II – 2009 - Associazione Gian Franco Campobasso

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ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
Recenti pronunzie della Corte di Cassazione in materia di
Diritto Commerciale e Bancario
Rassegna (II – 2009)
SOMMARIO
Diritto societario
Titoli di credito
Contratti bancari e finanziari
Diritto fallimentare
pag. 1
pag. 28
pag. 32
pag. 36
I. DIRITTO SOCIETARIO
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 17 gennaio 2007, n. 1034 (Pres. DE
MUSIS – Est. SCIRÒ), in Società, 2008, 199, con nota di L.M. CAPUANO.
Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Assemblea
– Convocazione al di fuori del Comune della sede sociale –
Delibera – Annullabilità - Sussistenza.
(codice civile previgente, artt. 2363, 2377).
Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Assemblea
– Convocazione fatta dal solo presidente del collegio sindacale –
Delibera – Annullabilità - Sussistenza.
(codice civile previgente, artt. 2377, 2406).
È annullabile la deliberazione di un'assemblea di S.r.l. che, in difetto
di previsione in tal senso dell'atto costitutivo, sia stata convocata in un
comune diverso da quello in cui è ubicata la sede sociale.
E' annullabile la deliberazione di un'assemblea di S.r.l. che,
nell'inerzia dell'organo amministrativo, sia stata convocata per iniziativa
del solo presidente del collegio sindacale in mancanza di una delibera
assunta da detto collegio.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 17 gennaio 2007, n. 1045 (Pres. DE
MUSIS – Est. RORDORF), in Riv. dir. soc., 2009, 80, con nota di R.
CRISCUOLO (*).
Società di capitali - Amministratori - Responsabilità: in genere Azione del socio e del terzo danneggiato - Danni arrecati ai soci
dall'amministratore
Responsabilità
personale
dell'amministratore - Sussistenza - Principio estensibile alle
società di persone.
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(codice civile, artt. 2281, 2393, 2395).
Società di capitali - Amministratori - Responsabilità: in genere Comportamenti illeciti degli amministratori - Onere della prova
dell'attore - Contenuto.
(codice civile, artt. 2392, 2697).
Costituendo la società di persone un centro di imputazione di
situazioni giuridiche distinte da quelle dei soci, ancorché dette società non
siano dotate di autonoma personalità giuridica, è configurabile con
riguardo ad esse una responsabilità degli amministratori nei confronti dei
singoli soci, oltre che verso la società, in termini sostanzialmente analoghi
a quanto prevedono, in materia di società per azioni, gli art. 2393 e 2395
c.c..
In tema di azione di responsabilità verso gli amministratori sociali,
sull'attore incombe la prova dell'illiceità dei comportamenti degli
amministratori medesimi. Allorquando tali comportamenti non siano in sé
vietati dalla legge o dallo statuto e l'obbligo di astenersi dal porli in essere
discenda dal dovere di lealtà, coincidente col precetto di non agire in
conflitto di interessi con la società amministrata, o dal dovere di diligenza,
consistente nell'adottare tutte le misure necessarie alla cura degli interessi
sociali a lui affidati, l'illecito è integrato dal compimento dell'atto in
violazione di uno dei menzionati doveri. In tal caso l'onere della prova
dell'attore non si esaurisce nella prova dell'atto compiuto
dall'amministratore ma investe anche quegli elementi di contesto dai quali è
possibile dedurre che lo stesso implica violazione del dovere di lealtà o di
diligenza.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 23 gennaio 2007, n. 1476 (Pres.
LOSAVIO – Est. RORDORF), in Riv. dir. soc., 2009, 96, con nota di L. OTTIERI
(*).
Associazioni e fondazioni - Norme sulle società - Applicazione
analogica - Ammissibilità - Unificazione di associazioni non
riconosciute - Norme sulla fusione - Applicabilità - Ricorso per
cassazione proposto da una delle associazioni unificate Ammissibilità - Fondamento.
(codice civile, artt. 14, 2501, 2504 bis; c.p.c., artt. 110, 299, 300).
L'associazione non riconosciuta, ancorché sfornita di personalità giuridica,
è considerata dall'ordinamento come centro di imputazione di situazioni
giuridiche distinto dagli associati, cui sono analogicamente applicabili, in
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
La Rassegna è aggiornata al 17 luglio 2009.
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mancanza di diversa previsione di legge o degli accordi associativi, le
norme stabilite in materia di associazioni riconosciute o di società.
Pertanto, in caso di unificazione di due associazioni non riconosciute può
farsi riferimento alle norme sulla fusione, con la conseguenza che la
sopravvenuta unificazione non incide sull'ammissibilità del ricorso per
cassazione proposto a nome di una delle associazioni unificate in quanto
parte del giudizio di merito; infatti, a seguito della nuova formulazione
dell'art. 2504 bis c.c., in base al cui comma 1 la società che risulta dalla
fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società
partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche
processuali, anteriori alla fusione, la fusione configura una vicenda
meramente evolutivo-modificativa del medesimo soggetto giuridico, senza
la produzione di alcun effetto successorio ed estintivo.
CORTE DI CASSAZIONE, 2 aprile 2007, n. 8221 (Pres. PROTO – Est.
SALVATO), in Giur. comm., 2008, II, 963, con nota di N. DE LUCA.
Società – Riduzione obbligatoria del capitale per perdite –
Situazione patrimoniale aggiornata – Necessità – Nullità della
delibera assembleare.
(codice civile, artt. 2377, 2379, 2446, 2447).
In tema di società, le regole dettate dagli art. 2446 e 2447 c.c.,
prevedenti, ai fini della riduzione del capitale sociale, le modalità con cui le
disponibilità della società possono essere intaccate e la necessità del previo
deposito della situazione patrimoniale aggiornata, sono strumentali alla
tutela, non solo dell'interesse dei soci, ma anche dei terzi; è pertanto nulla
la delibera di azzeramento e di reintegrazione del capitale sociale che sia
stata adottata in base ad una situazione patrimoniale della società non
aggiornata, e assunta sulla base di una determinazione delle perdite al
lordo delle riserve. (Enunciando il principio di cui in massima, in un caso
nel quale la delibera era stata adottata in base all'ultimo bilancio, redatto
un anno prima, senza che risultasse se fosse stata o meno depositata la
relazione sulla situazione patrimoniale, la Corte, cassando con rinvio la
sentenza impugnata, ha precisato che il grado di aggiornamento della
situazione va valutato in relazione a ciascun caso concreto, e che detta
situazione patrimoniale può, eventualmente, essere anche surrogata
dall'ultimo bilancio di esercizio, purché questo sia riferibile ad una data
recente rispetto a quella di convocazione dell'assemblea, sempre che
"medio tempore" non siano sopravvenuti fatti significativi).
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
La Rassegna è aggiornata al 17 luglio 2009.
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CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 2 aprile 2007, n. 8222 (Pres. PROTO
– Est. SALVATO), in Società, 2008, 462, con nota di M. CUPIDO-L. SCIPIONI,
ed in Giur. comm., 2008, II, 1212, con nota di M. SPIOTTA.
Società di capitali – Società a responsabilità limitata - Assemblea
- Deliberazioni - Invalidità – Nullità, annullabilità ed inesistenza
- Esclusione.
(codice civile, artt. 2364, 2365, 2375, 2446).
Società di capitali – Società a responsabilità limitata –
Deliberazioni assembleari – Riduzione e ripristino del capitale –
Impugnazione – Nullità.
(codice civile, art. 2446).
In tema di azzeramento del capitale sociale e di ricostituzione del
medesimo, la mancata redazione del verbale della delibera da parte di un
notaio, come prescritto dall'art. 2375, comma 2, c.c. per le delibere
riservate alla competenza dell'assemblea straordinaria, non comporta
inesistenza dell'atto, né impossibilità od illiceità dell'oggetto della delibera
(che sono le sole ipotesi nelle quali la stessa è inficiata da nullità), ma dà
luogo ad un vizio del procedimento integrante un'ipotesi di annullabilità
della deliberazione. (Fattispecie anteriore all'operatività della riforma delle
società di capitali, di cui al d.lg. n. 6 del 2003).
È nulla la deliberazione con cui l'assemblea di una società a responsabilità
limitata, sul presupposto che il capitale sociale sia stato perduto in misura
superiore al terzo, proceda alla riduzione ed alla ricostituzione di detto
capitale senza il preventivo deposito di una situazione patrimoniale
aggiornata
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 24 aprile 2007, n. 9901 (Pres.
LOSAVIO – Est. PANZANI), in Società, 2008, 184, con nota di F. VALENZA, ed
in Giur. comm., 2008, II, 997, con nota di O. CAGNASSO.
Mala gestio per conflitto di interessi – Azione sociale di
responsabilità – Transazione – Condizioni di validità.
(codice civile, artt. 1394, 2391, 2393, 2475 ter; d.lgs. 24 febbraio
1998, n. 58, art. 150).
Transazione con un coobbligato solidale – Clausola preclusiva
della facoltà di profittare degli altri condebitori estranei –
Validità.
(codice civile, art. 1304).
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
La Rassegna è aggiornata al 17 luglio 2009.
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Azione sociale di responsabilità – Transazione con coobbligati
non amministratori – Mancanza della previa autorizzazione
assembleare
–
Improduttività
di
effetti
rispetto
all’amministratore coobbligato.
(codice civile, artt. 1304, 2393).
La rinuncia o la transazione relative all'esercizio dell'azione sociale
di responsabilità contro gli amministratori di società per azioni senza la
preventiva deliberazione assembleare sono affette da nullità assoluta e
insanabile, deducibile da chiunque vi abbia interesse e rilevabile d'ufficio.
È legittimo nella transazione tra il creditore e uno o più coobbligati
l'inserimento di una clausola che escluda la possibilità per gli altri
condebitori estranei, che non abbiano partecipato alla transazione, di
profittare della stessa. Infatti, per il principio dell'autonomia negoziale, è
consentito alle parti di stabilire liberamente il contenuto del negozio, anche
eventualmente alterandone gli effetti tipici.
In tema di società, l'amministratore convenuto in giudizio,
unitamente ad altri soggetti, con l'azione sociale di responsabilità, non può
giovarsi, ai sensi dell'art. 1304 c.c., della transazione intervenuta tra la
società ed i coobbligati solidali, qualora la transazione non sia stata
autorizzata dall'assemblea con deliberazione adottata senza il voto
contrario della minoranza qualificata prevista dall'art. 2393 c.c.: tale
delibera costituisce infatti una forma tipica ed inderogabile di espressione
della volontà sociale, il cui difetto è causa di nullità assoluta ed insanabile
della transazione stipulata con l'amministratore, trattandosi di un requisito
prescritto a garanzia dei soci di minoranza, la cui tutela risulterebbe
pertanto svuotata di ogni contenuto qualora, essendo convenuti anche
soggetti che non rivestono la predetta qualità, l'atto in questione potesse
perfezionarsi senza l'espressa autorizzazione richiesta da tale disposizione.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 24 aprile 2007, n. 9909 (Pres. PROTO
– Est. RORDORF), in Giur. comm., 2008, II, 1231, con nota di C. BOLOGNESI
.
Società - Società cooperativa - Esclusione di un socio - Delibera
assembleare - Proclamazione del risultato - Errato conteggio dei
voti - Seconda votazione - Indizione immediata da parte del
presidente - Illegittimità.
(codice civile, artt. 2371, 2375, 2377, 2533).
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
La Rassegna è aggiornata al 17 luglio 2009.
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In tema di società, la proclamazione del risultato segna il momento
conclusivo del procedimento di votazione in ordine ad ogni singola
proposta sulla quale l'assemblea dei soci è stata chiamata ad esprimersi,
onde non è consentito, nella medesima riunione, procedere ad una seconda
votazione sulla stessa proposta, salvo che in presenza di specifici ed
accertati vizi della precedente votazione, i quali ne legittimano la
rinnovazione, purché nel verbale ne sia dato puntualmente atto. (Nella
specie, la sentenza impugnata aveva ritenuto legittimo l'operato del
presidente dell'assemblea, il quale, dopo aver proclamato il risultato di una
prima votazione, in cui la proposta non era stata approvata perché non
aveva raccolto la maggioranza dei voti espressi, aveva indetto una seconda
votazione, in virtù del rilievo che la prima, svoltasi per alzata di mano, non
aveva consentito di verificare il numero di deleghe di cui era portatore
ciascuno dei votanti: in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha
cassato la predetta sentenza, osservando che il mero dubbio sulla legittimità
del procedimento di votazione avrebbe potuto giustificare un nuovo
conteggio dei voti, e non anche l'immediata indizione di una nuova
votazione, la quale postulava l'instaurazione di un nuovo e diverso
procedimento assembleare).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 2 maggio 2007, n. 10121 (Pres.
LOSAVIO – Est. PANZANI), in Società, 2008, 855, con nota di F. PLATANIA.
Società di capitali - Società a responsabilità limitata Conferimenti - Quota - Trasferimento - Acquisto o pegno delle
proprie quote - Diritto di prelazione - Intestazione fiduciaria Retrocessione - Prelazione - Diritto - Esclusione - Fondamento.
(codice civile, art. 2355 bis).
La clausola di prelazione prevista dallo statuto di una società a
responsabilità limitata è dettata nell'interesse dei soci che intendono
garantirsi contro il rischio di mutamento della compagine sociale; peraltro,
in caso di retrocessione di quote oggetto di intestazione fiduciaria non vi è,
dal punto di vista sostanziale, mutamento nelle persone dei soci, operando il
fiduciante nell'interesse e secondo le istruzioni del mandante; pertanto, il
fiduciante, che sia titolare di proprie quote, non può invocare il diritto di
prelazione, in quanto il trasferimento delle quote al mandante fa parte del
pactum fiduciae.
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 11 maggio 2007, n. 10879 (Pres.
PROTO – Est. PANZANI), in Società, 2008, 579, con nota di G. ZAGRA, ed in
in Giur. comm., 2008, II, 1194, con nota di A. CAPRIOLI .
Revocatoria ordinaria (azione) - Diritto di opzione relativo
all'aumento di capitale di una società - Rinuncia Assoggettabilità a revocatoria - Limiti.
(codice civile, artt. 2441, 2469, 2481 bis, 2901).
La rinuncia o il mancato esercizio del diritto di opzione relativo all'aumento
di capitale di una società non è suscettibile di revoca, ai sensi dell'art. 2901
c.c., al fine di consentire al creditore di sostituirsi al debitore nell'esercizio
dell'opzione stessa, perché effetto della revoca è la declaratoria di
inefficacia dell'atto revocato e il conseguente assoggettamento del bene
oggetto della rinuncia all'azione esecutiva. La revoca è tuttavia consentita
quando l'opzione costituisce un bene in sé, dotato di autonomo valore di
mercato, e in questo caso l'azione esecutiva dovrà svolgersi nel rispetto
della disciplina dettata dall'art. 2480 c.c. (ora art. 2471, a seguito della
riforma del diritto societario introdotta dal d.lgs. n. 6 del 2003). Di
conseguenza, nell'ambito della disciplina della società a responsabilità
limitatala la revoca è subordinata alla dimostrazione che il diritto di
opzione sia suscettibile di alienazione secondo la legge di circolazione delle
quote stabilita dallo statuto sociale.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 giugno 2007, n. 13767, in
Società, 2008, 1100, con nota di M. FUMAGALLI.
Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Denuncia
di gravi irregolarità - Provvedimenti assunti ai sensi dell’art.
2409 c.c. - Ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost.
– Inammissibilità.
(codice civile, artt. 2477, 2409; costituzione, art. 111).
I provvedimenti resi sulla denuncia di irregolarità nella gestione di
una società ex art. 2409 c.c., in quanto privi di decisorietà anche quando
incidano su posizioni soggettive o definiscano questioni inerenti la
regolarità del relativo procedimento, non sono suscettibili di ricorso
straordinario per Cassazione (massima non ufficiale).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 21 giugno 2007, in Società, 2008,
1233, con nota di E. DISETTI.
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
La Rassegna è aggiornata al 17 luglio 2009.
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Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Delibera di
aumento del capitale sociale - Disconoscimento del diritto di voto
al socio iscritto nel libro soci - Esclusione - Diritto di opzione Esercizio - Obbligo di previa iscrizione nel registro delle imprese
- Esclusione - Quote non optate - Obbligo di indicare il
sovrapprezzo – Esclusione.
(codice civile prev., artt. 2436, 2411, 2441, 2495).
L’iscrizione nel libro soci costituisce, nella società a responsabilità
limitata, il presupposto indispensabile per l’esercizio dei diritti sociali, i
diritti di intervento in assemblea e di voto, e per l’adempimento degli
obblighi derivanti dalla partecipazione alla società (massima non ufficiale).
In sede di aumento del capitale sociale in una società a
responsabilità limitata i modi e i termini dell’esercizio del diritto di opzione
sono determinati liberamente dall’assemblea dei soci ed in ogni caso non
sono soggetti al previo deposito dell’offerta dell’opzione presso il
competente ufficio del registro delle imprese (massima non ufficiale).
In sede di aumento di capitale sociale di una società a responsabilità
limitata, non si rinviene nella legge alcun obbligo di prevedere la
corresponsione di un sovrapprezzo in caso di esercizio del diritto di
prelazione sulle quote non optate (massima non ufficiale).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 6 luglio 2007, n. 15304 (Pres.
CARNEVALE – Est. SALVATO), in Società, 2008, 848, con nota di M.M.
GAETA.
Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Bilancio
(pubblicazione, redazione, ripartizione degli utili) - Utili societari
- Prova - Bilancio fiscale - Utilizzabilità - Diversità dal bilancio
civilistico - Mancata specificazione delle divergenze - Irrilevanza.
(codice civile, artt. 2261, 2262, 2320, 2423).
Al fine di accertare la produzione di utili di una società commerciale
possono essere utilizzate le risultanze del solo bilancio redatto a fini fiscali
e non può esserne genericamente eccepita l'inutilizzabilità senza svolgere
specifiche e pertinenti deduzioni in ordine ai concreti effetti che le
divergenze tra normativa fiscale e civilistica possano produrre. (La
fattispecie aveva ad oggetto l'azione di responsabilità di un amministratore
di s.r.l. per cattiva gestione riguardante tra l'altro la mancata percezione di
utili provenienti da società partecipate, documentati mediante i bilanci
redatti a fini fiscali soprattutto a causa della condotta omissiva ed
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
La Rassegna è aggiornata al 17 luglio 2009.
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inadempiente dell'amministratore stesso in ordine agli obblighi di corretta
redazione e deposito dei bilanci societari).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 luglio 2007, n. 15613 (Pres.
LOSAVIO – Est. SALVATO), in Società, 2008, 724, con nota di R. BERNABAI.
Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Assemblea
(convocazione, deliberazione, diritto di voto) - Deliberazioni Socio in conflitto di interessi - Calcolo della quota nel "quorum"
costitutivo - Inclusione - Calcolo della quota nel "quorum"
deliberativo - Esclusione.
(codice civile previgente, artt. 2373, 2377, 2486).
In tema di computo del quorum deliberativo dell'assemblea di una
società a responsabilità limitata nel caso in cui uno dei soci versi in
conflitto d'interessi, per la disciplina di cui all'art. 2373, comma 1, c.c. (per
il richiamo all'art. 2486, comma 2, c.c.) nel regime anteriore alla riforma
societaria di cui al d.lgs. n. 6 del 2003, la nozione di capitale sociale di
riferimento rimanda alla sola parte di esso coincidente con quella dei soci
aventi diritto di votare, con esclusione della quota facente capo al socio che
versi in conflitto d'interessi, rilevante invece ai soli fini del quorum
costitutivo, ai sensi dell'art. 2373, comma 4, c.c.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 luglio 2007, n. 15614 (Pres.
LOSAVIO - Est. GIUSTI), in Società, 2009, 46, con nota di G. MUSCOLO.
Società di capitali - Modificazioni - Riduzioni del capitale - Per
perdite - Riduzione al di sotto del limite legale - Delibera
assembleare di ricostituzione del capitale sociale - Contestuale
immediata sottoscrizione del capitale ricostituito senza fissazione
di un termine di opzione - Necessità - Esclusione - Previsione del
termine di trenta giorni ex art. 2441 c.c. previgente per esercizio
su diritto di opzione dei soci aventi diritto - Validità della
delibera.
(codice civile, artt. 2441, 2446, 2447; codice di procedura civile, art.
360).
È valida la delibera, che a seguito di riduzione integrale del capitale
sociale per perdite, decida l'azzeramento ed il contemporaneo aumento,
anche ad una cifra superiore al minimo, del capitale sociale, mediante la
sottoscrizione immediata e per intero del socio presente, purché sia
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
La Rassegna è aggiornata al 17 luglio 2009.
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consentito, ai soci assenti o impossibilitati alla sottoscrizione immediata,
l'esercizio del diritto di opzione nel termine di trenta giorni stabilito nell'art.
2441, comma 2, c.c. previgente per l'acquisto delle partecipazioni
sottoscritte in misura eccedente la quota di spettanza dell'originario
sottoscrittore, dal momento che l'esercizio postumo del diritto di opzione
opera come condizione risolutiva e rimuove "pro quota" e retroattivamente
gli effetti dell'originaria sottoscrizione.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 13 luglio 2007, n. 15672 (Pres.
LOSAVIO – Est. RORDORF), in Società, 2008, 47, con nota di M.M. GAETA,
ed in Riv. dir. comm., 2008, II, 67, con nota di F. IENCA.
Società di capitali – Società a responsabilità limitata –
Assemblea- Avviso di convocazione al socio.
(codice civile previgente, art. 2484, codice civile, art. 2479, comma
3).
Ai fini della validità ed efficacia dell'avviso di convocazione
dell'assemblea di una società a responsabilità limitata, l'art. 2484 c.c.
previgente richiedeva due condizioni, rimaste invariate, una temporale,
costituita dalla spedizione almeno otto giorni prima della data stabilita per
l'assemblea, ed una spaziale relativa all'invio presso il domicilio indicato
nel libro soci. La duplicità dei requisiti è destinata a contemperare
l'esigenza di informare il socio in uno spazio temporale adeguato con
l'esigenza, di pari rilievo, di una convocazione rapida. Risulta pertanto
irrilevante che l'avviso non sia pervenuto al socio, se siano state rispettate
entrambe le condizioni, dovendosi imputare esclusivamente alla sua
negligenza la mancata comunicazione della modifica del domicilio.
CORTE DI CASSAZIONE, 17 luglio 2007, n. 14963, in Società, 2008,
1368, con nota di N. SPAGNOLO.
Società di capitali - Società per azioni - Atto istitutivo - Modifica
della clausola sull’oggetto sociale - Cambiamento significativo
dell’attività societaria - Diritto di recesso - Titolarità del suo
esercizio.
(codice civile, artt. 2437, 2437 bis, 1362, 1363).
L’assunzione in una società per azioni di un’attività
economicamente collegata a quella prevista nell’atto costitutivo non integra
il «cambiamento significativo» dell’oggetto sociale richiesto dall’art. 2437,
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
La Rassegna è aggiornata al 17 luglio 2009.
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comma 1, lett. a), c.c. quale presupposto all’esercizio del diritto di recesso
da parte del socio dissenziente, intervenente o meno alla delibera
modificativa della clausola societaria (massima non ufficiale).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 17 luglio 2007, n. 15942 (Pres.
LOSAVIO – Est. GIUSTI), in Società, 2008, 306, con nota di M.P. FERRARI.
Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Delibera
assembleare – Invalidità – Vizi di convocazione – Eccesso di
potere – Condizioni.
(codice civile, artt. 2373, 2377, 2378, 2379, 2479 ter).
A fronte dell'attribuzione all'amministratore di compensi
sproporzionati o in misura eccedente i limiti della discrezionalità
imprenditoriale, è possibile impugnare la delibera dell'assemblea della
società di capitali per abuso o eccesso di potere, sotto il profilo della
violazione del dovere di buona fede in senso oggettivo o di correttezza,
giacché una tale deliberazione si dimostra intesa al perseguimento della
prevalenza di interessi personali estranei al rapporto sociale, con ciò
danneggiando gli altri partecipi al rapporto stesso. In tal caso al giudice è
affidata una valutazione che è diretta non ad accertare, in sostituzione delle
scelte istituzionalmente spettanti all'assemblea dei soci, la convenienza o
l'opportunità della delibera per l'interesse della società, bensì ad
identificare, nell'ambito di un giudizio di carattere relazionale, teso a
verificare la pertinenza, la proporzionalità e la congruenza della scelta, un
vizio di illegittimità desumibile dalla irragionevolezza della misura del
compenso stabilita in favore dell'amministratore, occorrendo a tal fine
avere riguardo, in primo luogo, alla natura e alla ampiezza dei compiti
dell'amministratore ed al compenso corrente nel mercato per analoghe
prestazioni, in relazione a società di analoghe dimensioni, e, ma in funzione
complementare, alla situazione patrimoniale e all'andamento economico
della società.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 18 luglio 2007, n. 15957 (Pres. DE
MUSIS – Est. SCHIRÒ), in Società, 2008, 980, con nota di D. CARMINATI.
Società di capitali – Società per azioni - Azioni – Diritti sociali –
Recesso – Legittimazione.
(codice civile prev., art. 2437).
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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A norma dell’art. 2437, comma 1, c.c., presupposto del diritto di
recesso del socio è il dissenso di questo rispetto alla delibera che riguardi
le «cd. basi essenziali della società», con la conseguenza che è il momento
dell’assemblea quello in cui nasce il diritto di recesso, in quanto non sia
stato espresso in tale sede un voto conforme alla delibera della
maggioranza e in tale senso il diritto di recesso può ritenersi collegato al
diritto di voto (massima non ufficiale).
Nel caso di vendita a termine di titoli azionari, il diritto di recesso
contemplato dall’art. 2437 c.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte
dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, applicabile alla specie «ratione
temporis») - a differenza del diritto di opzione e degli altri diritti presi in
considerazione dagli artt. 1531 ss. c.c. - non passa immediatamente in capo
al compratore, ma resta di spettanza del venditore sino al momento in cui,
con il maturare del termine, questi non abbia perso la titolarità delle azioni.
Dai citati artt. 1531 ss. c.c. destinati a risolvere specifiche situazioni di
contrapposizione d’interesse tra controparte e venditore in ipotesi di
vendita a termine di titoli di credito - non può infatti dedursi l’esistenza di
una regola generale, in forza della quale in caso di vendita a termine di
titoli azionari, tutti i diritti sociali si trasmettono al compratore, con la sola
eccezione del diritto di voto menzionato dal secondo comma dell’art. 1531.
Né, d’altra parte, è ipotizzabile l’applicazione analogica al diritto di
recesso della disciplina prevista per il diritto di opzione - che in pendenza
del termine compete al compratore, ai sensi dell’art. 1532 c.c. - trattandosi
di istituti di fondamento logico ben diverso: giacché l’uno - il diritto di
opzione - è destinato ad assicurare a ciascun socio la possibilità di
mantenere la preesistente percentuale di partecipazione in caso di aumento
del capitale, e dunque esprime una esigenza di stabilità nel rapporto
reciproco tra soci; mentre l’altro - il diritto di recesso - è finalizzato a porre
termine alla partecipazione sociale, consentendo al socio che dissente da
determinate decisioni della maggioranza, modificative dell’assetto della
società, di fuoriuscire dalla compagine societaria (massima non ufficiale).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 18 luglio 2007, n. 15963 (Pres.
LOSAVIO – Est. RORDORF), in Società, 2009, 197, con nota di D. PISELLI .
Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Aumento
di capitale - Trasformazione in società per azioni - Patto
parasociale destinato all'aumento di capitale - Validità - Delibera
assembleare di aumento di capitale e trasformazione società
censurabile - Irrilevanza.
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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(codice civile, artt. 2341 bis, 2341 ter; d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58,
artt. 122, 123).
È valido l'accordo negoziale stipulato tra soci e terzi avente ad
oggetto la ricapitalizzazione di una società a responsabilità limitata e la sua
trasformazione in società per azioni anche se la delibera societaria possa
astrattamente ritenersi viziata perché assunta sulla base di una situazione
patrimoniale non corrispondente a quella reale. I patti parasociali, in
quanto destinati a disciplinare convenzionalmente l'esercizio di diritti e
facoltà dei soci, non sono vietati e possono essere stipulati non solo tra soci
ma anche tra soci e terzi. Pur essendo vincolanti esclusivamente tra le parti
contraenti e non potendo incidere direttamente sull'attività sociale, i patti
parasociali devono ritenersi illegittimi solo quando il contenuto
dell'accordo si ponga in contrasto con norme imperative o sia idoneo a
consentire l'elusione di norme o principi generali dell'ordinamento
inderogabili ma non quando sia destinato a realizzare un risultato
pienamente consentito dall'ordinamento.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 19 luglio 2007, n. 16031 (Pres. DI
NANNI – Est. VIVALDI), in Giur. comm., 2008, II, 1176, con nota di F.
PARMEGGIANI .
Vendita - Oggetto della vendita - Vendita di azioni di società Oggetto immediato - Partecipazione sociale - Conseguenze ai fini
dell’annullamento del contratto per errore e della risoluzione ex
art. 1497 c.c. - Mancanza di qualità inerenti al patrimonio sociale
- Rilevanza - Esclusione - Eccezione - Revisione di specifiche
garanzie contrattuali.
(codice civile, artt. 1428, 1429, 1439, 1497)
In tema di compravendita di azioni di una società, che si assume
stipulata a un prezzo non corrispondente al loro effettivo valore, senza che
il venditore abbia prestato alcuna garanzia in ordine alla situazione
patrimoniale della società stessa, il valore economico dell’azione non
rientra tra le qualità di cui all'art. 1429 n. 2 c.c., relativo all'errore
essenziale.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 20 luglio 2007, n. 16159 (Pres.
LOSAVIO - Est. GILARDI), in Società, 2008, 1483, con nota di A. CALVO.
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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Società di capitali - Assemblea dei soci - Deliberazioni - Invalide
- Impugnazione - Interesse ad agire - Nozione - Fattispecie in
tema di nullità della delibera di approvazione del bilancio di
liquidazione del Fondo di previdenza integrativa dell'Isveimer.
(codice civile, artt. 2379, 2395, 2423, 2423-bis, 2426; codice di
procedura civile art. 100).
Il principio secondo cui l'interesse ad agire comporta la verifica, da
compiersi d'ufficio da parte del giudice, in ordine all'idoneità della
pronuncia richiesta a spiegare un effetto utile alla parte che ha proposto la
domanda, trova applicazione anche in riferimento all'azione di
accertamento della nullità delle deliberazioni adottate dall'assemblea di
una società, il cui esercizio postula un interesse che, oltre a dover essere
concreto ed attuale, si riferisca specificamente all'azione di nullità, non
potendo identificarsi con l'interesse ad una diversa azione, il cui esercizio
soltanto potrebbe soddisfare la pretesa dell'attore. (In applicazione di tale
principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva
dichiarato inammissibile, per difetto d'interesse, l'azione di nullità della
delibera di approvazione del bilancio di liquidazione del Fondo di
previdenza integrativa dell'Isveimer, proposta dagli iscritti al medesimo
Fondo, rilevando che la dichiarazione di nullità non avrebbe comportato la
rimozione del limite di spesa imposto dall'art. 4 d.l. 24 settembre 1996 n.
497, conv. con modificazioni dalla l. 19 novembre 1996 n. 588, ai fini
dell'estinzione delle obbligazioni della società nei confronti degli attori).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 23 luglio 2007, n. 16211 (Pres.
CARNEVALE - Est. PLENTEDA), in Società, 2008, 1364, con nota di D.
FINARDI.
Società di capitali - Amministratori - Responsabilità: in genere Riduzione del capitale al di sotto del limite legale - Scioglimento
della società - Divieto di compiere nuove operazioni - Violazione
- Danni - Liquidazione - Criteri.
(Codice civile artt. 2393, 2394, 2446, 2447).
Nel caso in cui l'azione di responsabilità nei confronti degli
amministratori di una società trovi fondamento nella violazione del divieto
di intraprendere nuove operazioni, a seguito dello scioglimento della
società derivante dalla riduzione del capitale sociale al di sotto dei limiti
previsti dall'art. 2447 c.c., non è giustificata la liquidazione del danno in
misura pari alla differenza tra l'attivo ed il passivo accertati in sede
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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fallimentare, non essendo configurabile l'intero passivo come frutto delle
nuove operazioni intraprese dagli amministratori, ma dovendosi ascrivere
lo stesso, almeno in parte, alle perdite pregresse che avevano logorato il
capitale.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 24 luglio 2007, n. 16390 (Pres.
LOSAVIO – Est. SALVATO), in Società, 2008, 572, con nota di R. GENCO.
Società di capitali - Società cooperative - Assemblea Deliberazioni - Delibera inesistente - Impugnazione - Condizioni
- Atto materialmente inesistente - Proposta del socio non
discussa in assemblea - Inesistenza materiale della delibera Impugnabilità - Esclusione.
(codice civile, art. 2379).
Può essere impugnata e conseguentemente dichiarata invalida la
delibera societaria inesistente quando vi sia un atto scrutinabile, ovvero
quando possa valutarsi la palese difformità dal modello legale o l'assenza
di requisiti essenziali; diversamente, non può configurarsi alcun atto
impugnabile nell'ipotesi in cui una richiesta del socio (nella specie, di
proporre azione di responsabilità nei confronti degli amministratori) non
venga presa in considerazione dal presidente dell'assemblea e
conseguentemente né discussa né approvata.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 24 luglio 2007, n. 16393 (Pres.
CARNEVALE – Est. DEL CORE), in Giur. comm., 2009, II, 42, con nota di F.
NIEDDU ARRICA (pubblicata anche in Società, 2009, 453, con nota di T.
LEONE) (*).
Società di capitali - Assemblea dei soci - Deliberazioni - Invalide
- Impugnazione - Delibera adottata con intervento di soci non in
regola con il deposito dei certificati azionari - Rilevabilità del
vizio - Prova - Onere a carico della parte impugnante Contenuto.
(codice civile, artt. 2377, 2379; l. 29 dicembre 1962, n. 1745, art. 4).
Società di capitali - Società a responsabilità limitata Conferimenti - Art. 2467 c.c. - Finanziamenti del socio in favore
della società - Nozione - Impugnazione della delibera di rimborso
dei finanziamenti in questione - Prova a carico della parte
impugnante - Contenuto.
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
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Società di capitali - Conferimenti - Versamenti in conto capitale Natura giuridica - Conferimenti atti a incrementare il
patrimonio netto - Destinazione - Costituzione di riserva "di
capitale" soggetta alla stessa disciplina della riserva da
soprapprezzo - Diritto alla restituzione - Condizioni.
(codice civile, artt. 2431, 2432).
Società di capitali - Assemblea dei soci - Costituzione - Verbale
di deliberazione assembleare - Identificazione dei soci
partecipanti - Assenza - Difetto di costituzione dell'assemblea Prova concreta - Necessità - Onus probandi - A carico del socio
impugnante - Fattispecie anteriore al d.lgs. n. 6 del 2003.
(codice civile, artt. 1421, 2366, 2375, 2379, 2697).
In caso di impugnazione di delibera adottata con intervento di soci
iscritti nel relativo libro ma non in regola con il deposito dei certificati
azionari prescritto dall'art. 4 l. n. 1745 del 1962, il relativo vizio può essere
rilevato solo in conseguenza della prova, il cui onere incombe sulla parte
impugnante, della concreta mancanza della qualità di socio in capo al
soggetto che vi ha preso parte, poiché è solo quella qualità, e non il previo
deposito delle azioni, che legittima ad intervenire all'assemblea.
La proposizione normativa contenuta nell'art. 2467 c.c. - secondo
cui il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato
rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell'anno
precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere
restituito - è applicabile, come reso evidente dal comma 2 della
disposizione, non a ogni forma di finanziamento da parte dei soci, ma,
esclusivamente, alla figura dei cosiddetti prestiti anomali o "sostitutivi del
capitale" al fine di porre rimedio alle ipotesi di sottocapitalizzazione
cosiddetta nominale. Pertanto, in caso di impugnazione della delibera
assembleare di rimborso di finanziamenti ritenuti anomali nel senso appena
chiarito, la parte impugnante deve provare che la deliberazione medesima
sia stata adottata in presenza di un eccesso di indebitamento rispetto al
patrimonio netto della società, o di una situazione finanziaria in cui sarebbe
stato ragionevole un conferimento, ovvero, in una fase in cui la società, in
reazione all'attività in concreto esercitata, aveva la necessità delle risorse
messe a disposizione dai socie finanziatori e non sarebbe stata in grado di
rimborsarli .
I versamenti in conto capitale costituiscono conferimenti volti a
incrementare il patrimonio netto della società e non sono imputabili a
capitale, salvo che, con apposita delibera assembleare di modifica dell'atto
costitutivo, non ne venga disposto successivamente l'utilizzo per un aumento
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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del capitale sociale; una volta eseguiti, i versamenti vanno a costituire una
riserva, non di utili, ma "di capitale", soggetta alla stessa disciplina della
riserva da soprapprezzo (art. 2431 c.c.), seppure "personalizzata" o
"targata" in quanto di esclusiva pertinenza dei soci che li hanno effettuati.
Ne consegue che i soci eroganti possono chiedere la restituzione delle
somme versate solo per effetto dello scioglimento della società e nei limiti
dell'eventuale residuo attivo del bilancio di liquidazione e che, d'altra parte,
i ridetti versamenti, in caso di saturazione della riserva legale, possono con
delibera dell'assemblea ordinaria essere distribuiti durante societate tra i
soci in misura corrispondente a quanto da ognuno versato.
L'omessa verbalizzazione dell'identificazione dei soci partecipanti ad
un'assemblea di società per azioni non determina automaticamente la
nullità assoluta della deliberazione, essendo necessario dimostrare e non
soltanto supporre il difetto di costituzione dell'organo deliberante, in
quanto l'identificazione può avvenire anche in modo informale ed implicito
mediante l'attestazione presidenziale della valida costituzione
dell'assemblea. (Fattispecie anteriore al d.lg. n. 6 del 2003).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 25 luglio 2007, n. 16416 (Pres.
LOSAVIO – Est. SCHIRÒ), in Riv. dir. soc., 2009, 82, con nota di R.
CRISCUOLO (pubblicata anche in Società, 2009, 607, con nota di E.L. NTUK)
(*).
Società di persone - Società in nome collettivo - amministrazione
- Doveri degli amministratori - Violazione - Azione individuale di
responsabilità promossa dal socio - Lesione del patrimonio
sociale - Non sufficienza - Lesione del valore della quota Necessità - Fattispecie.
(codice civile, artt. 2043, 2260, 2301, 2395).
L' azione diretta del socio contro gli amministratori di società di
persone, coesiste con l'azione concessa all'ente per ottenere il ristoro dei
danni subiti a causa dell'inadempimento dei doveri statutari o legali;
tuttavia, la natura extracontrattuale ed individuale dell'azione del socio,
fondata sull'art. 2043 c.c. ed in applicazione analogica dell'art. 2395 c.c.,
esige che il pregiudizio non sia il mero riflesso dei danni eventualmente
recati al patrimonio sociale, ma si tratti di danni direttamente causati al
socio come conseguenza immediata del comportamento degli
amministratori. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto che le illegittime
sottrazioni di somme di pertinenza della società in nome collettivo operate
dall'amministratore avessero provocato una lesione dell'integrità del
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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patrimonio sociale e solo indirettamente del valore della quota del singolo
socio, essendo dunque infondata l'azione di responsabilità individuale).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 6 settembre 2007, n. 18724 (Pres. DE
MUSIS – Est. RORDORF), in Società, 2009, 190, con nota di M.M. GAETA .
Società di capitali - Società cooperative - Amministratori Responsabilità per le nuove operazioni compiute - Disciplina
previgente al d.lgs. n. 6 del 2003 - Cooperativa esercente il
credito - Fattispecie di versamento di denaro in deposito da
parte del socio - Natura giuridica - Qualità di terzo creditore
danneggiato - Sussistenza.
(codice civile, artt. 2393, 2394, 2449, 2516).
Il socio di una cooperativa, beneficiario del servizio reso da
quest'ultima, è parte di due distinti rapporti, l'uno di carattere associativo,
che discende dall'adesione al contratto sociale, l'altro che deriva dal
contratto bilaterale di scambio, per effetto del quale egli si appropria del
servizio resogli dall'ente. In materia di cooperative esercenti il credito, il
versamento su libretto di risparmio di denaro da parte di chi sia anche
socio determina un rapporto che sorge dal contratto di deposito bancario e
non dal vincolo sociale, sicché l'accettazione del deposito operato dagli
amministratori della cooperativa, in spregio al divieto di compiere nuove
operazioni sociali in presenza di una causa di scioglimento, può integrare
la responsabilità nei confronti del socio in quanto terzo creditore.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 13 settembre 2007, n. 19160 (Pres.
CARNEVALE – Est. PANEBIANCO), in Giur. comm., 2009, II, 54, con nota di
A.V. GUCCIONE (*).
Società di capitali - collegio sindacale - Nomina, revoca, rinunzia,
sostituzione - Nomina - Presentazione di una lista da parte del
consiglio di amministrazione - Possibile elezione integrale dei
sindaci - Violazione del diritto dei soci di minoranza alla nomina
di un componente effettivo - Sussistenza.
(codice civile, art. 2377; d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 148).
Società di capitali - Assemblea dei soci - Presidenza - Spettanza Al presidente del consiglio di amministrazione - Ad altro
componente designato dall'organo amministrativo - Legittimità Esclusione.
(codice civile, artt. 2371, 2377).
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
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Procedimento civile - Cessazione della materia del contendere Presupposti - Integrale soddisfazione dell'interesse dedotto in
giudizio - Necessità - Condizioni - Fattispecie in materia di
impugnativa di delibere assembleari di società per azioni Pronuncia di cassazione con rinvio - Decisione sulle spese Valutazione sulla soccombenza virtuale - Necessità.
(codice civile, artt. 2371, 2377; codice procedura civile, artt. 372,
382; d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 148).
In tema di nomina del collegio sindacale nelle società per azioni, è
illegittima la modifica statutaria che attribuisca al consiglio di
amministrazione il diritto di presentare una propria lista di candidati, con
possibile integrale copertura dei posti disponibili, ciò implicando la
violazione del diritto dei soci di minoranza, ai sensi dell'art. 148, comma 2,
d.lgs. n. 58 del 1998, di ottenere l'elezione di un loro candidato quale
componente effettivo.
In tema di presidenza dell'assemblea della società per azioni, è
illegittima, per contrarietà alla norma inderogabile di cui all'art. 2371 c.c.,
la delibera che, attribuendo la funzione al presidente del consiglio di
amministrazione, preveda che, in caso di assenza o impedimento, essa spetti
ad un consigliere scelto dallo stesso collegio, poiché per tale ipotesi
subordinata la norma espressamente deferisce la scelta alla maggioranza
degli intervenuti.
La cessazione della materia del contendere postula che
sopravvengano nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno
delle ragioni di contrasto tra le parti e, con ciò, dell'interesse al ricorso; la
composizione in tal modo della controversia giustifica non già
l'inammissibilità del ricorso in cassazione bensì, da un lato, la rimozione,
con cassazione senza rinvio, delle sentenze già emesse, prive di attualità e,
dall'altro, una pronuncia finale sulle spese, secondo una valutazione di
soccombenza virtuale. (Nella fattispecie di impugnativa di delibera
assembleare la S.C. ha preso atto che, anche dai documenti prodotti ex art.
372 c.p.c., una società per azioni aveva revocato le delibere - con gli effetti
di cui all'art. 2377, comma ultimo, c.c., nel testo anteriore al d.lg. n. 6 del
2003 - in conformità alle censure del socio che nel frattempo erano state
accolte dalle sentenze di merito, ed ha accertato, ai fini di stabilire la
soccombenza, l'illegittimità delle clausole modificative dello statuto oggetto
di impugnativa).
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
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CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 10 ottobre 2007, n. 21130 (Pres. DE
MUSIS – Est. PANZANI), in Giur. comm., 2008, II, 784, con nota di G.
GOBBO, ed in Società, 2009, 183, con nota di F. PLATANIA .
Società – Azione di responsabilità degli amministratori di società
ex art. 2389 c.c. – Revoca per giusta causa – Prelievo di somme
dalle casse sociali in assenza di formali deliberazioni
dell’assemblea dei soci – Possibilità di ammettere l’esistenza di
autorizzazioni implicite o del potere di ratifica di fatti
concludenti –Sussistenza di indirizzi giurisprudenziali di
legittimità contrastati – Rimessione degli atti al primo presidente
per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite della
Cassazione.
(codice civile, art. 2389).
Deve essere rimessa al primo presidente della Corte di cassazione,
per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite del Supremo Collegio, la
questione relativa alla possibilità di ammettere autorizzazioni implicite o
ratifiche all’operato degli amministratori sociali i quali, prelevando denaro
contante dalle casse sociali, abbiano agito senza essere stati formalmente
autorizzati dall’assemblea dei soci, ancorché sussista una specifica delibera
di approvazione del bilancio della società in cui risultino appostati i
compensi prelevati, sulla base dei quali, giusta l’art. 2389 c.c., gli
amministratori rei del prelievo siano stati rimossi dall’incarico sociale per
giusta causa revocatoria.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 16 ottobre 2007, n. 21730 (Pres.
PROTO – Est. RORDORF), in Società, 2009, 175, con nota di A. FUSI .
Società cooperativa - Assemblea - Deliberazione - Impugnazione
- Mancata convocazione dei soci - Nullità annullabilità Legittimazione ad agire.
(codice civile, artt. 2377, 2378, 2379)
Il socio di una società cooperativa a responsabilità limitata è
legittimato a impugnare la delibera con la quale l'assemblea abbia
approvato il bilancio di esercizio qualora la delibera sia viziata per difetto
di convocazione di alcuni soci la cui precedente dichiarazione di voler
recedere dalla società sia da considerarsi nulla in quanto non conforme alle
previsioni dettate in proposito dalla legge e dallo statuto [Massima non
ufficiale].
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
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CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 16 novembre 2007, n. 23824 (Pres.
DE MUSIS – Est. PLENTEDA), in Giur. comm., 2008, II, 626, con nota di M.
MUSCHIO.
Contratto di pegno – Terzo debitore titolare del capitale della
società costituente – Legittimazione alla risoluzione per
inadempimento – Esclusione.
(codice civile, art. 1453).
Contratto di pegno – Estinzione dell’oggetto – Azione di nullità –
Interesse ad agire – Sussistenza.
(codice civile, artt. 1418, 2037, 2447; codice di procedura civile, art.
100).
Contratto di pegno – Estinzione dell’oggetto – Azione di
risoluzione per inadempimento – Interesse ad agire –
Sussistenza.
(codice civile, artt. 1453, 1458, 2037, 2447; codice di procedura
civile, art. 100).
Pegno di azioni – Giudizio di invalidità della delibera assunta
con il voto del creditore pignoratizio – Incidenza sull’interesse
dell’azionista alla domanda di risarcimento – Esclusione.
(codice civile, artt. 1418, 1453, 2352, 2377, 2379; codice di
procedura civile, art. 100).
La legittimazione all’azione di risoluzione per inadempimento di un
contratto di pegno di azioni spetta solo alle parti contrattuali e non al terzo
estraneo, quand’anche esso sia titolare del capitale della società che ha
costituito il pegno ovvero sia parte di altro contratto il cui adempimento è
garantito dal pegno.
L’interesse concreto e attuale ad agire con l’azione di nullità di un
contratto di pegno sussiste anche in relazione alla conseguente azione di
reintegrazione per equivalente pecuniario, ove l’oggetto del contratto sia
venuto meno o comunque ne sia impossibile la restituzione e la relativa
azione di ripetizione non sia prescritta.
Sussiste in capo alla parte che chieda l’accertamento
dell’inadempimento e la risoluzione di un contratto di pegno l’interesse
concreto e attuale ad agire, in relazione all’azione di risoluzione e a quella
di reintegrazione per equivalente pecuniario, ove l’oggetto del contratto sia
venuto meno, nonché in relazione alla connessa azione risarcitoria, una
volta che le azioni di ripetizione e di risarcimento non risultino prescritte.
Sussiste in capo al socio titolare di azioni oggetto di pegno
l’interesse ad agire nei confronti del creditore pignoratizio per il
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
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risarcimento del danno derivato da condotte illegittime ed abusive da lui
poste in essere in violazione della disciplina che regola il pegno,
indipendentemente dal giudizio di validità delle deliberazioni assembleari
assunte "medio tempore" col voto del creditore medesimo.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 dicembre 2007, n. 26012 (Pres.
PROTO – Est. GILARDI), in Banca e borsa, 2008, II, 409, con nota di G.B.
BARILLÀ.
Società di persone – Fideiussione rilasciata da socio
illimitatamente responsabile - Ammissibilità.
(codice civile, artt. 1936, 2251, 2291, 2304).
La società di persone, anche se sprovvista di personalità giuridica,
costituisce un distinto centro di interessi e di imputazione di situazioni
sostanziali e processuali, dotato di una propria autonomia e capacità
processuale. In forza di tale autonomia, così come legittimato ad agire in
giudizio per gli interessi della società e far valere diritti, ovvero per
contestare eventuali obblighi a essa ascritti, è esclusivamente il soggetto
che rivesta la qualità di legale rappresentante, e così come riguardo a esse
è configurabile una responsabilità degli amministratori nei confronti dei
singoli soci, oltre che verso la società, allo stesso modo deve ritenersi che la
fideiussione prestata dal socio a favore della società, proprio per effetto
della rilevata autonomia patrimoniale e della distinzione di sfere giuridiche
rientra tra le garanzie prestate per le obbligazioni altrui, secondo lo
schema delineato dall’art. 1936 c.c.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 dicembre 2007, n. 26012 (Pres.
PROTO - Est. GILARDI), in Società, 2009, 38, con nota di F. FUNARI.
Società in nome collettivo - Socio - Illimitatamente responsabile Debiti della società - Fideiussione del socio in favore della società
- Validità
(codice civile, artt. 2267, 2291, 2304, 1936).
La fideiussione rilasciata da un socio illimitatamente responsabile di
una società di persone in favore dei creditori della società deve ritenersi
valida. Preliminarmente, risulta soddisfatto il requisito richiesto dall'art.
1936 c.c. secondo il quale la garanzia deve riguardare l'adempimento di
un'obbligazione altrui. Infatti, benché le società di persone non siano dotate
di personalità giuridica, tuttavia, a esse deve riconoscersi una forma di
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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soggettività giuridica (sia pure attenuata) distinta da quella dei singoli soci,
per effetto dalla loro autonomia patrimoniale (anche se imperfetta), che
consente la configurazione di un'alterità tra società, da una parte, e soci,
dall'altra. Né può sostenersi che l'obbligazione fideiussoria assunta dal
socio illimitatamente responsabile sia nulla per mancanza di causa. Al
contrario, vi è un concreto interesse dei terzi creditori alla sua stipulazione,
poiché si tratta di uno strumento di garanzia operativo anche oltre la
durata del vincolo societario e non condizionato dal "beneficium
excussionis", invece opponibile dai soci ai creditori sociali ai sensi dell'art.
2304 c.c.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 20 dicembre 2007, n. 26821 (Pres.
DE MUSIS – Est. PLENTEDA), in Società, 2009, 287, con nota di F. CASADEI .
Società cooperativa - Socio - Esclusione - Intrasmissibilità mortis
causa - Clausole di continuazione - Deliberazione del consiglio di
amministrazione - Requisiti di ammissione - Rigetto della
domanda - Tutela dell’aspirante socio - Riesame della decisione.
(codice civile prev., artt. 2521, 2525, 2528; codice civile, artt. 2527,
2528, 2534, comma 2)
Non è qualificabile in termini di esclusione una deliberazione
consiliare che escluda la qualità di soci di società cooperativa in capo agli
eredi di un socio deceduto [Massima non ufficiale].
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 29 gennaio 2008, n. 2020 (Pres.
CRISCUOLO – Est. PICCININNI), in Società, 2008, 974, con nota di M. DI
SARLI.
Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Bilancio
d’esercizio – Mancata distribuzione degli utili - Legittimità.
(codice civile, artt. 2350, 2423, 2433).
Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Bilancio
d’esercizio – Mancata evidenziazione nello stato patrimoniale di
un prelievo e di un versamento – Mancanza di chiarezza del
bilancio - Insussistenza.
(codice civile, artt. 2350, 2423, 2433).
Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Bilancio
d’esercizio – Natura – Documento di sintesi.
(codice civile, artt. 2350, 2423, 2433).
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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Anche nelle società a responsabilità limitata (nel vigore della disciplina
dettata dal codice civile del 1942, anteriormente alla riforma di cui al d.lg.
17 gennaio 2003 n. 6) non è configurabile un diritto del socio agli utili
senza una preventiva deliberazione assembleare in tal senso, rientrando nei
poteri dell’assemblea - in sede approvativa del bilancio - la facoltà di
disporne l’accantonamento o il reimpiego nell’interesse della stessa società,
sulla base di una decisione censurabile solo se propria di iniziative della
maggioranza volte ad acquisire posizioni di indebito vantaggio a danno
degli altri soci cui sia resa più onerosa la partecipazione.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 marzo 2008, n. 6719 (Pres.
CARNEVALE), in Giur. comm., 2009, II, 309, con nota di E. RICCIARDIELLO
(*).
Società di capitali - Società a responsabilità limitata Amministratori (necessità della qualità di socio) Amministratore di fatto - Presupposti - Investitura della società Necessità - Esclusione - Ingerenza nella gestione sociale Sufficienza - Fattispecie.
(codice civile, artt. 2383, 2941; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 146).
In tema di responsabilità degli amministratori delle società di
capitali la relativa disciplina è applicabile anche a coloro i quali si siano
ingeriti nella gestione sociale in assenza di una qualsivoglia investitura,
ancorché irregolare o implicita, da parte della società, così individuandosi
il cosiddetto amministratore di fatto; ne consegue che, accertato il predetto
inserimento dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte
operative dell'ente, si ha sospensione della decorrenza dei termini di
prescrizione dell'azione di responsabilità prevista per gli amministratori
finché sono in carica, ai sensi dell'art. 2941, n. 7, c.c. (Nella fattispecie la
S.C. ha considerato come sintomi utilizzabili per il riconoscimento della
figura del cosiddetto amministratore di fatto, il ruolo attivo svolto nella
gestione sociale dopo la formale cessazione della carica ed il consistente
apporto economico prestato in favore dei dipendenti).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 15 aprile 2008, n. 9905 (Pres.
CRISCUOLO – Est. SCHIRÒ), in Banca e borsa, 2009, II, 269, con nota di M.
MIOLA (*).
Società - Società di capitali - Amministratori - Poteri di
rappresentanza - Deliberazione assembleare di autorizzazione o
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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ratifica dell’atto compiuto oltre i limiti dei poteri conferiti Estraneità all’oggetto sociale - Irrilevanza.
(codice civile, art. 1399; testo previgente, art. 2384-bis).
In tema di società di capitali, l'eccedenza dell'atto rispetto ai limiti
dell'oggetto sociale, ovvero il suo compimento al di fuori dei poteri
conferiti, non integra un'ipotesi di nullità dell'atto, ma, al più, di inefficacia
e di opponibilità nei rapporti con i terzi; e posto che è rimesso alla società,
e solo ad essa, di respingere gli effetti dell'atto, deve correlativamente
essere riconosciuto alla società il potere di assumere "ex tunc" quegli
effetti, attraverso la ratifica, ovvero di farli preventivamente propri,
attraverso una delibera autorizzativa, capace di rimuovere i limiti del
potere rappresentativo dell'amministratore. Ne deriva che ogni questione
relativa alla estraneità dell'atto compiuto dall'amministratore rispetto
all'oggetto sociale è da ritenersi irrilevante a seguito e per effetto
dell'adozione di una delibera di autorizzazione preventiva adottata dalla
società, posto che tale delibera impegna la società medesima alla condotta
di essa esecutiva e ad essa conforme posta in essere dall'organo di gestione,
idonea o meno che sia rispetto al perseguimento dell'oggetto sociale.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 23 maggio 2008, n. 13413 (Pres. DE
MUSIS - Est. SCHIRÒ), in Società, 2009, 599, con nota di P. BALZARINI (*).
Società di capitali - Bilancio - Contenuto e criteri di redazione Criteri di valutazione - Disciplina dell'art. 2425 c.c. nel testo
antecedente alle modifiche apportate dal d.lg. n. 127 del 1991 Deroga prevista dall'ultimo comma - Presupposti - Speciali
ragioni - Nozione - Fattispecie in tema di ammortamento dei
beni aziendali.
(codice civile, artt. 2423, 2425; d. lgs. 9 aprile 1991, n. 127).
In tema di valutazione degli elementi dell'attivo del bilancio di una
società per azioni, le «speciali ragioni» di cui all'art. 2425, ultimo comma,
c.c. (nel testo antecedente alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 127 del
1991), permettono la deroga agli ordinari criteri di cui ai commi precedenti
della citata disposizione e non solo ai criteri massimi di valutazione e
trovano giustificazione in peculiari esigenze del caso concreto, tali da
rendere inadeguato il valore legale del bene; è pertanto corretta la
riduzione delle quote di ammortamento dei beni aziendali operata in
ragione della contribuzione degli stessi alla gestione dell'imprese (nella
specie, limitata a soli tre mesi l'anno, in considerazione del carattere
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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stagionale dell'attività imprenditoriale), al fine di tener conto del consumo e
del deperimento effettivamente verificatisi a causa di tale limitata
utilizzazione.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 1° luglio 2008, n. 17960 (Pres.
CRISCUOLO – Est. SALVATO), in Società, 2009, 162, con nota di R.
AMBROSINI .
Società a responsabilità limitata - Atto costitutivo e Statuto Clausole statutarie - Trasferimento della partecipazione sociale Clausola di gradimento - Accertamento della sua operatività Consenso di tutti i soci - Manifestazione extrasociale Sufficienza.
(codice civile prev., artt. 2355, 2479)
Nonostante il suo inserimento in uno statuto societario, la
circostanza che la clausola di gradimento acquisisca una coloritura sociale
piuttosto che mantenga la sua natura parasociale, con la conseguenza della
non necessaria manifestazione dell'espressione del consenso dei soci in
ambito assembleare, come da espressa previsione statutaria, costituisce
oggetto di un accertamento interpretativo di fatto riservato al giudice di
merito, come tale incensurabile in sede di legittimità se logicamente ed
adeguatamente motivato [Massima non ufficiale].
CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 29 agosto 2008, n. 21933 (Pres.
CARBONE - Est. SALME), in Società, 2009, 28, con nota di G. BEI.
Società di capitali - Bilancio - Approvazione - Compenso degli
amministratori - Determinazione - Mancanza nell'atto
costitutivo - Specifica delibera assembleare - Necessità Fondamento - Deliberazione implicita in quella di approvazione
del bilancio - Esclusione - Bilancio con posta relativa ai compensi
- Idoneità – Condizioni.
(codice civile, artt. 2364, 2389, 2393, 2423, 2434).
Con riferimento alla determinazione della misura del compenso
degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell'art. 2389, comma 1
c.c., (nel testo vigente prima delle modifiche, non decisive sul punto, di cui
al d.lg. n. 6 del 2003), qualora non sia stabilita nello statuto, è necessaria
una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in
quella di approvazione del bilancio, attesa: la natura imperativa e
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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inderogabile della previsione normativa, discendente dall'essere la
disciplina del funzionamento delle società dettata, anche, nell'interesse
pubblico al regolare svolgimento dell'attività economica, oltre che dalla
previsione come delitto della percezione di compensi non previamente
deliberati dall'assemblea (art. 2630, comma 2, c.c., abrogato dall'art. 1 del
d.lg. n. 61 del 2002); la distinta previsione delle delibera di approvazione
del bilancio e di quella di determinazione dei compensi (art. 2364, n. 1 e 3,
c.c.); la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di
gestione, nel caso di approvazione del bilancio (art. 2434 c.c.); il diretto
contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della
volontà della società (art. 2393, comma 2, c.c.). Conseguentemente,
l'approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli
amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta
dall'art. 2389 cit., salvo che un'assemblea convocata solo per
l'approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente
discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli
amministratori.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione II, 15 ottobre 2008, n. 25192 (Pres.
ODDO), in Società, 2009, 877, con nota di S. RONCO (*).
Società di capitali - Liquidazione - Cancellazione della società:
estinzione - Cancellazione dal registro delle imprese di società in
nome collettivo - Applicazione dell'art. 2495 c.c. modificato ex
art. 4 d.lgs. n. 6 del 2003 - Effetti - Fattispecie.
(codice civile, artt. 2291, 2312, 2495).
In tema d'interpretazione del nuovo diritto societario, la modifica
dell'art. 2495 c.c., ex art. 4 d.lgs. n. 6 del 2003, secondo la quale la
cancellazione dal registro delle imprese determina, contrariamente al
passato, l'estinzione della società, si applica anche alle società di persone,
nonostante la prescrizione normativa indichi esclusivamente quelle di
capitali e quelle cooperative ed, inoltre la norma, per la su funzione
ricognitiva, è retroattiva e trova applicazione anche in ordine alle
cancellazioni intervenute anteriormente al 1 gennaio 2004, data di entrata
in vigore delle modifiche introdotte dal citato d.lgs. n. 6 del 2003, con la
sola esclusione dei rapporti esauriti e degli effetti già irreversibilmente
verificatisi. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto inammissibile la
proposizione del ricorso per cassazione per inesistenza del soggetto
proponente e conseguente difetto di rappresentanza processuale, trattandosi
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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di società in nome collettivo cancellata dal registro delle imprese il giorno
8 gennaio del 2003).
II. TITOLI DI CREDITO
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 1° marzo 2007, n. 4855 (Pres. DE
MUSIS – Est. CECCHERINI), in Banca e borsa, 2009, II, 162, con nota di G.
TERZINI (*).
Titoli di credito - Cambiale - Insolvenza dell’obbligato principale
- Avallo - Decadenza dal termine - Applicabilità.
(codice civile, art. 1186; r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669, artt. 37 e
50).
La decadenza dal beneficio del termine per insolvenza del debitore,
verificatasi, a norma dell'art. 1186 c.c., a carico dell'obbligato cambiario
principale, comporta analoga decadenza rispetto all'obbligazione del di lui
avallante, anche se questi non sia divenuto insolvente: ciò trova conferma
nel disposto dell'art. 50 legge c., che espressamente prevede che il portatore
della cambiale possa esercitare il regresso contro il girante, il traente e gli
altri obbligati, fra i quali rientrano gli avallanti, anche prima della
scadenza in diverse ipotesi, tra cui quella del fallimento del trattario che
abbia o meno accettato, nonché del fallimento del traente di una cambiale
non accettabile.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 26 giugno 2007, n. 14712 (Pres.
CARBONE – Est. RORDORF), in Banca e borsa, 2008, II, 567, con nota di N.
CIOCCA.
Titoli di credito - Assegno bancario - Assegno c.d. di traenza Clausola «non trasferibile» - Pagamento a persona diversa dal
prenditore - Responsabilità della banca negoziatrice - Natura
contrattuale - Prescrizione decennale.
(r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, artt. 43, 86; codice civile, art. 2946).
La responsabilità della banca negoziatrice per avere consentito, in
violazione delle specifiche regole poste dall'art. 43 legge assegni (r.d. 21
dicembre 1933 n. 1736), l'incasso di un assegno bancario, di traenza o
circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal
beneficiario del titolo, ha - nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, abbiano sofferto
un danno - natura contrattuale, avendo la banca un obbligo professionale
di protezione (obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto),
operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della
sottostante operazione, di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito
di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la
circolazione e l'incasso. Ne deriva che l'azione di risarcimento proposta dal
danneggiato è soggetta all'ordinario termine di prescrizione decennale,
stabilito dall'art. 2946 c.c.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 30 agosto 2007, n. 18316 (Pres.
PROTO – Est. GILARDI), in Banca e borsa, 2008, II, 687, con nota di F.
ACCETTELLA.
Titoli di credito - Protesto - Levata illegittima - Colpa
concorrente della banca - Contributo causale - Omissione di
controllo della firma di traenza - Fattispecie.
(codice civile, artt. 1226, 2043; legge cambiaria, art. 68; legge
assegno, art. 60).
In tema di levata illegittima del protesto, parte convenuta nell'azione
risarcitoria può essere anche la sola banca, ove le informazioni da essa
fornite al pubblico ufficiale che procede alla levata ovvero le omissioni
informative abbiano inciso casualmente sulla determinazione dell'evento.
(Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto ex art. 2043 c.c. la responsabilità della
banca che, pur in possesso dello specimen del cliente, aveva omesso di
confrontare lo stesso con la firma (diversa) apposta sui titoli (assegni
bancari), spiccati sul conto corrente del protestato e ha affermato il diritto
di quest'ultimo al risarcimento dei danni cagionati dal protesto per la
pubblicità "ipso facto" conferita all'insolvenza del debitore e conseguente
discredito tanto personale quanto patrimoniale (anche sotto il profilo della
lesione dell'onore e della reputazione al protestato come persona, a
prescindere dai suoi interessi commerciali), senza che al danneggiato
incombesse l'onere di provare la esistenza del pregiudizio, poiché il
protesto illegittimo e non seguito da una efficace rettifica è risultato lesivo
di diritti della persona).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 26 ottobre 2007, n. 22538 (Pres. DE
MUSIS – Est. CECCHERINI), in Giur. comm., 2009, II, 63, con nota di A.
SOMMARIVA (*).
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
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Azienda - Cessione - Successione nei contratti - Successione nei
contratti ex art. 2558 c.c. - Applicazione della norma anche al
conferimento dell'azienda in società - Contratto bancario Opposizione della banca - Subentro del cessionario - Sussistenza
- Recesso dall'apertura di credito - Estinzione del conto corrente
di corrispondenza - Condizioni.
(codice civile, art. 2558).
Il principio sancito dall'art. 2558 c.c., per cui, nel caso di cessione
di azienda (ipotesi nella quale va incluso il conferimento della stessa
società), l'acquirente subentra nei contratti stipulati per l'esercizio
dell'azienda, salva la facoltà di recesso del terzo contraente, vale anche per
i contratti bancari, nonostante l'opposizione della banca alla loro cessione;
detta opposizione, se esercitata mediante il recesso dall'apertura di credito,
neppure comporta l'estinzione del conto corrente di corrispondenza, se non
vi si accompagni la chiusura del conto e la cessazione del servizio di cassa.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni unite, 18 dicembre 2007, n. 26617
(Pres. CARBONE – Est. DURANTE), in Banca e borsa, 2008, II, 553, con nota
di G. LEMME.
Obbligazioni pecuniarie - Moneta legale - Pagamento a mezzo di
assegno circolare - Idoneità solutoria - Rifiuto da parte del
creditore - Ammissibilità solo quando conforme a buona fede e
correttezza - Effetto liberatorio.
(codice civile, artt. 1175, 1182, 1277, 1375).
Dando una lettura innovativa e costituzionalmente orientata sia
dell'art. 1277 c.c. che dell'art. 1182, comma 3, c.c. (e della nozione di
domicilio del creditore ivi richiamata), le Sezioni Unite risolvono il
contrasto in atto sull'idoneità solutoria del pagamento fatto a mezzo di
assegno circolare affermando che nelle obbligazioni pecuniarie, il cui
importo sia inferiore a 12.500 euro e per le quali non sia imposta per legge
una diversa modalità di pagamento, il debitore ha facoltà di pagare, a sua
scelta, in moneta avente corso legale nello Stato o mediante consegna di
assegno circolare; nel primo caso il creditore non può rifiutare il
pagamento mentre nel secondo può farlo solo per giustificato motivo da
valutare secondo la regola della correttezza e della buona fede oggettiva;
l'estinzione della obbligazione con l'effetto liberatorio del debitore si
verifica nel primo caso con la consegna della moneta e nel secondo quando
il creditore acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
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di denaro, ricadendo
dell'assegno.
sul
debitore
il
rischio
dell'inconvertibilità
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 10 marzo 2008, n. 6291 (Pres.
VARRONE – Est. AMATUCCI), in Banca e borsa, 2008, II, 553, con nota di G.
LEMME.
Mezzi di pagamento - Assegno di traenza - Rifiuto da parte del
creditore – Non conformità al principio di buona fede e
correttezza.
(codice civile, artt. 1175, 1277, 1375).
Nelle obbligazioni pecuniarie, il pagamento effettuato con assegno
di traenza, che è connotato dalla precostituzione della provvista presso la
banca e che, pertanto, assicura la disponibilità della somma dovuta, può
essere rifiutato dal creditore solo per giustificato motivo; in caso di
pagamento effettuato con il predetto mezzo, l'estinzione dell'obbligazione
con l'effetto liberatorio per il debitore si verifica quando il creditore
acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma di denaro,
ricadendo sul debitore il rischio dell'inconvertibilità dell'assegno.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 24 giugno 2008, n. 17088 (Pres.
PROTO – Est. DEL CORE), (pubblicata con data 24 aprile 2008) in Banca e
borsa, 2009, II, 1, con nota di L. DELLI PRISCOLI .
Titoli di credito - Titoli nominativi - Trasferimento - Azioni di
società - Trasferimento - Forma - Adempimenti di cui all'art.
2022, comma 1°, c.c. (c.d. transfert) - Efficacia costitutiva Esclusione - Funzione di legittimazione - Sussistenza - Redazione
del c.d. fissato bollato - Funzione sostitutiva del transfert Esclusione - Funzione di documentazione - Sussistenza.
(codice civile, artt. 2022 e 2023).
Nel trasferimento di titoli azionari, l'adempimento delle formalità
prescritte dall'art. 2022, comma 1, c.c. (c.d. transfert) non costituisce
condizione di perfezionamento dell'acquisto o di produzione dell'effetto
reale traslativo della proprietà del titolo, ma attiene alla fase esecutiva,
certificativa e pubblicitaria del trasferimento, incidendo soltanto sulla
legittimazione del nuovo socio; quest'ultimo, peraltro, pur non potendo
esercitare alcun diritto sino a quando non si sia provveduto alle predette
formalità (salvo quello di partecipare alle assemblee con le modalità
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
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previste dall'art. 4 l. 29 dicembre 1962 n. 1745), è pur sempre titolare del
diritto di proprietà sul titolo, per il cui trasferimento non è quindi
necessaria la redazione del c.d. fissato bollato, imposta per ragioni fiscali
inerenti alla conclusione dei contratti di borsa, e non avente neppure una
funzione surrogatoria o complementare rispetto all'esecuzione del transfert,
ma solo di ulteriore documentazione di una cessione meramente
consensuale.
III. CONTRATTI BANCARI E FINANZIARI
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 10 maggio 2007, n. 10692 (Pres.
PROTO – Est. DI AMATO), in Banca e borsa, 2008, II, 707, con nota di F.
FIUME.
Contratti bancari - Operazioni bancarie in conto corrente Nullità della pattuizione di interessi ultralegali - Conseguenze Prova del credito della banca - Estratto notarile delle scritture
contabili indicante il mero saldo - Sufficienza - Esclusione Produzione degli estratti integrali dall'apertura del conto Necessità.
(codice civile, artt. 2710, 1832).
Nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata
esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di
interessi ultralegali a carico del correntista, la banca non può dimostrare
l'entità del proprio credito mediante la produzione, ai sensi dell'art. 2710
c.c., di estratto notarile delle sue scritture contabili dalle quali risulti il
mero saldo del conto, atteso che soltanto la produzione degli estratti a
partire dall'apertura del conto stesso consente, attraverso l'integrale
ricostruzione del dare e dell'avere con applicazione del tasso legale, di
determinare il credito della banca, sempreché la stessa non risulti
addirittura debitrice, una volta depurato il conto dagli interessi non dovuti.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 giugno 2007, n. 13777 (Pres.
MORELLI – Est. DEL CORE), in Banca e borsa, 2009, II, 21, con nota di F.
CIRAOLO .
Carta bancomat trattenuta dall’apparecchio - Prelievi abusivi Mancato rispetto dell’obbligo del titolare di chiedere
immediatamente il blocco della carta nei casi di sottrazione e
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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smarrimento - Non esime da responsabilità il banchiere
allorquando la carta viene “catturata” dall’apparecchio a causa
di una manomissione - Il secondo comma dell’art. 1176 c.c.
impone una diligenza qualificata nell’adempimento delle
obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale
(espletamento, da parte della banca, del servizio bancomat).
(codice civile, art. 1176)
Ai fini della valutazione della responsabilità contrattuale della
banca per il in caso di utilizzazione illecita da parte di terzi di carta
bancomat trattenuta dallo sportello automatico, non può essere omessa, a
fronte di un'esplicita richiesta della parte, la verifica dell'adozione da parte
dell'istituto bancario delle misure idonee a garantire la sicurezza del
servizio da eventuali manomissioni, nonostante l'intempestività della
denuncia dell'avvenuta sottrazione da parte del cliente e le contrarie
previsioni regolamentari; infatti, la diligenza posta a carico del
professionista ha natura tecnica e deve essere valutata tenendo conto dei
rischi tipici della sfera professionale di riferimento ed assumendo quindi
come parametro la figura dell'accorto banchiere.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 19 dicembre 2007, n. 26724
(Pres. CARBONE – Est. RORDORF), in Riv. dir. comm., 2008, II, 155, con nota
di F. CALISAI (pubblicata anche in Dir. banca e merc. fin., 2008, I, 691, con
nota di F. MAZZINI) (*).
Obbligazioni e contratti - Nullità del contratto ed azione relativa
- Cause - Contrarietà a norme imperative - Presupposti Contrarietà a norme sulla validità del contratto - Necessità Violazione di norme concernenti il comportamento dei
contraenti - Conseguenze - Nullità - Esclusione - Risarcimento
del danno e risoluzione del contratto - Configurabilità Condizioni e limiti - Contratto di intermediazione finanziaria Violazione dei doveri di condotta imposti dall'art. 6 l. n. 1 del
1991 - Conseguenze - Nullità - Esclusione - Responsabilità civile Configurabilità - Condizioni e limiti.
(codice civile, artt. 1218, 1325, 1327, 1337, 1338, 1418).
Contratti di borsa - Attività di intermediazione mobiliare - Art.
6, comma 1, lett. g, l. n. 1 del 1991 (applicabile "ratione
temporis") - Divieto di procedere ad operazioni in conflitto di
interessi con il cliente - Violazione - Conseguenze - Risarcimento
del danno - Configurabilità - Condizioni e limiti.
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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(legge 2 gennaio 1991, n. 1, art. 6; decreto legislativo 24 febbraio
1998, n. 58, art. 21).
In relazione alla nullità del contratto per contrarietà a norme
imperative in difetto di espressa previsione in tal senso (cd. "nullità
virtuale"), deve trovare conferma la tradizionale impostazione secondo la
quale, ove non altrimenti stabilito dalla legge, unicamente la violazione di
norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di
determinarne la nullità e non già la violazione di norme, anch'esse
imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti la quale può essere
fonte di responsabilità. Ne consegue che, in tema di intermediazione
finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta
esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti
autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario (nella
specie, in base all'art. 6 l. n. 1 del 1991) può dar luogo a responsabilità
precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni
avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del
contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le
parti (cd. "contratto quadro", il quale, per taluni aspetti, può essere
accostato alla figura del mandato); può dar luogo, invece, a responsabilità
contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del contratto
suddetto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento
o disinvestimento compiute in esecuzione del "contratto quadro"; in ogni
caso, deve escludersi che, mancando una esplicita previsione normativa, la
violazione dei menzionati doveri di comportamento possa determinare, a
norma dell'art. 1418, comma 1, c.c., la nullità del cosiddetto "contratto
quadro" o dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso.
In tema di intermediazione finanziaria, la disposizione contenuta
nella lett. g dell'art. 6 l. n. 1 del 1991 (applicabile nella specie "ratione
temporis") faceva espresso ed assoluto divieto all'intermediario
(diversamente da quanto ora stabilisce l'art. 21, comma 1 bis, lett. a) e b),
d.lgs. n. 58 del 1998) di dar corso all'operazione in presenza di una
situazione di conflitto di interessi non rivelata al cliente o, comunque, in
difetto di autorizzazione espressa del cliente medesimo. Sicché, in
riferimento a domanda di risarcimento del danno per operazioni compiute
dall'intermediario in situazione di asserito conflitto di interessi (come nella
specie), doveva attribuirsi rilievo, per individuare l'esistenza di un danno
risarcibile ed il nesso causale tra detto danno e l'illegittimo comportamento
imputabile all'intermediario, alle sole conseguenze della mancata
astensione dell'intermediario medesimo dal compiere un'operazione non
consentita nelle condizioni di cui alla citata disposizione e non già alle
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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conseguenze derivanti dalle modalità con cui l'operazione era stata in
concreto realizzata o avrebbe potuto esserlo ipoteticamente da altro
intermediario.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 19 dicembre 2007, n. 26725
(Pres. CARBONE – Est. RORDORF), in Banca e borsa, 2009, II, 133, con nota
di A. BOVE (*).
Intermediari finanziari - Prestazione di servizi di investimento Nullità del contratto per violazione di regole di comportamento Annullabilità - Responsabilità contrattuale e precontrattuale.
(codice civile, artt. 1325, 1418, 1427, 1455; legge 9 gennaio 1991, n.
1, artt. 6, 13; decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, artt. 21, 23).
La violazione dei doveri di informazione del cliente che la legge
pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di
investimento finanziario può dar luogo a responsabilità precontrattuale,
con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, ove avvenga nella fase
precedente o coincidente con la stipulazione del contratto d'intermediazione
destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti; può invece dar luogo
a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione
del predetto contratto, ove si tratti di violazione riguardante le operazioni
d'investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto
d'intermediazione finanziaria.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 12 marzo 2008, n. 6632 (Pres. DI
NANNI – Est. FEDERICO), in Banca e borsa, 2009, II, 321, con nota di G.
DIPACE (*).
Responsabilità civile - Padroni e committenti - Esercizio
incombenze - Sussistenza.
(codice civile, art. 2049).
La responsabilità indiretta del committente di cui all'art 2049 c.c.
per il fatto dannoso commesso da un dipendente postula l'esistenza di un
nesso di «occasionalità necessaria» tra l'illecito e il rapporto di lavoro che
vincola i due soggetti, nel senso che le mansioni affidate al dipendente
abbiano reso possibile o comunque agevolato il comportamento produttivo
del danno al terzo. (Nella specie, la S.C., cassando con rinvio la sentenza
impugnata, ha ravvisato la responsabilità indiretta della banca per la
condotta illecita del suo funzionario, consistita nel prelevare indebitamente
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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somme di denaro da conti correnti di terzi estranei e accreditandole sul
conto corrente di clienti per i quali lo stesso funzionario aveva gestito una
fruttuosa operazione finanziaria rientrante nelle attività proprie di
quell'istituto di credito e nell'ambito delle mansioni affidategli).
IV. DIRITTO FALLIMENTARE
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 28 febbraio 2007, n. 4762 (Pres.
ADAMO – Est. RAGONESI), in Banca e borsa, 2008, II, 420, con nota di E.
SABATELLI.
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Azione revocatoria –
Conoscenza dello stato di insolvenza – Prova –Presunzioni –
Ammissibilità – Percezione diretta dei fatti sintomatici Necessità.
(codice civile, artt. 2727, 2729; legge fallimentare, art. 67).
In tema di azione revocatoria fallimentare, la conoscenza dello stato
d’insolvenza dell’imprenditore da parte del terzo contraente deve essere
effettiva e non meramente potenziale, assumendo rilievo non già la semplice
conoscibilità oggettiva ed astratta delle condizioni economiche
dell’imprenditore, bensì la concreta situazione psicologica del terzo al
momento della stipula dell’atto impugnato, la quale può essere desunta
anche da semplici indizi, aventi l’efficacia probatoria delle presunzioni
semplici ed in quanto tali soggetti a concreta valutazione da parte del
giudice di merito, da compiersi in applicazione degli art. 2727 e 2729 c.c. A
tal fine, dovendosi conferire rilievo ai presupposti ed alle condizioni in cui
il terzo si è trovato ad operare nella specifica situazione, la circostanza che
esso rivesta la qualità di istituto bancario non è di per sé determinante,
neppure se correlata al parametro (del tutto teorico) del creditore avveduto,
ma viene in considerazione solo in presenza di concreti collegamenti con i
sintomi conoscibili dello stato d’insolvenza, quali notizie di stampa,
risultanze di bilancio, protesti, procedure esecutive, etc.; è soltanto in
quest’ambito, infatti, che può attribuirsi rilevanza anche all’attività
professionale esercitata dal terzo, nonché alle regole di prudenza ed
avvedutezza che, indipendentemente da ogni doverosità, caratterizzano
concretamente l’operare della categoria di appartenenza. (In applicazione
di tale principio, la s.C. ha ritenuto adeguatamente motivata la sentenza
impugnata, che aveva desunto la conoscenza dello stato d’insolvenza, oltre
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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che dall’esistenza di ingiunzioni, precetti ed istanze di fallimento, dai
rapporti di conto corrente intercorsi direttamente tra la banca ed il fallito).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 giugno 2007, n. 13765 (Pres.
LOSAVIO – Est. RORDORF), in Giur. comm., 2008, II, 849, con nota di S.
MILANESI.
Società di capitali – Banche – Amministrazione straordinaria –
Liquidazione coatta amministrativa – Azione di responsabilità
promossa dai commissari straordinari – Autorizzazione della
Banca d’Italia – Efficacia – Successione dei commissari
liquidatori nell’azione esercitata dai commissari straordinari.
(d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, artt. previgenti 72, 5° comma, 84,
5° comma; codice civile, artt. previgenti 2392, 2393, 2394).
Società di capitali – Banche – Liquidazione coatta
amministrativa – Azione di responsabilità promossa dai
commissari liquidatori – Legittimazione processuale – Poteri.
(d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, art. previgente 84, 5° comma;
codice civile, artt. previgenti 2392, 2393, 2394).
Società di capitali – Banche – Liquidazione coatta
amministrativa – Azione di responsabilità promossa dai
commissari liquidatori – Poteri.
(d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, art. previgente 84, 5° comma;
codice civile, artt. previgenti 2392, 2393, 2394, 2396).
Società di capitali – Banche – Amministrazione straordinaria –
Liquidazione coatta amministrativa – Azione sociale di
responsabilità – Responsabilità verso i creditori sociali – Natura
dell’azione in ambito concorsuale – Proponibilità – Decadenza.
(codice civile, artt. previgenti 2392, 2393, 2394; codice di procedura
civile, artt. 163, 180, 183).
In caso di sottoposizione di istituto di credito ad amministrazione
straordinaria, l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità promossa ai
sensi dell’art. 72, comma 5, d.lg. n. 385 del 1993, contro i membri dei
"disciolti" organi amministrativi e di controllo nonché dei direttori
generali, dal commissario straordinario, previa autorizzazione della Banca
d’Italia, può essere rivolta anche nei confronti di amministratori, sindaci e
direttori generali già cessati dalle funzioni, non riferendosi il termine
"disciolti" esclusivamente alle persone in carica al momento della
sottoposizione ad amministrazione straordinaria, ma agli organi sociali nel
loro complesso, analogamente a quanto accade nell’azione sociale di
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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responsabilità regolata dal codice civile, indubitabilmente esercitabile
anche nei confronti di chi non era più in carica al tempo della citazione in
giudizio.
In caso di sottoposizione di istituto di credito ad amministrazione
straordinaria, l’autorizzazione rilasciata dalla Banca d’Italia ai sensi
dell’art. 72, comma 5, d.lg. n. 385 del 1993, al commissario straordinario
per l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dei disciolti organi
sociali deve ritenersi comprensiva anche dei direttori generali, in
considerazione della vicinanza di tale figura a quella dell’organo
amministrativo nell’organizzazione dell’impresa com’è testimoniato
dall’applicazione, ex art. 2396 c.c., ai direttori generali della disciplina
della responsabilità propria degli amministratori.
Il commissario liquidatore di un istituto bancario sottoposto a
liquidazione coatta amministrativa che subentra all’amministrazione
straordinaria del medesimo ente nel giudizio relativo all’azione di
responsabilità nei confronti dei disciolti organi sociali promossa ex art.
2393 c.c., non può, in prima udienza di trattazione, richiedere che venga
accertata la responsabilità degli amministratori anche ai sensi dell’art.
2394 c.c. a tutela dei creditori sociali, integrando tale domanda una
"mutatio libelli" inammissibile, in considerazione della diversità delle due
azioni di responsabilità, l’una regolata dall’art. 2393 c.c. di natura
contrattuale, fondata sull’inadempimento dei doveri imposti agli organi
sociali dalla legge o dall’atto costitutivo, l’altra, disciplinata dall’art. 2394
c.c. di natura extracontrattuale, priva di carattere surrogatorio e dotata di
un autonomo regime giuridico dell’onere della prova e della prescrizione.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 23 luglio 2007, n. 16213 (Pres.
CARNEVALE – Est. CECCHERINI), in Banca e borsa, 2009, II, 328, con nota
di F. MARZIALE (*).
Fallimento - Azione revocatoria fallimentare - Pagamenti Pagamento di cambiali - Anno anteriore alla dichiarazione di
fallimento - Computo - Riferimento all’emissione o alla girata
del titolo - Esclusione - Riferimento alla data del pagamento Necessità - Fondamento.
(legge fallimentare, art. 67, comma 2°; l. camb., artt. 1, 15).
In tema di azione revocatoria fallimentare, il requisito temporale del
compimento dell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, previsto
dall'art. 67, comma 2, l. fall., va accertato, nel caso di pagamento eseguito
in adempimento di cambiali, in riferimento non già all'emissione o alla
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
Periodo di riferimento: triennio 2007-2009.
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girata del titolo, che in quanto promessa di pagamento non ha l'effetto di
soddisfare immediatamente il prenditore, ma alla riscossione del credito,
che comporta la lesione della "par condicio creditorum".
CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 24 luglio 2007, n. 16300 (Pres.
CARBONE – Est. MORELLI), in Giur. comm., 2009, II, 330, con nota di F.
SIGNORELLI (*).
Fallimento - Opposizione - Alla sentenza dichiarativa Opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento - Diritti ed
onorari avvocato - Determinazione - Criteri - Ammontare del
passivo - Insussistenza - Valore indeterminabile - Applicabilità.
(r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 5 e 18; c.p.c., art. 10 e 17).
Ai fini della liquidazione dei diritti e degli onorari spettanti al
difensore in sede di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, il
valore della causa, da determinarsi sulla base della domanda ex art. 10
c.p.c., non va desunto dall'entità del passivo, non essendo applicabile in via
analogica l'art. 17 c.p.c. riguardante esclusivamente i giudizi di opposizione
ad esecuzione forzata, ma deve considerarsi indeterminabile, atteso che la
pronuncia richiesta è di revoca del fallimento e l'oggetto del giudizio,
relativo all'accertamento dell'insolvenza, si fonda sulla comparazione tra i
debiti dell'imprenditore e i mezzi finanziari a sua disposizione senza
investire la delimitazione quantitativa del dissesto, riservata al
subprocedimento di verificazione.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 31 marzo 2008, n. 8271 (Pres.
CARBONE – Est. MORELLI), in Giur. comm., 2009, II, 27, con nota di A.
TINA (*).
Fallimento - Dichiarazione di fallimento - Effetti - Beni del fallito
- Beni non compresi - Assicurazione sulla vita - Sopravvenuto
fallimento del beneficiario - Scioglimento del contratto Esclusione - Fondamento - Conseguenze - Esercizio del diritto di
riscatto da parte del curatore - Configurabilità - Esclusione Conseguenze - Estraneità delle somme dovute all'attivo
fallimentare.
(codice civile, art. 1923; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 46, 82).
In tema di contratto di assicurazione sulla vita, alla dichiarazione di
fallimento del beneficiario non consegue lo scioglimento del contratto, né il
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate.
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curatore - al pari di quanto previsto per le "somme dovute", di regola già
impignorabili secondo l'art. 1923 c.c. - può agire contro il terzo
assicuratore per ottenere il valore di riscatto della relativa polizza stipulata
dal fallito quand'era "in bonis", non rientrando tale cespite tra i beni
compresi nell'attivo fallimentare ai sensi dell'art. 46, comma 1 n. 5, l. fall.,
considerata la funzione previdenziale riconoscibile al predetto contratto,
non circoscritta alle sole somme corrisposte a titolo di indennizzo o
risarcimento.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 novembre 2008, n. 27013 (Pres.
PROTO – Est. PLENTEDA), in Giur. comm., 2009, II, 301, con nota di V.
BUONOCORE (*).
Fallimento - Società - Società con soci a responsabilità illimitata Fallimento della società e dei soci - Art. 147 l. fall. - Applicabilità
- Condizioni - Riferibilità alle società di capitali - Esclusione Fondamento
(codice civile, artt. 2362, 2497; legge fallimentare, art. 147).
In tema di fallimento delle società, l'applicabilità dell'art. 147 l. fall.,
che consente l'estensione del fallimento ai soci illimitatamente responsabili,
è subordinata alla duplice condizione che il socio sia illimitatamente
responsabile e che l'ente sia costituito nelle forme e con i caratteri della
società con soci a responsabilità illimitata; esso si riferisce esclusivamente
alle società di persone, nelle quali la responsabilità illimitata del socio è
conseguenza della natura del modello societario, è non è pertanto
applicabile alle società di capitali, in cui la responsabilità illimitata
rappresenta un'eventualità collegata all'assunzione da parte del socio, nel
corso della vita sociale e con riferimento ad uno specifico periodo, di una
responsabilità personale e solidale, in conseguenza della concentrazione
nelle sue mani della totalità delle azioni o delle quote (art. 2362 e 2497
c.c.), e quale riflesso del suo potere di determinare in via assoluta la
volontà dell'ente.
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A cura di
FEDERICO BRIOLINI
Associato nell’Università «G. d’Annunzio» di Chieti-Pescara
[email protected]
FRANCESCO ACCETTELLA
Ricercatore nell’Università di Roma «Tor Vergata»
[email protected]
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