Come si muovono le aziende su mobile - UPA

annuncio pubblicitario
SPECIALE
MOBILE 2016
www.brand-news.it
COME SI MUOVONO
LE AZIENDE SU MOBILE
SURVEY ESCLUSIVE
OLTRE PROGRAmmATIC E VIdEO:
L'ACCELERAzIONE dEGLI
INVESTImENTI Su mObILE è
GuIdATA dALLE PERSONE.
mETRICHE LAbILI, POCHI SkILLS
IN AzIENdA E fORmATI POCO
ATTRAENTI I mAGGIORI OSTACOLI
ALLA CRESCITA COmE
STRumENTO PER LA PubbLICITà,
mA IL VERO fRENO è LA
dIffIdENzA dEGLI uTENTI.
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PUBBLICITA’ MOBILE, COSA PIACE E COSA NO AI CONSUMATORI
AbITudINI E ATTITudINI
dELLE PERSONE RIGuARdO
LA PubbLICITà Su mObILE.
SONdAGGIO CONdOTTO
Su OLTRE 500 CASI
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Online Survey via
CREATIVE TECHNOLOGY
APP & TV
Gran parte del tempo delle persone Le opportunità del conversational
advertising. Di Giuseppe Mayer,
passa sempre più dalle app
CIO di GreyUnited
A pag. 5
La TV è sempre più mobile. Breve
panoramica delle app dei principali Le migliori operazioni mobile dai
Festival di Cannes ed Epica
broadcaster
A pag. 11
A pag. 9 Awards
SCENARIO
Cresce la popolazione online, si naviga sempre più
da smartphone e anche
gli acquisti mCommerce
sono new normal, ma l’offerta deve dar prova di
maturità
A pag. 12
SPECIALE MOBILE
RICERCA ESCLuSIVA
L'uTILIzzO dEL mObILE NELLE STRATEGIE dI COmuNICAzIONE dELLE AzIENdE CHE INVESTONO IN PubbLICITà
Come si muovono le aziende su mobile. L'audience
è là, crescono i budget e il ricorso al programmatic.
I migliori partner sono le agenzie media e digital
Programmatic e video sono un dato di fatto, mentre l’accelerazione degli investimenti su mobile
è guidata dalle persone: la consapevolezza che la maggior parte degli italiani naviga prevalentemente con i propri smartphone spinge le imprese che investono in pubblicità a puntare sui dispositivi mobili. Metriche labili, pochi skills in azienda e formati scarsamente attraenti i maggiori
ostacoli alla crescita ulteriore del mobile come strumento di marketing e pubblicità, insieme con
la presunta diffidenza degli utenti preoccupati da privacy e sicurezza
Abbiamo chiesto a un campione di aziende utenti di
pubblicità di raccontarci come si muovono sul mobile,
a cominciare dai motivi che spingono a utilizzarlo come
strumento per il marketing e la pubblicità. La grande
maggioranza (75%) dice di farlo perché è sempre più
alta la quota di popolazione che naviga prevalentemente o esclusivamente da mobile, mentre poco più
del 18% lo fa perché lo strumento garantisce più direct
response.
Se la diffusione del mobile tra le persone è vista come
la principale ragione per investire su questo canale,
alla diffidenza della popolazione preoccupata per l’intrusione nella privacy e nella sicurezza il 42% del campione imputa la maggiore barriera alla crescita ulteriore
come strumento di marketing e pubblicità. Seguono, in
ordine discendente (era possibile esprimere al massimo 2 risposte), la mancanza di metriche per misurare
i risultati (32,2%), la carenza di skills in azienda per la
migliore gestione del canale (29%) e l’assenza di formati attraenti (22,5%).
INVESTIMENTI IN CRESCITA. Solo il 15,6% del
campione dichiara di non aver investito su mobile
nel 2016, la maggioranza ha investito una quota tra
il 5 (31,2% delle risposte) e il 10% (21,8%) del budget dedicato alla comunicazione digital, ma c’è
anche una quota del 12,5% che dice di aver destinato al mobile una quota del 15% e il 18,7% dichiara di aver investito oltre il 25%. Quanto al
prossimo anno, il 65,6% dice che aumenterà gli investimenti ma senza definire con quale incremento,
mentre cala la percentuale di chi dice che non intende investire (9% vs. 15,6% che non lo ha fatto
nel 2016). Piccole quote del campione dichiarano
invece quanto aumenteranno gli investimenti nel
2017: il 9% dice fino al 10% in più rispetto all’anno
precedente, il 6,2%% fino al 20% in più e il 3% fino
al 30%.
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SPECIALE MOBILE
SEGUE DALLA PAGINA PRECEDENTE
SOCIAL E VIDEO PORTA D’INGRESSO DEL
MOBILE. L’accesso delle persone ai social e la
visione di video da mobile sono le ragioni principali che rendono interessante questo canale per
la comunicazione e il marketing: i social sono citati dal 75% del campione, i video dal 34%. Ma
è giudicata interessante anche l’abitudine a
usare il mobile per la condivisione di immagini
(25%), come second screen (18,7%) e come
portafoglio elettronico per fare acquisti e pagamenti on the go (18,7%). Anche in questo caso
era possibile scegliere fino a 2 risposte. E proprio
il video è il più gettonato dalle aziende del campione come strumento a supporto della comunicazione: dichiara di averlo scelto e/o di volerlo
utilizzare in futuro il 71%, mentre il 22,5% cita AR,
VR e video 360 e il 19,3% il live streaming. La
modalità programmatica è invece citata ormai da
quasi il 55% del campione.
GLI ALLEATI IDEALI DEL MOBILE sono digital e social
media e TV: li citano rispettivamente il 43,7% e il 34,3%.
Comincia a prendere piede la consapevolezza dell’importanza dello strumento in-store e dell’out of home,
citati entrambi dal 9,3% del campione mentre pochi invece sembrano considerare i vantaggi nell’uso congiunto del mobile con la radio (3,1%) e nessuno quota
la stampa: chissà che quotidiani e periodici non trovino
in questo vuoto un’opportunità.
PARTNER PREFERENZIALI DELLE AZIENDE per la gestione delle iniziative di comunicazione su mobile sono
agenzie media e digitali: potendo scegliere due opzioni, le cita rispettivamente il 46,8% e il 50% del campione, mentre le agenzie creative si fermano al 25%
delle risposte. Solo il 9% delle aziende dice di fare tutto
internamente e una stessa quota si affida a società di
ad-tech specializzate in mobile e programmatic.
IL RUOLO DEL PROGRAMMATIC nelle strategie di mobile marketing è riconosciuto come molto importante
dal 50% del campione, mentre il 40,6% dice che è
abbastanza importante e solo un modesto 9,3% ammette di non conoscerne l’efficacia.
PER RICEVERE I RISULTATI COMPLETI DELLA
RICERCA SCRIVERE AD [email protected]
SPECIALE MOBILE
POINT Of VIEW
CREATIVE TECHNOLOGY, INNOVAzIONE
Mi sono innamorato di un robot (e sembra sia corrisposto).
Le nuove opportunità del conversational advertising
Con lo sviluppo dei chatbot inizia l’era del conversational advertising ed emergono nuove opportunità creative per i brand. Ce le descrive Giuseppe Mayer, chief innovation officer di GreyUnited
Tutto è iniziato il 12 Aprile 2016 quando sul palco del Facebook Developer Conference, Mark Zuckerberg ha annunciato il lancio di Messenger Platform con Chatbot; è stato
amore a prima vista. Sia chiaro, l’idea di utilizzare programmi in grado di simulare una conversazione “umana”
non è in realtà così nuova se si pensa come fin dai primi
anni ’90 diversi standard di instant messaging (chi ha più
di 30 anni ricorderà IRC) abbiano permesso lo sviluppo di
bot con funzioni di natura diversa all’interno delle chat tematiche.
La novità nell’annuncio di Facebook sta piuttosto da un
lato nelle dimensioni del mercato potenziale che Messenger permette di raggiungere (più di un miliardo di utenti
attivi al mese) e dall’altro nella possibilità di accedere ai
dati di chi utilizza questa piattaforma per personalizzare
e rendere rilevante la “conversazione” tra consumatori e
marca all’interno di una situazione che viene percepita
come naturale e spontanea dalle persone.
L’INIZIO DEL CONVERSATIONAL ADVERTISING: mes-
saggi di marca che possono essere allo stesso tempo
personali e rilevanti, ma anche capaci di raggiungere un
target numericamente significativo. La promessa di una
comunicazione realmente in grado di leggere e comprendere il contesto è la ragione principale per cui lo sviluppo
dei chatbot è così interessante per i brand; riuscire ad interpretare al meglio questo potenziale è la sfida e non è
per nulla facile. Alcuni si stanno orientando verso lo sviluppo di programmi di servizio, come nel caso di KLM e
Uber, altri puntano sulla “product discovery” come H&M
e Sephora, ma si tratta ancora nella maggior parte dei
casi di esperimenti con focus puramente funzionali del
tipo domanda/risposta.
C’È MOLTO DI PIÙ DAVANTI A NOI; ad esempio, parlando in termini media, un bot potrebbe essere impostato
con una larga serie di risposte contestuali, o formati pubblicitari conversational, e programmaticamente andare ad
analizzare un flusso di conversazioni per comprendere
quando e come inserire un messaggio promozionale rilevante per la persona. In più, con l’aiuto di sistemi di machine learning, il nostro chatbot potrebbe iniziare a
comprendere e ricordare le preferenze del consumatore,
permettendo una “conversazione” ancora più rilevante.
Giuseppe mayer, chief innovation officer di Greyunited
DAL PUNTO DI VISTA CREATIVO POI IL CHATBOT RAPPRESENTA UNO STRUMENTO INCREDIBILMENTE VERSATILE; Robbie Williams ad esempio ha recentemente
lanciato sulla propria pagina Facebook un bot, ribattezzato dai suoi fan RobBot, che è molto più di semplice servizio informativo sul nuovo album o sulle date del tour. Il
programma interagisce con i fan utilizzando il tono di voce
ironico del cantante, raccontando aneddoti e firmando
autografi personalizzati.
L’esempio ad oggi più efficace di utilizzo creativo dei
chatbot è però a mio modo di vedere quello realizzato da
Channel4 per il lancio della seconda stagione di Humans;
qui infatti si va oltre il semplice servizio o l’intrattenimento
per entrare in una conversazione di marca reale che realizza un’esperienza unica … ma non voglio spoilerare
nulla, questo chatbot va davvero provato.
Il conversational advertising rappresenta insomma un
passo in avanti epocale sia rispetto ai tradizionali siti internet, sia rispetto all’ecosistema delle mobile app pur sviluppandosi a partire da semplici messaggi di testo. E’ facile
prevedere come, insieme a search e ai social media,
anche i chatbot avranno nei prossimi anni un ruolo cruciale
nella definizione del consumer journey assumendo in un
certo senso la funzione che una volta era dei browser ovvero di porta d’accesso alle informazioni ed alle esperienze
di marca online con in più la capacità di analizzare, comprendere ed interpretare.
E’ talmente intelligente, come fai a non innamorartene?
di Giuseppe Mayer,
chief innovation officer di GreyUnited
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SPECIALE MOBILE
RICERCA ESCLuSIVA
AbITudINI E ATTITudINI dEGLI ITALIANI RIGuARdO LA PubbLICITà Su mObILE
Pubblicità su mobile, l'attenzione degli utenti è viva ma il
click c’è solo se il brand è conosciuto e interessante. La
metà vorrebbe meno annunci, rilevanti e non interruttivi
Che percezione hanno gli italiani della pubblicità che vedono su smartphone? Cosa piace, cosa
non piace e come vorrebbero migliorarla? Abbiamo interrogato il panel di Toluna QuickSurvey su
abitudini e attitudini riguardo alla pubblicità mobile, sia su browser e sulle app social, ed emerge
che l'attenzione è tutt'altro che flebile a patto che la marca sia rilevante per l’utente e il messaggio interessante. Se no bye bye click. Anche la percezione dei contenuti native è positiva ma
solo se a presentarli è un brand conosciuto e rispettato. Non mancano criticità e timori, rispettivamente sulla quantità di pubblicità, sulla privacy e sulla sicurezza dei click
La pubblicità su mobile si è fatta definitivamente strada nella
percezione degli italiani: la notano praticamente sempre, la
cliccano solo se interessa il brand o il prodotto pubblicizzato, ma senza particolari preclusioni o antipatie verso annunci che occupano spazio sul device più privato e al quale
si dedica sempre più tempo e attenzione.
Abbiamo chiesto al panel online di Toluna QuickSurvey
qual è la percezione degli italiani rispetto alla pubblicità
su mobile ottenendo le risposte di 535 membri, il 33% uomini e il 67% donne, la metà dei quali nella fascia d'età
tra i 35,5 e i 54 anni, il 35% tra i 18 e i 34 anni e il 24%
over 55.
L'ATTENZIONE C'E'. Alla domanda se l'utente faccia o
meno attenzione alla pubblicità su mobile, oltre l'80% dice
di notare la pubblicità quando utilizza lo smartphone, solo
una piccola quota la ignora a prescindere (7,2%) ed
ugualmente a prescindere la chiude senza nemmeno notare da chi proviene il messaggio (7,1%). Tuttavia l'interazione non è scontata: se il 36,6% clicca quando il prodotto
pubblicizzato interessa, ben il 26,1% si limita a guarda
passando oltre e il 18,8% non clicca per timore di attivare
servizi a pagamento. Dato significativo che denota la
scarsa fiducia di quasi un quinto degli intervistati sulla
qualità e onestà dell'ambiente online e del danno fatto da
operatori senza scrupoli.
COSA PIACE SU MOBILE WEB. Restringendo l'analisi al
mobile web, il 56% del pubblico concorda sul gradimento
di formati piccoli e poco invadenti (meglio sotto lo schermo
per il 40%, meglio in alto per il 16%) mentre il 18% dice di
preferire un formato grande e impattante che copre tutto lo
schermo (facile da eliminare, per inteso). I risultati sponsorizzati nelle ricerche di Google raccolgono l'8,7% dei consensi. A sorpresa, i video non solo l'opzione preferita su
mobile web: quello versione pop-up raccoglie le preferenze
solo del 2,6% mentre i video outstream si fermano al 4,3%.
E SULLE APP DEI SOCIAL NETWORK? La varietà di for-
mati disponibili sulle app social parcellizza molto le scelte.
Tuttavia le immagini, singole oppure sfogliabili in sequenza, risultano le più gradite con il 25.98% dei consensi, seguiti dai post sponsorizzati/consigliati con il 22%.
I video vengono preferiti dal 14.39% del campione, in misura minore i pre-roll con il 10.28%.
PARLANDO DI NATIVE ADVERTISING, possiamo dire con
sicurezza che per la maggior parte del campione - il 69%
- si tratta di un'esperienza positiva quanto a cura nella
realizzazione e presentazione nonché integrazione con il
contenuto e interesse per la marca. Se la marca o il prodotto vengono considerato rilevanti il 31,7% li consulta
con molta attenzione, comportamento che accomuna
tutte le fasce d'età. C'è comunque il 16% che li ignora, un
12% che non li trova né interessanti né ben realizzati e un
7% che diffida a prescindere, anche se la marca interessa, considerandoli pubblicità mascherata.
SEGUE NELLA PROSSIMA PAGINA
SPECIALE MOBILE
SEGUE DALLA PAGINA PRECEDENTE
USO DEI DATI, PRIVACY E RILEVANZA DEGLI
ANNUNCI. Il tema della privacy e dell'uso dei dati degli
utenti è caldo soprattutto a livello istituzionale, ma dai dati
del nostro sondaggio pare prevalere un approccio più
morbido e pragmatico. Infatti alla domanda 'Ti piace se
la pubblicità che vedi sul tuo smartphone corrisponde ai
tuoi gusti personali o con le ricerche che hai fatto online?'
il 60% del campione dice di gradire annunci pubblicitari
basati su propri gusti personali e ricerche effettuate, mentre al 40% non piace che vengano usati i propri dati e oppure ha la sgradevole sensazione di essere stalkerato.
Nello specifico 29,5% dice di gradire che vengano mostrate cose corrispondenti ai propri interessi; il 21,5% gra-
disce che gli vengano ricordate negli annunci cose che
potrebbe aver voglia di comprare; l'11,5% non ha preclusioni verso l'uso dei dati per rendere più rilevante la pubblicità ma è contro il retargeting/remarketing 'a scoppio
ritardato', ovvero che continua a proporre i prodotti o servizi che si sono appena comprati o non interessano più.
uso dei dati e coerenza della pubblicità con i gusti
personali. Preferenze per fasce d’età (% / numero rispondenti)
si, spesso mi ricorda le cose
che voglio acquistare
si, mi piace che mi mostri
cose che mi interessano
si, mi piace che mi mostri
cose che mi interessano.
Ma non dopo che le ho già
comprate o non interessano
più
no, non mi piace perché mi
sembra di essere seguito
no, non mi piace che usino i
miei dati
LA PUBBLICITA' MOBILE CHE VORREI. Abbiamo chiesto
quindi cosa piace e cosa no della pubblicità su mobile e
il 50% del campione - soprattutto la parte dei più giovani
- ha dichiarato candidamente che, semplicemente, vorrebbe meno pubblicità. Segno che, anche se gli investimenti oggi sono ancora sottodimensionati rispetto al
tempo passato dalle persone su mobile, il tema è sensibile: non ci vuole molto per passare dal gradimento delle
persone al rifiuto dovuto a troppa invadenza o affollamento. Concetto confermato anche da altre risposte, visto che
in questo caso abbiamo dato la possibilità di esprimere più scelte: il 30%
vorrebbe formati pubblicitari che non
interrompono l'esperienza di navigazione e il 22% vorrebbe che il traffico
dati usato per vedere pubblicità, video
in particolare, fosse pagato dagli inserzionisti stessi o dagli operatori telefonici. Un'opzione che negli USA già
esiste, nata parallelamente al diffondersi di formati fuori standard e stimolare la fruizione di branded content &
entertainment. Il 24% fa appello al
senso estetico dei brand e dichiara di volere formati pubblicitari più belli. Però ritorna lo scarso gradimento dei
video, ne vuole di più solo il 6% del campione, a meno
che non si tratti di materiale diverso rispetto a quanto già
visto in tv e qui la percentuale si alza di un pochino al
7.4%. Se andiamo ad analizzare il dato per fasce d'età
vediamo che i più favorevoli ai video sono i 18-34enni.
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SPECIALE MOBILE
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ADBLOKING MOBILE. La pratica non è
così diffusa come su desktop che secondo GroupM interessa il 27% degli
utenti italiani. Nel nostro sondaggio
emerge che il 17,5% del campione utilizza app o browser in grado di bloccare
la pubblicità sul proprio smartphone,
prevedibilmente con una particolare
concentrazione tra i 18-34enni, il 22%,
anche se sempre nella stessa fascia
d'età una quota non troppo dissimile - il
19% - dichiara di non conoscere questa
funzione (18,8% in generale). Il 63.5%
dice di non far uso di adblocker sul proprio device mobile.
QUEL CHE PROPRIO NON PIACE. A conferma di
quanto detto sopra, la caratteristica più odiata di alcune forme di pubblicità mobile è che intralciano la lettura per il 40.7% del campione. Il 21,5% non sopporta
che rallenti la navigazione; il 14,5% detesta quelle che
appaiono all'improvviso e sono difficili da eliminare; il
9.7% è infastidito di dover consumare traffico dati per
la pubblicità che è costretto a vedere.
preferito. Cifre più alte - fino a 10 euro al mese - nemmeno
a parlarne. Le considera solo una minima parte degli intervistati anche se tra i più giovani c’è chi potrebbe pagare
tra i 3 e i 6 euro. Vale pressapoco lo stesso per le app: il
59,4% del campione sul proprio cellulare non ne ha nessuna a pagamento mentre il 24% ne ha da una a tre.
PER RICEVERE I RISULTATI COMPLETI DELLA
RICERCA SCRIVERE AD [email protected]
MODELLI ALTERNATIVI, PAYWALL NO
GRAZIE. Infine abbiamo chiesto al campione se, in relazione alla pubblicità, è cosciente che questa il più delle volte è
condizione d'esistenza per l'editoria online.
Certo che sì, concorda l'80%. Anche perché
il 76% non concepisce modelli alternativi alla
pubblicità: le notizie le vuole infatti leggere
gratis. Solo il 20% sarebbe disposto a pagare una quota mensile minima, da 1 a 3
euro per leggere le notizie del proprio sito
QUESTA RICERCA E’ STATA REALIZZATA IN PARTNERSHIP CON TOLUNA QUICKPANEL
Toluna è una Digital Market Research Agency leader nell’industria
delle ricerche di mercato online, reportistica e visualizzazione dati in
tempo reale. Con 22 uffici in Europa,
Nord America e Asia Pacifico, Toluna lavora con istituti di
ricerche di mercato leader, agenzie media, e brand in
tutto il mondo. Dispone di una social voting community
composta da più di 8 milioni di membri ed estesa su più
di 46 paesi, che permette ai brand di ottenere consumer
insight in tempo reale su cui basare decisioni per raffor-
zare il business. In Italia Toluna
possiede il panel più grande a livello nazionale costituito da più di
220.000 iscritti.
Toluna offre una suite tecnologica
per condurre ricerche di mercato, consentendo alle
aziende di creare sondaggi sia online che attraverso mobile, oltre che creare e gestire la propria online panel
community. Tra i principali prodotti di Toluna: PanelPortalTM, SampleXpressTM, QuickSurveysTM, AnalyticsTM e
MobileTM.
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LA NuOVA TV
LA TV IN APP, fRuIzIONE E OffERTA IN ITALIA
Il web non è morto, ma gran parte del tempo delle
persone passa sempre più dalle app mobile
Nell’aprile 2010 Chris Anderson, allora direttore di Wired, aveva proclamato la fine del world
wide web come spazio egualitario e interconnesso. Sei anni dopo il web è ancora vivo, ma la
gran parte del tempo speso dalle persone online è sempre più rinchiuso nei walled garden delle
app e sempre meno per navigare in internet da desktop.
Secondo dati comScore, le app sono responsabili del
90% di utilizzo complessivo dei dispositivi mobili in Italia.
A giugno 2016, il 28% degli utenti di app per smartphone
ha usato dispositivi mobili per confrontare i prezzi di prodotti e circa 1/3 ha detto di farlo ogni settimana. Il 37%
degli utenti di app accede a siti social quasi 1 volta al
giorno e circa 1/3 condivide quotidianamente foto e video.
Il 27% di chi ha scaricato almeno 1 app in un dato mese
utilizza anche app di notizie locali o internazionali.
Per comScore la sfida principale con cui i provider di app
di tutto il mondo si trovano a dover fare i conti è rappresentata dagli ostacoli di download: in Italia solo ¼ degli
utenti scarica nuove app nell’arco di un mese.
Il mobile, sempre secondo
comScore, è anche il driver di
crescita sui principali siti italiani, con variazioni percentuali
YoY che vanno dal +35% di
RCS Media Group al +51% di
ItaliaOnline , dal +128% del gruppo Mediaset al +93% dei
siti RAI.
Il 70% dell’audience digitale complessiva usa dispositivi
mobili per accedere a contenuti e il 52% di chi va in rete
lo fa per vedere un film o una serie TV mentre si sta spostando o durante un’attesa (contro il 30% in Germania e
il 40% in Francia). Mentre l’accesso mobile only è cresciuto in un anno (agosto 2015 / agosto 2016) del 20%,
anche se non necessariamente fa parte dell’utenza più
evoluta della rete. E sempre di più lo fa in app (87% vs
83% tramite browsing).
LA TV È SEMPRE PIÙ MOBILE.
BREVE PANORAMICA DELLE APP DEI PRINCIPALI BROADCASTER
STUDIO+
Da lunedì 28 novembre è arrivata anche in
Italia l’app Studio+, lanciata da TIM e Vivendi per accedere a serie brevi e originali
concepite proprio per gli smartphone e il
consumo on-the-go. L’app – in abbonamento a 3,99 euro al mese o 1,49 a settimana – i clienti TIM hanno accesso a titoli
originali, anche in HD, per un totale di oltre
200 video e il lancio di una nuova serie ogni settimana.
L’offerta di Studio+ si aggiunge a un panorama già
molto ricco delle offerte dei principali broadcaster.
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