Anno XXXIV, n. 3 BIBLIOTECA DI RIVISTA DI STUDI ITALIANI Dicembre 2016 GRAMSCI E I QUADERNI DEL CARCERE FILOSOFIA DELLA PRASSI IN ANTONIO GRAMSCI ANGELA MICHELIS Università degli Studi di Torino L ’attività teorica e l’attività pratica in Antonio Gramsci si intrecciano profondamente al punto da essere unificate a partire dalla sua stessa persona ed esistenza e proprio per questo assumono quella dinamicità che appartiene alla vita, che è continua creazione e rivoluzione, invenzione e innovazione, movimento dialettico aperto. Il suo essere intellettuale, uomo moderno di cultura e filosofo, non si disgiunge dall’impegno nell’azione con una ricerca di coerenza sconosciuta ai più, ma che pur risulta evidente e chiara come un faro che rischiara con luce forte e insopprimibile le notti buie dell’umanità e rimane torre di riferimento al risorgere del giorno. Così anche oggi si torna all’eredità del pensiero di Gramsci, e in particolare agli scritti elaborati nella cella di un carcere fascista, in solitudine e nell’incertezza del domani, tra i dubbi della mente e i tormenti di un corpo indebolito dalle privazioni e dalle persecuzioni. Si cercano in quegli scritti, che l’autore non ha potuto revisionare ed editare personalmente e dunque si presentano come provvisori, indicazioni per rivificare e indirizzare in modo proficuo il significato e i modi del rapporto tra il ruolo degli intellettuali e la funzione e l’organizzazione della cultura nella società a partire dalla modernità, rapporto ormai centrale per la storia materiale umana. Per Gramsci fin dagli anni giovanili1, l’essere umano è creazione storica e non natura, che gradualmente ha acquistato coscienza del proprio valore individuale e collettivo e ha pensato alla possibilità di vivere in modo diverso dagli schemi imposti da minoranze. Tale presa di coscienza graduale si è dapprima formata grazie alle riflessioni di pochi e successivamente si è diffusa a tutta una classe sociale, come per epidemia, e ha permesso di individuare ragioni e metodologie utili per passare da situazioni di asservimento a ribellione e infine a ricostruzione sociale. I cambiamenti reali avvengono quando si convincono coloro che cercano di risolvere i problemi quotidiani secondo il loro tornaconto economico e politico che la chiave di volta delle situazioni sociali è la solidarietà con chi si trova in 1 Cfr. A. Gramsci, Cronache torinesi. 1913-1917, a cura di S. Caprioglio, Torino: Einaudi, 1980, pp. 100-101. 123 ANGELA MICHELIS situazioni comuni di difficoltà, pur se con gradazioni o motivazioni differenti. Ciò può avvenire se vi è un cambiamento culturale, se la cultura non è intesa come un sapere enciclopedico da esibire in società, ma diventa conoscenza di se stessi, acquisizione di consapevolezza di sé, organizzazione e disciplina del proprio io interiore. In tal modo si può giungere a comprendere la propria collocazione e funzione storica, i propri doveri e i propri diritti. Coloro che possono dare un forte contributo alla cultura e dunque alla società, gli intellettuali, hanno il compito di criticare decostruttivamente le concezioni del mondo che non hanno più spinte progressive ma tendono alla conservazione di uno status quo escludente. Essi hanno il ruolo di anticipare teoricamente e indirizzare le azioni proprie e collettive verso un processo storico reale che conduca dialetticamente a una situazione di giustizia formale e sostanziale. Occorre per Gramsci, infatti, analizzare e criticare le ideologie dominanti per poter attuare consapevolmente un progetto politico costruttivo che per essere tale, tuttavia, non può non occuparsi di permeare la cultura del tempo e favorire aggregazione; ecco ciò che ancor oggi sarebbe necessario vedere in una filosofia che vuole farsi azione nella ricerca del bene comune, ovvero in politica. Questa volontà di connettere nell’approcciarsi ai problemi della storia reale metodo scientifico e azione costruttiva verso la risoluzione o comunque il miglioramento delle condizioni di vita per tutti, in particolare per gli ultimi, è il senso e il significato del tornare alle pagine di Gramsci, quale fonte di ispirazione. Tali pagine nella loro essenza rimangono sempre veritiere se si è accomunati dall’idea della necessità della solidarietà e del condividere per quell’animale politico che è l’essere umano, dell’unità al di là di tutto ciò che ci rende differenti. Gramsci stesso fu in primo luogo un politico teso fino al costo della vita stessa a tenere insieme fedelmente teoria e prassi. Potremmo dire con Kant che egli è uno di quei testimoni della fattualità della libertà in un mondo dove vige la legge necessaria della conflittualità per la sopravvivenza individuale, uno di quei testimoni di stupefacente elevatezza morale pur nella miseria dell’essere umani. Egli riesce, anche in condizioni di persecuzione e sofferenza, a mantenere viva la fiducia nella ragione del genere umano e nei Quaderni del carcere2 annota che il pensare è proprio dell’uomo e questa sua intrinseca caratteristica porta ogni individuo a essere filosofo e, per tale motivo, afferma che non si può definire un uomo non-intellettuale perché i “non-intellettuali non esistono”3. Non c’è attività umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale, non si può separare l’homo faber dall’homo sapiens. Ogni 2 Cfr. ID., Quaderni del carcere, Edizione critica dell’Istituto Gramsci, a cura di V. Gerratana, Torino: Einaudi, 19751- 20144, Vol. II, pp. 1342-1343. 3 Cfr. ID., Quaderni del carcere, Vol. III, pp. 1550-1551. 124 FILOSOFIA DELLA PRASSI IN ANTONIO GRAMSCI uomo infine, all’infuori della sua professione esplica una qualche attività intellettuale, è cioè un “filosofo”, un artista, un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo, ha una consapevole linea di condotta morale, quindi contribuisce a sostenere o a modificare una concezione del mondo, cioè a suscitare nuovi modi di pensare4. Certamente si possono riscontrare differenze di grado, non differenze qualitative ma quantitative. “Il filosofo professionale o tecnico non solo ‘pensa’ con maggior rigore logico, con maggiore coerenza, con maggiore spirito di sistema degli altri uomini, ma conosce tutta la storia del pensiero, cioè sa rendersi ragione dello sviluppo che il pensiero ha avuto fino a lui [...]”5. È uno specialista del pensare, come lo scienziato si specializza nel suo campo disciplinare, ma l’averli resi troppo simili ha portato a una figura caricaturale del filosofo, perché questi dovrebbe essere intrinsecamente vicino agli altri uomini, più di ciò che avviene per gli specialisti delle differenti scienze. Dunque i filosofi dovrebbero essere i primi a essere coscienti di esercitare una funzione, un ruolo nella storia, di poter influenzare, mutare, innovare le concezioni del mondo, le relative norme di condotta, l’attività pratica6. Tutti possono, tuttavia, essere permeati dalla filosofia, superando le passioni elementari e bestiali e rendendosi conto della razionalità e necessità insita nella storia; nella prospettiva gramsciana come in quella marxiana, inoltre, tale consapevolezza non deve portare a subire la storia ma a governare tali processi e renderli emancipatori. La cultura di un’epoca, infatti, è determinata da quei gruppi dirigenti che sanno guidare l’insieme delle elaborazioni teoriche degli intellettuali e delle istanze popolari: “storia e filosofia sono inscindibili in questo senso, formano ‘blocco’”7. Questo fenomeno è in realtà politico e pratico, frutto di lotta fra ciò che è ritenuto razionale e ciò che è ritenuto irrazionale in un dato momento storico necessariamente in fieri e, sostiene Gramsci, nella storia moderna i protagonisti di tale “blocco”, i soggetti della storia, sono divenute le masse. Così anche il termine “particolare” non può più indicare solamente l’interesse individuale perché “l’individuo” non è l’individuo biologico ma è il gruppo sociale dal punto di vista storico-politico. “Solo la lotta, col suo esito, e neanche col suo esito immediato, ma con quello che si manifesta in una permanente vittoria, dirà ciò che è razionale o irrazionale, ciò che è ‘degno’ di vincere perché continua, a suo modo, e supera il passato”8. 4 Ibidem. ID., Quaderni del carcere, Vol. II, pp. 1342-1343. 6 Cfr. Ibidem, pp. 1255-1259. 7 Ibidem, p. 1255. 8 Ibidem, p. 690. 125 5 ANGELA MICHELIS Anche l’elevato intellettuale “deve democratizzarsi, essere più attuale”9 uscire dalla torre d’avorio delle tradizioni consolidate e tenere in conto il ruolo attivo e la partecipazione diretta di masse sempre più ingenti agli eventi sociali. Il teorico, se vuole continuare a guidare i percorsi di evoluzione della cultura, non può esimersi dal “tuffarsi nella vita pratica “ e “diventare un organizzatore degli aspetti pratici della cultura”, avendo chiara consapevolezza del ruolo chiave che il momento culturale svolge nell’attività pratica collettiva. A tal proposito Gramsci scrive: [...] ogni atto storico non può non essere compiuto dall’“uomo collettivo”, cioè presuppone il raggiungimento di una unità “culturalesociale “per cui una molteplicità di voleri disgregati, con eterogeneità di fini, si saldano insieme per uno stesso fine, sulla base di una (uguale) e comune concezione del mondo (generale e particolare, transitoriamente operante – per via emozionale – o permanente, per cui la base intellettuale è così radicata, assimilata, vissuta, che può diventare passione). Poiché così avviene, appare l’importanza della questione linguistica generale, cioè del raggiungimento collettivo di uno stesso “clima” culturale10. Tali considerazioni illuminano e danno direzione di senso anche alla moderna dottrina e pratica pedagogica ed educativa nel suo complesso, dove l’atto educativo è divenuto rapporto attivo che si costruisce sulla base di modalità di reciprocità nelle relazioni tra maestro e allievo. Tale modalità, a ben vedere, non si limita alle esperienze che avvengono negli ambienti scolastici e universitari ma riguarda tutta la società, coinvolge ogni individuo nel rapporto con altri individui, i ceti intellettuali nel rapporto con i ceti non intellettuali, i governanti con i governati, le élites e i seguaci, i dirigenti e i diretti, le avanguardie e i gregari. Così, a livello nazionale, ma anche internazionale e mondiale, nelle varie civiltà, il rapporto di “egemonia” assume, secondo Gramsci, i tratti di un rapporto pedagogico. Il filosofo, come ogni essere umano che si confronti in modo attivo con l’ambiente culturale che lo circonda, si trova di fronte a un “maestro” in quanto nel porgli dei limiti esso lo costringe a una continua e vitale autocritica nel procedere della praxis, dell’“attività sensibile umana”. Certo gli esseri umani sono il prodotto dell’ambiente e dell’educazione, ma ogni ambiente si modifica nell’interazione e tutte le forme di umanità rientrano in questa dinamica di influenze incrociate. La stessa questione della verità è essenzialmente una questione pratica più che teorica, viceversa rimarrebbe una questione puramente di scuola poiché è 9 Ibidem, p. 689. Ibidem, p. 1331. 10 126 FILOSOFIA DELLA PRASSI IN ANTONIO GRAMSCI “nell’attività pratica che l’uomo deve dimostrare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere terreno del suo pensiero”11 ed è nella praxis che si verifica e si trasforma una verità significante per le comunità. La visione che la ricerca della verità teorica si realizzi nella storia e sia essenzialmente storia, la concezione della filosofia intesa come storia della filosofia e dunque storia, sono elementi che Gramsci ha in comune con Benedetto Croce, con cui ha instaurato interiormente un dialogo e un confronto intellettuale fin dalla sua formazione, ma da cui si distanzia quanto più si avvicina a Marx. Trova radicali differenze con le posizioni positiviste, tra cui quella di Roberto Ardigò12, che critica fortemente definendolo un “tiepido democratico che riduce i nuovi movimenti di massa a una sorta di ‘ventraiolismo’”. Così come sottolinea che ridurre la filosofia della praxis a sociologia porta a una sorta di cristallizzazione del materialismo riducendo la concezione del mondo a “un formulario meccanico che dà l’impressione di avere tutta la storia in tasca”13. Non nega, tuttavia, che costruire compilazioni empiriche di osservazioni pratiche apra a una comprensione più approfondita, anzi riconosce l’importanza metodologica che i fatti particolari vengano osservati, verificati e precisati nella loro individualità. A tal proposito, annota: “non si può escludere l’utilità pratica di identificare ‘certe leggi di tendenza’ più generali che corrispondono nella politica alle leggi statistiche o dei grandi numeri”14 e che sono alla base del progresso di molte scienze naturali. Anzi progressivamente si convincerà sempre più dell’aspetto ormai imprescindibilmente complementare che le scienze svolgono nella cultura moderna e contemporanea, come testimoniano anche gli scambi epistolari dal carcere. Il materialismo storico di Karl Marx diviene uno dei centri d’interesse che maggiormente lo coinvolge sia nell’approfondimento sia nel cercare un’evoluzione del concetto marxiano stesso, condividendone le asserzioni strutturali ma cercando di dialettizzarle ulteriormente per avvicinarle maggiormente al movimento vitale della storia. Nella produzione sociale gli esseri umani entrano a far parte di rapporti di produzione determinati, necessari che corrispondono a un grado di sviluppo delle forze materiali e l’insieme di questi rapporti costituisce la struttura economica della società che ne è la base reale sulla quale si fonda la sovrastruttura giuridica, politica, culturale e religiosa. L’essere sociale determina la coscienza degli uomini mentre la coscienza di un singolo può fare poca cosa per influire nel modo di essere sociale, se non portare una testimonianza che abbia il significato di un’avanguardia per la storia dei vinti. Nella dialettica storica a un certo grado 11 ID., Quaderni del carcere, Vol. III, p. 2355. Cfr. ID., Quaderni del carcere, Vol. I, pp. 427-430 e Vol. III, pp. 18501854. 13 ID., Quaderni del carcere, Vol. II, p. 1428. 14 Ibidem, p. 1429. 127 12 ANGELA MICHELIS di sviluppo le forze materiali di produzione emergenti entrano in contraddizione con i rapporti di produzione ovvero con i rapporti di proprietà nei quali erano stati inclusi più o meno organicamente. Così ciò che prima era funzionale allo sviluppo delle forze produttive si muta in ostacolo e questo si ripercuote sulla sovrastruttura che a sua volta ricerca un nuovo equilibrio con il mutamento economico, sovvertendosi. Tali mutamenti sono scientificamente osservabili a partire dalle contraddizioni della vita materiale, dalla tipologia del conflitto esistente fra le forze produttive e i rapporti di produzione, dalle sue cause e dalle sue tendenze di sviluppo. Una formazione sociale muta se non è più per nulla funzionale alle forze produttive emergenti che divengono maggioranza, poiché forte è la resistenza delle vecchie conformazioni sociali, la volontà di conservazione dello status quo da parte di chi ne gode i privilegi, delle élite di un periodo storico. Ogni cambiamento strutturale non è immediato, come non è immediato giungere al momento della rivoluzione: occorre prenderne coscienza collettivamente nel tempo. Secondo Marx le grandi rivoluzioni sociali, che portano a un mutamento di struttura economica tale da comportare ciò che può venir designato come un passaggio da un’epoca a un’altra nella storia dell’umanità, si realizzano là dove “le condizioni materiali della sua risoluzione esistono già o almeno sono nel processo del loro divenire”15. Gramsci vorrebbe procedere con Marx nella direzione del compimento della critica della dialettica hegeliana secondo il percorso tracciato dai suoi allievi di sinistra, ovvero di apertura e di emancipazione. Ciò comporta in questo interprete la ricerca di diversificare la posizione dello storicismo materialistico marxiano dalle concezioni fatalistiche della storia, siano esse di matrice provvidenzialista, positivista o naturalista. Per queste motivazioni si sofferma sul ruolo della volontà soggettiva dell’io da cui parte il confronto con l’altro e con il gruppo per farsi volontà collettiva nella coscienza di classe. Considerando tale tensione teoretica e pratica, potremmo dire esistenziale, si può intendere meglio il suo richiamarsi negli articoli di Ordine Nuovo e nelle lettere dal carcere al “pessimismo dell’intelligenza” e all’“ottimismo della volontà” per la realizzazione della filosofia della praxis, che è azione politica. Il “problema dei rapporti tra struttura e superstrutture”16 è da Gramsci interpretato secondo le linee indicate da Marx, perciò egli si sente allievo fedele al nucleo portante del pensiero del maestro e riflette che il concetto di “ortodossia” rispetto ai testi marxiani “deve essere rinnovato e riportato alle sue origini autentiche”17. L’ortodossia, infatti, deve essere cercata, secondo questo 15 ID., Quaderni del carcere, Vol. III, p. 2359, brano tradotto dalla prefazione di Marx, Per la critica dell’economia politica (1859). 16 Ibidem, p. 1578. 17 ID., Quaderni del carcere, Vol. II, p. 1434. 128 FILOSOFIA DELLA PRASSI IN ANTONIO GRAMSCI marxista, proprio nella “filosofia della praxis”, perché essa “contiene in sé tutti gli elementi fondamentali per costruire una totale ed integrale concezione del mondo, una totale filosofia e teoria delle scienze naturali, non solo, ma anche per vivificare una integrale organizzazione pratica della società, cioè per diventare una totale, integrale civiltà”18. Essa è veramente rivoluzionaria rispetto al vecchio mondo, è trasformazione di tale mondo, è identità di storia e filosofia19, una maniera “completamente nuova “ e “originale” di concepire la filosofia20. Così per quanto riguarda l’espressione “materialismo storico” Gramsci sostiene che si è dato maggior peso al primo elemento mentre occorrerebbe darlo al secondo elemento in quanto “Marx è essenzialmente uno ‘storicista’”21. La filosofia della prassi, situandosi al centro di tale concezione del mondo e della vita, sostiene, appunto, che “ogni ‘verità’ creduta eterna e assoluta ha avuto origini pratiche e ha rappresentato un valore ‘provvisorio’”22 e tale interpretazione, per coerenza, non può non essere applicabile a questa stessa filosofia. Certo Gramsci, da uomo politico qual è, riconosce che questo doppio tribunale della ragione potrebbe essere deleterio per “quei convincimenti che sono necessari per l’azione”. Se si rinuncia, tuttavia, alla profondità di tale analisi e alla relativa consapevolezza critica si ricade in quelle forme ideologiche che la stessa filosofia della prassi connota con “un giudizio di disvalore sia come ‘scienza delle idee’ sia come ‘sistema di idee’, in quanto nella loro pretesa di validità incondizionata peccano di astrattezza, si irrigidiscono e inevitabilmente tendono alla conservazione più che a guidare il cambiamento, quindi fungono in qualche modo da ‘superstruttura’”23. Il filosofo della praxis per essere efficacemente tale, nel suo ruolo di guida, non potrà non cercare un bilanciamento fra questi elementi di problematicità direttamente nell’azione politica, nella ricerca del bene comune, tenendo unite dialetticamente teoria e prassi nel vivo della storia. Facendo proprie la considerazione di Marx sul fatto che una teoria che penetri fra le masse si possa trasformare in forza materiale24, egli torna a pensare il rapporto fra struttura e superstruttura e proprio in virtù del processo dialettico reale che le coinvolge vi vede una reciprocità maggiormente biunivoca rispetto a altre letture marxiste a lui contemporanee, pur riconoscendo la struttura come l’elemento chiave per la formazione delle 18 Ibidem. Cfr. Ibidem, p. 1241. 20 Cfr. ID., Quaderni del carcere, Vol. I, p. 433. 21 Ibidem. 22 ID., Quaderni del carcere, Vol. II, p. 1489. 23 Cfr. Ibidem, p. 1491. 24 Cfr. Ibidem, p. 869. 129 19 ANGELA MICHELIS ideologie e delle modalità dei rapporti sociali25. Gramsci porta l’attenzione sulla potenza delle ideologie come mezzo di dominio di massa se unite a una persuasiva modalità comunicativa e certamente la situazione storica italiana del momento già attestava la veridicità delle sue riflessioni. Egli ritiene comunque importante ottenere consenso per realizzare la propria visione marxista del mondo e lo ritiene compito essenziale ma lungo e difficile. A tal fine, mette in guardia dall’errore di matrice illuministica di pensare che “un’‘idea chiara’ opportunamente diffusa” penetri nelle menti con le stesse caratteristiche di chiarezza, in quanto la “capacità dell’intellettuale di professione di combinare abilmente l’induzione e la deduzione, di generalizzare” e di adattare un criterio alle nuove condizioni non sempre è un dato del “senso comune”, che invece è più incline a prediligere l’illusione passionale ed esplosiva allo spirito critico. Occorre, dunque, lavoro educativoformativo condotto con pazienza e sistematicità nella ripetizione, individuando giusti canali di comunicazione attraverso l’analisi della società: “Trovare la reale identità sotto l’apparente differenziazione e contraddizione e trovare la sostanziale diversità sotto l’apparente identità, ecco la più essenziale qualità del critico delle idee e dello storico dello sviluppo sociale”26. Gramsci afferma che ci sia, tuttavia, una differenza fondamentale tra la filosofia della praxis e le altre forme di filosofia o politica in quanto: non è lo strumento di governo di gruppi dominanti per avere il consenso ed esercitare l’egemonia su classi subalterne; è l’espressione di queste classi subalterne che vogliono educare se stesse all’arte di governo e che hanno interesse a conoscere tutte le verità, anche le sgradevoli e ad evitare gli inganni (impossibili) della classe superiore e tanto più di se stesse. La critica delle ideologie, nella filosofia della praxis, investe il complesso delle superstrutture e afferma la loro caducità rapida in quanto tendono a nascondere la realtà, cioè la lotta e la contraddizione, anche quando sono “formalmente” dialettiche (come il crocismo) cioè spiegano una dialettica speculativa e concettuale e non vedono la dialettica nello stesso divenire storico27. La fase decostruttiva, attività di scardinamento dei vecchi e ormai infecondi rapporti economico-sociali, che attende il nuovo soggetto politico dell’età moderna e contemporanea, “l’uomo collettivo”, non risulta meno impegnativa della fase costruttiva ed entrambe richiedono “il raggiungimento di una unità 25 Cfr. Ibidem, pp. 1051-1052. ID., Quaderni del carcere, Vol. I, pp. 33-34. 27 ID., Quaderni del carcere, Vol. II, p. 1320. 130 26 FILOSOFIA DELLA PRASSI IN ANTONIO GRAMSCI ‘culturale-sociale’”, che rende evidente, a Gramsci, la centralità del “momento culturale” nell’attività pratica collettiva28. Sinteticamente eloquente è la descrizione dei tratti del politico-filosofo, che Gramsci individua nel quaderno tredici, intitolato Notarelle sulla politica del Machiavelli: egli ha il compito di stimolare e creare ma partendo dalla realtà effettuale e non dal “vuoto torbido” dei suoi desiderata. Applicare la volontà alla creazione di un nuovo equilibrio delle forze realmente esistenti ed operanti, fondandosi su quella determinata forza che si ritiene progressiva, e potenziandola per farla trionfare è sempre muoversi nel terreno della realtà effettuale ma per dominarla e superarla (o contribuire a ciò). Il “dover essere” è quindi concretezza, anzi è la sola interpretazione realistica e storicistica della realtà, è la sola storia in atto e filosofia in atto, sola politica29. Altrettanto significativa è l’idea sorta dalla lettura delle pagine di Machiavelli che “il moderno principe” non possa più essere un singolo, ma debba essere un organismo che fa delle sue specializzazioni un’unità nella condivisione di un progetto politico che veda nella solidarietà l’obiettivo e la metodologia dell’azione. Per Gramsci tale organismo è il partito e oggi, in piena crisi di tale composizione di forze politiche, le sue analisi non paiono, a un osservatore attento, superate nella loro essenza ma indicano ciò che in realtà è ancora da realizzare. Sono parole piene di significato, lascito di un filosofo della praxis “creatore” e “suscitatore” di nuove direzioni oltre lo stallo di uno sterile e vetusto status quo. __________ NOTE BIBLIOGRAFICHE Gramsci, A. Cronache torinesi. 1913-1917, a cura di S. Caprioglio, Torino: Einaudi, 1980. _____. Quaderni del carcere, Voll. I-II-III-IV, Edizione critica dell’Istituto Gramsci, a cura di V. Gerratana, Torino: Einaudi, 19751-20144. _____. Quaderni del carcere, 1929-1932, a cura di G. Cospito, G. Francioni, Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 2007. _____. Epistolario. 1906-1937, Vol. I, a cura di D. Bidussa, F. Giasi, G. Luzzatto Voghera, M. L. Righi, con la collaborazione di L. P. D’Alessandro, 28 29 Ibidem, pp. 1330-1331. ID., Quaderni del carcere, Vol. III, p. 1578. 131 ANGELA MICHELIS B. Garzarelli, E. Lattanzi, L. Manias, F. Ursini, Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 2009. _____. Epistolario. 1906-1937, Vol. II, a cura di D. Bidussa, F. Giasi. M. L. Righi, con la collaborazione di L. P. D’Alessandro, E. Lattanzi, F. Ursini, Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 2011. _____. Scritti (1910-1926), a cura di L. Rapone, con la collaborazione di M. L. Righi e il contributo di B. Garzarelli, Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 2015. LETTERATURA CRITICA Bobbio, N. Gramsci e il concetto di società civile, Milano: Feltrinelli, 1976. _____. 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