Sapienza Università di Roma - Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura Dottorato di Ricerca in Scienze della Rappresentazione e del Rilievo - Settore disciplinare ICAR 17 Tesi di Dottorato di Ricerca D.P.R. 11/7/1980 - Ciclo XXVIII - I Sessione 2016 Dott. ssa Michela Ardito Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Scuola Nazionale di Dottorato in Scienze della Rappresentazione e del Rilievo Copyright Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura, Roma 2015 Tutti i diritti sono riservati: nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo (compresi fotocopie e microfilm) senza il permesso scritto del dottorando di ricerca in “Scienze della Rappresentazione e del Rilievo dell’Architettura” Scuola Nazionale di Dottorato V ciclo - 2012/2015 in Scienze della Rappresentazione e del Rilievo Sede centrale di coordinamento Sapienza Università di Roma Direttore Riccardo Migliari Sedi consorziate Politecnico di Bari Università di Catania - Siracusa Università degli Studi “G. D’Annunzio” Chieti - Pescara Università degli Studi di Firenze Università degli Studi di Palermo Università Mediterranea di Reggio Calabria Sapienza Università di Roma Sapienza Università di Roma Dottorato di Ricerca in Scienze della Rappresentazione e del Rilievo XXVIII Ciclo - Settore disciplinare ICAR 17 Coordinatore Riccardo Migliari Collegio del Dottorato Laura Baratin, Carlo Bianchini, Laura Carnevali, Laura Carlevaris, Marco Carpiceci, Andrea Casale, Emanuela Chiavoni, Michela Cigola, Pierpaolo D’Agostino, Laura De Carlo, Tommaso Empler, Marco Fasolo, Carlo Inglese, Elena Ippoliti, Alfonso Ippolito, Fabio Lanfranchi, Maria Martone, Riccardo Migliari, Lia Maria Papa, Leonardo Paris, Paola Quattrini, Luca Ribichini, Graziano Mario Valenti Dottoranda Michela Ardito Coordinatore del Dottorato Riccardo Migliari Tutor Elena Ippoliti Tutor Andrea Casale Indice 1.0 Introduzione 1.1 Inquadramento generale della ricerca 1.2 Obiettivo della ricerca 1.3 Articolazione della ricerca 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie 2.1. Dispositivi per lo ‘spazio chiuso’: il museo 2.2. Dispositivi per lo ‘spazio aperto’: guide e mappe 2.3. La comunicazione dei beni culturali tra design dell’esperienza e Digital Heritage 2.4 Le tecnologie digitali per la comunicazione dei beni culturali: casi studio 2.5 Lo ‘spazio chiuso’: casi studio per esperienze soggettive 2.6 Lo ‘spazio chiuso’: casi studio per esperienze condivise 2.7 Lo ‘spazio aperto’: casi studio per esperienze soggettive 2.8 Lo ‘spazio aperto’: casi studio per esperienze condivise 2.9 Lo spazio urbano: casi studio 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello 3.1 L’impostazione generale 3.2 L’articolazione della sperimentazione 3.3 Il progetto della città universitaria e il “quadrato piacentiniano” 3.4 La costruzione del modello. Dal controllo metrico-geometrico alla resa percettiva 4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale 4.1 Il panorama sferico statico 4.1.1 Proiezioni equirettangolari e cubiche 5 5 5 6 13 13 15 20 21 24 26 28 4.1.2 Realizzazione di panorami sferici statici e virtual tour 4.2 Il panorama sferico dinamico 4.2.1 Il panorama dinamico come sviluppo dei panorami multi immagine 4.2.2 Realizzazione di panorami sferici dinamici 4.3 La fruizione off/online e l’orientamento dei panorami 5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica 5.1 La Prospettiva dinamica interattiva 5.1.1 Dal modello al real time 5.1.2 La costruzione del modello navigabile real-time. 5.2 La navigazione 3D stereoscopica 5.2.1 La realizzazione del modello immersivo navigabile 79 85 86 87 92 97 97 98 99 110 114 30 34 6.0 Integrazione dei modelli navigabili per un’applicazione per dispositivo mobile 6.1 APP nativa e web APP 6.2 Il progetto dell’applicazione 123 123 124 47 47 49 Conclusioni 133 Bibliografia 139 Abstract 147 50 54 75 75 77 1.0 Introduzione Michela Ardito 1.0 Introduzione 1.1 Inquadramento generale della ricerca Il contesto delle riflessioni da cui è originata la tesi è quello delle applicazioni dell’Information Communication Technology al Patrimonio Culturale, in particolare nel segmento che vede l’innovazione tecnologica quale veicolo attivo e intelligente per la comunicazione dei Beni Culturali attraverso la costruzione di percorsi esperenziali e partecipativi. Negli ultimi anni, infatti, è stata sempre più sentita l’esigenza di favorire l’accesso alla conoscenza del Patrimonio Culturale da parte di fasce ampie di utenti e in questa direzione si è operato per individuare nuove strategie e modalità per la comunicazione del Patrimonio. Una nuova attenzione alla “comunicazione” da cui sono derivate diverse esperienze e ricerche centrate sul rinnovamento dei modi e delle forme di offrire la conoscenza sul Bene Culturale e che in parte hanno messo in crisi i modi più “tradizionali” della comunicazione culturale. coscrivere l’ambito di interesse della tesi, è stato adottato un particolare caso studio, il progetto di Marcello Piacentini del 1935 per la Città Universitaria di Roma. La particolarità del caso studio ha permesso di orientare la ricerca nella direzione delle possibili applicazioni in un segmento applicativo non troppo usuale, quello dello spazio aperto e in particolare dello spazio urbano. Nel segmento dei beni architettonici e dello spazio urbano si ritiene infatti che una corretta comunicazione non possa che partire dalla riproposizione dello spazio tridimensionale che diviene così “scena digitale 3D”, una modalità di accesso ai contenuti culturali che agisce attraverso il coinvolgimento sensoriale ed emozionale, costituendosi come valore aggiunto per la comunicazione e la fruizione (fig. 1). A partire da tale contesto generale, la tesi ha però approfondito le questioni teoriche e sperimentali secondo un orizzonte disciplinare, riflettendo sulle possibilità offerte dalle tecnologie visuali per la simulazione dello spazio al fine di proporre “rappresentazioni” attraverso cui realizzare una comunicazione accessibile, partecipata e coinvolgente dei Beni Culturali. Il fulcro di interesse della tesi è perciò relativo all’approfondimento disciplinare dei “modelli” per la comunicazione e valorizzazione del Patrimonio Culturale. Il punto di vista adottato nella tesi è stato quello di indagare il segmento dei modelli digitali navigabili, proponendo diverse esperienze di fruizione e visita dei Beni Culturali ma sempre a partire dalle diverse declinazioni di un modello tridimensionale. 1.2 Obiettivo della ricerca Nel quadro delle riflessioni appena accennate, per meglio cir- 1/ Inserimento del modello 3D costruito tramite il materiale iconografico del ‘35, sulla planimetria dell’arch. M Piacentini del 1935 5 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito L’intenzione principale delle sperimentazioni della tesi è dunque quella di riproporre ai possibili visitatori uno tra i progetti urbani più impegnativi, per dimensione e per destinazione d’uso, condotto a termine in soli tre anni dal regime fascista. Un esempio che è certamente importante testimonianza dell’architettura degli anni ’30 in Italia e della volontà di conciliare la modernità con la tradizione attraverso l’adozione di un linguaggio “semplificato” fatto di pure masse e volumi ed elementi decorativi astratti e asciutti. Se ad uno sguardo superficiale può apparire che la Città Universitaria non abbia subito rimaneggiamenti, invece un’analisi più attenta dimostra come le necessità d’uso abbiano introdotto significative modificazioni degli spazi e dei volumi, con aggiunte e superfetazioni di fabbricati, sostituzioni di manufatti, diversa viabilità, sostituzione dell’impianto vegetazionale, ecc (figg. 2, 3). Da tale constatazione, si è deciso di assumere quale caso studio non lo stato attuale ma il progetto e in particolare l’autentico fulcro dell’intero progetto, ovvero la vasta piazza della Minerva, disposta trasversalmente all’asse del viale che ha inizio dall’ingresso monumentale, la cui forma rettangolare viene definita dagli edifici che vi si affacciano. La tesi ha dunque orientato secondo questi intendimenti generali le sperimentazioni e le applicazioni sono perciò state 3/ Fotografia del 1935, cortile interno Scuola di Matematica (da archivio Storico Sapienza) condotte a partire dalla formulazione di ipotesi tridimensionali ricostruttive dell’unità figurale del cosiddetto “quadrato piacentiniano”, con l’obiettivo di concorrere al miglioramento della leggibilità stessa del Bene. Tali sperimentazioni sono più in generale riferibili all’ambito denominato “restauro virtuale” dove le simulazioni digitali sono vere e proprie “reintegrazioni digitali” da formularsi sulla base di attente ipotesi storico-critico-estetiche condotte in modo da corrispondere alle due istanze, quella storica e quella estetica, che secondo la definizione di Cesare Brandi insieme concorrono a qualificare un’opera d’arte. Una storia che può essere rintracciata, ricostruita e narrata a partire soprattutto dai disegni di progetto e che solo in questo modo potrà essere comunicata anche agli utenti ‘non esperti’. 1.3 Articolazione della ricerca Con riferimento al quadro e agli obiettivi generali, la ricerca si è articolata in tre fasi principali. 2/ Fotografia dello stato attuale, cortile interno Scuola di Matematica (da archivio Storico Sapienza) 6 La prima fase è stata finalizzata alla definizione dello stato dell’arte nel segmento degli applicativi tecnologici per la comunicazione e valorizzazione del Patrimonio Culturale, analizzando nel dettaglio alcuni prodotti ritenuti maggiormente significativi. 1.0 Introduzione Michela Ardito In particolare questa ricognizione è stata orientata con riferimento innanzitutto al tipo di fruizione/oggetto (se in uno spazio chiuso o in uno spazio aperto) e al tipo di esperienza proposta agli utenti (se soggettiva o se condivisa); poi si è soffermata soprattutto su quelle applicazioni rivolte nello specifico allo spazio urbano in quanto maggiormente coerenti con l’ambito della tesi. Una ricognizione che ha preso le mosse da alcune brevi riflessioni sui dispositivi tradizionali della comunicazione, concentrandosi su due tipologie principali distinte per qualità dello ‘spazio’, ovvero il museo, uno spazio chiuso dove la fruizione del Bene Culturale è sradicata dal contesto originario, e le guide e le mappe turistiche, interfacce attraverso cui l’utente è guidato nello ‘spazio aperto’ per la fruizione del Bene Culturale (figg. 4 - 6). La seconda fase della ricerca ha avuto al suo centro il caso studio, il progetto del quadrato piacentiniano. La fase è stata indirizzata alla ricerca delle informazioni necessarie per la costruzione del modello tridimensionale digitale in modo da basarlo su informazioni puntuali e rigorose ricavate dallo stato di fatto e soprattutto dalla documentazione storica. Con relazione a quest’ultimo punto, i principali documenti assunti, e che hanno consentito di corrispondere 4/ Museo delle pure forme, Museo dell’Opera del Duomo, Pisa. Galleria virtuale di sculture digitali esplorabili grazie alle tecnologie indossabili. Esempio di applicazione tecnologica fruibile nello “spazio chiuso” per esperienza soggettiva. 5/ Installazione per il concorso Youtube Play, Museo Guggenheim & You Tube, 2010, New York. Proiezioni di video realizzati ad hoc da artisti di tutto il mondo. Esempio di applicazione tecnologica fruibile nello “spazio aperto” per esperienza condivisa. all’istanza storica come definita da Cesare Brandi, sono stati soprattutto quelli storico-iconografici, in particolare i disegni di progetto, comunque integrati da puntuali ricerche bibliografiche, da cui sono state derivate le fondamentali notizie cronologiche. Relativamente ai materiali storico-iconografici le fonti principali sono state l’Archivio Storico della Sapienza, l’Archivio cinematografico dell’Istituto Luce e il fascicolo speciale che la rivista “Architettura” dedica alla città universitaria nel 1935. Sulla base delle documentazioni iconografiche reperite, soprattutto i disegni di progetto e le diverse foto d’epoca, dai confronti derivati da numerosi sopralluoghi sono emerse alcune significative differenze tra lo stato attuale della piazza e quello del 1935 (figg. 7, 8). Purtroppo, in alcuni casi, non è stato possibile identificare con assoluta certezza la consistenza dei cambiamenti avvenuti, sia per l’impossibilità di reperire la necessaria e corretta documentazione e sia perché tali modifiche sono avvenute reiterando forme e tecniche costruttive simili a quelle originali. 7 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito menti operativi, ha avuto come obiettivo generale quello di proporre esperienze di “visita virtuale” al progetto del quadrato piacentiniano. A tale scopo sono state esplorate diverse applicazioni per differenti tipologie di “modelli visuali navigabili”, dapprima inquadrandole rispetto alle questioni scientifico-disciplinari e poi successivamente analizzate nei loro essenziali passaggi procedurali. 6/ APP NERVAR, Giovanni Murru, Roma. Rintracciato l’oggetto sulla mappa, si utilizza la tecnologia della realtà aumentata per visualizzare la ricostruzione 3D. Essa può funzionare per “riconoscimento di forma” o tramite segnale GPS. Esempio di applicazione tecnologica fruibile nello spazio urbano Nonostante la consistenza del materiale iconografico, in alcuni casi i disegni esecutivi del progetto non erano comunque esaustivi per una completa costruzione tridimensionale degli edifici. In questi casi le lacune sono state integrate grazie alle fotografie storiche reperite, da cui sono state desunte quelle ulteriori informazioni per una ricostruzione di massima che ha permesso di approntare il modello generale con un’attendibilità coerente ad una scala di rappresentazione di 1:200 (fig. 9). La terza fase della ricerca è stata dedicata alla verifica sperimentale delle possibilità offerte dalle tecnologie visuali per la simulazione dello spazio al fine di proporre “rappresentazioni” attraverso cui realizzare una comunicazione accessibile, partecipata e coinvolgente dei Beni Culturali. Il complesso delle sperimentazioni, articolato in diversi mo- 8 Il primo momento operativo delle sperimentazioni è stato indirizzato alla costruzione del modello tridimensionale digitale basandolo sulle informazioni puntuali ricavate dallo stato di fatto e dalla documentazione storica. A partire da tali informazioni, del caso studio è stato possibile ripercorrere il processo storico e darne una lettura interpretativa, per formulare un’ipotesi tridimensionale ricostruttiva del “progetto del quadrato piacentiniano”. In particolare dall’interpretazione dei diversi disegni di progetto è derivata l’individuazione delle principali geometrie generatrici compositive e delle maglie strutturali che, una volta verificata la coerenza con le realizzazioni, ha consentito di orientare la modellazione. Infine ci si è dedicati alla resa percettiva dei modelli in modo da corrispondere all’istanza estetica come definita da Cesare Brandi. Coerentemente con l’interpretazione storico-critica sono stati fissati i trattamenti delle superfici dei modelli e degli spazi urbani, derivandoli dall’interpretazione dei disegni di progetto (fig. 10). L’ultimo momento ha riguardato le applicazioni di diversi “modelli visuali navigabili” proponendo differenti percorsi culturali per la “visita” del Bene, fruibili in presenza e non, secondo diversi livelli di interattività e/o immersività. Punto di partenza delle diverse applicazioni è stato il “modello tridimensionale”, via via integrato e sperimentato per diversi ambienti. In particolare le applicazioni propongono l’esplorazione delle ricostruzioni digitali dei progetti dei casi studio sperimentando: - il panorama sferico statico, ovvero un modello digitale da cui sono derivate rappresentazioni panoramiche e virtual tour navigabili a 360° ma solo da punti di vista prefissati, dunque fruibili in modo discreto e discontinuo (figg. 11, 12); - il panorama sferico dinamico, ovvero un modello digitale da cui sono derivati video panoramici navigabili a 360° da più punti di vista e percorsi scelti dagli utenti, dunque fruibili con 1.0 Introduzione Michela Ardito 7/ Prospettiva verso la Facoltà di Mineralogia e Geologia, soluzione 1933. (da Archivio storico “Sapienza”) 8/ Fotografia del 1935. (da Archivio storico “Sapienza”) 9 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 9/ Modello matematico di Piazza della Minerva e degli edifici che vi affaciano, approssimabile alla scala di rappresentazione 1:200 maggiore interazione e fluidità rispetto ai panorami sferici dinamici (fig. 13), - la prospettiva dinamica interattiva per la navigazione in real-time del modello digitale, che consente un’elevata interazione con lo spazio ricostruito potendolo esplorare in modo fluido e continuo (fig. 14), - la prospettiva dinamica sia interattiva e sia immersiva che consente un’esperienza per così dire totalizzante (fig. 15). Infine, l’ultimo step delle sperimentazione è stato dedicato alla proposta di un’integrazione dei modelli navigabili attraverso la predisposizione di un’applicazione per dispositivi mobili (fig. 16). In conclusione la ricerca condotta con la tesi ha inteso offrire il suo contributo al settore che vede nell’innovazione tecnologica digitale un’opportunità di veicolare la comunicazione dei Beni Culturali attraverso la costruzione di strumenti per la fruizione di visite ed itinerari cognitivamente ed emozionalmente coinvolgenti nel rigoroso rispetto delle coordinate 10/ Rendering del modello, vista dal centro di piazza della Minerva verso la Facoltà di Mineralogia e Geologia 10 1.0 Introduzione Michela Ardito 13/ Fermo immagine del panorama sferico dinamico nel player dedicato. 11- 12/ Immagine equirettangolare utilizzata per realizzare panorami sferici statici. Istantanea di navigazione nel web. scientifiche della Rappresentazione e del Disegno che hanno orientato l’utilizzo delle tecnologie digitali. L’intero lavoro è stato infatti fondato sulla scommessa di costruire, in un continuo di relazione tra presupposti teorici e soluzioni applicative pratiche, un sistema comunicativo finalizzato ai Beni Culturali immediato e coinvolgente, ancorato alle consolidate basi teoriche ereditate dal passato e al tempo stesso proiettato verso le innovazioni tecnologiche di un presente sempre aperto alle suggestioni del futuro. 14/ Navigazione real-time del modello digitale, vista di piazza della Minerva con fontana e statua 11 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito Nella fiducia che, seppur minimo, il contributo offerto possa servire da stimolo ad ulteriori studi e sperimentazioni tecno- logiche nel settore informatico relativo ai Beni culturali. 15/ Navigazione stereoscopica real-time del modello digitale tramite Google Cardboard per una visualizzazione ancora più immersiva e coinvolgente dello spazio. 16/ Simulazione della proposta di integrazione dei modelli navigabili attraverso la predisposizione di un’applicazione per dispositivi mobili 12 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Negli ultimi anni è stata sempre più sentita l’esigenza di favorire l’accesso alla conoscenza del patrimonio culturale da parte di fasce sempre più ampie di utenti e in questa direzione si è operato per individuare “nuove strategie di promozione e comunicazione del patrimonio, per far sì che la sua frequentazione diventi un’abitudine consolidata di molti”1. Strategie che rafforzano il concetto stesso di “bene culturale” come fu definito nel 1967 dal Rapporto della Commissione Franceschini che ampliò il campo di interesse del patrimonio culturale per ricomprendere ogni “testimonianza materiale avente valore di civiltà”2. Un punto di vista assolutamente nuovo, che metteva al centro dell’interesse non più i valori estetici, ma quelli storici, non tanto l’oggetto materiale quanto il valore culturale che il bene rappresentava3. Secondo questa definizione di bene culturale era infatti già allora la funzione sociale4, da cui derivava la necessità della più estesa ed effettiva fruizione da parte della collettività del valore culturale da questo custodito5. Per questo già allora il Rapporto fissava alcuni “diritti” sui beni culturali: quello all’informazione – da attuare attraverso la pronta comunicazione nelle forme più idonee ai fini scientifici6 - e quello alla conoscenza culturale e al godimento - da realizzare secondo quelle forme ritenute maggiormente adeguate7. Negli ultimi anni, dunque, da questa nuova attenzione alla “comunicazione” sono derivate diverse esperienze e ricerche centrate sul rinnovamento dei modi e delle forme di offrire la conoscenza sul bene culturale. In particolare, in seguito allo sviluppo delle tecnologie digitali, e dei media di informazione più in generale, anche l’Amministrazione del MIBACT ha sentito la necessità di un “confronto con le molteplici forme di comunicazione presenti nella società contemporanea che (…) stanno rivelando nuove e stimolanti potenzialità e campi di applicazione sempre più diversificati”8. Molte tra queste esperienze e ricerche sulle possibili applicazioni dell’ICT al patrimonio culturale hanno di fatto messo in crisi i modi della comunicazione culturale che è possibi- le definire come “tradizionali”. In questo contesto, prima di procedere nella tesi, si è sentita la necessità di una seppur sintetica ricognizione nel segmento degli applicativi tecnologici per la comunicazione e valorizzazione del patrimonio culturale, analizzando nel dettaglio alcuni dei prodotti ritenuti maggiormente significativi. In particolare questa ricognizione è stata utilmente orientata con riferimento innanzitutto al tipo di fruizione/oggetto (se in uno spazio chiuso o in uno spazio aperto) e al tipo di esperienza proposta agli utenti (se soggettiva o se condivisa); poi si è soffermata soprattutto su quelle applicazioni rivolte nello specifico allo spazio urbano in quanto maggiormente coerenti con l’ambito della tesi, che è indirizzato all’approfondimento dei “modelli digitali navigabili” per la comunicazione e valorizzazione dello spazio urbano quale segmento del patrimonio culturale. Una ricognizione che ha preso le mosse da alcune brevi riflessioni sui dispositivi tradizionali della comunicazione, concentrandosi su due tipologie principali distinte per qualità dello ‘spazio’, ovvero il museo, uno spazio chiuso dove la fruizione del bene culturale è sradicata dal contesto originario, e le guide e le mappe turistiche, interfacce attraverso cui è l’utente è guidato nello ‘spazio aperto’ per la fruizione del bene culturale. 2.1. Dispositivi per lo ‘spazio chiuso’: il museo Diverse le voci autorevoli che hanno argomentato la “critica al museo tradizionale”, quello originatosi a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, espressione di una tensione verso il sapere enciclopedico, luogo in cui le opere sono disposte secondo una concezione tassonomica – nomenclativa. Dalla prima più nota di Paul Valery, che sottolineava come le “idee di classificazione, di conservazione e utilità pubblica, che sono giuste e chiare, hanno pochi rapporti con le delizie”9, alle più recenti, ma altrettanto note, di Umberto Eco10, 13 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito Carlo Ludovico Ragghianti11, Francesco Antinucci12, Paolo Galluzzi13. Secondo tali condivisibili critiche al museo tradizionale, nel museo il corredo di informazioni e di conoscenze indispensabili per comprendere appieno l’opera, nelle sue relazioni con l’artista e con il contesto da cui è stata originata, è assente e così l’opera d’arte decontestualizzata non può essere compresa se non dagli addetti ai lavori. L’opera d’arte spesso è trasformata in mero “feticcio”, mentre una folla di oggetti giustapposti propone una sorta di estetica dell’abbondanza14, e il godimento estetico dell’opera d’arte diviene privo di significato. Oppure, all’opposto il valore estetico finisce per l’essere addirittura travisato, con le opere utilizzate come ornamenti al museo così da incentivare l’istituzionalizzazione dello stesso fino a teorizzare l’idea che il contenitore sia di per sé più affascinante del contenuto, dove un caso esemplare è rappresentato dal museo Guggenheim di Bilbao (fig.1). In opposizione al museo enciclopedico tradizionale, ci sono alcuni pochi esempi di allestimento museale dove, attraverso l’integrazione con copie o restituzioni, all’utente è proposta la possibilità di una approfondita lettura del bene e anche un’immersione nell’opera stessa, ristabilendone la corretta comunicazione del bene e recuperandone il significato originario. Esperienze più che note sono quelle ad esempio offerte nel Pergamonmuseum a Berlino, dove alloggiano le ricostruzioni 1/ Museo Guggenheim, F.O. Gehry, Bilbao 14 dell’altare di Zeus (altare di Pergamo), la porta del mercato di Mileto, la Porta di Ischtar con la strada delle processioni di Babilonia e la facciata di Mschatta, ecc. Le ricostruzioni su scala reale attorniate da ampi spazi per ammirare i manufatti simulano una convincente restituzione spazio-temporale, rendendo l’esperienza del visitatore più coinvolgente ed emozionante (figg. 2, 3). È evidente che allestimenti del genere oggi sarebbero non più proponibili, ma certamente il tema della “copia” dell’oggetto d’arte potrebbe essere indagato e sperimentato con riferimento alle possibilità offerte dalla tecnologie per la realtà virtuale. A questo proposito sono di assoluta rilevanza le riflessioni proposte da Francesco Antinucci, il direttore di ricerca all’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR, che parla di un processo di comprensione e lettura dell’opera dovuto dall’impiego del “solo apparato senso-motorio”15. Si tratta di una modalità attraverso cui avviene l’apprendimento umano, caratterizzata dalla percezione della realtà e dall’azione su di essa; una modalità in larga misura inconscia e naturale che consente una conoscenza interiorizzata e duratura, anche se difficilmente dichiarabile16. Diversi studi hanno dimostrato quanto la conoscenza possa essere facilitata attraverso l’esperienza diretta ovvero attraverso l’interazione attiva con la realtà, perché in questo modo “l’individuo non si limita a osservare passivamente la realtà come si presenta spontaneamente ma compie azioni che la modificano e ne osserva gli effetti. Si sposta per guardare le 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito 2/ Ricostruzione altare di Zeus, Pergamonmuseum, Berlino non solo a conoscere la realtà ma anche a capirla”17. Ovviamente in un museo che ricorresse ad esperienze di realtà virtuale, questa modalità di conoscenza potrebbe essere amplificata grazie ad ausili tecnologici che permettono di indagare la “copia” virtuale secondo un linguaggio narrativofilmico che, in abbinamento ad una reintegrazione e ricollocazione spazio-temporale dell’opera, ne permetterebbe una corretta comunicazione e comprensione. Il museo enciclopedico tradizionale si trasforma così in museo “manuale”18 dove l’esperienza diretta con l’opera è sostenuta da processi narrativi educativi coinvolgenti. Lo spazio chiuso acquisisce diversi caratteri connotati e lo spazio museale ri-acquisisce le antiche competenze. Oltre a studiare e conservare, comunica e ripropone la sua più originaria funzione educativa consentendo all’utente, totalmente immerso e coinvolto in un’esperienza senso-motoria, di godere di un’efficace e profonda conoscenza del bene culturale. 2.2. Dispositivi per lo ‘spazio aperto’: guide e mappe 3/ Ricostruzione porta di Ischtar, Pergamonmuseum, Berlino cose da vari punti vista, le tocca, le muove, le apre per guardarci dentro, le misura, le manipola direttamente con le sue mani e con ogni sorta di strumenti, apparecchi, sostanze. La conoscenza e soprattutto la comprensione che ottiene in questo modo attivo è molto superiore, sia per quantità sia per qualità, a quella che otterrebbe limitandosi a osservare la realtà. Dal punto di vista quantitativo, agendo su di essa l’individuo ne scopre aspetti che gli rimarrebbero nascosti e sconosciuti se si limitasse a osservarla senza fare nulla. Dal punto di vista qualitativo, osservando in che modo la realtà risponde alle sue azioni variate sistematicamente, riesce a individuare i meccanismi e i processi sottostanti ai fenomeni, cioè impara All’estremo opposto dello spazio museale, sono le guide, con le correlate mappe, tradizionali dispositivi per la comunicazione di un particolare segmento del patrimonio culturale, ovvero lo spazio costruito, in particolare quello urbano. Dispositivi che consentono al fruitore di scegliere il percorso di conoscenza attraverso la costruzione di un itinerario, anche personalizzato, cioè di realizzare una visita attraversando lo spazio costruito. Le guide di viaggio appartengono ad uno specifico e particolare genere, quello della letteratura da viaggio e poi turistica, che inizia a sistematizzarsi a partire dalla fine del XVI secolo. In questo periodo infatti parallelamente ad una crescente passione per i viaggi, anche intesi come forma di educazione irrinunciabile per i giovani borghesi, le guide si moltiplicano arricchendosi via via di dati anche pratici, come ad esempio nel caso della “Romae Gallus hospes ...” di Ludovicus Demontiosius (Louis de Montjosieu; 1585) probabilmente la prima guida di Roma ad uso degli stranieri che forniva anche indicazioni igieniche dettagliate. In un primo tempo queste guide sono propriamente prodotti letterari, dove l’autore descrive in prima persona la sua esperienza di viaggio fornendo così notizie e aneddoti sui monumenti e sulle opere ma da un punto di vista del tutto 15 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito personale; via via si strutturano proponendo itinerari di visita più articolati e percorsi più oggettivi. Già nel XVIII secolo molte città d’Italia sono descritte da una guida, le descrizioni sono estese e puntuali, come ad esempio nella “Una grande Guida d’Italia”, divisa in tre volumi e pubblicata a Lipsia da J. J. Volkmann tra il 1770 e il 1771, compagna di viaggio di Goethe nel suo lungo viaggio in Italia. Se al tempo del Grand Tour le guide che accompagnavano il borghese nel viaggio istruttivo erano dunque più che altro diari e rapporti, con la nascita del turismo di massa databile a partire dalla prima metà del XIX secolo, fenomeno favorito anche dallo sviluppo dei mezzi di locomozione, le guide si trasformano profondamente. Tra le prime “guide turistiche moderne” si annoverano così le inglesi Murray (edite fin dal 1836) e le tedesche Baedecker (editate fin dal 1828, ma diffuse ampiamente solo alla fine degli anni ‘30 dell’800) e, infine, a partire dal 1914, le “Guide Rosse” editate dal Touring, per i soci del “Touring club turistico” italiano fondato nel 1894 a Milano da Luigi Vittorio Bertarelli19. Diversamente da tutti i prodotti precedenti, le guide turistiche moderne “presentano alcuni caratteri peculiari che, distinguendole dalla precedente e ampia produzione della letteratura da viaggio, consentono di inquadrarle in uno specifico genere. Tra tali caratteri vi è innanzitutto una grafica riconoscibile utile fin anche all’identificazione “fisica” del volume, rintracciabile ad esempio nel colore della copertina, nel formato, nei caratteri tipografici, ecc.. Poi altro elemento comune è nelle funzioni cui le guide debbono assolvere che sono essenzialmente quello pratico e quello conoscitivo. Funzioni che si dispiegano secondo due distinti piani di lettura, paralleli ma sempre coesistenti. Si tratta dunque di compendi di viaggio che accolgono esposizioni dettagliate di località turistiche, monumenti e siti di interesse culturale e descrizioni altrettanto puntuali riguardo all’arte, all’architettura, alla natura e alle tradizioni. Nello stesso tempo contengono molte informazioni di tipo pratico, sulle strade ritenute più sicure, sui mezzi di trasporto, sulle possibilità di alloggio e di ristoro, ecc. Strumenti dunque attraverso cui appagare il desiderio di approfondire le conoscenze sui luoghi e dove rintracciare le informazioni utili alla concreta organizzazione del viaggio. Nuovi dispositivi che emancipano il grande pubblico consentendogli di affrontare individualmente e in modo autodiretto il proprio viaggio”20. 16 Prodotti che si contraddistinguono per l’autorevolezza delle case editoriali, per l’abbondanza dei contenuti e l’esattezza delle informazioni rese facilmente fruibili anche per il corredo di un’ampia documentazione cartografica. In qualche senso è dunque possibile pensare alle guide turistiche moderne come trasformazione oltre che del genere letterario sul viaggio anche a quello degli “itinerari” propriamente detti, dove nell’antichità classica e cristiana l’itinerario era uno scritto di carattere pratico, un vademecum per viaggiatori e pellegrini che riportava i nomi delle città e delle stazioni di tappa con le indicazioni delle distanze intermedie. Oltre ai più noti itinerari romani (tra cui i più noti dell’Itinerarium Antonini e la Tabula Peutingeriana, che indicavano le stazioni e le distanze tra le località poste sulle diverse strade dell’Impero romano, il primo in forma di registro e il secondo in forma di mappa), anche i celebri itinerari per i pellegrinaggi in Terra Santa e ai luoghi sacri del cristianesimo (tra cui quelli in forma di racconto come l’Itinerarium Burdigalense, da Bordeaux a Gerusalemme, e la Peregrinatio Aetheriae e quelli in forma grafica come la cosiddetta Cosmografia dell’Anonimo Ravennate, che seppur grafica è comunque ancora una lista ragionata). La prima funzione dei prodotti editoriali definibili “guide moderne” è comunque quello di guidare il turista nel momento in cui si accinge ad affrontare il viaggio. Come afferma Algirdas Greimas21 la guida è il mezzo, l’aiutante, di cui il lettore può servirsi per raggiungere il suo “oggetto del desiderio”, ovvero la conoscenza o l’incontro con il luogo di interesse. Una regione, un’area geografica, una città, una località, vengono descritte attraverso un testo in modo che possano essere presentate al lettore che desidera incontrarle. Le guide turistiche, nella loro funzione descrittiva dei luoghi si pongono quindi come rappresentazione letteraria dello spazio e rispondono a cinque scopi principali: presentare lo spazio, informare sul luogo, coinvolgere emotivamente, costruire l’immagine del luogo, spingere alla visita (fig. 4). L’itinerario è invece un percorso che si segue o s’intende seguire in un viaggio, comprendente per lo più un certo numero di tappe redatte in base al tema dell’itinerario stesso, sia esso culturale, paesaggistico, storico o altro. Gli itinerari sono mirati, diversificati, tematici. Ogni itinerario è solitamente corredato da mappe per lo più schematiche che hanno la funzione di orientare il turista ed indicare in successione i luoghi da 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito 4/ “Cina”, Guida turistica a cura dell’Amministrazione Nazionale del Turismo della Repubblica Popolare Cinese (da http://www.turismocinese.it/) visitare lungo il percorso. L’itinerario presuppone quindi una selezione in base ad una scelta precisa e la sua funzione è accompagnare il visitatore in uno spazio sconosciuto secondo un ordine tematico spaziale proponendo la visita dei siti lungo il percorso secondo coordinate di tipo geografico (fig. 5). Le mappe tradizionali, utilizzate nella guida alla visita turistica del territorio o dello spazio urbano, presentano indicazioni e informazioni filtrate e finalizzate ad una facile lettura e fruizione dell’utente che ha necessità di spostarsi in tempi brevi e attraverso percorsi funzionali alla visita da effettuare. Le mappe turistiche subiscono quindi diversi gradi di semplificazione in base alla destinazione d’uso. I tratti caratterizzanti di queste semplificazioni sono il colore non realistico che sottolinea e distingue per parti lo spazio, l’orientamento della mappa o la locazione dei singoli monumenti in posizione pseudo prospettica o pseudo assonometrica per facilitare la lettura immediata del viaggiatore, le dimensioni sproporzionate dei punti di rilievo della mappa per renderli ricono- scibili al primo sguardo e, infine, la schematizzazione della viabilità, come l’esempio della mappa della metropolitana o dei percorsi dei mezzi pubblici (figg. 6-12). La mappa quindi si modifica in relazione alle differenti destinazioni d’uso rimanendo comunque un oggetto con funzionalità e scopi dinamici molto più simile alla guida che all’itinerario per la sua vocazione di presentare interamente lo spazio urbano in esame al visitatore senza limitarlo nelle scelte da operare. In ultima analisi si possono immaginare la mappa e la guida tradizionali come strumenti a schema libero, dove l’utente può leggere, consultare e muoversi in ogni direzione desiderata all’interno dello spazio scelto. Al contrario l’itinerario è assimilabile ad uno schema in linea retta dove le estremità indicano il punto di partenza e di arrivo del percorso. Il fruitore è vincolato ad un sistema che egli stesso ha scelto selezionando una porzione di spazio. Recentemente la tecnologia digitale ha stravolto il modo di fruire lo spazio dei beni culturali. Sono nati nuovi tipi di discorso turistico, strategie narrative più consone al linguaggio 17 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 5/ Itinerario della via Appia Antica, Brochure del sito turistico ufficiale di Roma (da http://www.turismoroma.it/) 6/ Mappa turistica di Roma cristiana (da http://mapparoma360.it/) 7/ Mappa di Roma con fasce di salvaguardia ambientale (da http://www.cinquequotidiano.it/) 18 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito 8/ Mappa turistica generale di Roma (da http://www.turismoroma.it/) 9/ Mappa turistica di Parigi, Arrondissements e Monumenti (da http://www.thinglink.com/) 10/ Mappa delle linee metropolitane di Roma (da http://www.turismoroma.it/) 19 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 11/ Mappa turistica di Barcellona pseudo prospettica (da http://digilander.libero.it/) commenti da condividere. Tablet e smartphone sono entrati nella vita di tutti perché economici, popolari, semplici ed immediati nell’uso, trasformando anche guide, mappe ed itinerari in strumenti digitali on-line dinamici ed implementabili, in grado di permettere una fruizione più interattiva e immersiva dello spazio. Il possibile rischio che la ricchezza di stimoli e pluralità di azioni contemporanee, rese possibili dalla recente tecnologia digitale, metta a repentaglio una sana e corretta comunicazione dello spazio si annulla nella misura in cui non si permette alla tecnologia utilizzata per la comunicazione di ricoprire un’importanza maggiore del contenuto comunicativo stesso, cioè di quel processo educativo coinvolgente che conserva un adeguato ed esaustivo corredo di informazioni e di conoscenze interne al luogo stesso e che da sempre si configura come la narrazione del luogo. 2.3. La comunicazione dei beni culturali tra design dell’esperienza e Digital Heritage 12/ Mappa del parco giochi “Magic Rainbow” di Roma (da https://www.magicland.it/) del Web e, in modo particolare, dei dispositivi mobili consultabili anche in tempo reale durante il viaggio o la visita. Le case editrici di guide turistiche pubblicano molti dei loro prodotti cartacei anche in versione e-book. Dal mondo anglosassone si è inoltre diffusa la moda di pubblicare blog per condividere le proprie esperienze di viaggio, il mondo dell’informatica propone sempre più specifiche applicazioni per tablet e smartphone dedicate al turismo culturale e specifici social network per scambio di informazioni, consigli, 20 Nell’affrontare una disamina delle applicazioni tecnologiche ai beni culturali, data la vastità delle esperienze e dei prodotti sul mercato, si è scelto di optare non tanto in relazione alle caratteristiche tecnologiche, ma in relazione al tipo di esperienza offerta. Premessa necessaria all’analisi dei diversi casi studio è dunque stata comprendere il tipo di fruizione del bene culturale o, secondo quanto di recente consuetudine, comprendere il design dell’esperienza sotteso22. Infatti se fino a pochi decenni fa l’industria culturale-creativa era orientata ad impiegare ‘beni materiali’ per produrre altri ‘beni materiali’ da immettere nel mercato (libri, dischi, merchandising museale o più in generale turistico, ecc..), in tempi più recenti, grazie alle nuove tecnologie per la comunicazione, un segmento significativo della produzione è indirizzato alla progettazione e realizzazione di ‘beni immateriali’, dunque artefatti comunicativi più che prodotti, caratterizzati da una sostanziale capacità evocativa e da un forte valore simbolico. Nel segmento della comunicazione del patrimonio culturale da questi nuovi orientamenti sono derivate progettazioni di ‘prodotti immateriali’ incentrati sulla “narrazione”. La ricerca di una forma narrativa ed interattiva “calda” integrata ad un approccio “autoriale” ha determinato in particolare l’af- 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito finamento delle tecniche narrative al fine di proporre storie più dense e stratificate con cui interagire sensorialmente e di cui si può fare “esperienza”. Nello specifico si tratta dello storytelling, una disciplina che costruisce e racconta, secondo modalità collaborative, eventi reali o fittizi attraverso parole, immagini, suoni, coinvolgendo contenuti, emozioni, intenzionalità e contesti. L’obiettivo è di realizzare una narrazione “memorabile” in grado di innescare processi empatici, di stimolare emozioni che rimarranno ancorate al ricordo dell’esperienza, assecondando le tendenze e le attese del fruitore. Più in generale, poi, è stata coniata la nozione di digital storytelling, segmento applicativo cui confluiscono anche strumenti e tecniche per la condivisione e partecipazione di esperienze, anche personali, nello spazio della rete, tali da assicurare circuiti relazionali e promozionali della cultura nel senso più ampio possibile. Il design dell’esperienza, pertanto, si pone come obiettivo quello di proporre all’utente un’esperienza memorabile per ‘vivere’ un luogo, una memoria, una tradizione, secondo un percorso individuale e soggettivo. Questa ‘visita’ individuale ha perciò bisogno di essere declinata secondo le molteplici caratteristiche del visitatore, secondo diversi tempi a disposizione, proponendo differenti oggetti e storie da scoprire. Si tratta perciò di una narrazione dialogante, dove il luogo è scoperto in base all’unicità del soggetto visitante; dunque sarà il visitatore a scegliere e personalizzare il suo percorso, grazie ai dispositivi digitali, dai quali esige la massima soddisfazione emozionale-cognitiva secondo i suoi tempi di visita. Secondo questi orientamenti è declinato anche un segmento di applicazioni che vanno sotto il nome di Digital Heritage, non più legati all’idea tradizionale dell’archivio o alla nozione di comunicazione come trasmissione di informazione. In questo segmento la comunicazione si trasforma in “produzione di immaginario”23 e l’oggetto culturale è considerato come “medium”, cioè metafora attiva in quanto ha il potere di tradurre l’esperienza in forme nuove, come direbbe Marshall Mc Luhan24. L’esperienza dell’oggetto innesca una disposizione sensoriale e mentale nell’individuo, e la condivisione verso un processo di apprendimento e di conoscenza personale e collettiva che va a sedimentarsi nella memoria tesa a rigenerarsi continuamente25. Secondo questa visuale il Digital Heritage è dunque il complesso delle relazioni che si instaurano tra insiemi di ‘mate- riali ibridi’, che connettono i beni materiali (oggetti/luoghi fisici) a quelli immateriali (memorie, tradizioni, emozioni), e insiemi di ‘attività ed esperienze’, rese possibili attraverso le tecnologie digitali della realtà virtuale e della rete internet. Un sistema, quello del Digital Heritage, connotato da una comunicazione estesa e complessa, perché veloce, condivisa, ovvero comprensiva di un maggior numero di oggetti e forme estetiche. Questa comunicazione presuppone nuovi linguaggi digitali immersivi che utilizzano gli strumenti narrativi propri delle forme espressive del romanzo, del cinema, della radio e della televisione. Secondo questa comunicazione onnicomprensiva e ipermediale si è rinnovato anche il web. Solo fino a qualche decennio le frontiere immaginabili di internet erano infatti quelle degli ipertesti, dove si pensava che gli utenti non avessero più necessità di una ‘storia’ perché sostituita dai link da cui avrebbero generato cultura e sapere in un sistema di rimandi emotivi e conoscitivi. Si è invece dimostrata la necessità di forme, per così dire, tradizionali di conoscenza, seppur rinnovate e ampliate dai nuovi media. In questo senso si è passati al Web 2.0, rete di applicazioni che permettono l’interazione tra sito web e utenti tramite blog, social network, chat, ecc. E che ha prodotto reti sociali basate sulle storie personali, sulla persuasione delle soggettività. Un nuovo spazio in cui la narrazione persiste come strumento principe per condividere esperienze in comunità e gruppi, dove l’integrazione di tecniche, software e percorsi di navigazione si basano sull’immediatezza narrativa, e dove gli utenti si sono trasformati in prosumer26, producer e consumer, ovvero produttori e consumatori di processi conoscitivi. 2.4. Le tecnologie digitali per la comunicazione dei beni culturali: casi studio A partire da questa principale visuale, quella del tipo di esperienza offerta, sono stati selezionati alcuni casi studio ritenuti di un certo interesse perché mettono al centro la “narrazione” del bene culturale sapendo coniugarla con l’innovazione tecnologica in modo che diventi veicolo attivo e intelligente di comunicazione. I casi studio, che vengono di seguito brevemente presentati, sono poi articolati e distinti in relazione alle possibilità di fruizione, ovvero in relazione alle categorie spaziali cui si è 21 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito fatto cenno nei paragrafi precedenti di ‘spazio chiuso’ e ‘ spazio aperto’, e distinguendo per tipo di esperienza proposta, ovvero se soggettiva o condivisa, avendo cura, lì dove utile, di distinguere anche per metodi e tecniche e tipologie di beni culturali. L’esposizione è poi chiusa da alcune riflessioni che riguardano le applicazioni delle nuove tecnologie per lo spazio urbano. In particolare, relativamente allo ‘spazio chiuso’ sono proposte quelle esperienze progettate per le istituzioni museali. Tra queste quelle che propongono esperienze di tipo soggettivo sono quelle pensate per essere fruite nello spazio museale vero e proprio. Si tratta nella maggioranza dei casi di prodotti con funzione educativa, che raggiungono gli obiettivi della comunicazione culturale miscelando forme più proprie dell’ambito ludico e dell’intrattenimento. Di norma propongono un’esperienza diretta tra soggetto ed oggetto e stabiliscono un rapporto emozionale soggettivo che si conclude al termine della visita museale. Appartengono alla tipologia dell’esperienza condivisa alcuni casi studio che propongono l’istituzione museale attraverso il web. Nella maggioranza dei casi in questo segmento non si può non registrare come le esperienze ricalchino per lo più le condizioni reali finendo per riproporne tutte le problematicità. Spesso alcune istituzioni culturali italiane presentano poco più di elenchi digitali, rinunciando a sperimentare formati narrativi più coinvolgenti che garantiscano una corretta e opportuna ri-mediazione tra bene culturale e fruitore. Il metodo espositivo appare in gran parte simile a quello tradizionale, con le diverse opere ancora organizzate secondo microcosmi separati, i percorsi solo interni al museo anche quando virtuale, le relazioni imprigionate nel ristretto ambito del genere e della disciplina dell’opera esaminata. Spesso non sono sfruttate appieno neanche le potenzialità dell’ipertestualità e della multimedialità; raramente sono disponibili esperienze di interazione e la stessa modalità di fruizione e di esplorazione per lo più reitera gli spazi, le forme e i modi del mondo reale27. Rarissimi sono in Italia gli esempi che permettono agli utenti di approcciarsi secondo una propria identità all’interno del sito web dell’istituzione museale, mettendo al centro le attività dei soggetti come la capacità creativa, l’aspetto ludico dei videogame, la dimensione cooperativanarrativa dei wiki e dei blog, la dimensione didattica dell’elearning, la dimensione informatica e di condivisione del so- 22 cial tagging28. Relativamente allo ‘spazio aperto’ i casi studio presentati sono tra loro molto differenti. Anche in questo caso sono innanzitutto articolati per tipologia di visita proposta: un’esperienza da vivere in modo individuale e soggettivo, e che per lo più riguardano singoli monumenti, oppure un’esperienza del bene progettata per essere condivisa, generalmente attraverso siti web, che vanno dalla raccolta di informazioni condivise su mappe virtuali alle installazioni artistiche. In questo segmento, un ultimo gruppo di casi studio analizzati e descritti riguarda più da vicino l’ambito della tesi nonché il “tipo” di oggetto adottato per la parte sperimentale: lo spazio urbano e gli applicativi tecnologici per la sua comunicazione e valorizzazione attraverso la proposizione di veri e propri percorsi turistico-culturali. In questo segmento sono diverse e apprezzabili le esperienze che hanno come obiettivo quello di promuovere una maggiore divulgazione e consentire una più ampia fruizione del patrimonio culturale nello spazio urbano con applicazioni per dispositivi mobili, tablet e smartphone, di uso comune. Applicativi per la valorizzazione e comunicazione del patrimonio culturale che portano a sintesi tre ambiti specifici di ricerca: la comunicazione visiva, la rappresentazione per la costruzione, gestione e navigazione di modelli 3D e la multimedialità in quanto fattore facilitatore della diretta interazione tra fruitore e bene29. Un’applicazione con un progetto robusto per la comunicazione visiva è infatti più facilmente navigabile ed esplorabile poiché si basa su una semplificazione di simboli associati a funzionalità note delegate a icone che vengono utilizzate per la fruizione delle pagine interne all’applicazione stessa. La rappresentazione per la costruzione, gestione e navigazione di modelli 3D comporta un’importante questione relativa alla capacità di calcolo del sistema che, nel caso dei dispositivi mobili, implica talvolta una conversione e semplificazione dei modelli stessi in immagini bidimensionali a causa dell’impossibilità per questi di garantire performance adeguate a sviluppare una grafica 3D avanzata. Infine, il progetto della multimedialità di questi applicativi risiede oltre che la possibilità di generare input attraverso i multi-touch screen anche nella facilità di navigazione e interazione con modelli 3D e immagini panoramiche. La stessa multimedialità è inoltre presente nell’interazione con gli altri 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito strumenti presenti nel dispositivo come il GPS, la fotocamera, la bussola, il giroscopio, l’accelerometro ecc.30, come anche nella gestione aumentata delle informazioni dovuta alla possibilità di interagire con altre applicazioni che alloggiano nello stesso dispositivo mobile. Il segmento delle applicazioni per dispositivo mobile dedicate ai beni culturali ha uno sviluppo relativamente recente, ancor più recente quello orientato alla fruizione dello spazio urbano. Nonostante ciò diversi sono gli esempi apprezzabili; tra questi sono stati selezionati alcuni casi studio che propongono un’esplorazione dello spazio urbano mediata da guide, itinerari e mappe digitali bidimensionali e altri che offrono esperienze di visita a partire dalla simulazione dello spazio nelle sue tre dimensioni. In particolare, avendo deciso di affrontare nella sperimentazione della tesi quest’ultimo ambito, sono stati prese in esame alcune applicazioni che propongono esperienze di visita attraverso “modelli digitali navigabili”, dunque a partire dalle diverse declinazioni di un modello tridimensionale. Applicazioni che sperimentano differenti livelli di comunicazione del bene culturale, conoscenza e interazione, attraverso itinerari e mappe digitali “narranti” e “navigabili”. Si ritiene infatti che per una corretta comunicazione non si possa non ricorrere a modalità visuali che partano dalla simulazione del principale carattere che connota uno spazio urbano, che è quello di essere innanzitutto uno spazio tridimensionale e percettivo. Secondo quest’ottica ci si è soffermati sui Virtual Tour 2,5D, derivati dai panorami sferici, e sui modelli 3D navigabili in real-time, derivati dalle prospettive dinamiche interattive31. Il Virtual Tour è un percorso multimediale basato su immagini panoramiche che vengono a configurarsi come tappe in cui il visitatore può osservare la totalità dell’ambiente che lo circonda. È uno strumento interattivo che, offrendo possibilità di movimento, permette di osservare secondo diversi punti lo spazio a 360°. Viene in genere utilizzato per raccontare nei dettagli luoghi di interesse culturale ma anche commerciale, spesso con fini promozionali, e si serve di una mappa georeferenziata in cui sono posizionati i singoli panorami sferici visitabili in sequenza tramite punti sensibili di collegamento. Tali punti permettono una visione particolareggiata dei passaggi salienti del tour, grazie ad approfondimenti narrativi delegati a contenuti multimediali esterni, associati a parti sensibili delle immagini panoramiche. Il Tour Virtuale e i suoi panorami sferici costituiscono piattaforme con contenuti che alloggiano interamente o parzialmente nel web, permettendo visite in modalità online o offline, a seconda della disponibilità di memoria di cui è dotato il dispositivo per il download dei dati (fig. 12). La prospettiva dinamica interattiva, meglio conosciuta come Real-Time Computer Graphics, offre una metodologia per costruire ambienti tridimensionali che permette all’osservatore la visualizzazione in movimento, come avviene nella realizzazione dei video giochi. La prospettiva dinamica interattiva prende infatti in prestito la dimensione spaziale e temporale dal mondo dei videogame mettendola a servizio della rappresentazione di luoghi anche per applicazioni scientifiche. Facendo riferimento al concetto di prospettiva come artificio che simula la percezione umana dello spazio, la prospettiva dinamica interattiva offre infiniti punti di vista, a scelta di chi 12/ Panorami sferici e Virtual Tour realizzati con software dedicati, Basilica di S. Leone, Assoro (Enna) Gruppo di ricerca dai proff. Alessio Cardaci (Università deglistudi di Bergamo) e Antonella Versaci (Univeristà degli studi di Enna “KORE”) 23 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito la esplora, a differenza della prospettiva statica. La forza di tale rappresentazione è determinata quindi dalla dinamicità del modello stesso e dalla sua interattività (fig.13). 2.5. Lo ‘spazio chiuso’: casi studio per esperienze soggettive 13/ Sperimentazioni di Prospettiva Dinamica Interattiva della Maison Citrohan, Le Corbusier . VIA - Virtual Interactive Architecture. Gruppo di ricerca coordinato dal prof. Riccardo Migliari. (da http://www.visuall3d.com/2007/10/le-corbusier-citrohan-house/) Trattato di Kreuterbuch di Adam Lonitzer (1587) “Progettomubil”, PERCRO, Istituto TeCIP, scuola superiore sant’Anna, Pisa e Norwegian University of Science and Technology, 2013, Trondheim, Norvegia (fig. 2). Un’ altra possibilità di fruire di un’opera in realtà aumentata tramite tecnologie appartenenti alle “gesture recognition”, è 24 Frammento del muro di una mastaba (c. 2600-2350 a.C.), INRIA and University of Bordeaux, Francia e Allard Pierson Museum, 2013, Amsterdam, Olanda (fig. 1). A causa dell’ invecchiamento del frammento di muro, scompaiono le informazioni sul colore e senza risorse aggiuntive si perde la comprensione globale del manufatto. L’ausilio tecnologico in questione si serve di un video proiettore attraverso il quale è possibile ripristinare l’informazione colorimetrica e un sensore di movimento che legge la posizione dell’informazione indicata sul muro. L’esperienza interattiva “informazione-colore” è esplorata attraverso dispositivo di “Leap Motion” basato sulla tecnologia delle “gesture recognition”, ovvero del riconoscimento attraverso i gesti. L’indicazione delle dita permette una transizione dall’oggetto reale alle informazioni addizionali in modo localizzato. Il tracciamento delle dita avviene per sensori infrarossi del Leap Motion controller. Si tratta di un’esperienza di realtà aumentata. Si è cioè immersi in una realtà con livelli informativi di varia natura aggiunti ai contenuti percepiti dai nostri sensi. In questo sistema, le integrazioni aggiunte non sono circoscritte ai soli dati visivi, ma possono comprendere, qualora la tecnologia lo consenta, dati olfattivi, uditivi e perfino tattili. La costruzione di un ambiente AR (Augmented Reality, cioè Realtà Aumentata) avviene attraverso tre fasi fondamentali: analisi della realtà, creazione di nuove informazioni basate sulla realtà, rappresentazione di realtà abbinate alle informazioni. Solitamente l’analisi della realtà è attuata attraverso il semplice riconoscimento di un marker in bianco e nero da cui scaturiscono riproduzioni di tipo visivo, audio, in 3D , ecc.. In alcuni casi le tecnologie sono combinate e abbinate; molti musei stanno sperimentando delle soluzioni AR per integrare le informazioni riguardo alle opere artistiche o storiche con video e ricostruzioni in 3D. 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito 1/ Esperienza interattiva con la tecnologia Leap motion. Il sensore traccia la posizione della dita per aggiungere i dati colorimetrici al reperto fornita da l’Augmented book proposto dal PERCRO di Pisa. Il concept prevede di sfogliare virtualmente l’opera utilizzando uno schermo 3D e di fruire, direttamente sulle pagine del manoscritto, di contenuti addizionali quali immagini, filmati, animazioni 3D o narrazioni vocali, allo scopo di rendere le tematiche più facilmente comprensibili. Su ogni pagina, in corrispondenza delle illustrazioni, sono posti dei “punti caldi” che possono essere selezionati in modo interattivo. L’utente può accedere a questa applicazione attraverso coinvolgenti sistemi di visualizzazione stereoscopica8 come le CAVE (Cave Automatic Virtual Enviroment), cioè stanze immersive con ambientazioni di realtà virtuale proiettate da PC o sulle superfici delle stanze stesse. Un intero laboratorio è stato addirittura ricostruito virtualmente al fine di permettere al lettore di mettere in pratica le informazioni apprese. Museo delle pure forme, Museo dell’Opera del Duomo, Pisa e PERCRO, scuola superiore Sant’Anna, 2004, Pisa (fig. 3). Il Museo delle Pure Forme è un sistema di realtà virtuale dove i visitatori utilizzano tecnologie indossabili attraverso cui interagiscono con modelli digitali 3D per esplorare il museo con visione stereoscopica. Gli utenti percepiscono inoltre gli stimoli tattili e sentono il contatto fisico con le sculture digitali virtuali. Il progetto, conclusosi nel 2003, è stato finalizzato alla creazione di una galleria virtuale di sculture digitali dove effettuare l’esplorazione di nuovi paradigmi di fruizione di interazione visiva e tattile con le sculture, per consentire anche agli utenti non vedenti di accedere alle opere d’arte. Per tecnologia indossabile si intendono i vestiti e gli accessori che incorporano computer e tecnologie elettroniche avanzate ed hanno diversi scopi e funzioni. Sono in grado persino di monitorare le condizioni fisiche e di suggerire azioni da compiere. Tra gli accessori indossabili troviamo i notissimi “Google Glass”, occhiali che permettono di visualizzare sulla lente informazioni ricevute dalla rete e di interagire con oggetti del 2/ Informazioni fruite in realtà aumentata per un’ esperienza di visita più coinvolgente e completa 25 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 3/ Galleria virtuale di sculture digitali esplorabili grazie alle tecnologie indossabili mondo reale attraverso comandi vocali, generando esperienze di realtà aumentata (fig. 4). 4/ Carattereistiche dei Google Glass (da http://avocadoadv.it/wpcontent/uploads/2014/03/google-glass.png) 2.6. Lo ‘spazio chiuso’: casi studio per esperienze condivise Sito web “museogalileo.it” Museo Galileo già Istituto e Museo di Storia della Scienza dal 1930, 2010, Firenze (figg. 5-8). Il Museo Galileo, già Istituto e Museo di Storia della Scienza, di Firenze rappresenta una delle principali istituzioni a scala internazionale attive nella museografia scientifica nella produzione di iniziative per la diffusione della cultura scientifica e nelle attività di documentazione e ricerca. All’interno del suo sito web si possono trovare pagine dedicate ad attività, ricerche, giochi di didattica on-line che garantiscono un discreto livello di partecipazione attiva del 26 visitatore digitale. Ad esempio la pagina web intitolata “Furor Mechanicus” è un catalogo digitale delle invenzioni strumentali e meccaniche, dall’antichità al XVIII secolo dove si forniscono informazioni dettagliate sugli strumenti con l’aiuto di apparati bibliografici e iconografici. Canali di ricerca diversificati permettono l’accesso a liste suddivise per tipologia. Gli utenti possono partecipare alla costruzione del catalogo aprendo una discussione e proponendo aggiunte, correzioni e suggerimenti che verranno inseriti previa valutazione dei curatori. Nell’area didattica on-line vengono proposti giochi, questionari e percorsi per approfondire i temi galileiani dedicati a bambini e ragazzi di differenti età. Come in ogni gioco si perde e si vince; tra i premi è prevista anche la visita gratuita del museo. E’ presente anche una sessione dedicata ai musei virtuali e ai cataloghi multimediali dove, con scarsa qualità fruitiva delle “stanze virtuali” e degli oggetti catalogati, l’utente può navigare spostandosi da una stanza all’altra del museo e visualizzare informazioni più approfondite circa le opere esposte tramite elenchi digitali che alloggiano in database dedicati all’uopo. Nonostante il sito web offra notevoli spunti ludicoeducativi di approfondimento, il grado di coinvolgimento del visitatore rimane comunque piuttosto superficiale. Sito web “museivaticani.va” Collezione papale, Musei Vaticani, 1503, Roma (figg. 9-12). I Musei Vaticani, giustamente declinati al plurale, in quanto contenitori di un insieme di musei e collezioni, attualmente comprendono i Musei e gli ambienti visitabili dei palazzi 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito Vaticani. Il loro sito web offre funzioni prevalentemente informative con poche occasioni di partecipazione attiva, e di- verse possibilità di “visite virtuali” che permettono di visualizzare, con una scarsa qualità, le stanze contenenti le opere. 5-6-7-8/ Esempi delle pagine web: il “Catalogo multimediale” degli oggetti storici conservati, il “Furor Mechanicus” come Catalogo delle invenzioni strumentali e meccaniche dall’antichità al XVIII secolo, il “portale dei ragazzi” per imparare divertendosi e il “museo virtuale” per esplorare le sale del museo in modalità real-time. 27 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 9-10-11-12/ Esempi delle pagine web: la “home”, le “collezioni on-line” con descrizioni delle opere, la localizzazione delle opere ela navigazione delle sale visualizzabili come panorami sferici Le stesse sono visibili in elenchi digitali che appartengono a database on-line. Il tentativo di affrontare una comunicazione condivisa e partecipata del patrimonio culturale digitale si può in questo caso considerare fallito. 2.7. Lo ‘spazio aperto’: casi studio per esperienze soggettive Applicazione per dispositivi mobili “Jumieges 3d” Didier Happe, Gael Hamon, Art Graphique et Patrimoine Abbazia di Jumieges, 2013, Jumieges, Francia (fig. 13). L’ esperienza di realtà aumentata che l’app dell’abbazia di Jumieges propone al pubblico per visitare il suo sito storico, consiste nella possibilità di sovrapporre per livelli le modifiche strutturali al reale complesso architettonico nei cinque diversi periodi della sua costruzione, dal IX ° al XVIII ° secolo. I passaggi fondamentali di questo progetto sono caratterizzati dalla ricerca storica, dalle cinque ricostruzioni virtuali in 3D e dai contenuti culturali addizionali finalizzati a fornire i dati storici al pubblico. L’obiettivo di rendere il sito più coinvolgente ed impressionante completamente integrato con i contenuti storici e archi- 13/ Esplorazione tridimensionale della ricostruzione virtuale mediante realtà aumentata per app fruibile da dispositivi mobili 28 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito tettonici appare raggiunto. Videoproiezioni architetturali Celebrazioni per i 140 di Roma Capitale, facciata di porta Pia, Settembre 2010, Roma (fig.14). La videoproiezione architetturale, di cui Roma propone un esempio per la celebrazione dei suoi 140 anni come capitale, contiene in sé una potenzialità assimilabile ad una nuova forma espressiva di architettura contemporanea proponendo sovrapposizioni virtuali alternative alla pelle architettonica esistente. Essa ridefinisce l’architettura di un edificio, in questo caso Porta Pia, mettendo in discussione le modalità della sua presenza nello spazio, amplifica e porta evidenza alle linee, alle superfici, ai volumi, manifestando relazioni note e suggerendo assonanze e contrasti. Ricolloca inoltre l’architettura nella dimensione del tempo: attraverso sequenze di immagini consente la contestualizzazione dell’idea architettonica nell’ambito storico in cui l’edificio è stato realizzato, ma può anche deformarne lo scorrimento lineare: l’edificio antico può così diventare moderno e il moderno antico. Le videoproiezioni vanno ad attingere al segmento scientifico della teoria proiettiva e della visione prospettica. La comunicazione del bene culturale si amplifica, rendendo l’esperienza ancora più immersiva, grazie anche alla possibilità di abbinare la proiezione alla visione stereoscopica. Installazione “National Park explorer” Nils Wiberg, Gagarin, Breheimsenteret, museo per il Jostedalsbreen National Park, Norvegia (fig.15). L’installazione del National Park Explorer è fruibile in luogo chiuso. Si intende catalogarla però nel gruppo degli ausili tecnologici per lo spazio aperto in quanto si interessa di indagare un ampio spazio quale quello del parco nazionale Jostedalsbreen di Norvegia. E’ un’ installazione multi-utente dove i visitatori si riuniscono di fronte a una mappa geografica che mostra e descrive in diverse modalità il parco nazionale. L’utente può scegliere tra differenti “Information-puck” veri e propri marker per la realtà aumentata (AR Tag) che permettono di visualizzare informazioni sulla mappa. I puck vengono posizionati su una stazione dotata di lettore e tramite movimenti di roto-traslazione di questi piccoli oggetti colorati, il visitatore può navigare all’interno di diverse epoche storiche e ambienti naturalistici mentre fruisce di apprezzabili animazioni narrative. I puck rivelano informazioni riguardo alla vita della fauna e della flora del parco nonché sulle proposte di attività diversificate offerte nei diversi periodi dell’anno. L’installazione utilizza strumenti di realtà aumentata basati su semplici figure (chiamati tag o marker) abbinate agli information-puck che permettono la visualizzazione dei contenuti virtuali a partire dai tag interpretati dal sensore della stazione associata alla mappa. Applicazione real-time “Imago bononie”, CINECA, Casalecchio di Reno, Bologna, CNR ITABC, 2013 ,Roma, Università di Bologna (fig. 16). L’Applicazione Imago Bononie si basa sulla logica dell’ ”Edutainment”9 (divertimento educativo), teoria che dichiara l’efficacia di metodi educativi finalizzati alla didattica, attraverso il divertimento. Si tratta di un’applicazione 3D in tempo reale incentrata sull’esplorazione interattiva della ricostruzione di Bologna durante l’età romana (I secolo d C). L’utente utilizza i dispositivi di interazione naturale immerso in un ambiente 3D popolato da una folla di persone virtuali ed 14/ Istantanee di videoproiezioni su Porta Pia, Roma 29 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 15/ Mappa geografica interattiva che propone informazioni in realtà aumentata sottoforma di gioco, grazie all’utilizzo di AR Tag con diversi disegni e colori 16/ applicazione totalmente immersiva che consente di interagire l’utente con la recostruzione mediante l’ interazione naturale. Il coinvolgimento è garantito anche dalla logica di esplorazione simile a quella dei videogiochi. interagisce con l’applicazione in maniera ludica.. Nel gioco egli deve trovare e accumulare delle “peritie” che lo arricchiscono di nuove abilità gestuali come:” Translatio “ (capacità di muoversi rapidamente attraverso punti chiave), “ Volatus “ (capacità di volare), “ Imago “ (visione della Bologna moderna). Percorsi, personaggi ed altri elementi sparsi per la ricostruzione virtuale guidano visivamente l’utente attraverso l’antica Bononia. Il peritia finale (“Imago”)gli fornisce la possibilità di sovrapporre e controllare la visione del futuro strato urbano di Bologna, con i suoi volumi e le sue architetture, consentendogli confronti spaziali tra antico e moderno ed arricchendo la sua comprensione dell’evoluzione urbana della città felsina. Siamo nel campo delle tecnologie di distanza come la Natural User Interface (NUI) che consentono l’interazione con i dispositivi in modo del tutto naturale come il movimento delle mani o il riconoscimento vocale e rendono più facile e intuitivo l’utilizzo dei dispositivi stessi. In questo genere di applicativi tecnologici si tende ad elimi- 30 nare mouse e tastiera interagendo direttamente con il dispositivo (ad esempio le tecnologie con sensori di movimento Kinect). Fanno parte delle NUI anche la gesture recognition e la tecnologia touch-screen. 2.8. Lo ‘spazio aperto’: casi studio per esperienze condivise Installazione D-tower, NOX/Lars Spuybroek e Q.S. Serafijn, con V2_, 2003, Doetinchem, Olanda (fig. 17). L’installazione D – tower si compone di un edificio fisico chiamato torre, un questionario e un sito web. Tutte e tre le componenti sono collegate in modo interattivo. L’istallazione si occupa di un esperimento sociale in cui sono coinvolti gli abitanti di un’ intera città. Tramite il sito web si ha una rappresentazione visiva delle risposte degli abitanti al questionario, predisposto a Rotterdam dall’artista QS Serafijn, relativo alla registrazione di emozioni come l’odio, l’amore, la felicità e la paura. Ogni mese le 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito 17/ Installazione che registra e mostra le emozioni di un’intera città, un’esperimento sociale graficizzato anche su sito web domande diventano più precise, e le risposte sono rappresentate graficamente in diversi “paesaggi” sul sito web. Le quattro emozioni sono esemplificate dai colori verde, rosso, blu e giallo, e determinano i colori delle lampade che illuminano l’edificio. Ogni sera, guidando attraverso Doetinchem, si può verificare quale sia stata l’emozione collettiva quotidiana più intensa. Installazione per il concorso Youtube Play Museo Guggenheim & You Tube, 2010, New York (fig.18). Il Museo Guggenheim di NewYork ha lanciato nel 2010 un bando di concorso nel network che ha richiamato 23.000 video da tutto il mondo aprendo le porte al famoso social network Youtube, dove i video in questione sono stati caricati. Una selezione è stata poi operata da una giuria di artisti importanti. L’incontro fra la massima professionalità del sistema dell’arte e la creatività non professionale del Web è un fatto quasi senza precedenti nei musei. Durante la cerimonia di premiazione, i video sono stati proiettati sia all’interno che sulla facciata del Guggenheim rappresentando tutti i livelli di creatività, da quella professionale del giovane creativo agli esordi, ai molti autori non collocabili nell’area propriamente dell’arte. L’evento di videoarte è stato proposto anche in rete. Sito web “materacittanarrata.it”, APT Basilicata, CNR ITABC, 2012, Roma (fig. 19). “Materacittanarrata.it” è una rete di virtual heritage in un sito web che connette idealmente contenuti, luoghi, tempi, autori, fruitori, mondo reale e dimensioni virtuali. Il sito ha una funzione fondamentale, sia per la pianificazione preliminare della visita che per il suo successivo svolgimento. Esso infatti ospita tutti i contenuti implementati dal progetto, organizzati ed accessibili in maniera duplice. Infatti il database include tutti i siti culturali con le rispettive risorse narrative, iconografiche e multimediali, organizzati anche in funzione degli accessi dei vari sistemi, mentre gli itinerari tematici del territorio accolgono le stesse risorse e contenuti del database ma legate insieme in un percorso tematico di tipo narrativo. Sito web “museotorino.it” Amministrazione comunale, Soprintendenze, Atenei, Provincia Regione, Musei, Istituti di ricerca, Associazioni culturali, Enti, Aziende e cittadini,2011, Torino (figg. 20, 21). “MuseoTorino” è un sito web che ha alla base un progetto sia di tutela del patrimonio urbano che di cittadinanza attiva . Si tratta di un museo diffuso, costituito dall’insieme di beni, luoghi, edifici, spazi, siti, elementi del paesaggio, naturale o antropizzato, che costituiscono la città, interpretati e comunicati come sistema unitario attraverso un insieme di strumenti in grado di assicurare l’identificabilità, l’accessibilità, l’intel- 31 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 18/ Installazioneinterna ed esterna al Guuggenheim Museum di New York su cui vengono proiettati video realizzati ad hoc da artisti di tutto il mondo più o meno famosi 19/ La storia di Matera è composta da opere, racconti e luoghi, raccolti e messi in relazione come risorse narrative, iconografiche e multimediali nel sito web ligibilità dei luoghi. Il sito web è pensato e strutturato come un museo e sviluppato utilizzando tecnologie e piattaforme di ultima generazione. Entrandovi, è possibile percorrere virtualmente la città trovando informazioni sui luoghi, sulla loro storia, sulle persone che li hanno abitati, sugli eventi di cui sono stati teatro, ed immagini contemporanee e storiche che li raffigurano. La costruzione e la crescita di MuseoTorino si basa sullo sviluppo continuo di una forte rete di partenariato e si fonda sulla collaborazione dei cittadini. Tutti sono invitati a parte- 32 cipare segnalando temi e argomenti significativi su cui attivare cantieri di ricerca, suggerendo nuovi ambiti di indagine e percorsi, proponendo materiali che potranno trovare spazio nel Museo. Tutti i contenuti di MuseoTorino possono essere associati agli altri contenuti presenti nel web. Progettato secondo la filosofia dei Linked Open Data10, il sito web è basato su tecnologie innovative orientate alla condivisione delle informazioni con l’utente e con altri sistemi, nell’ottica di fornire una base dati il più possibile aperta ed accessibile. 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito 20-21/ Nel sito web è possibile visitare la città secondo diverse categorie temporali che disegnano sempre diverse configurazioni di “punti caldi” sulla mappa. La costituzione del sito web deriva in gran parte anche dall’utente- visitatore del sito web che lascia pareri e consigli per apportare migliorie al “museo virtuale”. Piattaforma “The Real-time Cultural Ecosystem of the City of Rome EC(m1)” Art is Open Sorce in collaborazione con l’Assessorato al Turismo e alle Politiche Culturali del 1° Municipio di Roma, 2013, Roma (fig. 22). La piattaforma Real-time creata dal primo municipio di Roma è un nuovo sistema tecnologico in grado di osservare, analizzare e visualizzare tutte le discussioni pubbliche in tema di cultura avviate sui maggiori social network, in 29 lingue, nell’area metropolitana di Roma. Il risultato è un nuovo paesaggio fatto di dati in costante mutamento ed aggiornamento, consultabile attraverso tre mappe interattive: lo spazio, che 33 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 22/ Con legende colorate si indicano i diversi temi oggetto di discussione sui social e la piattaforma visualizza il genere di argomenti culturali più diffusi con grafici 3D applicati alla mappa. mostra una mappa in tempo reale evidenziando i luoghi in cui si discute e si fa cultura; il tempo che mostra le discussioni online che emergono sui social, attraverso le comunicazioni degli operatori e il coinvolgimento dei cittadini; le relazioni della cultura, che mostrano come gli operatori e i cittadini collaborano, partecipano, comunicano ed esprimono opinioni. Oltre a fornire una nuova fotografia del fermento culturale a Roma, EC(m1) rappresenta una nuova sorgente di Open Data. Tutte le informazioni generate dal sistema sono infatti rilasciate sotto forma di dati aperti, a disposizione di cittadini, amministrazioni, imprese. In questo modo viene offerto alla collettività un nuovo servizio che consiste nella possibilità di osservare, ascoltare e analizzare una parte delle nostre vite digitali e di rielaborare la conoscenza che ne deriva per creare nuove strategie. 2.9. Lo spazio urbano: casi studio Hermes Virtual Tour, aCrm Net, Crm, Enea e Cnr, 2015 (fig.1). L’APP Hermes Virtual Tour permette esperienze coinvolgenti di fruizione del patrimonio architettonico e archeologico mondiale attraverso la tecnologia della realtà aumentata. Utilizzando il sistema di posizionamento globale satellitare interno al dispositivo mobile o simulandone la posizione, rende possibile ascoltare notizie ed aneddoti del passato mentre si passeggia in modalità real-time tra i monumenti. 34 ArounderTouch, VRWay Communication, 2013 (fig.2). L’Arounder Touch è una pubblicazione digitale di viaggi che conta oggi più di 70 fra le migliori destinazioni turistiche di tutto il mondo, illustrate tramite immagini panoramiche a 360° in alta definizione. La Colonna Traiana, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, Mondadori Electa, 2013 (fig.3). L’APP in oggetto consente di esplorare in real time il modello 3D della ColonnaTraiana. In loco è possibile interrogare il manufatto architettonico ottenendo informazioni sulle scene che si intravedono a partire dal basso (funzione “Live 3D”). E’ possibile effettuare la visione immersiva della Colonna, nel contesto attuale e in quello delle epoche storiche passate, anche quando l’utente non si trova presso il monumento. La sezione “Il Racconto” permette una visione continua del lungo fregio, descritto da una voce narrante. Nella sezione “Navigazione libera” si può esplorare la Colonna in tutte le sue parti seguendo la spirale dei rilievi o procedendo liberamente con l’ausilio di sottotitoli che descrivono le diverse scene. Si accede ad informazioni specifiche sui contenuti del fregio figurato e sui caratteri dei personaggi raffigurati. L’App permette anche di apprezzare “La Colonna nel tempo”, raccontando con immagini e testi le vicende della città intorno al monumento dall’antichità fino ai nostri giorni. 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito 1/ La app in modalità Realtà Aumentata permette di ricostruire luoghi storici o fornire materiale informativo sui resti archeologici 2/ La app permette di selezionare diverse mete di destinazione ed esplorarle tramite panorami sferici localizzati in pochi punti significativi i-MiBAC Voyager, ILLUSIONETWORK, 2011 (fig. 4). L’APP “i-MiBAC Voyager” permette di visualizzare contenuti in 3D in tempo reale di qualità foto-realistica relativi ai monumenti del Foro Romano in età costantiniana. L’applicazione può essere utilizzata in duplice modalità. La prima, in loco, con il supporto GPS che allinea la posizione della camera virtuale a quella dell’utente nel mondo reale. La seconda modalità consente invece all’utente di fruire, dovunque si trovi, di tutti i contenuti controllando manualmente la camera virtuale attraverso i pulsanti dell’interfaccia. L’applicazione può riconoscere ogni monumento geo-referenziato attorno alla posizione del supporto mobile, permettendo di usufruire di un’ audio guida multilingue. RomeVIEW, CORVALLIS S.p.A, Filas S.p.A. 2012 (fig. 5). L’ APP “Rome view “ si basa sull’integrazione tra la tecnologia della realtà aumentata, la modellazione 3D e la cartografia digitale. Permette di generare percorsi di visita personalizzati e di rendere semplicemente fruibili contenuti come testi, immagini, modelli 3D, fotografie storiche e video provenienti dagli archivi e dalle collezioni del Museo di Roma. L’ APP è dotata di uno strumento chiamato “PhotoMuseum” che, con le stesse modalità del 3D, colloca in sovrapposizione al modello navigabile le fotografie provenienti dall’Archivio del gabinetto fotografico del Comune di Roma conservato nel Museo, facendo rivivere la Roma di fine ‘800, prima degli interventi di modernizzazione. 35 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 3/ La app permette di “leggere” la colonna Traiana come un unico lungo racconto sviluppandola e fornendone materiale illustrativo ed informativo approfondito dalla navigazione 3D e dai panorami sferici L’APP ha anche la funzione di guida all’interno del museo. Grazie alla tecnologia bluetooth è in grado di trovare la posizione del dispositivo mobile sulla pianta del palazzo e permette di ottenere informazioni relative alle opere custodite puntando il device verso l’opera stessa. NERVAR, Giovanni Murru, DSDRA Sapienza Roma, 2014 (fig.6). La navigazione del sito “Nervar” in realtà aumentata permette di visualizzare sul display diversi livelli di informazioni 36 tridimensionali aggiunti alla realtà, avendo come riferimento la scheda cartacea che funge da Marker – Tag, e garantisce il riconoscimento della forma per punti. La mappa permette di localizzare, attraverso il GPS, la posizione del dispositivo. Ad essa sono state aggiunte sia le planimetrie storiche dei Fori, sia i Pin (puntine) che segnalano la presenza di elementi di rilievo di cui sono disponibili schede informative. IsIPU, Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Giovanni 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito 4/ Istantanee di navigazione 3D Real-time della ricostruzione virtuale dei luoghi 5/ Dalla localizzazione sulla mappa si passa al materale informativo sulla scheda, fino ad arrivare alla ricostruzione in Realtà Aumentata da visualizzare sul luogo in esame Murru, DSDRA Sapienza Roma, 2014 (fig.7). Nell’APP dell’Istituto italiano di paleontologia umana, i siti paleontologici sono rintracciabili tramite mappe percorribili grazie al navigatore integrato ed alla realtà aumentata. Si può accedere subito alle informazioni dei siti usando le apposite liste. In ogni sito paleontologico sono presenti informazioni, fotografie, illustrazioni e alcuni modelli 3D della popolazione preistorica dell’area in questione. Tramite la “Bolla Storica” si può accedere alla visione della ricostruzione di alcuni siti relativi all’epoca preistorica scelta. Milano. Guida della città, Comune di Milano, 2014 (fig.8). L’ APP “Guida della città di Milano” fornisce 13 itinerari per visitare e percorrere il capoluogo lombardo attraverso tre funzioni principali: “Maps”: costituita da una mappa interattiva, dove è possibile selezionare i punti di interesse degli itinerari per accedere a contenuti specifici. “Geolocal”: attraverso l’attivazione della geolocalizzazione del dispositivo, ogni punto di interesse fornisce le indicazioni del percorso da intraprendere come ad esempio la distanza dalla propria posizione e il tempo di percorrenza. “Info”: attraverso questa funzione ogni punto di interesse, 37 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 6/ Rintracciato l’oggetto sulla mappa, si utilizza la tecnologia della realtà aumentata per visualizzare la ricostruzione 3D. Essa può funzionare per “riconoscimento di forma” o tramite segnale GPS tramite l’icona “Info”, rimanda a contenuti di approfondimento del portale turismo.milano.it. Itinerari Milano, Comune di Milano, 2014 (fig. 9). Nel caso dell’APP ”Itinerari Milano” i percorsi ed i luoghi sono abbinati alla mappa georeferenziata (in questo caso si tratta di Google Maps) e sono rintracciabili sia per tema (shopping, enogastronomia, cultura, storia, arte, …), che per categoria (architettura, musei, parchi, …) sia dalla posizione 38 del dispositivo che da quella di un indirizzo elettronico con la possibilità di creare itinerari personalizzati e di salvarne i preferiti sul dispositivo stesso. Oslo official city, WIP, Wireless Independent Provider AB © WIP & VisitOslo, 2012-2015 (fig. 10). L’APP “Oslo official city“ funziona in modalità offline ed online. Offre una guida completa della città di Oslo con centinaia di luoghi da visitare ed attività da scegliere ( info su 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito 7/ Esempio di applicazione della tecnologia di realtà aumentata anche a siti paleontologici che ospitano ricostruzioni 3D di animali e vegetali. L’app permette un’esplorazione dei luoghi in diversi periodi storici attraverso la navigazione di panorami sferici 8/ L’app permette di scegliere di visitare la città per percorsi tematici o di localizzare i singoli luoghi culturali sulla mappa, ricevendone anche materiale informativo 39 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 9/ L’app vuole descrivere la città proponendo esclusivamente itinerari da percorrere, tracciati e geolocalizzati anche sulla mappa 10/ L’app vuole descrivere la città in maniera completa, fornisce anche un calendario in cui annotare eventi e percorsi da compiere attrazioni, panorami, ristoranti, trasporti, pernottamenti...). Si possono effettuare ricerche per categorie azionando il GPS che direziona la scelta nei luoghi situati in prossimità del dispositivo. 40 Si può visualizzare il calendario degli eventi e quindi pianificare il tour di visita della città prima di arrivare sul sito. Le liste dei luoghi da visitare possono essere salvate e condivise sui social network. 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito L’ APP fornisce anche il servizio di previsioni meteo e dieci differenti suggerimenti per le attrazioni da visitare e per le attività da proporre ai bambini tenendo conto delle condizioni metereologiche in fieri. ARTE.it Torino 2015, ARTE.it Srl, 2014 (fig, 11). “Guida di Torino ARTE.it” è un’APP che consente di conoscere l’offerta culturale proposta dalla città di Torino unitamente al calendario delle mostre d’arte in corso e in programmazione. La guida propone diversi itinerari su mappa per le vie della città attraverso informazioni georeferenziate permettendo così all’utente di costruire un programma di visita in base alle proprie preferenze e di creare un calendario personalizzato. Un’accurata selezione di ristoranti, bar, locali, alberghi, gallerie d’arte, negozi e librerie completa l’offerta. Si possono condividere le informazioni del proprio percorso di visita sui principali social network e spedire le immagini in formato cartolina agli amici. 11/ L’app fornisce una guida approfondita della città, propone itinerari e incentiva la proposta culturale composta da luoghi mostre ed eventi annotati in un calendario settimanale che si aggiorna continuamente 41 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 42 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito NOTE 1. Cfr. MiBACT, Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale, in http://www.valorizzazione.beniculturali.it/it/ comunicazione-del-patrimonio.html. 2. Atti della Commissione Franceschini, 1967, Dichiarazione I, in http://archivi.beniculturali.it/Biblioteca/Studi/franceschini.pdf. 3. Cfr. a questo proposito, tra gli altri, Elena Ippoliti, Mappe, modelli e tecnologie innovative per conoscere, valorizzare e condividere il patrimonio urbano. Indagini sperimentali di sistemi integrati sul Piceno, in S. Brusaporci (a cura), Sistemi informativi integrati per la tutela la conservazione e la valorizzazione del patrimonio architettonico e urbano – Integrated software systems in architectural and urban heritage conservation, protection and exploitation, Gangemi, Roma, pp. 2-13. 4. Massimo Severo Giannini, I Beni culturali, in «Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico», XXVI, 1976, 3, p. 7. 5. Massimo Severo Giannini, cit., p. 8. 6. Atti della Commissione Franceschini, cit., Dichiarazione XXI. 7. Atti della Commissione Franceschini, cit., Dichiarazione XXI e Dichiarazione XVII. 8. Cfr. MiBACT, Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale, in http://www.valorizzazione.beniculturali.it/it/ comunicazione-del-patrimonio.html. 9. “Les idées de classement, de conservation et d’utilité publique, qui sont justes et claires, ont peu de rapport avec les délices” in Paul Valéry, Le problème des musées, apparso in “Le Gaulois” il 4 aprile 1923, pubblicato in Oeuvres, tome II, Pièces sur l’art, Nrf, Gallimard, Bibl. de la Pléiade, 1960, 1726 pages, pp. 1290-1293. Ambroise Paul Toussaint Jules Valéry (1871–1945), scrittore e poeta francese. “Non amo troppo i musei (...) Mi trovo in un tumulto di creature congelate, ciascuna delle quali esige, senza ottenerla, l’inesistenza di tutte le altre (….) Davanti a me si sviluppa nel silenzio uno strano disordine organizzato. Sono preso da un orrore sacro.”, in Le problème des musées, cit. 10. Umberto Eco, noto saggista, scrittore, filosofo e linguista, nota sull’argomento la conferenza tenuta nel 2001 al Gugghenheim di Bilbao, Il museo del terzo millennio, dove tra l’altro a proposito del museo scrive che “Per quanto sia bene organizzato e suddiviso per epoche, generi o stili, il museo moderno diventa un luogo dove, chi volesse vedere tutto quello che c’è, non vedrebbe nulla, e se pure guardasse non potrebbe memorizzare”. Consultabile in http://www. umbertoeco.it/CV/Il%20museo%20nel%20terzo%20millennio.pdf. 11. Carlo Ludovico Ragghianti, politico, critico, storico e teorico dell’arte, impegnato e convinto fautore della necessità della divulgazione dei contenuti culturali in campo artistico, da realizzarsi e praticarsi non solo attraverso le opere scritte, ma anche attraverso i nuovi canali di comunicazione e attraverso allestimenti museali e eventi espositivi da progettare in funzione di un pubblico ampio e non solo quello specializzato. Per Ragghianti l’esperienza museale deve concretizzarsi nella possibilità di ripercorrere il processo dell’artista attraverso le sue varie fasi, perciò risulta necessario allestire le mostre non solo con le opere conclusive, ma anche con schizzi, bozzetti e disegni preparatori, ecc. Questo principio si concretizza nell’attività curatoriale di Ragghianti ed è affermato negli scritti che, dal dopoguerra fino alla sua morte nel 1987, comprendono diversi saggi su riviste e atti di convegni, nonché il volume Arte Fare Vedere, dall’arte al museo del 1974 e la direzione del periodico «Museologia», pubblicato dall’Università Internazionale dell’Arte (UIA) di Firenze dal 1972. 12. Francesco Antinucci, Direttore di ricerca all’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR. Nel suo libro Comunicare nel museo (Roma-Bari, Laterza, 2010) analizza sistematicamente il 43 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito museo e denuncia come la sua struttura e organizzazione siano incompatibili con le esigenze di una comunicazione efficace. 13. Paolo Galluzzi, storico della scienza, Direttore dell’Istituto e Museo di Storia delle Scienze di Firenze. Sottolinea come le attuali istituzioni museali soffrono per la difficoltà nella contestualizzazione delle opere esposte e suggerisce che le nuove tecnologie finora utilizzate in modo poco efficace possono reinterpretare il ruolo dell’istituzione museale (museo virtuale) soprattutto nella sua finalità divulgativa e didattica. In particolare si può confrontare la voce “Museo virtuale” redatta per l’Enciclopedia Treccani, cfr. nota 27. 14. Umberto Eco, Il museo del terzo millennio, cfr. nota 10. 15. Francesco Antinucci, Comunicare nel museo, Roma-Bari, Laterza, 2010, p. 147. 16. Cfr. argomento in Francesco Antinucci, Non basta il computer per una scuola moderna, Telema, Anno IV, Estate 1998, pp.86-93. 17. Domenico Parisi, E’ una macchina di talento: ci restituisce l’esperienza, Telema 12, 1998, pp. 23-30. 18. Il concetto alla base dei termini museo “manuale” viene approfondito nel terzo capitolo di Antinucci, Comunicare nel museo, cit., pp. 101-160. 19. Cfr. Elena Ippoliti, Alessandra Meschini, The experience of the journey. Digital technologies and visual itineraries to enjoyment of the city’s cultural heritage, in HERITAGE and TECHNOLOGY. Mind Knowledge Experience. Aversa - Capri, 11, 12, 13 June 2015, La scuola di Pitagora, Napoli, 2015, pp. 1535-1544. 20. Traduzione da Elena Ippoliti, Alessandra Meschini, The experience of the journey, cit., pp. 1535-1544. 21. Cfr. con Algirdas Julien Greimas, Del Senso, Milano, 1974, ed. orig. Du sens, Seuil, Paris, 1970. 22. Si parla di design dell’esperienza in quanto quest’ultima è la relazione emotiva e cognitiva che il fruitore instaura con la realtà circostante. Il progetto dunque nasce a partire da un luogo che è sia cornice per ospitare l’esperienza, sia contesto per darle significato. 44 Il luogo inoltre può naturalmente essere sia fisico che virtuale. Cfr. argomento in Andrea Granelli, Monica Scanu, (Re) Design del Territorio, Fondazione Valore Italia, Roma, 2010, pp. 63-70. 23. Donatella Capaldi, Emiliano Ilardi, Giovanni Ragone, I cantieri della memoria. Digital Heritage e istituzioni culturali, Liguori Editore, Napoli, 2011, pp. 6-13. 24. La fama di Herbert Marshall McLuhan deriva dal suo innovativo pensiero che può essere sintetizzato con la frase “il medium è il messaggio”. La sua riflessione ruota intorno all’ipotesi secondo cui il mezzo tecnologico che determina i caratteri strutturali della comunicazione produce effetti pervasivi sull’immaginario collettivo. La struttura comunicativa di ogni medium quindi suscita negli utenti/ spettatori determinati comportamenti e modi di pensare e porta alla determinazione di una particolare forma mentis. McLuhan incentra l’attenzione sul mezzo, soprattutto sui mezzi usati dalla comunicazione moderna che hanno delle potenzialità incredibili di plasmare i nostri modi di vivere e di pensare, ma che spesso vengono sottovalutate. Si può pensare ad esempio alla società del “tutto-e-subito” in cui viviamo oggi, formatasi a causa della velocità cui ci hanno abituato le nuove tecnologie informatiche e del web. Per approfondire il tema qui descritto si faccia riferimento al libro di Marshall Mcluhan, Capire i media. Gli strumenti del comunicare, Il saggiatore, Milano, 1967, ed. orig. Understanding Media: The Extensions of Man, McGraw-Hill, New York, 1964. 25. Giovanni Ragone, I media e la memoria della letteratura, in “History. Riscritture della storia nella fiction contemporanea” Ilardi, Giuseppe Martella (a cura di ), Liguori, Napoli, 2007, pp. 7-15. 26. Il termine prosumer nasce nel libro The third wave (1980) di Alvin Toffler, come spiega Enrico Menduni nell’Enciclopedia della Scienza e della Tecnica Treccani.it. Questo vocabolo descrive un consumatore che è a sua volta produttore o che consuma mentre produce. Il prosumer non aderisce al consumo di massa ma piuttosto preferisce la molteplicità dei gusti e delle tendenze dei cittadini delle ricche società che preferiscono delocalizzare le produzioni di beni in Paesi del terzo mondo dal basso costo del lavoro. Oggi il termine si riferisce al mondo virtuale del web dove l’attività del visitatore è determinante per il commercio elettronico come per la generazione di prodotti multimediali perché ne offre il proprio giudizio a vantaggio dei prossimi fruitori. Si determina così la nascita di un vero 2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie Michela Ardito e proprio genere mediale, i contenuti generati dall’utente. Da http:// www.treccani.it/enciclopedia/prosumer_(Enciclopediadella- Scienza-e-della-Tecnica)/. 27. Paolo Galluzzi, Museo virtuale, voce in Enciclopedia Treccani, XXI Secolo (2010), in http://www.treccani.it/enciclopedia/museovirtuale_(XXI-Secolo)/. 28. Con il termine Wiki si intendono quei siti web che vivono di collaborazione attiva delle comunità dei loro frequentatori nell’elaborazione di prodotti multimendiali. Con il termine Blog in particolare si intende un sito web assimilabile ad un giornale on-line interattivo in cui i contenuti gestiti e pubblicati periodicamente dal blogger conservano contenuti multimediali con cui il visitatore può eventualmente interagire. Per e-learning o teledidattica si intende la possibilità di imparare sfruttando la rete internet e la diffusione di informazioni a distanza. I progetti educativi di molte istituzioni propongono la teledidattica non solo come complemento alla formazione in presenza, ma anche come percorso didattico rivolto ad utenti aventi difficoltà di frequenza in presenza. Attraverso la teledidattica si facilita la formazione continua e quella aziendale, specialmente per le organizzazioni con una pluralità di sedi. Social tagging, o attività di tagging, consiste nell’attribuzione di una o più parole chiave, dette tag, che individuano l’argomento di cui si sta trattando, a documenti e file su internet. In sostanza, il tagging è una modalità per l’organizzazione dell’informazione alternativa alla gerarchizzazione attraverso categorie fisse. La classificazione attraverso i tag ha portato alla definizione di convenzioni pattuite all’interno di determinate comunità virtuali, e non derivanti da un vero e proprio standard formalizzato, qui il termine social tagging. 29. I tre ambiti specifici scelti sono gli stessi su cui si concentrano le ricerche sull’uso della multimedialità e interazione nel campo dei Beni Culturali per la divulgazione e fruizione del patrimonio culturale mediante dispositivi mobili ordinati nell’articolo di T. Empler, APP design con uso della realtà aumentata per divulgazione dei Beni Culturali, in Disegnare idee immagini, n.50, Gangemi Editore, Roma, 2015, pp. 60-69. 30. Le nuove tecnologie hanno contribuito a trasformare i dispositivi in strumenti di personal computing e di mobilità eccellenti. Esse si sono tradotte in sensori che contribuiscono a rendere la nostra espe- rienza con un dispositivo mobile sempre più ricca e affascinante. Alcuni tra i sensori più utili ai nostri scopi: - l’accelerometro: permette di catturare i movimenti e i gesti dell’utente sul dispositivo abilitando funzionalità e attività sulla base di informazioni e configurazioni predefinite. Serve a misurare l’accelerazione del dispositivo rispetto alla caduta libera, ha quindi una funzione di inclinometro che determina l’orientamento del display sfruttando i tre assi di cui è composto; - il magnetometro: è un sensore che permette di avere una bussola nel dispositivo, le applicazioni più interessanti di questo sensore sono sicuramente la rotazione nelle mappe/navigatori satellitari in tempo reale rispetto al cursore che rappresenta la posizione; - il giroscopio: è un particolare sensore che si affianca all’accelerometro per misurare l’inclinazione del dispositivo, serve per rilevare i movimenti nei tre assi tridimensionali X,Y e Z dell’oggetto; - il GPS: è un sensore che consente di localizzare la posizione del dispositivo con lo scarto di pochi metri rispetto la posizione effettiva. 31. Cfr. Riccardo Migliari (a cura), Prospettiva dinamica interattiva: la tecnologia dei videogiochi per l’esplorazione dei modelli 3D di architettura, Kappa, Roma, 2008 e in particolare, dello stesso autore nel medesimo volume il saggio Introduzione alla prospettiva dinamica interattiva, pp. 6-17. 32. Si consiglia di consultare il paragrafo 5.2 per maggiori chiarimenti sul tema della visione stereoscopica. 33. Il termine Edutainment assume questa denominazione dall’unione delle parole inglesi education “educazione” ed entertainment “intrattenimento”. Si tratta di un neologismo coniato da Bob Heyman, documentarista per la società National Geographic, già utilizzato negli anni ‘60 da Marshall Mc Luhan. Nel ramo della comunicazione del bene culturale, un prodotto finalizzato all’edutainment, corrisponde all’esigenza di comunicare divertendo. L’esperienza viene consumata sul proprio computer o per mezzo di supporti digitali interattivi sul luogo dell’esperienza La necessaria partecipazione attiva del fruitore, diviene l’evidente presupposto per raggiungere la conoscenza auspicata. 34. I linked Open Data sono una modalità di pubblicazione di dati atti ad essere collegati fra loro e quindi utilizzabili attraverso interrogazioni semantiche. Nascono per fornire informazioni che possano essere lette e comprese da tutti i computer. Questo rende possibile 45 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito collegare e utilizzare dati provenienti da diverse sorgenti. Nel 2009, a partire da Tim Berners Lee, un fondatore del World Wide Web, si è passati progressivamente dal web dei documenti al web dei dati. Il fine è quello di creare un unico grande database globale e distribuito, interrogabile dalle macchine indipendentemente dalla provenienza dei dati : il Web Semantico. Da http://www.culturaitalia.it/opencms/linked_open_data_it.jsp 46 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello Michela Ardito 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello 3.1 L’impostazione generale Obiettivo generale della tesi è quello di interpretare, attraverso un’opportuna sperimentazione, “l’innovazione tecnologica quale strumento attivo e intelligente per una comunicazione accessibile, partecipata e coinvolgente dei beni culturali”1. In particolare, l’ambito di interesse della tesi è relativo all’approfondimento disciplinare di “modelli” per la comunicazione e valorizzazione del Patrimonio Culturale. Il punto di vista adottato è stato quello di indagare il segmento dei modelli digitali navigabili, proponendo diverse esperienze di fruizione e visita dei Beni Culturali ma sempre a partire dalle diverse declinazioni di un modello tridimensionale. All’interno di quest’ottica generale, per meglio circoscrivere la tesi, è stato adottato un particolare caso studio: il progetto di Marcello Piacentini per il cosiddetto “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma (figg. 1-3). Un caso studio particolare, paradigma sulla “città nuova”, scelto an- 1/La città universitaria 1935, FotografiaLa città universitaria 1935, Fotografia. (da Archivio Storico “Sapienza”) 47 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito che per un’occasione speciale: i festeggiamenti per gli ottanta anni dall’inaugurazione, avvenuta il 31 ottobre 1935. La particolarità del caso studio ha permesso di orientare la ricerca nella direzione delle possibili applicazioni in un segmento applicativo non troppo usuale, quello dello spazio aperto e in particolare dello spazio urbano. Nel segmento dei beni architettonici e dello spazio urbano, per una corretta comunicazione del bene, è infatti necessario che le applicazioni tecnologiche prendano le mosse a partire dalla ricostruzione e riproposizione dello spazio tridimensionale, proponendo al fruitore “la “scena digitale 3D” “sia in quanto interfaccia di accesso ai contenuti culturali e sia in quanto luogo in cui si costruiscono informazioni. Tale modalità di approccio, analoga e interattiva, incardinata sul coinvolgimento sensoriale ed emozionale, si costituisce di fatto come un valore aggiunto per la comunicazione, la fruizione e l’elaborazione di informazioni e contenuti, qualificandosi utilmente per la valorizzazione del patrimonio culturale”2. 2/ La città universitaria 1935, Planimetria di M. Piacentini (da Archivio storico “Sapienza“) 3/ Disegno 3D Città universitaria, posteriore 1935 (da Archivio storico “Sapienza“) 48 L’intenzione principale delle sperimentazioni della tesi è dunque quella di riproporre ai possibili visitatori uno tra i progetti urbani più impegnativi, per dimensione e per destinazione d’uso, condotto a termine in soli tre anni dal regime fascista. Un esempio che è certamente importante testimonianza dell’architettura degli anni ’30 in Italia e della volontà di conciliare la modernità con la tradizione. Il progetto della Città Universitaria è considerabile una delle più significative soluzioni di questa volontà dove “i riferimenti culturali sono ancora tratti dalla classicità, ma rivisitati attraverso una nuova chiave, quella della “semplificazione” che diviene essa stessa modernizzante dei motivi e dei modelli desunti dalla storia. Il linguaggio si rarefa attraverso un processo di semplificazione delle masse, di sintesi dei volumi e delle sagome, di astrazione degli elementi decorativi, con una maggiore tensione verso una accentuazione della purezza delle forme geometriche”3. Un’aspirazione alla sintesi tra modernità e tradizione che gli architetti del tempo risolvevano in particolare attraverso “uno sforzo grafico-progettuale incessante e continuo, dove l’oggetto architettonico è l’elemento di mediazione irrinunciabile tra la visione urbana complessiva e il dettaglio puntuale e accurato”. Un modo di “fare architettura” attraverso il disegno inteso quale metodo “di studio e di lavoro (per) tenere salda- 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello Michela Ardito mente insieme il disegno di architettura e il disegno urbano, l’edilizia e l’urbanistica”4. Il progetto del “quadrato piacentiniano” è dunque una testimonianza significativa della nostra storia recente e perciò si ritiene necessario che sia “raccontato”5, dunque innanzitutto rappresentato, nel suo stato originario. Se a un primo distratto sguardo può infatti apparire che la Città Universitaria non abbia subito rimaneggiamenti, le necessità d’uso hanno costretto a significative modificazioni degli spazi e dei volumi, con aggiunte e superfetazioni di fabbricati, sostituzioni di manufatti, diversa viabilità, sostituzione dell’impianto vegetazionale, ecc. Una trasformazione che il “traffico”, dei veicoli e dell’alto numero di utenti, rende ancora più evidente, marcando una distanza significativa tra il progetto, o meglio ancora i disegni di progetto, e lo stato di fatto. Una storia che può essere rintracciata, ricostruita e narrata a partire soprattutto dai disegni di progetto e che “per essere comunicata non solo agli specialisti del settore necessita di essere ‘messa in forma’ ovvero virtualmente ‘ri-costruita’. Solo riproducendo l’illusione di quelle scene tale patrimonio potrà così divenire comunicativo anche per l’utente ‘non esperto’; scene che, attraverso i meccanismi percettivi, consentiranno di suscitare emozioni nell’osservatore e dunque di attivare per empatia la partecipazione al processo comunicativo e così di avvicinarlo alla conoscenza”6. La tesi ha dunque orientato secondo questi intendimenti generali le sperimentazioni. Le applicazioni, infatti, sono state condotte a partire dalla formulazione di ipotesi tridimensionali ricostruttive dell’unità figurale del progetto piacentiniano con l’obiettivo di concorrere al miglioramento della leggibilità stessa del bene. Tali sperimentazioni sono riferibili all’ambito denominato “restauro virtuale” che “nato nel campo della conservazione dei Beni Culturali (…) ha allargato l’ambito di applicazione indicando, oggi, non solo l’utilizzo di tecniche di image processing applicate ai beni culturali ma anche tutte le metodologie atte a restituire le fattezze originali di un’opera altrimenti non accessibile”7. In quest’ambito le tecnologie visuali sono la via possibile per ristabilire l’unità formale di “quelle opere d’arte (che) siano intangibili e che, solo attraverso una simulazione digitale, possano vedere migliorata la propria leggibilità”8 cosicché la riconfigurazione dell’aspetto perduto contribuisce ad ampliarne il contributo di conoscenza. Le “reintegrazioni digitali” sono perciò prefigurazioni, seppur virtuali, e in questo modo sono state considerate nella tesi, cioè come formulazioni di ipotesi storico-critico-estetiche in modo da corrispondere alle due istanze, quella storica e quella estetica, che secondo la definizione di Cesare Brandi insieme concorrono a qualificare un’opera d’arte9. 3.2 L’articolazione della sperimentazione Sulla base delle considerazioni fin qui condotte sono state articolate le diverse fasi operative delle sperimentazioni. La prima fase è stata indirizzata alla costruzione del modello tridimensionale digitale basato su informazioni puntuali e rigorose ricavate dallo stato di fatto e dalla documentazione storica. I principali documenti assunti, che hanno consentito di corrispondere all’istanza storica, sono stati ovviamente quelli iconografici, in particolare i disegni di progetto, tra cui quelli conservati negli Archivi della Sapienza, pubblicati e non, nonché quelli pubblicati nelle riviste di settore degli anni ’30, comunque integrati da puntuali ricerche bibliografiche. Perciò, a partire dalla documentazione iconografica e dallo stato di fatto, del caso studio è stato ripercorso il processo storico e data una lettura interpretativa, per formulare un’ipotesi tridimensionale ricostruttiva del “progetto del quadrato piacentiniano” concretizzatasi nella ricostruzione del modello. In particolare dall’interpretazione dei diversi disegni di progetto è derivata l’individuazione delle geometrie generatrici compositive e delle maglie strutturali che, verificatene la coerenza con le realizzazioni, ha consentito di orientare la modellazione e di contenere al minimo le deformazioni dei materiali raster. La successiva fase sperimentale è stata finalizzata alla resa percettiva coerente con l’interpretazione storico-critica e tale da corrispondere all’istanza estetica come definita da Cesare Brandi, definendo trattamenti delle superfici dei modelli e degli spazi urbani. Ciò in relazione alla finalità generale della tesi, che è quella di sperimentare le tecnologie visuali per la 49 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito simulazione dello spazio al fine di proporre “rappresentazioni” attraverso cui realizzare una comunicazione accessibile, partecipata e coinvolgente dei beni culturali. In tale senso, dato il particolare caso studio, il progetto del quadrato piacentiniano, per il trattamento superficiale dei modelli degli edifici è stata definita una “resa percettiva” derivata dai disegni di progetto e che simulasse tanto la grana della carta quanto i tratti grafici. Ci si è poi soffermati sul trattamento degli ulteriori elementi, da quelli decorativi e scultorei fino alla vegetazione. L’ultima fase ha riguardato le applicazioni di diversi “modelli visuali navigabili” proponendo differenti percorsi culturali per la “visita” del Bene, fruibili in presenza e secondo diversi livelli di interattività e/o immersività. Punto di partenza delle diverse applicazioni è stato il “modello tridimensionale”, via via integrato e sperimentato per diversi ambienti. In particolare le applicazioni propongono l’esplorazione delle ricostruzioni digitali dei progetti dei casi studio sperimentando: - il panorama sferico statico, ovvero un modello digitale da cui sono derivate rappresentazioni panoramiche e virtual tour navigabili a 360° ma solo da punti di vista prefissati, dunque fruibili in modo discreto e discontinuo; - il panorama sferico dinamico, ovvero un modello digitale da cui sono derivati video panoramici navigabili a 360° da più punti di vista e percorsi scelti dagli utenti, dunque fruibili con maggiore interazione e fluidità rispetto ai panorami sferici dinamici, - la prospettiva dinamica interattiva per la navigazione in real-time del modello digitale, che consente un’elevata interazione con lo spazio ricostruito potendolo esplorare in modo fluido e continuo, - la prospettiva dinamica sia interattiva e sia immersiva che consente un’esperienza per così dire totalizzante. Le esperienze proposte, attraverso le applicazioni realizzate, sono di esplorazioni fluide con o senza soluzioni di continuità e secondo diversi livelli di immersività della ricostruzione tridimensionale del progetto piacentiniano. Nei capitoli successivi le descrizioni delle diverse applicazioni relative alle diverse tipologie di “modelli visuali navigabili” sono state trattate prima inquadrandole rispetto alle questioni scientifico-disciplinari e poi descrivendo i principali passaggi procedurali. 50 Nell’ultimo capitolo della sperimentazione è tratteggiata la possibilità di un’integrazione dei modelli navigabili attraverso la predisposizione di un’applicazione per dispositivi mobili. 3.3 Il progetto della città universitaria e il “quadrato piacentiniano” Appena annessa la città di Roma allo Stato italiano, emerge immediata la necessità di una modernizzazione degli istituti universitari romani e l’ipotesi di una trasformazione con un’unica grande area a tale scopo dedicata. Ma già nel 1875, i costi eccessivi che questa trasformazione avrebbe comportato, convinse la Commissione, nominata con Regio Decreto il 16 ottobre 1874 e presieduta da Quintino Sella, ad abbandonare il progetto ed a persistere nella tripartizione del sistema universitario romano, diviso tra il Palazzo della Sapienza, l’area di Panisperna e quella di S. Pietro in Vincoli, immaginando che potesse sopportare ulteriori sviluppi. La convinzione della necessità di una trasformazione non è però abbandonata e nel 1906 è ripresa grazie ad un acceso dibattito che infervora le pagine del quotidiano “La Tribuna” con voci ed interventi autorevoli. Nel frattempo, sempre nei primi anni del ‘900, sono individuate ed acquisite diverse aree tra Castro Pretorio e Tiburtino con il fine di rilocalizzare ed ingrandire alcune sedi universitarie e l’ospedale Policlinico (fig. 4). Poi, nel 1909, su consiglio dell’architetto Gustavo Giovannoni, si procede alla modifica del piano regolatore nella zona situata tra il cimitero monumentale del Verano e di Castro Pretorio. Nel 1931, in seguito alla realizzazione del Ministero dell’Aeronautica a Castro Pretorio, sono nuovamente proposti alcuni progetti per il trasferimento della sede centrale dell’Università nella medesima area. Così, nell’aprile del 1932 il Duce affida a Marcello Piacentini l’incarico di Direttore e Architetto Capo per realizzare, in soli tre anni, quello che doveva essere l’esempio “dello spirito nuovo” sull’istruzione superiore: la Città Universitaria di Roma. A tale scopo Piacentini dispone un’organizzazione comples- 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello Michela Ardito 4/ Aree acquisite per l’Università tra Castro Pretorio e Tiburitino 1907 (dall’ Archivio di Stato) sa. Affida la gestione degli aspetti finanziari e amministrativi al “Consorzio per l’assetto edilizio della Regia Università di Roma” appositamente costituito il 4 aprile del 1932. Pone alla direzione dell’Ufficio Tecnico del Consorzio l’ingegnere Francesco Guidi, che aveva già collaborato con lui, e suddivide l’intera direzione lavori in quattro lotti funzionali, ognuno dei quali è affidato ad un team composto da un ingegnere, un geometra e un assistente. Poi incarica Eugenio Montuori della direzione artistica e del controllo urbanistico dell’intero complesso e Gaetano Minnucci del coordinamento degli aspetti tecnico-costruttivi e tecnologici. Infine designa un’equipe di giovani progettisti ed architetti affidando ad ognuno la responsabilità di un singolo edificio. A Pietro Aschieri viene assegnata la progettazione dell’edificio della Facoltà di Chimica, a Giuseppe Capponi quella per la Facoltà di Botanica, ad Arnaldo Foschini il volume della Facoltà di Ortopedia, Igiene ed anche l’ingresso monumentale, a Giovanni Michelucci la responsabilità dell’edificio della Facoltà di Mineralogia, a Giuseppe Pagano il progetto per la Facoltà di Fisica, a Giò Ponti per la Scuola di Matematica e a Gaetano Rapisardi gli edifici della Facoltà di Lettere e Fi- losofia e della Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche. Marcello Piacentini avoca a sé la progettazione dell’edificio del Rettorato e fornisce all’intera equipe di progettisti direttive generali non solo di carattere tecnico, economico, organizzativo e funzionale alle quali attenersi. Nelle lettere inviate ai colleghi architetti per comunicare le linee guida del progetto, Piacentini si sofferma infatti a sottolineare l’importanza della funzionalità e della praticità degli ambienti e chiede di tenere presente “la necessaria semplicità, l’abbandono della leziosa decorazione rinunciando alla personalità ed originalità, alle correnti di moda per costruire edifici nobilissimi per soddisfare l’oggi e il domani”10. Oltre alle precise indicazioni dettate dalla forma generale d’impianto e per la caratterizzazione monumentale di ogni singolo edificio, i dettati puntuali sono fissati anche per il disegno della vegetazione, soprattutto nella piazza della Minerva, caratterizzato da siepi e cespugli con forme geometriche in gran parte squadrate, calibrate in proporzione al carattere d’impianto. Lungo i viali, invece, si indica di preferire una vegetazione con alti alberi ed arbusti che possano garantire zone di ombra e refrigerio nei tratti di più lunga percorrenza (fig. 5). Ulteriori istruzioni sono poi date per i materiali da adottare, che testimoniano una ricerca per le soluzioni tecnologicamente più avanzate. Si è lasciata anche la possibilità di inserire pietre regionali come il peperino, lo sperone e il tufo, Piacentini precisa che la trama generale dei prospetti deve essere simile a quella dei mattoni, ma dovendo optare per il “nuovo materiale” della litoceramica la cui produzione era stata messa a punto in quegli anni dalle industrie italiane . Altro materiale di riferimento è il travertino, tagliato e disposto in diversi modi, da usarsi largamente soprattutto sui fronti che definiscono la piazza della Minerva per sottolineare la monumentalità del luogo. Non sfuggono ai dettami fissati da Piacentini quelli relativi ai dettagli e per gli apparati scultorei e simbolici (bassorilievi e fasci littori, questi ultimi smantellati, figg. 6, 7). Infine sono fissate ulteriori regole per un sistema di iscrizioni con lettere in travertino di grandi dimensioni “con lo scopo di completarne la decorazione e precisarne il significato e le intenzioni”11. Gli edifici delle Facoltà sono così facilmente riconoscibili grazie alle loro denominazioni poste nella sommità dei fronti sul lato delle entrate, mentre per il Rettorato e gli edifici che 51 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 5/ Disposizione della vegetazione. Siepi e cespugli appena piantati nelle aiuole in piazza della Minerva, alberi e arbusti lungo il viale principale, Fotografia del 1935. (da Archivio storico “Sapienza”) lo affiancano, sul lato verso la piazza, sono collocate epigrafi solenni in latino per sottolinearne l’austera importanza. Il progetto della città universitaria nel suo complesso è dunque un’importante testimonianza dell’architettura degli anni ’30 in Italia e della volontà di conciliare la modernità con la tradizione, controllando la coerenza tra il dettaglio, l’edificio e l’intero disegno urbano. Le disposizioni planimetriche degli edifici dettate dell’architetto Piacentini sottolineano ed enfatizzano infatti le componenti monumentali tipiche dell’architettura di regime che rimandano alla tipologia classica e rinascimentale fondate sulla simmetria, sull’allineamento della viabilità rispetto agli assi principali, sulle proporzioni degli spazi aperti che definiscono la gerarchia dei luoghi in ordine di importanza. 6/ Particolare del fronte in travertino degli edifici che affacciano su piazza della Minerva. (da Rivista ARCHITETTURA XIV, 1935) 52 La Città universitaria esprime, attraverso un’organizzazione precisa e dettagliata, l’idea di una “città rivolta in sé stessa, definita da un ingresso imponente e da un largo viale fiancheggiato da edifici che conduce ad un’ideale-piazza italiana”12. Lo stesso Piacentini, nell’articolo introduttivo al fascicolo speciale di “Architettura” 1935, dal titolo “La Città Universitaria di Roma”, scrive: “Ho voluto riprendere in un tema modernissimo il concetto della migliore tradizione urbanistica a noi derivata dall’antichità greco-romana e dal nostro Rinascimento. È la concezione dell’Agorà e del Foro, delle piazze quattro e cinquecentesche, cioè la espressione comple- 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello Michela Ardito “uno schema di pianta basilicale a transetto”14 (fig. 8). Secondo questo schema dall’ingresso, evidenziato da propilei monumentali “ha inizio il grande viale centrale della Città Universitaria che, largo 60 metri, finisce nel vasto foro trasversale, il vero centro della composizione urbanistica e architettonica. Di fonte al viale, sul suo asse, e posta a chiudere il lato lungo del foro, si erge l’imponente mole dell’edificio del Rettorato e della Biblioteca, che forma con gli affiancati edifici delle Lettere e della Giurisprudenza un complesso unitario, con un fronte lungo circa 200 metri”15 (fig. 9). È dunque soprattutto nella vasta piazza rettangolare, disposta trasversalmente all’asse del viale, definita dagli edifici che vi si affacciano, l’autentico fulcro dell’intero progetto della Città Universitaria, il cosiddetto “quadrato piacentiniano” che ha costituito il fulcro delle sperimentazioni della presente tesi. 7/ Dettagli apposti in facciata della Facoltà di Lettere e Filosofia, scritte e bassorilievi. (da Rivista ARCHITETTURA XIV, 1935) ta e complessa della nostra edilizia cittadina, che si traduce in questo nuovo organismo e perpetua in forme moderne lo spirito della civiltà antica”13. Il cardine del disegno generatore da cui derivano le principali geometrie compositive dell’insieme e quelle di dettaglio è dunque fissato da Piacentini, e già nel maggio del 1932, in 8/ M. Piacentini, planimetria preliminare , 1932. (da Archivio Regni-Sennato) 53 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 9/ Modello della Città universitaria nella soluzione del 1933. (da Archivio dell’ Ufficio Tecnico dell’Università “Sapienza”) 3.4 La costruzione del modello. Dal controllo metrico-geometrico alla resa percettiva La prima fase è stata indirizzata alla costruzione del modello tridimensionale digitale basandolo su informazioni puntuali e rigorose ricavate dallo stato di fatto e dalla documentazione storica. I principali documenti assunti, che hanno consentito di corrispondere all’istanza storica, sono stati ovviamente quelli storico-iconografici, in particolare i disegni di progetto, comunque integrati da puntuali ricerche bibliografiche, da cui sono state derivate le fondamentali notizie cronologiche. Relativamente ai materiali storico-iconografici le fonti principali sono state l’Archivio cinematografico dell’Istituto Luce16, l’Archivio Storico della Sapienza17 e il fascicolo speciale che la rivista “Architettura” dedica alla città universitaria nel 193518. Sulla base delle documentazioni iconografiche reperite, soprattutto i disegni di progetto e diverse foto d’epoca, dai confronti derivati da numerosi sopralluoghi sono emerse diverse differenze tra lo stato attuale della piazza e quello del 1935. 54 Come già anticipato nei paragrafi precedenti, la Città Universitaria ha subito negli anni manomissioni e trasformazioni. Tra i tanti, uno dei casi più evidenti di aggiunte ai fabbricati, rispetto allo stato del ‘35, è quello della Facoltà di Lettere e Filosofia. Negli anni ‘55-’60 sono state effettuate diverse modifiche in pianta e in elevazione del complesso architettonico; sono stati aggiunti livelli allo stabile laterale in direzione sud ed è stato costruito un corridoio esterno di collegamento dietro il volume curvo in forma di abside, anch’esso innalzato di due piani. Negli anni ‘80 è stato poi anche sopraelevato, con strutture prefabbricate, il corpo parallelo all’Aula Magna del Rettorato (figg. 10-15). Purtroppo, in alcuni casi, non è stato possibile identificare con assoluta certezza la consistenza dei cambiamenti avvenuti, sia per l’impossibilità di reperire la necessaria e corretta documentazione e sia perché tali modifiche sono avvenute reiterando forme e tecniche costruttive simili a quelle originali. Nonostante la consistenza del materiale iconografico, in alcuni casi i disegni esecutivi del progetto non erano comunque 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello Michela Ardito La procedura per la costruzione dei modelli metrico-geometrici ha seguito un workflow sintetizzabile in: individuazione della documentazione iconografica; analisi critica e selezione degli elaborati e confronto con lo stato di fatto; trasformazione in formato raster; ridisegno vettoriale 2D con software CAD; costruzione dei modelli matematici. 10/ Fotografia ampliamento anni’60 e ‘80 esaustivi per una completa costruzione tridimensionale degli edifici. In questi casi le lacune sono state integrate grazie alle fotografie storiche reperite, da cui sono state desunte quelle ulteriori informazioni per una ricostruzione di massima che ha permesso di approntare il modello generale con un’attendibilità coerente ad una scala di rappresentazione di 1:200. La ricostruzione dei modelli metrico-geometrico di ogni edificio ha perciò proceduto dall’analisi delle rappresentazioni di progetto, da cui sono state desunte le principali regole compositive e strutturali, così come le dimensioni degli spazi e le divisioni degli ambienti, ecc. Con riferimento alla planimetria generale di progetto sono state fissate tanto le dimensioni generali del singolo fabbricato quanto le rispettive relazioni tra i vari edifici, mentre dalle fotografie storiche sono derivate alcune informazioni ad integrazione e anche verificate la corrispondenza con l’effettiva realizzazione. Tale analisi preliminare ha permesso di fissare le basilari regole e geometrie bidimensionali e tridimensionali di riferimento per la disposizione e l’allineamento dei principali elementi sui differenti piani orizzontali e verticali. Procedendo nel disegno livello per livello, gli schemi rintracciati nelle diverse piante sono stati “impilati” alle rispettive quote. Il controllo contestuale degli allineamenti, interni ed 11/ Prospetto progetto ampliamento anni ‘55 -’60. (da Archivio storico “Sapienza”) 55 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 14/ Modello matematico in costruzione che riproduce il lato posteriore Facoltà di Lettere 12/ Fotografia 1935. (da Rivista ARCHITETTURA n. XIV, 1935) 15/ Pianta progetto anni ‘30, arch. G. Rapisardi (da Rivista ARCHITETTURA XIV, 1935) 13/ Pianta progetto ampliamento anni ‘55 -’60 (da Archivio storico “Sapienza”) 56 esterni e ai diversi piani, ha consentito di costruire, lì dove la verifica aveva dato esito positivo, diverse porzioni del modello in modo continuo dal basso verso l’alto19. A tale scopo, si sono importati i materiali raster nel software vettoriale Autodesk Autocad per digitalizzare gli elaborati bidimensionali, dopo aver reso tra loro coerenti i materiali dal 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello Michela Ardito punto di vista geometrico. Si è poi passati a lavorare nello spazio digitale tridimensionale con il software Rhinoceros, confrontando piante, prospetti e sezioni, per costruire il mo- dello matematico di ogni edificio e poi dell’insieme del quadrato piacentiniano (figg. 16-24). 16/ Fotografie storiche (dalla Rivista ARCHITETTURA XIV, 1935) 17- 18- 19- 20/ Disegni di progetto Scuola di Matematica, G. Ponti. (dalla Rivista ARCHITETTURA XIV, 1935) 57 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito Come già anticipato la fase seguente è stata indirizzata ad una resa percettiva dello spazio urbano e degli edifici coerente con le finalità generali delle applicazioni che sono quelle di proporre una visita del progetto originario della Città Uni- 21- 22/ Disegni bidimensionali digitalizzati in Autodesk Autocad e Modello matematico della Scuola di Matematica, Rhinoceros. (dalla Rivista ARCHITETTURA XIV, 1935) 24/ Rendering del modello dei soli fabbricati 58 23/ Inserimento del modello 3D costruito tramite i disegni di progetto del ‘35, sulla planimetria definitiva dell’arch. M Piacentini del 1935 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello Michela Ardito versitaria. Relativamente allo spazio urbano ci si è preoccupati di approfondire lo studio del progetto della vegetazione e di quei manufatti ne completano l’arredo, come la fontana centrale e soprattutto la statua bronzea della Minerva, opera dello scultore di regime Arturo Martini. Per la vegetazione, desunto il sistema generale dalle descrizioni bibliografiche e le forme e i volumi dalle documentazioni iconografiche, questa è stata direttamente costruita nel modellatore matematico Rhinoceros, dopo aver disegnato e posizionato i marciapiedi e le aiuole. In particolare si è avuta cura di differenziare tra le siepi interne alla piazza con geometrie squadrate e gli alberi e gli alti arbusti lungo il viale principale (fig. 25). Per la modellazione della statua della Minerva si è fatto ricorso ad un software di structure from motion, che ricade nell’ambito della fotogrammetria digitale monoscopica multi-immagine20. Per la semplicità dell’oggetto da modellare, o meglio non ritenendosi di dover acquisire un modello dotato di una elevata affidabilità metrica ma piuttosto volumetrica e formale, si è optato per Autodesk 123D, un servizio di cloud computing. Dapprima si sono realizzate le riprese fotografiche adottando uno schema di ripresa tutto attorno alla statua, sempre con la medesima ottica e in modo di ottenere immagini nitide ma con adeguati contrasti di luce necessari all’elaborazione del modello dato che il software opera il riconoscimento dei punti omologhi sulle diverse foto a partire dall’informazione colorimetrica oltre che quella morfologico-spaziale. Gli algoritmi utilizzati dal software consentono di orientare automaticamente le riprese fotografiche nello spazio, di visualizzare i risultati delle elaborazioni, di apportare le eventuali modifiche ritenute necessarie per poi reinviare il modello di output al servizio stesso (fig. 26). Il software deriva poi una nuvola di punti che elabora restituendo già un modello poligonale ricostruito ammorbidendo le parti più spigolose. Il modello restituito è esportabile anche nel formato .fbx che memorizza, oltre al modello poligonale e le relative coordinate di mappatura, anche la posizione e l’orientamento delle prese fotografiche. La successiva attenzione è stata rivolta alla resa degli esterni 25/ Vista del modello con la differenziazione della vegetazione, Rhinoceros. 59 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 26/ Schema delle prese fotografiche e costruzione automatica del modello tramite fotomodellazione con software Autodesk 123D Catch dei singoli fabbricati. In questo caso, se i disegni esecutivi si sono ritenuti più che sufficienti per la ricostruzione del modello metrico-geometrico, per il trattamento superficiale degli edifici si è invece utilizzato come riferimento principale il trattamento grafico adottato nelle prospettive. Questi infatti meglio descrivono gli esterni, argomentando le relazioni tra i materiali, i dettagli sulle facciate e la pesantezza materica affidata ai rapporti di luce e ombra dei volumi (figg.27-30). Purtroppo non è stato possibile rintracciare un gran numero di prospettive, così come questo tipo di rappresentazioni, per loro stessa natura, non sempre descrivono le soluzioni progettuali definitive, essendo prodotte soprattutto nelle fasi iniziali. Dall’analisi della documentazione rintracciata è stato però possibile fissare una texture che simulasse tanto la grana della carta quanto le principali grafie adottate. La trama dei diversi materiali è stata rappresentata con dei disegni tradizionali a 60 “mano”, opportunamente sintetizzati in relazione alla scala di rappresentazione, poi digitalizzati e salvati formato digitale compresso .jpg (fig. 31). Una volta terminato il modello matematico complessivo dello spazio urbano e dei singoli edifici, questo è stato tradotto in modello numerico o poligonale per il trattamento delle superfici. Prima di esportare i modelli dall’ambiente matematico a quello numerico è stato però necessario operare delle preliminari operazioni di partizioni dei modelli in superfici e volumi, in modo da predisporre e facilitare il posizionamento delle texture e anche per sintetizzare con pochi poligoni le parti assimilabili a piani e invece aumentando il numero delle facce in presenza di superfici curve. Ciò ha permesso di ottenere una resa dei dettagli coerente con le necessità della visione naturale e, contestualmente, con le condizioni per 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello Michela Ardito 27/ Prospettive fronte del Rettorato, soluzione 1933. (da Archivio storico “Sapienza“) 61 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 28/ Prospettive verso la Facoltà di Ortopedia e ingresso propilei, soluzione precedente al 1935. (da Archivio storico “Sapienza”) 62 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello Michela Ardito 29/ Prospettiva delle Facoltà di Ortopedia e Igiene verso i propilei d’ingresso, soluzione precedente al 1935. (da Archivio storico “Sapienza”) 30/ Prospettiva verso la Facoltà di Mineralogia e Geologia, soluzione 1933. (da Archivio storico “Sapienza”) la navigazione dinamica che, come noto, sono inversamente proporzionali al “peso” del modello, a sua volta relazionato alla quantità di poligoni necessari alla precisione dei dettagli (fig. 32). A tale scopo i modelli sono stati esportati nel software di rendering Autodesk 3D Studio Max, un ambiente numerico in cui le superfici Nurbs vengono tassellate e trasformate in mesh e le equazioni delle superfici sono sostituite dalle coordinate dei punti, vertici dei poliedri21. In ambiente numerico sono così state associate alle superfici degli edifici le texture dapprima definite e salvate in formato digitale compresso .jpg usandole come bitmap nel canale diffuse, ovvero come colore del materiale da assegnare all’og- 63 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 31/ Texture utilizzate nel software di rendering Autodesk 3D Studio Max. A sin la foto di riferimento, a dx il disegno della trama eseguito a mano. Le texture in ordine sono: acqua, asfalto della strada, cielo, intonaco, mattoni in litoceramica, asfalto del marciapiede, bronzo, lastre di travertino rettangolari con giunti sfalsati, lastre di travertino rettangolari con giunti retti, lastre di travertino quadrate, vegetazione. getto, ottenendo i rendering più efficaci per rappresentare il progetto del quadrato piacentiniano (fig. 31). Per facciate in litoceramica data la scala di rappresentazione, il disegno della trama è stato semplificato con sole linee orizzontali (fig. 33). Diversamente è avvenuto per le facciate rivestite in traverti- 64 no, dove il disegno dei blocchi doveva seguire quello originale, con i blocchi disposti con le corrette proporzioni e secondo le giuste distanze dalle bucature. A tale scopo è stato adottato come accorgimento un diverso disegno per ogni facciata in modo da simulare correttamente il rivestimento. 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello Michela Ardito 32/ Vista del modello con esempio di differenziazione dei volumi dell’edificio della Facoltà di Chimica: rosso per identificare i paramenti murari in litoceramica, verde per le pareti intonacate e arancio per i rivestimenti in travertino. Poi ci si è concentrati sugli ulteriori elementi di dettaglio, da quelli decorativi dei bassorilievi22, a quelli delle iscrizioni delle Facoltà poste in sommità degli edifici. Questi sono stati risolti direttamente in ambiente numerico trattandoli come texture disegnate e non modellate in modo da ottenere tassellazioni non troppo fitte delle superfici per evitare, ove possibile, di appesantire eccessivamente il file del modello (fig. 34). Per gli alberi e le vegetazioni, è stata applicata una trasparenza per non “appesantire” l’immagine di output finale. 33/ Trattamento di superfici particolari come i bassorilievi disegnati in facciata della Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche e della scritta della Facoltà di Mineralogia 65 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 34/ Trattamento di superfici particolari come i bassorilievi disegnati in facciata della Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche e della scritta della Facoltà di Mineralogia In ultimo si è lavorato sulle condizioni di illuminazione, cercando di ottenere il massimo effetto di naturalezza. Nel motore di renderizzazione della scena Mental Ray si sono fatte diverse prove, dapprima utilizzando il sistema Daylight, che consente di fissare un punto sorgente luminosa assimilabile al sole (Mr Sun), poi di fissare la luminosità del cielo (Mr Sky), poi quella dell’ambiente (Mr Phisical Sky) e infine una regolazione dell’esposizione (Mr Photographic Exposure Control). I risultati non hanno però convinto, per cui si è optato per il controllo dell’illuminazione della scena con luci fotometriche. È stata inserita una Target Light, cioè una luce puntiforme che permette di generare zone di luce ed ombra molto più nette di quelle realizzabili con il sistema Daylight e più simili agli effetti presenti nei disegni delle prospettive degli anni ‘30. Infine, per controllare l’intensità e il tono dell’illuminazione, la qualità delle ombre, gli effetti e l’illuminazione indiretta, si è utilizzato il sistema standard di Mental Ray “Mr Photographic Exposure Control”, che consente di modificare l’output di rendering tramite il controllo dell’esposizione luminosa (figg. 35-39). I diversi trattamenti e accorgimenti hanno così reso possibile di realizzare dei rendering con una “resa percettiva” simile 66 ai disegni di progetto, per simulare virtualmente lo spazio immaginato nel 1935 e proporre al visitatore l’esplorazione di scorci simili a quelli fissati dalle prospettive. Per il risultato finale, decisamente apprezzabile, si è dunque piegata la “modernità” degli strumenti tecnologici verso i tradizionali trattamenti grafici che si realizzavano a “mano”, ottenendo uno spazio virtuale ibrido, che miscela simulazione virtuale da un lato e disegno grafico-prospettico dall’altro. 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello Michela Ardito 35/ Rendering, vista dal centro di piazza della Minerva verso il Rettorato 36/ Rendering, vista dal lato Nord-Ovest verso la facoltà di Fisica 67 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 37/ Rendering, vista dal centro di piazza della Minerva verso le Facoltà di Matematica e Lettere e Filosofia 38/ Rendering, vista dal centro di piazza della Minerva verso la Facoltà di Mineralogia e Geologia 68 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello Michela Ardito 39/ Rendering, vista dal lato Ovest verso il centro di piazza della Minerva 69 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 70 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello Michela Ardito NOTE 1. Michele Calvano, Elena Ippoliti, Comunicare la città e le sue immagini. Due casi studio per la reintegrazione dell’immaginaria forma urbis di Littoria/Communicating the city and its images. Two case studies for the reintegration of Littoria’s imaginary forma Urbis, in Disegno & Città. Cultura, Arte, Scienza, Informazione/Drawing & City. Culture, Art, Science, Information. Atti del 37 Convegno internazionale dei Docenti della Rappresentazione, Dodicesimo congresso UID. Torino 17-18-19 settembre 2015, Gangemi, Roma, 2015, pp. 101-109. 2. Elena Ippoliti, Alessandra Meschini, Dal ‘modello 3D’ alla ‘scena 3D’. Prospettive e opportunità per la valorizzazione del patrimonio culturale architettonico e urbano - From the ‘3D model’ to the ‘3D scene’. Prospects and opportunities for the enhancement of an architectural and urban cultural heritage, in DISEGNARECON, 3, 6, 2010, pp. 77-91, http://disegnarecon.unibo.it/article/ view/2083/1470 3. Elena Ippoliti, L’altra modernità: alcuni disegni di Gaetano Rapisardi per Siracusa, in Iknos, Analisi grafica e storia della rappresentazione, Lombardi Editore, Siracusa, 2007, pp. 91-122. 4. Elena Ippoliti, Dal dibattito nazionale sulle riviste alla cronaca locale: i Monumenti ai Caduti di Messina e Siracusa. Gaetano Rapisardi e la pratica professionale (1922-1937). In M. L. Neri, L’altra modernità nella cultura architettonica del XX secolo, Gangemi, Roma, 2011, pp. 155-196. 5. L’espressione “essere raccontato” vuole rimandare a quanto precedentemente affrontato nel capitolo “2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie” dove si affronta l’importanza della narrazione del patrimonio culturale riferendosi al digital heritage e al digital storytelling. La comunicazione del patrimonio culturale non è dunque solo testimonianza storica ma anche trasmissione di informazione e coinvolgimento emotivo. 6. Michele Calvano, Elena Ippoliti, Comunicare la città e le sue immagini, cit., pp. 101-109. 7. Domenico Bennardi, Rocco Furferi, Il restauro virtuale. Tra ideologia e metodologia, Firenze, Efifir, 2007, p. 9. 8. Maria Grazia Ercolino, Roberto Longhi: Idee sul Restauro, in Flavia Cantatore, Annarosa Cerutti Fusco, Piero Cimbolli Spagnesi (cura), Giornate di studio in onore di Claudio Tiberi. Roma, Facoltà di architettura, 17-18 febbraio 2011, Bonsignori, Roma, 2012, pp. 165-171. 9. Cesare Brandi, Teoria del restauro, Roma: Edizioni di storia e letteratura, 1963. 10. Lettera di Piacentini ai progettisti della Città Universitaria di Roma Aschieri, Capponi, Foschini, Michelucci, Pagano, Ponti, Rapisardi, firmata da Marcello Piacentini del 14 Aprile 1932, Archivio arch. Gaetano Rapisardi, Roma, in 1935/1985 La “Sapienza” nella città universitaria, Catalogo della Mostra, a cura dell’ Università degli studi di Roma La Sapienza con il Comune di Roma, (Palazzo del rettorato, 28 giugno-15 novembre 1985), Multigrafica editrice, Roma, 1985, p. 49. 11. Silvia Danesi Squarzina, Architettura come servizio, come linguaggio, come propaganda, in 1935-1985, La “Sapienza” nella città universitaria, Catalogo della Mostra, cit., p. 59. 12. 1935-1985: La “Sapienza” nella città universitaria : Università degli studi di Roma La Sapienza, Catalogo della Mostra, cit., p. 44. 13. Marcello Piacentini, ARCHITETTURA, XIV numero speciale La Città Universitaria di Roma, 1935, S. A. Fratelli Treves, Milano, p. 4. 14. Ivi, p. 6. 71 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 15. In ARCHITETTURA, XIII, 1935, S. A. Fratelli Treves, Milano, gennaio-febbraio 1935, senza autore e senza pagina. Sensing and Spatial Information Sciences, Vol. II-5, 2014, pp. 189196. 16. L’archivio cinematografico dell’Istituto Luce (L’Unione Cinematografica Educativa) conserva un prezioso e vastissimo patrimonio filmico di propria produzione composto da cinegiornali e documentari realizzati a partire dal 1924. È poi integrato da ulteriori documentazioni provenienti da testate d’attualità, collezioni documentaristiche e fondi esterni. Al momento dispone di circa 12.000 cinegiornali, 6000 documentari e varie tipologie di film. L’archivio custodisce inoltre 8000 rulli di “girato non montato”. In http://www. archivioluce.com/archivio/. 20. In particolare nei software di structure from motion la restituzione è realizzata, anche quando guidata dall’operatore restitutista, senza l’ausilio dell’osservazione stereoscopica. Tali software consentono, grazie alla messa a punto di particolari e diversi algoritmi, l’automatizzazione delle diverse fasi da quella dell’orientamento, comprensiva dell’auto-calibrazione, dell’estrazione di nuvole di punti più o meno dense, secondo determinati criteri di accuratezza, da cui pervenire alla costruzione di un modello anche texturizzato. La letteratura sull’argomento ha dimostrato l’affidabilità di molti di questi sistemi e software. Cfr. in particolare Elena Ippoliti, Alessandra Meschini, Filippo Sicuranza, Digital Photogrammetry and Structure from Motion for Architectural Heritage. Comparison and Integration between Procedures, in S. Brusaporci, Handbook of Research on Emerging Digital Tools for Architectural Surveying, Modeling, and Representation, Hershey PA, USA 17033, IGI Global, 2015, vol. 1, p. 124-181. 17. L’Archivio Storico della Sapienza ha tra i compiti istituzionali quelli della salvaguardia, alla tutela, alla valorizzazione e promozione del patrimonio storico documentale prodotto dalle diverse strutture dell’Amministrazione centrale nell’arco cronologico tra il 1987 al 1960 circa. Fanno parte del complesso archivistico l’Archivio del patrimonio architettonico della città universitaria relativo ai progetti per la costruzione della Città universitaria. Dal 2009 sono stati schedati 769 disegni originali del progetto di costruzione del Nuovo Studium Urbis, datati dal 1930 al 1960, organizzati in 39 serie, che purtroppo non sono ancora tutti facilmente consultabili. In http:// www.uniroma1.it/en/node/250 18. La rivista «Architettura» è una delle principali riviste di architettura di quegli anni, espressione in particolare del clima romano ma attenta alle vicende nazionali ed europee, alle istanze rinnovatrici e ai giovani architetti, alle grandi esposizioni e alle cronache dei concorsi. Deriva dalla trasformazione nel 1932 della rivista «Architettura e Arti Decorative» », assoluta novità per l’Italia, dove la pubblicistica del settore era rappresentata da poco più che bollettini tecnico -scientifici ancora di stampo ottocentesco. Diretta da Marcello Piacentini, insieme alla rivista Domus, fondata nel 1928 e diretta in quegli anni da Giò Ponti, e alla rivista Casabella, , fondata nel 1928 e diretta in quegli anni da Giuseppe Pagano, rappresentano il complesso degli orientamenti e delle tendenze dell’architettura in Italia dagli anni ’30 fino al dopoguerra. 19. Cfr. per il metodo adottato Elena Ippoliti, Michele Calvano, Lorenzo Mores, 2.5D/3D Models for the enhancement of architecturalurban heritage. An Virtual Tour of design of the Fascist headquarters in Littoria, in ISPRS Annals of the Photogrammetry, Remote 72 21. Le NURBS (Non-Uniform Rational B-Splines) sono delle rappresentazioni matematiche della geometria 3D, le quali definiscono accuratamente qualunque forma: da una semplice linea, ad un cerchio, un arco o una curva, fino al più complesso solido o superficie a forma libera o organica 3D. Le Mesh sono approssimazioni di geometrie attraverso composizioni di facce triangolari. L’uso di software specializzati permette di aumentare la risoluzione della maglia triangolare. Rispetto alla geometria NURBS, la superficie Mesh è più semplice da manipolare e da renderizzare. Un approfondimento ulteriore su tali superfici è al paragrafo 5.1.1. 22. Si intendono i bassorilievi che raffigurano i fasci littori ed altri simboli della romanità classica, tipici dell’architettura di regime fascista. Sulle facciate di tutti gli edifici rappresentati nel modello si trovano bassorilievi che alludono simbolicamente alle armi che i soldati romani, i littori, portavano. Erano fasci di bastoni di legno legati con strisce di cuoio intorno ad una scure; i fasci littori, appunto. Sulle facciate delle Facoltà di Lettere e Giurisprudenza si vedono anche dei bassorilievi di Corrado Vigni, raffiguranti i dioscuri. Essi sono delle divinità a cavallo di origine greco-romana che stanno a rappresentare la sacralità del luogo. Sono posti simmetricamente rispetto al Rettorato, ad indicarne l’entrata. Il Rettorato è dunque assimilabile ad un tempio, lo si deduce dall’entrata monumentale con 3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello Michela Ardito alti pilastri che rimandano alle antiche colonne templari. All’angolo della gradinata del percorso di collegamento dei due ingressi della Facoltà di Fisica si trova un altro artefatto di Corrado Vigni che ritrae diversi bassorilievi raffiguranti animali in lotta tra loro. 73 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 74 4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale. Michela Ardito 4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale. Conclusa la fase di realizzazione del modello tridimensionale digitale che simulasse il progetto del “quadrato piacentiniano” della città universitaria di Roma, le fasi successive della sperimentazione sono state indirizzate all’elaborazione di diversi “modelli visuali navigabili” proponendo differenti percorsi culturali per la “visita” del Bene, fruibili in presenza e secondo diversi livelli di interattività e/o immersività. In particolare nel presente capitolo sono descritte le elaborazioni relative alle navigazioni in ambienti cosiddetti “2,5D”, prima inquadrandole rispetto alle questioni scientifico-disciplinari e poi descrivendo i principali passaggi procedurali, e cioè: - il panorama sferico statico, ovvero rappresentazioni panoramiche e virtual tour navigabili a 360° ma solo da punti di vista prefissati, dunque fruibili in modo discreto e discontinuo; - il panorama sferico dinamico, ovvero video panoramici navigabili a 360° da più punti di vista e percorsi scelti dagli utenti, dunque fruibili con maggiore interazione e fluidità rispetto ai panorami sferici dinamici. 13,90 metri di diametro e di 4,90 metri di altezza, ricoperta da un tetto conico. La curiosità del pubblico viene presto però catturata dai diorami di L.-J. Daguerre e Ch.-M. Bouton (1822), che costituiscono un progresso rispetto ai ciclorami, poiché alcune vedute hanno effetti tridimensionali, altre, grazie all’uso di luci speciali, simulano il passaggio dalla notte al giorno, altre ancora ruotano o presentano elementi in movimento. Gli spettatori passeggiano sulla piattaforma centrale e ammirano in successione tutti i particolari del dipinto. Lo sviluppo della tecnica cinematografica finirà con l’allontanare l’interesse popolare per questa tipologia di spettacoli (figg. 1, 2). 4.1 Il panorama sferico statico Come descritto nel paragrafo 2.4, per panorama sferico statico si intende una vista panoramica realizzata da un punto di vista fisso, cioè un’immagine apprezzabile nella sua totalità sia ruotando sul piano orizzontale di 360° che su quello verticale di 180°. Antesignano del panorama sferico può essere considerato il “dipinto panoramico” di fine XVIII sec., chiamato anche ciclorama o semplicemente panorama. Si tratta di una figurazione paesistica disposta circolarmente su una superficie cilindrica, che lo spettatore può ammirare dall’interno con l’illusione di osservare un paesaggio reale. Se ne attribuisce l’invenzione al pittore irlandese Robert Barker, che la divulga per la prima volta in una rappresentazione ad Edimburgo intorno al 1792. Il primo esempio presenta una rotonda di 1/ Sezione della “Rotunda”, che ospitò i primi ciclorami, Leicester Square 1801, Robert Mitchel. (da http://panoramacouncil.org/pics/ content/large/mitchell.gif) I panorami sferici, così come li intendiamo oggi, sono in genere utilizzati per rappresentare diverse visuali di notevole interesse lungo un unico percorso virtuale per proporre all’utente una visita mirata interattiva e perciò più coinvolgente. A tal fine, appaiono di certa validità le opportunità offerte dai software atti alla creazione di panorami sferici 75 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito e tour virtuali, poiché permettono al fruitore di accostarsi a una visione dinamica dei siti culturali, navigando e spostandosi al loro interno, con esperienze immersive che si avvicinano alla visita effettiva di un luogo, sia in termini di qualità visiva che di percezione emozionale. “La loro fruibilità assicura il superamento dei confini geografici consentendo una preconoscenza del patrimonio culturale che prescinde da una presenza fisica in situ ed è, inoltre, arricchita dall’inserimento di documenti multimediali (testi, audio, video, mappe) atti a guidare la visita e rendere l’esperienza ancor più comunicativa.”1 La realizzazione di un virtual tour si compone di tre fasi principali che iniziano con il rilievo fotografico progettato dopo un accurato sopralluogo degli ambienti, proseguono con la creazione di foto-mosaici (attraverso tecniche di photo stitching) che, successivamente organizzati e correlati tra loro in un tour 3D, nell’ultima fase, saranno condivisi su una piattaforma multimediale e dotati di ulteriori dati informativi e documentativi. Per comprendere la modalità di realizzazione dei panorami sferici ci si deve riferire al metodo attraverso cui le immagini digitali vengono “cucite” insieme. Esistono numerosi software di metodo per combinare molteplici immagini chiamati “stitching” capaci di attuare questo processo a partire da una buona presa fotografica basata su differenti metodi di proiezione che vanno dalla proiezione sferica, alla cilindrica, alla cubica, e infine a quella rettilineare2. La foto panoramica sarà prodotta a partire dal montaggio combinato delle numerose singole foto scattate attorno al punto nodale della macchina fotografica. La rotazione risulterà più precisa usando il treppiedi e la testa panoramica che permettono di ruotare la macchina fotografica in orizzontale ed in verticale intorno a questo punto che si trova sull’asse ottico. Ogni scatto deve presentare una porzione sovrapponibile con lo scatto precedente e quello successivo. Ogni frame servirà al programma di stitching per eseguire una corretta fusione delle immagini attraverso il rintracciamento di punti omologhi tra immagini contigue (figg. 3, 4). 3/ Corretto posizionamento macchina fotografica e treppiede con testa panoramica per scattate panorami multi-immagine. Il punto rosso rappresenta il punto nodale, la linea rossa è l’asse di rotazione del cavalletto, la freccia indica le rotazioni della macchina fotografica intorno al punto nodale. (da https://www.nikonschool.it/images/panorama-coolpix/big/02-panorama_02.jpg; http:// www.novoflex.it/get_image.phtml?image=novoflex_panorama.jpg) 2/ Simulazione dei ciclorami in una struttura museale attuale ad Innsbruck. (da http://www.fodors.com/ee/files/slideshows/6-Versailles-Panorama_Metropolitan-Museum-of-Art.jpg) 76 4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale. Michela Ardito 4/ Immagini scattate per costruire un panorama sferico a Santa Maria Maggiore a Bergamo Alta. (da http://goo.gl/JWM18v ) 4.1.1 Proiezioni equirettangolari e cubiche Per comprendere appieno cosa sia e come si costruisce il panorama sferico statico, è necessaria una digressione che permetta di approfondire i metodi proiettivi utilizzati dai software di stitching; in questo caso l’equirettangolare e il cubico. L’immagine equirettangolare rientra a pieno titolo nel campo della cartografia e fotogrammetria in quanto da essa è possibile ricavare le misure degli oggetti rappresentati. I diversi algoritmi di calcolo appartenenti ai software di stitching si basano sullo sfruttamento di principi teorici geometricoproiettivi sui quali si fonda la fotogrammetria. Essi risolvono l’orientamento interno, ovvero la ricostruzione del sistema prospettico di ogni singolo fotogramma, a partire dalla nota distanza focale, assimilabile alla distanza principale della prospettiva ricostruita. Grazie al riconoscimento dei punti omologhi nei fotogrammi e alla conoscenza dell’unico centro di ripresa, i software di stitching sono anche in grado di risolvere il problema dell’orientamento relativo rispetto alla posizione spaziale di ogni fotografia. Ogni fotogramma viene proiettato sulla superficie di una sfera con raggio equivalente alla lunghezza della focale utilizzata per gli scatti. L’ultimo passaggio affronta la problematica riguardante la rappresentazione della superficie sferica su una superficie bidimensionale. La teoria cartografica annovera diversi procedimenti attraverso cui stabilire corrispondenze tra la superficie sferica e la relativa rappresentazione 2D, classificandoli secondo criteri proiettivi, analitici, misti e per sviluppo. Nel caso di software di stitching, le modalità per generare immagini bidimensionali della superficie sferica riguardano le già citate proiezioni cilindriche, cubiche, equirettangolari e rettilineari. Per proiezione equirettangolare o sferica, ottenuta mediante software, si intende una rappresentazione cartografica conseguita “per trasposizione di punti alla sfera su una superficie cilindrica retta immaginata tangente alla sfera nel suo parallelo massimo”3. Le equazioni della rappresentazione sono x=θr e y = φr dove θ e φ sono gli angoli di direzione al punto oggetto Po, x e y le coordinate immagine ed r il raggio della sfera. In sintesi le coordinate immagine del panorama sferico sono la registrazione delle direzioni azimutali e verticali al punto Po traguardato dal centro della sfera, scalate di un valore pari al raggio della sfera stessa. I meridiani e i paralleli sono sviluppati secondo linee parallele ed equidistanti tra loro che formano un reticolo retto. Questo tipo di proiezione, che semplicemente traspone le coordinate da polari a cartesiane, causa evidenti deformazioni mano a mano che ci si allontana dall’equatore (figg. 5- 7). 5/ Immagine equirettangolare della Chiesa di S. Maria della Carità (AP) (da G. Fangi,”La fotogrammetria sferica, una nuova tecnica per il rilievo dei vicini, ArcheomaticA N° 2 giugno 2010) Nelle proiezioni cubiche si proietta l’immagine dal centro della sfera sui sei piani del cubo circoscritto la sfera,da cui si ottengono sei distinte proiezioni rettilineari. Per proiezione rettilineare si intende una tipologia di proiezione utilizzata per mappare una porzione di superficie di 77 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 6/ Conversione delle coordinate del punto P da polari sulla sfera a cartesiane sul piano (da tesi di dottorato di ricerca di Wissam Wahbeh, Architectural Digital Photogrammetry, Panoramic Image-Based Interactive Modelling) 7/ Sviluppo della sfera secondo il metodo della proiezione equirettangolare, ovvero proiezione cilindrica equidistante (da tesi di dottorato di ricerca di Wissam Wahbeh, Architectural Digital Photogrammetry, Panoramic Image-Based Interactive Modelling) una sfera in una rappresentazione bidimensionale, la si può immaginare ipotizzando di posizionare un foglio di carta tangente a una sfera in un singolo punto e proiettando tutti i punti della sfera a partire dal suo centro. La proiezione cubica è un caso particolare della proiezione rettilineare. Vengono infatti create delle sotto-proiezioni rettilineari di 90° x 90° che coprono le sei facce di un cubo. Quattro facce identificano le viste frontale, di destra, di sinistra e posteriore, la quinta lo zenit e la sesta il nadir. In ogni faccia del cubo, ogni linea retta si mantiene tale, quindi si ottiene anche un formato molto utile per la correzione delle immagini in post-produzione. Le proiezioni cubiche sono utilizzate dai software di stitching, 78 a partire dalle immagini equirettangolari, per la fase di vera e propria navigazione del panorama e per l’ inserimento di informazioni e collegamenti mediante punti sensibili chiamati hotspot (figg. 8, 9). 4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale. Michela Ardito 8/ Sviluppo della sfera secondo il metodo della proiezione cubica (da tesi di dottorato di ricerca di Wissam Wahbeh, Architectural Digital Photogrammetry, Panoramic Image-Based Interactive Modelling) 9/ Sviluppo della proiezione cubica della rappresentazione della sfera terrestre. (dal sito on-line eographic Information System http://gis.stackexchange.com/questions/24357/convert-nasas-bluemarble-into-a-cubic-projection) 4.1.2 Realizzazione di panorami sferici statici e virtual tour Per la realizzazione di un panorama sferico statico, in alternativa alla campagna fotografica che implica numerose pre- se fotografiche, si può utilizzare direttamente un’immagine panoramica ripresa con un’apposita lente panoramica che permette la semplificazione del lavoro consentendo di saltare i passaggi di photo-stitching. Le macchine fotografiche con questa tipologia di lenti presentano però un importante difetto costituito dalla limitata risoluzione del sensore. Impiegando la “cucitura” di più immagini invece, si può aumentare la risoluzione dell’immagine panoramica finale. Tuttavia, nel caso studio, trattandosi di derivare i panorami sferici dai modelli, le immagini sono state realizzate direttamente nel modellatore numerico Autodesk 3D Studio Max. Il programma possiede ottimi strumenti sostitutivi per la realizzazione automatica di immagini equirettangolari. L’operatore decide la risoluzione dell’immagine di output che viene in seguito impiegata per la generazione di panorami sferici statici all’interno dell’ apposito software di photostitching. Per la realizzazione dei panorami veri e propri il programma dell’azienda francese Kolor, chiamato Panotour Pro. La produzione di immagini equirettangolari quindi, dipende dalla capacità di calcolo del programma Autodesk 3D Studio Max che gestisce automaticamente e autonomamente il momento della presa fotografica, delegando tutto il lavoro al “camera shader lens” ovvero alla lente panoramica digitale della camera virtuale. Il motore di rendering interno, “Mental Ray”, consente di 79 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito applicare alla camera inserita nella scena, delle funzionalità chiamate “shaders” che operano direttamente sulla sua lente controllandone la distorsione. La mappa inserita in questo “shaders”, chiamata “WrapAround”, permette di scattare un’istantanea a 360° dell’ambiente che circonda la camera. Impostato il rapporto di risoluzione del rendering 2:1, così da coprire un angolo visivo di 360° in orizzontale e 180° in verticale, il software genera un rendering equirettangolare, successivamente utilizzabile per realizzare panorami sferici da inserire in Virtual tour (figg. 10- 13). Per la realizzazione di panorami sferici interattivi è stato utilizzato, come già dichiarato, il software di photo-stitching Kolor Panotour Pro. Tale software trasforma automaticamente le immagini equirettangolari in formato Flash (.swf), html e le converte in immagini cubiche ovvero in immagini che, correttamente ricomposte, producono la proiezione sulle sei facce di un cubo su cui è stata proiettata la superficie della sfera, rintracciata dalla immagine equirettangolare con centro di proiezione coincidente con il centro del cubo. Le proiezioni della sfera coincidono allora con le immagini sulle sei facce del cubo circoscritto alla sfera stessa (fig. 14). Attraverso il software di photo-stitching Kolor Panotour Pro inoltre, sono stati inseriti i collegamenti a contenuti multimediali tramite punti sensibili (hotspot) posti nell’interfaccia di visualizzazione. Tali contenuti sono rintracciabili nel web con connessioni a link esterni come nel caso di testi, immagini statiche, file multimediali e collegamenti ad altre immagini panoramiche. Tali contenuti sono stati appositamente elaborati dalla presente ricerca e caricati nel web (fig. 15). Per creare Tour virtuali è necessario collegare diversi panorami sferici tra loro, il software di stitching permette, a tal proposito, di inserire specifici hotspot e offre una piccola anteprima grafica in cui posiziona gli snapshot delle equirettangolari di ogni “bolla sferica” collegate tra loro mediante frecce. Per la sperimentazione ci si è limitati al collegare tra loro solo tre panorami sferici. Pertanto i collegamenti generati sono risultati molto semplici e immediati, rispetto ai casi più 10/ Mappa WrapAround applicata alla lente della camera, software Autodesk 3D Studio Max 80 4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale. Michela Ardito elaborati in cui sono da realizzare connessioni con contenuti molteplici e numerosi panorami sferici (fig. 16). I dati esportabili in formato html sono anche adattabili a dispositivi mobili quali smartphone e tablet, nei quali la presen- 81 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 11-12-13/ Panorama sferico 1, 2 e 3. Immagini equirettangolari, rendering dal software Autodesk 3D Studio Max 14/ Immagini cubiche proiettate dal centro della sfera la cui superficie è stata ricomposta a partire dall’immagine equirettangolare 82 4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale. Michela Ardito 15/ Inserimento degli hotspot nel software Kolor Panotour Pro, Es. di collegamento hotspot Vetrata istoriata, G. Ponti e L. Fontana 16/ Costruzione del Virtual Tour in Kolor Panotour Pro za del giroscopio offre spazio ancor maggiore all’interattività permettendo la navigazione attraverso i movimenti che si fanno compiere al dispositivo. Spostarsi all’interno di un tour virtuale può essere ulteriormente facilitato e risultare ancora più immediato se implementato con la presenza di un “key plan” ovvero una mappa su cui orientarsi, dove sono individuate le tappe del tour. Quest’ultimo può anche essere georeferenziato su piattaforme on-line come Google Maps o Bing Maps o ancora su sistemi WebGIS dedicati. (figg. 17-20) 83 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 17/ Simulazione delle tappe del tour virtuale georeferenziato su Google Maps 18/ Istantanee di navigazione nel web del panorama sferico statico 1 con hotspot. Software Kolor Panotour Pro 84 4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale. Michela Ardito 20/ Istantanee di navigazione nel web del panorama sferico 3 con hotspot. Software Kolor Panotour Pro 4.2 Il panorama sferico dinamico 19/ Istantanee di navigazione nel web del panorama sferico statico 1 con hotspot. Software Kolor Panotour Pro A differenza dei panorami sferici statici, visitabili singolarmente o mediante collegamenti ad altri panorami statici, i panorami sferici “dinamici” sono dei video percorsi fruibili a 360°. Nella sperimentazione ci si è proposti di connettere i differenti punti nella mappa interattiva cui sono vincolati i panorami sferici statici, mediante panorami sferici dinamici per simulare una “libera” passeggiata virtuale lungo percorsi ben precisi e vincolati per direzione e per punti di partenza e di arrivo. Attraverso il panorama sferico dinamico è infatti possibile amplificare la modalità di fruizione utilizzata nel Virtual Tour grazie alla possibilità di visualizzare immagini a 360° in movimento. Nella sperimentazione per un APP per dispositivo mobile l’intenzione è stata quella di abbinare questi video panorami agli spostamenti tra due o più punti sulla mappa interattiva navigabile geo-referenziata così da consentire al visitatore di confrontare, direttamente sul luogo, lo stato virtuale del “come era” con quello reale del “come è”. Lo spunto è stato fornito da tecnologie e metodi già abbastanza diffusi e che consentono di costruire video panorami a 360° nella realtà. Tali metodi e tecnologie stanno riscuotendo ultimamente un crescente successo nelle azioni di social marketing e di social media come Facebook e YouTube. Permettono infatti di caricare video a 360° mediante un apposito script realizzato utilizzando uno specifico linguaggio di programmazione (Python) oppure attraverso una speciale 85 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito applicazione per Windows o Mac OS X.4 Per registrare video a 360 gradi è necessario dotarsi di apposite videocamere (ad esempio Ricoh Theta, Kodak Pixpro SP360, Giroptic 360cam, IC Real Tech Allie, VSN V.360 e Bublcam) che permettono di acquisire sequenze video in tutte le direzioni. Ultimo prodotto presente sul mercato è la camera Ricoh Theta S, capace di registrare filmati a 360° grazie alla doppia ottica grandangolare, di controllare la fotocamera da remoto tramite smartphone collegato in wi-fi e, grazie al software in dotazione, di elaborare i video e pubblicarli su Youtube o Facebook (fig. 21). 22/ Sistema di ripresa a 360° Freedom360 Mount con Camere GoPro HERO4 Black (4K a 30 immagini al secondo) (da http://www. gocamera.it/gopro-hero-4) 21/ Camera Ricoh Theta S Per cucire le sequenze è necessario invece utilizzare software di video stitching come quelli della Kolor in abbinamento: Autopano Video per la sincronizzazione e il rendering finale e Autopano Giga per lo stitching. Infine è possibile navigare questi video da postazioni fisse mediante movimento del mouse o di dispositivi mobili, dotati di giroscopio ed accelerometro, semplicemente ruotando il tablet o lo smartphone nelle varie direzioni (figg. 22, 23). 86 23/ Esempio di Video a 360° nel web (da http://goo.gl/HwNJSC) 4.2.1 Il panorama dinamico come sviluppo dei panorami multi immagine I panorami dinamici possono essere assimilati ai panorami multi-immagine ottenuti realizzando scatti a 360° con una fotocamera da uno stesso punto di presa, con una buona sovrapposizione e la stessa distanza focale. I programmi della ditta francese Kolor, che sono stati sperimentati, sono software di photo e video stitching sofisticati relativamente agli algoritmi di calcolo utilizzati negli orienta- 4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale. Michela Ardito menti e sono attendibili nelle operazioni di stitching manuale e automatica. Gli algoritmi di calcolo e i procedimenti utilizzati per realizzare i panorami a 360°, così come per costruire i panorami sferici statici, si basano sullo sfruttamento dei principi geometrico-proiettivi, fondamento della fotogrammetria e della rappresentazione cartografica. A differenza dei panorami sferici statici, quelli dinamici usano una campagna di ripresa di sequenze video che, in sede di costruzione del panorama, vengono considerati come singoli fotogrammi scattati allo stesso istante. E’ necessario operare inizialmente una corretta sincronizzazione di tutte le riprese video. Tale operazione permette di scegliere tra i fotogrammi scattati allo stesso istante, quelli più adatti a comporre lo stitching delle sequenze . “In questi software, sfruttando il rapporto di identità incorrente tra immagine fotografica e proiezione centrale, l’orientamento interno è risolto perché è nota la distanza focale di ogni singolo fotogramma, equivalente alla distanza principale, ciò permette di riposizionare il fotogramma rispetto al centro di proiezione come nel momento della presa, ovvero ricostruire il sistema prospettico di ogni singolo fotogramma.”5 A seguire, le immagini vengono ben orientate tra loro, per poi essere cucite insieme, attraverso il riconoscimento di punti omologhi, che avviene solo grazie ad un’adeguata copertura fotografica tra gli scatti contigui e utilizzando un unico centro di presa per la realizzazione di tutte le sequenze video. Dopo aver riposizionato nello spazio singoli fotogrammi e quindi ogni sequenza filmica, simulando il momento della ripresa, nella fase finale tutti i fotogrammi vengono proiettati contemporaneamente sulla superficie di una sfera a partire dal suo centro di ripresa, con raggio pari alla lunghezza focale, generando un corretto stitching di tutte le riprese video. Il risultato finale coincide con la produzione di un video equirettangolare visualizzabile in modalità di “bolla navigabile in movimento” attraverso appositi player. to per tentativi. Inizialmente sono state posizionate sei telecamere con stesso centro nodale, lunghezza focale 10 mm e angolo di campo 120°. Poi sono state ruotate di 90° mantenendo lo stesso centro nodale, così da ottenere una sovrapposizione tra le coppie di video di 30°6. Successivamente si è deciso di animare le sei camere in contemporanea tracciando percorsi che potessero essere di collegamento tra i panorami sferici statici. Le connessioni e i percorsi sono stati studiati in relazione al posizionamento dei panorami statici e alla simulazione del tempo impiegato per una passeggiata a piedi tra un punto e un altro dello spazio urbano. Ipotizzando che il passo medio di una persona sia di 4/5 Km/h, si è calcolata la durata dell’animazione impostata in 3D Studio Max simulando lo spostamento lungo un percorso tra due panorami statici. Nel caso del panorama sferico dinamico infine realizzato, è stato simulato un percorso di 30 secondi composto da 720 fotogrammi ovvero 24 FPS (fotogrammi per secondo) collegando i panorami sferici statici 1 e 2 precedentemente descritti nel paragrafo 4.1.2 (figg. 24, 25). 4.2.2 Realizzazione di panorami sferici dinamici. Nella sperimentazione, anche l’elaborazione dei panorami sferici dinamici è stata realizzata virtualmente con il software di modellazione numerica Autodesk 3D Studio Max. Per fissare la posizione e il numero delle riprese si è procedu- 24/ Le sei camere posizionate in Autodesk 3D Studio Max alla posizione dei panorami sferici statici 1 e 2 87 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 25/ Schema compositivo spaziale delle 6 riprese Quindi sono stati importati i sei video di output ottenuti nel software Kolor Autopano Video Pro che, in abbinamento a Kolor Autopano Giga, permette di attuare le operazioni di stitching sulle sei riprese. In Kolor Autopano Video Pro, impostando la focale e il tipo di obiettivo utilizzato per realizzare i sei video, è controllata la fase della sincronizzazione automatica secondo il canale “motion” o” audio” ovvero si può scegliere la modalità di sincronizzare i sei video in base al movimento o all’ audio che il software riconosce per ogni ripresa uguale. Sincronizzare secondo il movimento risulta più difficile e il software deve poter riconoscere diverse parti con lo stesso movimento in sovrapposizione, nonché pochi video contigui. La sincronizzazione delle riprese per audio è molto più attendibile e semplice. Nella sperimentazione è stata aggiunta una traccia audio identica a tutte i filmati prima di caricarli nel software di video-stitching assicurandosi di sincronizzarli adeguatamente (fig. 26). Attraverso la finestra animazione real-time, è stato verificato che lo stitching automatico compiuto dal programma Autopano Video Pro non si è concluso con successo. Non è riuscito ad orientare le sequenze filmiche e ha semplicemente sovrapposto i video caricati perché non ha trovato un centro di presa comune e punti omologhi tra le riprese contigue. A questo punto si è deciso di procedere con lo stitching manuale. Scorrendo la linea del tempo, è stato selezionato il fotogramma adatto, con concentrazione maggiore di punti omologhi tra coppie di fotogrammi da collegare (fig. 27). I fotogrammi ottenuti appartenenti ai sei video sincronizzati 88 26/ Sincronizzazione dei video in Kolor Autopano video Pro sono stati così caricati in un altro software della Kolor, chiamato Autopano Giga, dove è possibile operare lo stitching manuale e in seguito scegliere il tipo di proiezione per visualizzare il risultato finale. Sistemata la linea d’orizzonte dell’immagine equirettangolare, si è proceduto con la fase di stitching vera e propria attraverso l’editor dei punti di controllo individuando il maggior numero di punti omologhi per ogni coppia di fotogrammi. Ad ogni inserimento manuale di punti di controllo, il programma calcola in automatico lo scarto quadratico medio per ogni coppia di fotogrammi collegati (fig. 28). Se il valore dello scarto è minore di 5, il programma legge l’errore come accettabile evidenziandolo con un’etichetta verde, nel caso in cui lo scarto risulta maggiore di 5, è necessario aggiungere punti di controllo. Chiaramente il programma permette di visualizzare in un’ anteprima dell’immagine “cucita” la correttezza dello stitching. Se il valore RMS è maggiore di 5, anche nel layout di visua- 4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale. Michela Ardito 28/ Stitching manuale nell’editor di controllo del software Kolor Autopano Giga 27/ Sovrapposizione dei fotogrammi dei sei video in Kolor Autopano video Pro e Autopano Giga lizzazione finale di AutoPano Giga si vedono delle porzioni di immagine non perfettamente sovrapposte tra una ripresa e l’altra. Una volta terminata la fase di stitching con AutoPano Giga, Autopano Video legge il file di output in automatico, sincronizza i video a partire dai fotogrammi su cui è stato effettuato lo stitching per esportare infine il video-rendering composto dall’unione di tutte le sequenze video. In questo primo tentativo di stitching con sei telecamere, non si è riusciti a trovare adeguati collegamenti affinché le sei immagini risultassero uniformemente e adeguatamente unite tra loro. I problemi di stitching si concentrano soprattutto nei fotogrammi di cielo e di terra dove si vedono la sommità e l’attacco a terra dei fabbricati. Non è possibile traguardare un gran numero di punti omologhi tra le diverse immagini in quanto non vi sono molti punti riconoscibili per forma e colore (fig. 29). E’ stato così necessario modificare e aggiungere altre riprese, a partire dal software Autodesk 3D Studio Max. Innanzitutto si è verificato che il programma di stitching AutoPano Giga riuscisse ad effettuare il collegamento dei precedenti quattro video ripresi nella direzione orizzontale. A partire da questo punto fermo, si è deciso di aggiungere quattro riprese rivolte verso l’alto e quattro verso il basso, ruotate di 45° rispetto l’orizzonte e di 90° tra di loro. In questo caso lo stitching ha avuto successo e lo scarto quadratico medio tra i fotogrammi è risultato accettabile. (figg. 30-34) 89 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 29/ Problemi di stitching in Kolor Autopano video Pro 30/ Stitching dei dodici video riuscito, Kolor Autopano Video Pro 31/ Schema compositivo spaziale delle dodici riprese, quelle orizzontali (ciano, grigio, viola e arancione) appartengono alle riprese del tentativo precedente. 90 4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale. Michela Ardito 32/ Visualizzazione collegamenti tra i fotogrammi dei dodici video, RMS < 5, Kolor Autopano Giga 33/ Simulazione delle tappe del tour virtuale georeferenziato su Google Maps 91 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito (figg. 35-37). Sono ormai di uso comune i device mobili dotati di GPS con magnetometro (bussola) e giroscopio che permettono di geo- 34/ Visualizzazione del panorama dinamico nel player dedicato Kolor Eye 4.3 La fruizione off/online e l’orientamento dei panorami sferici. Le tipologie finora proposte consistono in esperienze di fruizione del modello navigabile in 2,5 D e possono essere pensate per applicazioni che alloggiano in dispositivi fissi o mobili o funzionare in modalità off e online, da postazione remota o in loco. Nel processo che va dalla modellazione in Rhinoceros, alla renderizzazione con motori di rendering come Mental Ray nel programma 3D Studio Max, fino all’utilizzo di programmi specifici per la fotografia a 360° come la suite Kolor, è possibile realizzare tour virtuali con molteplici formati di uscita. Si passa dal formato Flash7, che può essere caricato su penna usb e visualizzato principalmente offline, al tour generato in HTML58 e quindi visualizzabile anche su device di nuova generazione come smartphone e tablet, sfruttandone il giroscopio interno, (sensore che misura l’inclinazione del dispositivo e ne orienta il suo asse di rotazione) che offre un’esperienza ancor più immersiva all’utente. Le sperimentazioni sono state orientate verso questa seconda opzione che permette la fruizione dello spazio urbano tramite dispositivo mobile. Relativamente all’orientamento e al posizionamento dei panorami sferici statici e dinamici si sono prese in considerazione due differenti tecnologie: il sistema di posizionamento globale (GPS) e il tracking per forma che utilizza gli AR tag9 92 35/ Esempio di tecnologia di Realtà Aumentata con metodo Vision Based APP “iMiBAC Voyager “ (da http://www.artearti.net/magazine/articolo/un_viaggio_nel_tempo_iMiBAC_Voyager/) 36/ Schema per il rintracciamento del dispositivo ricevitore. Intersecando con la superficie terrestre tre circonferenze (trilaterazione), luogo dei punti che soddisfa la misura della distanza dal satellite , si può individuare un punto su di essa. (da http://www.buzzle.com/articles/how-location-tracking-works. html) 4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale. Michela Ardito 37/ Se il ricevitore avesse un orologio atomico al cesio perfettamente sincronizzato con quello dei satelliti, sarebbero sufficienti le informazioni fornite da 3 satelliti, ma nella realtà non è così e dunque il ricevitore deve risolvere un sistema di 4 incognite (latitudine, longitudine, altitudine e tempo) e per riuscirci necessita di 4 satelliti che traguardano la posizione del ricevitore e mandano i segnali in tempo reale. (da http://news.bbc.co.uk/2/hi/sci/tech/8494225.stm) referenziare gli oggetti da visualizzare. Si può quindi pensare di usare una mappa georeferenziata10 che permetta di localizzare, attraverso la tecnologia GPS, la posizione del dispositivo utilizzato e i panorami sferici, statici e dinamici, collegati tra loro e ad altri materiali informativi (immagini, pagine web, video ecc..) mediante punti sensibili: gli hotspot. L’organizzazione e l’accesso alle informazioni dipendono da un database geolocalizzato11 composto dai singoli panorami sferici fruibili online, in loco su dispositivi mobili, o visitabili anche offline da postazioni remote, compiendo una ricerca nel database informativo interno all’applicazione in cui la visita della mappa viene simulata. Purtroppo la ricezione dei dati da satellite è suscettibile a scarti di errore che potrebbero non essere trascurabili e penalizzare la visualizzazione in loco online non garantendo una perfetta coincidenza tra gli oggetti reali e quelli inquadrati nello schermo, che potrebbero risultare posizionati sulla mappa anche a diversi centimetri di distanza rispetto alla localizzazione dei manufatti reali. In alternativa alla geolocalizzazione, il metodo di tracking per forma si basa sulle tecniche Vision Based di realtà aumentata, ovvero utilizza il riconoscimento di punti specifici, unici e ben riconoscibili (AR tag) a cui corrispondono informazioni prestabilite. La telecamera del device riconosce punti omologhi tra l’oggetto reale e quello virtuale in automatico, permettendo la fruizione del panorama sferico abbinato con i suoi hotspot associati al manufatto inquadrato. Affinché la tecnologia della realtà aumentata sia efficace, è necessaria un’ accurata calibrazione fra mondo reale e quello virtuale. Gli errori di matching, ovvero il non riconoscimento dei punti omologhi, portano a generare nell’utente sensazioni erronee a causa di fusioni approssimative tra reale e virtuale. Il metodo Vision Based ha bisogno di essere ulteriormente perfezionato, e ad oggi pone condizioni troppo restrittive. Necessita infatti di un ambiente ben strutturato con un controllo molto definito della luce, del colore, degli oggetti, delle occlusioni e dei movimenti del device utilizzato. Nel mio caso studio il problema posto dalla presenza di un’area aperta come la città universitaria, suscettibile a variazioni di luce e colore, con diversi punti occlusi da vegetazione, traffico, superfetazioni e con elementi formali ripetitivi con cui il software potrebbe confondersi nel compiere un corretto matching tra realtà e modello virtuale, non è irrilevante. La sua soluzione dovrebbe prevedere molteplici prove e tentativi per verificare accuratamente il punto dove realizzare il panorama sferico, agganciando gli AR Tag solo su sue porzioni specifiche ovvero su punti ben riconoscibili e non occlusi (figg. 38, 39). Infine si può dedurre che nella realtà sia il sistema GPS che quello di riconoscimento per forma, potrebbero essere applicati solo ai panorami sferici statici. I panorami sferici dinamici potrebbero essere posizionati sulla mappa navigabile solo a partire dal fotogramma iniziale poiché, trattandosi in ultima analisi di un “video” panorama, è impensabile geolocalizzare o orientare tramite AR Tag ogni fotogramma del video. Ai fini della proposta di progetto per un’ APP per la comunicazione dell’intero spazio urbano, i panorami sferici dinamici verranno perciò trattati come percorsi disegnati sulla mappa così da indicare la direzione da seguire qualora il visitatore volesse fruirne in loco. 93 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 38/ Esempi di occlusione, ripetitività della forma (AR tag) e mancanza di contrasto per riconoscimento punti 39/ Matching di porzioni di manufatti ben definite per orientare i panorami sferici statici abbinati (Fotografia da http://www.ecodellojonio.it/wp-content/uploads/2015/03/la-sapienza.jpg) 94 4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale. Michela Ardito NOTE 1. Alessio Cardaci, Antonella Versaci, L’innovazione nel rilievo fotografico per la conoscenza, la documentazione e la fruizione dei beni culturali, in “Disegnare con - la fotografia digitale”, Pablo Rodríguez-Navarro (a cura di), Vol. 6, n. 12, 2013, p. 4 que che essi abbiano un’area di sovrapposizione reciproca di almeno il 20%. Bisogna tener sempre presente che ogni frame della ripresa deve contenere una parte dei frame ritratti dalla camera superiore, inferiore, di destra e di sinistra. 2. Nel successivo paragrafo (4.1.1) vengono approfonditi i metodi teorici di proiezione equirettangolare, cubica e rettilineare, realmente utilizzati in questo caso studio per la realizzazione dei panorami sferici mediante software di stitching. Non è stato utilizzato il metodo delle proiezioni cilindriche, che vado ora ad illustrare brevemente. Tali proiezioni sono ottenute dallo sviluppo del piano della superficie laterale di un cilindro retto tangente sull’equatore della sfera da proiettare. Nel caso di proiezioni geografiche i meridiani sono rappresentati da linee parallele, equidistanti e perpendicolari all’equatore, mentre i paralleli sono rappresentati da rette uguali e parallele all’equatore, che si avvicinano progressivamente in direzione dei poli (a causa della curvatura della Terra). La proiezione, sviluppata sulla superficie ausiliaria, si presenta come un reticolato composto da maglie rettangolari di dimensioni variabili con la latitudine, cioè sempre più piccole via via che ci si avvicina ai poli. Tale proiezione è equivalente ed equidistante solo lungo l’equatore. La deformazione è minima per le regioni equatoriali, lungo la linea di tangenza, e aumenta invece per le regioni polari: i due poli, che sulla Terra sono due punti, sulla carta sono rappresentati da linee lunghe tanto quanto l’equatore. 7. Il formato Flash è un formato video per lo più usato per inviare video su Internet usando Adobe Flash Player, le estensioni di questo formato sono .flv, H.264, SWF. I file di uscita sono di taglia piccola e possono dunque essere facilmente scaricati usando vari programmi. Il formato Flash Video è visibile sulla maggior parte dei sistemi operativi, attraverso l’ampia disponibilità di Adobe Flash Player e delle estensioni per i Browser o da programmi di terze parti come Mplayer, VLC, media player, ecc... 3. Elena Ippoliti (a cura di), Valorizzare il patrimonio culturale, esperienze per Ascoli Piceno, Aracne, Roma, 2013, p. 234 4. Guida di YouTube per il caricamento di Video a 360° all’indirizzo https://support.google.com/youtube/answer/6178631?hl=it 8. Pur non volendoci soffermare su studi informatici o di programmazione, può essere utile, a questo punto, comprendere cos’è il codice HTML5. Meglio si conosce il significato di HTML (Hyper Text Markup Language), codice utilizzato per la formattazione di documenti ipertestuali ovvero quella serie di simboli e istruzioni atte a visualizzare correttamente le pagine web: “sotto” ad ogni sito internet c’è un codice composto in formato HTML che lo rende visualizzabile così come ci appare. Quando parliamo di HTML intendiamo un linguaggio di markup che, a differenza dei linguaggi di programmazione, non è altro che un insieme di regole che definiscono, attraverso convenzioni standardizzate, la tipologia di testo in esse contenuto. HTML5 è invece un nuovo e innovativo linguaggio di markup che tende a migliorare tutte quelle funzioni appartenenti al campo di interesse di questa tesi: la visualizzazione di video, la condivisione di contenuti multimendiali, l’accesso a WebAPP attraverso dispositivi mobili, ecc... 5. E. Ippoliti, Op cit., p. 73 6. Come nei panorami statici multi-immagine, bisogna assicurarsi che gli scatti fotografici siano ben collegabili tra loro. Occorre dun- 9. Il concetto di Realtà Aumentata e AR Tag è già stato introdotto ed esemplificato nel paragrafo 2.5 Nel caso specifico qui espresso, il significato di Realtà Aumentata 95 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito rappresentata attraverso il sistema Vision Based con tecnologia di tracking per forma, o mediante sistema GPS, può essere di seguito semplificato. L’aspetto fondamentale che distingue la realtà aumentata dalla realtà virtuale, è lo stretto legame con il mondo fisico: l’ambiente ricco di contenuti digitali che vengono resi visibili, infatti, comunica con la realtà che vediamo e tocchiamo; per questo viene piuttosto definita strato di informazioni aggiuntive che vengono sovrapposte al mondo fisico. Il tag, invece, è più precisamente la porzione di realtà che, una volta riconosciuta dal software in realtà aumentata, permette di visualizzare sul dispositivo che si sta utilizzando i contenuti digitali a questa collegati, come per esempio oggetti 3D, video, o altri. Il riconoscimento in questione può avvenire in due modi: quando la videocamera “vede” un determinato elemento, che può essere costituito da una pagina di una rivista come dalla facciata di un edificio (tracking per forma); oppure può essere attivato tramite i dispositivi di geolocalizzazione (GPS) implementati ormai in tutti i dispositivi mobile di ultima generazione: in questo caso i contenuti aumentati vengono visualizzati quando l’utente si trova in una determinata posizione, o arriva ad una determinata destinazione. 10. Per georeferenziazione si intende l’attribuzione a un dato di un’informazione relativa alla sua dislocazione geografica; tale posizione è espressa in un particolare sistema geodetico di riferimento. La georeferenziazione è usata nei sistemi GIS (sistema informativo computerizzato che permette l’acquisizione, la registrazione, l’analisi, la visualizzazione e la restituzione di informazioni derivanti da dati geografici), tanto da essere applicata sostanzialmente ad ogni elemento presente: pixel componenti un’immagine raster, elementi vettoriali come punti, linee o poligoni e persino annotazioni. Come esempio conosciuto, un sistema in cui gli elementi vengono georeferenziati è Google Maps, in cui è possibile cercare negozi o località di interesse dei quali viene evidenziato sulla mappa la posizione geografica ad essi riferita. Avere le mappe su file raster le rende molto più agevoli da consultare ma servono a poco se non sono georeferenziate. Molti progetti in ambito GIS richiedono la georeferenziazione di dati di tipo raster. Con il termine georeferenziazione ci si riferisce al processo mediante il quale si assegnano delle coordinate del mondo reale a ciascun pixel del raster. Molte volte queste coordinate si ottengono facendo ricerche sul campo - raccogliendo con dispositivi GPS le coordinate di alcune geometrie facilmente identificabili nell’immagine o nelle 96 carte. 11. La geolocalizzazione è l’identificazione della posizione geografica nel mondo reale di un dato oggetto, come ad esempio un telefono cellulare o un computer connesso o meno ad Internet, secondo varie possibili tecniche. Si riferisce ad informazioni particolarmente dinamiche, che si aggiornano di frequente, come la posizione di una persona o i pareri degli utenti rispetto a particolari luoghi o servizi spazialmente localizzati. La possibilità di localizzare con continuità e con buon grado di approssimazione la posizione degli utenti deriva dalla combinazione di diverse tecnologie, che consentono non soltanto di ricevere e decodificare informazioni di tipo spaziale, ma anche di comunicarle. Un esempio sono gli smartphone, dispositivi che integrano la telefonia mobile e le funzioni di agenda digitale con il posizionamento GPS e la connettività Internet, anche mediante wi-fi. Ciò consente di condividere i dettagli della propria posizione (e della pianificazione quotidiana) ricevendo, al tempo stesso, informazioni centrate sull’ubicazione dell’utente, come la presenza di conoscenti nei dintorni, l’intensità del traffico veicolare nell’area o la disponibilità di beni o servizi entro un certo raggio. Da http://www.treccani.it/enciclopedia/geolocalizzazione_(Lessicodel-XXI-Secolo)/ 5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica Michela Ardito 5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica Come già detto, il punto di partenza delle diverse sperimentazioni è stato il “modello tridimensionale”, via via trasformato in relazione alla possibilità di esplorarlo secondo diverse modalità. In particolare nel presente capitolo sono descritte le elaborazioni relative alle navigazioni in ambienti che simulano la visione naturale, prima inquadrandole rispetto alle questioni scientifico-disciplinari e poi descrivendo i principali passaggi procedurali, e cioè: - la prospettiva dinamica interattiva per la navigazione in real-time del modello digitale, che consente un’elevata interazione con lo spazio ricostruito potendolo esplorare in modo fluido e continuo, - la prospettiva dinamica sia interattiva e sia immersiva che consente un’esperienza per così dire totalizzante. 5.1 La Prospettiva dinamica interattiva La rappresentazione di un modello navigabile sperimentata in maniera interattiva, dinamica e ludica, può essere elaborata con software di gaming. I motori 3D che lavorano in tempo reale (real time 3D engine) hanno la capacità di calcolare e quindi di mostrare immagini elaborate in tempo brevissimo, tali da ottenere un certo numero di frame, all’incirca 30-60 immagini, al secondo. Tali requisiti di velocità sono dovuti all’invenzione degli acceleratori grafici 3D, dispositivi hardware sviluppati con diverse tecniche evolutesi nel tempo. Gli acceleratori sono costituiti da un coprocessore matematico e da una memoria RAM di qualità. Svolgono funzioni matematiche estremamente ottimizzate e consentono di sgravare la CPU da enormi quantità di calcoli, permettendo la realizzazione di motori grafici più raffinati e veloci. La tecnologia real-time, nata negli anni ‘50 del secolo scorso, si diffonde capillarmente negli anni ‘90 grazie alla diffusione dei videogiochi di tipo interattivo e di simulazione. La sua espansione in campo architettonico e la sua considerazione come nuova forma di rappresentazione digitale è legata alla capacità di ricostruzione di siti archeologici per rispondere all’esigenza di rendere alcuni luoghi di interesse artistico accessibili anche a distanza con modalità alternative rispetto ai classici strumenti della rappresentazione. Inoltre la prospettiva dinamica interattiva trova impiego nello studio e nell’analisi indiretta di progetti mai realizzati o nella costruzione di database informativi sullo stato attuale e su quello trascorso di fabbricati e complessi urbani.1 Per comprendere appieno il significato e i campi di applicazione della prospettiva dinamica interattiva è necessario sottolineare le differenze che la distinguono dalla prospettiva tradizionale2. Come è ampiamente noto, la prospettiva è quel metodo che simula la percezione dell’uomo riguardo allo spazio che lo circonda. La prospettiva statica tradizionale sfrutta un solo punto di vista; il punto in cui si trova il disegnatore che osserva la scena prospettica reale successivamente assimilata su carta ad un’immagine bidimensionale. La prospettiva dinamica interattiva è fruibile invece da infiniti punti di vista, a scelta dell’osservatore che ha la facoltà di muoversi all’interno di una scena tridimensionale. In questo caso non sarà l’operatore-progettista a decidere il “punto privilegiato” da cui fruire l’oggetto, ma questo sarà comprensibile a 360° dall’utente che lo naviga e che non viene più a ricoprire il ruolo di semplice osservatore vincolato. La prospettiva statica ha un limite oggettivo nell’angolo di campo, ovvero nell’ampiezza dello spazio che osserva, essa è circoscritta e definita, al di là del limite non è dato esplorare lo spazio. La prospettiva dinamica e interattiva non soffre di questo limite perché il quadro prospettico segue l’occhio e quindi i movimenti di chi osserva. La prospettiva tradizionale infine si avvale dei mezzi espressivi dell’arte figurativa quali il disegno e la pittura; la prospettiva dinamica e interattiva si avvale dei mezzi espressivi del- 97 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito la computer grafica, mezzi che possono comprendere quelli dell’arte figurativa ma anche quelli della fotografia, della cinematografia e della elaborazione digitale dell’immagine. Nella sperimentazione si è voluta realizzare la prospettiva dinamica interattiva del “quadrato piacentiniano” della città universitaria di Roma, per comunicare l’idea progettuale di uno spazio che ha perso la sua configurazione iniziale. La sua ricostruzione avviene secondo una modalità prospettica-fotografica lontana dalla simulazione che invece caratterizza i videogame, per avvicinarsi ad un’esplorazione virtuale del luogo in prima persona così come doveva apparire nel momento della sua costruzione con un risultato formale volutamente più simbolico e in qualche modo astratto. La navigazione del modello si concentra sulla visualizzazione dello spazio della piazza e degli esterni delle facciate che vi prospettano con lo scopo di rintracciare forme, trame e oggetti che riassumano il linguaggio e l’intenzione generale di un ampio progetto caratteristico della cultura architettonica degli anni ‘30. 5.1.1 Dal modello al real time Le prime sperimentazioni grafiche in ambiente digitale risalgono agli anni ‘60 ma lo strumento si diffonde in architettura alla fine degli anni ‘80. Già negli anni 70 erano stati approfonditi gli studi sulle curve e superfici NURBS (Non Uniform Rational B-Splines) da parte dell’ingegnere meccanico Pierre Bezier, con cui era possibile rappresentare superfici di qualsiasi forma, generalmente non riproducibili né per via analitica, né per via geometrica, e con un minor quantità di memoria. Descrivibili con caratteri parametrici sono composte da un continuum di valori relativi che individuano le curve spline generate per interpolazione di punti vincolati, cioè i vertici dei poligoni di controllo che determinano la forma della superficie. Negli anni ‘90 si assiste al miglioramento delle elaborazioni delle immagini grazie al perfezionamento di diversi algoritmi. Ciò consente di produrre immagini che emulano gli effetti materici e di interazione di luci e corpi in modo sempre più realistico3 che vanno sotto il nome di rendering. Come già visto nei capitoli precedenti, per la costruzione del modello si possono utilizzare due differenti metodi di rappresentazione informatica, ovvero la rappresentazione matema- 98 tica o continua e la rappresentazione numerica o poligonale. Nella prima l’oggetto viene descritto con continuità per ogni punto mediante formule matematiche, nella seconda l’oggetto è discretizzato, tassellato, viene cioè descritto tramite un numero finito di punti, vertici di superfici (tasselli) che compongono poliedri irregolari. Questi due metodi convivono perché entrambi sono necessari. La rappresentazione matematica offre infatti un controllo numerico accurato e preciso della forma ed è perciò necessaria a risolvere problemi complessi, mentre quella numerica, vincolata dalla scheda grafica del computer, grazie all’utilizzo di appositi algoritmi gestisce la visualizzazione dei solidi ed interpolando il grado di intensità luminosa delle facce del poliedro generando una finta continuità. Dunque un buon processo di modellazione dovrebbe partire dalla ricostruzione con un modellatore matematico, per poi importare il modello in ambiente numerico per gestirne la resa di rendering, dove è stato tradotto attraverso mesh, maglie o tasselli che compongono i poliedri, operando lo scambio tra i diversi formati disponili. All’interno del programma di rendering è possibile comunque effettuare modifiche e miglioramenti alle mesh importate con comandi che riducono la ridondanza delle coordinate dei vertici eventualmente in eccesso. Si può gestire anche la direzione delle normali per ogni faccia delle mesh che servono ad indicare la separazione tra “il dentro e il fuori” o “il pieno e il vuoto” del solido. Per realizzare un modello navigabile in real-time, o una prospettiva dinamica interattiva, possono essere utilizzati diversi procedimenti, anche completamente integrati dove, costruito il modello, il software di rendering è capace di gestire sia la resa chiaroscurale che l’animazione real-time. Seppur più semplice, questo ultimo metodo non viene utilizzato a causa della scarsità di risultati per la navigazione e visualizzazione del modello4. La procedura che è stata utilizzata nella sperimentazione è quella resa possibile dai formati di scambio, per cui il modello realizzato con il software Rhinoceros, poi renderizzato in ambiente 3D Studio Max, è stato infine esportato nel programma per l’animazione real-time Unity 3D utilizzando il file di scambio .fbx. Per la migliore fruizione del real-time, una particolare cura è stata riposta nella traduzione del modello matematico in mo- 5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica Michela Ardito dello numerico, cercando di mediare tra le necessità dell’accuratezza percettiva e quelle della navigabilità del modello. Infatti, trattandosi di una visione dinamica ed interattiva, è indispensabile realizzare un modello particolarmente curato nella resa dei dettagli ma, nel contempo, contenendo il numero dei poligoni affinché il “peso” della geometria non influisca negativamente sulla fluidità della navigazione. Poi, prima di importare il modello (geometrie mesh, texture e parametri di mappatura) in Unity 3D sono stati adottati ulteriori accorgimenti. Tra questi, il procedimento del Texture Baking detto anche Rendering to Texture, che consente di evitare gli impegnativi calcoli computazionali necessari per il movimento nella scena, ovvero per non dover renderizzare frame by frame al mutare del punto di vista. Una volta allestita la scena, quindi costruito il modello texturizzato e definite le fonti di illuminazione, applicando il Baking si precalcolano gli effetti della resa del rendering e si salvano le relative informazioni in immagini bitmap. Un’altra procedura utilizzata per migliorare la resa percettiva durante la navigazione, senza però aumentare il numero di poligoni e quindi il “peso” del modello, è quella detta Normal Mapping, che consente di descrivere le condizioni di dettaglio invece che con un accurato modello, simulandole con una mappa di texture, detta Normal Map. Nel sistema di Game Engine adottato, Unity 3D, è così stato possibile importare un modello poligonale non eccessivamente pesante, dove la complessità del rilievo delle superfici, seppur simulata, è comunque percettivamente apprezzabile grazie alla Normal Map. 5.1.2 La costruzione del modello navigabile real-time. Per realizzare la prospettiva dinamica interattiva, il real-time engine utilizzato è Unity 3D, un software con elaborazione grafica in tempo reale. Esso fornisce le tecnologie di base, semplifica lo sviluppo e spesso permette al gioco di girare su piattaforme differenti. La funzionalità di base fornita da un motore grafico come Unity include un motore di rendering per grafica 2D e 3D, un motore fisico che funziona come rilevatore di collisioni, di suono, di scripting, di animazioni, ecc. Il processo di trasformazione del modello iniziale si divide in diverse fasi. Dal modello matematico realizzato nel software Rhinoceros, si procede nell’importazione in 3D Studio Max, programma di resa chiaroscurale, che trasforma il modello numerico con mesh tassellate. Infine la navigazione real-time si realizza tramite il software di gaming Unity 3D, che è in grado di supportare pesanti modelli con un gran numero di poligoni, texture e mappe di modeste dimensioni. Avendo già descritto nel paragrafo 3.2 la fase di costruzione del modello matematico e la scelta della resa chiaroscurale e delle texture usate nella fase di rendering dell’intero modello, di seguito si approfondiscono i principali passaggi tecnici necessari per la costruzione della vera e propria prospettiva dinamica interattiva. A partire dal settaggio della scena in 3D Studio Max, con il motore di rendering Mental Ray abbinato al sistema di illuminazione fotometrica, sono state ottimizzate le mesh del modello cercando di eliminarne le imprecisioni, discretizzandone il numero dei poligoni ed eliminando le ridondanze. Poi sono state importate in bitmap le texture dei materiali disegnati a mano e sono state inserite nel canale “diffuse” dei materiali della categoria “arch&design” che bene reagisce con il motore di rendering Mental Ray. Assegnati i materiali alle corrispondenti mesh del modello utilizzando il Gitzmo (strumento che permette di spostare, ruotare e mettere in scala oggetti e suboggetti 3D) del modificatore “UVW Mapping” che definisce le coordinate di mappatura5 della mesh, facendo attenzione a far corrispondere lo stesso valore di canale di mappatura tra la bitmap assegnata al canale diffuse del materiale al modificatore UVW Mapping in modo tale da accordarli per ”farli lavorare“ insieme (fig 1). A ben vedere il procedimento descritto sinora è finalizzato ad ottenere file di output, ovvero rendering che descrivono una rappresentazione del modello come “prospettiva digitale disegnata”. Questo stato di elaborazione del modello permette di procedere a realizzare sia i panorami sferici statici e dinamici che la prospettiva dinamica interattiva. Se per ottenere i panorami sferici sono state definite le posizioni delle telecamere che hanno elaborato immagini equirettangolari e sequenze filmiche da sviluppare poi in altri software, per conseguire un modello navigabile real-time si è proceduto invece realizzando delle “lightmap” attraverso il metodo del “texture baking” a partire dallo stesso file di 3D 99 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 1/ Modificatore UVW Mapping delle coordinate di mappatura della mesh del fabbricato di entrata principale della Scuola di Matematica e bitmap associata al materiale “travertino quadrato”. Entrambi hanno valore 1 per il canale di mappatura. Studio Max. Questo procedimento è stato utilizzato per alleggerire la mole di calcoli della scheda grafica del computer. Infatti generando delle “lightmap” queste hanno pre-calcolate le luci e le ombre per ogni oggetto, che non è dunque realizzata durante la navigazione real-time, ma è già associata ad ogni mesh del modello. Per realizzare le “lightmap” è stato utilizzato un procedimento in cui le luci e le ombre delle mesh calcolate dal motore di rendering vengono “cotte” su mappe quadrate attraverso il metodo chiamato “texture baking” (cottura delle texture). Nell’atto pratico, per attuare il metodo del “texture baking” all’interno del software 3D Studio Max, bisogna inizialmente rendere invisibile, in gergo “spegnere”, la bitmap del materiale assegnato alla mesh lasciando visibile solo il colore dello shader diffuse. In seguito sono state definite le coordinate di mappatura per la renderizzazione delle lightmap utilizzando il modificatore Unwrap UVW al quale, è stato attribuito il valore 2 del canale 100 di mappatura, con il fine di differenziarlo dal canale del modificatore UVW Mapping, utilizzato in precedenza nell’assegnazione delle texture disegnate a mano per riprodurre il travertino, la litoceramica, l’intonaco, l’asfalto ecc. Il modificatore Unwrap UVW si applica alla mesh e ha il compito di proiettare i poligoni della stessa da più punti e di posizionarli, senza sovrapposizioni, su una texture quadrata grazie al comando abbinato “flatten mapping” (fig. 2). Verificato il corretto posizionamento e dimensionamento dei poligoni proiettati sulla texture, è stato azionato il comando “Render to Texture” che si serve delle impostazioni di rendering della scena per renderizzare i poligoni disposti sulla texture quadrata. All’interno del comando è stato definito il valore del canale di mappatura coincidente con quello del modificatore Unwrap UVW in modo da renderizzare i poligoni delle mesh nella stessa posizione in cui sono stati disposti dal modificatore. Nella stessa finestra di dialogo è stato selezionato l’element type che definisce il tipo di elemento da renderizzare della 5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica Michela Ardito 2/ Finestra di lavoro del modificatore Unwrap UVW, proiezione e disposizione ordinata dei poligoni su una texture quadrata mesh. Nella sperimentazione è stato scelto l’element type “Complete map” capace di generare una mappa di output omogenea dove sono registrate le luci, le ombre e i colori di base della mesh. Infine è stata definita la grandezza della texture da renderizzare, ponendo attenzione che fosse adeguata ai fini di una corretta visualizzazione e compatibile con l’ampiezza della memoria della scheda grafica. Sono così state generate texture di 1024 x 1024 px da 296 kb o 2048 x 2048 da 592 kb, in base alla dimensione delle mesh associate (figg. 3, 4). Terminato il procedimento di “texture baking” all’interno della scena del software 3D Studio Max, si è proceduto a riassegnare in un nuovo file un materiale per ogni mesh. Ciascun materiale è composto da due bitmap: la “lightmap” che descrive l’illuminazione e la texture disegnata a mano che definisce il disegno del materiale di ogni mesh. Il modello finale importato in Unity 3D conserverà tutte le caratteristiche dei materiali precedentemente assegnati in 3D Studio Max. Non avendo più necessità di un sistema di illuminazione ge- nerale interno alla scena, è stata eliminata la luce fotometrica inserita all’inizio. Si è poi scelto di utilizzare un materiale “standard” per vestire il modello finale che ben lavora in abbinamento al formato di esportazione “.fbx”6. Per ogni materiale è stato inserito nel canale diffuse la bitmap della texture disegnata a mano assegnandole valore 1 nel canale di mappatura in corrispondenza a quello del modificatore di coordinate UVW Mapping che era stato già precedentemente assegnato alla mesh la stessa texture. Nel canale self-illumination dello stesso materiale è stata inserita la lightmap con coordinate di mappatura 2, in modo da essere leggibile dal modificatore Unwrap UVW, anch’esso precedentemente assegnato alla mesh (fig. 5). Una volta ri-assegnati i materiali per ogni mesh del modello, si è proceduto all’esportazione per il real-time engine Unity 3D. Unity è un engine per lo sviluppo di videogiochi molto flessibile e comprensibile anche da chi non ha dimestichezza con il mondo della programmazione informatica. Anche se non si 101 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 3/ Impostazioni nel comando Render to texture Ho risolto il problema aggiungendo una luce direzionale con la stessa direzione e posizione spaziale della luce fotometri 4/ Lightmap della mesh del fabbricato di entrata della Scuola di Matematica, dimensioni 2048x2048 px 102 classifica al primo posto per performance o qualità del rendering, possiede rispetto ad altri software di gaming la possibilità di esportare per molte piattaforme fra cui tutti i sistemi operativi desktop e quasi tutti quelli mobile (iOS, Android, Blackberry, a breve anche Windows 8). E’ esportabile inoltre anche per web (con un apposito plugin, come Flash) e per le principali consolle (Wii, PS3, Xbox). Approfondire lo studio di un luogo per una sua comunicazione e valorizzazione culturale tramite strumenti informatici nati con altri scopi quali quello del divertimento e del gioco, dona sicuramente, a mio avviso, un valore aggiunto poiché introduce metodi educativi che attingono all’“edutainment”7, termine composto dai sostantivi “education” (apprendimento, educazione) e “entertainment” (divertimento, svago). Per far incontrare il mondo culturale con quello ludico, è necessario saper sfruttare al massimo i mezzi tecnologici a disposizione in modo di amplificare la capacità di ricezione del messaggio dello spettatore che si trova a diretto contatto con il bene culturale. In questo caso caso per sviluppare concretamente la componente ludica del mio progetto,ho utilizzato un software di gaming che mi permette di navigare il luogo virtuale in maniera 5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica Michela Ardito 5/ Composizione del nuovo materiale da assegnare alla mesh del fabbricato di entrata della Scuola di Matematica completamente immersiva e sicuramente coinvolgente. Il modello importato in Unity 3D conserva i nomi e i materiali impostati e assegnati in 3D Studio Max ad ogni mesh, ma non memorizza l’associazione delle bitmap, lightmap e texture, ai rispettivi canali, diffuse e self-illumination del materiale. Si è dovuto pertanto operare manualmente assegnando i materiali con degli shader che visualizzano sia le texture disegnate a mano sia le lightmap e ne conservano le rispettive coordinate di mappatura. Di nuovo sono state “vestite” tutte le mesh del modello così come erano state impostate nel software di resa chiaroscurale. Unity si serve di shader, parti di codici responsabili del comportamento grafico di un materiale. Essi, attraverso algoritmi e calcoli matematici, gestiscono la reazione del materiale rispetto alla luce, creano effetti particolari in prossimità dei vertici delle mesh, determinano la trasparenza, le texture e i colori. (fig. 6, 7) In particolare si è utilizzato lo shader “Legacy shaders – Lightmapped – VertexLit” per la maggior parte dei materiali 6/ Disponibilità di scelta degli shader 103 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 7/ Assegnazione del materiale con shader Legacy – Lightmapped -VertexLit ri-assegnati al modello. Il “Legacy shader” raccoglie caratteristiche e componenti degli “standard shader” in modo da combinarle per ottenere nuovi e più complessi materiali. Nella sperimentazione è stata combinata sia la lightmap, che la mappa della texture disegnata descritta dallo shader “VertexLit”. Questo è uno degli shader più semplici e serve principalmente ad indicare il calcolo della luce sulla superficie della mesh che avviene per interpolazione dei vertici. Per le chiome e i tronchi degli alberi sono invece stati associati materiali con shader “Legacy shaders – Transparent – Specular” che permettono di visualizzare una trasparenza con parti riflesse dei fabbricati circostanti. In seguito alla ri-assegnazione delle mappe ai materiali è stato impostato il setting della scena navigabile. In primo luogo sono stati importati degli “asset” standard, che sono cartelle contenenti oggetti e funzionalità interne o esterne al programma tra cui la funzione interna del “Character controller”. Questo asset ha dato la possibilità di inserire nella scena il “First Person Character” attraverso cui è 104 possibile controllare il personaggio che naviga il modello in prima persona (fig. 8). Il personaggio ha una sua dimensione che deve essere proporzionata rispetto agli oggetti che lo circondano e che va ad esplorare. E’ un personaggio “virtualmente fisico” perché obbligato ad adeguarsi alle leggi della gravità e della materialità degli oggetti. Oltre ad aver impostato il valore della “Gravity” per farlo rimanere ancorato al terreno, si sono dovuti anche anche associare dei “Collider”, secondo diverse forme geometriche, agli oggetti in modo che durante i suoi spostamenti il personaggio non incorresse in ingenui ed inverosimili “passaggi attraverso l’ostacolo” (fig. 9). Per completare l’allestimento della scena mancava di “definire” il cielo e in ultima istanza il posizionamento di una luce che non producesse ombre. Unity garantisce dei preset chiamati “skybox” per il cielo che si è deciso di non utilizzare perché si è considerato anche il cielo parte integrante del modello che vuole simulare le prospettive realizzate a mano degli anni ‘30. Ho perciò inserito un nuovo skybox appositamente costru- 5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica Michela Ardito 8/ Importazione dell’Asset Characters e posizionamento del First Person Character 9/ Associazione del collider alla mesh della scalinata all’entrata della Facoltà di Lettere e Filosofia 105 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito ito. Gli skybox di cui si serve il programma non sono altro che delle proiezioni cubiche di un’ immagine sferica. E’ stato semplicemente realizzato una texture con lunghezza doppia rispetto all’altezza inserendola nel programma di costruzione dei panorami sferici Panatour Pro già utilizzato in precedenza. La texture è stata assimilita perciò ad un’immagine equirettangolare generando come file di output la proiezione rettilineare delle sei facce del cubo circoscritto alla sfera, ovvero il panorama sferico. Le sei immagini sono state importate nel software assegnandole allo skybox. Ogni immagine segue un preciso orientamento dettato dagli slot con diciture: sopra, sotto, destra, sinistra, fronte e retro, ai quali viene destinata (fig. 10). In seguito lo skybox è associato alla camera del “First Person Character” inserendo nell’ inspector, ovvero la scheda dove modificare ogni oggetto, la possibilità di far visualizzare al charater un “custom skybox” cioè un cielo costruito dall’utente (fig. 11). Poiché vi sono notevoli discrepanze nella visualizzazione della luminosità, delle trasparenze e dei colori tra gli stessi materiali impostati in Unity e in 3D Studio, tutti i materiali associati agli oggetti risultavano scuri o spenti. Così è ovviato al problema aggiungendo una luce direzionale con la stessa direzione e posizione spaziale della luce fotometrica precedentemente inserita nel software 3D Studio Max e utilizzata per generare le lightmap ma senza la caratteristica di generare ombre usandola solo per rendere più luminosa la scena (figg. 12-17). 10/ Realizzazione dello Skybox per il cielo, associazione delle 6 immagini proiezioni del cubo circoscritto alla sfera ad ogni spazio dedicato associato 106 5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica Michela Ardito 11/ Visualizzazione del custom skybox da parte della camera del First person character 12/ Impostazione della luce direzionale nella stessa posizione e direzione della luce fotometrica in 3D Studio Max 107 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 13/ Navigazione real-time in Unity 3D, vista di piazza della Minerva con fontana e statua 14/ Navigazione real-time in Unity 3D, vista del viale principale 108 5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica Michela Ardito 15/ Navigazione real-time in Unity 3D, vista dall’entrata principale della Facoltà di Lettere e Filosofia 16/ Navigazione real-time in Unity 3D, vista della piazza da Nord-Est 109 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 17/ Navigazione real-time in Unity 3D, vista di piazza dalla scalinata del Rettorato 5.2 La navigazione 3D stereoscopica Se la fruizione fluida della scena tridimensionale è condizione essenziale per l’interattività, essa non è certamente sufficiente a rendere soddisfacente l’esperienza di percezione tridimensionale del modello. Perché ciò accada è necessario che l’utente sia facilitato nell’esplorazione della scena e possa fruire di una realtà virtuale nella maniera più simile all’esplorazione e interazione del mondo reale. A partire da questo assioma si deduce facilmente la necessità di aggiungere degli strumenti e sistemi di visualizzazione per aumentare il coinvolgimento del visitatore virtuale. Da qualche tempo il mondo dei videogiochi sta mandando segnali di evoluzione in questo campo, grazie alla diffusione di diverse periferiche di input e output. Le tecnologie per la visualizzazione stereoscopica che migliorano l’effetto realistico delle scene esplorate hanno in generale destato molta attenzione e si stanno diffondendo rapidamente anche perché immettono nel mercato strumenti relativamente poco costosi. Per introdurre la navigazione tridimensionale stereoscopica di un modello real-time è opportuno sinteticamente ricordare il funzionamento della visione stereoscopica. 110 La stereoscopia è una tecnica di visualizzazione che permette la percezione del rilievo di un oggetto, grazie alla visione binoculare. Essa gioca sull’assunto che ognuno degli occhi vede un’immagine lievemente differente dall’altra in quanto sono posti in posizioni diverse, separate da circa 65mm di distanza. Secondo il meccanismo della stereopsi, al cervello giungono due immagini della stessa scena leggermente diverse tra loro che saranno poi elaborate al fine di crearne una sola contenente la percezione della profondità, della posizione, della distanza e della dimensione degli oggetti che ne fanno parte. Sulla base del funzionamento della visione umana, per poter creare un’immagine stereoscopica è necessario acquisire due immagini (stereogramma) di una scena da due punti di vista diversi. Per apprezzare l’effetto stereoscopico delle immagini 3D, occorre sistemare i punti di ripresa destro e sinistro alla distanza che riproduce fedelmente lo spazio che separa gli occhi dell’uomo. Se lo scopo è quello di ottenere immagini che rispettino quanto più possibile la realtà (stereoscopia naturale), allora la regola è utilizzare la distanza di 6-8 cm, corrispondente alla misura che tipicamente separa un occhio dall’altro negli adulti. 5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica Michela Ardito Chiaramente la distanza tra le due riprese dipende dalla lontananza tra l’osservatore e l’oggetto da riprendere. Di norma si consiglia di sistemare i punti di ripresa ad una distanza che sia, approssimativamente, 1/10 di quella che separa il punto di osservazione dall’oggetto più vicino presente in scena. Si verifica lo stesso metodo anche nella realtà virtuale, parlando di camere o punti di ripresa virtuali che devono simulare i sistemi di ripresa reali. È possibile aumentare l’effetto stereoscopico utilizzando l’iperstereoscopia per oggetti di dimensioni molto grandi che si vogliono visualizzare in maniera ridotta. Il metodo consiste nell’aumentare la distanza tra le camere e quindi simulare la visione di un avatar con dimensioni maggiori. Al contrario, l’effetto ipostereoscopico si ottiene avvicinando le due camere tra di loro. L’effetto è diametralmente opposto a quello descritto precedentemente. Gli oggetti risultano più grandi di quelli che apparirebbero nella realtà, riproducendo in qualche modo il punto di vista di personaggi minuti. Per apprezzare la coppia di immagini esistono diversi metodi e strumenti che appartengono anche alla classe delle tecnologie indossabili attualmente in uso ed in continua migliorativa evoluzione. Già nel 1832, il fisico inglese Charles Wheastone, aveva costruito un apparecchio chiamato stereoscopio composto di lenti e di specchi ortogonali tra loro e orientati a 45° che consentiva di vedere un’ immagine tridimensionale a partire da due immagini affiancate realizzate da punti di vista con distanza pari a quella che intercorre tra gli occhi umani (fig. 18). Gli anaglifi (dal latino “anaglyphus”, scolpito in bassorilievo) sono invece immagini ottenute sovrapponendo le due immagini stereoscopiche colorate in due colori complementari come il rosso e l’azzurro-violetto. Per poter percepire la terza dimensione è necessario indossare un paio di occhiali con una lente rossa e una azzurro-violetta. Ogni occhio può vedere solo l’immagine del colore complementare a quello della sua lente. Con essi si può soddisfare la sperimentazione della visione tridimensionale utilizzando pochi materiali economici anche se non sono consigliabili per lunghi tempi di osservazione8 (fig. 19). Il meccanismo di funzionamento alla base delle proiezioni 3D che sfruttano la polarizzazione della luce è più semplice di quello sfruttato dall’anaglifo. Sono essenzialmente due 19/ Proiezione su schermo di immagini anaglifiche e funzionamento della visione steroscopica con gli appositi occhiali 3D per anaglifi (da http://redesdeusuarios.mex.tl/974189_Como-funciona-el-3d--. html) le tecnologie che sfruttano la polarizzazione della luce per rendere discriminabili i frame dedicati all’occhio sinistro e a quello destro. A seconda dei filtri utilizzati abbiamo una polarizzazione lineare ed una circolare. Nella tecnologia con polarizzazione lineare per discriminare i fotogrammi è necessario che ogni fascio proiettato attraversi un filtro polarizzatore. La luce emessa dal proiettore è formata da un insieme di raggi luminosi diretti verso lo stesso punto prodotti da onde elettromagnetiche che oscillano su tanti piani, ciascuno ruotato rispetto agli altri di un certo angolo. La polarizzazione consente di scegliere, tra tutte queste onde luminose, solo quelle che oscillano sullo stesso piano o su piani paralleli tra loro. Se immaginiamo questa applicazione tecnologica in un cinema, sappiamo che l’immagine osservata dallo spettatore è riflessa dallo schermo al fondo della sala. Per impedire che si perda la polarizzazione dei due canali, è necessario utilizzare la particolare superficie del “silver screen”, uno schermo dalla curvatura particolare con comportamento simile a quello dei metalli. Per apprezzare l’effetto 3D, gli spettatori devono indossare un paio di occhiali le cui lenti sono polarizzate in modo coerente con il fascio luminoso emesso dal proiettore. In questo modo l’immagine destinata all’occhio sinistro sarà visibile solo attraverso la lente sinistra degli occhiali, perché il filtro 111 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 18/ Stereoscopio a specchi di Wheastone, altri stereoscopi di inizio Novecento e stereogrammi (da https://it.wikipedia.org/wiki/Stereoscopio) della lente destra non permette il passaggio di luce polarizzata secondo un diverso angolo. Questo metodo di proiezione offre una qualità del colore nettamente superiore rispetto al metodo anaglifico perché le lenti non sono filtri cromatici. Sono invece soprattutto due gli svantaggi che presenta: in primo luogo la necessità di impiegare due proiettori perfettamente sincronizzati ed orientati, in secondo luogo il minore comfort per lo spettatore, costretto a mantenere gli occhiali quasi perfettamente orizzontali. Infatti anche solo piccoli spostamenti della testa impedirebbero ad uno o entrambi i fasci di luce polarizzata di oltrepassare il filtro degli occhiali, causando l’oscuramento parziale dell’immagine e una sgradevole sensazione di visione sdoppiata (fig. 20). Anche nel caso della tecnologia con polarizzazione circolare la separazione dei frame destinati a ciascun occhio è realizzata grazie alla luce polarizzata anche se in modo differente. Un polarizzatore circolare permette di ottenere, da un gruppo disordinato di onde elettromagnetiche, onde che si propagano seguendo un andamento elicoidale. Per ottenere questo effetto, la tecnologia (chiamata generalmente “Real D Cinema”) impiega un pannello a cristalli liquidi che utilizza un particolare tipo di filtro polarizzatore denominato “Z-Screen” che induce la polarizzazione del fascio luminoso in senso sia orario che antiorario. Gli spettatori indossano occhiali le cui lenti sono simili a filtri 112 polarizzatori circolari montati in senso opposto, in modo che uno di essi sia in grado di lasciar passare la luce polarizzata in senso orario e l’altro in senso antiorario. Questo tipo di lenti permette allo spettatore di ruotare la testa liberamente senza subire conseguenze importanti dal punto di vista della resa tridimensionale. La tecnologia descritta utilizza un solo proiettore. Infatti il filmato da proiettare comprende frame per l’occhio sinistro 20/ Tecnologia con polarizzazione lineare. (da http://www.megalab.it/7648/3/tecnologia-3d-come-funzionarealmente) 5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica Michela Ardito e frame per quello destro montati in modo alternato ed in sequenza. Mentre sono proiettati frame per l’occhio sinistro, il Z-Screen polarizza il fascio luminoso emesso in modo da essere visto attraverso la lente sinistra, mentre accade il contrario per i frame dedicati all’occhio destro. I frame, nonostante siano proiettati a pochissimi millisecondi di distanza, sono percepiti nello stesso momento (figg. 21, 22). Nel sistema che utilizza occhiali a cristalli liquidi le immagi- 21/ Tecnologia della polarizzazione circolare. Ruolo dello schermo “Z-Screen” durante la proiezione. Comparazione del comportamento delle due lenti polarizzate. (da: http://www.megalab. it/7648/4/tecnologia-3Dcome-funziona-realmente) ni destra e sinistra sono alternativamente visualizzate su uno schermo, un monitor o un semplice televisore. Uno speciale apparecchio collegato ad un paio di occhiali a cristalli liquidi oscura in modo alternato una delle due lenti in perfetta sincronizzazione con la sequenza delle immagini dello schermo. Quando sul monitor è presente l’immagine di destra, l’apparecchio oscura la lente sinistra e viceversa. Ovviamente la successione con la quale le immagini destra e sinistra si alternano deve essere rapidissima per non dar modo agli occhi di accorgersi dell’artificio. Solitamente ciò accade quando lo scambio avviene in meno di 1/50 di secondo. Il principale svantaggio degli occhiali a cristalli liquidi è costituito dal loro costo ancora relativamente elevato. Può essere considerato un’ evoluzione di questo sistema il visore digitale LCD. Si tratta di un dispositivo elettronico composto da due piccoli schermi a cristalli liquidi e da apposite lenti posizionate davanti agli occhi a una ridotta distanza, funzionali ad ingrandire e mettere a fuoco i due piccoli monitor destinati a proiettare le immagini. Un esempio molto noto è il visore HMD Oculus Rift. Si può parlare di stereoscopio digitale che utilizza, al posto di un supporto statico come lo stereogramma, un supporto dinamico rappresentato dai monitor LCD. I monitor LCD destinati a questo visore possono utilizzare un sistema di immagini interlacciate su un unico monitor o affiancate su due monitor paralleli. Esistono visori che coinvolgono anche il campo delle applicazioni per dispositivi mobili come il visore promosso dalla Google chiamato Cardbord. Oggetto molto economico e semplice, il Cardbord è assemblabile anche dall’utente con pochi gesti. 22/ Occhiali a lenti polarizzate (da https://it.wikipedia.org/wiki/Polarizzatore#/media/File:Circularly_polarized_glasses.jpg) 113 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito A differenza dell’ Oculus Rift questo visore ospita nel suo interno due lenti biconvesse e dei magneti, delegando al monitor e all’APP dello smartphone la proiezione dello stereogramma da ricomporre. (figg. 23-25) Vi sono infine due diversi modi per visualizzare le coppie di immagini stereoscopiche attraverso la cosiddetta visione libera: la visione parallela e la visione incrociata. Nella visione parallela le immagini vengono affiancate una all’altra. Lo sguardo si dirige oltre la distanza delle immagini stesse con gli occhi disposti parallelamente affinché ogni occhio possa vederne una sola. Il cervello che elabora le immagini percepisce un’unica immagine virtuale tridimensionale. 25/ Kit di montaggio del visore Google Cardoboard (da: http://www.gamemag.it/news/cardboard-la-realta-virtuale-digoogle-con-il-cartoncino_52951.html) Nella visione incrociata le immagini stereoscopiche vengono invertite cosicché lo sguardo dovrà incrociarsi. L’occhio destro vedrà l’immagine sinistra e viceversa. Quando ogni occhio riesce a vedere nitidamente la sua immagine si percepisce l’effetto 3D. 5.2.1 La realizzazione del modello immersivo navigabile 23/ Occhiali a cristalli liquidi (da: http://septimus.altervista.org/ differenza-tra-3d-attivo-e-3d-passivo/) 24/ evoluzione della tecnologia negli Head Mounted Display (HMD) che ha display con lenti a cristalli liquidi con risoluzione di 1280×800 (16:10 aspect ratio), Oculus Rift. (da: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Oculus_Rift_-_Developer_Version_-_Back.jpg) 114 Per la fruizione del modello navigabile in Real-Time del progetto del quadrato piacentiniano, è stata sperimentato l’uso della modalità di visione stereoscopica supportata dalla tecnologia fornita dai visori digitali LCD. E’ possibile tradurre la visione monoscopica gestita della camera del “First person Character” di Unity 3D in una visione stereoscopica fruibile da diversi visori HMD con monitor LCD, come gli Oculus Rift e i Google Cardboard. In base alle finalità di utilizzo del modello, nel caso studio alla fruizione di applicazioni per dispositivi mobili, si è reputato che l’uso dei Google Cardboard fosse molto appropriato. Si tratta essenzialmente di una piccola scatola di cartone, dalle dimensioni poco più grandi di uno smartphone, in cui sono inseriti dei magneti che interagiscono con il giroscopio del dispositivo mobile e delle lenti biconvesse che impediscono le distorsioni delle immagini. Praticamente si inserisce lo smartphone, che funge da schermo con la proiezione della doppia immagine renderizzata assimilabile ad uno stereogramma fisso, all’interno della scatola e si sperimenta immediatamente la realtà virtuale in 5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica Michela Ardito stereoscopia. Prima di scegliere quale tecnologia utilizzare tra gli Oculus Rift e i Google Cardboard, si è deciso comunque di sperimentarle ambedue, come di seguito descritte. Gli Oculus Rift sono dei visori con un display LCD di 960 x 1080 pixel e campo visivo di 100 gradi, in cui sono incorporate le lenti per la visone stereoscopica e sono collegati direttamente al computer così da sfruttare la potenza del processore e della scheda video. Essenzialmente entrambi i visori hanno un funzionamento molto simile, la differenza maggiore, oltre al costo economico, sta nello scarto offerto dal processore e dalla GPU di un laptop rispetto ad uno smartphone. Inoltre i Cardboard presentano generalmente un angolo di campo (FOV) più ristretto a causa della loro natura più “essenziale” e in ogni caso offrono prestazioni migliori per applicazioni Android di realtà virtuale molto semplici che non richiedono troppa potenza al dispositivo. I passaggi per la trasformazione dalla visione monoscopica a quella stereoscopica per entrambi i visori sono in buona sostanza gli stessi. A partire dalla scena di Unity 3D si devono sostituire o trasformare le camere monoscopiche in camere steroscopiche e in seguito collegarle al visore. Nel caso in cui si vada a modificare la scena per fruire della visione stereoscopica con gli Oculus Rift, i passaggi sono abbastanza semplici e automatici poiché Unity e Oculus Rift sono direttamente collegati tra loro mediante plug-in. Innanzitutto si deve installare il pacchetto “Oculus Runtime per windows”, coerente per la visualizzazione dal sistema operativo dell’elaboratore, che nel caso si tratta della versione 7.0 che ben comunica con la versione 5.2.2 di Unity senza necessità di ulteriori utility di integrazione. In Unity è necessario accertarsi che la scena sia visibile in modalità “Virtual Reality”, ovvero tramite visore digitale, e quindi è stata attivata la funzione nel comando “Player Settings“ del file di Unity. A questo punto si è potuto collegare il visore digitale HDM con il computer e configurarlo (figg. 26, 27). Si è poi proceduto nell’allestire la scena e modificato la visione a partire dalla camera del “First person Chracter” di Unity. Poi è stato si è importato un nuovo asset con l’SDK per Oculus, ovvero un kit che permette di importare sistemi utili alla generazione di VR (realtà virtuale) fruibile dal Rift, chiamato 26-27/ Impostazione della funzione “Virtual reality supported” nel settaggio della visualizzazione del modello in Unity 3D e configurazione della periferica di output, i visori HMD Oculus Rift DK2 “OVR Player Controller”. Serve a sostituire la camera già esistente che simula la visone dell’avatar e a rendere visibile la scena in stereoscopia (fig. 28). Indossando i Rift è a questo stadio è già possibile sperimentare l’esplorazione della terza dimensione e percepire la profondità della scena (figg. 29, 30). Gli inconvenienti ancora presenti nella tecnologia sono riscontrabili in una risoluzione non ancora assimilabile a quella data dal PC e in un parziale ritardo fra movimento della testa e adeguamento dell’immagine che genera una sorta di “movimento a scatti”, probabilmente risolvibile utilizzando mesh con minor numero di poligoni e texture a più bassa risoluzione. Nel secondo caso, ovvero nella fruizione della visione stereoscopica con i Google Cardboard, il procedimento è leggermente più lungo ma altrettanto semplice e immediato. Disponendo di smarphone Android, è stato installato nell’elaboratore il pacchetto Android SDK in modo da ottenere un simulatore Android e poter comunicare direttamente con il terminale esterno che è stato collegato nel momento della generazione del file .apk, formato di uscita della APP corrispondente all’exe del computer. 115 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito Si è poi passati ad operare nella scena di Unity con l’intento di ottenere due camere, una da assegnare all’occhio destro e una a quello sinistro. A partire dalla camera del “First Person Character” è stata modificata la posizione e il quadro della vista della camera esistente chiamandola “left camera” e spostandola quindi più a sinistra. Di conseguenza è stata fissata una nuova camera chiamata “right camera” con posizione e quadro spostati più a destra in modo tale che la distanza tra i due punti di vista fosse funzionale a permettere un’adeguata visione stereoscopica9 (figg. 31-33). A questo punto è stato aggiunto alla visione binoculare anche il tracciamento del movimento del capo attraverso l’inserimento del plug-in “Dive Unity Package”. Esso permette di importare come asset una “Dive Camera” che incrementa le camere left e right, precedentemente impostate, di alcune funzionalità come quella del tracciamento del movimento del capo, appunto. Selezionando la “Dive Camera” è stato modificato il suo script “Offset Center” a partire dall’ interfaccia dell’Inspector di Unity, senza dover operare sul codice. Si è poi intervenuti sulle due camere già incluse nella Camera Dive. In ognuna di esse sono state inserite le camere precedentemente fissate: la “left camera” nella camera di sinistra e la “right camera” in quella di destra. Si è così ottenuta la possibilità di navigare la realtà virtuale a 360° (figg. 34, 35). L’ultima azione da compiere è stata la prova sul terminale Android. Dal comando “Building Settings” in Unity è stata esportata la scena per piattaforma Android e contemporaneamente è stato collegato lo smartphone come terminale al PC in cui era stato precedentemente installato il pacchetto Android SDK. Dal “Player Settings” possono essere inserite varie informazioni sul file .apk di output come ad esempio il codice di identificazione per un’eventuale pubblicazione on-line nello store delle APP. Il comando “Build and Run” ha concluso il processo e ha permesso di generare l’.apk, ovvero il file fruibile da terminale o da simulatore Android da cui si può visualizzare il modello in stereoscopia. Nel caso studio la sperimentazione per Cardbord non si è conclusa positivamente, probabilmente perchè il file .apk in uscita era troppo pesante per l’ hardware usato. 28/ Inserimento dell’ “OVR Player Controller” ovvero la camera che permette la visione stereoscopica della scena tramite Oculus Rift 116 5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica Michela Ardito 29-30/ Simulazione della visione stereoscopica su schermo del PC, nelle versioni precedenti di Unity e Oculus Runtime si poteva vedere la divisione dello schermo in due immagini, una per ogni occhio, che poi nel visore funzionavano da stereogramma. Ora dalla versione 5.2 di Unity non è più possibile. 117 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 31/ Generazione della “right camera” che corrisponde alla visione dell’occhio destro 32/ Generazione della “left camera” che corrisponde alla visione dell’occhio sinistro 118 5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica Michela Ardito 33/ Visualizzazione della scena a partire dalle due camere impostate “right camera” e “left camera” 34/ Inserimento della “Dive camera” con associazione delle camere precedentemente create nello script “offset Center” 119 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 35/ Esplorazione della scena mediante metodo di tracciamento dei movimento del capo 120 5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica Michela Ardito NOTE 1. Cfr argomento in Daria Battista, La prospettiva dinamica interattiva. Applicazioni per la realizzazione di un modello real-time, in “Attulità della geometria descrittiva”, Seminario nazionale sul rinnovamento della Geometria descrittiva, Laura Carlevaris, Laura De Carlo, Riccardo Migliari, (a cura di), Gangemi Editore, Roma, 2009 – 2010, pp. 349-358 2. Cfr argomento in Riccardo Migliari, Introduzione alla prospettiva dinamica interattiva, Nuovi quaderni di Applicazioni della Geometria Descrittiva, vol.4, Kappa edizioni, Roma, 2008, pp. 6-18 3. Andrea Giordano, Dal secolo dei Lumi all’epoca attuale, in “La Geometria nell’Immagine. Storia dei metodi di rappresentazione”, Agostino De Rosa , Anna Sgrosso, Andrea Giordano, UTET, Torino, 2000, p. 91 4. Riccardo Migliari, Op cit., p. 90 5. Per assegnare ad un oggetto tridimensionale una texture 2D, occorre specificare un insieme di coordinate di mappatura. Le coordinate di mappatura (dette anche coordinate UV) sono così chiamate poichè formano un particolare sistema di coordinate.Variando questo sistema si può variare la posizione di una texture su di un oggetto. In assenza di coordinate di mappatura, 3D studio non è in grado di applicare una texture ad un oggetto. Gli oggetti di base (sfere, parallelepipedi, cilindri, etc...) sono già dotati di un loro sistema di coordinate UV. Per gli altri tipi di oggetto (mesh modificabili, etc..), bisogna assegnarle manualmente. Il modo più semplice con cui assegnare le coordinate UV è attraverso operazioni di proiezione. Quelle più semplici sono: le planari, le cubiche, le cilindriche e le sferiche. In 3D Studio, lo strumento con cui si proiettano le coordinate di mappatura è il modificatore “UVW Mapping”, ma ne esistono anche altri, come si deduce dal testo, e il tipo di proiezione viene impostato nelle sue proprietà. 6. Il formato di esportazione .fbx è universale e, oltre ad essere un framework aperto per il trasferimento di dati 3D che crea un alto livello di interoperabilità tra i programmi Autodesk, comunica molto bene anche con il motore grafico Unity, per quel che iteressa il mio ambito di studio. Garantisce una corretta esportazione delle texture e quindi delle lightmap, oltre che delle mesh, per orientamento e posizione, sebbene in Unity sia comunque necessario procedere alla riassegnazione manuale delle texture corrispettive ad ogni mesh. 7. Concetto già approfondito al paragrafo 2.7 8. Cfr argomento in Marco Carpiceci, Fotografia digitale e Architettura. Strumenti per l’analisi e la rappresentazione dell’architettura e dell’ambiente, Aracne Editore, Roma 2012, pp. 186-194 9. Più precisamente gli spostamenti delle due nuove camere sono governabili dal pannello di controllo a destra, l’ “Inspector”. I valori assunti dalla Left Camera sono: Position X : -1 Field of View : 60 Viewport Rect W : 0.5 E della Right Camera: Position X : 1 Field of View : 60 Viewport Rect X : 0.5 Dove l’indicatore “Position” determina la posizione del centro della camera lungo gli assi x,y,z di riferimento all’intero modello; l’indicatore “Field of view” mostra l’ampiezza dell’ angolo di campo della camera, misurata in gradi lungo l’asse Y locale; l’indicatore “Viewport Rect” definisce quattro valori (da 0 a 1) che indicano dove verrà disegnata questa nuova telecamera sullo schermo, secondo le coordinate dello schermo (x,y,w,h). 121 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 122 6.0 Integrazione dei modelli navigabili in un’applicazione per dispositivo mobile Michela Ardito 6.0 Integrazione dei modelli navigabili per un’applicazione per dispositivo mobile L’ultimo capitolo dedicato alla sperimentazione prende in esame le possibili soluzioni per una fruizione integrata dei modelli navigabili realizzati nelle precedenti fasi attraverso un applicativo per dispositivo mobile. Diversamente dalle altre esperienze, in questo segmento della sperimentazione si è determinato di fissare solo i principi generali e di valutarne sia benefici e sia le questioni maggiormente problematiche. Infatti per una elaborazione davvero fattiva, e non una semplice simulazione, sarebbero state necessarie competenze interdisciplinari che, dati i tempi a disposizione, non è stato possibile coinvolgere. 6.1 APP nativa e web APP Per APP nativa si intende un’applicazione da fruire quando direttamente installata sul dispositivo mobile su cui sono installati e, pertanto, deve essere sviluppata specificamente per la piattaforma di destinazione (ad esempio per Android, iOS, Windows). Ogni sistema operativo è dotato di un pacchetto di sviluppo per applicazioni e software, detto SDK, che installato su un computer consente attraverso un’interfaccia di sviluppare, eseguire e modificare le applicazioni. Il linguaggio utilizzato è Java per Android, Objective C per iOS e l’ambiente .NET per Windows Phone, solo per citare quelli attualmente più diffusi. Una web APP è invece accessibile tramite il browser del dispositivo mobile e pertanto non necessita di essere scaricata e installata. Si può assimilare a un sito web approntato su misura per la navigazione da mobile. Questo comporta che la maggior mole del lavoro sarà eseguita in remoto, mentre dalle performance del dispositivo mobile dipenderà la qualità della visione, ovvero della restituzione grafica. Una web APP può essere realizzata con diversi linguaggi, ma il prodotto finale per il browser del fruitore può essere solo in HTML5, CSS3 o Javascript. Alcune delle principali differenze che si possono distinguere tra APP nativa o per web sono sinteticamente riassunte di seguito. Una web APP è accessibile da un qualsiasi dispositivo che sia connesso a internet. Grazie al foglio di stile progettato proporzionalmente e non con dimensioni fisse, l’interfaccia grafica dell’utente (GUI) si adatta automaticamente alle diverse dimensioni dello schermo1. Trattandosi dunque di pagine web, per visualizzare aggiornamenti grafici, strutturali e testuali è sufficiente un semplice refresh della pagina dal browser dello smartphone. Il funzionamento di un’APP nativa è legato al sistema operativo del dispositivo per cui è stato progettato e compilato. Di conseguenza un’APP compilata per iPhone non funzionerà su uno smartphone che supporta come sistema operativo Android e viceversa. Se per un’APP nativa ogni aggiornamento implica per l’utente un nuovo download dell’APP dallo store specifico, al contrario per una web APP non c’è necessità di aggiornamento perché la pagina a cui l’utente accede è sempre l’ultima versione disponibile. Rispetto a un’APP nativa, nella web APP lo streaming dei contenuti multimediali è progettato affinché la fruizione sia il più fluida e veloce possibile. Nonostante ciò in generale le web APP sono meno performanti e responsive rispetto alle APP native perché occorre attendere i risultati dell’elaborazione ed interpretare poi la parte di scripting della pagina. Inoltre, per definizione, una web APP non interagisce con l’hardware e il software del dispositivo. Pertanto presenta un’interazione più limitata, ma soprattutto ha una resa grafica inferiore a quella nativa, caratteristica fondamentale nel settore delle ricostruzioni di beni archeologici, architettonici e urbani, come nella presente tesi. In generale sviluppare un’applicazione nativa è sicuramente molto più dispendioso rispetto allo sviluppo di un’APP web, perché la nativa deve essere progettata in modo da essere fru- 123 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito ibile almeno nei tre più comuni linguaggi (Android, iOs e Window), deve poi essere mantenuta ed eventualmente aggiornata. Ma è necessario ricordare che le web APP non possono funzionare in modalità offline, a meno che non si implementino meccanismi di caching dei dati che presuppongono una buona e continuativa connessione internet durante la fruizione dei dati stessi. Ciò non significa che senza connessione internet l’APP smetta di funzionare poiché il server nel web che comunica con il device trasmette i dati da consultare “a tratti”, per cui il dispositivo dispone di una sorta di memoria temporanea o “buffering” per l’entrata o l’uscita dei dati che consente di proseguire la fruizione dell’APP per un certo lasso di tempo. Terminato il quale, l’hardware, per evitare di bloccarsi, ha bisogno di poter attingere di nuovo ad una connessione internet attiva. 6.2 Il progetto dell’applicazione Dopo aver analizzato i pro e i contro delle due tipologie di applicazioni, si evince che nel caso della sperimentazione della tesi sarebbe preferibile sviluppare una web APP che permetta di gestire tutti i dati da un server remoto. A causa della mole di materiale da governare e memorizzare è necessario che i contenuti alloggino in server dedicati, con software di renderizzazione che trasmettano on-line i dati all’hardware che ne vuole fruire. Il modello visualizzato in Real-Time, realizzato in Unity 3D, ha infatti bisogno di alcuni Gigabyte di memoria dove alloggiare, mentre un’APP in locale non arriva a supportare 300 megabyte. Dunque, dovendo fornire al visitatore uno strumento semplice e agevole che gli permetta di ricevere il servizio più veloce ed efficiente possibile, è improbabile immaginare che un’APP in locale possa gestire con efficienza tali quantità di dati, o meglio che si possano memorizzare sul device. A causa della grande quantità di contenuti, il dispositivo rischierebbe di non funzionare e nel migliore dei casi l’esplorazione virtuale risulterebbe poco fluida e scarsamente coinvolgente. Certamente una web APP, rispetto ad un’APP nativa, sarebbe meno performante riguardo alla qualità della restituzione grafica, ma gli spazi del quadrato piacentiniano sono caratterizzati, ad eccezione della statua della Minerva, da forme 124 geometriche semplici, e le texture, grazie ai procedimenti descritti nei capitoli precedenti, sono “leggere” e sintetiche. Con buona probabilità sarebbe dunque sufficiente, per ottenere una buona resa grafica, la scheda video del server remoto a cui si collega la web APP durante la navigazione on-line dell’hardware. Infine, c’è da tenere presente che tutti i software utilizzati per l’elaborazione dei modelli navigabili consentono un output in linguaggio HTML5. I panorami sferici statici, elaborati con il programma Panotour della Kolor, sono esportabili in pagine .html in localhost, facilmente convertibili dal server remoto anche in hostclient2. I panorami sferici dinamici, realizzati con Autopano Video e Autopano Giga della Kolor, sono a tutti gli effetti dei video con il formato ormai universale .mp4, utilizzabile da ogni tipo di linguaggio. Unity 3D, con cui è stato elaborato il modello navigabile in real-time, dispone già della possibilità di utilizzare server in remoto, senza necessità di esportazioni specifiche. Tutti i modelli interrogabili, interattivi e navigabili realizzati nella sperimentazione, infine, sono pensati per essere geolocalizzati e integrati con sistemi di piattaforme on-line come Google Maps. E considerando che la funzione di georeferenziazione e geolocalizzazione è universalmente utilizzata da ogni tipo di APP, non dovrebbe essere pertanto troppo difficoltoso integrarla nello sviluppo del progetto. In base a tale soluzione, di seguito sono tracciate le principali caratteristiche che dovrebbero indirizzare il progetto per una web APP per dispositivo mobile che preveda una fruizione integrata delle diverse sperimentazioni già elaborate. L’obiettivo generale deve comunque essere quello di rappresentare e comunicare la piazza della Minerva nella sua configurazione di progetto del 1935 proponendo differenti percorsi culturali per la “visita” del bene, fruibili in presenza e secondo diversi livelli di interattività e/o immersività attraverso diversi “modelli visuali navigabili”. I panorami statici e dinamici, la prospettiva dinamica interattiva anche stereoscopica, proponendo diversi tipi di esperienze, intendono informare il fruitore coinvolgendolo e suscitando in lui emozioni e curiosità nei confronti del patrimonio culturale visitato. L’intenzione più generale è perciò quella di sperimentare le tecnologie digitali per rinnovare le guide tradizionali e per 6.0 Integrazione dei modelli navigabili in un’applicazione per dispositivo mobile Michela Ardito proporne nuovi formati, ma a partire dal mantenimento degli strumenti più usuali, quali mappe, itinerari e informazioni. L’APP che viene proposta, denominata semplicemente “Sapienza, Università di Roma”, è dunque pensata per sperimentare la percezione dello spazio virtuale da qualsiasi postazione. La fruizione delle informazioni avviene per via sperimentale all’interno della mappa–modello digitale dove l’utente è guidato attraverso la possibilità di esplorare quattro itinerari, differenziati a partire dalle diverse modalità di fruizione di navigazione proposte, da 2,5D a 3D . Le poche, ma necessarie, funzioni che dovrebbe possedere affinché risulti di facile consultazione sono rappresentate nelle figure che seguono attraverso la simulazione delle schermate progettate per smartphone. I quattro itinerari proposti (fig.1) dovrebbero essere: 1- “Informazioni a 360°” 2- “Scoperta dei luoghi a 360°” 3- “Esplorazione libera” 4- “Esplorazione libera stereo” Nei primi due itinerari “Informazioni a 360°” e “ Scoperta dei luoghi a 360°” sono disponibili i panorami sferici, ovvero i modelli navigabili in 2,5D. La modalità di fruizione è guidata, ed è pensata per un visitatore che non abbia conoscenze approfondite del luogo. In “Informazioni a 360°” l’utente fa esperienza di panorami sferici statici, punti fissi da cui sceglie di interagire con informazioni multimediali specifiche e proprie di quello spazio. Operativamente, selezionando questo itinerario dall’APP, i diversi panorami sferici statici, geolocalizzati su una mappa tridimensionale agganciata alle mappe di Google, sono resi disponibili attraverso elementi puntuali. Da remoto, l’utente può scegliere quale tra i panorami esplorare, in locale, invece, sfruttando il sistema GPS, può anche optare per il panorama sferico più vicino alla propria posizione. In base a quanto esposto nel paragrafo 4.3, al sistema di posizionamento globale si potrebbe associare quello del riconoscimento dei punti Vision Based che permette di allineare con precisione, qualora ci siano le adatte condizioni, la rappresentazione virtuale del manufatto con il manufatto reale (figg. 2, 3). Nell’itinerario “Scoperta dei luoghi a 360°” è offerta la possibilità di sperimentare i panorami sferici dinamici ovvero 1/ Simulazione dell App su dispositivi mobili. Schermata iniziale su Tablet ed “Esplorazione libera” su Smartphone 125 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito “video percorsi” che collegano la posizione di due panorami statici sulla mappa e permettono di apprezzare la dimensione spaziale del luogo virtuale. Utilizzando il sistema GPS ed eventualmente quello di Tracking per forma per individuare il panorama sferico statico di partenza e quello di arrivo, nonché la propria posizione sulla mappa, l’APP permette di selezionare il “video percorso” da intraprendere durante la visualizzazione. La modalità di fruizione non cambia se avviene da una posizione “a distanza” (figg. 4, 5). Nei rimanenti due itinerari denominati “Esplorazione libera” ed “Esplorazione libera stereo” ci si trova ad esplorare uno spazio virtuale in real-time proponendo una fruizione totalmente libera al visitatore che conosce in parte i luoghi e mostra interesse e curiosità ad approfondire la visita del sito. L’”Esplorazione libera” permette la navigazione e la conoscenza di luoghi tramite l’esperienza ludica tipica dei video­ giochi. La possibilità di movimento dell’avatar dipende dalle icone touch sul dispositivo che permettono lo spostamento e la rotazione. In aggiunta i cosiddetti “collider” vincolano il personaggio a movimenti e comportamenti verosimili che la realtà virtuale mutua da quella reale. La simulazione dell’APP propone un’esplorazione del modello real-time a partire dalla geolocalizzazione della posizio- ne del proprio avatar sulla mappa. In questo caso si può scegliere di seguire il proprio personaggio virtuale alla ricerca di un confronto ravvicinato tra reale e virtuale. Se si sceglie di esplorare il modello in postazione remota sarà ovviamente impossibile confrontare la realtà con la ricostruzione tridimensionale. Nelle modalità “Esplorazione libera” o “Esplorazione libera stereo” è possibile, selezionando la zona di partenza, iniziare la navigazione virtuale con il proprio avatar in un punto diverso rispetto alla propria posizione. Ad esempio, se si seleziona la zona “Matematica”, il personaggio virtuale verrà posizionato davanti all’edificio della Scuola di Matematica da cui inizierà l’esplorazione interattiva dei luoghi (figg. 6, 7). Nella funzione “Esplorazione libera stereo“ le tecnologie indossabili come i Google Cardboard in abbinamento allo smartphone permettono un’esplorazione libera amplificata e totalmente immersiva dello spazio virtuale. La visione stereoscopica conferisce un grado maggiore di coinvolgimento all’utente che ne può usufruire alla stessa maniera sia in loco, sia in remoto. Purtroppo lo strumento che permette di vedere ed esplorare il modello in 3D è realizzabile solo per smartphone e non per tablet. Quest’ultimo tipo di device non permette di godere quindi dell’itinerario appena descritto (figg. 8-10). 2/ Simulazione su smartphone della localizzazione di tutti i panorami sferici statici visionabili tramite l’itinerario “Informazioni a 360°” 126 6.0 Integrazione dei modelli navigabili in un’applicazione per dispositivo mobile Michela Ardito 3/ Simulazione su smartphone di un esempio di link a contenuti grafici mediante punti notevoli (hotspot). Esplorazione del panorama sferico statico n°3, di fronte la facciata della Facoltà di Lettere e Filosofia. 4/ Simulazione su smartphone della scelta di visualizzazione del video percorso che va dal panorama sferico statico 2 al 3 all’interno dell’itinerario “Scoperta dei luoghi a 360°” 127 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 5/ Simulazione su smartphone dell’esplorazione del panorama sferico dinamico descritto dal percorso che congiunge i panorama sferici statici 2 e 3. 6/ Simulazione su smartphone del rintracciamento della posizione tramite GPS sulla mappa. La navigazione virtuale dell’avatar inizierà da quel punto, così da far riconoscere all’utente il luogo in cui si trova, verificando differenze ed uguaglianze rispetto all’epoca di costruzione. 128 6.0 Integrazione dei modelli navigabili in un’applicazione per dispositivo mobile Michela Ardito 7/ Simulazione su smartphone della funzione “Esplorazione libera”. L’utente può esplorare il modello virtuale percorrendolo. Si sposta toccando lo schermo in prossimità delle icone “avanti – dietro – destra -sinistra” e “ruota” 8/ Schermata della funzione “Esplorazione libera stereo”. Selezione del punto di partenza davanti la Scuola di Matematica. 129 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 9/ Navigazione stereoscopica tramite smartphone e Google Cardboard 10/ Inserimento dello smartphone nei Google Cardboard con APP in modalità stereoscopica tramite l’itinerario “Esplorazione libera stereo” 130 6.0 Integrazione dei modelli navigabili in un’applicazione per dispositivo mobile Michela Ardito NOTE 1. Si usa far risalire la nascita del responsive web design al 2010, anno in cui Ethan Marcotte pubblica l’articolo “Responsive web de­ sign”. Per responsive web design si intende una progettazione delle pagine di sito web in modo da reagire alle caratteristiche del device da cui viene fruito. Ciò comporta soprattutto una progettazione dei contenuti in modo che possano essere fruiti con facilità qualunque siano le dimensioni e risoluzioni dello schermo del dispositivo, ovvero in modo che si dispongano secondo i diversi layout già precompilati. 2.In informatica si definisce hosting (dall’inglese to host, ospitare) un servizio di rete che consiste nell’allocare su un server web le pagine web di un sito web o un’applicazione web, rendendolo così accessibile dalla rete Internet e ai suoi utenti. Tale “server web”, definito “host”, è connesso ad Internet in moda­lità idonea a garantire l’accesso alle pagine del sito mediante il web browser dell’host client dell’utente, con identificazione dei contenu­ti tramite dominio ed indirizzo IP. Il servizio può essere gratuito o a pagamento, tipicamente a qualità maggiore nel secondo caso. Il localhost è un server locale dove vengono caricati temporanea­mente i dati prima di inserirli nei server web. 131 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 132 Conclusioni Michela Ardito Conclusioni Per una comunicazione efficace dei Beni Culturali è di certo essenziale una conoscenza esaustiva e approfondita, ma altrettanto essenziale è favorire l’accesso alla conoscenza dei Beni Culturali ad un pubblico il più ampio possibile. Obiettivo della tesi è stato pertanto quello di coniugare una conoscenza corretta ad una comunicazione coinvolgente di cui si possa fare “esperienza”. La ricerca condotta con la tesi ha perciò inteso offrire il suo contributo al settore che vede nell’innovazione tecnologica digitale un’opportunità di veicolare la comunicazione dei Beni Culturali attraverso la costruzione di strumenti per la fruizione di visite ed itinerari cognitivamente ed emozionalmente coinvolgenti nel rigoroso rispetto delle coordinate scientifiche della Rappresentazione e del Disegno che hanno orientato l’utilizzo delle tecnologie digitali. In particolare la tesi ha voluto dimostrare la validità di una tipologia comunicativa coinvolgente, esplorabile interattivamente, attraverso proposte di modelli digitali navigabili in cui le rappresentazioni virtuale del Bene siano vere e proprie “reintegrazioni digitali” dei manufatti nella loro originaria consistenza storica. Le declinazioni dei modelli navigabili secondo diversi gradi di fruibilità, dal 2,5D al 3D, approfondiscono e dimostrano come il “processo senso-motorio” sia funzionale alla comprensione del Bene, perché permette di vivere l’esperienza in modo immersivo con un grado di coinvolgimento che stimola ulteriormente il suo desiderio di conoscenza attiva. L’intero lavoro di ricerca è stato dunque fondato sulla scommessa di costruire, in un continuo di relazioni tra presupposti teorici e soluzioni applicative pratiche, un sistema comunicativo finalizzato ai Beni Culturali immediato e coinvolgente, ancorato alle consolidate basi teoriche ereditate dal passato e al tempo stesso proiettato verso le innovazioni tecnologiche di un presente sempre aperto alle suggestioni del futuro. Nella fiducia che, seppur minimo, il contributo offerto possa servire da stimolo ad ulteriori studi e sperimentazioni tecnologiche nel settore informatico relativo ai Beni culturali. Infine, in queste note conclusive, di seguito si presentano le principali trasformazioni che sono emerse durante la ricerca e le sperimentazioni condotte e che sarebbero conoscibili da chi fruisse in presenza delle esperienze di visita proposte per il “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma, nel confronto tra i “modelli visuali navigabili” e lo stato di fatto. I possibili visitatori potrebbero così godere di un’esperienza conoscitiva di un’importante testimonianza dell’architettura degli anni ’30 in Italia. Uno tra i progetti urbani più impegnativi, per dimensione e per destinazione d’uso, condotto a termine in soli tre anni dal regime fascista, con la precisa volontà di conciliare modernità e tradizione attraverso l’adozione di un linguaggio “semplificato” fatto di pure masse e volume ed elementi decorativi astratti e asciutti. Di seguito sono brevemente descritte e illustrate alcune tra le manomissioni più evidenti subite dallo spazio urbano di piazza della Minerva e dagli edifici che vi si affacciano. Le poche immagini che seguono non sono certe esaustive delle numerose trasformazioni e modificazioni subite, ma sono poste a dimostrazione di quanto applicazioni di questo genere potrebbero essere di grande ausilio alla conoscenza e alla comprensione del nostro patrimonio storico, anche quello più recente, e dunque alla sua valorizzazione attraverso una comunicazione corretta ma necessariamente efficace. Le principali manomissioni illustrate di seguito sono sintetizzate tipologicamente in: 1- alterazione, eliminazione o sostituzione degli apparati decorativi; 133 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 2- aggiunte e elevazioni; 3- manomissioni sulle facciate; 4- aggiunte di collegamenti orizzontali; 5- aggiunte di collegamenti verticali. Tipologia 1: alterazione, eliminazione o sostituzione degli apparati decorativi. Le due fotografie documentano la situazione originaria e quella attuale del manufatto architettonico che ospita la Facoltà di Mineralogia e Geologia. Il visitatore, confrontando lo stato di fatto con i modelli visualizzati attraverso le applicazioni, potrà operare i confronti tra la realtà storica e quella attuale, comprendendo le alterazioni, le sostituzioni e le eliminazioni degli apparati decorativi delle costruzioni. Sulla facciata dell’edificio infatti, dopo la seconda guerra mondiale sono stati eliminati i bassorilievi dei fasci littori, simboli del regime fascista, e sono state invertite le denominazioni scritte sopra le due entrate principali (figg. 1-3). Tipologia 2: aggiunte e elevazioni. Il caso in esame è quello della Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche. La fotografia storica e la ricostruzione 1/ Fotografia del 1935, entrata della Facoltà di Mineralogia (da archivio Storico Sapienza) 134 digitale rappresentano il manufatto realizzato da Marcello Piacentini nel 1935, mentre la foto attuale documenta la ristrutturazione ad opera di Paolo Portoghesi avviata nel 1991. La consistenza architettonica del complesso risulta profondamente rimaneggiata con aggiunte di vario genere, ma soprat- 2/ Rendering del modello, entrata della Facoltà di Mineralogia 3/ Fotografia dello stato attuale, entrata della Facoltà di Geologia Conclusioni Michela Ardito tutto l’elevazione di due piani e l’accostamento di due scale esterne laterali, simili a delle torri. Nel rendering del modello digitale è mostrata la simulazione dell’edificio di progetto che contribuisce al miglioramento della leggibilità dell’intero complesso (figg. 4-6). 6/ Immagine dello stato attuale della Facoltà di iurisprudenza e Scienze Politiche (da Google Earth) 4/ Fotografia del 1935, Facoltà di Giurisprudenza e Scienze politiche (dalla rivista ARCHITETTURA) 5/ Rendering del modello, Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche Tipologia 3: manomissioni sulle facciate. Le immagini descrivono la Facoltà di Fisica documentando le manomissioni sulle facciate. Sono state infatti ingrandite le bucature al piano terreno dell’edificio, probabilmente a causa di una variazione della destinazione d’uso dei locali (figg. 7-9). 7/ Fotografia del 1935, Facoltà di Fisica (da archivio Storico Sapienza) 135 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 8/ Rendering del modello, Facoltà di Fisica 10/ Fotografia del 1935, Facoltà di Lettere e Filosofia (dalla rivista ARCHITETTURA) 9/ Fotografia dello stato attuale, Facoltà di Geologia con scritta 11/ Rendering del modello, Facoltà di Lettere e Filosofia Tipologia 4: aggiunte di collegamenti orizzontali. Il complesso architettonico che ospita la Facoltà di Lettere e Filosofia è stato rimaneggiato con evidenti aggiunte negli anni ‘60 ed ‘80. La foto attuale documenta la presenza di un nuovo collegamento orizzontale in muratura nella parte posteriore dell’edificio. Tale aggiunta rispetta la morfologia dei fabbricati e riprende la tipologia dei materiali da costruzione utilizzati negli anni ‘30 (figg. 10-12). Tipologia 5: aggiunte di collegamenti verticali. Le modifiche, che emergono chiaramente dal confronto tra le immagini, riguardano l’aggiunta di collegamenti verticali esterni, comunque facilmente smontabili, nel cortile interno all’edificio che ospita la Facoltà di Matematica. Le opere hanno lo scopo di agevolare lo spostamento da una zona all’altra dello stabile, che comunque risulta alterato anche nella disposizione degli spazi interni. 136 Conclusioni Michela Ardito 12/ Fotografia dello stato attuale, Facoltà di Lettere e Filosofia 14/ Rendering del modello, cortile interno Scuola di Matematica (da archivio Storico Sapienza) Il rendering ripropone la ricostruzione digitale che sarebbe fruibile dall’applicazione e che simula oltre all’aspetto dell’edificio, anche l’atmosfera che probabilmente doveva viversi nel 1935, anno di inaugurazione della Città Universitaria (figg. 13-15). 15/ Fotografia dello stato attuale, cortile interno Scuola di Matematica (da archivio Storico Sapienza) 13/ Fotografia del 1935, cortile interno Scuola di Matematica (da archivio Storico Sapienza) 137 Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali. Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 138 Bibliografia Michela Ardito Bibliografia Bibliografia al capitolo 2 Francesco Antinucci, Comunicare nel museo, Laterza, Roma, 2010 Francesco Antinucci, L’algoritmo al potere. Vita quotidiana ai tempi di Google, Laterza, Roma, 2009 Francesco Antinucci, Musei virtuali. Come non fare innovazione tecnologica, Laterza, Roma, 2007 Francesco Antinucci, La realtà virtuale come strumento di conservazione del sapere, MediaMente, Roma, 1998 Jerome Seymour Bruner, Studi sullo sviluppo cognitivo, Armando, Roma, 1967, ed. orig. Studies in Cognitive Growth, John Wiley & Sons Inc, New York, 1966. Donatella Capaldi, Emiliano Ilardi, Giovanni Ragone, I cantieri della memoria. Digital Heritage e istituzioni culturali, Liguori Editore, Napoli, 2011 Francesco Cervellini, Daniele Rossi, Comunicare emozionando. 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Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito Firenze, 1997 Roberta Garibaldi, Strumenti innovativi di marketing per i musei, in “Quaderni di viaggi e turismo del CeSTIT”, E-book Franco Angeli, Milano, 2012 Massimo Severo Giannini, I Beni culturali, in “Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico”, XXVI, A. Giuffré, Milano, 1976 Andrea Granelli, Monica Scanu, (Re) Design del Territorio, Fondazione Valore Italia, Roma, 2010 Algirdas Julien Greimas, Del Senso, Milano, 1974, ed. orig. Du sens, Seuil, Paris, 1970 Emiliano Ilardi, La narrazione in rete dei patrimoni culturali digitalizzati, saggio in “Quaderni Digilab.” Vol. 2, La Sapienza, Roma, 2012 Elena Ippoliti, Mappe, modelli e tecnologie innovative per conoscere, valorizzare e condividere il patrimonio urbano. 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Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma Michela Ardito 146 Abstract Michela Ardito Abstract The scope of interest of the thesis is its depth studies of “models” for communication and enhancement of cultural heritage. It aimed to investigate the segment of navigable digital models, offering different viewing experiences and visit the Cultural Heritage. The goal of the thesis was circumscribed a particular case study: the project of the so-called “square Piacentini” University City, Marcello Piacentini. The peculiarity of the case study oriented research in the direction of the possible applications for the open space and in particular the urban space. The adoption of the project and not the state of affairs of the University City, now profoundly altered, directed the thesis to the experiments of applications from the formulation of hypothesis three-dimensional reconstruction unit figural project Piacentini, so as to contribute to the improvement of Cultural Heritage readability of the same. The research was divided into three main phases. The first phase was aimed at defining the state of the art in the segment of technological applications for communication and enhancement of cultural heritage, with reference to the kind of experience proposed to users and the type of object / fruition. The second phase was devoted to the study of the project of the square Piacentini. Based on the documentation found, steps were taken to build the three-dimensional digital model and the surface treatment of the models for a yield perceptual consistent with the historical-critical interpretation. The third phase was dedicated to the experimentation of different “visual models navigable” offering different cultural experiences for the “visit” of the cultural hertage, usable in presence and according to different levels of interactivity and immersion. In particular, the experiments were geared to increasing the representations 2.5D panoramic and so-called “interactive dynamic perspective”. At the end it was dashed the possibility of integration of the models navigable through the preparation of an application for mobile devices. 147