Appunti di Elementi di Meccanica Statica del corpo rigido v 1.0 1 Forze La forza è un’azione agente su un corpo che tende ad alterarne lo stato di quiete o di moto. Esistono diversi tipi di forze e si possono suddividere ad esempio, da un punto di vista macroscopico, tra forze che agiscono a distanza e forze che agiscono per contatto. Tra le forze che agiscono a distanza si possono citare la forza elettrostatica, la forza magnetica, la forza gravitazionale; tra quelle agenti per contatto ci sono la pressione di liquidi e dei gas, la forza d’attrito, la forza scambiata tra solidi. Una forze può essere rappresentata come un vettore e spesso questa è una semplificazione. Nel caso ad esempio di una forza di contatto, la forza scambiata in realtà è data da una distribuzione (nel caso più generale non omogenea) di una pressione (di contatto per l’appunto). La risultante di questa pressione può essere rappresentata mediante una forza. La bontà della rappresentazione dipende dal tipo di problema che si sta considerando. Nel calcolo della forza necessaria a sollevare un peso non è necessario sapere come la forza viene impartita su questo. Nel caso invece in cui si vogliano fare considerazioni sulla resistenza di un dente di un ingranaggio, è necessario sapere come la forza è distribuita sulla superficie del dente. La forza è una grandezza che viene misurata in newton, simbolo [N]. 1.1 Forza peso La forza peso è la forza che due corpi si scambiano in virtù della loro massa. La forza è dovuta al fenomeno dell’attrazione gravitazionale, che è proporzionale alle due masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Per la stragrande maggioranza delle applicazioni nella meccanica l’attrazione gravitazionale causa forze semplicemente proporzionali alla massa del corpo in questione, in quanto la variazione di distanza del corpo in questione rispetto al centro della pianeta Terra è trascurabile. La forza agente su un corpo sulla Terra è uguale al prodotto della sua massa per una costante g detta costante di accelerazione gravitazionale, il cui valore è approssimativamente 9.81 m/s2 . Quindi un corpo della massa di 1 kg è soggetto alla forza di 9.81 N, diretta lungo una retta perpendicolare al suolo (se pianeggiante!) e diretta verso il basso. 1.2 Principi di equilibrio Avendo definito la forza come azione che tende ad alterare lo stato di un corpo, viene naturale considerare le condizioni di equilibrio come quelle condizioni per le quali le forze agenti sul sistema si bilancino in modo tale da 2 Figura 1: Forze concorrenti in equilibrio lasciare il sistema inalterato. Considerando l’effetto di due forze collineari e opposte, ovvero di uguale direzione e modulo ma di versi opposti, si può facilmente intuire che queste non alterano lo stato di un corpo. Rappresentando le due forze agenti come due vettori, che chiamiamo F1 e F2 come in figura 1, possiamo calcolare la somma dei due vettori. Dato che le forze hanno stessa direzione e modulo ma versi opposti la somma delle due forze è pari a F1 + F2 = 0 Sulla base di questa considerazione, utilizzando le proprietà dei vettori possiamo anche investigare casi più complessi nei quali ci sono più forze agenti. Aggiungendo infatti al sistema formato dalle due forze già citate F1 e F2 altre forze concorrenti (ovvero le cui rette di azione abbiano un unico punto di intersezione) la cui somma vettoriale è nulla, come ad esempio R1 , R2 e R3 mostrate in figura, si ottiene F1 + F2 + (R1 + R2 + R3 ) = 0 + 0 = 0 Aggiungendo quindi ad un sistema in equilibrio delle forze in equilibrio tra loro, l’equilibrio del sistema non è variato. Diverso è il caso di forze non concorrenti (o parallele), ovvero che agiscono lungo rette parallele. Le forze in questo caso non si incontrano in un punto: è necessario introdurre considerazioni geometriche per valutare l’equilibrio del sistema. È utile esemplificare il concetto di equilibrio di un sistema di forze parallele mediante un sistema fisico ben noto, quello della leva. La leva è una macchina elementare che consente l’amplificazione, la riduzione o l’inversione del verso di una forza. La leva è costituita da due elementi, un’asta rigida e un fulcro, che è un punto fisso attorno al quale la leva può ruotare liberamente. In figura 2 è mostrata una leva che presenta i due bracci di uguale lunghezza. Alle estremità sono appoggiati due corpi di uguale massa m. Su questi agisce la forza di gravità; la forza agente sui due corpi è quindi uguale e pari a mg, con direzione e verso come indicato in figura. Il fulcro fornirà 3 Figura 2: Leva in equilibrio la forza necessaria ad impedire che la leva “se ne vada a spasso”. In figura 2 è indicato un modello della leva e dei due corpi. Ricorrendo un po’ al senso comune, derivato dalle esperienze quotidiane, non è difficile supporre che la forza F fornita dal fulcro dovrà vincere le due forze peso mg. Sempre ricorrendo al senso comune, risulta difficile supporre che la forza F debba essere superiore alla somma delle forze peso: sarebbe come supporre che è più difficile sollevare due corpi da 5 kg che uno solo da 10 kg! In effetti il valore della forza F si calcola è proprio pari a 2mg: in questo modo il sistema è in equilibrio. Si possono fare una serie di considerazioni interessanti a partire dal modello della leva e delle forze in gioco di figura 2. Innanzitutto si può osservare che vale la seguente uguaglianza: detta l la lunghezza della leva l F = l · mg 2 che è facilmente verificabile sostituendo a F il valore che assume perché il sistema sia in equilibrio, ovvero 2mg l · 2mg = l · mg 2 Questa uguaglianza esprime una condizione di equilibrio di forze parallele. È diversa dalla condizione di equilibrio, che ci ha portato ad affermare che F è pari a 2mg, in quanto prende in considerazione anche la distanza tra le rette di applicazione delle forze. 1.3 Sistemi di forze equivalenti Grazie alle due proprietà appena trovate è possibile estendere il calcolo della somma di due forze al caso in cui queste non siano concorrenti. In figura 3 sono indicate due forze Fa e Fb , delle quali si vuol trovare una forza equivalente, Fc . 4 Figura 3: Somma di forze parallele La forza Fc deve essere equivalente alle due forze Fa e Fb , quindi la direzione di applicazione sarà parallela a quella delle altre due. Dato che le due forze sono equiverse anche la forza Fc assumerà lo stesso verso. Il modulo sarà pari alla somma dei moduli Fa + Fb , dato che le due forze sono equiverse. Nel caso in cui le forze avessero versi opposti i moduli andrebbero sottratti (la scelta di minuendo e sottraendo è arbitraria); in questo caso può essere necessario invertire il verso della forza Fc qualora si ottenga un modulo negativo. Il calcolo di dove la retta di applicazione della forza equivalente vada posizionata può essere fatta imponendo la seguente uguaglianza OA · Fa + OB · Fb = OC · Fc che si risolve sostituendo al modulo Fc il valore calcolato Fa + Fb OC = OA · Fa + OB · Fb Fa + Fb Bisogna sottolineare che il punto O è stato scelto in modo arbitrario: la sua posizione non ha alcuna influenza sul risultato. Si può estendere il risultato al caso in cui ci sia una distribuzione uniforme di forze agenti in un’unica direzione (vedi figura 4). Innanzitutto è necessario calcolare la direzione, il modulo e il verso della forza equivalente. Direzione e verso sono facilmente individuabili: la direzione è parallela a quella della forza uniformemente distribuita f, cosı̀ pure il verso. Il modulo della forza è calcolabile moltiplicando la densità lineare f della forza per la lunghezza della distribuzione, pari a l 5 Figura 4: Somma di forze parallele uniformemente distribuite F =l·f Il calcolo della posizione alla quale la retta di applicazione della forza va posta deve essere in generale fatta ricorrendo al calcolo integrale. In questo caso però si può impiegare un metodo più elegante e sfruttare la simmetria della distribuzione della forza. Essendo infatti la forza uniformemente distribuita sulla lunghezza l, la forza equivalente andrà collocata a metà della stessa. 1.4 Equazioni cardinali della statica Dagli esempi notevoli presentati nella sezione precedente si possono trarre le seguenti considerazioni: 1. perché un sistema di forze sia in equilibrio è necessario che la loro azione si annulli mutualmente; 2. nel caso in cui le forze siano concorrenti, la condizione precedente si traduce nell’annullarsi della somma dei vettori che le rappresentano; 3. nel caso in cui il sistema sia composto da forze parallele, deve valere la stessa condizione per la quale un sistema di forze concorrenti è in equilibrio: questa condizione è necessaria ma non sufficiente; 4. nel caso precedente vi è la condizione aggiuntiva che la somma dei prodotti delle forze per la loro distanza da un punto sia nulla. 6 Si definisce momento di una forza rispetto ad un punto O il vettore MO = b × F dato dal prodotto vettoriale di una forza F per il vettore che congiunge il punto O con il punto di applicazione della forza. Dato che si considerano solo sistemi piani, i momenti delle forze sono sempre perpendicolari al piano nel quale il sistema giace. La notazione vettoriale è in qualche modo ridondante e quindi ci si può limitare a considerare il modulo del momento di una forza e si assegna un segno per riportare l’informazione sul verso del vettore. Si definiscono quindi positivi i momenti antiorari e negativi i momenti orari. L’unità di misura del momento di una forza è il newton metro [N m]. Si definiscono quindi le equazioni cardinali della statica come ( P F=0 P MO = 0 dove O è un punto generico del piano. La validità di questo sistema di equazioni fornisce una condizione necessaria e sufficiente affinché un sistema di forze sia in equilibrio. 2 Corpo rigido Un corpo rigido è un corpo che non è soggetto a deformazione, ovvero la posizione di un suo punto relativa al resto del corpo non varia mai. L’assoluta rigidità di un corpo è ovviamente un’astrazione ma per moltissimi casi applicativi le deformazioni che un corpo subisce sono trascurabili, nel senso che non influiscono sul risultato di un calcolo che non le prenda in considerazione. 2.1 Proprietà Un corpo rigido può essere dotato di massa, che dipende dalla densità del materiale che lo costituisce e dal volume che occupa. Non necessariamente la densità di un corpo è omogenea in tutto il suo volume. In tal caso è necessario prendere in considerazione la distribuzione della densità per calcolare la massa del corpo. Per un corpo di densità omogenea, la massa m può essere calcolata come prodotto della densità ρ per il volume occupato V m=ρ·V Nel caso in cui il corpo non sia omogeneo la massa è il risultato della somma delle masse dei volumi nei quali la densità del corpo è omogenea, ovvero 7 Figura 5: Baricentri di figure geometriche simmetriche m= X ρi · Vi i La massa di un corpo è espressa in [kg], il suo volume in [m3 ] e quindi la densità si misura in [kg/m3 ]. Centro di massa La massa di un corpo può ritenersi concentrata in un punto ben definito, detto centro di massa o anche baricentro. Questo punto non necessariamente è interno al corpo; infatti si può definire anche il centro di massa di un sistema di corpi. Per il calcolo del centro di massa di un corpo è necessario ricorrere al calcolo integrale. Corpi che presentano simmetrie però consentono l’individuazione del centro di massa senza ricorrere a formule. Vale infatti la proprietà che il centro di massa di un corpo giace sugli (eventuali) assi di simmetria. In figura 5 sono rappresentate alcune figure geometriche piane con il loro centro di massa. Il baricentro di un generico triangolo è individuabile tracciando le mediane (sono sufficienti due!) e individuando la loro intersezione. Quando un corpo è soggetto alla forza di gravità si può supporre che questa sia applicata nel suo centro di massa (da qui l’origine del termine baricentro il cui significato originale è “centro del peso”). Il centro di massa G di un sistema di corpi è calcolabile mediante la seguente formula P rG = i mi · rG,i i mi P dove mi è la massa dell’i-esimo corpo appartenente al sistema e rG,i la posizione del suo centro di massa rispetto ad un sistema di riferimento. Tale 8 formula può essere anche applicata al calcolo del baricentro di corpi dalla geometria complessa ma scomponibile in figure elementari delle quali si conosce il baricentro. 2.2 Gradi di libertà e gradi di vincolo Un corpo rigido non soggetto a vincoli gode nel piano di tre gradi di libertà. Questo significa che è possibile posizionarlo liberamente nel piano e sceglierne l’orientazione rispetto ad un sistema di riferimento fisso. Ad esempio si può imporre che un punto P del corpo debba appartenere ad una retta r. Il corpo quindi è soggetto ad un vincolo del tipo P ∈r ovvero detta y = mx + q l’equazione di tale retta, le coordinate (xP , yP ) di P devono soddisfare l’equazione yP = mxP + q In altre parole il punto P del corpo è libero di assumere qualunque posizione appartenente però alla retta r. Inoltre questa condizione di vincolo non specifica quale orientazione debba assumere il corpo, quindi anche la sua posizione angolare è libera. Il corpo cosı̀ vincolato gode di due gradi di libertà. Una condizione di vincolo che costringe il corpo ad assumere una certa orientazione toglie un grado di libertà, consentendone però il libero posizionamento nel piano. Un ulteriore vincolo può essere imposto al corpo lasciando cosı̀ un solo grado di libertà. Il corpo risulta quindi libero o di ruotare (e quindi i vincoli si traducono nel fissare la posizione di un suo punto) o di traslare lungo la retta y = mx + q mantenendo fissa la propria orientazione rispetto al sistema di riferimento. Rimuovendo anche quest’ultimo grado di libertà il corpo non può che assumere una posizione: i gradi di vincolo annullano tutti i gradi di libertà. Esistono chiaramente molte tipologie di vincolo, anche piuttosto complesse. Invece che ad una retta, un punto del corpo potrebbe essere vincolato a percorrere una traiettoria complessa (si pensi ad esempio alle vetture di un ottovolante, che posseggono un grado di libertà, nonostante compiano numerose evoluzioni nello spazio). Oppure la rotazione del corpo potrebbe essere legata alla sua posizione lungo una traiettoria (si pensi ad un disco che rotola senza strisciare su una superficie). 9 Figura 6: Vincoli cinematici 2.3 Tipologie di vincolo I vincoli più comuni sono quelli che impongono delle condizioni ad un punto del corpo, alla sua orientazione o una combinazione delle due. In figura 6 sono indicate le rappresentazioni dei vincoli più comuni: nell’ordine carrello, cerniera, pattino, incastro. Carrello Il pattino vincola la posizione di un punto del corpo a giacere su un linea, non necessariamente retta. Se la linea ha equazione y = f (x) le coordinate del punto devono soddisfare quest’equazione. Il carrello introduce un grado di vincolo. Cerniera La cerniera vincola la posizione di un punto del corpo ad assumere una posizione ben determinata, coincidente con quella di un punto fisso P. Le coordinate di un punto del corpo sono quindi (xP , yP ). La cerniera introduce due gradi di vincolo. Pattino Il pattino vincola un corpo a traslare lungo una linea ben determinata e a mantenere una certa orientazione rispetto ad essa. Le coordinate di un punto del corpo sono quindi devono soddisfare una certa funzione y = f (x) (come nel caso del carrello) e l’orientazione del corpo deve essere funzione della stessa funzione. Il pattino introduce due gradi di vincolo. 10 Incastro L’incastro vincola un corpo ad assumere una posizione ben definita e una certa orientazione. Il pattino introduce tre gradi di vincolo; al corpo non è ammesso quindi alcuno spostamento. La posizione del corpo è quindi univocamente definita mediante la posizione di un suo punto P e l’orientazione del corpo rispetto ad un sistema di riferimento. 2.4 Condizioni di vincolo Un corpo può essere vincolato in molti modi che ricadono però in una delle seguenti condizioni: • ipostaticità, ovvero il corpo gode di uno o più gradi di libertà; • labilità, ovvero il corpo è vincolato in modo tale che i vincoli sono in numero uguale ai gradi di libertà e non riescono però ad impedire piccoli (o meglio infinitesimi ) spostamenti del corpo; • isostaticità, ovvero i vincoli agenti sul corpo sono in numero uguale ai gradi di libertà; • iperstaticità, ovvero i gradi di libertà del corpo sono nulli in virtù dei vincoli applicati che sono però in numero sovrabbondante; • ridondanza, ovvero il corpo possiede dei gradi di libertà e al contempo ci sono più vincoli del necessario per impedire alcuni movimenti. Nelle figure 7, 8 e 9 sono rappresentati degli esempi di corpo vincolato che facilitano la comprensione delle definizioni appena introdotte. Ipostaticità La condizione di ipostaticità comporta la possibilità di movimento del corpo in questione. In figura 7, il corpo di sinistra può ruotare liberamente attorno al punto A. Il vincolo quindi lascia un grado di libertà al corpo. Labilità La condizione di labilità comporta la possibilità di spostamento infinitesimo del corpo in questione. In figura 7, il corpo di destra può ruotare attorno al punto A, mentre il carrello impedisce la traslazione del punto B nella direzione individuata dalla retta passante per i punti A e B. Questi vincoli non 11 Figura 7: Ipostaticità e labilità Figura 8: Isostaticità e iperstataticità Figura 9: Ridondanza 12 impediscono però uno spostamento infinitesimale (ovvero piccolo a piacere) del punto B lungo la retta passante per B e perpendicolare a quella passante per A,B. Isostaticità La condizione di isostaticità viene raggiunta quando i gradi di vincolo sono nello stesso numero che i gradi di libertà e non sono consentiti spostamenti infinitesimali. In figura 8, il corpo di sinistra può ruotare attorno al punto A per effetto della cerniera ma il carrello impedisce questo movimento, visto che la retta lungo la quale il punto B può traslare non è perpendicolare alla congiungente i punti A,B. Iperstaticità La condizione di iperstaticità viene raggiunta quando i gradi di vincolo sono in numero maggiore dei gradi di libertà e non sono consentiti spostamenti. In figura 8, il corpo di destra può ruotare attorno al punto A per effetto della cerniera ma è la cerniera questa volta ad impedire il movimento. dato che è sufficiente un carrello per impedire questa rotazione, si dice che il corpo è vincolato iperstaticamente. Ridondanza La condizione di ridondanza si verifica quando il corpo si può muovere (a cui corrisponderebbe una condizione di ipostaticità) ma al contempo ci sono più vincoli del necessario per impedire un’altra serie di uno o più movimenti. Il corpo in figura 9 può traslare lungo la direzione indicata dalle frecce ma non può né traslare in direzione perpendicolare né ruotare rispetto a questa. A questo fine è sufficiente la presenza di due carrelli anziché tre. In questo senso il corpo è vincolato iperstaticamente. 13