilmente fornendo quale prodotto Ru(dmsoS)(en)(H2O)2Cl]+ (5a). Questa specie non è in grado di legare la 9-EtG in modo chiaro con un
processo definito. Questo risultato suggerisce che il frammento fac-(dmso-S)3 è poco probabile
essere adatto per processi di fotoattivazione, poichè la luce causa una parziale dissociazione.
Inoltre i calcoli computazionali suggeriscono che i complessi contenenti dmso e piridina possono
seguire processi di dissociazione consistenti con differenti tempi di irradiazione necessari a
raggiungere l’equilibrio nei due casi.
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Weinheim, 2011, pp. 151-174.
148
Novel Re(I) and 99mTc(I)-porphyrin conjugates for molecular imaging
Teresa Gianferrara, Enzo Alessio, Ennio Zangrando
La marcatura di molecole biologicamente attive con 99mTc rappresenta un tema d' indagine di
grande interesse e 99mTc è uno degli isotopi più usati per l’imaging in medicina nucleare. Il concetto
di biomolecole marcate con radionuclidi implica l’uso del cosiddetto chelante bifunzionale (BFC),
contenente una funzione che può legarsi covalentemente ad un gruppo funzionale delle molecole
studiate e un chelante opportuno per la coordinazione del radionuclide. Le due funzioni sono
collegate da un linker (spaziatore).
Quale radionuclide è stato scelto il frammento [99Tc(CO)3]+, poiché esso possiede un numero di
interessanti proprietà e i suoi coniugati possono essere facilmente caratterizzati a livello
macroscopico usando l’analoga specie non-radioattiva (fredda) del Re. Se il tempo di ritenzione del
composto di Re su colonna HPLC corrisponde a quello dell’analogo radiomarcato, la sua identità (e
quindi caratterizzazione) è confermata.
Quale molecola marcata abbiamo scelto le porfirine perché possono aumentare la selettività
tumorale del metallo, poiché queste molecole hanno mostrato proprietò di localizzazione del
tumore. Inoltre è possibile usare l’emissione di fluorescenza della porfirina per tracciare la
biodistribuzione del frammento metallico nelle celle.
Poiche’ per una attività ottimale la porfirina dovrebbe legare solo un frammento [99mTc(CO)3]+,
sono sate sintetizzate due nuove porfirine contenenti un chelante periferico: la porfirina 1 possiede
una unità dietilentriammina quale legante trifunzionale, la porfirina 2 è provvista di un unità
periferica di bipiridile legata al cromoforo attraverso lo spaziatore. Momentaneamente è stata
condotta la sintesi e la caratterizzazione dei nuovi coniugati idrosolubili 3a e 4a, assieme agli
omologhi composti del Re (v. figura)
149
Proprietà struttura e reattività di cobalossime
Renata Dreos, Silvano Geremia, Lucio Randaccio and Patrizia Siega
A fine 2010 è stata pubblicata una una review (R. Dreos Geremia, S. Randaccio, L. Siega, P.
“Properties, Structure and Reactivity of Cobaloximes” PATAI'S Chemistry of Functional Groups
John Wiley & Sons, Ltd 2010) nella quale viene riportato una panoramica riguardante uno studio
sistematico delle cobalossime, composti di cobalto a diverso stato di ossidazione e numero di
coordinazione. Le più comuni cobalossime sono complessi ottaedrici di formula LCo(dmgH)2X
dove dmgH è il legante monoanionico diossima, L un legante neutro, e X un legante monoanionico.
Questi sistemi ottaedrici di Co(III) sono facilmente sintetizzati variando dmgH e i leganti X e L, e
rappresentano dei sistemi singolari nel panorama dei complessi di cobalto. La disponibilità di un
gran numero di complessi ha permesso di razionalizzare le proprietà strutturali in soluzione e allo
stato solido accanto alla loro reattività in termini di fattori sterici ed elettronici dei leganti assiali (X
e L), classificati come influenza ed effetto cis e trans. Questi studi hanno trovato ampio riscontro
poiché le cobalossime sono state utilizzate quali sistemi modello delle cobalammine (cofattore degli
enzimi della vitamina B12), anche verso la declorinazione riduttiva dei cloroetileni. Le cobalassime
hanno trovato applicazione anche nelle reazioni di polimerizzazione e più recentemente quali
catalizzatori per l’estrazione di idrogeno da una sorgente di protoni.
150
PUBBLICAZIONI E BREVETTI
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Dental care products comprising carbonate-substituted fluoro-hydroxyapatite particles.
International Patent n. PCT/EP2011/002606.
Foltran I., Foresti E., Lelli M., Marchetti M., Pierini F., Roveri N., Vecchiotti S., Montebugnoli G.,
D’amen E., Lesci I.G.
Dental care products containing biomimetics hydroxyapatite particles having a proteinfunctionalized surface.
International Patent n. PCT/EP2011/005601
Gualandi M., Foresti E., Lelli M., Marchetti M., Pierini F., Roveri N., Lesci I.G., Montebugnoli
G., Rinaldi F., D'Amen E., Fracasso G., Vecchiotti S.
Composizioni ad attività fotocatalitica comprendenti particelle inorganiche funzionalizzate
superficialmente con nanoparticelle di TiO2.
Italian Patent MI2011A002384.
Marzano C., Porchia M., Tisato F., Gandin V., Santini C., Pellei M., Gioia Lobbia G., Papini G. Università degli Studi di Padova, Università degli Studi di Camerino
[Cu(thp)4]n[X]-n compounds for the treatment of a broad range of human solid tumors,
including refractory tumors.
Domanda di BREVETTO INTERNAZIONALE PCT/IB2011/053624 depositata il 16.08.2011.
N.B.
Gli articoli con la sola indicazione del numero di Doi, quelli con l’indicazione “in press”/“accepted”
o solo pubblicati on line, così come le partecipazioni a congressi non sono stati inseriti in questo
elenco.
181
STRUMENTAZIONE
183
Laboratorio Centrale di Bari
Spettrofotometro UV-Vis Varian Cary 100 con controllo della temperatura con effetto
Peltier
Spettrometro AA Varian 880Z con fornetto di grafite, generatore di idruri Varian VGA77,
controller elettronico della temperatura Varian ETC-60 e autocampionatore Varian GTA100Z
Spettrometro di massa con sorgente al plasma (ICP/MS) Varian 820 MS
HPLC Hewlett-Packard Series 1100
Gascromatografo Hewlett-Packard 5890 Series II
Unità di Ricerca: BARI
Polarimetro Perkin-Elmer mod. 341
Gas-Massa Hewlett-Packard HP6890-5973MSD
HPLC Perkin-Elmer mod. 200
Analisi elementare CHN Eurovector EA 3011
Gas-Cromatografo Capillare DANI mod. 3800HR
UV-Vis Perkin-Elmer mod. Lambda Bio 20
NMR-300 MHz Varian VX Mercury
NMR-90 MHz Varian mod. EM 390
Spettropolarimetro CD-ORD. JASCO mod. J-810
FT-IR Perkin-Elmer mod. Spectrum One System
Liquido-Massa 1100 LC/MSD Trap system AGILENT
Bilancia analitica Mettler H64
Idrogenatore Bassa Pressione (n. 2)
Idrogenatore Alta Pressione Büchi 300 ml 60 bar
Unità di Ricerca: BOLOGNA
n.° 3 diffrattometri a raggi X a polveri
n.°4 diffrattometri a raggi X a film piano e cilindrico per spettro di fibra
Diffrattometro a raggi X a cristallo singolo
Spettrometro UV-visibile
Spettrometro FTIR, ATR
Spettrometro CD
Spettrometro AA con fornetto di grafite
Spettrometro Raman
Termobilancia TGA-DSC
Microscopio elettronico a scansione
Microscopio elettronico a trasmissione
Microscopio a forza atomica
Cromatografo ionico
Cromatografo liquido
Gas cromatografo
Spettrometria ICP
Microscopie ad alta risoluzioneTEM, SEM, AFM
Diffrattometrie con luce di sincrotrone (Elettra, Trieste, Italy; ESRF, Grenoble, France;
Brookhaven national laboratories, USA)
Campionatore PF 11033PM-01 flusso costante ZB1 (Zambelli)
Unità di Ricerca: CAMERINO
Microscopio Elettronico A Scansione (Cambridge Stereoscan 360)
Microscopio Elettronico A Trasmissione (Philips Cm10)
Diffrattometro Per Polveri (Anodo Rotante Rigaku Ru-300)
Xrd (X-Ray Diffraction)
185
Spettrometro Icp Sequenziale Veloce (Jobin Yvon Jy 24r)
Cromatografo Ionico (Dionex 4500i)
Analisi Termogravimetrica Setaram Tag 24
Ultramicrotomo Leica Ultracut R
Ft-Nmr (Varian Gemini 200)
Ft-Nmr (Varian Mercury Plus 400)
Analisi Elementare (Fisons Ea 1108)
Sistema Hplc-Dad-Ms (Hplc: Hp 1090 Liquid Chromatograph Series Ii; Ms: Hp 1100 Mass
Spectrometer Series 1100 Msd; Diode Array Detector)
Sistema Hplc-Ms-Ms (Ion Trap) (Equipaggiato Anche Con Rivelatori Dad Ed Indice Di Rifrazione)
Sistema Gc-Ms (Gc: Agilent 6890n; Ms: Ei5973n)
Sistema Gc-Fid-Ecd
Spettrofotometro Uv-Vis (Varian Cary 1e)
Spettrofotometro Ft-Ir (Perkin-Elmer Rx Ft-Ir System)
Assorbimento Atomico (Analytik Yena Aaszenit 60)
Assorbimento Atomico (Varian Spectra Aa 10)
Unità di Ricerca: CATANIA
Spettropolarimetro Jasco J 810
Spettropolarimetro Jasco J 710
Spettrofotometro Jasco V 530
Spettrofluorimetro Jobin Yvon Horiba-Fl3-11
Spettrometro di Massa Thermo Lxq Finnigan (Sorgente Esi)
Elettroforesi Capillare Beckman P/Ace Mdq (Dad Detector)
Spettrofotometro Cary 500 Scan Varian
Spettrometro Bruker E 500 Cw-Epr (Elexsys) a Banda X.
Analizzatore Voltammetrico Bioanalytical System Bas Cv-50w
Spettrofluorimetro accessoriato di polarizzatori
Sistema di laser flash photolysis per misure UV-Vis risolte nel tempo
Sensore amperometrico per misure di ossido nitrico
HPLC-Massa Thermo- Finnigan LC-MS LCQ DECA XP MAX
Microscopio confocale a scansione laser Olimpus FV-10-147-010
Nanocalorimetro ITC2G TA
Sintetizzatore di peptidi a micronde CEM.
Surface Plasma Resonance SPR Imager GWC Technologies.
Workstation per misure elettrochimiche e spettroelettrochimiche
Unità di Ricerca: FERRARA
Spettrometro FT-IR Nicolet 510 P;
Analisi Elementare Carlo Erba modello EA 1110;
Spettrometro NMR Bruker AM 200;
Spettrometro NMR Varian Gemini 300 MHz;
Spettrometro NMR Mercury 400 plus Varian
Spettrometro di massa Hewlett-Packard MALDI TOF mod. G2025A; (presso Dip. di Scienze
farmaceutiche)
Diffrattometro raggi-X presso il centro di strutturistica del Dip. di Chimica dell’Università di
Ferrara.
Unità di Ricerca: FIRENZE
Spettrofotometro Lambda 20 BIO (Perkin Elmer) che opera nell’intervallo 200/700 nm
equipaggiato con una cella termostatica 298-373 K.
Spettrofotometro Cary 50 Win-UV (Varian) equipaggiato di accessorio multicella.
186
Spettropolarimetro J-600 (Jasco). che opera nell’intervallo 200-700 nm.
Spettrofluorimetro L55 (Perkin Elmer) equipaggiato con una cella termostatica che opera
nell’intervallo 298-373 K.
SX.18MV-R Analizzatore Stopped Flow (Applied-Photophysics, UK) oer studi in assorbimento
oppure emissione di reazioni veloci (msec-sec) .
Spettrometro NMR ad alta risouzione 400 MHz, Bruker.
Unità di Ricerca: INSUBRIA
Bruker NMR Avance 400
Bruker AXS D8 Advance
Enraf Nonius Cad-4
Perkin-Elmer series II analyzer
Icp plasmaquad
ICP-massa
Gbc 908 aa
Assorbimento Atomico
Metrohm 761 compact IC Cromatografia Ionica
Shimadzu GC-17A, rivelatore fid e tcd
Shimadsu GC-17A, rivelatore quadrupolo QP-5000
Shimadzu LC-10AC, rivelatore UV diode array
Shimadzu FT-IR Prestige 21
Netzsch Luxx sta 409 pc
Minipal Panalytical
Spettrofluorimentro quanta ray gcr-3-10
Gascromatografo Capillare
gas/massa
HPLC
Unità di Ricerca: MESSINA
Spettrometro NMR Bruker ARX-300 con probe broad band e gradienti di campo
SpettrofotometroUV/Vis HP8452-A
n.° 2 Spettrofotometri UV/Vis HP8453 con sistema di termostatazione Haake D8
Spettrofotometro UV/Vis Jasco V560 con sistema di termostatazione Haake C25
Spettrofluorimetro Jasco FP-750
Spettropolarimetro Jasco J-500 A
Spettropolarimetro Jasco J-810
Spettrometro diode-array Ocean Optics SF2000 doppio canale di acquisizione con fibre ottiche.
Apparato Stopped-Flow Tritech SF-3L
Apparato Stopped-Flow a 3 siringhe Biologic SFM-3
Omogenizzatore ad ultrasuoni a penna Sonoplus HD2070
Bilancia Analitica Mettler Toledo AL204
Bilancia Analitica Mettler Toledo AL204 con accessorio per misure di tensione superficiale
Stufa Ecocell55 683/10000 Medcenter
Unità di Ricerca: NAPOLI
Sintetizzatore di peptidi Shimadzu PSSM-8
Sintetizzatore di peptidi Applied Biosystem ABI 433
Sintetizzatore di peptidi Advanced Chemtech 348 Omega
Sintetizzatore di DNA e PNA
Spettrometro di Massa Perspective Maldi Tof
n.° 2 Sistemi HPLC analitici Hewlett Packard 1100
Sistema HPLC biocompatibile Waters 625
Sistema HPLC analitico Shimadzu LCA10
n.° 2 Sistemi HPLC preparativi Shimadzu LC8A
Sistema HPLC preparativo Water Deltaprep 4000
Elettroforesi capillare Waters Quanta 4000
Sistema LC/MS
187
Spettrometro di Risonanza Magnetica Nucleare Varian 600 Mhz
Spettrometro di Risonanza Magnetica Nucleare Varian 400 MHz
Dicroismo circolare Jasco J715 con controllo di temperatura
Spettrofluorimetro Varian
Spettormetro UV-Vis Jasco
BIACORE
Citofluorimetro
Diffrattometro ad anodo rotante con area detector
Diffrattometro 4 cerchi Noius CAD4-Turbo
Calcolatore parallelo a 6 CPU SGI Challenge
n.° 15 workstation grafiche SGI (O2, Indigo2, Octene)
Calcolatore parallelo Compaq Alpha.
Cluster di PC sotto Linux per calcolo intensivo
Unità di Ricerca: PADOVA
Spettrometro VARIAN NMR Gemini 200
Spettrometro NMR AMX-3 300 Bruker
Spettrometro di Massa “Mariner” Perkin Elmer”
Spettrofotometro UV/VIS Lamba 40 Perkin Elmer
Sistema HPLC AGILENT-Technologies, con rivelatore Fotodiode Array e Radioattivo (Raytest)
Spettrometro BRUKER, MOD.FT-NMR AVANCE DMX 600 con sistema Shim,Amos,
acquis.dati,controllo digitale,GRASP III, unità radiofreq. e temp.
Spettrometro di massa a quadrupolo marca Hiden, mod.553021
Microscopio Elettrochimico a scansione marca IJ CAMBRIA
Gas massa "VARIAN" mod. SATURN 2100 T
Spettrometro FT-IR "Bruker" mod. Equinox 55
Sistema calorimetrico mod.TAM marca Qi
Sintetizzatore Automatico di Peptidi, Mmarca Advanced Chemtech, MOD. 348 OMEGA, dotato di
cappa di protezione.
Diffrattometro modulare con goniometro 0/0 Philips mod.X'Pert Pro, attrezzato con una camera
Anton Paar TKK 450 per media e bassa temperatura
Spettrometro di massa AGILENT-Technologies Mod.G1725A
Spettrometro FT-NMR marca BRUKER mod. AC 300 completo di accessori
Spettrometro marca Bruker, mod.FT-NMR completo di criomagnete superconduttore, schermato e
generatore di radiofrequenza,trasmettitore, lineare e multi
Spettrofuorimetro, marca PERKIN ELMER, MOD. LS-50B completo di torretta termostabile con
agitatore incorporato, polarizzatore e fotomultiplicatore.
Unità di Ricerca: PALERMO
Dipartimenti di Chimica:
Spettrometri I.R.
Spettrometri ad assorbimento atomico con fornetti di grafite
Mineralizzatori
Spettrometri Mössbauer
Spettrofotomeri UV-visibile
Analisi Termogravimetrica
Raggi X di polveri
Spettrometro Laser-Raman
Osmometri
Istituto di Biologia (Facoltà di Medicina):
Microscopio elettronico Leitz Orthoplan
Microscopio elettronico Philips EM 410
188
Unità di Ricerca: PARMA
Spettrometro FT-IR Nexus Nicolet equipaggiato con microscopio Nicolet Continuum
Spettrometro Perkin Elmer Lambda 25 UV/Vis
HPLC preparativo con Rivelatore UV-VIS a  variabile
Sistema per titolazioni potenziometriche Metrohm
Sistema per l'analisi quantitativa dell'immagine - FLUOR-S Multimager
Diffrattometro SMART 1000 Bruker AXS
Diffrattometro Bruker AXS APEX 2
Spettrometro NMR BRUKER AVANCE 300 MHz
Spettrometro NMR BRUKER AMX-400 MHz
Spettrometro NMR VARIAN INOVA 600 MHz
Spettrometro di Massa M@LDI-TOF
GC-Spettrometro di Massa FINNIGAN SSQ 710
Spettropolarimetro JASCO J 715
ENRAF NONIUS CAD4 con OXFORD CRYOSYSTEMS 600
SIEMENS AED
PHILIPS PW 1100
Diffrattometro per polveri PW 1050
Unità di Ricerca: PAVIA
Spettrofotometro Infrarosso Jasco FT-IR-5000
spettrofotometri UV-visibile a diodi HP8452A e HP8453
Spettrometro NMR Bruker AVANCE 400 MHz
spettrometro di massa LCQ DECA a trappola ionica e sorgente ESI della Thermo-Finnigan
HPLC Jasco MD-1510 con rivelatore ottico diode array
Unità di Ricerca: PIEMONTE ORIENTALE
Laboratori Chimici:
Spettrometro ESR in banda X JEOL FA-200
Spettrometro NMR JEOL Eclipse Plus con magnete superconduttore da 9,4 T
Spettrofotometro UV-visibile a doppio raggio JASCO V-550
Spettrometro di massa con plasma accoppiato induttivamente X Series 5 – THERMO
Spettrofluorimetro FP-2020 Plus JASCO
Gascromatografo THERMO Trace GC Ultra equipaggiato con analizzatore di massa a singolo
quadrupolo THERMO Trace DSQ.
Gas cromatografo CP-3800 Varian equipaggiato con autocampionatore e con analizzatore di massa
a trappola ionica Saturn 2200
Sistema cromatografico HPLC Spectra System con autocampionatore e rivelatore Photo- DiodeArray accoppiato con uno spettrometro di massa LCQ Duo (analizzatore a trappola ionica e doppia
sorgente di ionizzazione ESI e APCI) collegato direttamente ad un generatore d’azoto N2LC-MS
Claind
Sistema cromatografico HPLC Waters 2690 con autocampionatore e rivelatore UV-vis accoppiato
con uno spettrometro di massa Micromass ZMD (analizzatore a singolo quadrupolo e doppia
sorgente di ionizzazione ESI e APCI)
Cromatografo HPLC con pompa a 4 canali JASCO PU 2089, rivelatore UV-visibile VARIAN
Prostra 320 e rivelatore elettrochimico ESA Coulochem II
Sistema cromatografico HPLC Spectra System THERMO con autocampionatore e rivelatore
n.° 2 sistemi cromatografici HPLC Merck Hitachi con rivelatori UV-vis e conduttometrico
Sistema cromatografico GPC HP series 1100
Cromatografo liquido a media pressione Alltech dotato di rivelatore UV-vis con cella
semipreparativa
Rilassometro STELAR Spin Master
189
Sistema elettrochimico modulare composto da n. 5 potenziostati
Elettroforesi capillare Agilent
Strumento per l’analisi termogravimetrica TGA/SDTA851e METTLER TOLEDO
Calorimetro a scansione differenziale DSC821e METTLER TOLEDO
n.° 2 strumenti per analisi dinamico-meccaniche DMTA V RHEOMETRIC SCIENTIFIC
Reometro rotazionale ARES RHEOMETRIC SCIENTIFIC
Dinamometro MINIMAT RHEOMETRIC SCIENTIFIC
Reometro Capillare Goetfert 2000
Rheotens Goetfert
Sistemi di calcolo parallelo a 32 processori (in collaborazione con DISTA) munito di software per
la simulazione di proprietà molecolari di sistemi organici e inorganici complessi e per la soluzione
di equazioni cinetiche chimiche anche su scala geografica regionale
Raman portatile System 100 Remshaw
Stereoscopic microscope SMZ-U Nikon Corporation
Reattore a microonde CEM Discover
Accelerates Solvent Extraction ASE 100 Dionex
Omogenizzatore Ultraturrex IKA-WERKE
Bagno ultrasuoni
Sistema di produzione acqua ultrapura Milli-Q Millipore
Cappa a flusso laminare Bluecoltur 4
Sono inoltre disponibili bilance analitiche, stufe, muffola, pH-metri, rotavapor, centrifughe.
Laboratori Biologici:
Sistema per cromatografia liquida LC-Packings/Dionex NanoHPLC
Sistema robotizzato per il prelievo di porzioni di gel di proteomica ProteomeWorks Plus Spot
Cutter (Bio-Rad)
Sistema per la preparazione di campioni di proteine MultiPROBE® II Proteomics Workstation
(Perkin Elmer)
Spettrometro di massa quadrupolo TOF (QqTOF) Applied Biosystems QSTAR® XL
Spettrometro di massa Applied Biosystems Voyager-DE™ PRO MALDI-TOF
Sistema confocale Zeiss LSM 510 su Microscopio Axiovert 100 M (sorgenti luminose: 1 Laser Ar e
1 Laser He-Ne, lampada a fluorescenza HBO 50W)
Microscopio Zeiss Axiovert 100 M con telecamera digitale Axiocam (sorgenti luminose: lampada a
fluorescenza e UV FluoArc)
Microscopio Elettronico Philips EM210
Microscopio Leica DM RB associato a sistema di analisi d’immagine
Stereomicroscopio Zeiss Stemi SV6
Stereomicroscopio Leica Zoom 2000
Stereomicroscopio Leica MZ16
Stazione Silicon Graphics per analisi d’immagine
Microtomo Zeiss HM 350
Criostato Leica CM 3050
Citometro a flusso Partec PAS (fonte d’illuminazione Laser Argon e lampada HBO100)
Sonicatore Misonix Microson XL 2000
Sistema di produzione acqua ultrapura Millipore MilliQ
Termociclatore Techne TC-512
Termociclatore per analisi quantitativa BioRad iCyler
Termociclatore Perkin-Elmer 2400
Termociclatore Hybaid PCR Express
Stazione preparativa per acidi nucleici Applied Biosystems 6100
Scanner per microarray BioRad Chip Reader
Transilluminatore Bio-Rad UV Transilluminator 2000
Carbonatore Leica CLS 150 XE
190
Ingranditore fotografico Durst Elite 2000 Tim
Taglialame LKB Knife maker 7801
Ultramicrotomo Reichert-Jung Ultracut E
Ultramicrotomo Leica Ultracut UCT
Spettrofotometro Beckmann DU530
Turbidimetro Biolog 21907
Densitometro per acquisizione di gel proteici mono e bidimensionali BioRad GS 710
Apparato con fotocamera per acquisizione in chemiluminescenza e fluorescenza di gel BioRad
Chemidoc XRS
Apparato per corsa in I dimensione di gel elettroforetici bidimensionali Amersham Biosciences
ETTAN IPGphor
n.° 2 Apparati per corsa in II dimensione di gel eletroforetici bidimensionali Bio-Rad Protean
Xi/XL cells
Spettrofotometro Varian Cary 50
Ultracentrifuga Beckman Coulter L8-70
Fluorimetro Perkin-Elmer LS50B
Incubatore con piano rotante – modello: Gallenkamp – ditta: Sanyo centrifughe refrigerate, agitatori
basculanti, vortex e magnetici, bagnomaria termostatati con sistema Dubnoff, bilance tecniche ed
analitiche, pHmetri, termostati e stufe.
Unità di Ricerca: POLITECNICA DELLE MARCHE
Spettrometro Perkin Elmer Spectrum 1 equipaggiato con un microscopio AUTOIMAGE per
determinazioni in riflessione e trasmittanza (micro-ATR objective). Sii ha anche accesso (per
gentile concessione della Perkin Elmer Italia) allo spettrometro Spotlight FT-IR Imaging System
300 con risoluzione spaziale fino a 6.25µm. - Si dispone di svariati accessori: ATR verticale ad
angolo variabile, ATR orizzontale, ATR CIRCLE (riflettanza interna cilindrica), DRIFT (riflettanza
interna diffusa) tutti dalla Spectra Tech..
spettrometro infrarosso Perkin Elmer NTS spectrum one;
Spettrometro Bruker Vertex-70 equipaggiato con un un HgCdTe FPA multidetector di 4096
elementi (in collaborazione con l’Università di Verona).
Spettrometro NMR Varian Gemini 200;
Spettrometro EPR EMX Bruker ;
Spettrometro di massa Fisons QMD1000.
Spettrofotometro UV-Vis Varian Cary 50 scan
Sintetizzatore Beckman Oligo 1000 DNA Synthesizer
Gas cromatogtafo Chromopack CP 9001
Si dispone di vari programmi per il trattamento dati e per l’analisi
Unità di Ricerca: ROMA “La Sapienza”
Spectrophotometer per fluorescenza Cary Eclipse
Spettrofotometro UV-visibile Varian Cary 3E accessoriato con Peltier 1X1 Cell Holder
Varian
Spettrofotometro UV-visibile-IR Varian Cary 5E
Spettrofotometro UV-visibile-IR Varian Cary 50
Spettrofotometro FT-IR Bruker Vertex 70
Spettrofotometro IR Perkin Elmer 783
Analizzatore elementare CHNS-O (Strumenti CE, EA1110)
Diffrattometro EDXD non commerciale per LAXS e SACS (brev. 0126484, 23/05/96,
specifico per lo studio di materiali amorfi).
Dry box Braun con accessorio per la misura in ppm di O2 e H2O
Spettrofotometro NMR Varian 300 MHz (Dipartimento di Chimica)
Termoanalizzatore simultaneo Stanton-Redcrof mod. STA 781
191
Bilancia magnetica Sherwood Scientific
Spettrofotometro EPR Varian E-9 (banda X) accessoriato con computer (Dipartimento di Chimica)
Electrochemical computerized system AMEL SYSTEM 5000
HPLC Varian Prostar con detector UV-visibile modello 320
Spettropolarimetro CD Jasco J-715 (Dipartimento di Fisica)
Spettrofotometro FTIR Jasco 401 (Dipartimento di Fisica)
Spettrofotometro ATR Pro Jasco (Dipartimento di Fisica)
Unità di Ricerca: ROMA “Tor Vergata”
Cappa a flusso laminare Heraeus
Incubatore a 37° per crescita batteri
Centrifugha refrigerata Sorvall
Microcentrifuga Heraeus
Apparecchi per elettroforesi di DNA e proteine
Lettore ELISA per micropiastre DAS
PCR
Gas cromatografo ThermoFinnigan
HPLC di ultima generazione Surveyor ThermoFinnigan
Spettrofluorimetro Varian Eclypse
Spettrofotometro Jasco V-530
Stopped-flow SX.18MV Applied Photophysics.
Unità di Ricerca: SALENTO
Spettrometro UV-VIS Perkin Elmer Lambda 16
Spettrometro NMR Bruker AVANCE III 400 con Magnete Ultrashield PLUS
Spettrometro di massa con sorgente al plasma Varian ICP-MS 820-MS con autocampionatore-/autodiluitore SPS3
Spettrometro ICP-OES Thermo Scientific iCAP 6000
Microscopio confocale (C1 NIKON)
Microscopio ottico (TE 300 NIKON)
Set up per cortocircuitazione (DVC-1000, WPI)
Centrifuga (Beckman J-25)
Camere per colture cellulari con incubatori, cappe a flusso laminare, microscopi invertiti,
centrifughe da banco
Apparati per elettroforesi e western blotting
Microscopi ottici e a fluorescenza
Fluorimetri e spettrofotometri
Camere per l’uso di radioisotopi con scintillatore
Microscopio ottico a fluorescenza Nikon Eclipse 80i (Nikon, Japan) con obiettivi Plan Fluor
(Nikon), equipaggiato di una fotocamera digitale DXM1200F: l’acquisizione delle immagini è
effettuata con un ACT-1 software per Nikon DXM 1200F (Nikon).
Microscopio invertito TE2000-E (Nikon, Japan)
Microscopio ottico Olympus (Japan)
1 cappa a flusso laminare (Nicostra SpA, Milano)
3 cappe chimiche
1 incubatore per colture cellulari Modello 2123TC CO2 (pbi International, Milano)
Dispositivi per gel-elettroforesi proteine e DNA e per Western Blotting (Biorad, Hercules
California, US)
Centrifuga per eppendorf, Sigma, 1-15 (Baar, Svizzera)
Centrifuga per tubi 4236 CWS (ALC, Milano, Italia)
Microtomo Reichert-Jung 2050
192
Ultramicrotomo ULTRAMICROTOME SYSTEM 2128 ULTROTOME LKB, Bromma (Ontario,
Canada)
Taglialame 7800 Knifemaker, LKB Gromma
Balzer 020 Critical Point Dryer
Balzer 040 Sputter Coater
Strumentazione per l'isolamento e la purificazione delle cellule epatiche
Camera oscura per sviluppo e stampa foto
Mineralizzatore a microonde Milestone START D,
Cromatografo ionico Metrohm 883 Basic IC Plus.
Nuovi strumenti in dotazione
Digestore a microonde FKV Start D
Unità di Ricerca: SIENA
NMR Bruker DRX 600
NMR Varian VXR 300
NMR Bruker AMX 400
NMR Bruker 400
NMR Varian 300
EPR BRUKER 200D-SRC
Microwave CEMM
Spettrometro UV-Vis HP8453
Spettrofotometro UV-vis-NIR Perkin Elmer Lambda 900
Spettrometro CD Jasco J-815
MS VG 70-250S (Micromass, Manchester) LSIMS
HPLC/MS SATURN GC/MS 2000 / CP-3800 (Varian)
MS Electrospray LCQ DECA (ThermoFinnigan)
HPLC/MS Agilent
Apparato elettrochimico BAS 100 A
Apparato elettrochimico BAS 100 W
Unità di Ricerca: TORINO
Elenco della strumentazione dell’Unita’ di Torino del CIRCMSB
Bruker Avance 300 spectrometer (7 T)
Bruker Avance 600 spectrometer (14T)
High-resolution 400 MHZ, JEOL EX-400
High-resolution wide bore 270 MHz, JEOL GX-270, 2 MHz spectral width
High-resolution 90 MHz, JEOL EX-90
Field Cycling Relaxometer, Stelar
Variable field (20 - 80 MHz) Stelar Spinmaster
UV-Visible Spectrophotometer U-2800 Hitachi
Malvern Zeta-sizer Instruments, Malvern, UK
Sintetizzatore automatico di peptidi Liberty Microwave-Enhanced (CEM)
Fluoromax-4 Spectofluorometer Horiba Jobin Yvon
HPLC Amersham AKTA
Unità di Ricerca: TRIESTE
Sistema ad Area detector Enraf-Nonius DIP1030 con generatore Enraf-Nonius
Sistema ad Area detector Bruker-Enraf CCD2000 con anodo rotante Bruker-Nonius
193
PERSONALE AFFERENTE
195
Unita’ di Ricerca di Bari
Personale
Agostiano Angela
Gallerani Raffaele
Livrea Paolo
Maresca Luciana
Natile Giovanni
Palmieri Ferdinando
Catucci Lucia
Coluccia Mauro
Pacifico Concetta
Storelli Maria Maddalena
Ceci Luigi Ruggiero
Saviano Michele
Arnesano Fabio
Boccarelli Angelina
Caliandro Rocco
Casalino Elisabetta
Di Benedetto Angela
Intini Francesco Paolo
Margiotta Nicola
Trotta Massimo
Roselli Francesco
Belviso Dniele
Calò Vincenza
Galliani Angela
Mangini Vincenzo
Petruzzella Emanuele
Piccinonna Sara
Sinisi Marilù
Barone Carmen
Cannito Francesco
Busco Vito Pietro
Di Masi Nicola Giovanni
Garofalo Rita
Giampietro Antonio
Sblano Cesare
Storelli Arianna
Dompietro Maria Teresa
Bottalico Simona
Racaniello Francesco
Qualifica
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Primo Ricercatore
Primo Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatrice
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Post Doctor
Dottorando
Dottoranda
Dottoranda
Dottorando
Dottorando
Dottoranda
Dottoranda
Assegnista
Tecnico laureato
Tecnico
Tecnico
Tecnico
Tecnico
Tecnico
Tecnico
Tecnico a Contratto
Coll.re d’Amm.ne
Responsabile Amministrativo
Dipartimento
Dip. di Chimica
Dip. di Biochim. e Biol. Mol.
Scienze Neurolog. e Psichiatriche
Dip. Farmaco-chimico
Dip. Farmaco-chimico
Dip.to Farmaco-Biologico
Dip. di Chimica
Dip. Scienze Biomed. e Oncol.
Dip. Farmaco-chimico
Dip.to Farmaco-Biologico
CNR
CNR
Dip. Farmaco-chimico
Dip. Scienze Biomed. e Oncol.
CNR
Dip.to Farmaco-Biologico
Dip. di Chimica
Dip. Farmaco-chimico
Dip. Farmaco-chimico
CNR
Scienze Neurolog. e Psichiatriche
Dip. Farmaco-chimico
Dip. Farmaco-chimico
Dip. Farmaco-chimico
Dip. Farmaco-chimico
Dip. Farmaco-chimico
Dip. Farmaco-chimico
Dip. Farmaco-chimico
Dip. Farmaco-chimico
C.I.R.C.M.S.B.
Dip.to Farmaco-Biologico
Dip. Farmaco-chimico
Dip.to Farmaco-Biologico
Dip.to Farmaco-Biologico
Dip.to Farmaco-Biologico
Dip.to Farmaco-Biologico
Dip. Farmaco-chimico
C.I.R.C.M.S.B.
C.I.R.C.M.S.B.
Unita’ di Ricerca di Bologna
Personale
Ripamonti Alberto
Roveri Norberto
Cristino Sandra
Fabbri Daniele
Falini Giuseppe
Foresti Elisabetta
Taddia Marco
Fermani Simona
Qualifica
Prof. Emerito
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatore
Dipartimento
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip.to di Medicina e Sanità
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
197
Lelli Marco
Lesci Giorgio Isidoro
Losacco Maurizio
Petraroia Sandra
Rinaldi Francesca
Caroselli Alessio
Balducci Giulia
D’Amen Eros
Marchetti Marco
Pierini Filippo
Vecchiotti Stefania
Fracasso Guido
Modelli Stefano
Montebugnoli Giulia
Morselli Silvana
Molinas Maria
Assegnista
Assegnista
Assegnista
Assegnista
Assegnista
Borsista
Dottoranda
Dottorando
Co.Co.Co.
Co.Co.Co.
Co.Co.Pro.
Tecnico di Laboratorio
Tecnico di Laboratorio
Tecnico di Laboratorio
Tecnico
Segretaria
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamicia
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Dip. Chimica “Ciamician”
Unita’ di Ricerca di Camerino
Personale
Marchetti Fabio
Natalini Paolo
Pettinari Claudio
Angeletti Mauro
Burini Alfredo
Lupidi Giulio
Lorenzotti Adriana
Santini Carlo
Galassi Rossana
Pellei Maura
Pucciarelli Stefania
Qualifica
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Dipartimento
Scuola di Scienze e Tecnologie
Scuola di Bioscienze e Biotecnol.
Scuola di Scienze del Farmaco
Scuola di Bioscienze e Biotecnol.
Scuola di Scienze e Tecnologie
Scuola di Bioscienze e Biotecnol.
Scuola di Scienze e Tecnologie
Scuola di Scienze e Tecnologie
Scuola di Scienze e Tecnologie
Scuola di Scienze e Tecnologie
Scuola di Bioscienze e Biotecnol.
Unita’ di Ricerca di Catania
Personale Docente
Arena Giuseppe
Bonomo Raffaele
Cucinotta Vincenzo
Maccarone Giuseppe
Purrello Roberto
Rizzarelli Enrico
Spoto Giuseppe
Vecchio Graziella
De Guidi Guido
Sortino Salvatore
Attanasio Francesco
Bellia Francesco
Di Natale Giuseppe
Grasso Giulia
Grasso Giuseppe
La Mendola Diego
Magrì Antonio
Milardi Danilo
Pappalardo Giuseppe
Qualifica
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Dipartimento
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
IBB CNR – Sezione di Catania
IBB CNR – Sezione di Catania
IBB CNR – Sezione di Catania
IBB CNR – Sezione di Catania
Dip. Scienze Chimiche
IBB CNR – Sezione di Catania
IBB CNR – Sezione di Catania
IBB CNR – Sezione di Catania
IBB CNR – Sezione di Catania
198
Santoro Anna Maria
Tabbì Giovanni
D’Urso Alessandro
Giuffrida Alessandro
Grasso Giuseppa
Greco Valentina
Vagliasindi Laura Irene
IBB CNR – Sezione di Catania
IBB CNR – Sezione di Catania
Dip. Scienze Chimiche
IBB CNR – Sezione di Catania
IBB CNR – Sezione di Catania
IBB CNR – Sezione di Catania
Dip. Scienze Chimiche
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Assegnista
Assegnista CNR
Assegnista CNR
Assegnista CNR
Borsista
Unita’ di Ricerca di Ferrara
Personale Docente
Maldotti Andrea
Marchi Andrea
Remelli Maurizio
Bergamini Paola
Marvelli Lorenza
Molinari Alessandra
Qualifica
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Dipartimento
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Unita’ di Ricerca di Firenze
Personale
Scozzafava Andrea
Smulevich Giulietta
Vincieri Francesco Franco
Bilia Anna Rita
Briganti Fabrizio
Messori Luigi
Gianneschi Mauro
Modesti Alessandra
Bergonzi Maria Camilla
Feis Alessandro
Ferraroni Marta
Innocenti Massimo
Supuran Claudio
Isacchi Benedetta
Casini Angela
Guidi Francesca
Temperini Claudia
Vullo Daniela
Gabbiani Chiara
Innocenti Alessio
Pratesi Alessandro
Bruni Bruno
Magherini Francesca
Qualifica
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Dottoranda
Borsista
Borsista CIRCMSB
Borsista
Borsista
Assegnista
Assegnista
Assegnista
Tecnico
Tecnico
Dipartimento
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. Scienze Farmaceutiche
Dip. Scienze Farmaceutiche
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica Organica
Dip. di Scienze Biomediche
Dip. Scienze Farmaceutiche
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. Scienze Farmaceutiche
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica Organica
Dip. Scienze Farmaceutiche
Dip. di Scienze Biomediche
Unita’ di Ricerca dell’Insubria
Personale
Palmisano Giovanni
Banfi Stefano
Fumagalli Alessandro
Sisti Massimo
Tollari Stefano
Qualifica
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Dipartimento
Dip. Scienze Chim. e Amb.
Dip.di Biologia Strutturale e Funz.
Dip. di Biologia Strutturale e Funz.
Dip. Scienze Chim. e Amb.
Dip. Scienze Chim. e Amb.
199
Unita’ di Ricerca di Messina
Personale
Bruno Giuseppe
Cusumano Matteo
Monsù Scolaro Luigi
Rotondo Enrico
Teti Giuseppe
Giannetto Antonino
Nicolò Francesco
Di Pietro Letizia
Lo Passo Carla
Romeo Andrea
Rotondo Archimede
Guido Emanuela
Qualifica
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatrice
Ricercatrice
Ricercatore
Ricercatore
Borsista CIRCMSB
Dipartimento
C.I.C.A.F.
C.I.C.A.F.
C.I.C.A.F.
C.I.C.A.F.
P.M.S.
C.I.C.A.F.
C.I.C.A.F.
C.I.C.A.F.
S.G.M.
C.I.C.A.F.
C.I.C.A.F.
C.I.C.A.F.
C.I.C.A.F. = Dipartimento di Chimica Inorganica, Chimica Analitica e Chimica Fisica
S.G.M. = Dip. Scienze Microbiologiche Genetiche e Molecolari
P.M.S. = Dip. Patologia e Microbiologia Sperimentale
Unita’ di Ricerca di Napoli
Personale
Busico Vincenzo
Morelli Giancarlo
Abbrescia Paolo
Benedetti Ettore
Paolillo Livio
Pedone Carlo
Pedone Paolo Vincenzo
Vitagliano Aldo
D’Auria Gabriella
Fattorusso Roberto
Galdiero Massimiliano
Isernia Carla
Rossi Filomena
Ruffo Francesco
Ruvo Menotti
Saviano Michele
Vitagliano Luigi
Bucci Enrico
D’Andrea Luca Domenico
De Simone Giuseppina
Di Gaetano Sonia
Improta Roberto
Luongo Delia
Menchise Valeria
Monti Simona Maria
Palumbo Rosanna
Zaccaro Laura
Aloj Luigi
Cipullo Roberta
Cucciolito Maria Elena
Falcigno Lucia
Qualifica
Prof. Straordinario
Prof. Straordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Primo Ricercatore CNR
Primo Ricercatore CNR
Primo Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore Univ.
Ricercatore Univ.
Ricercatore Univ.
Ricercatore Univ.
200
Dipartimento
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
Galdiero Stefania
Messere Anna
Tesauro Diego
Trifuoggi Marco
Falanga Annarita
Ricercatore Univ.
Ricercatore Univ.
Ricercatore Univ.
Ricercatore Univ.
Borsista
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.P.B.
C.I.R.C.M.S.B.
C.I.R.P.B. = Centro Interuniversitario di Ricerca su Peptidi Bioattivi
Unita’ di Ricerca di Padova
Personale
Formaggio Fernando
Zanotti Giuseppe
Dalla Via Lisa
Dolmella Alessandro
Fregona Dolores
Toninello Antonio
Trevisan Andrea
Bolzati Cristina
Galenda Alessandro
Porchia Marina
Tisato Francesco
Gandin Valentina
Marzano Cristina
Rigobello Maria Pia
Ronconi Luca
Adami Arianna
Boscutti Giulia
Carta Davide
Morellato Nicolo’
Nardon Chiara
Salvarese Nicola
Montagner Diego
Nagy Eszter Marta
Folda Alessandra
Qualifica
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore CNR
Ricercatore non confermato
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Dottoranda
Dottoranda
Dottorando
Dottorando
Dottoranda
Dottorando
Assegnista
Assegnista
Tecnico Laureato
Dipartimento
Dip. di Scienze Chimiche
Dip. Chimica Biologica
Dip. Scienze Farmaceutiche
Dip. Scienze Farmaceutiche
Dip. di Scienze Chimiche
Dip. Chimica Biologica
Dip. Med. Amb. e Sanità Pubblica
ICIS
ICIS
ICIS
ICIS
Dip. Scienze Farmaceutiche
Dip. Scienze Farmaceutiche
Dip. Chimica Biologica
Dip. di Scienze Chimiche
Dip. di Scienze Chimiche
Dip. di Scienze Chimiche
Dip. Scienze Farmaceutiche
Dip. Scienze Farmaceutiche
Dip. di Scienze Chimiche
Dip. Scienze Farmaceutiche
Dip. di Scienze Chimiche
Dip. di Scienze Chimiche
Dip. Chimica Biologica
ICIS: Istituto di Chimica Inorganica e Superfici
Unita’ di Ricerca di Palermo
Personale
Gianguzza Antonio
Gianguzza Mario
Milioto Stefania
Chillura Martino Delia
Turco Liveri Maria Liria
Barone Giampaolo Antonio
Casella Girolamo
Fiore Tiziana
Lombardo Renato
Pellerito Claudia
Scopelliti Michelangelo
Abbate Michele
Di Prima Maria
Sciacca Ivan Diego
Qualifica
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Assegnista di Ricerca
Segretaria Amministrativa
Tecnico
201
Dipartimento
Dip. Chimica
Dip. Biologia-Medicina
Dip. Chimica
Dip. Chimica
Dip. Chimica
Dip. Chimica
Dip. Chimica
Dip. Chimica
Dip. Chimica
Dip. Chimica
Dip. Chimica
Dip. Chimica
Dip. Chimica
Dip. Chimica
Unita’ di Ricerca di Parma
Personale
Qualifica
Dipartimento
Ugozzoli Franco
Ferrari-Belicchi Marisa
Franchi Gazzola Renata
Pelosi Giorgio
Tarasconi Pieralberto
Bisceglie Franco
Buschini Annamaria
Marchiò Luciano
Massera Chiara
Tegoni Matteo
Pinelli Silvana
Bassanetti Irene
Tavone Matteo
Bersellini Manuela
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Assistente tecnico
Dottorando
Dottorando
Borsista
CGICACF
CGICACF
DMS-PGC
CGICACF
CGICACF
CGICACF
GBMAE
CGIACF
CGIACF
CGIACF
CMNSP
CGICACF
CGICACF
CIRCMSB
CMNSP = Dipartimento di Clinica Medica, Nefrologia e Scienze della Prevenzione
CGICACF = Dipartimento di Chimica Generale ed Inorganica, Chimica Analitica, Chimica Fisica
GBMAE = Dipartimento di Genetica, Biologia dei Microrganismi, Antropologia,Evoluzione
DMS-PGC = Dip. di Medicina Sperimentale sez. Patologia Generale e Clinica
Unita’ di Ricerca di Pavia
Personale
Casella Luigi
Fabbrizzi Luigi
Licchelli Maurizio
Poggi Antonio
Monzani Enrico
Pallavicini Piersandro
Taglietti Angelo
Amendola Valeria
Palavicini Sara
Patroni Stefano
Barbieri Marica
Bonizzoni Marco
Cacchione Giovanni
Colucci Guido
Nicolis Stefania
Qualifica
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Dottorando
Dottorando
Borsista
Borsista
Borsista
Borsista
Assegnista
Dipartimento
Dip. Chimica Generale
Dip. Chimica Generale
Dip. Chimica Generale
Dip. Chimica Generale
Dip. Chimica Generale
Dip. Chimica Generale
Dip. Chimica Generale
Dip. Chimica Generale
Dip. Chimica Generale
Dip. Chimica Generale
Dip. Chimica Generale
Dip. Chimica Generale
C.I.R.C.M.S.B.
Dip. Chimica Generale
Dip. Chimica Generale
Unita’ di Ricerca del Piemonte Orientale
Personale
Botta Mauro
Osella Domenico
Prat Maria
Viano Ilario
Giovenzana Giovanni B.
Martinotti Maria Giovanna
Ravera Mauro
Rimondini Lia
Colangelo Donato
Digilio Giuseppe
Fracchia Letizia
Qualifica
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Dipartimento
DiSAV
DiSAV
DiSM
DiSM
DiSCAFF
DiSCAFF
DiSAV
DiSM
DiSM
DiSAV
DiSCAFF
202
Tei Lorenzo
Fekele Marianna
Gal Miroslav
Martinelli Jonathan
Rolla Gabriele
Gaviglio Luca
Gugliotta Giuseppe
Imperio Daniela
Sardi Manuele
Zanellato Ilaria
Cavallo Massimo
Gabano Elisabetta
Iafisco Michele
Palazzo Barbara
Cassino Claudio
Musso Davide
Boidi Carla Doriana
Faccio Valeria
Bonarrigo Ilaria
Ricercatore
Postdoc
Postdoc
Postdoc
Postdoc
Dottorando
Dottorando
Dottoranda
Dottorando
Dottorando
Assegnista di Ricerca
Assegnista di Ricerca
Assegnista di Ricerca
Assegnista di Ricerca
Tecnico D
Tecnico C
Borsista
Borsista
Borsista CIRCMSB
DiSAV
DiSAV
DiSAV
DiSAV
DiSAV
DiSAV
DiSAV
DiSCAFF
DiSAV
DiSAV
DiSCAFF
DiSAV
DiSM
DiSM
DiSAV
DiSAV
DiSAV
DiSCAFF
DiSCAFF
DiSAV: Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Vita
DiSM: Dipartimento di Scienze Mediche
DiSCAFF: Dipartimento di Scienze Chimiche, Alimentari, Farmaceutiche e Farmacologiche
Unita’ di Ricerca Politecnica delle Marche
Personale
Tosi Giorgio
Giorgini Elisabetta
Sabbatini Simona
Ferraris Paolo
Conti Carla
Qualifica
Prof. Ordinario
Ricercatore
Borsista
Borsista
Tecnico
Dipartimento
Dip. di Scienz. Mat. e Terra
Dip. di Scienz. Mat. e Terra
CIRCMSB
Dip. di Scienz. Mat. e Terra
Dip. di Scienz. Mat. e Terra
Unita’ di Ricerca di Roma “La Sapienza”
Personale
Barteri Mario
Ercolani Claudio
Monacelli Fabrizio
Moretti Giuliano
Borghi Elena
Donzello Maria Pia
Dragone Roberto
Moro Piera
De Mori Giorgia
Vittori Daniela
Nepi Fabio
Viola Elisa
Qualifica
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Dottore di Ricerca
Dottoranda
Dottoranda
Assegnista di Ricerca
Assegnista di Ricerca
Dipartimento
Dipartimento di Chimica
Dipartimento di Chimica
Dipartimento di Chimica
Dipartimento di Chimica
Dipartimento di Chimica
Dipartimento di Chimica
Dipartimento di Chimica
Dipartimento di Chimica
Dipartimento di Chimica
Dipartimento di Chimica
Dipartimento di Chimica
Dipartimento di Chimica
Unita’ di Ricerca di Roma “Tor vergata”
Personale
Coletta Massimo
Rotilio Giuseppe
Battistoni Andrea
Qualifica
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Dipartimento
Dip. Med. Sper. Scienze Bioch.
Dip. di Biologia
Dip. di Biologia
203
Fiorucci Laura
Marini Stefano
Rossi Luisa
Santucci Roberto
Erba Fulvio
Gambacurta Alessandra
Ciaccio Chiara
Di Pierro Donato
Gioia Magda
Fasciglione Giovanni F.
Sbardella Diego
Tundo Grazia Raffaella
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatore
Ricercatore
Funz. Tecnico
Funz. Tecnico
Funz. Tecnico
Assist. Tecnico
Contrattista
Dottoranda
Dip. Med. Sper. Scienze Bioch.
Dip. Med. Sper. Scienze Bioch.
Dip. di Biologia
Dip. Med. Sper. Scienze Bioch.
Dip. Med. Sper. Scienze Bioch.
Dip. Med. Sper. Scienze Bioch.
Dip. Med. Sper. Scienze Bioch.
Dip. Med. Sper. Scienze Bioch.
Dip. Med. Sper. Scienze Bioch.
Dip. Med. Sper. Scienze Bioch.
CIRCMSB
Dip. Med. Sper. Scienze Bioch.
Unita’ di Ricerca del Salento
Personale
Dini Luciana
Fanizzi Francesco Paolo
Schettino Trifone
Ciccarese Antonella
Maffia Michele
Marsigliante Santo
Benedetti Michele
Lionetto Maria Giulia
Muscella Antonella
Papadia Paride
Antonucci Daniela
De Riccardis Lidia
Indraccolo Mersia Lucia
Izzo Daniela
Urso Emanuela
Vergallo Cristian
Carata Elisabetta
Caricato Roberto
Coluccia Maria Luce
Rizzello Antonia
Vergara Daniele
Vetrugno Carla
Inguscio Valentina
Toto Claudia
Acierno Raffaele
De Pascali Sandra Angelica
Giordano Maria Elena
Migoni Danilo
Moretti Massimo
Danieli Antonio
Tenuzzo Bernardetta
Panzarini Elisa
Qualifica
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatore
Ricercatrice
Ricercatrice
Ricercatore
Dottoranda
Dottoranda
Dottoranda
Dottoranda
Dottoranda
Dottorando
Assegnista
Assegnista
Assegnista
Assegnista
Assegnista
Assegnista
Borsista
Borsista
Tecnico Laureato
Tecnico Laureato
Tecnico Laureato
Tecnico Laureato
Tecnico Laureato
Tecnico
Tecnico
Contrattista
Dipartimento
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A.
D.I.S.T.E.B.A. = Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali
204
Unita’ di Ricerca di Siena
Personale
Campiani Giuseppe
Cini Renzo
Valensin Gianni
Anzini Maurizio
Laschi Franco
Savini Luisa
Butini Stefania
Casolaro Mario
Fabrizi de Biani Fabrizia
Gemma Sandra
Germano Giuliani
Valensin Daniela
Corsini Maddalena
Gaggelli Nicola
Draghi Sara
Qualifica
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Tecnico Laureato
Tecnico Laureato
Tecnico
Dipartimento
Dip. Farmaco-Chimico-Tecnol.
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. Farmaco-Chimico-Tecnol.
Dip. di Chimica
Dip. Farmaco-Chimico-Tecnol.
Dip. Farmaco-Chimico-Tecnol.
Dip. Farmaco-Chimico-Tecnol.
Dip. di Chimica
Dip. Farmaco-Chimico-Tecnol.
Dip. Farmaco-Chimico-Tecnol.
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Dip. di Chimica
Unita’ di Ricerca di Torino
Personale
Aime Silvio
Fubini Bice
Gobetto Roberto
Cravotto Giancarlo
Terreno Enzo
Barge Alessandro
Dastrù Walter
Nervi Carlo
Reineri Francesca
Geninatti Crich Simonetta
Gianolio Eliana
Viale Alessandra
Bartoli Antonietta
Baroni Simona
Carrera Carla
Chierotti Michele
Delli Castelli Daniela
Esposito Giovanna
Garino Claudio
Lanzardo Stefania
Longo Dario
Stefania Rachele
Alberti Diego
Qualifica
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Ordinario
Prof. Associato
Prof. Associato
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore
Tecnico Laureato
Tecnico Laureato
Tecnico Laureato
Post-Doc
Post-Doc
Post-Doc
Post-Doc
Post-Doc
Post-Doc
Post-Doc
Post-Doc
Post-Doc
Post-Doc
Borsista
Dipartimento
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
Dip. di Chimica IFM
C.I.R.C.M.S.B.
Unita’ di Ricerca di Trieste
Personale
Alessio Enzo
Dreos Renata
Geremia Silvano
Zangrando Ennio
Randaccio Lucio
Milani Barbara
Qualifica
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. Associato
Prof. a contratto
Ricercatore
Dipartimento
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
205
Gianferrara Teresa
Tavagnacco Claudio
Iengo Elisabetta
Bratsos Joannis
Siega Patrizia
De March Matteo
De Baseggio Paolo
Brancatelli Giovanna
Ricercatore
Ricercatore
Ricercatore a tempo det.
Assegnista
Assegnista
Dottorando
Tecnico
Borsista
206
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
Dip. Scienze Chimiche
CIRCMSB