Fuga dal futuro

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“Fuga dal futuro”, ovvero due folli avventure, due sguardi ad un domani fin troppo
simile al nostro presente! La fantascienza come metafora della nostra società: la
difficoltà di trovare un’occupazione, la disgregazione dei rapporti di coppia, e
soprattutto l'importanza di compiere delle scelte che ci rendono quello che siamo.
di Enrico Bernard
Teatro Elettra, Roma
FUGA DAL FUTURO
Interpretato e diretto da Melania Fiore e Aldo E. Castellani.
Scritto da Aldo E. Castellani e Melania Fiore
Teatro e fantascienza mi sembravano apparentemente antinomici. La
fiction fantascientifica, pensavo, è naturalmente caratterizzata da una forte
presenza della tecnologia e della conoscenza scientifica, mentre il teatro vive di
effetti e sensi letterari. Questa mia convinzione cominciò a vacillare circa un
anno fa quando avviai la collaborazione a Saltinaria recensendo proprio un bel
testo di fantascienza tratto da 1984 di Orwell, diretto e interpretato da Antonio
Sanna. In quella occasione mi convinsi, contrariamente a quanto ritenevo fino ad
allora, che il teatro possa contenere anche il suo "apparente" contrario, la
fantascienza.
Perché è presto detto: il palcoscenico, la quarta parete, è di per sé una
dimensione fantascientifica in quanto ricrea un mondo possibile, una realtàdella-realtà dagli sviluppi (drammaturgici) imprevedibili. In effetti a ben
guardare il teatro è una vera e propria macchina del tempo in cui la realtà non
viene effettivamente riprodotta, ma alterata, giostrata, distorta in una vera e
propria dimensione a stringhe in cui il drammaturgo seleziona le varianti, gli
star-gate, cioè i finali e i raccordi spaziotemporali.
A pensare il teatro come una astronave e come una macchina del tempo
dalle soluzioni imprevedibili ci pensano due bravi attori e autori come Aldo E.
Castellani e Melania Fiore che al teatro Elettra di Roma dànno vita, ispirandosi ai
classici cinematografici della fantascienza, ad uno star track drammaturgico
divertente e paradossale quanto intrigante come un paradosso einsteiniano.
Nel primo episodio conosciamo la triste storia di un giovane laureato in
Scienze della Comunicazione, che dopo dieci anni di assurdi colloqui di lavoro,
precariato e delusioni, decide di dare una svolta alla sua vita… rivolgendosi
all’unica istituzione che promette un lavoro “sicuro”: l’Ente Bonifica Spaziale.
Siamo infatti nel 2113 e l’Ente si occupa di trovare nuovi pianeti dove trasferire
la razza umana. Ma il viaggio nello spazio si rivelerà drammatico, quando il
nostro antieroe si ritroverà prigioniero di un pianeta misterioso, dove ogni suo
desiderio sembra materializzarsi all’istante. Riuscirà a tornare sulla Terra e
salvare il mondo da un’invasione aliena? E, soprattutto, riuscirà a conquistare un
contratto a tempo indeterminato?
Aldo E. Castellani interpreta con scioltezza e ironia il racconto che, pur con
una patina di narrativa del genere, risulta divertente e fa pensare amaramente
che neppure per la "via di fuga" della fantascienza riusciremo mai a scrollarci di
dosso i problemi del presente che sembrano eternarsi nella loro squallida
miseria (il pubblico ride a sentire il nome di Vespa alla guida di uno show
teletrasportato del secondo secolo del terzo millennio!).
Nel secondo episodio, una brillante laureata in ingegneria meccanica si
ritroverà davanti alla “grande scelta della vita” tra amore e lavoro: cosa fare?
Andare in America e proseguire i suoi studi in meccanica quantistica… o
rimanere in Italia accanto al ragazzo dei sogni e convolare a giuste nozze? La
nostra protagonista compie la sua scelta… e, come capita sempre, sbaglia. La sua
vita sembra ormai essere irrimediabilmente rovinata, il senso di colpa per aver
preso la decisione sbagliata la divora… se solo potesse tornare indietro! Beh…
ma questo si può fare… dato che lei ha inventato… la macchina del tempo! Tutto
risolto, dunque? Non proprio… E se anche l’altra scelta fosse stata sbagliata? E se
anche chi avesse preso la strada opposta… costruisse una macchina del tempo e
tornasse indietro per cambiare la storia?
Il testo interpretato da Melania Fiore, come al solito divertente, spiritosa,
bravissima a farci subito partecipi della sua "dramatis personae", ha in questo
caso un taglio meno narrativo e più teatrale. Ciò le consente di sviscerare una
compiuta azione drammatica al cui culmine avviene l'incontro delle due donne o meglio le due possibilità esistenziali che si offrivano al suo personaggio posto
di fronte ad una sliding door - interpretate dalla Melania che finirà di eliminare
se stessa e l'altra-da sé come ne "L'uomo che incontrò se stesso".
Lo spettacolo è divertente e certamente avvicina al teatro un pubblico più
attratto dalle avventure spaziali, che dalle strutture drammaturgiche. Un
riavvicinamento, quello del teatro ad un genere più popolare, che nel suo piccolo
fa da contraltare all'appropriazione di stringhe teatrali nel genere del grande
cinema di fantascienza, come è avvenuto in "Matrix" in cui trovano posto le
teorie pirandelliane sul concetto di realtà.
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