la storia - Gran Paradiso Vacanze

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L’epoca romana
La via consolare delle Gallie
Nella Valle d’Aosta preromana esisteva una rete viaria primitiva, costituita da sentieri che, fin dall’epoca preistorica,
permettevano i commerci e le relazioni culturali attraverso i valichi alpini. Ancora oggi sussiste, sulla collina di Aosta, una
via denominata Strada dei Salassi, che si snoda ad una quota più elevata di quella del successivo itinerario romano. La
via consolare delle Gallie, impresa di altissima qualità ingegneristica, che tenne in grande considerazione la
conformazione del territorio, fu la prima opera pubblica realizzata dai nuovi conquistatori,
indispensabile infrastruttura alla loro espansione politica e militare. La strada attraversava il territorio valdostano
giungendo da Eporedia (Ivrea), sino ad Augusta Prætoria (Aosta), per poi biforcarsi in direzione del colle dell’Alpis Graia
(Piccolo San Bernardo) e dell’Alpis Pœnina (Gran San Bernardo). Il percorso è oggi, in buona parte, conosciuto non solo
per i resti archeologici ancora visibili, ma grazie alle ricostruzioni che ne danno gli antichi itinerari, che segnalano anche i
luoghi deputati alla sosta di uomini e animali. Oltre al tratto fra Donnas e Bard,
è in località Pierre Taillée (Avise) che si conserva la parte più monumentale della strada, che, qui, si presenta con tagli
nella viva roccia e sorretta da costruzioni ciclopiche. Altri importanti resti archeologici sono quelli dei ponti di SaintVincent e Châtillon, i resti della strada a Montjovete tratti di strada e costruzioni ad Arvier, Mecosse, Leverogne e Runaz.
Il ponte-acquedotto romano di Pont d'Aël
Salendo da Aymavilles verso Cogne, trovate la frazione Pondel sulla destra, a valle della strada che state percorrendo.
Quello di Pondel è un ponte-acquedotto (c’è un passaggio coperto per le persone, sovrastato dal canale per l’acqua)
costruito in epoca romana. Un’iscrizione posta sulla parete verso valle ne attribuisce la costruzione, nell’anno 3 a.C.,
all’iniziativa privata di Caius Avillius Caimus.
Sugli scopi del manufatto c’è discordanza tra gli studiosi: chi lo collega ad una presunta attività mineraria nel territorio di
Cogne, chi ad esigenze di irrigazione dei pendii collinari tra Aymavilles e Villeneuve.
Con i suoi 2,30 metri di larghezza, 50 di lunghezza e 14,20 di luce dell’arco, è una delle maggiori opere di ingegneria
civile realizzate dai Romani nell’arco alpino.
È un‘imponente testimonianza della romanizzazione della Valle d‘Aosta. Incerta la sua datazione: per alcuni sarebbe
stato costruito verso il 120 a.C., per altri nel 25 a.C.
Ancorato alla viva roccia da entrambi i lati, è alto 25 metri e la sua unica arcata è larga 35 metri. Alla base sono visibili,
scavati nella viva roccia, gli alloggiamenti per le travi lignee che hanno costituito l‘impalcatura necessaria per la
costruzione dell‘arcata in pietra. A fine Ottocento furono collocate alcune chiavi in ferro per consolidare la struttura.
All‘inizio dell‘Ottocento fu costruito, poco più a valle, un altro ponte in legno, sostituito poi nel 1876 dall‘attuale
costruzione in muratura.
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La strada romana delle Gallie ed il suo arco
La via Consolare delle Gallie, costruita per collegare Roma alla Valle del Rodano, ha nel tratto di Donnas uno dei suoi
punti più caratteristici, intagliata com‘è nella viva roccia per una lunghezza di 221 metri. Le dimensioni dello scavo sono
rese evidenti dallo sperone roccioso che è stato lasciato, entro il quale è stato scavato un arco: 4 metri il suo spessore, 4
metri l‘altezza e quasi tre metri la distanza tra i due stipiti: nel Medioevo servì come porta del Borgo, che veniva chiusa
durante la notte. Sul lastricato della strada si possono ancora vedere i solchi lasciati dai carri, mentre poco oltre l‘arco di
trova la colonnina miliare sulla quale la cifra XXXVI rappresenta la distanza in “milia” tra Donnas e Aosta (circa 50 Km).
Augusta Praetoria
La fondazione di Augusta Prætoria Salassorum
Città fortificata, costruita in breve tempo su modello dell'accampamento militare romano, Augusta Prætoria Salassorum
nacque all'incrocio delle vie del Grande (Mons Jovis o Summus Pœninus) e Piccolo San Bernardo (Columna Jovis o
Alpis Graia) presso la confluenza dei fiumi Dora Baltea e Buthier. Un'imponente cinta muraria proteggeva un territorio di
414.128 m², mentre quattro porte davano accesso alla città costruita sul modello ortogonale cardo-decumanico. La via
centrale Decumanus Maximus (l'attuale Via Porta Prætoria, Via Jean-Baptiste de Tillier e Via Édouard Aubert), allora
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larga nove metri, era la prosecuzione naturale della Via consolare delle Gallie che
da Milano arrivava fino al Piccolo San Bernardo. L'accesso alla città era comunque assicurato da un ponte sul Buthier, di
cui oggi è visibile solo un'arcata poco distante dal letto del torrente, deviato a causa di un'inondazione. All'interno delle
mura sorgevano i quartieri residenziali, il teatro, le terme, il foro e l'anfiteatro, mentre a sud si stendevano i quartieri
popolari divisi secondo un modello classico a scacchiera.
Il popolamento della città in epoca romana
Ancora molto controverso è il problema sul popolamento della città prima e dopo la conquista romana. Un incerto
documento accenna a 3.000 pretoriani, e della convivenza con i Salassi sopravvissuti, in contrasto con un anfiteatro
progettato per una città di trenta/quarantamila abitanti. Un'iscrizione risalente al 23 a.C. sembrerebbe smentire le
affermazioni degli storici antichi tra cui Strabone, riguardo alle deportazioni in massa dei Salassi e alle loro vendita come
schiavi a Ivrea. Inoltre il linguaggio giuridico al tempo dei romani incolae indicava gli abitanti di una colonia in possesso
di diritti inferiori a quella dei cives. Tali indizi lasciano supporre che la popolazione salassa si sia integrata con i nuovi
conquistatori, così come lasciano supporre numerose iscrizioni funerarie nelle quali appaiono nomi salassi associati ad
altri romani, i cui figli nati da matrimoni misti portavano sempre nomi latini. In epoca romana ebbe una grande
importanza strategica e militare grazie al controllo esercitato sui due passi del Piccolo e del Gran san Bernardo. Augusta
Prætoria iniziò, fin dal I secolo, ad avere connotazioni inequivocabilmente urbane e monumentali, imponendosi come
uno dei più ricchi e popolosi centri abitati dell'Italia Settentrionale.
Arco di Augusto
Appena passato il ponte sul torrente Buthier, lungo la strada che portava alla monumentale Porta Praetoria, principale
via di accesso alla città romana, fu innalzato l‘arco onorario dedicato all‘imperatore Augusto.
Si trattava di un segno eloquente della presenza e della potenza di Roma che nel 25 a.C. aveva definitivamente sconfitto
il popolo dei Salassi e fondato la nuova colonia.
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Porta Praetoria
Il monumento si trova tra via Sant‘Anselmo e via Porta Praetoria.
Situata nella parte orientale delle mura, era l‘accesso principale alla città di Augusta Praetoria, edificata nel 25 a.C. dopo
la sconfitta dei Salassi ad opera di Terenzio Varrone. Era dotata di tre aperture, ancor oggi visibili: quella centrale per i
carri e quelle laterali per i pedoni.
La cinta muraria
La cinta muraria di Augusta Praetoria formava un rettangolo di 724 m per 572 ed era costituita da uno strato interno di
ciottoli fluviali e malta e uno esterno di blocchi di travertino.
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Teatro Romano
La sola facciata attualmente visibile è quella meridionale, alta ben 22 metri, caratterizzata da una serie di contrafforti e di
arcate ed alleggerita da tre ordini sovrapposti di finestre di varia forma e dimensione.
Ben individuabili sono pure le gradinate ad emiciclo che ospitavano gli spettatori (cavea), l‘orchestra (il cui raggio è di 10
metri), ed il muro di scena (ora ridotto alle sole fondamenta) che un tempo si innalzava col suo ricco prospetto ornato di
colonne, di marmi e di statue.
Si è calcolato che il Teatro potesse contenere tre o quattromila spettatori. Alcuni studiosi ritengono che il teatro fosse
dotato di copertura fissa.
Con la caduta dell’impero, fino sino al XVIII sec. si perse ogni memoria della funzione originaria dell‘edificio ed i suoi resti
non furono riconosciuti come tali che molto tardi: durante il Medioevo vi furono addossate numerose costruzioni,
demolite nel corso dei moderni lavori di recupero e restauro.
Criptoportico forense
Si è molto discusso sulla specifica destinazione di questo monumento che è datato all’epoca augustea; suo scopo
principale era di costituire una struttura di contenimento e di regolarizzazione del terreno che in quella zona della città
doveva essere in leggera pendenza da nord a sud e creava un dislivello tra l’area sacra e l’adiacente platea forense.
Oltre a questa sicura funzione strutturale, è stata nel tempo avanzata l’ipotesi che la parte seminterrata potesse servire
da magazzino e da granaio militare (horreum), ma in seguito agli ultimi studi ci si sente di escludere radicalmente tale
destinazione d’uso, sia per l’aspetto strutturale del monumento, sia per la sua particolare ubicazione, sia in seguito al
confronto con altri esemplari analoghi. Il colonnato marmoreo (porticus triplex) che lo sovrastava (ormai distrutto e del
quale non rimangono evidenze archeologiche in situ) fungeva invece da scenografica cornice ai due originari templi
gemelli della terrazza sacra. Ci troviamo qui nel settore nord del complesso forense di età romana, proprio di fronte
all’ingresso della Cattedrale, in corrispondenza di un’area sacra sopraelevata, a sua volta divisa da quella a destinazione
civile e commerciale (piazza Severino Caveri), grazie al passaggio di un decumano minore, all’incirca corrispondente
all’attuale via Mons. De Sales.
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Area Funeraria Fuori Porta Decumana
Si tratta di un’importante necropoli di epoca romana, individuata a circa 200 metri di distanza dalla Porta
Decumana;unrinvenimento analogo a quello dialtre necropoli site presso la Porta Praetoria e la Porta Principalis Sinistra,
tuttiaccessi ad Augusta Praetoria (Aosta). La necropoli è stata utilizzata a lungo, sia in epoca romana che
paleocristiana:era abbastanza usuale la compresenza di sepolture pagane e cristiane, così come molto simili erano i riti
legati al culto dei defunti.
Nell’area troviamo 3 mausolei, ad aula rettangolare (noti come cellae memoriae)ed una basilica paleocristiana, la cui
datazione va dalla fine del IV a tutto il V secolo.
Villa della Consolata
Situata in una zona connotata da tracce significative di popolamento anteriore alla fondazione di Augusta Praetoria (25
a.C.), prossima a un ramo subcollinare della viabilità antica verso l‘Alpis Poenina – Gran San Bernardo -, la villa
presenta una pianta di forma rettangolare, compatta, in cui predominano gli ambienti a carattere residenziale (pars
urbana), riservati al dominus e ai suoi ospiti, rispetto a quelli di servizio, di deposito e, eventualmente, di lavorazione di
prodotti agricoli (pars rustica e fructuaria); la presenza di questi ultimi, seppur limitata, indica una connessione con
attività esercitate in un fundus (podere, tenuta).
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http://www.romanoimpero.com/2010/11/augusta-praetoria-aosta-valle-daosta.html
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Il medioevo
Dopo il plurisecolare dominio dell'impero e la sua cristianizzazione la città, grazie alle Alpi ed alle mura, riuscì a subire
poche invasioni. Secondo una leggenda Augusta Prætoria sarebbe stata distrutta dai Saraceni e dai Barbari; in realtà la
città romana subì i danni maggiori dalla ricostruzione tardo medioevale che utilizzò blocchi di pietra delle costruzioni
romane per l'edificazione di torri e chiese.
La città divenne sede vescovile verso la fine del IV secolo, appartenendo prima alla vastissima diocesi di Vercelli, poi alla
chiesa metropolita di Milano fino al VIII secolo. All'inizio del VI secolo la città appartenne al regno dei Goti;
successivamente venne contesa tra i Franchi e i Longobardi che la cedettero nel 575 a Gontranno, re di Borgogna. I
Franchi di Pipino il Breve giunsero da qui per scacciare i Longobardi dall'Italia Settentrionale. L'impero di Carlo Magno
diede impulso alla Via Francigena che collegava Roma con Aquisgrana, infine, alla morte di Carlo il Grosso, l'ultimo
imperatore carolingio, nell'888, seguì dapprima le sorti del regno d'Italia, poi verso la metà del secolo X quelle del regno
di Borgogna fino al 1032. Come conseguenza si consolidarono i rapporti politici, economici e commerciali verso l'altro
versante delle Alpi. Le conseguenze furono evidenti sul piano culturale e linguistico: dal latino si svilupparono i dialetti
francoprovenzali analoghi a quelli parlati in Savoia, nel Delfinato e nella Svizzera Romanda e poi la lingua francese.
La nascita della Contea di Savoia con capitale Chambéry comportò alla città di seguirne le sorti fino all'unità d'Italia
I Castelli
Castello Savoia
Il castello Savoia sorge a Gressoney-Saint-Jean, circondato dal verde e dai colori di un giardino roccioso alpino. Fu
residenza estiva della regina Margherita di Savoia.
Forte di Bard
Il Forte di Bard, inespugnabile fortezza di sbarramento ottocentesca, è oggi un centro culturale europeo, con spazi
museali ed espositivi.
Castello di Issogne
Espressione della metamorfosi del gotico nel rinascimentale, il Castello di Issogne racchiude tesori d'arte sorprendenti.
Castello di Verrès
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Il castello di Verrès è uno dei più grandi manieri che un vassallo poté costruire in
uno stato sovrano. Elementi di grande eleganza, come lo scalone ad archi rampanti e le bifore in pietra lavorata, si
accostano all'apparato di difesa essenziale.
Castello di Ussel
Il castello di Ussel è un monoblocco difensivo imponente, che sembra emergere dalla roccia per dominare la valle della
Dora e il borgo di Châtillon.
Castello Gamba
Il castello Gamba espone la collezione regionale di arte moderna e contemporanea: oltre 1.500 opere, collocate in 13
sale del castello, documentano soprattutto la produzione figurativa italiana della seconda metà del XIX secolo.
Castello di Cly
Il castello di Cly è uno dei castelli più antichi della Valle d'Aosta. La cinta muraria, molto ampia e coronata da merli guelfi
a due spioventi, circonda costruzioni erette tra XI e XIV secolo.
Castello di Fénis
Torri e mura merlate, che evocano una dimensione avventurosa e fiabesca, fanno del castello di Fénis uno dei più
celebri castelli della Valle d'Aosta.
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Castello di Bosses
Il castello di Bosses, di epoca medievale, è una solida struttura monoblocco a tre piani, che ospita mostre ed eventi.
Castello di Sarre
Il castello di Sarre, residenza di caccia e di villeggiatura dei Savoia, racconta della presenza della famiglia reale in Valle
d'Aosta.
Castello Sarriod de la Tour
Rispetto al castello principale di Saint-Pierre, che è arroccato su uno sperone roccioso, il castello Sarriod de La Tour è
meno appariscente. Sorge in un'area pianeggiante tra i frutteti, a strapiombo sulla Dora Baltea.
Castello di Introd
Il castello di Introd, dall'originale forma poligonale, il parco del castello e gli edifici circostanti formano un insieme
architettonico di grande interesse.
Castello di Avise
L'edificio principale, con finestre geminate a chiglia rovesciata, è affiancato da una torre decorata da caditoie
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Tour de l'Archet
La torre, alta e a base quadrata, è inglobata in un edificio più basso e ampio, anch'esso a base quadrata. Datata intorno
alla fine del X secolo, la Tour de l'Archet è una delle torri più antiche della Valle d‘Aosta.
Collegiata e chiostro di Sant'Orso
Le indagini hanno interessato un‘area che in antichità faceva parte di una vasta necropoli extraurbana dove, agli inizi del
V secolo, sorse un complesso paleocristiano che comprendeva anche la chiesa cruciforme di S. Lorenzo. Al centro della
navata sud si è rinvenuto il basamento di un edificio funerario databile tra IV e V sec. d.C.; la chiesa primitiva, sorta a
nord di questo mausoleo, era costituita da una semplice aula absidata circondata da un porticato destinato a sepolture
privilegiate.
Nel IX secolo, la chiesa viene completamente ricostruita e ingrandita, spostando verso sud l‘asse generale dell‘edificio;
l‘estremità orientale è dotata di tre absidi, mentre la facciata è ricostruita a ovest di quella paleocristiana. Nel 989 si
aggiunge alla facciata un campanile i cui resti sono ancora visibili per un‘altezza di circa 15 m.
All‘inizio dell‘XI secolo, viene costruita la chiesa romanica che ingloba il campanile nella nuova facciata, malgrado la sua
posizione sia eccentrica rispetto all‘asse longitudinale della nuova chiesa. L‘edificio è a pianta basilicale, diviso in tre
navate concluse da absidi semicircolari.
L‘attuale torre campanaria, costruita nel XII secolo, apparteneva originariamente ad un sistema difensivo costituito da
una cinta muraria e da una seconda torre di grandi dimensioni, i cui resti sono stati scoperti addossati al muro
perimetrale nord della chiesa.
I resti archeologici non sono visibili perché situati immediatamente al di sotto del pavimento della chiesa.
Da segnalare il bellissimo coro ligneo quattrocentesco, l‘antica cripta e l‘importante ciclo di affreschi ottoniani (sec. XI)
visibile nel sottotetto della chiesa.
Lo scavo archeologico del coro della chiesa di S. Orso ha permesso di riportare alla luce un mosaico pavimentale di
forma quadrata, sconosciuto e non menzionato dalle fonti, realizzato con tessere bianche e nere con alcuni inserti di
tessere di colore marrone chiaro. Una serie di sei cerchi, inscritti nel quadrato, funge da cornice alle decorazioni centrali.
Nel medaglione centrale appare un‘elegante rappresentazione di Sansone che uccide il leone.
Il chiostro
Il chiostro è il gioiello del complesso monumentale di Sant‘Orso cui si accede da un androne aperto sulla destra della
facciata. Il primitivo impianto romanico risale quasi certamente al 1133 e fu opera di maestranze provenzali o lombarde;
quando la bolla di Papa Innocenzo II impose la regola di Sant‘Agostino ai canonici di Sant‘Orso il chiostro esisteva già,
come risulta da un‘iscrizione apposta sopra un capitello. I capitelli, scolpiti in marmo ma rivestiti già in tempi antichi di
vernice scura, completano colonne semplici e binate dalle forme diverse e raffigurano mirabilmente scene simboliche del
Nuovo e Vecchio Testamento, della vita di Sant‘Orso, personaggi e animali fantastici o contengono elementi decorativi
diversi. Sono considerati fra le più alte espressioni della scultura romanica religiosa.
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Cattedrale di Santa Maria Assunta
L‘odierna piazza Giovanni XXIII sorge sulla parte meridionale di quella che al tempo di Augusta Praetoria era l‘area
sacra del Foro romano, delimitata dal criptoportico.
La cruciale importanza che questa zona rivestiva per la vita della città, non venne meno nei secoli che videro il
progressivo declino e la fine di quello che fu il mondo romano: ad est del criptoportico infatti, sorse il primo edificio
dedicato al culto cristiano.
In questo complesso preesistente, sorse verso la fine del IV secolo la Cattedrale. Si trattava di un edificio di imponenti
dimensioni, ad un‘unica navata absidata, dotato di un battistero ad ovest e di vari locali annessi, uno dei quali destinato a
battistero secondario. La facciata si trovava a pochi metri dalle strutture del braccio orientale del criptoportico ed era
praticamente collegata a questo dalle strutture del battistero principale. Questo complesso, al quale vennero ad
aggiungersi alcuni vani meridionali destinati a residenza episcopale o ad abitazioni del clero, restò in uso per più secoli
ed il suo aspetto non venne significativamente modificato, salvo una fase costruttiva altomedievale, sino al grande
cantiere romanico che diede alla Cattedrale l‘aspetto che sostanzialmente conserva ancora oggi.
A questa fase dell‘XI secolo risale anche l‘importante ciclo di affreschi che sono stati riportati alla luce nel sottotetto della
chiesa: assieme a quelli di Sant‘Orso, fanno di Aosta uno dei principali centri di arte Ottoniana in Europa.
Nella seconda metà dell‘XI secolo venne completamente rifatto il corpo di fabbrica occidentale che risultò composto da
due torri e da un‘abside centrale aggettante; nel XIII secolo vennero abbattute due delle cinque absidi originarie e
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realizzato il deambulatorio, un corridoio anulare attorno al coro. Tra il XV ed i primi
anni del XVI secolo, poi, i vescovi di Aosta promossero un radicale restauro della chiesa e la arricchirono di numerose
opere d‘arte. L‘alto coro, dominato da un crocifisso ligneo del XIV secolo, presenta due ordini di stalli scolpiti verso il
1460; sul pavimento sono visibili due mosaici del XII e del XIV secolo, che rappresentano rispettivamente i mesi
dell‘anno e una serie di animali reali e fantastici assieme ai fiumi Tigri ed Eufrate.
L‘altare maggiore è barocco, in marmo nero con intarsi multicolori. Scendendo dal coro, due scale, una a destra e l‘altra
a sinistra, danno accesso alla cripta dell‘XI secolo; la sua pianta è articolata in tre navate separate da agili colonnine
medievali e da più robuste colonne romane di reimpiego. Sulla parete di fondo sono visibili le entrate originarie poste ad
ovest.
La facciata della Cattedrale si compone di due parti distinte: un atrio cinquecentesco ed una fronte neoclassica aggiunta
nel 1848. L‘atrio presenta un elegante prospetto architettonico in cotto, ornato da statue e da affreschi raffiguranti scene
della vita della Vergine cui la chiesa è dedicata, bell‘esempio di arte rinascimentale in Valle d‘Aosta.
Attiguo alla chiesa, sul lato settentrionale, si trova il chiostro. Si tratta di un edificio a pianta trapezoidale terminato nel
1460 che venne a sostituirne uno analogo che già esisteva nell‘XI secolo. I suoi elementi architettonici sono caratterizzati
dalla presenza di materiali diversi: il bardiglio grigio, usato per i pilastri, si alterna al gesso cristallino dei capitelli e al
calcare, utilizzato per i conci degli archi. I capitelli sono di due tipi: alcuni sono decorati con motivi vegetali e figure di
uomini e animali, altri recano scolpiti i nomi di coloro che contribuirono alla costruzione. Nello spiazzo centrale si erge
una colonna romana sormontata da un capitello corinzio, probabili testimonianze della vicina area forense. Verso il 1860
l‘ala meridionale del chiostro venne in gran parte demolita per lasciare spazio alla neogotica cappella del Rosario.
Il Museo del Tesoro presenta una panoramica significativa dell‘arte valdostana dei secoli XIII-XVIII, unendo ai pezzi del
ricco tesoro della Cattedrale alcune opere d‘arte provenienti da diverse parrocchie della Valle.
La Via Francigena
La via Francigenaera una delle strade più importanti per l'Italia del Medioevo, in quanto costituiva il collegamento trale
regioni transalpine e Roma. Moltitudini di pellegrini di diverse lingue, paesi, censo e cultura la attraversarono in modo
sempre più cospicuo a partire dall'XI sec., facendone un importante luogo di incontro e di scambio culturale.
Non bisogna immaginare la via Francigena come un'unica arteria che attraversava in diagonale l'Europa medievale da
nord a sud, ma come qualcosa di molto meno definito e assai più complesso. Le fonti documentarie rivelano come molte
in età medievale fossero le vie «francigene», e non si trattava di varianti di percorso di una stessa via ma di percorsi
diversi con pari dignità. I grandi poteri medievali non avevano infatti creato grandi vie come al tempo dei romani, né le
strade nel Medioevo erano elementi stabili del paesaggio.
Esistevano piuttosto «aree di strada» e«direzioni di flusso» senza itinerari preferenziali poiché tutti (mercanti e pellegrini)
avevano più scelte possibili e progettavano il loro percorso volta per volta, usando in ogni zona che attraversavano la via
francigena locale.
Quando si voleva indicare la meta, anziché la provenienza, la si definiva “via Romea”, con riferimento ai pellegrini diretti
a Roma, ma la si trova indicata nelle fonti anchein altri modi: via del re (via regia), viapubblica del conte (via publica
domini comitis), strada dei pellegrini (strata pellegrina o pellerina), o addirittura, quasi a sottolineare la pluralità di utenti,
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strata publica peregrinorum et mercatorum.
Per conoscere nel dettaglio l'itinerario valdostano della viaFrancigena si possono leggere gli appunti di viaggio
dell’arcivescovo
di CanterburySigerico che nell'ultimo decennio del X secolo, rientrando in patriada Roma (dove si era recato per ricevere
l'investitura papale), annota le tappe principali del suo viaggio (in Valle d'Aosta egli cita Publey, località nei pressi di
Montjovet,Augusta – Aosta -eSce Remei- Saint-Rhémy) oppure il diario di viaggio dell'abate islandese Nikulas di
Munkathverache che procede lungo lo stesso percorso verso il 1154 nel suo viaggio daThingor a Roma, fermandosi
presso il«Bjanardz spitali», cioè l’ospizio del GranSan Bernardo,aThroelaborg (Etroubles), adAugusta (Aosta) e, infine, a
Pont-Saint-Martin che, come antica dogana del regno italico aveva assunto la denominazione di Kamar, cioè «camera».
http://www.viefrancigene.org/it/
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