Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali

Sapienza Università di Roma - Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura
Dottorato di Ricerca in Scienze della Rappresentazione e del Rilievo - Settore disciplinare ICAR 17
Tesi di Dottorato di Ricerca D.P.R. 11/7/1980 - Ciclo XXVIII - I Sessione 2016
Dott. ssa Michela Ardito
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano”
della Città Universitaria di Roma
Scuola Nazionale di Dottorato in Scienze della Rappresentazione e del Rilievo
Copyright Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura, Roma 2015
Tutti i diritti sono riservati:
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scritto del dottorando di ricerca in “Scienze della Rappresentazione e del Rilievo dell’Architettura”
Scuola Nazionale di Dottorato V ciclo - 2012/2015
in Scienze della Rappresentazione e del Rilievo
Sede centrale di coordinamento
Sapienza Università di Roma
Direttore
Riccardo Migliari
Sedi consorziate
Politecnico di Bari
Università di Catania - Siracusa
Università degli Studi “G. D’Annunzio” Chieti - Pescara
Università degli Studi di Firenze
Università degli Studi di Palermo
Università Mediterranea di Reggio Calabria
Sapienza Università di Roma
Sapienza Università di Roma
Dottorato di Ricerca in Scienze della Rappresentazione e del Rilievo
XXVIII Ciclo - Settore disciplinare ICAR 17
Coordinatore
Riccardo Migliari
Collegio del Dottorato
Laura Baratin, Carlo Bianchini, Laura Carnevali, Laura Carlevaris, Marco Carpiceci,
Andrea Casale, Emanuela Chiavoni, Michela Cigola, Pierpaolo D’Agostino, Laura De Carlo,
Tommaso Empler, Marco Fasolo, Carlo Inglese, Elena Ippoliti, Alfonso Ippolito,
Fabio Lanfranchi, Maria Martone, Riccardo Migliari, Lia Maria Papa, Leonardo Paris,
Paola Quattrini, Luca Ribichini, Graziano Mario Valenti
Dottoranda
Michela Ardito
Coordinatore del Dottorato
Riccardo Migliari
Tutor
Elena Ippoliti
Tutor
Andrea Casale
Indice
1.0 Introduzione
1.1 Inquadramento generale della ricerca
1.2 Obiettivo della ricerca
1.3 Articolazione della ricerca
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene
culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
2.1. Dispositivi per lo ‘spazio chiuso’: il museo
2.2. Dispositivi per lo ‘spazio aperto’: guide e
mappe
2.3. La comunicazione dei beni culturali tra design dell’esperienza e Digital Heritage
2.4 Le tecnologie digitali per la comunicazione
dei beni culturali: casi studio
2.5 Lo ‘spazio chiuso’: casi studio per esperienze
soggettive
2.6 Lo ‘spazio chiuso’: casi studio per esperienze
condivise
2.7 Lo ‘spazio aperto’: casi studio per esperienze
soggettive
2.8 Lo ‘spazio aperto’: casi studio per esperienze
condivise
2.9 Lo spazio urbano: casi studio
3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio
alla costruzione del modello
3.1 L’impostazione generale
3.2 L’articolazione della sperimentazione
3.3 Il progetto della città universitaria e il “quadrato piacentiniano”
3.4 La costruzione del modello. Dal controllo
metrico-geometrico alla resa percettiva
4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5D:
il Panorama sferico e il Tour Virtuale
4.1 Il panorama sferico statico
4.1.1 Proiezioni equirettangolari e cubiche
5
5
5
6
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4.1.2 Realizzazione di panorami sferici statici
e virtual tour
4.2 Il panorama sferico dinamico
4.2.1 Il panorama dinamico come sviluppo
dei panorami multi immagine
4.2.2 Realizzazione di panorami sferici dinamici
4.3 La fruizione off/online e l’orientamento dei
panorami
5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D:
la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione
3D stereoscopica
5.1 La Prospettiva dinamica interattiva
5.1.1 Dal modello al real time
5.1.2 La costruzione del modello navigabile
real-time.
5.2 La navigazione 3D stereoscopica
5.2.1 La realizzazione del modello immersivo
navigabile
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114
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34
6.0 Integrazione dei modelli navigabili per un’applicazione per dispositivo mobile
6.1 APP nativa e web APP
6.2 Il progetto dell’applicazione
123
123
124
47
47
49
Conclusioni
133
Bibliografia
139
Abstract
147
50
54
75
75
77
1.0 Introduzione
Michela Ardito
1.0 Introduzione
1.1 Inquadramento generale della ricerca
Il contesto delle riflessioni da cui è originata la tesi è quello
delle applicazioni dell’Information Communication Technology al Patrimonio Culturale, in particolare nel segmento che
vede l’innovazione tecnologica quale veicolo attivo e intelligente per la comunicazione dei Beni Culturali attraverso la
costruzione di percorsi esperenziali e partecipativi.
Negli ultimi anni, infatti, è stata sempre più sentita l’esigenza
di favorire l’accesso alla conoscenza del Patrimonio Culturale da parte di fasce ampie di utenti e in questa direzione si
è operato per individuare nuove strategie e modalità per la
comunicazione del Patrimonio.
Una nuova attenzione alla “comunicazione” da cui sono derivate diverse esperienze e ricerche centrate sul rinnovamento
dei modi e delle forme di offrire la conoscenza sul Bene Culturale e che in parte hanno messo in crisi i modi più “tradizionali” della comunicazione culturale.
coscrivere l’ambito di interesse della tesi, è stato adottato un
particolare caso studio, il progetto di Marcello Piacentini del
1935 per la Città Universitaria di Roma. La particolarità del
caso studio ha permesso di orientare la ricerca nella direzione
delle possibili applicazioni in un segmento applicativo non
troppo usuale, quello dello spazio aperto e in particolare dello
spazio urbano.
Nel segmento dei beni architettonici e dello spazio urbano
si ritiene infatti che una corretta comunicazione non possa
che partire dalla riproposizione dello spazio tridimensionale
che diviene così “scena digitale 3D”, una modalità di accesso
ai contenuti culturali che agisce attraverso il coinvolgimento
sensoriale ed emozionale, costituendosi come valore aggiunto per la comunicazione e la fruizione (fig. 1).
A partire da tale contesto generale, la tesi ha però approfondito le questioni teoriche e sperimentali secondo un orizzonte
disciplinare, riflettendo sulle possibilità offerte dalle tecnologie visuali per la simulazione dello spazio al fine di proporre
“rappresentazioni” attraverso cui realizzare una comunicazione accessibile, partecipata e coinvolgente dei Beni Culturali.
Il fulcro di interesse della tesi è perciò relativo all’approfondimento disciplinare dei “modelli” per la comunicazione e
valorizzazione del Patrimonio Culturale. Il punto di vista
adottato nella tesi è stato quello di indagare il segmento dei
modelli digitali navigabili, proponendo diverse esperienze di
fruizione e visita dei Beni Culturali ma sempre a partire dalle
diverse declinazioni di un modello tridimensionale.
1.2 Obiettivo della ricerca
Nel quadro delle riflessioni appena accennate, per meglio cir-
1/ Inserimento del modello 3D costruito tramite il materiale iconografico del ‘35, sulla planimetria dell’arch. M Piacentini del 1935
5
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
L’intenzione principale delle sperimentazioni della tesi è dunque quella di riproporre ai possibili visitatori uno tra i progetti urbani più impegnativi, per dimensione e per destinazione
d’uso, condotto a termine in soli tre anni dal regime fascista. Un esempio che è certamente importante testimonianza
dell’architettura degli anni ’30 in Italia e della volontà di conciliare la modernità con la tradizione attraverso l’adozione di
un linguaggio “semplificato” fatto di pure masse e volumi ed
elementi decorativi astratti e asciutti.
Se ad uno sguardo superficiale può apparire che la Città Universitaria non abbia subito rimaneggiamenti, invece un’analisi più attenta dimostra come le necessità d’uso abbiano
introdotto significative modificazioni degli spazi e dei volumi, con aggiunte e superfetazioni di fabbricati, sostituzioni di
manufatti, diversa viabilità, sostituzione dell’impianto vegetazionale, ecc (figg. 2, 3).
Da tale constatazione, si è deciso di assumere quale caso studio non lo stato attuale ma il progetto e in particolare l’autentico fulcro dell’intero progetto, ovvero la vasta piazza della
Minerva, disposta trasversalmente all’asse del viale che ha
inizio dall’ingresso monumentale, la cui forma rettangolare
viene definita dagli edifici che vi si affacciano.
La tesi ha dunque orientato secondo questi intendimenti generali le sperimentazioni e le applicazioni sono perciò state
3/ Fotografia del 1935, cortile interno Scuola di Matematica
(da archivio Storico Sapienza)
condotte a partire dalla formulazione di ipotesi tridimensionali ricostruttive dell’unità figurale del cosiddetto “quadrato
piacentiniano”, con l’obiettivo di concorrere al miglioramento della leggibilità stessa del Bene.
Tali sperimentazioni sono più in generale riferibili all’ambito
denominato “restauro virtuale” dove le simulazioni digitali
sono vere e proprie “reintegrazioni digitali” da formularsi
sulla base di attente ipotesi storico-critico-estetiche condotte
in modo da corrispondere alle due istanze, quella storica e
quella estetica, che secondo la definizione di Cesare Brandi
insieme concorrono a qualificare un’opera d’arte.
Una storia che può essere rintracciata, ricostruita e narrata a
partire soprattutto dai disegni di progetto e che solo in questo
modo potrà essere comunicata anche agli utenti ‘non esperti’.
1.3 Articolazione della ricerca
Con riferimento al quadro e agli obiettivi generali, la ricerca
si è articolata in tre fasi principali.
2/ Fotografia dello stato attuale, cortile interno Scuola di Matematica (da archivio Storico Sapienza)
6
La prima fase è stata finalizzata alla definizione dello stato
dell’arte nel segmento degli applicativi tecnologici per la comunicazione e valorizzazione del Patrimonio Culturale, analizzando nel dettaglio alcuni prodotti ritenuti maggiormente
significativi.
1.0 Introduzione
Michela Ardito
In particolare questa ricognizione è stata orientata con riferimento innanzitutto al tipo di fruizione/oggetto (se in uno
spazio chiuso o in uno spazio aperto) e al tipo di esperienza proposta agli utenti (se soggettiva o se condivisa); poi si
è soffermata soprattutto su quelle applicazioni rivolte nello
specifico allo spazio urbano in quanto maggiormente coerenti
con l’ambito della tesi.
Una ricognizione che ha preso le mosse da alcune brevi riflessioni sui dispositivi tradizionali della comunicazione,
concentrandosi su due tipologie principali distinte per qualità
dello ‘spazio’, ovvero il museo, uno spazio chiuso dove la
fruizione del Bene Culturale è sradicata dal contesto originario, e le guide e le mappe turistiche, interfacce attraverso cui
l’utente è guidato nello ‘spazio aperto’ per la fruizione del
Bene Culturale (figg. 4 - 6).
La seconda fase della ricerca ha avuto al suo centro il caso
studio, il progetto del quadrato piacentiniano.
La fase è stata indirizzata alla ricerca delle informazioni necessarie per la costruzione del modello tridimensionale digitale in modo da basarlo su informazioni puntuali e rigorose
ricavate dallo stato di fatto e soprattutto dalla documentazione storica. Con relazione a quest’ultimo punto, i principali
documenti assunti, e che hanno consentito di corrispondere
4/ Museo delle pure forme, Museo dell’Opera del Duomo, Pisa.
Galleria virtuale di sculture digitali esplorabili grazie alle tecnologie indossabili.
Esempio di applicazione tecnologica fruibile nello “spazio chiuso”
per esperienza soggettiva.
5/ Installazione per il concorso Youtube Play, Museo Guggenheim &
You Tube, 2010, New York. Proiezioni di video realizzati ad hoc da
artisti di tutto il mondo.
Esempio di applicazione tecnologica fruibile nello “spazio aperto”
per esperienza condivisa.
all’istanza storica come definita da Cesare Brandi, sono stati
soprattutto quelli storico-iconografici, in particolare i disegni
di progetto, comunque integrati da puntuali ricerche bibliografiche, da cui sono state derivate le fondamentali notizie
cronologiche.
Relativamente ai materiali storico-iconografici le fonti principali sono state l’Archivio Storico della Sapienza, l’Archivio cinematografico dell’Istituto Luce e il fascicolo speciale
che la rivista “Architettura” dedica alla città universitaria nel
1935.
Sulla base delle documentazioni iconografiche reperite, soprattutto i disegni di progetto e le diverse foto d’epoca, dai
confronti derivati da numerosi sopralluoghi sono emerse alcune significative differenze tra lo stato attuale della piazza e
quello del 1935 (figg. 7, 8).
Purtroppo, in alcuni casi, non è stato possibile identificare
con assoluta certezza la consistenza dei cambiamenti avvenuti, sia per l’impossibilità di reperire la necessaria e corretta
documentazione e sia perché tali modifiche sono avvenute
reiterando forme e tecniche costruttive simili a quelle originali.
7
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
menti operativi, ha avuto come obiettivo generale quello di
proporre esperienze di “visita virtuale” al progetto del quadrato piacentiniano. A tale scopo sono state esplorate diverse applicazioni per differenti tipologie di “modelli visuali
navigabili”, dapprima inquadrandole rispetto alle questioni
scientifico-disciplinari e poi successivamente analizzate nei
loro essenziali passaggi procedurali.
6/ APP NERVAR, Giovanni Murru, Roma.
Rintracciato l’oggetto sulla mappa, si utilizza la tecnologia della
realtà aumentata per visualizzare la ricostruzione 3D. Essa può funzionare per “riconoscimento di forma” o tramite segnale GPS.
Esempio di applicazione tecnologica fruibile nello spazio urbano
Nonostante la consistenza del materiale iconografico, in alcuni casi i disegni esecutivi del progetto non erano comunque
esaustivi per una completa costruzione tridimensionale degli
edifici. In questi casi le lacune sono state integrate grazie alle
fotografie storiche reperite, da cui sono state desunte quelle
ulteriori informazioni per una ricostruzione di massima che
ha permesso di approntare il modello generale con un’attendibilità coerente ad una scala di rappresentazione di 1:200
(fig. 9).
La terza fase della ricerca è stata dedicata alla verifica sperimentale delle possibilità offerte dalle tecnologie visuali per la
simulazione dello spazio al fine di proporre “rappresentazioni” attraverso cui realizzare una comunicazione accessibile,
partecipata e coinvolgente dei Beni Culturali.
Il complesso delle sperimentazioni, articolato in diversi mo-
8
Il primo momento operativo delle sperimentazioni è stato
indirizzato alla costruzione del modello tridimensionale digitale basandolo sulle informazioni puntuali ricavate dallo
stato di fatto e dalla documentazione storica. A partire da tali
informazioni, del caso studio è stato possibile ripercorrere il
processo storico e darne una lettura interpretativa, per formulare un’ipotesi tridimensionale ricostruttiva del “progetto del
quadrato piacentiniano”. In particolare dall’interpretazione
dei diversi disegni di progetto è derivata l’individuazione delle principali geometrie generatrici compositive e delle maglie
strutturali che, una volta verificata la coerenza con le realizzazioni, ha consentito di orientare la modellazione.
Infine ci si è dedicati alla resa percettiva dei modelli in modo
da corrispondere all’istanza estetica come definita da Cesare
Brandi. Coerentemente con l’interpretazione storico-critica
sono stati fissati i trattamenti delle superfici dei modelli e degli spazi urbani, derivandoli dall’interpretazione dei disegni
di progetto (fig. 10).
L’ultimo momento ha riguardato le applicazioni di diversi
“modelli visuali navigabili” proponendo differenti percorsi
culturali per la “visita” del Bene, fruibili in presenza e non,
secondo diversi livelli di interattività e/o immersività. Punto
di partenza delle diverse applicazioni è stato il “modello tridimensionale”, via via integrato e sperimentato per diversi
ambienti. In particolare le applicazioni propongono l’esplorazione delle ricostruzioni digitali dei progetti dei casi studio
sperimentando:
- il panorama sferico statico, ovvero un modello digitale da
cui sono derivate rappresentazioni panoramiche e virtual tour
navigabili a 360° ma solo da punti di vista prefissati, dunque
fruibili in modo discreto e discontinuo (figg. 11, 12);
- il panorama sferico dinamico, ovvero un modello digitale da
cui sono derivati video panoramici navigabili a 360° da più
punti di vista e percorsi scelti dagli utenti, dunque fruibili con
1.0 Introduzione
Michela Ardito
7/ Prospettiva verso la Facoltà di Mineralogia e Geologia, soluzione 1933. (da Archivio storico “Sapienza”)
8/ Fotografia del 1935. (da Archivio storico “Sapienza”)
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
9/ Modello matematico di Piazza della Minerva e degli edifici che vi affaciano, approssimabile alla scala di rappresentazione 1:200
maggiore interazione e fluidità rispetto ai panorami sferici dinamici (fig. 13),
- la prospettiva dinamica interattiva per la navigazione in
real-time del modello digitale, che consente un’elevata interazione con lo spazio ricostruito potendolo esplorare in modo
fluido e continuo (fig. 14),
- la prospettiva dinamica sia interattiva e sia immersiva che
consente un’esperienza per così dire totalizzante (fig. 15).
Infine, l’ultimo step delle sperimentazione è stato dedicato
alla proposta di un’integrazione dei modelli navigabili attraverso la predisposizione di un’applicazione per dispositivi
mobili (fig. 16).
In conclusione la ricerca condotta con la tesi ha inteso offrire
il suo contributo al settore che vede nell’innovazione tecnologica digitale un’opportunità di veicolare la comunicazione
dei Beni Culturali attraverso la costruzione di strumenti per
la fruizione di visite ed itinerari cognitivamente ed emozionalmente coinvolgenti nel rigoroso rispetto delle coordinate
10/ Rendering del modello, vista dal centro di piazza della Minerva verso la Facoltà di Mineralogia e Geologia
10
1.0 Introduzione
Michela Ardito
13/ Fermo immagine del panorama sferico dinamico nel player dedicato.
11- 12/ Immagine equirettangolare utilizzata per realizzare panorami sferici statici. Istantanea di navigazione nel web.
scientifiche della Rappresentazione e del Disegno che hanno
orientato l’utilizzo delle tecnologie digitali. L’intero lavoro è
stato infatti fondato sulla scommessa di costruire, in un continuo di relazione tra presupposti teorici e soluzioni applicative
pratiche, un sistema comunicativo finalizzato ai Beni Culturali immediato e coinvolgente, ancorato alle consolidate basi
teoriche ereditate dal passato e al tempo stesso proiettato verso le innovazioni tecnologiche di un presente sempre aperto
alle suggestioni del futuro.
14/ Navigazione real-time del modello digitale, vista di piazza della Minerva con fontana e statua
11
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
Nella fiducia che, seppur minimo, il contributo offerto possa
servire da stimolo ad ulteriori studi e sperimentazioni tecno-
logiche nel settore informatico relativo ai Beni culturali.
15/ Navigazione stereoscopica real-time del modello digitale tramite Google Cardboard per una visualizzazione ancora più immersiva e
coinvolgente dello spazio.
16/ Simulazione della proposta di integrazione dei modelli navigabili attraverso la predisposizione di un’applicazione per dispositivi mobili
12
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
Michela Ardito
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e
nuove tecnologie
Negli ultimi anni è stata sempre più sentita l’esigenza di favorire l’accesso alla conoscenza del patrimonio culturale da
parte di fasce sempre più ampie di utenti e in questa direzione
si è operato per individuare “nuove strategie di promozione e
comunicazione del patrimonio, per far sì che la sua frequentazione diventi un’abitudine consolidata di molti”1.
Strategie che rafforzano il concetto stesso di “bene culturale”
come fu definito nel 1967 dal Rapporto della Commissione
Franceschini che ampliò il campo di interesse del patrimonio
culturale per ricomprendere ogni “testimonianza materiale
avente valore di civiltà”2. Un punto di vista assolutamente
nuovo, che metteva al centro dell’interesse non più i valori
estetici, ma quelli storici, non tanto l’oggetto materiale quanto il valore culturale che il bene rappresentava3.
Secondo questa definizione di bene culturale era infatti già
allora la funzione sociale4, da cui derivava la necessità della
più estesa ed effettiva fruizione da parte della collettività del
valore culturale da questo custodito5. Per questo già allora
il Rapporto fissava alcuni “diritti” sui beni culturali: quello
all’informazione – da attuare attraverso la pronta comunicazione nelle forme più idonee ai fini scientifici6 - e quello alla
conoscenza culturale e al godimento - da realizzare secondo
quelle forme ritenute maggiormente adeguate7.
Negli ultimi anni, dunque, da questa nuova attenzione alla
“comunicazione” sono derivate diverse esperienze e ricerche
centrate sul rinnovamento dei modi e delle forme di offrire la
conoscenza sul bene culturale. In particolare, in seguito allo
sviluppo delle tecnologie digitali, e dei media di informazione più in generale, anche l’Amministrazione del MIBACT ha
sentito la necessità di un “confronto con le molteplici forme
di comunicazione presenti nella società contemporanea che
(…) stanno rivelando nuove e stimolanti potenzialità e campi
di applicazione sempre più diversificati”8.
Molte tra queste esperienze e ricerche sulle possibili applicazioni dell’ICT al patrimonio culturale hanno di fatto messo
in crisi i modi della comunicazione culturale che è possibi-
le definire come “tradizionali”. In questo contesto, prima di
procedere nella tesi, si è sentita la necessità di una seppur
sintetica ricognizione nel segmento degli applicativi tecnologici per la comunicazione e valorizzazione del patrimonio
culturale, analizzando nel dettaglio alcuni dei prodotti ritenuti
maggiormente significativi.
In particolare questa ricognizione è stata utilmente orientata
con riferimento innanzitutto al tipo di fruizione/oggetto (se in
uno spazio chiuso o in uno spazio aperto) e al tipo di esperienza proposta agli utenti (se soggettiva o se condivisa); poi
si è soffermata soprattutto su quelle applicazioni rivolte nello
specifico allo spazio urbano in quanto maggiormente coerenti
con l’ambito della tesi, che è indirizzato all’approfondimento
dei “modelli digitali navigabili” per la comunicazione e valorizzazione dello spazio urbano quale segmento del patrimonio culturale.
Una ricognizione che ha preso le mosse da alcune brevi riflessioni sui dispositivi tradizionali della comunicazione,
concentrandosi su due tipologie principali distinte per qualità
dello ‘spazio’, ovvero il museo, uno spazio chiuso dove la
fruizione del bene culturale è sradicata dal contesto originario, e le guide e le mappe turistiche, interfacce attraverso cui
è l’utente è guidato nello ‘spazio aperto’ per la fruizione del
bene culturale.
2.1. Dispositivi per lo ‘spazio chiuso’: il museo
Diverse le voci autorevoli che hanno argomentato la “critica al museo tradizionale”, quello originatosi a partire dalla
seconda metà del XVIII secolo, espressione di una tensione
verso il sapere enciclopedico, luogo in cui le opere sono disposte secondo una concezione tassonomica – nomenclativa.
Dalla prima più nota di Paul Valery, che sottolineava come le
“idee di classificazione, di conservazione e utilità pubblica,
che sono giuste e chiare, hanno pochi rapporti con le delizie”9, alle più recenti, ma altrettanto note, di Umberto Eco10,
13
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
Carlo Ludovico Ragghianti11, Francesco Antinucci12, Paolo
Galluzzi13.
Secondo tali condivisibili critiche al museo tradizionale, nel
museo il corredo di informazioni e di conoscenze indispensabili per comprendere appieno l’opera, nelle sue relazioni con
l’artista e con il contesto da cui è stata originata, è assente e
così l’opera d’arte decontestualizzata non può essere compresa se non dagli addetti ai lavori.
L’opera d’arte spesso è trasformata in mero “feticcio”, mentre
una folla di oggetti giustapposti propone una sorta di estetica
dell’abbondanza14, e il godimento estetico dell’opera d’arte
diviene privo di significato. Oppure, all’opposto il valore
estetico finisce per l’essere addirittura travisato, con le opere
utilizzate come ornamenti al museo così da incentivare l’istituzionalizzazione dello stesso fino a teorizzare l’idea che il
contenitore sia di per sé più affascinante del contenuto, dove
un caso esemplare è rappresentato dal museo Guggenheim di
Bilbao (fig.1).
In opposizione al museo enciclopedico tradizionale, ci sono
alcuni pochi esempi di allestimento museale dove, attraverso
l’integrazione con copie o restituzioni, all’utente è proposta
la possibilità di una approfondita lettura del bene e anche
un’immersione nell’opera stessa, ristabilendone la corretta
comunicazione del bene e recuperandone il significato originario.
Esperienze più che note sono quelle ad esempio offerte nel
Pergamonmuseum a Berlino, dove alloggiano le ricostruzioni
1/ Museo Guggenheim, F.O. Gehry, Bilbao
14
dell’altare di Zeus (altare di Pergamo), la porta del mercato
di Mileto, la Porta di Ischtar con la strada delle processioni di
Babilonia e la facciata di Mschatta, ecc. Le ricostruzioni su
scala reale attorniate da ampi spazi per ammirare i manufatti
simulano una convincente restituzione spazio-temporale, rendendo l’esperienza del visitatore più coinvolgente ed emozionante (figg. 2, 3).
È evidente che allestimenti del genere oggi sarebbero non più
proponibili, ma certamente il tema della “copia” dell’oggetto
d’arte potrebbe essere indagato e sperimentato con riferimento alle possibilità offerte dalla tecnologie per la realtà virtuale.
A questo proposito sono di assoluta rilevanza le riflessioni
proposte da Francesco Antinucci, il direttore di ricerca all’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR,
che parla di un processo di comprensione e lettura dell’opera
dovuto dall’impiego del “solo apparato senso-motorio”15. Si
tratta di una modalità attraverso cui avviene l’apprendimento
umano, caratterizzata dalla percezione della realtà e dall’azione su di essa; una modalità in larga misura inconscia e naturale che consente una conoscenza interiorizzata e duratura,
anche se difficilmente dichiarabile16.
Diversi studi hanno dimostrato quanto la conoscenza possa
essere facilitata attraverso l’esperienza diretta ovvero attraverso l’interazione attiva con la realtà, perché in questo modo
“l’individuo non si limita a osservare passivamente la realtà
come si presenta spontaneamente ma compie azioni che la
modificano e ne osserva gli effetti. Si sposta per guardare le
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
Michela Ardito
2/ Ricostruzione altare di Zeus, Pergamonmuseum, Berlino
non solo a conoscere la realtà ma anche a capirla”17.
Ovviamente in un museo che ricorresse ad esperienze di realtà virtuale, questa modalità di conoscenza potrebbe essere
amplificata grazie ad ausili tecnologici che permettono di indagare la “copia” virtuale secondo un linguaggio narrativofilmico che, in abbinamento ad una reintegrazione e ricollocazione spazio-temporale dell’opera, ne permetterebbe una
corretta comunicazione e comprensione.
Il museo enciclopedico tradizionale si trasforma così in museo “manuale”18 dove l’esperienza diretta con l’opera è sostenuta da processi narrativi educativi coinvolgenti. Lo spazio chiuso acquisisce diversi caratteri connotati e lo spazio
museale ri-acquisisce le antiche competenze. Oltre a studiare
e conservare, comunica e ripropone la sua più originaria funzione educativa consentendo all’utente, totalmente immerso e coinvolto in un’esperienza senso-motoria, di godere di
un’efficace e profonda conoscenza del bene culturale.
2.2. Dispositivi per lo ‘spazio aperto’: guide e mappe
3/ Ricostruzione porta di Ischtar, Pergamonmuseum, Berlino
cose da vari punti vista, le tocca, le muove, le apre per guardarci dentro, le misura, le manipola direttamente con le sue
mani e con ogni sorta di strumenti, apparecchi, sostanze. La
conoscenza e soprattutto la comprensione che ottiene in questo modo attivo è molto superiore, sia per quantità sia per
qualità, a quella che otterrebbe limitandosi a osservare la realtà. Dal punto di vista quantitativo, agendo su di essa l’individuo ne scopre aspetti che gli rimarrebbero nascosti e sconosciuti se si limitasse a osservarla senza fare nulla. Dal punto
di vista qualitativo, osservando in che modo la realtà risponde
alle sue azioni variate sistematicamente, riesce a individuare
i meccanismi e i processi sottostanti ai fenomeni, cioè impara
All’estremo opposto dello spazio museale, sono le guide, con
le correlate mappe, tradizionali dispositivi per la comunicazione di un particolare segmento del patrimonio culturale,
ovvero lo spazio costruito, in particolare quello urbano. Dispositivi che consentono al fruitore di scegliere il percorso di
conoscenza attraverso la costruzione di un itinerario, anche
personalizzato, cioè di realizzare una visita attraversando lo
spazio costruito.
Le guide di viaggio appartengono ad uno specifico e particolare genere, quello della letteratura da viaggio e poi turistica,
che inizia a sistematizzarsi a partire dalla fine del XVI secolo. In questo periodo infatti parallelamente ad una crescente
passione per i viaggi, anche intesi come forma di educazione
irrinunciabile per i giovani borghesi, le guide si moltiplicano
arricchendosi via via di dati anche pratici, come ad esempio
nel caso della “Romae Gallus hospes ...” di Ludovicus Demontiosius (Louis de Montjosieu; 1585) probabilmente la
prima guida di Roma ad uso degli stranieri che forniva anche
indicazioni igieniche dettagliate.
In un primo tempo queste guide sono propriamente prodotti letterari, dove l’autore descrive in prima persona la sua
esperienza di viaggio fornendo così notizie e aneddoti sui
monumenti e sulle opere ma da un punto di vista del tutto
15
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
personale; via via si strutturano proponendo itinerari di visita
più articolati e percorsi più oggettivi. Già nel XVIII secolo
molte città d’Italia sono descritte da una guida, le descrizioni
sono estese e puntuali, come ad esempio nella “Una grande
Guida d’Italia”, divisa in tre volumi e pubblicata a Lipsia da
J. J. Volkmann tra il 1770 e il 1771, compagna di viaggio di
Goethe nel suo lungo viaggio in Italia.
Se al tempo del Grand Tour le guide che accompagnavano
il borghese nel viaggio istruttivo erano dunque più che altro
diari e rapporti, con la nascita del turismo di massa databile
a partire dalla prima metà del XIX secolo, fenomeno favorito
anche dallo sviluppo dei mezzi di locomozione, le guide si
trasformano profondamente. Tra le prime “guide turistiche
moderne” si annoverano così le inglesi Murray (edite fin dal
1836) e le tedesche Baedecker (editate fin dal 1828, ma diffuse ampiamente solo alla fine degli anni ‘30 dell’800) e, infine,
a partire dal 1914, le “Guide Rosse” editate dal Touring, per
i soci del “Touring club turistico” italiano fondato nel 1894 a
Milano da Luigi Vittorio Bertarelli19.
Diversamente da tutti i prodotti precedenti, le guide turistiche
moderne “presentano alcuni caratteri peculiari che, distinguendole dalla precedente e ampia produzione della letteratura da viaggio, consentono di inquadrarle in uno specifico
genere. Tra tali caratteri vi è innanzitutto una grafica riconoscibile utile fin anche all’identificazione “fisica” del volume,
rintracciabile ad esempio nel colore della copertina, nel formato, nei caratteri tipografici, ecc.. Poi altro elemento comune è nelle funzioni cui le guide debbono assolvere che sono
essenzialmente quello pratico e quello conoscitivo. Funzioni
che si dispiegano secondo due distinti piani di lettura, paralleli ma sempre coesistenti.
Si tratta dunque di compendi di viaggio che accolgono esposizioni dettagliate di località turistiche, monumenti e siti di
interesse culturale e descrizioni altrettanto puntuali riguardo
all’arte, all’architettura, alla natura e alle tradizioni. Nello
stesso tempo contengono molte informazioni di tipo pratico,
sulle strade ritenute più sicure, sui mezzi di trasporto, sulle possibilità di alloggio e di ristoro, ecc. Strumenti dunque
attraverso cui appagare il desiderio di approfondire le conoscenze sui luoghi e dove rintracciare le informazioni utili alla
concreta organizzazione del viaggio. Nuovi dispositivi che
emancipano il grande pubblico consentendogli di affrontare
individualmente e in modo autodiretto il proprio viaggio”20.
16
Prodotti che si contraddistinguono per l’autorevolezza delle
case editoriali, per l’abbondanza dei contenuti e l’esattezza
delle informazioni rese facilmente fruibili anche per il corredo di un’ampia documentazione cartografica.
In qualche senso è dunque possibile pensare alle guide turistiche moderne come trasformazione oltre che del genere letterario sul viaggio anche a quello degli “itinerari” propriamente
detti, dove nell’antichità classica e cristiana l’itinerario era
uno scritto di carattere pratico, un vademecum per viaggiatori
e pellegrini che riportava i nomi delle città e delle stazioni di
tappa con le indicazioni delle distanze intermedie. Oltre ai più
noti itinerari romani (tra cui i più noti dell’Itinerarium Antonini e la Tabula Peutingeriana, che indicavano le stazioni e le
distanze tra le località poste sulle diverse strade dell’Impero
romano, il primo in forma di registro e il secondo in forma
di mappa), anche i celebri itinerari per i pellegrinaggi in Terra Santa e ai luoghi sacri del cristianesimo (tra cui quelli in
forma di racconto come l’Itinerarium Burdigalense, da Bordeaux a Gerusalemme, e la Peregrinatio Aetheriae e quelli in
forma grafica come la cosiddetta Cosmografia dell’Anonimo
Ravennate, che seppur grafica è comunque ancora una lista
ragionata).
La prima funzione dei prodotti editoriali definibili “guide moderne” è comunque quello di guidare il turista nel momento
in cui si accinge ad affrontare il viaggio. Come afferma Algirdas Greimas21 la guida è il mezzo, l’aiutante, di cui il lettore
può servirsi per raggiungere il suo “oggetto del desiderio”,
ovvero la conoscenza o l’incontro con il luogo di interesse.
Una regione, un’area geografica, una città, una località, vengono descritte attraverso un testo in modo che possano essere
presentate al lettore che desidera incontrarle.
Le guide turistiche, nella loro funzione descrittiva dei luoghi si pongono quindi come rappresentazione letteraria dello
spazio e rispondono a cinque scopi principali: presentare lo
spazio, informare sul luogo, coinvolgere emotivamente, costruire l’immagine del luogo, spingere alla visita (fig. 4).
L’itinerario è invece un percorso che si segue o s’intende seguire in un viaggio, comprendente per lo più un certo numero
di tappe redatte in base al tema dell’itinerario stesso, sia esso
culturale, paesaggistico, storico o altro. Gli itinerari sono mirati, diversificati, tematici. Ogni itinerario è solitamente corredato da mappe per lo più schematiche che hanno la funzione di orientare il turista ed indicare in successione i luoghi da
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
Michela Ardito
4/ “Cina”, Guida turistica a cura dell’Amministrazione Nazionale del Turismo della Repubblica Popolare Cinese
(da http://www.turismocinese.it/)
visitare lungo il percorso.
L’itinerario presuppone quindi una selezione in base ad una
scelta precisa e la sua funzione è accompagnare il visitatore in
uno spazio sconosciuto secondo un ordine tematico spaziale
proponendo la visita dei siti lungo il percorso secondo coordinate di tipo geografico (fig. 5).
Le mappe tradizionali, utilizzate nella guida alla visita turistica del territorio o dello spazio urbano, presentano indicazioni
e informazioni filtrate e finalizzate ad una facile lettura e fruizione dell’utente che ha necessità di spostarsi in tempi brevi e
attraverso percorsi funzionali alla visita da effettuare.
Le mappe turistiche subiscono quindi diversi gradi di semplificazione in base alla destinazione d’uso. I tratti caratterizzanti di queste semplificazioni sono il colore non realistico
che sottolinea e distingue per parti lo spazio, l’orientamento
della mappa o la locazione dei singoli monumenti in posizione pseudo prospettica o pseudo assonometrica per facilitare
la lettura immediata del viaggiatore, le dimensioni sproporzionate dei punti di rilievo della mappa per renderli ricono-
scibili al primo sguardo e, infine, la schematizzazione della
viabilità, come l’esempio della mappa della metropolitana o
dei percorsi dei mezzi pubblici (figg. 6-12). La mappa quindi si modifica in relazione alle differenti destinazioni d’uso
rimanendo comunque un oggetto con funzionalità e scopi dinamici molto più simile alla guida che all’itinerario per la
sua vocazione di presentare interamente lo spazio urbano in
esame al visitatore senza limitarlo nelle scelte da operare.
In ultima analisi si possono immaginare la mappa e la guida
tradizionali come strumenti a schema libero, dove l’utente
può leggere, consultare e muoversi in ogni direzione desiderata all’interno dello spazio scelto. Al contrario l’itinerario è
assimilabile ad uno schema in linea retta dove le estremità indicano il punto di partenza e di arrivo del percorso. Il fruitore
è vincolato ad un sistema che egli stesso ha scelto selezionando una porzione di spazio.
Recentemente la tecnologia digitale ha stravolto il modo di
fruire lo spazio dei beni culturali. Sono nati nuovi tipi di discorso turistico, strategie narrative più consone al linguaggio
17
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
5/ Itinerario della via Appia Antica, Brochure del sito turistico ufficiale di Roma (da http://www.turismoroma.it/)
6/ Mappa turistica di Roma cristiana (da http://mapparoma360.it/)
7/ Mappa di Roma con fasce di salvaguardia ambientale
(da http://www.cinquequotidiano.it/)
18
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
Michela Ardito
8/ Mappa turistica generale di Roma (da http://www.turismoroma.it/)
9/ Mappa turistica di Parigi, Arrondissements e Monumenti
(da http://www.thinglink.com/)
10/ Mappa delle linee metropolitane di Roma
(da http://www.turismoroma.it/)
19
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
11/ Mappa turistica di Barcellona pseudo prospettica
(da http://digilander.libero.it/)
commenti da condividere.
Tablet e smartphone sono entrati nella vita di tutti perché
economici, popolari, semplici ed immediati nell’uso, trasformando anche guide, mappe ed itinerari in strumenti digitali
on-line dinamici ed implementabili, in grado di permettere
una fruizione più interattiva e immersiva dello spazio.
Il possibile rischio che la ricchezza di stimoli e pluralità di
azioni contemporanee, rese possibili dalla recente tecnologia
digitale, metta a repentaglio una sana e corretta comunicazione dello spazio si annulla nella misura in cui non si permette
alla tecnologia utilizzata per la comunicazione di ricoprire
un’importanza maggiore del contenuto comunicativo stesso,
cioè di quel processo educativo coinvolgente che conserva un
adeguato ed esaustivo corredo di informazioni e di conoscenze interne al luogo stesso e che da sempre si configura come
la narrazione del luogo.
2.3. La comunicazione dei beni culturali tra design dell’esperienza e Digital Heritage
12/ Mappa del parco giochi “Magic Rainbow” di Roma
(da https://www.magicland.it/)
del Web e, in modo particolare, dei dispositivi mobili consultabili anche in tempo reale durante il viaggio o la visita.
Le case editrici di guide turistiche pubblicano molti dei loro
prodotti cartacei anche in versione e-book. Dal mondo anglosassone si è inoltre diffusa la moda di pubblicare blog
per condividere le proprie esperienze di viaggio, il mondo
dell’informatica propone sempre più specifiche applicazioni
per tablet e smartphone dedicate al turismo culturale e specifici social network per scambio di informazioni, consigli,
20
Nell’affrontare una disamina delle applicazioni tecnologiche
ai beni culturali, data la vastità delle esperienze e dei prodotti sul mercato, si è scelto di optare non tanto in relazione
alle caratteristiche tecnologiche, ma in relazione al tipo di
esperienza offerta. Premessa necessaria all’analisi dei diversi
casi studio è dunque stata comprendere il tipo di fruizione
del bene culturale o, secondo quanto di recente consuetudine,
comprendere il design dell’esperienza sotteso22.
Infatti se fino a pochi decenni fa l’industria culturale-creativa
era orientata ad impiegare ‘beni materiali’ per produrre altri
‘beni materiali’ da immettere nel mercato (libri, dischi, merchandising museale o più in generale turistico, ecc..), in tempi
più recenti, grazie alle nuove tecnologie per la comunicazione, un segmento significativo della produzione è indirizzato
alla progettazione e realizzazione di ‘beni immateriali’, dunque artefatti comunicativi più che prodotti, caratterizzati da
una sostanziale capacità evocativa e da un forte valore simbolico.
Nel segmento della comunicazione del patrimonio culturale
da questi nuovi orientamenti sono derivate progettazioni di
‘prodotti immateriali’ incentrati sulla “narrazione”. La ricerca di una forma narrativa ed interattiva “calda” integrata ad
un approccio “autoriale” ha determinato in particolare l’af-
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
Michela Ardito
finamento delle tecniche narrative al fine di proporre storie
più dense e stratificate con cui interagire sensorialmente e di
cui si può fare “esperienza”. Nello specifico si tratta dello
storytelling, una disciplina che costruisce e racconta, secondo
modalità collaborative, eventi reali o fittizi attraverso parole,
immagini, suoni, coinvolgendo contenuti, emozioni, intenzionalità e contesti. L’obiettivo è di realizzare una narrazione
“memorabile” in grado di innescare processi empatici, di stimolare emozioni che rimarranno ancorate al ricordo dell’esperienza, assecondando le tendenze e le attese del fruitore.
Più in generale, poi, è stata coniata la nozione di digital
storytelling, segmento applicativo cui confluiscono anche
strumenti e tecniche per la condivisione e partecipazione di
esperienze, anche personali, nello spazio della rete, tali da
assicurare circuiti relazionali e promozionali della cultura nel
senso più ampio possibile.
Il design dell’esperienza, pertanto, si pone come obiettivo
quello di proporre all’utente un’esperienza memorabile per
‘vivere’ un luogo, una memoria, una tradizione, secondo un
percorso individuale e soggettivo. Questa ‘visita’ individuale
ha perciò bisogno di essere declinata secondo le molteplici
caratteristiche del visitatore, secondo diversi tempi a disposizione, proponendo differenti oggetti e storie da scoprire.
Si tratta perciò di una narrazione dialogante, dove il luogo
è scoperto in base all’unicità del soggetto visitante; dunque
sarà il visitatore a scegliere e personalizzare il suo percorso,
grazie ai dispositivi digitali, dai quali esige la massima soddisfazione emozionale-cognitiva secondo i suoi tempi di visita.
Secondo questi orientamenti è declinato anche un segmento
di applicazioni che vanno sotto il nome di Digital Heritage,
non più legati all’idea tradizionale dell’archivio o alla nozione di comunicazione come trasmissione di informazione. In
questo segmento la comunicazione si trasforma in “produzione di immaginario”23 e l’oggetto culturale è considerato
come “medium”, cioè metafora attiva in quanto ha il potere di
tradurre l’esperienza in forme nuove, come direbbe Marshall
Mc Luhan24. L’esperienza dell’oggetto innesca una disposizione sensoriale e mentale nell’individuo, e la condivisione
verso un processo di apprendimento e di conoscenza personale e collettiva che va a sedimentarsi nella memoria tesa a
rigenerarsi continuamente25.
Secondo questa visuale il Digital Heritage è dunque il complesso delle relazioni che si instaurano tra insiemi di ‘mate-
riali ibridi’, che connettono i beni materiali (oggetti/luoghi
fisici) a quelli immateriali (memorie, tradizioni, emozioni),
e insiemi di ‘attività ed esperienze’, rese possibili attraverso
le tecnologie digitali della realtà virtuale e della rete internet.
Un sistema, quello del Digital Heritage, connotato da una
comunicazione estesa e complessa, perché veloce, condivisa,
ovvero comprensiva di un maggior numero di oggetti e forme
estetiche.
Questa comunicazione presuppone nuovi linguaggi digitali
immersivi che utilizzano gli strumenti narrativi propri delle
forme espressive del romanzo, del cinema, della radio e della
televisione. Secondo questa comunicazione onnicomprensiva e ipermediale si è rinnovato anche il web. Solo fino a
qualche decennio le frontiere immaginabili di internet erano
infatti quelle degli ipertesti, dove si pensava che gli utenti
non avessero più necessità di una ‘storia’ perché sostituita dai
link da cui avrebbero generato cultura e sapere in un sistema
di rimandi emotivi e conoscitivi. Si è invece dimostrata la
necessità di forme, per così dire, tradizionali di conoscenza,
seppur rinnovate e ampliate dai nuovi media. In questo senso si è passati al Web 2.0, rete di applicazioni che permettono l’interazione tra sito web e utenti tramite blog, social
network, chat, ecc. E che ha prodotto reti sociali basate sulle
storie personali, sulla persuasione delle soggettività.
Un nuovo spazio in cui la narrazione persiste come strumento principe per condividere esperienze in comunità e gruppi,
dove l’integrazione di tecniche, software e percorsi di navigazione si basano sull’immediatezza narrativa, e dove gli utenti
si sono trasformati in prosumer26, producer e consumer, ovvero produttori e consumatori di processi conoscitivi.
2.4. Le tecnologie digitali per la comunicazione dei beni
culturali: casi studio
A partire da questa principale visuale, quella del tipo di esperienza offerta, sono stati selezionati alcuni casi studio ritenuti
di un certo interesse perché mettono al centro la “narrazione”
del bene culturale sapendo coniugarla con l’innovazione tecnologica in modo che diventi veicolo attivo e intelligente di
comunicazione.
I casi studio, che vengono di seguito brevemente presentati, sono poi articolati e distinti in relazione alle possibilità di
fruizione, ovvero in relazione alle categorie spaziali cui si è
21
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
fatto cenno nei paragrafi precedenti di ‘spazio chiuso’ e ‘ spazio aperto’, e distinguendo per tipo di esperienza proposta,
ovvero se soggettiva o condivisa, avendo cura, lì dove utile,
di distinguere anche per metodi e tecniche e tipologie di beni
culturali. L’esposizione è poi chiusa da alcune riflessioni che
riguardano le applicazioni delle nuove tecnologie per lo spazio urbano.
In particolare, relativamente allo ‘spazio chiuso’ sono proposte quelle esperienze progettate per le istituzioni museali. Tra
queste quelle che propongono esperienze di tipo soggettivo
sono quelle pensate per essere fruite nello spazio museale
vero e proprio. Si tratta nella maggioranza dei casi di prodotti con funzione educativa, che raggiungono gli obiettivi
della comunicazione culturale miscelando forme più proprie
dell’ambito ludico e dell’intrattenimento. Di norma propongono un’esperienza diretta tra soggetto ed oggetto e stabiliscono un rapporto emozionale soggettivo che si conclude al
termine della visita museale.
Appartengono alla tipologia dell’esperienza condivisa alcuni
casi studio che propongono l’istituzione museale attraverso
il web. Nella maggioranza dei casi in questo segmento non
si può non registrare come le esperienze ricalchino per lo più
le condizioni reali finendo per riproporne tutte le problematicità. Spesso alcune istituzioni culturali italiane presentano
poco più di elenchi digitali, rinunciando a sperimentare formati narrativi più coinvolgenti che garantiscano una corretta
e opportuna ri-mediazione tra bene culturale e fruitore.
Il metodo espositivo appare in gran parte simile a quello tradizionale, con le diverse opere ancora organizzate secondo
microcosmi separati, i percorsi solo interni al museo anche
quando virtuale, le relazioni imprigionate nel ristretto ambito del genere e della disciplina dell’opera esaminata. Spesso
non sono sfruttate appieno neanche le potenzialità dell’ipertestualità e della multimedialità; raramente sono disponibili
esperienze di interazione e la stessa modalità di fruizione e di
esplorazione per lo più reitera gli spazi, le forme e i modi del
mondo reale27. Rarissimi sono in Italia gli esempi che permettono agli utenti di approcciarsi secondo una propria identità
all’interno del sito web dell’istituzione museale, mettendo
al centro le attività dei soggetti come la capacità creativa,
l’aspetto ludico dei videogame, la dimensione cooperativanarrativa dei wiki e dei blog, la dimensione didattica dell’elearning, la dimensione informatica e di condivisione del so-
22
cial tagging28.
Relativamente allo ‘spazio aperto’ i casi studio presentati
sono tra loro molto differenti. Anche in questo caso sono innanzitutto articolati per tipologia di visita proposta: un’esperienza da vivere in modo individuale e soggettivo, e che per
lo più riguardano singoli monumenti, oppure un’esperienza
del bene progettata per essere condivisa, generalmente attraverso siti web, che vanno dalla raccolta di informazioni condivise su mappe virtuali alle installazioni artistiche.
In questo segmento, un ultimo gruppo di casi studio analizzati
e descritti riguarda più da vicino l’ambito della tesi nonché il
“tipo” di oggetto adottato per la parte sperimentale: lo spazio
urbano e gli applicativi tecnologici per la sua comunicazione
e valorizzazione attraverso la proposizione di veri e propri
percorsi turistico-culturali.
In questo segmento sono diverse e apprezzabili le esperienze
che hanno come obiettivo quello di promuovere una maggiore divulgazione e consentire una più ampia fruizione del patrimonio culturale nello spazio urbano con applicazioni per
dispositivi mobili, tablet e smartphone, di uso comune. Applicativi per la valorizzazione e comunicazione del patrimonio
culturale che portano a sintesi tre ambiti specifici di ricerca:
la comunicazione visiva, la rappresentazione per la costruzione, gestione e navigazione di modelli 3D e la multimedialità
in quanto fattore facilitatore della diretta interazione tra fruitore e bene29.
Un’applicazione con un progetto robusto per la comunicazione visiva è infatti più facilmente navigabile ed esplorabile
poiché si basa su una semplificazione di simboli associati a
funzionalità note delegate a icone che vengono utilizzate per
la fruizione delle pagine interne all’applicazione stessa.
La rappresentazione per la costruzione, gestione e navigazione di modelli 3D comporta un’importante questione relativa alla capacità di calcolo del sistema che, nel caso dei
dispositivi mobili, implica talvolta una conversione e semplificazione dei modelli stessi in immagini bidimensionali a
causa dell’impossibilità per questi di garantire performance
adeguate a sviluppare una grafica 3D avanzata.
Infine, il progetto della multimedialità di questi applicativi
risiede oltre che la possibilità di generare input attraverso i
multi-touch screen anche nella facilità di navigazione e interazione con modelli 3D e immagini panoramiche. La stessa
multimedialità è inoltre presente nell’interazione con gli altri
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
Michela Ardito
strumenti presenti nel dispositivo come il GPS, la fotocamera, la bussola, il giroscopio, l’accelerometro ecc.30, come anche nella gestione aumentata delle informazioni dovuta alla
possibilità di interagire con altre applicazioni che alloggiano
nello stesso dispositivo mobile.
Il segmento delle applicazioni per dispositivo mobile dedicate ai beni culturali ha uno sviluppo relativamente recente,
ancor più recente quello orientato alla fruizione dello spazio
urbano. Nonostante ciò diversi sono gli esempi apprezzabili;
tra questi sono stati selezionati alcuni casi studio che propongono un’esplorazione dello spazio urbano mediata da guide,
itinerari e mappe digitali bidimensionali e altri che offrono
esperienze di visita a partire dalla simulazione dello spazio
nelle sue tre dimensioni.
In particolare, avendo deciso di affrontare nella sperimentazione della tesi quest’ultimo ambito, sono stati prese in esame alcune applicazioni che propongono esperienze di visita
attraverso “modelli digitali navigabili”, dunque a partire dalle
diverse declinazioni di un modello tridimensionale. Applicazioni che sperimentano differenti livelli di comunicazione del
bene culturale, conoscenza e interazione, attraverso itinerari
e mappe digitali “narranti” e “navigabili”.
Si ritiene infatti che per una corretta comunicazione non si
possa non ricorrere a modalità visuali che partano dalla simulazione del principale carattere che connota uno spazio
urbano, che è quello di essere innanzitutto uno spazio tridimensionale e percettivo. Secondo quest’ottica ci si è soffermati sui Virtual Tour 2,5D, derivati dai panorami sferici, e sui
modelli 3D navigabili in real-time, derivati dalle prospettive
dinamiche interattive31.
Il Virtual Tour è un percorso multimediale basato su immagini panoramiche che vengono a configurarsi come tappe in
cui il visitatore può osservare la totalità dell’ambiente che lo
circonda. È uno strumento interattivo che, offrendo possibilità di movimento, permette di osservare secondo diversi punti
lo spazio a 360°. Viene in genere utilizzato per raccontare nei
dettagli luoghi di interesse culturale ma anche commerciale,
spesso con fini promozionali, e si serve di una mappa georeferenziata in cui sono posizionati i singoli panorami sferici
visitabili in sequenza tramite punti sensibili di collegamento.
Tali punti permettono una visione particolareggiata dei passaggi salienti del tour, grazie ad approfondimenti narrativi
delegati a contenuti multimediali esterni, associati a parti
sensibili delle immagini panoramiche.
Il Tour Virtuale e i suoi panorami sferici costituiscono piattaforme con contenuti che alloggiano interamente o parzialmente nel web, permettendo visite in modalità online o offline, a seconda della disponibilità di memoria di cui è dotato il
dispositivo per il download dei dati (fig. 12).
La prospettiva dinamica interattiva, meglio conosciuta come
Real-Time Computer Graphics, offre una metodologia per costruire ambienti tridimensionali che permette all’osservatore
la visualizzazione in movimento, come avviene nella realizzazione dei video giochi. La prospettiva dinamica interattiva
prende infatti in prestito la dimensione spaziale e temporale
dal mondo dei videogame mettendola a servizio della rappresentazione di luoghi anche per applicazioni scientifiche.
Facendo riferimento al concetto di prospettiva come artificio
che simula la percezione umana dello spazio, la prospettiva
dinamica interattiva offre infiniti punti di vista, a scelta di chi
12/ Panorami sferici e Virtual Tour realizzati con software dedicati,
Basilica di S. Leone, Assoro (Enna)
Gruppo di ricerca dai proff. Alessio Cardaci (Università deglistudi di Bergamo) e Antonella Versaci (Univeristà degli studi di Enna
“KORE”)
23
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
la esplora, a differenza della prospettiva statica. La forza di
tale rappresentazione è determinata quindi dalla dinamicità
del modello stesso e dalla sua interattività (fig.13).
2.5. Lo ‘spazio chiuso’: casi studio per esperienze soggettive
13/ Sperimentazioni di Prospettiva Dinamica Interattiva della
Maison Citrohan, Le Corbusier .
VIA - Virtual Interactive Architecture. Gruppo di ricerca coordinato
dal prof. Riccardo Migliari.
(da http://www.visuall3d.com/2007/10/le-corbusier-citrohan-house/)
Trattato di Kreuterbuch di Adam Lonitzer (1587)
“Progettomubil”, PERCRO, Istituto TeCIP, scuola superiore sant’Anna, Pisa e Norwegian University of Science and
Technology, 2013, Trondheim, Norvegia (fig. 2).
Un’ altra possibilità di fruire di un’opera in realtà aumentata
tramite tecnologie appartenenti alle “gesture recognition”, è
24
Frammento del muro di una mastaba (c. 2600-2350 a.C.),
INRIA and University of Bordeaux, Francia e Allard Pierson
Museum, 2013, Amsterdam, Olanda (fig. 1).
A causa dell’ invecchiamento del frammento di muro, scompaiono le informazioni sul colore e senza risorse aggiuntive si
perde la comprensione globale del manufatto.
L’ausilio tecnologico in questione si serve di un video proiettore attraverso il quale è possibile ripristinare l’informazione
colorimetrica e un sensore di movimento che legge la posizione dell’informazione indicata sul muro.
L’esperienza interattiva “informazione-colore” è esplorata attraverso dispositivo di “Leap Motion” basato sulla tecnologia
delle “gesture recognition”, ovvero del riconoscimento attraverso i gesti. L’indicazione delle dita permette una transizione dall’oggetto reale alle informazioni addizionali in modo
localizzato. Il tracciamento delle dita avviene per sensori infrarossi del Leap Motion controller.
Si tratta di un’esperienza di realtà aumentata. Si è cioè immersi in una realtà con livelli informativi di varia natura aggiunti ai contenuti percepiti dai nostri sensi.
In questo sistema, le integrazioni aggiunte non sono circoscritte ai soli dati visivi, ma possono comprendere, qualora la
tecnologia lo consenta, dati olfattivi, uditivi e perfino tattili.
La costruzione di un ambiente AR (Augmented Reality, cioè
Realtà Aumentata) avviene attraverso tre fasi fondamentali:
analisi della realtà, creazione di nuove informazioni basate
sulla realtà, rappresentazione di realtà abbinate alle informazioni. Solitamente l’analisi della realtà è attuata attraverso il
semplice riconoscimento di un marker in bianco e nero da cui
scaturiscono riproduzioni di tipo visivo, audio, in 3D , ecc..
In alcuni casi le tecnologie sono combinate e abbinate; molti
musei stanno sperimentando delle soluzioni AR per integrare
le informazioni riguardo alle opere artistiche o storiche con
video e ricostruzioni in 3D.
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
Michela Ardito
1/ Esperienza interattiva con la tecnologia Leap motion. Il sensore traccia la posizione della dita per aggiungere i dati colorimetrici al reperto
fornita da l’Augmented book proposto dal PERCRO di Pisa.
Il concept prevede di sfogliare virtualmente l’opera utilizzando uno schermo 3D e di fruire, direttamente sulle pagine del
manoscritto, di contenuti addizionali quali immagini, filmati,
animazioni 3D o narrazioni vocali, allo scopo di rendere le
tematiche più facilmente comprensibili. Su ogni pagina, in
corrispondenza delle illustrazioni, sono posti dei “punti caldi” che possono essere selezionati in modo interattivo.
L’utente può accedere a questa applicazione attraverso coinvolgenti sistemi di visualizzazione stereoscopica8 come le
CAVE (Cave Automatic Virtual Enviroment), cioè stanze immersive con ambientazioni di realtà virtuale proiettate da PC
o sulle superfici delle stanze stesse. Un intero laboratorio è
stato addirittura ricostruito virtualmente al fine di permettere
al lettore di mettere in pratica le informazioni apprese.
Museo delle pure forme,
Museo dell’Opera del Duomo, Pisa e PERCRO, scuola superiore Sant’Anna, 2004, Pisa (fig. 3).
Il Museo delle Pure Forme è un sistema di realtà virtuale dove
i visitatori utilizzano tecnologie indossabili attraverso cui interagiscono con modelli digitali 3D per esplorare il museo
con visione stereoscopica. Gli utenti percepiscono inoltre gli
stimoli tattili e sentono il contatto fisico con le sculture digitali virtuali.
Il progetto, conclusosi nel 2003, è stato finalizzato alla creazione di una galleria virtuale di sculture digitali dove effettuare l’esplorazione di nuovi paradigmi di fruizione di interazione visiva e tattile con le sculture, per consentire anche agli
utenti non vedenti di accedere alle opere d’arte.
Per tecnologia indossabile si intendono i vestiti e gli accessori
che incorporano computer e tecnologie elettroniche avanzate ed hanno diversi scopi e funzioni. Sono in grado persino
di monitorare le condizioni fisiche e di suggerire azioni da
compiere.
Tra gli accessori indossabili troviamo i notissimi “Google
Glass”, occhiali che permettono di visualizzare sulla lente informazioni ricevute dalla rete e di interagire con oggetti del
2/ Informazioni fruite in realtà aumentata per un’ esperienza di visita più coinvolgente e completa
25
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
3/ Galleria virtuale di sculture digitali esplorabili grazie alle tecnologie indossabili
mondo reale attraverso comandi vocali, generando esperienze di realtà aumentata (fig. 4).
4/ Carattereistiche dei Google Glass (da http://avocadoadv.it/wpcontent/uploads/2014/03/google-glass.png)
2.6. Lo ‘spazio chiuso’: casi studio per esperienze condivise
Sito web “museogalileo.it”
Museo Galileo già Istituto e Museo di Storia della Scienza
dal 1930, 2010, Firenze (figg. 5-8).
Il Museo Galileo, già Istituto e Museo di Storia della Scienza,
di Firenze rappresenta una delle principali istituzioni a scala
internazionale attive nella museografia scientifica nella produzione di iniziative per la diffusione della cultura scientifica
e nelle attività di documentazione e ricerca.
All’interno del suo sito web si possono trovare pagine dedicate ad attività, ricerche, giochi di didattica on-line che
garantiscono un discreto livello di partecipazione attiva del
26
visitatore digitale.
Ad esempio la pagina web intitolata “Furor Mechanicus” è un
catalogo digitale delle invenzioni strumentali e meccaniche,
dall’antichità al XVIII secolo dove si forniscono informazioni dettagliate sugli strumenti con l’aiuto di apparati bibliografici e iconografici. Canali di ricerca diversificati permettono
l’accesso a liste suddivise per tipologia. Gli utenti possono
partecipare alla costruzione del catalogo aprendo una discussione e proponendo aggiunte, correzioni e suggerimenti che
verranno inseriti previa valutazione dei curatori.
Nell’area didattica on-line vengono proposti giochi, questionari e percorsi per approfondire i temi galileiani dedicati a
bambini e ragazzi di differenti età. Come in ogni gioco si perde e si vince; tra i premi è prevista anche la visita gratuita del
museo.
E’ presente anche una sessione dedicata ai musei virtuali e ai
cataloghi multimediali dove, con scarsa qualità fruitiva delle
“stanze virtuali” e degli oggetti catalogati, l’utente può navigare spostandosi da una stanza all’altra del museo e visualizzare informazioni più approfondite circa le opere esposte
tramite elenchi digitali che alloggiano in database dedicati
all’uopo. Nonostante il sito web offra notevoli spunti ludicoeducativi di approfondimento, il grado di coinvolgimento del
visitatore rimane comunque piuttosto superficiale.
Sito web “museivaticani.va”
Collezione papale, Musei Vaticani, 1503, Roma (figg. 9-12).
I Musei Vaticani, giustamente declinati al plurale, in quanto
contenitori di un insieme di musei e collezioni, attualmente comprendono i Musei e gli ambienti visitabili dei palazzi
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
Michela Ardito
Vaticani. Il loro sito web offre funzioni prevalentemente informative con poche occasioni di partecipazione attiva, e di-
verse possibilità di “visite virtuali” che permettono di visualizzare, con una scarsa qualità, le stanze contenenti le opere.
5-6-7-8/ Esempi delle pagine web: il “Catalogo multimediale” degli oggetti storici conservati, il “Furor Mechanicus” come Catalogo delle
invenzioni strumentali e meccaniche dall’antichità al XVIII secolo, il “portale dei ragazzi” per imparare divertendosi e il “museo virtuale”
per esplorare le sale del museo in modalità real-time.
27
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
9-10-11-12/ Esempi delle pagine web: la “home”, le “collezioni on-line” con descrizioni delle opere, la localizzazione delle opere ela navigazione delle sale visualizzabili come panorami sferici
Le stesse sono visibili in elenchi digitali che appartengono a
database on-line.
Il tentativo di affrontare una comunicazione condivisa e partecipata del patrimonio culturale digitale si può in questo caso
considerare fallito.
2.7. Lo ‘spazio aperto’: casi studio per esperienze soggettive
Applicazione per dispositivi mobili “Jumieges 3d”
Didier Happe, Gael Hamon, Art Graphique et Patrimoine
Abbazia di Jumieges, 2013, Jumieges, Francia (fig. 13).
L’ esperienza di realtà aumentata che l’app dell’abbazia di
Jumieges propone al pubblico per visitare il suo sito storico,
consiste nella possibilità di sovrapporre per livelli le modifiche strutturali al reale complesso architettonico nei cinque diversi periodi della sua costruzione, dal IX ° al XVIII ° secolo.
I passaggi fondamentali di questo progetto sono caratterizzati
dalla ricerca storica, dalle cinque ricostruzioni virtuali in 3D
e dai contenuti culturali addizionali finalizzati a fornire i dati
storici al pubblico.
L’obiettivo di rendere il sito più coinvolgente ed impressionante completamente integrato con i contenuti storici e archi-
13/ Esplorazione tridimensionale della ricostruzione virtuale mediante realtà aumentata per app fruibile da dispositivi mobili
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2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
Michela Ardito
tettonici appare raggiunto.
Videoproiezioni architetturali
Celebrazioni per i 140 di Roma Capitale, facciata di porta
Pia, Settembre 2010, Roma (fig.14).
La videoproiezione architetturale, di cui Roma propone un
esempio per la celebrazione dei suoi 140 anni come capitale, contiene in sé una potenzialità assimilabile ad una nuova
forma espressiva di architettura contemporanea proponendo
sovrapposizioni virtuali alternative alla pelle architettonica
esistente. Essa ridefinisce l’architettura di un edificio, in questo caso Porta Pia, mettendo in discussione le modalità della
sua presenza nello spazio, amplifica e porta evidenza alle linee, alle superfici, ai volumi, manifestando relazioni note e
suggerendo assonanze e contrasti.
Ricolloca inoltre l’architettura nella dimensione del tempo:
attraverso sequenze di immagini consente la contestualizzazione dell’idea architettonica nell’ambito storico in cui l’edificio è stato realizzato, ma può anche deformarne lo scorrimento lineare: l’edificio antico può così diventare moderno e
il moderno antico.
Le videoproiezioni vanno ad attingere al segmento scientifico
della teoria proiettiva e della visione prospettica. La comunicazione del bene culturale si amplifica, rendendo l’esperienza
ancora più immersiva, grazie anche alla possibilità di abbinare la proiezione alla visione stereoscopica.
Installazione “National Park explorer”
Nils Wiberg, Gagarin, Breheimsenteret, museo per il Jostedalsbreen National Park, Norvegia (fig.15).
L’installazione del National Park Explorer è fruibile in luogo chiuso. Si intende catalogarla però nel gruppo degli ausili tecnologici per lo spazio aperto in quanto si interessa di
indagare un ampio spazio quale quello del parco nazionale
Jostedalsbreen di Norvegia.
E’ un’ installazione multi-utente dove i visitatori si riuniscono
di fronte a una mappa geografica che mostra e descrive in
diverse modalità il parco nazionale.
L’utente può scegliere tra differenti “Information-puck” veri
e propri marker per la realtà aumentata (AR Tag) che permettono di visualizzare informazioni sulla mappa. I puck vengono posizionati su una stazione dotata di lettore e tramite movimenti di roto-traslazione di questi piccoli oggetti colorati, il
visitatore può navigare all’interno di diverse epoche storiche
e ambienti naturalistici mentre fruisce di apprezzabili animazioni narrative.
I puck rivelano informazioni riguardo alla vita della fauna e
della flora del parco nonché sulle proposte di attività diversificate offerte nei diversi periodi dell’anno.
L’installazione utilizza strumenti di realtà aumentata basati
su semplici figure (chiamati tag o marker) abbinate agli information-puck che permettono la visualizzazione dei contenuti
virtuali a partire dai tag interpretati dal sensore della stazione
associata alla mappa.
Applicazione real-time “Imago bononie”,
CINECA, Casalecchio di Reno, Bologna, CNR ITABC, 2013
,Roma, Università di Bologna (fig. 16).
L’Applicazione Imago Bononie si basa sulla logica dell’
”Edutainment”9 (divertimento educativo), teoria che dichiara
l’efficacia di metodi educativi finalizzati alla didattica, attraverso il divertimento. Si tratta di un’applicazione 3D in tempo reale incentrata sull’esplorazione interattiva della ricostruzione di Bologna durante l’età romana (I secolo d C).
L’utente utilizza i dispositivi di interazione naturale immerso
in un ambiente 3D popolato da una folla di persone virtuali ed
14/ Istantanee di videoproiezioni su Porta Pia, Roma
29
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
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15/ Mappa geografica interattiva che propone informazioni in realtà aumentata sottoforma di gioco, grazie all’utilizzo di AR Tag con diversi
disegni e colori
16/ applicazione totalmente immersiva che consente di interagire l’utente con la recostruzione mediante l’ interazione naturale.
Il coinvolgimento è garantito anche dalla logica di esplorazione simile a quella dei videogiochi.
interagisce con l’applicazione in maniera ludica..
Nel gioco egli deve trovare e accumulare delle “peritie” che
lo arricchiscono di nuove abilità gestuali come:” Translatio “
(capacità di muoversi rapidamente attraverso punti chiave),
“ Volatus “ (capacità di volare), “ Imago “ (visione della Bologna moderna). Percorsi, personaggi ed altri elementi sparsi
per la ricostruzione virtuale guidano visivamente l’utente attraverso l’antica Bononia. Il peritia finale (“Imago”)gli fornisce la possibilità di sovrapporre e controllare la visione del
futuro strato urbano di Bologna, con i suoi volumi e le sue
architetture, consentendogli confronti spaziali tra antico e
moderno ed arricchendo la sua comprensione dell’evoluzione
urbana della città felsina.
Siamo nel campo delle tecnologie di distanza come la Natural User Interface (NUI) che consentono l’interazione con
i dispositivi in modo del tutto naturale come il movimento
delle mani o il riconoscimento vocale e rendono più facile e
intuitivo l’utilizzo dei dispositivi stessi.
In questo genere di applicativi tecnologici si tende ad elimi-
30
nare mouse e tastiera interagendo direttamente con il dispositivo (ad esempio le tecnologie con sensori di movimento
Kinect). Fanno parte delle NUI anche la gesture recognition e
la tecnologia touch-screen.
2.8. Lo ‘spazio aperto’: casi studio per esperienze condivise
Installazione D-tower,
NOX/Lars Spuybroek e Q.S. Serafijn, con V2_, 2003, Doetinchem, Olanda (fig. 17).
L’installazione D – tower si compone di un edificio fisico
chiamato torre, un questionario e un sito web. Tutte e tre le
componenti sono collegate in modo interattivo. L’istallazione
si occupa di un esperimento sociale in cui sono coinvolti gli
abitanti di un’ intera città.
Tramite il sito web si ha una rappresentazione visiva delle risposte degli abitanti al questionario, predisposto a Rotterdam
dall’artista QS Serafijn, relativo alla registrazione di emozioni come l’odio, l’amore, la felicità e la paura. Ogni mese le
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
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17/ Installazione che registra e mostra le emozioni di un’intera città, un’esperimento sociale graficizzato anche su sito web
domande diventano più precise, e le risposte sono rappresentate graficamente in diversi “paesaggi” sul sito web. Le quattro emozioni sono esemplificate dai colori verde, rosso, blu e
giallo, e determinano i colori delle lampade che illuminano
l’edificio. Ogni sera, guidando attraverso Doetinchem, si può
verificare quale sia stata l’emozione collettiva quotidiana più
intensa.
Installazione per il concorso Youtube Play
Museo Guggenheim & You Tube, 2010, New York (fig.18).
Il Museo Guggenheim di NewYork ha lanciato nel 2010 un
bando di concorso nel network che ha richiamato 23.000 video da tutto il mondo aprendo le porte al famoso social network Youtube, dove i video in questione sono stati caricati.
Una selezione è stata poi operata da una giuria di artisti importanti. L’incontro fra la massima professionalità del sistema dell’arte e la creatività non professionale del Web è un
fatto quasi senza precedenti nei musei.
Durante la cerimonia di premiazione, i video sono stati proiettati sia all’interno che sulla facciata del Guggenheim rappresentando tutti i livelli di creatività, da quella professionale
del giovane creativo agli esordi, ai molti autori non collocabili nell’area propriamente dell’arte. L’evento di videoarte è
stato proposto anche in rete.
Sito web “materacittanarrata.it”,
APT Basilicata, CNR ITABC, 2012, Roma (fig. 19).
“Materacittanarrata.it” è una rete di virtual heritage in un sito
web che connette idealmente contenuti, luoghi, tempi, autori,
fruitori, mondo reale e dimensioni virtuali.
Il sito ha una funzione fondamentale, sia per la pianificazione
preliminare della visita che per il suo successivo svolgimento. Esso infatti ospita tutti i contenuti implementati dal progetto, organizzati ed accessibili in maniera duplice.
Infatti il database include tutti i siti culturali con le rispettive
risorse narrative, iconografiche e multimediali, organizzati
anche in funzione degli accessi dei vari sistemi, mentre gli
itinerari tematici del territorio accolgono le stesse risorse e
contenuti del database ma legate insieme in un percorso tematico di tipo narrativo.
Sito web “museotorino.it”
Amministrazione comunale, Soprintendenze, Atenei, Provincia Regione, Musei, Istituti di ricerca, Associazioni culturali,
Enti, Aziende e cittadini,2011, Torino (figg. 20, 21).
“MuseoTorino” è un sito web che ha alla base un progetto
sia di tutela del patrimonio urbano che di cittadinanza attiva .
Si tratta di un museo diffuso, costituito dall’insieme di beni,
luoghi, edifici, spazi, siti, elementi del paesaggio, naturale o
antropizzato, che costituiscono la città, interpretati e comunicati come sistema unitario attraverso un insieme di strumenti
in grado di assicurare l’identificabilità, l’accessibilità, l’intel-
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
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18/ Installazioneinterna ed esterna al Guuggenheim Museum di New York su cui vengono proiettati video realizzati ad hoc da artisti di tutto
il mondo più o meno famosi
19/ La storia di Matera è composta da opere, racconti e luoghi, raccolti e messi in relazione come risorse narrative, iconografiche e multimediali nel sito web
ligibilità dei luoghi.
Il sito web è pensato e strutturato come un museo e sviluppato
utilizzando tecnologie e piattaforme di ultima generazione.
Entrandovi, è possibile percorrere virtualmente la città trovando informazioni sui luoghi, sulla loro storia, sulle persone
che li hanno abitati, sugli eventi di cui sono stati teatro, ed
immagini contemporanee e storiche che li raffigurano.
La costruzione e la crescita di MuseoTorino si basa sullo
sviluppo continuo di una forte rete di partenariato e si fonda
sulla collaborazione dei cittadini. Tutti sono invitati a parte-
32
cipare segnalando temi e argomenti significativi su cui attivare cantieri di ricerca, suggerendo nuovi ambiti di indagine
e percorsi, proponendo materiali che potranno trovare spazio
nel Museo.
Tutti i contenuti di MuseoTorino possono essere associati agli
altri contenuti presenti nel web. Progettato secondo la filosofia dei Linked Open Data10, il sito web è basato su tecnologie
innovative orientate alla condivisione delle informazioni con
l’utente e con altri sistemi, nell’ottica di fornire una base dati
il più possibile aperta ed accessibile.
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
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20-21/ Nel sito web è possibile visitare la città secondo diverse categorie temporali che disegnano sempre diverse configurazioni di “punti
caldi” sulla mappa. La costituzione del sito web deriva in gran parte anche dall’utente- visitatore del sito web che lascia pareri e consigli per
apportare migliorie al “museo virtuale”.
Piattaforma “The Real-time Cultural Ecosystem of the City
of Rome EC(m1)”
Art is Open Sorce in collaborazione con l’Assessorato al Turismo e alle Politiche Culturali del 1° Municipio di Roma,
2013, Roma (fig. 22).
La piattaforma Real-time creata dal primo municipio di Roma
è un nuovo sistema tecnologico in grado di osservare, analizzare e visualizzare tutte le discussioni pubbliche in tema
di cultura avviate sui maggiori social network, in 29 lingue,
nell’area metropolitana di Roma. Il risultato è un nuovo paesaggio fatto di dati in costante mutamento ed aggiornamento,
consultabile attraverso tre mappe interattive: lo spazio, che
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22/ Con legende colorate si indicano i diversi temi oggetto di discussione sui social e la piattaforma visualizza il genere di argomenti culturali
più diffusi con grafici 3D applicati alla mappa.
mostra una mappa in tempo reale evidenziando i luoghi in cui
si discute e si fa cultura; il tempo che mostra le discussioni
online che emergono sui social, attraverso le comunicazioni
degli operatori e il coinvolgimento dei cittadini; le relazioni
della cultura, che mostrano come gli operatori e i cittadini
collaborano, partecipano, comunicano ed esprimono opinioni.
Oltre a fornire una nuova fotografia del fermento culturale
a Roma, EC(m1) rappresenta una nuova sorgente di Open
Data. Tutte le informazioni generate dal sistema sono infatti
rilasciate sotto forma di dati aperti, a disposizione di cittadini,
amministrazioni, imprese. In questo modo viene offerto alla
collettività un nuovo servizio che consiste nella possibilità di
osservare, ascoltare e analizzare una parte delle nostre vite
digitali e di rielaborare la conoscenza che ne deriva per creare
nuove strategie.
2.9. Lo spazio urbano: casi studio
Hermes Virtual Tour, aCrm Net, Crm, Enea e Cnr, 2015
(fig.1).
L’APP Hermes Virtual Tour permette esperienze coinvolgenti di fruizione del patrimonio architettonico e archeologico
mondiale attraverso la tecnologia della realtà aumentata.
Utilizzando il sistema di posizionamento globale satellitare
interno al dispositivo mobile o simulandone la posizione, rende possibile ascoltare notizie ed aneddoti del passato mentre
si passeggia in modalità real-time tra i monumenti.
34
ArounderTouch, VRWay Communication, 2013 (fig.2).
L’Arounder Touch è una pubblicazione digitale di viaggi che
conta oggi più di 70 fra le migliori destinazioni turistiche
di tutto il mondo, illustrate tramite immagini panoramiche a
360° in alta definizione.
La Colonna Traiana, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, Mondadori Electa, 2013 (fig.3).
L’APP in oggetto consente di esplorare in real
time
il
modello
3D
della
ColonnaTraiana.
In loco è possibile interrogare il manufatto architettonico ottenendo informazioni sulle scene che si intravedono a partire dal basso (funzione “Live 3D”). E’ possibile effettuare
la visione immersiva della Colonna, nel contesto attuale e in
quello delle epoche storiche passate, anche quando l’utente
non si trova presso il monumento.
La sezione “Il Racconto” permette una visione continua del
lungo fregio, descritto da una voce narrante. Nella sezione
“Navigazione libera” si può esplorare la Colonna in tutte le
sue parti seguendo la spirale dei rilievi o procedendo liberamente con l’ausilio di sottotitoli che descrivono le diverse
scene.
Si accede ad informazioni specifiche sui contenuti del fregio
figurato e sui caratteri dei personaggi raffigurati.
L’App permette anche di apprezzare “La Colonna nel tempo”,
raccontando con immagini e testi le vicende della città intorno al monumento dall’antichità fino ai nostri giorni.
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
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1/ La app in modalità Realtà Aumentata permette di ricostruire luoghi storici o fornire materiale informativo sui resti archeologici
2/ La app permette di selezionare diverse mete di destinazione ed esplorarle tramite panorami sferici localizzati in pochi punti significativi
i-MiBAC Voyager, ILLUSIONETWORK, 2011 (fig. 4).
L’APP “i-MiBAC Voyager” permette di visualizzare contenuti in 3D in tempo reale di qualità foto-realistica relativi ai
monumenti del Foro Romano in età costantiniana.
L’applicazione può essere utilizzata in duplice modalità.
La prima, in loco, con il supporto GPS che allinea la posizione della camera virtuale a quella dell’utente nel mondo reale.
La seconda modalità consente invece all’utente di fruire, dovunque si trovi, di tutti i contenuti controllando manualmente la camera virtuale attraverso i pulsanti dell’interfaccia.
L’applicazione può riconoscere ogni monumento geo-referenziato attorno alla posizione del supporto mobile, permettendo di usufruire di un’ audio guida multilingue.
RomeVIEW, CORVALLIS S.p.A, Filas S.p.A. 2012 (fig. 5).
L’ APP “Rome view “ si basa sull’integrazione tra la tecnologia della realtà aumentata, la modellazione 3D e la cartografia
digitale. Permette di generare percorsi di visita personalizzati
e di rendere semplicemente fruibili contenuti come testi, immagini, modelli 3D, fotografie storiche e video provenienti
dagli archivi e dalle collezioni del Museo di Roma.
L’ APP è dotata di uno strumento chiamato “PhotoMuseum”
che, con le stesse modalità del 3D, colloca in sovrapposizione
al modello navigabile le fotografie provenienti dall’Archivio
del gabinetto fotografico del Comune di Roma conservato nel
Museo, facendo rivivere la Roma di fine ‘800, prima degli
interventi di modernizzazione.
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
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3/ La app permette di “leggere” la colonna Traiana come un unico lungo racconto sviluppandola e fornendone materiale illustrativo ed informativo approfondito dalla navigazione 3D e dai panorami sferici
L’APP ha anche la funzione di guida all’interno del museo.
Grazie alla tecnologia bluetooth è in grado di trovare la posizione del dispositivo mobile sulla pianta del palazzo e permette di ottenere informazioni relative alle opere custodite
puntando il device verso l’opera stessa.
NERVAR, Giovanni Murru, DSDRA Sapienza Roma, 2014
(fig.6).
La navigazione del sito “Nervar” in realtà aumentata permette di visualizzare sul display diversi livelli di informazioni
36
tridimensionali aggiunti alla realtà, avendo come riferimento
la scheda cartacea che funge da Marker – Tag, e garantisce il
riconoscimento della forma per punti.
La mappa permette di localizzare, attraverso il GPS, la posizione del dispositivo. Ad essa sono state aggiunte sia le planimetrie storiche dei Fori, sia i Pin (puntine) che segnalano la
presenza di elementi di rilievo di cui sono disponibili schede
informative.
IsIPU, Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Giovanni
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
Michela Ardito
4/ Istantanee di navigazione 3D Real-time della ricostruzione virtuale dei luoghi
5/ Dalla localizzazione sulla mappa si passa al materale informativo sulla scheda, fino ad arrivare alla ricostruzione in Realtà Aumentata da
visualizzare sul luogo in esame
Murru, DSDRA Sapienza Roma, 2014 (fig.7).
Nell’APP dell’Istituto italiano di paleontologia umana, i siti
paleontologici sono rintracciabili tramite mappe percorribili
grazie al navigatore integrato ed alla realtà aumentata. Si può
accedere subito alle informazioni dei siti usando le apposite
liste.
In ogni sito paleontologico sono presenti informazioni, fotografie, illustrazioni e alcuni modelli 3D della popolazione
preistorica dell’area in questione.
Tramite la “Bolla Storica” si può accedere alla visione della
ricostruzione di alcuni siti relativi all’epoca preistorica scelta.
Milano. Guida della città, Comune di Milano, 2014 (fig.8).
L’ APP “Guida della città di Milano” fornisce 13 itinerari per
visitare e percorrere il capoluogo lombardo attraverso tre funzioni principali:
“Maps”: costituita da una mappa interattiva, dove è possibile
selezionare i punti di interesse degli itinerari per accedere a
contenuti specifici.
“Geolocal”: attraverso l’attivazione della geolocalizzazione
del dispositivo, ogni punto di interesse fornisce le indicazioni
del percorso da intraprendere come ad esempio la distanza
dalla propria posizione e il tempo di percorrenza.
“Info”: attraverso questa funzione ogni punto di interesse,
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6/ Rintracciato l’oggetto sulla mappa, si utilizza la tecnologia della realtà aumentata per visualizzare la ricostruzione 3D. Essa può funzionare per “riconoscimento di forma” o tramite segnale GPS
tramite l’icona “Info”, rimanda a contenuti di approfondimento del portale turismo.milano.it.
Itinerari Milano, Comune di Milano, 2014 (fig. 9).
Nel caso dell’APP ”Itinerari Milano” i percorsi ed i luoghi
sono abbinati alla mappa georeferenziata (in questo caso
si tratta di Google Maps) e sono rintracciabili sia per tema
(shopping, enogastronomia, cultura, storia, arte, …), che per
categoria (architettura, musei, parchi, …) sia dalla posizione
38
del dispositivo che da quella di un indirizzo elettronico con
la possibilità di creare itinerari personalizzati e di salvarne i
preferiti sul dispositivo stesso.
Oslo official city, WIP, Wireless Independent Provider AB ©
WIP & VisitOslo, 2012-2015 (fig. 10).
L’APP “Oslo official city“ funziona in modalità offline ed
online. Offre una guida completa della città di Oslo con centinaia di luoghi da visitare ed attività da scegliere ( info su
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7/ Esempio di applicazione della tecnologia di realtà aumentata anche a siti paleontologici che ospitano ricostruzioni 3D di animali e vegetali.
L’app permette un’esplorazione dei luoghi in diversi periodi storici attraverso la navigazione di panorami sferici
8/ L’app permette di scegliere di visitare la città per percorsi tematici o di localizzare i singoli luoghi culturali sulla mappa, ricevendone anche
materiale informativo
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9/ L’app vuole descrivere la città proponendo esclusivamente itinerari da percorrere, tracciati e geolocalizzati anche sulla mappa
10/ L’app vuole descrivere la città in maniera completa, fornisce anche un calendario in cui annotare eventi e percorsi da compiere
attrazioni, panorami, ristoranti, trasporti, pernottamenti...).
Si possono effettuare ricerche per categorie azionando il GPS
che direziona la scelta nei luoghi situati in prossimità del
dispositivo.
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Si può visualizzare il calendario degli eventi e quindi pianificare il tour di visita della città prima di arrivare sul sito. Le
liste dei luoghi da visitare possono essere salvate e condivise
sui social network.
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
Michela Ardito
L’ APP fornisce anche il servizio di previsioni meteo e dieci
differenti suggerimenti per le attrazioni da visitare e per le
attività da proporre ai bambini tenendo conto delle condizioni
metereologiche in fieri.
ARTE.it Torino 2015, ARTE.it Srl, 2014 (fig, 11).
“Guida di Torino ARTE.it” è un’APP che consente di conoscere l’offerta culturale proposta dalla città di Torino unitamente al calendario delle mostre d’arte in corso e in programmazione.
La guida propone diversi itinerari su mappa per le vie della città attraverso informazioni georeferenziate permettendo
così all’utente di costruire un programma di visita in base alle
proprie preferenze e di creare un calendario personalizzato.
Un’accurata selezione di ristoranti, bar, locali, alberghi, gallerie d’arte, negozi e librerie completa l’offerta.
Si possono condividere le informazioni del proprio percorso
di visita sui principali social network e spedire le immagini in
formato cartolina agli amici.
11/ L’app fornisce una guida approfondita della città, propone itinerari e incentiva la proposta culturale composta da luoghi mostre ed eventi
annotati in un calendario settimanale che si aggiorna continuamente
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NOTE
1. Cfr. MiBACT, Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale, in http://www.valorizzazione.beniculturali.it/it/
comunicazione-del-patrimonio.html.
2. Atti della Commissione Franceschini, 1967, Dichiarazione I, in
http://archivi.beniculturali.it/Biblioteca/Studi/franceschini.pdf.
3. Cfr. a questo proposito, tra gli altri, Elena Ippoliti, Mappe, modelli e tecnologie innovative per conoscere, valorizzare e condividere
il patrimonio urbano. Indagini sperimentali di sistemi integrati sul
Piceno, in S. Brusaporci (a cura), Sistemi informativi integrati per la
tutela la conservazione e la valorizzazione del patrimonio architettonico e urbano – Integrated software systems in architectural and
urban heritage conservation, protection and exploitation, Gangemi,
Roma, pp. 2-13.
4. Massimo Severo Giannini, I Beni culturali, in «Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico», XXVI, 1976, 3, p. 7.
5. Massimo Severo Giannini, cit., p. 8.
6. Atti della Commissione Franceschini, cit., Dichiarazione XXI.
7. Atti della Commissione Franceschini, cit., Dichiarazione XXI e
Dichiarazione XVII.
8. Cfr. MiBACT, Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale, in http://www.valorizzazione.beniculturali.it/it/
comunicazione-del-patrimonio.html.
9. “Les idées de classement, de conservation et d’utilité publique,
qui sont justes et claires, ont peu de rapport avec les délices” in
Paul Valéry, Le problème des musées, apparso in “Le Gaulois” il
4 aprile 1923, pubblicato in Oeuvres, tome II, Pièces sur l’art, Nrf,
Gallimard, Bibl. de la Pléiade, 1960, 1726 pages, pp. 1290-1293.
Ambroise Paul Toussaint Jules Valéry (1871–1945), scrittore e poeta
francese. “Non amo troppo i musei (...) Mi trovo in un tumulto di
creature congelate, ciascuna delle quali esige, senza ottenerla, l’inesistenza di tutte le altre (….) Davanti a me si sviluppa nel silenzio
uno strano disordine organizzato. Sono preso da un orrore sacro.”, in
Le problème des musées, cit.
10. Umberto Eco, noto saggista, scrittore, filosofo e linguista, nota
sull’argomento la conferenza tenuta nel 2001 al Gugghenheim di
Bilbao, Il museo del terzo millennio, dove tra l’altro a proposito del
museo scrive che “Per quanto sia bene organizzato e suddiviso per
epoche, generi o stili, il museo moderno diventa un luogo dove, chi
volesse vedere tutto quello che c’è, non vedrebbe nulla, e se pure
guardasse non potrebbe memorizzare”. Consultabile in http://www.
umbertoeco.it/CV/Il%20museo%20nel%20terzo%20millennio.pdf.
11. Carlo Ludovico Ragghianti, politico, critico, storico e teorico
dell’arte, impegnato e convinto fautore della necessità della divulgazione dei contenuti culturali in campo artistico, da realizzarsi e
praticarsi non solo attraverso le opere scritte, ma anche attraverso
i nuovi canali di comunicazione e attraverso allestimenti museali
e eventi espositivi da progettare in funzione di un pubblico ampio
e non solo quello specializzato. Per Ragghianti l’esperienza museale deve concretizzarsi nella possibilità di ripercorrere il processo
dell’artista attraverso le sue varie fasi, perciò risulta necessario allestire le mostre non solo con le opere conclusive, ma anche con
schizzi, bozzetti e disegni preparatori, ecc. Questo principio si concretizza nell’attività curatoriale di Ragghianti ed è affermato negli
scritti che, dal dopoguerra fino alla sua morte nel 1987, comprendono diversi saggi su riviste e atti di convegni, nonché il volume Arte
Fare Vedere, dall’arte al museo del 1974 e la direzione del periodico
«Museologia», pubblicato dall’Università Internazionale dell’Arte
(UIA) di Firenze dal 1972.
12. Francesco Antinucci, Direttore di ricerca all’Istituto di Scienze
e Tecnologie della Cognizione del CNR. Nel suo libro Comunicare
nel museo (Roma-Bari, Laterza, 2010) analizza sistematicamente il
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
museo e denuncia come la sua struttura e organizzazione siano incompatibili con le esigenze di una comunicazione efficace.
13. Paolo Galluzzi, storico della scienza, Direttore dell’Istituto e
Museo di Storia delle Scienze di Firenze. Sottolinea come le attuali
istituzioni museali soffrono per la difficoltà nella contestualizzazione delle opere esposte e suggerisce che le nuove tecnologie finora utilizzate in modo poco efficace possono reinterpretare il ruolo
dell’istituzione museale (museo virtuale) soprattutto nella sua finalità divulgativa e didattica. In particolare si può confrontare la voce
“Museo virtuale” redatta per l’Enciclopedia Treccani, cfr. nota 27.
14. Umberto Eco, Il museo del terzo millennio, cfr. nota 10.
15. Francesco Antinucci, Comunicare nel museo, Roma-Bari, Laterza, 2010, p. 147.
16. Cfr. argomento in Francesco Antinucci, Non basta il computer
per una scuola moderna, Telema, Anno IV, Estate 1998, pp.86-93.
17. Domenico Parisi, E’ una macchina di talento: ci restituisce l’esperienza, Telema 12, 1998, pp. 23-30.
18. Il concetto alla base dei termini museo “manuale” viene approfondito nel terzo capitolo di Antinucci, Comunicare nel museo, cit.,
pp. 101-160.
19. Cfr. Elena Ippoliti, Alessandra Meschini, The experience of the
journey. Digital technologies and visual itineraries to enjoyment
of the city’s cultural heritage, in HERITAGE and TECHNOLOGY.
Mind Knowledge Experience. Aversa - Capri, 11, 12, 13 June 2015,
La scuola di Pitagora, Napoli, 2015, pp. 1535-1544.
20. Traduzione da Elena Ippoliti, Alessandra Meschini, The experience of the journey, cit., pp. 1535-1544.
21. Cfr. con Algirdas Julien Greimas, Del Senso, Milano, 1974, ed.
orig. Du sens, Seuil, Paris, 1970.
22. Si parla di design dell’esperienza in quanto quest’ultima è la
relazione emotiva e cognitiva che il fruitore instaura con la realtà
circostante. Il progetto dunque nasce a partire da un luogo che è sia
cornice per ospitare l’esperienza, sia contesto per darle significato.
44
Il luogo inoltre può naturalmente essere sia fisico che virtuale. Cfr.
argomento in Andrea Granelli, Monica Scanu, (Re) Design del Territorio, Fondazione Valore Italia, Roma, 2010, pp. 63-70.
23. Donatella Capaldi, Emiliano Ilardi, Giovanni Ragone, I cantieri
della memoria. Digital Heritage e istituzioni culturali, Liguori Editore, Napoli, 2011, pp. 6-13.
24. La fama di Herbert Marshall McLuhan deriva dal suo innovativo pensiero che può essere sintetizzato con la frase “il medium è il
messaggio”. La sua riflessione ruota intorno all’ipotesi secondo cui
il mezzo tecnologico che determina i caratteri strutturali della comunicazione produce effetti pervasivi sull’immaginario collettivo. La
struttura comunicativa di ogni medium quindi suscita negli utenti/
spettatori determinati comportamenti e modi di pensare e porta alla
determinazione di una particolare forma mentis. McLuhan incentra
l’attenzione sul mezzo, soprattutto sui mezzi usati dalla comunicazione moderna che hanno delle potenzialità incredibili di plasmare i
nostri modi di vivere e di pensare, ma che spesso vengono sottovalutate. Si può pensare ad esempio alla società del “tutto-e-subito” in
cui viviamo oggi, formatasi a causa della velocità cui ci hanno abituato le nuove tecnologie informatiche e del web. Per approfondire il
tema qui descritto si faccia riferimento al libro di Marshall Mcluhan,
Capire i media. Gli strumenti del comunicare, Il saggiatore, Milano, 1967, ed. orig. Understanding Media: The Extensions of Man,
McGraw-Hill, New York, 1964.
25. Giovanni Ragone, I media e la memoria della letteratura, in
“History. Riscritture della storia nella fiction contemporanea” Ilardi,
Giuseppe Martella (a cura di ), Liguori, Napoli, 2007, pp. 7-15.
26. Il termine prosumer nasce nel libro The third wave (1980) di
Alvin Toffler, come spiega Enrico Menduni nell’Enciclopedia della Scienza e della Tecnica Treccani.it. Questo vocabolo descrive un
consumatore che è a sua volta produttore o che consuma mentre
produce. Il prosumer non aderisce al consumo di massa ma piuttosto
preferisce la molteplicità dei gusti e delle tendenze dei cittadini delle
ricche società che preferiscono delocalizzare le produzioni di beni
in Paesi del terzo mondo dal basso costo del lavoro. Oggi il termine
si riferisce al mondo virtuale del web dove l’attività del visitatore è
determinante per il commercio elettronico come per la generazione
di prodotti multimediali perché ne offre il proprio giudizio a vantaggio dei prossimi fruitori. Si determina così la nascita di un vero
2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove tecnologie
Michela Ardito
e proprio genere mediale, i contenuti generati dall’utente. Da http://
www.treccani.it/enciclopedia/prosumer_(Enciclopediadella- Scienza-e-della-Tecnica)/.
27. Paolo Galluzzi, Museo virtuale, voce in Enciclopedia Treccani,
XXI Secolo (2010), in http://www.treccani.it/enciclopedia/museovirtuale_(XXI-Secolo)/.
28. Con il termine Wiki si intendono quei siti web che vivono di
collaborazione attiva delle comunità dei loro frequentatori nell’elaborazione di prodotti multimendiali.
Con il termine Blog in particolare si intende un sito web assimilabile
ad un giornale on-line interattivo in cui i contenuti gestiti e pubblicati periodicamente dal blogger conservano contenuti multimediali
con cui il visitatore può eventualmente interagire.
Per e-learning o teledidattica si intende la possibilità di imparare
sfruttando la rete internet e la diffusione di informazioni a distanza.
I progetti educativi di molte istituzioni propongono la teledidattica
non solo come complemento alla formazione in presenza, ma anche
come percorso didattico rivolto ad utenti aventi difficoltà di frequenza in presenza. Attraverso la teledidattica si facilita la formazione
continua e quella aziendale, specialmente per le organizzazioni con
una pluralità di sedi.
Social tagging, o attività di tagging, consiste nell’attribuzione di una
o più parole chiave, dette tag, che individuano l’argomento di cui si
sta trattando, a documenti e file su internet. In sostanza, il tagging
è una modalità per l’organizzazione dell’informazione alternativa
alla gerarchizzazione attraverso categorie fisse. La classificazione
attraverso i tag ha portato alla definizione di convenzioni pattuite
all’interno di determinate comunità virtuali, e non derivanti da un
vero e proprio standard formalizzato, qui il termine social tagging.
29. I tre ambiti specifici scelti sono gli stessi su cui si concentrano
le ricerche sull’uso della multimedialità e interazione nel campo dei
Beni Culturali per la divulgazione e fruizione del patrimonio culturale mediante dispositivi mobili ordinati nell’articolo di T. Empler,
APP design con uso della realtà aumentata per divulgazione dei
Beni Culturali, in Disegnare idee immagini, n.50, Gangemi Editore,
Roma, 2015, pp. 60-69.
30. Le nuove tecnologie hanno contribuito a trasformare i dispositivi
in strumenti di personal computing e di mobilità eccellenti. Esse si
sono tradotte in sensori che contribuiscono a rendere la nostra espe-
rienza con un dispositivo mobile sempre più ricca e affascinante.
Alcuni tra i sensori più utili ai nostri scopi:
- l’accelerometro: permette di catturare i movimenti e i gesti dell’utente sul dispositivo abilitando funzionalità e attività sulla base di
informazioni e configurazioni predefinite. Serve a misurare l’accelerazione del dispositivo rispetto alla caduta libera, ha quindi una
funzione di inclinometro che determina l’orientamento del display
sfruttando i tre assi di cui è composto;
- il magnetometro: è un sensore che permette di avere una bussola nel dispositivo, le applicazioni più interessanti di questo sensore
sono sicuramente la rotazione nelle mappe/navigatori satellitari in
tempo reale rispetto al cursore che rappresenta la posizione;
- il giroscopio: è un particolare sensore che si affianca all’accelerometro per misurare l’inclinazione del dispositivo, serve per rilevare i
movimenti nei tre assi tridimensionali X,Y e Z dell’oggetto;
- il GPS: è un sensore che consente di localizzare la posizione del dispositivo con lo scarto di pochi metri rispetto la posizione effettiva.
31. Cfr. Riccardo Migliari (a cura), Prospettiva dinamica interattiva: la tecnologia dei videogiochi per l’esplorazione dei modelli
3D di architettura, Kappa, Roma, 2008 e in particolare, dello stesso
autore nel medesimo volume il saggio Introduzione alla prospettiva
dinamica interattiva, pp. 6-17.
32. Si consiglia di consultare il paragrafo 5.2 per maggiori chiarimenti sul tema della visione stereoscopica.
33. Il termine Edutainment assume questa denominazione dall’unione delle parole inglesi education “educazione” ed entertainment “intrattenimento”. Si tratta di un neologismo coniato da Bob Heyman,
documentarista per la società National Geographic, già utilizzato
negli anni ‘60 da Marshall Mc Luhan.
Nel ramo della comunicazione del bene culturale, un prodotto finalizzato all’edutainment, corrisponde all’esigenza di comunicare
divertendo. L’esperienza viene consumata sul proprio computer o
per mezzo di supporti digitali interattivi sul luogo dell’esperienza
La necessaria partecipazione attiva del fruitore, diviene l’evidente
presupposto per raggiungere la conoscenza auspicata.
34. I linked Open Data sono una modalità di pubblicazione di dati
atti ad essere collegati fra loro e quindi utilizzabili attraverso interrogazioni semantiche. Nascono per fornire informazioni che possano
essere lette e comprese da tutti i computer. Questo rende possibile
45
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
collegare e utilizzare dati provenienti da diverse sorgenti.
Nel 2009, a partire da Tim Berners Lee, un fondatore del World
Wide Web, si è passati progressivamente dal web dei documenti al
web dei dati. Il fine è quello di creare un unico grande database globale e distribuito, interrogabile dalle macchine indipendentemente
dalla provenienza dei dati : il Web Semantico.
Da http://www.culturaitalia.it/opencms/linked_open_data_it.jsp
46
3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello
Michela Ardito
3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello
3.1 L’impostazione generale
Obiettivo generale della tesi è quello di interpretare, attraverso un’opportuna sperimentazione, “l’innovazione tecnologica quale strumento attivo e intelligente per una comunicazione accessibile, partecipata e coinvolgente dei beni culturali”1.
In particolare, l’ambito di interesse della tesi è relativo all’approfondimento disciplinare di “modelli” per la comunicazione e valorizzazione del Patrimonio Culturale. Il punto di vista
adottato è stato quello di indagare il segmento dei modelli digitali navigabili, proponendo diverse esperienze di fruizione
e visita dei Beni Culturali ma sempre a partire dalle diverse
declinazioni di un modello tridimensionale.
All’interno di quest’ottica generale, per meglio circoscrivere
la tesi, è stato adottato un particolare caso studio: il progetto
di Marcello Piacentini per il cosiddetto “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma (figg. 1-3). Un caso
studio particolare, paradigma sulla “città nuova”, scelto an-
1/La città universitaria 1935, FotografiaLa città universitaria 1935, Fotografia. (da Archivio Storico “Sapienza”)
47
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
che per un’occasione speciale: i festeggiamenti per gli ottanta
anni dall’inaugurazione, avvenuta il 31 ottobre 1935.
La particolarità del caso studio ha permesso di orientare la
ricerca nella direzione delle possibili applicazioni in un segmento applicativo non troppo usuale, quello dello spazio
aperto e in particolare dello spazio urbano.
Nel segmento dei beni architettonici e dello spazio urbano,
per una corretta comunicazione del bene, è infatti necessario
che le applicazioni tecnologiche prendano le mosse a partire
dalla ricostruzione e riproposizione dello spazio tridimensionale, proponendo al fruitore “la “scena digitale 3D” “sia in
quanto interfaccia di accesso ai contenuti culturali e sia in
quanto luogo in cui si costruiscono informazioni. Tale modalità di approccio, analoga e interattiva, incardinata sul coinvolgimento sensoriale ed emozionale, si costituisce di fatto
come un valore aggiunto per la comunicazione, la fruizione
e l’elaborazione di informazioni e contenuti, qualificandosi
utilmente per la valorizzazione del patrimonio culturale”2.
2/ La città universitaria 1935, Planimetria di M. Piacentini
(da Archivio storico “Sapienza“)
3/ Disegno 3D Città universitaria, posteriore 1935
(da Archivio storico “Sapienza“)
48
L’intenzione principale delle sperimentazioni della tesi è dunque quella di riproporre ai possibili visitatori uno tra i progetti urbani più impegnativi, per dimensione e per destinazione
d’uso, condotto a termine in soli tre anni dal regime fascista.
Un esempio che è certamente importante testimonianza
dell’architettura degli anni ’30 in Italia e della volontà di conciliare la modernità con la tradizione. Il progetto della Città
Universitaria è considerabile una delle più significative soluzioni di questa volontà dove “i riferimenti culturali sono ancora tratti dalla classicità, ma rivisitati attraverso una nuova
chiave, quella della “semplificazione” che diviene essa stessa
modernizzante dei motivi e dei modelli desunti dalla storia. Il
linguaggio si rarefa attraverso un processo di semplificazione
delle masse, di sintesi dei volumi e delle sagome, di astrazione degli elementi decorativi, con una maggiore tensione verso
una accentuazione della purezza delle forme geometriche”3.
Un’aspirazione alla sintesi tra modernità e tradizione che gli
architetti del tempo risolvevano in particolare attraverso “uno
sforzo grafico-progettuale incessante e continuo, dove l’oggetto architettonico è l’elemento di mediazione irrinunciabile
tra la visione urbana complessiva e il dettaglio puntuale e accurato”. Un modo di “fare architettura” attraverso il disegno
inteso quale metodo “di studio e di lavoro (per) tenere salda-
3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello
Michela Ardito
mente insieme il disegno di architettura e il disegno urbano,
l’edilizia e l’urbanistica”4.
Il progetto del “quadrato piacentiniano” è dunque una testimonianza significativa della nostra storia recente e perciò si
ritiene necessario che sia “raccontato”5, dunque innanzitutto
rappresentato, nel suo stato originario. Se a un primo distratto sguardo può infatti apparire che la Città Universitaria non
abbia subito rimaneggiamenti, le necessità d’uso hanno costretto a significative modificazioni degli spazi e dei volumi,
con aggiunte e superfetazioni di fabbricati, sostituzioni di
manufatti, diversa viabilità, sostituzione dell’impianto vegetazionale, ecc. Una trasformazione che il “traffico”, dei veicoli e dell’alto numero di utenti, rende ancora più evidente,
marcando una distanza significativa tra il progetto, o meglio
ancora i disegni di progetto, e lo stato di fatto.
Una storia che può essere rintracciata, ricostruita e narrata a
partire soprattutto dai disegni di progetto e che “per essere
comunicata non solo agli specialisti del settore necessita di
essere ‘messa in forma’ ovvero virtualmente ‘ri-costruita’.
Solo riproducendo l’illusione di quelle scene tale patrimonio potrà così divenire comunicativo anche per l’utente ‘non
esperto’; scene che, attraverso i meccanismi percettivi, consentiranno di suscitare emozioni nell’osservatore e dunque di
attivare per empatia la partecipazione al processo comunicativo e così di avvicinarlo alla conoscenza”6.
La tesi ha dunque orientato secondo questi intendimenti generali le sperimentazioni. Le applicazioni, infatti, sono state
condotte a partire dalla formulazione di ipotesi tridimensionali ricostruttive dell’unità figurale del progetto piacentiniano
con l’obiettivo di concorrere al miglioramento della leggibilità stessa del bene.
Tali sperimentazioni sono riferibili all’ambito denominato
“restauro virtuale” che “nato nel campo della conservazione
dei Beni Culturali (…) ha allargato l’ambito di applicazione
indicando, oggi, non solo l’utilizzo di tecniche di image processing applicate ai beni culturali ma anche tutte le metodologie atte a restituire le fattezze originali di un’opera altrimenti
non accessibile”7.
In quest’ambito le tecnologie visuali sono la via possibile per
ristabilire l’unità formale di “quelle opere d’arte (che) siano intangibili e che, solo attraverso una simulazione digitale,
possano vedere migliorata la propria leggibilità”8 cosicché
la riconfigurazione dell’aspetto perduto contribuisce ad ampliarne il contributo di conoscenza.
Le “reintegrazioni digitali” sono perciò prefigurazioni, seppur virtuali, e in questo modo sono state considerate nella
tesi, cioè come formulazioni di ipotesi storico-critico-estetiche in modo da corrispondere alle due istanze, quella storica
e quella estetica, che secondo la definizione di Cesare Brandi
insieme concorrono a qualificare un’opera d’arte9.
3.2 L’articolazione della sperimentazione
Sulla base delle considerazioni fin qui condotte sono state articolate le diverse fasi operative delle sperimentazioni.
La prima fase è stata indirizzata alla costruzione del modello tridimensionale digitale basato su informazioni puntuali e
rigorose ricavate dallo stato di fatto e dalla documentazione
storica. I principali documenti assunti, che hanno consentito di corrispondere all’istanza storica, sono stati ovviamente
quelli iconografici, in particolare i disegni di progetto, tra cui
quelli conservati negli Archivi della Sapienza, pubblicati e
non, nonché quelli pubblicati nelle riviste di settore degli anni
’30, comunque integrati da puntuali ricerche bibliografiche.
Perciò, a partire dalla documentazione iconografica e dallo
stato di fatto, del caso studio è stato ripercorso il processo
storico e data una lettura interpretativa, per formulare un’ipotesi tridimensionale ricostruttiva del “progetto del quadrato
piacentiniano” concretizzatasi nella ricostruzione del modello. In particolare dall’interpretazione dei diversi disegni di
progetto è derivata l’individuazione delle geometrie generatrici compositive e delle maglie strutturali che, verificatene
la coerenza con le realizzazioni, ha consentito di orientare la
modellazione e di contenere al minimo le deformazioni dei
materiali raster.
La successiva fase sperimentale è stata finalizzata alla resa
percettiva coerente con l’interpretazione storico-critica e tale
da corrispondere all’istanza estetica come definita da Cesare
Brandi, definendo trattamenti delle superfici dei modelli e degli spazi urbani. Ciò in relazione alla finalità generale della
tesi, che è quella di sperimentare le tecnologie visuali per la
49
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
simulazione dello spazio al fine di proporre “rappresentazioni” attraverso cui realizzare una comunicazione accessibile,
partecipata e coinvolgente dei beni culturali.
In tale senso, dato il particolare caso studio, il progetto del
quadrato piacentiniano, per il trattamento superficiale dei
modelli degli edifici è stata definita una “resa percettiva” derivata dai disegni di progetto e che simulasse tanto la grana
della carta quanto i tratti grafici. Ci si è poi soffermati sul
trattamento degli ulteriori elementi, da quelli decorativi e
scultorei fino alla vegetazione.
L’ultima fase ha riguardato le applicazioni di diversi “modelli visuali navigabili” proponendo differenti percorsi culturali
per la “visita” del Bene, fruibili in presenza e secondo diversi
livelli di interattività e/o immersività. Punto di partenza delle
diverse applicazioni è stato il “modello tridimensionale”, via
via integrato e sperimentato per diversi ambienti. In particolare le applicazioni propongono l’esplorazione delle ricostruzioni digitali dei progetti dei casi studio sperimentando:
- il panorama sferico statico, ovvero un modello digitale da
cui sono derivate rappresentazioni panoramiche e virtual tour
navigabili a 360° ma solo da punti di vista prefissati, dunque
fruibili in modo discreto e discontinuo;
- il panorama sferico dinamico, ovvero un modello digitale
da cui sono derivati video panoramici navigabili a 360° da
più punti di vista e percorsi scelti dagli utenti, dunque fruibili
con maggiore interazione e fluidità rispetto ai panorami sferici dinamici,
- la prospettiva dinamica interattiva per la navigazione in
real-time del modello digitale, che consente un’elevata interazione con lo spazio ricostruito potendolo esplorare in modo
fluido e continuo,
- la prospettiva dinamica sia interattiva e sia immersiva che
consente un’esperienza per così dire totalizzante.
Le esperienze proposte, attraverso le applicazioni realizzate,
sono di esplorazioni fluide con o senza soluzioni di continuità e secondo diversi livelli di immersività della ricostruzione
tridimensionale del progetto piacentiniano.
Nei capitoli successivi le descrizioni delle diverse applicazioni relative alle diverse tipologie di “modelli visuali navigabili” sono state trattate prima inquadrandole rispetto alle
questioni scientifico-disciplinari e poi descrivendo i principali passaggi procedurali.
50
Nell’ultimo capitolo della sperimentazione è tratteggiata la
possibilità di un’integrazione dei modelli navigabili attraverso la predisposizione di un’applicazione per dispositivi mobili.
3.3 Il progetto della città universitaria e il “quadrato piacentiniano”
Appena annessa la città di Roma allo Stato italiano, emerge
immediata la necessità di una modernizzazione degli istituti universitari romani e l’ipotesi di una trasformazione con
un’unica grande area a tale scopo dedicata.
Ma già nel 1875, i costi eccessivi che questa trasformazione
avrebbe comportato, convinse la Commissione, nominata con
Regio Decreto il 16 ottobre 1874 e presieduta da Quintino
Sella, ad abbandonare il progetto ed a persistere nella tripartizione del sistema universitario romano, diviso tra il Palazzo
della Sapienza, l’area di Panisperna e quella di S. Pietro in
Vincoli, immaginando che potesse sopportare ulteriori sviluppi.
La convinzione della necessità di una trasformazione non è
però abbandonata e nel 1906 è ripresa grazie ad un acceso
dibattito che infervora le pagine del quotidiano “La Tribuna” con voci ed interventi autorevoli. Nel frattempo, sempre
nei primi anni del ‘900, sono individuate ed acquisite diverse
aree tra Castro Pretorio e Tiburtino con il fine di rilocalizzare
ed ingrandire alcune sedi universitarie e l’ospedale Policlinico (fig. 4). Poi, nel 1909, su consiglio dell’architetto Gustavo Giovannoni, si procede alla modifica del piano regolatore
nella zona situata tra il cimitero monumentale del Verano e di
Castro Pretorio.
Nel 1931, in seguito alla realizzazione del Ministero dell’Aeronautica a Castro Pretorio, sono nuovamente proposti alcuni
progetti per il trasferimento della sede centrale dell’Università nella medesima area.
Così, nell’aprile del 1932 il Duce affida a Marcello Piacentini l’incarico di Direttore e Architetto Capo per realizzare,
in soli tre anni, quello che doveva essere l’esempio “dello
spirito nuovo” sull’istruzione superiore: la Città Universitaria
di Roma.
A tale scopo Piacentini dispone un’organizzazione comples-
3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello
Michela Ardito
4/ Aree acquisite per l’Università tra Castro Pretorio e Tiburitino
1907 (dall’ Archivio di Stato)
sa. Affida la gestione degli aspetti finanziari e amministrativi
al “Consorzio per l’assetto edilizio della Regia Università di
Roma” appositamente costituito il 4 aprile del 1932. Pone
alla direzione dell’Ufficio Tecnico del Consorzio l’ingegnere
Francesco Guidi, che aveva già collaborato con lui, e suddivide l’intera direzione lavori in quattro lotti funzionali, ognuno
dei quali è affidato ad un team composto da un ingegnere,
un geometra e un assistente. Poi incarica Eugenio Montuori
della direzione artistica e del controllo urbanistico dell’intero complesso e Gaetano Minnucci del coordinamento degli
aspetti tecnico-costruttivi e tecnologici.
Infine designa un’equipe di giovani progettisti ed architetti
affidando ad ognuno la responsabilità di un singolo edificio.
A Pietro Aschieri viene assegnata la progettazione dell’edificio della Facoltà di Chimica, a Giuseppe Capponi quella per
la Facoltà di Botanica, ad Arnaldo Foschini il volume della
Facoltà di Ortopedia, Igiene ed anche l’ingresso monumentale, a Giovanni Michelucci la responsabilità dell’edificio della
Facoltà di Mineralogia, a Giuseppe Pagano il progetto per la
Facoltà di Fisica, a Giò Ponti per la Scuola di Matematica e
a Gaetano Rapisardi gli edifici della Facoltà di Lettere e Fi-
losofia e della Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche.
Marcello Piacentini avoca a sé la progettazione dell’edificio
del Rettorato e fornisce all’intera equipe di progettisti direttive generali non solo di carattere tecnico, economico, organizzativo e funzionale alle quali attenersi.
Nelle lettere inviate ai colleghi architetti per comunicare le
linee guida del progetto, Piacentini si sofferma infatti a sottolineare l’importanza della funzionalità e della praticità degli
ambienti e chiede di tenere presente “la necessaria semplicità, l’abbandono della leziosa decorazione rinunciando alla
personalità ed originalità, alle correnti di moda per costruire
edifici nobilissimi per soddisfare l’oggi e il domani”10.
Oltre alle precise indicazioni dettate dalla forma generale
d’impianto e per la caratterizzazione monumentale di ogni
singolo edificio, i dettati puntuali sono fissati anche per il disegno della vegetazione, soprattutto nella piazza della Minerva, caratterizzato da siepi e cespugli con forme geometriche
in gran parte squadrate, calibrate in proporzione al carattere
d’impianto. Lungo i viali, invece, si indica di preferire una
vegetazione con alti alberi ed arbusti che possano garantire
zone di ombra e refrigerio nei tratti di più lunga percorrenza
(fig. 5).
Ulteriori istruzioni sono poi date per i materiali da adottare,
che testimoniano una ricerca per le soluzioni tecnologicamente più avanzate. Si è lasciata anche la possibilità di inserire pietre regionali come il peperino, lo sperone e il tufo,
Piacentini precisa che la trama generale dei prospetti deve
essere simile a quella dei mattoni, ma dovendo optare per il
“nuovo materiale” della litoceramica la cui produzione era
stata messa a punto in quegli anni dalle industrie italiane .
Altro materiale di riferimento è il travertino, tagliato e disposto in diversi modi, da usarsi largamente soprattutto sui fronti
che definiscono la piazza della Minerva per sottolineare la
monumentalità del luogo.
Non sfuggono ai dettami fissati da Piacentini quelli relativi ai
dettagli e per gli apparati scultorei e simbolici (bassorilievi e
fasci littori, questi ultimi smantellati, figg. 6, 7). Infine sono
fissate ulteriori regole per un sistema di iscrizioni con lettere
in travertino di grandi dimensioni “con lo scopo di completarne la decorazione e precisarne il significato e le intenzioni”11.
Gli edifici delle Facoltà sono così facilmente riconoscibili
grazie alle loro denominazioni poste nella sommità dei fronti
sul lato delle entrate, mentre per il Rettorato e gli edifici che
51
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
5/ Disposizione della vegetazione. Siepi e cespugli appena piantati nelle aiuole in piazza della Minerva, alberi e arbusti lungo il viale principale, Fotografia del 1935. (da Archivio storico “Sapienza”)
lo affiancano, sul lato verso la piazza, sono collocate epigrafi
solenni in latino per sottolinearne l’austera importanza.
Il progetto della città universitaria nel suo complesso è dunque un’importante testimonianza dell’architettura degli anni
’30 in Italia e della volontà di conciliare la modernità con la
tradizione, controllando la coerenza tra il dettaglio, l’edificio
e l’intero disegno urbano.
Le disposizioni planimetriche degli edifici dettate dell’architetto Piacentini sottolineano ed enfatizzano infatti le componenti monumentali tipiche dell’architettura di regime che rimandano alla tipologia classica e rinascimentale fondate sulla
simmetria, sull’allineamento della viabilità rispetto agli assi
principali, sulle proporzioni degli spazi aperti che definiscono
la gerarchia dei luoghi in ordine di importanza.
6/ Particolare del fronte in travertino degli edifici che affacciano
su piazza della Minerva. (da Rivista ARCHITETTURA XIV, 1935)
52
La Città universitaria esprime, attraverso un’organizzazione
precisa e dettagliata, l’idea di una “città rivolta in sé stessa,
definita da un ingresso imponente e da un largo viale fiancheggiato da edifici che conduce ad un’ideale-piazza italiana”12.
Lo stesso Piacentini, nell’articolo introduttivo al fascicolo
speciale di “Architettura” 1935, dal titolo “La Città Universitaria di Roma”, scrive: “Ho voluto riprendere in un tema
modernissimo il concetto della migliore tradizione urbanistica a noi derivata dall’antichità greco-romana e dal nostro
Rinascimento. È la concezione dell’Agorà e del Foro, delle
piazze quattro e cinquecentesche, cioè la espressione comple-
3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello
Michela Ardito
“uno schema di pianta basilicale a transetto”14 (fig. 8). Secondo questo schema dall’ingresso, evidenziato da propilei
monumentali “ha inizio il grande viale centrale della Città
Universitaria che, largo 60 metri, finisce nel vasto foro trasversale, il vero centro della composizione urbanistica e architettonica. Di fonte al viale, sul suo asse, e posta a chiudere
il lato lungo del foro, si erge l’imponente mole dell’edificio
del Rettorato e della Biblioteca, che forma con gli affiancati
edifici delle Lettere e della Giurisprudenza un complesso unitario, con un fronte lungo circa 200 metri”15 (fig. 9).
È dunque soprattutto nella vasta piazza rettangolare, disposta
trasversalmente all’asse del viale, definita dagli edifici che vi
si affacciano, l’autentico fulcro dell’intero progetto della Città Universitaria, il cosiddetto “quadrato piacentiniano” che ha
costituito il fulcro delle sperimentazioni della presente tesi.
7/ Dettagli apposti in facciata della Facoltà di Lettere e Filosofia,
scritte e bassorilievi. (da Rivista ARCHITETTURA XIV, 1935)
ta e complessa della nostra edilizia cittadina, che si traduce
in questo nuovo organismo e perpetua in forme moderne lo
spirito della civiltà antica”13.
Il cardine del disegno generatore da cui derivano le principali geometrie compositive dell’insieme e quelle di dettaglio
è dunque fissato da Piacentini, e già nel maggio del 1932, in
8/ M. Piacentini, planimetria preliminare , 1932.
(da Archivio Regni-Sennato)
53
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
9/ Modello della Città universitaria nella soluzione del 1933. (da Archivio dell’ Ufficio Tecnico dell’Università “Sapienza”)
3.4 La costruzione del modello. Dal controllo metrico-geometrico alla resa percettiva
La prima fase è stata indirizzata alla costruzione del modello
tridimensionale digitale basandolo su informazioni puntuali e
rigorose ricavate dallo stato di fatto e dalla documentazione
storica. I principali documenti assunti, che hanno consentito di corrispondere all’istanza storica, sono stati ovviamente
quelli storico-iconografici, in particolare i disegni di progetto,
comunque integrati da puntuali ricerche bibliografiche, da cui
sono state derivate le fondamentali notizie cronologiche.
Relativamente ai materiali storico-iconografici le fonti principali sono state l’Archivio cinematografico dell’Istituto
Luce16, l’Archivio Storico della Sapienza17 e il fascicolo speciale che la rivista “Architettura” dedica alla città universitaria nel 193518.
Sulla base delle documentazioni iconografiche reperite, soprattutto i disegni di progetto e diverse foto d’epoca, dai confronti derivati da numerosi sopralluoghi sono emerse diverse
differenze tra lo stato attuale della piazza e quello del 1935.
54
Come già anticipato nei paragrafi precedenti, la Città Universitaria ha subito negli anni manomissioni e trasformazioni.
Tra i tanti, uno dei casi più evidenti di aggiunte ai fabbricati,
rispetto allo stato del ‘35, è quello della Facoltà di Lettere e
Filosofia. Negli anni ‘55-’60 sono state effettuate diverse modifiche in pianta e in elevazione del complesso architettonico;
sono stati aggiunti livelli allo stabile laterale in direzione sud
ed è stato costruito un corridoio esterno di collegamento dietro il volume curvo in forma di abside, anch’esso innalzato di
due piani. Negli anni ‘80 è stato poi anche sopraelevato, con
strutture prefabbricate, il corpo parallelo all’Aula Magna del
Rettorato (figg. 10-15).
Purtroppo, in alcuni casi, non è stato possibile identificare
con assoluta certezza la consistenza dei cambiamenti avvenuti, sia per l’impossibilità di reperire la necessaria e corretta
documentazione e sia perché tali modifiche sono avvenute
reiterando forme e tecniche costruttive simili a quelle originali.
Nonostante la consistenza del materiale iconografico, in alcuni casi i disegni esecutivi del progetto non erano comunque
3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello
Michela Ardito
La procedura per la costruzione dei modelli metrico-geometrici ha seguito un workflow sintetizzabile in: individuazione
della documentazione iconografica; analisi critica e selezione
degli elaborati e confronto con lo stato di fatto; trasformazione in formato raster; ridisegno vettoriale 2D con software
CAD; costruzione dei modelli matematici.
10/ Fotografia ampliamento anni’60 e ‘80
esaustivi per una completa costruzione tridimensionale degli
edifici. In questi casi le lacune sono state integrate grazie alle
fotografie storiche reperite, da cui sono state desunte quelle
ulteriori informazioni per una ricostruzione di massima che
ha permesso di approntare il modello generale con un’attendibilità coerente ad una scala di rappresentazione di 1:200.
La ricostruzione dei modelli metrico-geometrico di ogni edificio ha perciò proceduto dall’analisi delle rappresentazioni di
progetto, da cui sono state desunte le principali regole compositive e strutturali, così come le dimensioni degli spazi e le
divisioni degli ambienti, ecc. Con riferimento alla planimetria generale di progetto sono state fissate tanto le dimensioni
generali del singolo fabbricato quanto le rispettive relazioni
tra i vari edifici, mentre dalle fotografie storiche sono derivate
alcune informazioni ad integrazione e anche verificate la corrispondenza con l’effettiva realizzazione.
Tale analisi preliminare ha permesso di fissare le basilari regole e geometrie bidimensionali e tridimensionali di riferimento per la disposizione e l’allineamento dei principali elementi sui differenti piani orizzontali e verticali.
Procedendo nel disegno livello per livello, gli schemi rintracciati nelle diverse piante sono stati “impilati” alle rispettive
quote. Il controllo contestuale degli allineamenti, interni ed
11/ Prospetto progetto ampliamento anni ‘55 -’60. (da Archivio storico “Sapienza”)
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
14/ Modello matematico in costruzione che riproduce il lato posteriore Facoltà di Lettere
12/ Fotografia 1935. (da Rivista ARCHITETTURA n. XIV, 1935)
15/ Pianta progetto anni ‘30, arch. G. Rapisardi
(da Rivista ARCHITETTURA XIV, 1935)
13/ Pianta progetto ampliamento anni ‘55 -’60
(da Archivio storico “Sapienza”)
56
esterni e ai diversi piani, ha consentito di costruire, lì dove la
verifica aveva dato esito positivo, diverse porzioni del modello in modo continuo dal basso verso l’alto19.
A tale scopo, si sono importati i materiali raster nel software
vettoriale Autodesk Autocad per digitalizzare gli elaborati bidimensionali, dopo aver reso tra loro coerenti i materiali dal
3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello
Michela Ardito
punto di vista geometrico. Si è poi passati a lavorare nello
spazio digitale tridimensionale con il software Rhinoceros,
confrontando piante, prospetti e sezioni, per costruire il mo-
dello matematico di ogni edificio e poi dell’insieme del quadrato piacentiniano (figg. 16-24).
16/ Fotografie storiche (dalla Rivista ARCHITETTURA XIV, 1935)
17- 18- 19- 20/ Disegni di progetto Scuola di Matematica, G. Ponti.
(dalla Rivista ARCHITETTURA XIV, 1935)
57
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
Come già anticipato la fase seguente è stata indirizzata ad una
resa percettiva dello spazio urbano e degli edifici coerente
con le finalità generali delle applicazioni che sono quelle di
proporre una visita del progetto originario della Città Uni-
21- 22/ Disegni bidimensionali digitalizzati in Autodesk Autocad e
Modello matematico della Scuola di Matematica, Rhinoceros.
(dalla Rivista ARCHITETTURA XIV, 1935)
24/ Rendering del modello dei soli fabbricati
58
23/ Inserimento del modello 3D costruito tramite i disegni di progetto del ‘35, sulla planimetria definitiva dell’arch. M Piacentini
del 1935
3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello
Michela Ardito
versitaria.
Relativamente allo spazio urbano ci si è preoccupati di approfondire lo studio del progetto della vegetazione e di quei
manufatti ne completano l’arredo, come la fontana centrale e
soprattutto la statua bronzea della Minerva, opera dello scultore di regime Arturo Martini.
Per la vegetazione, desunto il sistema generale dalle descrizioni bibliografiche e le forme e i volumi dalle documentazioni iconografiche, questa è stata direttamente costruita nel
modellatore matematico Rhinoceros, dopo aver disegnato e
posizionato i marciapiedi e le aiuole. In particolare si è avuta
cura di differenziare tra le siepi interne alla piazza con geometrie squadrate e gli alberi e gli alti arbusti lungo il viale
principale (fig. 25).
Per la modellazione della statua della Minerva si è fatto ricorso ad un software di structure from motion, che ricade
nell’ambito della fotogrammetria digitale monoscopica multi-immagine20.
Per la semplicità dell’oggetto da modellare, o meglio non ritenendosi di dover acquisire un modello dotato di una elevata
affidabilità metrica ma piuttosto volumetrica e formale, si è
optato per Autodesk 123D, un servizio di cloud computing.
Dapprima si sono realizzate le riprese fotografiche adottando
uno schema di ripresa tutto attorno alla statua, sempre con
la medesima ottica e in modo di ottenere immagini nitide
ma con adeguati contrasti di luce necessari all’elaborazione
del modello dato che il software opera il riconoscimento dei
punti omologhi sulle diverse foto a partire dall’informazione
colorimetrica oltre che quella morfologico-spaziale.
Gli algoritmi utilizzati dal software consentono di orientare
automaticamente le riprese fotografiche nello spazio, di visualizzare i risultati delle elaborazioni, di apportare le eventuali modifiche ritenute necessarie per poi reinviare il modello di output al servizio stesso (fig. 26). Il software deriva poi
una nuvola di punti che elabora restituendo già un modello
poligonale ricostruito ammorbidendo le parti più spigolose.
Il modello restituito è esportabile anche nel formato .fbx che
memorizza, oltre al modello poligonale e le relative coordinate di mappatura, anche la posizione e l’orientamento delle
prese fotografiche.
La successiva attenzione è stata rivolta alla resa degli esterni
25/ Vista del modello con la differenziazione della vegetazione, Rhinoceros.
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
26/ Schema delle prese fotografiche e costruzione automatica del modello tramite fotomodellazione con software Autodesk 123D Catch
dei singoli fabbricati. In questo caso, se i disegni esecutivi si
sono ritenuti più che sufficienti per la ricostruzione del modello metrico-geometrico, per il trattamento superficiale degli edifici si è invece utilizzato come riferimento principale il
trattamento grafico adottato nelle prospettive. Questi infatti
meglio descrivono gli esterni, argomentando le relazioni tra
i materiali, i dettagli sulle facciate e la pesantezza materica
affidata ai rapporti di luce e ombra dei volumi (figg.27-30).
Purtroppo non è stato possibile rintracciare un gran numero
di prospettive, così come questo tipo di rappresentazioni, per
loro stessa natura, non sempre descrivono le soluzioni progettuali definitive, essendo prodotte soprattutto nelle fasi iniziali.
Dall’analisi della documentazione rintracciata è stato però
possibile fissare una texture che simulasse tanto la grana della
carta quanto le principali grafie adottate. La trama dei diversi
materiali è stata rappresentata con dei disegni tradizionali a
60
“mano”, opportunamente sintetizzati in relazione alla scala di
rappresentazione, poi digitalizzati e salvati formato digitale
compresso .jpg (fig. 31).
Una volta terminato il modello matematico complessivo dello
spazio urbano e dei singoli edifici, questo è stato tradotto in
modello numerico o poligonale per il trattamento delle superfici.
Prima di esportare i modelli dall’ambiente matematico a
quello numerico è stato però necessario operare delle preliminari operazioni di partizioni dei modelli in superfici e volumi, in modo da predisporre e facilitare il posizionamento
delle texture e anche per sintetizzare con pochi poligoni le
parti assimilabili a piani e invece aumentando il numero delle facce in presenza di superfici curve. Ciò ha permesso di
ottenere una resa dei dettagli coerente con le necessità della visione naturale e, contestualmente, con le condizioni per
3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello
Michela Ardito
27/ Prospettive fronte del Rettorato, soluzione 1933. (da Archivio storico “Sapienza“)
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Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
28/ Prospettive verso la Facoltà di Ortopedia e ingresso propilei, soluzione precedente al 1935. (da Archivio storico “Sapienza”)
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3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello
Michela Ardito
29/ Prospettiva delle Facoltà di Ortopedia e Igiene verso i propilei d’ingresso, soluzione precedente al 1935. (da Archivio storico “Sapienza”)
30/ Prospettiva verso la Facoltà di Mineralogia e Geologia, soluzione 1933. (da Archivio storico “Sapienza”)
la navigazione dinamica che, come noto, sono inversamente
proporzionali al “peso” del modello, a sua volta relazionato
alla quantità di poligoni necessari alla precisione dei dettagli
(fig. 32).
A tale scopo i modelli sono stati esportati nel software di
rendering Autodesk 3D Studio Max, un ambiente numerico
in cui le superfici Nurbs vengono tassellate e trasformate in
mesh e le equazioni delle superfici sono sostituite dalle coordinate dei punti, vertici dei poliedri21.
In ambiente numerico sono così state associate alle superfici
degli edifici le texture dapprima definite e salvate in formato
digitale compresso .jpg usandole come bitmap nel canale diffuse, ovvero come colore del materiale da assegnare all’og-
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
31/ Texture utilizzate nel software di rendering Autodesk 3D Studio Max. A sin la foto di riferimento, a dx il disegno della trama eseguito a
mano. Le texture in ordine sono: acqua, asfalto della strada, cielo, intonaco, mattoni in litoceramica, asfalto del marciapiede, bronzo, lastre
di travertino rettangolari con giunti sfalsati, lastre di travertino rettangolari con giunti retti, lastre di travertino quadrate, vegetazione.
getto, ottenendo i rendering più efficaci per rappresentare il
progetto del quadrato piacentiniano (fig. 31).
Per facciate in litoceramica data la scala di rappresentazione,
il disegno della trama è stato semplificato con sole linee orizzontali (fig. 33).
Diversamente è avvenuto per le facciate rivestite in traverti-
64
no, dove il disegno dei blocchi doveva seguire quello originale, con i blocchi disposti con le corrette proporzioni e secondo
le giuste distanze dalle bucature. A tale scopo è stato adottato
come accorgimento un diverso disegno per ogni facciata in
modo da simulare correttamente il rivestimento.
3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello
Michela Ardito
32/ Vista del modello con esempio di differenziazione dei volumi dell’edificio della Facoltà di Chimica: rosso per identificare i paramenti
murari in litoceramica, verde per le pareti intonacate e arancio per i rivestimenti in travertino.
Poi ci si è concentrati sugli ulteriori elementi di dettaglio,
da quelli decorativi dei bassorilievi22, a quelli delle iscrizioni delle Facoltà poste in sommità degli edifici. Questi sono
stati risolti direttamente in ambiente numerico trattandoli
come texture disegnate e non modellate in modo da ottenere
tassellazioni non troppo fitte delle superfici per evitare, ove
possibile, di appesantire eccessivamente il file del modello
(fig. 34).
Per gli alberi e le vegetazioni, è stata applicata una trasparenza per non “appesantire” l’immagine di output finale.
33/ Trattamento di superfici particolari come i bassorilievi disegnati in facciata della Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche e della
scritta della Facoltà di Mineralogia
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
34/ Trattamento di superfici particolari come i bassorilievi disegnati in facciata della Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche e della
scritta della Facoltà di Mineralogia
In ultimo si è lavorato sulle condizioni di illuminazione, cercando di ottenere il massimo effetto di naturalezza.
Nel motore di renderizzazione della scena Mental Ray si sono
fatte diverse prove, dapprima utilizzando il sistema Daylight,
che consente di fissare un punto sorgente luminosa assimilabile al sole (Mr Sun), poi di fissare la luminosità del cielo
(Mr Sky), poi quella dell’ambiente (Mr Phisical Sky) e infine
una regolazione dell’esposizione (Mr Photographic Exposure
Control).
I risultati non hanno però convinto, per cui si è optato per il
controllo dell’illuminazione della scena con luci fotometriche. È stata inserita una Target Light, cioè una luce puntiforme che permette di generare zone di luce ed ombra molto
più nette di quelle realizzabili con il sistema Daylight e più
simili agli effetti presenti nei disegni delle prospettive degli
anni ‘30.
Infine, per controllare l’intensità e il tono dell’illuminazione, la qualità delle ombre, gli effetti e l’illuminazione indiretta, si è utilizzato il sistema standard di Mental Ray “Mr
Photographic Exposure Control”, che consente di modificare
l’output di rendering tramite il controllo dell’esposizione luminosa (figg. 35-39).
I diversi trattamenti e accorgimenti hanno così reso possibile
di realizzare dei rendering con una “resa percettiva” simile
66
ai disegni di progetto, per simulare virtualmente lo spazio
immaginato nel 1935 e proporre al visitatore l’esplorazione
di scorci simili a quelli fissati dalle prospettive. Per il risultato finale, decisamente apprezzabile, si è dunque piegata la
“modernità” degli strumenti tecnologici verso i tradizionali
trattamenti grafici che si realizzavano a “mano”, ottenendo
uno spazio virtuale ibrido, che miscela simulazione virtuale
da un lato e disegno grafico-prospettico dall’altro.
3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello
Michela Ardito
35/ Rendering, vista dal centro di piazza della Minerva verso il Rettorato
36/ Rendering, vista dal lato Nord-Ovest verso la facoltà di Fisica
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37/ Rendering, vista dal centro di piazza della Minerva verso le Facoltà di Matematica e Lettere e Filosofia
38/ Rendering, vista dal centro di piazza della Minerva verso la Facoltà di Mineralogia e Geologia
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3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello
Michela Ardito
39/ Rendering, vista dal lato Ovest verso il centro di piazza della Minerva
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Michela Ardito
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3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello
Michela Ardito
NOTE
1. Michele Calvano, Elena Ippoliti, Comunicare la città e le sue
immagini. Due casi studio per la reintegrazione dell’immaginaria
forma urbis di Littoria/Communicating the city and its images. Two
case studies for the reintegration of Littoria’s imaginary forma Urbis, in Disegno & Città. Cultura, Arte, Scienza, Informazione/Drawing & City. Culture, Art, Science, Information. Atti del 37 Convegno internazionale dei Docenti della Rappresentazione, Dodicesimo
congresso UID. Torino 17-18-19 settembre 2015, Gangemi, Roma,
2015, pp. 101-109.
2. Elena Ippoliti, Alessandra Meschini, Dal ‘modello 3D’ alla ‘scena 3D’. Prospettive e opportunità per la valorizzazione del patrimonio culturale architettonico e urbano - From the ‘3D model’ to
the ‘3D scene’. Prospects and opportunities for the enhancement
of an architectural and urban cultural heritage, in DISEGNARECON, 3, 6, 2010, pp. 77-91, http://disegnarecon.unibo.it/article/
view/2083/1470
3. Elena Ippoliti, L’altra modernità: alcuni disegni di Gaetano Rapisardi per Siracusa, in Iknos, Analisi grafica e storia della rappresentazione, Lombardi Editore, Siracusa, 2007, pp. 91-122.
4. Elena Ippoliti, Dal dibattito nazionale sulle riviste alla cronaca
locale: i Monumenti ai Caduti di Messina e Siracusa. Gaetano Rapisardi e la pratica professionale (1922-1937). In M. L. Neri, L’altra modernità nella cultura architettonica del XX secolo, Gangemi,
Roma, 2011, pp. 155-196.
5. L’espressione “essere raccontato” vuole rimandare a quanto precedentemente affrontato nel capitolo “2.0 Lo stato dell’arte. La comunicazione del bene culturale tra dispositivi tradizionali e nuove
tecnologie” dove si affronta l’importanza della narrazione del patrimonio culturale riferendosi al digital heritage e al digital storytelling. La comunicazione del patrimonio culturale non è dunque solo
testimonianza storica ma anche trasmissione di informazione e coinvolgimento emotivo.
6. Michele Calvano, Elena Ippoliti, Comunicare la città e le sue
immagini, cit., pp. 101-109.
7. Domenico Bennardi, Rocco Furferi, Il restauro virtuale. Tra ideologia e metodologia, Firenze, Efifir, 2007, p. 9.
8. Maria Grazia Ercolino, Roberto Longhi: Idee sul Restauro, in
Flavia Cantatore, Annarosa Cerutti Fusco, Piero Cimbolli Spagnesi
(cura), Giornate di studio in onore di Claudio Tiberi. Roma, Facoltà
di architettura, 17-18 febbraio 2011, Bonsignori, Roma, 2012, pp.
165-171.
9. Cesare Brandi, Teoria del restauro, Roma: Edizioni di storia e
letteratura, 1963.
10. Lettera di Piacentini ai progettisti della Città Universitaria di
Roma Aschieri, Capponi, Foschini, Michelucci, Pagano, Ponti, Rapisardi, firmata da Marcello Piacentini del 14 Aprile 1932, Archivio
arch. Gaetano Rapisardi, Roma, in 1935/1985 La “Sapienza” nella
città universitaria, Catalogo della Mostra, a cura dell’ Università
degli studi di Roma La Sapienza con il Comune di Roma, (Palazzo
del rettorato, 28 giugno-15 novembre 1985), Multigrafica editrice,
Roma, 1985, p. 49.
11. Silvia Danesi Squarzina, Architettura come servizio, come linguaggio, come propaganda, in 1935-1985, La “Sapienza” nella città universitaria, Catalogo della Mostra, cit., p. 59.
12. 1935-1985: La “Sapienza” nella città universitaria : Università
degli studi di Roma La Sapienza, Catalogo della Mostra, cit., p. 44.
13. Marcello Piacentini, ARCHITETTURA, XIV numero speciale
La Città Universitaria di Roma, 1935, S. A. Fratelli Treves, Milano,
p. 4.
14. Ivi, p. 6.
71
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
15. In ARCHITETTURA, XIII, 1935, S. A. Fratelli Treves, Milano,
gennaio-febbraio 1935, senza autore e senza pagina.
Sensing and Spatial Information Sciences, Vol. II-5, 2014, pp. 189196.
16. L’archivio cinematografico dell’Istituto Luce (L’Unione Cinematografica Educativa) conserva un prezioso e vastissimo patrimonio filmico di propria produzione composto da cinegiornali e documentari realizzati a partire dal 1924. È poi integrato da ulteriori
documentazioni provenienti da testate d’attualità, collezioni documentaristiche e fondi esterni. Al momento dispone di circa 12.000
cinegiornali, 6000 documentari e varie tipologie di film. L’archivio
custodisce inoltre 8000 rulli di “girato non montato”. In http://www.
archivioluce.com/archivio/.
20. In particolare nei software di structure from motion la restituzione è realizzata, anche quando guidata dall’operatore restitutista,
senza l’ausilio dell’osservazione stereoscopica. Tali software consentono, grazie alla messa a punto di particolari e diversi algoritmi,
l’automatizzazione delle diverse fasi da quella dell’orientamento,
comprensiva dell’auto-calibrazione, dell’estrazione di nuvole di
punti più o meno dense, secondo determinati criteri di accuratezza,
da cui pervenire alla costruzione di un modello anche texturizzato.
La letteratura sull’argomento ha dimostrato l’affidabilità di molti di
questi sistemi e software. Cfr. in particolare Elena Ippoliti, Alessandra Meschini, Filippo Sicuranza, Digital Photogrammetry and
Structure from Motion for Architectural Heritage. Comparison and
Integration between Procedures, in S. Brusaporci, Handbook of Research on Emerging Digital Tools for Architectural Surveying, Modeling, and Representation, Hershey PA, USA 17033, IGI Global,
2015, vol. 1, p. 124-181.
17. L’Archivio Storico della Sapienza ha tra i compiti istituzionali
quelli della salvaguardia, alla tutela, alla valorizzazione e promozione del patrimonio storico documentale prodotto dalle diverse strutture dell’Amministrazione centrale nell’arco cronologico tra il 1987
al 1960 circa. Fanno parte del complesso archivistico l’Archivio del
patrimonio architettonico della città universitaria relativo ai progetti per la costruzione della Città universitaria. Dal 2009 sono stati
schedati 769 disegni originali del progetto di costruzione del Nuovo
Studium Urbis, datati dal 1930 al 1960, organizzati in 39 serie, che
purtroppo non sono ancora tutti facilmente consultabili. In http://
www.uniroma1.it/en/node/250
18. La rivista «Architettura» è una delle principali riviste di architettura di quegli anni, espressione in particolare del clima romano ma
attenta alle vicende nazionali ed europee, alle istanze rinnovatrici
e ai giovani architetti, alle grandi esposizioni e alle cronache dei
concorsi. Deriva dalla trasformazione nel 1932 della rivista «Architettura e Arti Decorative» », assoluta novità per l’Italia, dove la
pubblicistica del settore era rappresentata da poco più che bollettini
tecnico -scientifici ancora di stampo ottocentesco. Diretta da Marcello Piacentini, insieme alla rivista Domus, fondata nel 1928 e diretta in quegli anni da Giò Ponti, e alla rivista Casabella, , fondata
nel 1928 e diretta in quegli anni da Giuseppe Pagano, rappresentano
il complesso degli orientamenti e delle tendenze dell’architettura in
Italia dagli anni ’30 fino al dopoguerra.
19. Cfr. per il metodo adottato Elena Ippoliti, Michele Calvano, Lorenzo Mores, 2.5D/3D Models for the enhancement of architecturalurban heritage. An Virtual Tour of design of the Fascist headquarters in Littoria, in ISPRS Annals of the Photogrammetry, Remote
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21. Le NURBS (Non-Uniform Rational B-Splines) sono delle rappresentazioni matematiche della geometria 3D, le quali definiscono
accuratamente qualunque forma: da una semplice linea, ad un cerchio, un arco o una curva, fino al più complesso solido o superficie a
forma libera o organica 3D. Le Mesh sono approssimazioni di geometrie attraverso composizioni di facce triangolari. L’uso di software specializzati permette di aumentare la risoluzione della maglia
triangolare. Rispetto alla geometria NURBS, la superficie Mesh è
più semplice da manipolare e da renderizzare. Un approfondimento
ulteriore su tali superfici è al paragrafo 5.1.1.
22. Si intendono i bassorilievi che raffigurano i fasci littori ed altri simboli della romanità classica, tipici dell’architettura di regime
fascista. Sulle facciate di tutti gli edifici rappresentati nel modello
si trovano bassorilievi che alludono simbolicamente alle armi che
i soldati romani, i littori, portavano. Erano fasci di bastoni di legno
legati con strisce di cuoio intorno ad una scure; i fasci littori, appunto. Sulle facciate delle Facoltà di Lettere e Giurisprudenza si vedono
anche dei bassorilievi di Corrado Vigni, raffiguranti i dioscuri. Essi
sono delle divinità a cavallo di origine greco-romana che stanno a
rappresentare la sacralità del luogo. Sono posti simmetricamente rispetto al Rettorato, ad indicarne l’entrata. Il Rettorato è dunque assimilabile ad un tempio, lo si deduce dall’entrata monumentale con
3.0 La sperimentazione. Dalla scelta del caso studio alla costruzione del modello
Michela Ardito
alti pilastri che rimandano alle antiche colonne templari. All’angolo
della gradinata del percorso di collegamento dei due ingressi della
Facoltà di Fisica si trova un altro artefatto di Corrado Vigni che ritrae diversi bassorilievi raffiguranti animali in lotta tra loro.
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
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4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale.
Michela Ardito
4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale.
Conclusa la fase di realizzazione del modello tridimensionale
digitale che simulasse il progetto del “quadrato piacentiniano” della città universitaria di Roma, le fasi successive della
sperimentazione sono state indirizzate all’elaborazione di diversi “modelli visuali navigabili” proponendo differenti percorsi culturali per la “visita” del Bene, fruibili in presenza e
secondo diversi livelli di interattività e/o immersività.
In particolare nel presente capitolo sono descritte le elaborazioni relative alle navigazioni in ambienti cosiddetti “2,5D”,
prima inquadrandole rispetto alle questioni scientifico-disciplinari e poi descrivendo i principali passaggi procedurali, e
cioè:
- il panorama sferico statico, ovvero rappresentazioni panoramiche e virtual tour navigabili a 360° ma solo da punti di vista prefissati, dunque fruibili in modo discreto e discontinuo;
- il panorama sferico dinamico, ovvero video panoramici navigabili a 360° da più punti di vista e percorsi scelti dagli
utenti, dunque fruibili con maggiore interazione e fluidità rispetto ai panorami sferici dinamici.
13,90 metri di diametro e di 4,90 metri di altezza, ricoperta
da un tetto conico.
La curiosità del pubblico viene presto però catturata dai diorami di L.-J. Daguerre e Ch.-M. Bouton (1822), che costituiscono un progresso rispetto ai ciclorami, poiché alcune
vedute hanno effetti tridimensionali, altre, grazie all’uso di
luci speciali, simulano il passaggio dalla notte al giorno, altre ancora ruotano o presentano elementi in movimento. Gli
spettatori passeggiano sulla piattaforma centrale e ammirano
in successione tutti i particolari del dipinto. Lo sviluppo della tecnica cinematografica finirà con l’allontanare l’interesse
popolare per questa tipologia di spettacoli (figg. 1, 2).
4.1 Il panorama sferico statico
Come descritto nel paragrafo 2.4, per panorama sferico statico si intende una vista panoramica realizzata da un punto di
vista fisso, cioè un’immagine apprezzabile nella sua totalità
sia ruotando sul piano orizzontale di 360° che su quello verticale di 180°.
Antesignano del panorama sferico può essere considerato
il “dipinto panoramico” di fine XVIII sec., chiamato anche
ciclorama o semplicemente panorama. Si tratta di una figurazione paesistica disposta circolarmente su una superficie
cilindrica, che lo spettatore può ammirare dall’interno con
l’illusione di osservare un paesaggio reale. Se ne attribuisce
l’invenzione al pittore irlandese Robert Barker, che la divulga per la prima volta in una rappresentazione ad Edimburgo
intorno al 1792. Il primo esempio presenta una rotonda di
1/ Sezione della “Rotunda”, che ospitò i primi ciclorami, Leicester
Square 1801, Robert Mitchel. (da http://panoramacouncil.org/pics/
content/large/mitchell.gif)
I panorami sferici, così come li intendiamo oggi, sono in genere utilizzati per rappresentare diverse visuali di notevole
interesse lungo un unico percorso virtuale per proporre all’utente una visita mirata interattiva e perciò più coinvolgente.
A tal fine, appaiono di certa validità le opportunità offerte dai software atti alla creazione di panorami sferici
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Michela Ardito
e tour virtuali, poiché permettono al fruitore di accostarsi a una visione dinamica dei siti culturali, navigando e
spostandosi al loro interno, con esperienze immersive
che si avvicinano alla visita effettiva di un luogo, sia in
termini di qualità visiva che di percezione emozionale.
“La loro fruibilità assicura il superamento dei confini geografici consentendo una preconoscenza del patrimonio culturale che prescinde da una presenza fisica in situ ed è, inoltre,
arricchita dall’inserimento di documenti multimediali (testi,
audio, video, mappe) atti a guidare la visita e rendere l’esperienza ancor più comunicativa.”1
La realizzazione di un virtual tour si compone di tre fasi
principali che iniziano con il rilievo fotografico progettato
dopo un accurato sopralluogo degli ambienti, proseguono
con la creazione di foto-mosaici (attraverso tecniche di photo stitching) che, successivamente organizzati e correlati tra
loro in un tour 3D, nell’ultima fase, saranno condivisi su una
piattaforma multimediale e dotati di ulteriori dati informativi
e documentativi.
Per comprendere la modalità di realizzazione dei panorami
sferici ci si deve riferire al metodo attraverso cui le immagini digitali vengono “cucite” insieme. Esistono numerosi software di metodo per combinare molteplici immagini chiamati
“stitching” capaci di attuare questo processo a partire da una
buona presa fotografica basata su differenti metodi di proiezione che vanno dalla proiezione sferica, alla cilindrica, alla
cubica, e infine a quella rettilineare2.
La foto panoramica sarà prodotta a partire dal montaggio
combinato delle numerose singole foto scattate attorno al
punto nodale della macchina fotografica. La rotazione risulterà più precisa usando il treppiedi e la testa panoramica che
permettono di ruotare la macchina fotografica in orizzontale
ed in verticale intorno a questo punto che si trova sull’asse
ottico.
Ogni scatto deve presentare una porzione sovrapponibile con
lo scatto precedente e quello successivo. Ogni frame servirà
al programma di stitching per eseguire una corretta fusione
delle immagini attraverso il rintracciamento di punti omologhi tra immagini contigue (figg. 3, 4).
3/ Corretto posizionamento macchina fotografica e treppiede con
testa panoramica per scattate panorami multi-immagine.
Il punto rosso rappresenta il punto nodale, la linea rossa è l’asse di
rotazione del cavalletto, la freccia indica le rotazioni della macchina fotografica intorno al punto nodale. (da https://www.nikonschool.it/images/panorama-coolpix/big/02-panorama_02.jpg;
http://
www.novoflex.it/get_image.phtml?image=novoflex_panorama.jpg)
2/ Simulazione dei ciclorami in una struttura museale attuale ad
Innsbruck. (da http://www.fodors.com/ee/files/slideshows/6-Versailles-Panorama_Metropolitan-Museum-of-Art.jpg)
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4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale.
Michela Ardito
4/ Immagini scattate per costruire un panorama sferico a Santa Maria Maggiore a Bergamo Alta. (da http://goo.gl/JWM18v )
4.1.1 Proiezioni equirettangolari e cubiche
Per comprendere appieno cosa sia e come si costruisce il panorama sferico statico, è necessaria una digressione che permetta di approfondire i metodi proiettivi utilizzati dai software di stitching; in questo caso l’equirettangolare e il cubico.
L’immagine equirettangolare rientra a pieno titolo nel campo
della cartografia e fotogrammetria in quanto da essa è possibile ricavare le misure degli oggetti rappresentati. I diversi algoritmi di calcolo appartenenti ai software di stitching
si basano sullo sfruttamento di principi teorici geometricoproiettivi sui quali si fonda la fotogrammetria. Essi risolvono
l’orientamento interno, ovvero la ricostruzione del sistema
prospettico di ogni singolo fotogramma, a partire dalla nota
distanza focale, assimilabile alla distanza principale della
prospettiva ricostruita. Grazie al riconoscimento dei punti
omologhi nei fotogrammi e alla conoscenza dell’unico centro di ripresa, i software di stitching sono anche in grado di
risolvere il problema dell’orientamento relativo rispetto alla
posizione spaziale di ogni fotografia.
Ogni fotogramma viene proiettato sulla superficie di una sfera con raggio equivalente alla lunghezza della focale utilizzata per gli scatti. L’ultimo passaggio affronta la problematica
riguardante la rappresentazione della superficie sferica su una
superficie bidimensionale.
La teoria cartografica annovera diversi procedimenti attraverso cui stabilire corrispondenze tra la superficie sferica e la
relativa rappresentazione 2D, classificandoli secondo criteri
proiettivi, analitici, misti e per sviluppo.
Nel caso di software di stitching, le modalità per generare
immagini bidimensionali della superficie sferica riguardano
le già citate proiezioni cilindriche, cubiche, equirettangolari
e rettilineari.
Per proiezione equirettangolare o sferica, ottenuta mediante
software, si intende una rappresentazione cartografica conseguita “per trasposizione di punti alla sfera su una superficie
cilindrica retta immaginata tangente alla sfera nel suo parallelo massimo”3.
Le equazioni della rappresentazione sono x=θr e y = φr dove
θ e φ sono gli angoli di direzione al punto oggetto Po, x e y le
coordinate immagine ed r il raggio della sfera.
In sintesi le coordinate immagine del panorama sferico sono
la registrazione delle direzioni azimutali e verticali al punto
Po traguardato dal centro della sfera, scalate di un valore pari
al raggio della sfera stessa.
I meridiani e i paralleli sono sviluppati secondo linee parallele
ed equidistanti tra loro che formano un reticolo retto. Questo
tipo di proiezione, che semplicemente traspone le coordinate
da polari a cartesiane, causa evidenti deformazioni mano a
mano che ci si allontana dall’equatore (figg. 5- 7).
5/ Immagine equirettangolare della Chiesa di S. Maria della Carità
(AP)
(da G. Fangi,”La fotogrammetria sferica, una nuova tecnica per il
rilievo dei vicini, ArcheomaticA N° 2 giugno 2010)
Nelle proiezioni cubiche si proietta l’immagine dal centro
della sfera sui sei piani del cubo circoscritto la sfera,da cui si
ottengono sei distinte proiezioni rettilineari.
Per proiezione rettilineare si intende una tipologia di proiezione utilizzata per mappare una porzione di superficie di
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Michela Ardito
6/ Conversione delle coordinate del punto P da polari sulla sfera a cartesiane sul piano
(da tesi di dottorato di ricerca di Wissam Wahbeh, Architectural Digital Photogrammetry, Panoramic Image-Based Interactive Modelling)
7/ Sviluppo della sfera secondo il metodo della proiezione equirettangolare, ovvero proiezione cilindrica equidistante
(da tesi di dottorato di ricerca di Wissam Wahbeh, Architectural Digital Photogrammetry, Panoramic Image-Based Interactive Modelling)
una sfera in una rappresentazione bidimensionale, la si può
immaginare ipotizzando di posizionare un foglio di carta tangente a una sfera in un singolo punto e proiettando tutti i punti
della sfera a partire dal suo centro.
La proiezione cubica è un caso particolare della proiezione
rettilineare. Vengono infatti create delle sotto-proiezioni rettilineari di 90° x 90° che coprono le sei facce di un cubo.
Quattro facce identificano le viste frontale, di destra, di sinistra e posteriore, la quinta lo zenit e la sesta il nadir. In ogni
faccia del cubo, ogni linea retta si mantiene tale, quindi si
ottiene anche un formato molto utile per la correzione delle
immagini in post-produzione.
Le proiezioni cubiche sono utilizzate dai software di stitching,
78
a partire dalle immagini equirettangolari, per la fase di vera e
propria navigazione del panorama e per l’ inserimento di informazioni e collegamenti mediante punti sensibili chiamati
hotspot (figg. 8, 9).
4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale.
Michela Ardito
8/ Sviluppo della sfera secondo il metodo della proiezione cubica
(da tesi di dottorato di ricerca di Wissam Wahbeh, Architectural Digital Photogrammetry, Panoramic Image-Based Interactive Modelling)
9/ Sviluppo della proiezione cubica della rappresentazione della
sfera terrestre.
(dal sito on-line eographic Information System
http://gis.stackexchange.com/questions/24357/convert-nasas-bluemarble-into-a-cubic-projection)
4.1.2 Realizzazione di panorami sferici statici e virtual tour
Per la realizzazione di un panorama sferico statico, in alternativa alla campagna fotografica che implica numerose pre-
se fotografiche, si può utilizzare direttamente un’immagine
panoramica ripresa con un’apposita lente panoramica che
permette la semplificazione del lavoro consentendo di saltare
i passaggi di photo-stitching. Le macchine fotografiche con
questa tipologia di lenti presentano però un importante difetto
costituito dalla limitata risoluzione del sensore. Impiegando
la “cucitura” di più immagini invece, si può aumentare la risoluzione dell’immagine panoramica finale.
Tuttavia, nel caso studio, trattandosi di derivare i panorami
sferici dai modelli, le immagini sono state realizzate direttamente nel modellatore numerico Autodesk 3D Studio Max.
Il programma possiede ottimi strumenti sostitutivi per la realizzazione automatica di immagini equirettangolari. L’operatore decide la risoluzione dell’immagine di output che viene
in seguito impiegata per la generazione di panorami sferici
statici all’interno dell’ apposito software di photostitching.
Per la realizzazione dei panorami veri e propri il programma
dell’azienda francese Kolor, chiamato Panotour Pro.
La produzione di immagini equirettangolari quindi, dipende
dalla capacità di calcolo del programma Autodesk 3D Studio Max che gestisce automaticamente e autonomamente il
momento della presa fotografica, delegando tutto il lavoro al
“camera shader lens” ovvero alla lente panoramica digitale
della camera virtuale.
Il motore di rendering interno, “Mental Ray”, consente di
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
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applicare alla camera inserita nella scena, delle funzionalità
chiamate “shaders” che operano direttamente sulla sua lente
controllandone la distorsione.
La mappa inserita in questo “shaders”, chiamata “WrapAround”, permette di scattare un’istantanea a 360° dell’ambiente che circonda la camera.
Impostato il rapporto di risoluzione del rendering 2:1, così
da coprire un angolo visivo di 360° in orizzontale e 180° in
verticale, il software genera un rendering equirettangolare,
successivamente utilizzabile per realizzare panorami sferici
da inserire in Virtual tour (figg. 10- 13).
Per la realizzazione di panorami sferici interattivi è stato utilizzato, come già dichiarato, il software di photo-stitching
Kolor Panotour Pro.
Tale software trasforma automaticamente le immagini equirettangolari in formato Flash (.swf), html e le converte in
immagini cubiche ovvero in immagini che, correttamente ricomposte, producono la proiezione sulle sei facce di un cubo
su cui è stata proiettata la superficie della sfera, rintracciata dalla immagine equirettangolare con centro di proiezione
coincidente con il centro del cubo.
Le proiezioni della sfera coincidono allora con le immagini
sulle sei facce del cubo circoscritto alla sfera stessa (fig. 14).
Attraverso il software di photo-stitching Kolor Panotour Pro
inoltre, sono stati inseriti i collegamenti a contenuti multimediali tramite punti sensibili (hotspot) posti nell’interfaccia di
visualizzazione.
Tali contenuti sono rintracciabili nel web con connessioni
a link esterni come nel caso di testi, immagini statiche, file
multimediali e collegamenti ad altre immagini panoramiche.
Tali contenuti sono stati appositamente elaborati dalla presente ricerca e caricati nel web (fig. 15).
Per creare Tour virtuali è necessario collegare diversi panorami sferici tra loro, il software di stitching permette, a tal proposito, di inserire specifici hotspot e offre una piccola anteprima grafica in cui posiziona gli snapshot delle equirettangolari
di ogni “bolla sferica” collegate tra loro mediante frecce.
Per la sperimentazione ci si è limitati al collegare tra loro
solo tre panorami sferici. Pertanto i collegamenti generati
sono risultati molto semplici e immediati, rispetto ai casi più
10/ Mappa WrapAround applicata alla lente della camera, software Autodesk 3D Studio Max
80
4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale.
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elaborati in cui sono da realizzare connessioni con contenuti
molteplici e numerosi panorami sferici (fig. 16).
I dati esportabili in formato html sono anche adattabili a dispositivi mobili quali smartphone e tablet, nei quali la presen-
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11-12-13/ Panorama sferico 1, 2 e 3. Immagini equirettangolari, rendering dal software Autodesk 3D Studio Max
14/ Immagini cubiche proiettate dal centro della sfera la cui superficie è stata ricomposta a partire dall’immagine equirettangolare
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4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale.
Michela Ardito
15/ Inserimento degli hotspot nel software Kolor Panotour Pro, Es. di collegamento hotspot Vetrata istoriata, G. Ponti e L. Fontana
16/ Costruzione del Virtual Tour in Kolor Panotour Pro
za del giroscopio offre spazio ancor maggiore all’interattività
permettendo la navigazione attraverso i movimenti che si
fanno compiere al dispositivo. Spostarsi all’interno di un tour
virtuale può essere ulteriormente facilitato e risultare ancora
più immediato se implementato con la presenza di un “key
plan” ovvero una mappa su cui orientarsi, dove sono individuate le tappe del tour. Quest’ultimo può anche essere georeferenziato su piattaforme on-line come Google Maps o Bing
Maps o ancora su sistemi WebGIS dedicati. (figg. 17-20)
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
17/ Simulazione delle tappe del tour virtuale georeferenziato su Google Maps
18/ Istantanee di navigazione nel web del panorama sferico statico
1 con hotspot. Software Kolor Panotour Pro
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4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale.
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20/ Istantanee di navigazione nel web del panorama sferico 3 con
hotspot. Software Kolor Panotour Pro
4.2 Il panorama sferico dinamico
19/ Istantanee di navigazione nel web del panorama sferico statico
1 con hotspot. Software Kolor Panotour Pro
A differenza dei panorami sferici statici, visitabili singolarmente o mediante collegamenti ad altri panorami statici, i
panorami sferici “dinamici” sono dei video percorsi fruibili
a 360°.
Nella sperimentazione ci si è proposti di connettere i differenti punti nella mappa interattiva cui sono vincolati i panorami
sferici statici, mediante panorami sferici dinamici per simulare una “libera” passeggiata virtuale lungo percorsi ben precisi
e vincolati per direzione e per punti di partenza e di arrivo.
Attraverso il panorama sferico dinamico è infatti possibile
amplificare la modalità di fruizione utilizzata nel Virtual Tour
grazie alla possibilità di visualizzare immagini a 360° in movimento.
Nella sperimentazione per un APP per dispositivo mobile
l’intenzione è stata quella di abbinare questi video panorami
agli spostamenti tra due o più punti sulla mappa interattiva
navigabile geo-referenziata così da consentire al visitatore
di confrontare, direttamente sul luogo, lo stato virtuale del
“come era” con quello reale del “come è”.
Lo spunto è stato fornito da tecnologie e metodi già abbastanza diffusi e che consentono di costruire video panorami a
360° nella realtà.
Tali metodi e tecnologie stanno riscuotendo ultimamente un
crescente successo nelle azioni di social marketing e di social
media come Facebook e YouTube.
Permettono infatti di caricare video a 360° mediante un apposito script realizzato utilizzando uno specifico linguaggio
di programmazione (Python) oppure attraverso una speciale
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applicazione per Windows o Mac OS X.4
Per registrare video a 360 gradi è necessario dotarsi di apposite videocamere (ad esempio Ricoh Theta, Kodak Pixpro
SP360, Giroptic 360cam, IC Real Tech Allie, VSN V.360 e
Bublcam) che permettono di acquisire sequenze video in tutte le direzioni.
Ultimo prodotto presente sul mercato è la camera Ricoh
Theta S, capace di registrare filmati a 360° grazie alla doppia
ottica grandangolare, di controllare la fotocamera da remoto
tramite smartphone collegato in wi-fi e, grazie al software in
dotazione, di elaborare i video e pubblicarli su Youtube o Facebook (fig. 21).
22/ Sistema di ripresa a 360° Freedom360 Mount con Camere GoPro HERO4 Black (4K a 30 immagini al secondo) (da http://www.
gocamera.it/gopro-hero-4)
21/ Camera Ricoh Theta S
Per cucire le sequenze è necessario invece utilizzare software di video stitching come quelli della Kolor in abbinamento: Autopano Video per la sincronizzazione
e il rendering finale e Autopano Giga per lo stitching.
Infine è possibile navigare questi video da postazioni fisse
mediante movimento del mouse o di dispositivi mobili, dotati di giroscopio ed accelerometro, semplicemente ruotando
il tablet o lo smartphone nelle varie direzioni (figg. 22, 23).
86
23/ Esempio di Video a 360° nel web (da http://goo.gl/HwNJSC)
4.2.1 Il panorama dinamico come sviluppo dei panorami
multi immagine
I panorami dinamici possono essere assimilati ai panorami
multi-immagine ottenuti realizzando scatti a 360° con una
fotocamera da uno stesso punto di presa, con una buona sovrapposizione e la stessa distanza focale.
I programmi della ditta francese Kolor, che sono stati sperimentati, sono software di photo e video stitching sofisticati
relativamente agli algoritmi di calcolo utilizzati negli orienta-
4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale.
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menti e sono attendibili nelle operazioni di stitching manuale
e automatica.
Gli algoritmi di calcolo e i procedimenti utilizzati per realizzare i panorami a 360°, così come per costruire i panorami
sferici statici, si basano sullo sfruttamento dei principi geometrico-proiettivi, fondamento della fotogrammetria e della
rappresentazione cartografica.
A differenza dei panorami sferici statici, quelli dinamici usano una campagna di ripresa di sequenze video che, in sede di
costruzione del panorama, vengono considerati come singoli
fotogrammi scattati allo stesso istante.
E’ necessario operare inizialmente una corretta sincronizzazione di tutte le riprese video. Tale operazione permette di
scegliere tra i fotogrammi scattati allo stesso istante, quelli
più adatti a comporre lo stitching delle sequenze .
“In questi software, sfruttando il rapporto di identità incorrente tra immagine fotografica e proiezione centrale, l’orientamento interno è risolto perché è nota la distanza focale di ogni
singolo fotogramma, equivalente alla distanza principale, ciò
permette di riposizionare il fotogramma rispetto al centro di
proiezione come nel momento della presa, ovvero ricostruire
il sistema prospettico di ogni singolo fotogramma.”5
A seguire, le immagini vengono ben orientate tra loro, per poi
essere cucite insieme, attraverso il riconoscimento di punti
omologhi, che avviene solo grazie ad un’adeguata copertura
fotografica tra gli scatti contigui e utilizzando un unico centro
di presa per la realizzazione di tutte le sequenze video.
Dopo aver riposizionato nello spazio singoli fotogrammi e
quindi ogni sequenza filmica, simulando il momento della ripresa, nella fase finale tutti i fotogrammi vengono proiettati
contemporaneamente sulla superficie di una sfera a partire dal
suo centro di ripresa, con raggio pari alla lunghezza focale,
generando un corretto stitching di tutte le riprese video.
Il risultato finale coincide con la produzione di un video equirettangolare visualizzabile in modalità di “bolla navigabile in
movimento” attraverso appositi player.
to per tentativi.
Inizialmente sono state posizionate sei telecamere con stesso
centro nodale, lunghezza focale 10 mm e angolo di campo
120°. Poi sono state ruotate di 90° mantenendo lo stesso centro nodale, così da ottenere una sovrapposizione tra le coppie
di video di 30°6.
Successivamente si è deciso di animare le sei camere in contemporanea tracciando percorsi che potessero essere di collegamento tra i panorami sferici statici. Le connessioni e i
percorsi sono stati studiati in relazione al posizionamento dei
panorami statici e alla simulazione del tempo impiegato per
una passeggiata a piedi tra un punto e un altro dello spazio
urbano. Ipotizzando che il passo medio di una persona sia di
4/5 Km/h, si è calcolata la durata dell’animazione impostata
in 3D Studio Max simulando lo spostamento lungo un percorso tra due panorami statici.
Nel caso del panorama sferico dinamico infine realizzato, è
stato simulato un percorso di 30 secondi composto da 720
fotogrammi ovvero 24 FPS (fotogrammi per secondo) collegando i panorami sferici statici 1 e 2 precedentemente descritti nel paragrafo 4.1.2 (figg. 24, 25).
4.2.2 Realizzazione di panorami sferici dinamici.
Nella sperimentazione, anche l’elaborazione dei panorami
sferici dinamici è stata realizzata virtualmente con il software
di modellazione numerica Autodesk 3D Studio Max.
Per fissare la posizione e il numero delle riprese si è procedu-
24/ Le sei camere posizionate in Autodesk 3D Studio Max alla posizione dei panorami sferici statici 1 e 2
87
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
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25/ Schema compositivo spaziale delle 6 riprese
Quindi sono stati importati i sei video di output ottenuti nel
software Kolor Autopano Video Pro che, in abbinamento a
Kolor Autopano Giga, permette di attuare le operazioni di
stitching sulle sei riprese.
In Kolor Autopano Video Pro, impostando la focale e il tipo
di obiettivo utilizzato per realizzare i sei video, è controllata
la fase della sincronizzazione automatica secondo il canale
“motion” o” audio” ovvero si può scegliere la modalità di
sincronizzare i sei video in base al movimento o all’ audio che
il software riconosce per ogni ripresa uguale. Sincronizzare
secondo il movimento risulta più difficile e il software deve
poter riconoscere diverse parti con lo stesso movimento in
sovrapposizione, nonché pochi video contigui.
La sincronizzazione delle riprese per audio è molto più attendibile e semplice. Nella sperimentazione è stata aggiunta
una traccia audio identica a tutte i filmati prima di caricarli
nel software di video-stitching assicurandosi di sincronizzarli
adeguatamente (fig. 26).
Attraverso la finestra animazione real-time, è stato verificato
che lo stitching automatico compiuto dal programma Autopano Video Pro non si è concluso con successo. Non è riuscito
ad orientare le sequenze filmiche e ha semplicemente sovrapposto i video caricati perché non ha trovato un centro di presa
comune e punti omologhi tra le riprese contigue. A questo
punto si è deciso di procedere con lo stitching manuale.
Scorrendo la linea del tempo, è stato selezionato il fotogramma adatto, con concentrazione maggiore di punti omologhi
tra coppie di
fotogrammi da collegare (fig. 27).
I fotogrammi ottenuti appartenenti ai sei video sincronizzati
88
26/ Sincronizzazione dei video in Kolor Autopano video Pro
sono stati così caricati in un altro software della Kolor, chiamato Autopano Giga, dove è possibile operare lo stitching
manuale e in seguito scegliere il tipo di proiezione per visualizzare il risultato finale.
Sistemata la linea d’orizzonte dell’immagine equirettangolare, si è proceduto con la fase di stitching vera e propria attraverso l’editor dei punti di controllo individuando il maggior
numero di punti omologhi per ogni coppia di fotogrammi.
Ad ogni inserimento manuale di punti di controllo, il programma calcola in automatico lo scarto quadratico medio per
ogni coppia di fotogrammi collegati (fig. 28).
Se il valore dello scarto è minore di 5, il programma legge
l’errore come accettabile evidenziandolo con un’etichetta
verde, nel caso in cui lo scarto risulta maggiore di 5, è necessario aggiungere punti di controllo.
Chiaramente il programma permette di visualizzare in un’ anteprima dell’immagine “cucita” la correttezza dello stitching.
Se il valore RMS è maggiore di 5, anche nel layout di visua-
4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale.
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28/ Stitching manuale nell’editor di controllo del software Kolor
Autopano Giga
27/ Sovrapposizione dei fotogrammi dei sei video in Kolor Autopano
video Pro e Autopano Giga
lizzazione finale di AutoPano Giga si vedono delle porzioni
di immagine non perfettamente sovrapposte tra una ripresa e
l’altra.
Una volta terminata la fase di stitching con AutoPano Giga,
Autopano Video legge il file di output in automatico, sincronizza i video a partire dai fotogrammi su cui è stato effettuato
lo stitching per esportare infine il video-rendering composto
dall’unione di tutte le sequenze video.
In questo primo tentativo di stitching con sei telecamere, non
si è riusciti a trovare adeguati collegamenti affinché le sei immagini risultassero uniformemente e adeguatamente unite tra
loro.
I problemi di stitching si concentrano soprattutto nei fotogrammi di cielo e di terra dove si vedono la sommità e l’attacco a terra dei fabbricati. Non è possibile traguardare un gran
numero di punti omologhi tra le diverse immagini in quanto
non vi sono molti punti riconoscibili per forma e colore (fig.
29).
E’ stato così necessario modificare e aggiungere altre riprese,
a partire dal software Autodesk 3D Studio Max.
Innanzitutto si è verificato che il programma di stitching AutoPano Giga riuscisse ad effettuare il collegamento dei precedenti quattro video ripresi nella direzione orizzontale.
A partire da questo punto fermo, si è deciso di aggiungere
quattro riprese rivolte verso l’alto e quattro verso il basso,
ruotate di 45° rispetto l’orizzonte e di 90° tra di loro.
In questo caso lo stitching ha avuto successo e lo scarto quadratico medio tra i fotogrammi è risultato accettabile.
(figg. 30-34)
89
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29/ Problemi di stitching in Kolor Autopano video Pro
30/ Stitching dei dodici video riuscito, Kolor Autopano Video Pro
31/ Schema compositivo spaziale delle dodici riprese, quelle orizzontali (ciano, grigio, viola e arancione) appartengono alle riprese
del tentativo precedente.
90
4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale.
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32/ Visualizzazione collegamenti tra i fotogrammi dei dodici video, RMS < 5, Kolor Autopano Giga
33/ Simulazione delle tappe del tour virtuale georeferenziato su Google Maps
91
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(figg. 35-37).
Sono ormai di uso comune i device mobili dotati di GPS con
magnetometro (bussola) e giroscopio che permettono di geo-
34/ Visualizzazione del panorama dinamico nel player dedicato Kolor Eye
4.3 La fruizione off/online e l’orientamento dei panorami
sferici.
Le tipologie finora proposte consistono in esperienze di fruizione del modello navigabile in 2,5 D e possono essere pensate per applicazioni che alloggiano in dispositivi fissi o mobili
o funzionare in modalità off e online, da postazione remota
o in loco.
Nel processo che va dalla modellazione in Rhinoceros, alla
renderizzazione con motori di rendering come Mental Ray
nel programma 3D Studio Max, fino all’utilizzo di programmi specifici per la fotografia a 360° come la suite Kolor, è
possibile realizzare tour virtuali con molteplici formati di
uscita.
Si passa dal formato Flash7, che può essere caricato su penna
usb e visualizzato principalmente offline, al tour generato in
HTML58 e quindi visualizzabile anche su device di nuova generazione come smartphone e tablet, sfruttandone il giroscopio interno, (sensore che misura l’inclinazione del dispositivo
e ne orienta il suo asse di rotazione) che offre un’esperienza
ancor più immersiva all’utente.
Le sperimentazioni sono state orientate verso questa seconda
opzione che permette la fruizione dello spazio urbano tramite
dispositivo mobile.
Relativamente all’orientamento e al posizionamento dei panorami sferici statici e dinamici si sono prese in considerazione due differenti tecnologie: il sistema di posizionamento
globale (GPS) e il tracking per forma che utilizza gli AR tag9
92
35/ Esempio di tecnologia di Realtà Aumentata con metodo Vision
Based APP “iMiBAC Voyager “
(da http://www.artearti.net/magazine/articolo/un_viaggio_nel_tempo_iMiBAC_Voyager/)
36/ Schema per il rintracciamento del dispositivo ricevitore. Intersecando con la superficie terrestre tre circonferenze (trilaterazione),
luogo dei punti che soddisfa la misura della distanza dal satellite , si
può individuare un punto su di essa.
(da http://www.buzzle.com/articles/how-location-tracking-works.
html)
4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale.
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37/ Se il ricevitore avesse un orologio atomico al cesio perfettamente sincronizzato con quello dei satelliti, sarebbero sufficienti le
informazioni fornite da 3 satelliti, ma nella realtà non è così e dunque il ricevitore deve risolvere un sistema di 4 incognite (latitudine,
longitudine, altitudine e tempo) e per riuscirci necessita di 4 satelliti che traguardano la posizione del ricevitore e mandano i segnali
in tempo reale.
(da http://news.bbc.co.uk/2/hi/sci/tech/8494225.stm)
referenziare gli oggetti da visualizzare.
Si può quindi pensare di usare una mappa georeferenziata10
che permetta di localizzare, attraverso la tecnologia GPS, la
posizione del dispositivo utilizzato e i panorami sferici, statici e dinamici, collegati tra loro e ad altri materiali informativi
(immagini, pagine web, video ecc..) mediante punti sensibili:
gli hotspot.
L’organizzazione e l’accesso alle informazioni dipendono da
un database geolocalizzato11 composto dai singoli panorami
sferici fruibili online, in loco su dispositivi mobili, o visitabili
anche offline da postazioni remote, compiendo una ricerca
nel database informativo interno all’applicazione in cui la visita della mappa viene simulata.
Purtroppo la ricezione dei dati da satellite è suscettibile a
scarti di errore che potrebbero non essere trascurabili e penalizzare la visualizzazione in loco online non garantendo
una perfetta coincidenza tra gli oggetti reali e quelli inquadrati nello schermo, che potrebbero risultare posizionati sulla mappa anche a diversi centimetri di distanza rispetto alla
localizzazione dei manufatti reali.
In alternativa alla geolocalizzazione, il metodo di tracking
per forma si basa sulle tecniche Vision Based di realtà aumentata, ovvero utilizza il riconoscimento di punti specifici,
unici e ben riconoscibili (AR tag) a cui corrispondono informazioni prestabilite. La telecamera del device riconosce punti omologhi tra l’oggetto reale e quello virtuale in automatico,
permettendo la fruizione del panorama sferico abbinato con i
suoi hotspot associati al manufatto inquadrato.
Affinché la tecnologia della realtà aumentata sia efficace, è
necessaria un’ accurata calibrazione fra mondo reale e quello
virtuale. Gli errori di matching, ovvero il non riconoscimento
dei punti omologhi, portano a generare nell’utente sensazioni
erronee a causa di fusioni approssimative tra reale e virtuale.
Il metodo Vision Based ha bisogno di essere ulteriormente
perfezionato, e ad oggi pone condizioni troppo restrittive.
Necessita infatti di un ambiente ben strutturato con un controllo molto definito della luce, del colore, degli oggetti, delle
occlusioni e dei movimenti del device utilizzato.
Nel mio caso studio il problema posto dalla presenza di un’area aperta come la città universitaria, suscettibile a variazioni di luce e colore, con diversi punti occlusi da vegetazione,
traffico, superfetazioni e con elementi formali ripetitivi con
cui il software potrebbe confondersi nel compiere un corretto
matching tra realtà e modello virtuale, non è irrilevante.
La sua soluzione dovrebbe prevedere molteplici prove e tentativi per verificare accuratamente il punto dove realizzare il
panorama sferico, agganciando gli AR Tag solo su sue porzioni specifiche ovvero su punti ben riconoscibili e non occlusi
(figg. 38, 39).
Infine si può dedurre che nella realtà sia il sistema GPS che
quello di riconoscimento per forma, potrebbero essere applicati solo ai panorami sferici statici.
I panorami sferici dinamici potrebbero essere posizionati sulla mappa navigabile solo a partire dal fotogramma iniziale
poiché, trattandosi in ultima analisi di un “video” panorama,
è impensabile geolocalizzare o orientare tramite AR Tag ogni
fotogramma del video.
Ai fini della proposta di progetto per un’ APP per la comunicazione dell’intero spazio urbano, i panorami sferici dinamici
verranno perciò trattati come percorsi disegnati sulla mappa
così da indicare la direzione da seguire qualora il visitatore
volesse fruirne in loco.
93
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
38/ Esempi di occlusione, ripetitività della forma (AR tag) e mancanza di contrasto per riconoscimento punti
39/ Matching di porzioni di manufatti ben definite per orientare i panorami sferici statici abbinati
(Fotografia da http://www.ecodellojonio.it/wp-content/uploads/2015/03/la-sapienza.jpg)
94
4.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 2,5 D: il Panorama sferico e il Tour Virtuale.
Michela Ardito
NOTE
1. Alessio Cardaci, Antonella Versaci, L’innovazione nel rilievo fotografico per la conoscenza, la documentazione e la fruizione dei
beni culturali, in “Disegnare con - la fotografia digitale”, Pablo
Rodríguez-Navarro (a cura di), Vol. 6, n. 12, 2013, p. 4
que che essi abbiano un’area di sovrapposizione reciproca di almeno
il 20%. Bisogna tener sempre presente che ogni frame della ripresa
deve contenere una parte dei frame ritratti dalla camera superiore,
inferiore, di destra e di sinistra.
2. Nel successivo paragrafo (4.1.1) vengono approfonditi i metodi
teorici di proiezione equirettangolare, cubica e rettilineare, realmente utilizzati in questo caso studio per la realizzazione dei panorami
sferici mediante software di stitching.
Non è stato utilizzato il metodo delle proiezioni cilindriche, che vado
ora ad illustrare brevemente. Tali proiezioni sono ottenute dallo sviluppo del piano della superficie laterale di un cilindro retto tangente
sull’equatore della sfera da proiettare. Nel caso di proiezioni geografiche i meridiani sono rappresentati da linee parallele, equidistanti e
perpendicolari all’equatore, mentre i paralleli sono rappresentati da
rette uguali e parallele all’equatore, che si avvicinano progressivamente in direzione dei poli (a causa della curvatura della Terra). La
proiezione, sviluppata sulla superficie ausiliaria, si presenta come un
reticolato composto da maglie rettangolari di dimensioni variabili
con la latitudine, cioè sempre più piccole via via che ci si avvicina
ai poli. Tale proiezione è equivalente ed equidistante solo lungo l’equatore. La deformazione è minima per le regioni equatoriali, lungo
la linea di tangenza, e aumenta invece per le regioni polari: i due
poli, che sulla Terra sono due punti, sulla carta sono rappresentati da
linee lunghe tanto quanto l’equatore.
7. Il formato Flash è un formato video per lo più usato per inviare
video su Internet usando Adobe Flash Player, le estensioni di questo
formato sono .flv, H.264, SWF.
I file di uscita sono di taglia piccola e possono dunque essere facilmente scaricati usando vari programmi. Il formato Flash Video è
visibile sulla maggior parte dei sistemi operativi, attraverso l’ampia
disponibilità di Adobe Flash Player e delle estensioni per i Browser
o da programmi di terze parti come Mplayer, VLC, media player,
ecc...
3. Elena Ippoliti (a cura di), Valorizzare il patrimonio culturale,
esperienze per Ascoli Piceno, Aracne, Roma, 2013, p. 234
4. Guida di YouTube per il caricamento di Video a 360° all’indirizzo
https://support.google.com/youtube/answer/6178631?hl=it
8. Pur non volendoci soffermare su studi informatici o di programmazione, può essere utile, a questo punto, comprendere cos’è il codice HTML5.
Meglio si conosce il significato di HTML (Hyper Text Markup Language), codice utilizzato per la formattazione di documenti ipertestuali ovvero quella serie di simboli e istruzioni atte a visualizzare
correttamente le pagine web: “sotto” ad ogni sito internet c’è un
codice composto in formato HTML che lo rende visualizzabile così
come ci appare. Quando parliamo di HTML intendiamo un linguaggio di markup che, a differenza dei linguaggi di programmazione,
non è altro che un insieme di regole che definiscono, attraverso convenzioni standardizzate, la tipologia di testo in esse contenuto.
HTML5 è invece un nuovo e innovativo linguaggio di markup che
tende a migliorare tutte quelle funzioni appartenenti al campo di interesse di questa tesi: la visualizzazione di video, la condivisione di
contenuti multimendiali, l’accesso a WebAPP attraverso dispositivi
mobili, ecc...
5. E. Ippoliti, Op cit., p. 73
6. Come nei panorami statici multi-immagine, bisogna assicurarsi
che gli scatti fotografici siano ben collegabili tra loro. Occorre dun-
9. Il concetto di Realtà Aumentata e AR Tag è già stato introdotto ed
esemplificato nel paragrafo 2.5
Nel caso specifico qui espresso, il significato di Realtà Aumentata
95
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
rappresentata attraverso il sistema Vision Based con tecnologia di
tracking per forma, o mediante sistema GPS, può essere di seguito
semplificato.
L’aspetto fondamentale che distingue la realtà aumentata dalla realtà
virtuale, è lo stretto legame con il mondo fisico: l’ambiente ricco di
contenuti digitali che vengono resi visibili, infatti, comunica con la
realtà che vediamo e tocchiamo; per questo viene piuttosto definita
strato di informazioni aggiuntive che vengono sovrapposte al mondo fisico.
Il tag, invece, è più precisamente la porzione di realtà che, una volta
riconosciuta dal software in realtà aumentata, permette di visualizzare sul dispositivo che si sta utilizzando i contenuti digitali a questa
collegati, come per esempio oggetti 3D, video, o altri. Il riconoscimento in questione può avvenire in due modi: quando la videocamera “vede” un determinato elemento, che può essere costituito da
una pagina di una rivista come dalla facciata di un edificio (tracking
per forma); oppure può essere attivato tramite i dispositivi di geolocalizzazione (GPS) implementati ormai in tutti i dispositivi mobile
di ultima generazione: in questo caso i contenuti aumentati vengono
visualizzati quando l’utente si trova in una determinata posizione, o
arriva ad una determinata destinazione.
10. Per georeferenziazione si intende l’attribuzione a un dato di
un’informazione relativa alla sua dislocazione geografica; tale posizione è espressa in un particolare sistema geodetico di riferimento.
La georeferenziazione è usata nei sistemi GIS (sistema informativo
computerizzato che permette l’acquisizione, la registrazione, l’analisi, la visualizzazione e la restituzione di informazioni derivanti da
dati geografici), tanto da essere applicata sostanzialmente ad ogni
elemento presente: pixel componenti un’immagine raster, elementi
vettoriali come punti, linee o poligoni e persino annotazioni.
Come esempio conosciuto, un sistema in cui gli elementi vengono
georeferenziati è Google Maps, in cui è possibile cercare negozi o
località di interesse dei quali viene evidenziato sulla mappa la posizione geografica ad essi riferita.
Avere le mappe su file raster le rende molto più agevoli da consultare ma servono a poco se non sono georeferenziate. Molti progetti
in ambito GIS richiedono la georeferenziazione di dati di tipo raster.
Con il termine georeferenziazione ci si riferisce al processo mediante il quale si assegnano delle coordinate del mondo reale a ciascun
pixel del raster. Molte volte queste coordinate si ottengono facendo
ricerche sul campo - raccogliendo con dispositivi GPS le coordinate
di alcune geometrie facilmente identificabili nell’immagine o nelle
96
carte.
11. La geolocalizzazione è l’identificazione della posizione geografica nel mondo reale di un dato oggetto, come ad esempio un telefono cellulare o un computer connesso o meno ad Internet, secondo
varie possibili tecniche. Si riferisce ad informazioni particolarmente
dinamiche, che si aggiornano di frequente, come la posizione di una
persona o i pareri degli utenti rispetto a particolari luoghi o servizi
spazialmente localizzati. La possibilità di localizzare con continuità
e con buon grado di approssimazione la posizione degli utenti deriva dalla combinazione di diverse tecnologie, che consentono non
soltanto di ricevere e decodificare informazioni di tipo spaziale, ma
anche di comunicarle. Un esempio sono gli smartphone, dispositivi
che integrano la telefonia mobile e le funzioni di agenda digitale con
il posizionamento GPS e la connettività Internet, anche mediante
wi-fi. Ciò consente di condividere i dettagli della propria posizione
(e della pianificazione quotidiana) ricevendo, al tempo stesso, informazioni centrate sull’ubicazione dell’utente, come la presenza di
conoscenti nei dintorni, l’intensità del traffico veicolare nell’area o
la disponibilità di beni o servizi entro un certo raggio.
Da http://www.treccani.it/enciclopedia/geolocalizzazione_(Lessicodel-XXI-Secolo)/
5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica
Michela Ardito
5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la
navigazione 3D stereoscopica
Come già detto, il punto di partenza delle diverse sperimentazioni è stato il “modello tridimensionale”, via via trasformato in relazione alla possibilità di esplorarlo secondo diverse
modalità.
In particolare nel presente capitolo sono descritte le elaborazioni relative alle navigazioni in ambienti che simulano la
visione naturale, prima inquadrandole rispetto alle questioni
scientifico-disciplinari e poi descrivendo i principali passaggi
procedurali, e cioè:
- la prospettiva dinamica interattiva per la navigazione in
real-time del modello digitale, che consente un’elevata interazione con lo spazio ricostruito potendolo esplorare in modo
fluido e continuo,
- la prospettiva dinamica sia interattiva e sia immersiva che
consente un’esperienza per così dire totalizzante.
5.1 La Prospettiva dinamica interattiva
La rappresentazione di un modello navigabile sperimentata
in maniera interattiva, dinamica e ludica, può essere elaborata con software di gaming.
I motori 3D che lavorano in tempo reale (real time 3D engine)
hanno la capacità di calcolare e quindi di mostrare immagini
elaborate in tempo brevissimo, tali da ottenere un certo numero di frame, all’incirca 30-60 immagini, al secondo. Tali
requisiti di velocità sono dovuti all’invenzione degli acceleratori grafici 3D, dispositivi hardware sviluppati con diverse
tecniche evolutesi nel tempo.
Gli acceleratori sono costituiti da un coprocessore matematico e da una memoria RAM di qualità. Svolgono funzioni
matematiche estremamente ottimizzate e consentono di sgravare la CPU da enormi quantità di calcoli, permettendo la
realizzazione di motori grafici più raffinati e veloci.
La tecnologia real-time, nata negli anni ‘50 del secolo scorso,
si diffonde capillarmente negli anni ‘90 grazie alla diffusione dei videogiochi di tipo interattivo e di simulazione. La sua
espansione in campo architettonico e la sua considerazione
come nuova forma di rappresentazione digitale è legata alla
capacità di ricostruzione di siti archeologici per rispondere
all’esigenza di rendere alcuni luoghi di interesse artistico accessibili anche a distanza con modalità alternative rispetto ai
classici strumenti della rappresentazione.
Inoltre la prospettiva dinamica interattiva trova impiego nello
studio e nell’analisi indiretta di progetti mai realizzati o nella costruzione di database informativi sullo stato attuale e su
quello trascorso di fabbricati e complessi urbani.1
Per comprendere appieno il significato e i campi di applicazione della prospettiva dinamica interattiva è necessario sottolineare le differenze che la distinguono dalla prospettiva
tradizionale2.
Come è ampiamente noto, la prospettiva è quel metodo che
simula la percezione dell’uomo riguardo allo spazio che lo
circonda.
La prospettiva statica tradizionale sfrutta un solo punto di
vista; il punto in cui si trova il disegnatore che osserva la
scena prospettica reale successivamente assimilata su carta
ad un’immagine bidimensionale. La prospettiva dinamica interattiva è fruibile invece da infiniti punti di vista, a scelta
dell’osservatore che ha la facoltà di muoversi all’interno di
una scena tridimensionale. In questo caso non sarà l’operatore-progettista a decidere il “punto privilegiato” da cui fruire
l’oggetto, ma questo sarà comprensibile a 360° dall’utente
che lo naviga e che non viene più a ricoprire il ruolo di semplice osservatore vincolato. La prospettiva statica ha un limite oggettivo nell’angolo di campo, ovvero nell’ampiezza dello spazio che osserva, essa è circoscritta e definita, al di là del
limite non è dato esplorare lo spazio. La prospettiva dinamica
e interattiva non soffre di questo limite perché il quadro prospettico segue l’occhio e quindi i movimenti di chi osserva.
La prospettiva tradizionale infine si avvale dei mezzi espressivi dell’arte figurativa quali il disegno e la pittura; la prospettiva dinamica e interattiva si avvale dei mezzi espressivi del-
97
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
la computer grafica, mezzi che possono comprendere quelli
dell’arte figurativa ma anche quelli della fotografia, della
cinematografia e della elaborazione digitale dell’immagine.
Nella sperimentazione si è voluta realizzare la prospettiva
dinamica interattiva del “quadrato piacentiniano” della città
universitaria di Roma, per comunicare l’idea progettuale di
uno spazio che ha perso la sua configurazione iniziale.
La sua ricostruzione avviene secondo una modalità prospettica-fotografica lontana dalla simulazione che invece caratterizza i videogame, per avvicinarsi ad un’esplorazione virtuale
del luogo in prima persona così come doveva apparire nel
momento della sua costruzione con un risultato formale volutamente più simbolico e in qualche modo astratto.
La navigazione del modello si concentra sulla visualizzazione dello spazio della piazza e degli esterni delle facciate che
vi prospettano con lo scopo di rintracciare forme, trame e oggetti che riassumano il linguaggio e l’intenzione generale di
un ampio progetto caratteristico della cultura architettonica
degli anni ‘30.
5.1.1 Dal modello al real time
Le prime sperimentazioni grafiche in ambiente digitale risalgono agli anni ‘60 ma lo strumento si diffonde in architettura
alla fine degli anni ‘80. Già negli anni 70 erano stati approfonditi gli studi sulle curve e superfici NURBS (Non Uniform
Rational B-Splines) da parte dell’ingegnere meccanico Pierre
Bezier, con cui era possibile rappresentare superfici di qualsiasi forma, generalmente non riproducibili né per via analitica,
né per via geometrica, e con un minor quantità di memoria.
Descrivibili con caratteri parametrici sono composte da un
continuum di valori relativi che individuano le curve spline
generate per interpolazione di punti vincolati, cioè i vertici
dei poligoni di controllo che determinano la forma della superficie.
Negli anni ‘90 si assiste al miglioramento delle elaborazioni
delle immagini grazie al perfezionamento di diversi algoritmi. Ciò consente di produrre immagini che emulano gli effetti
materici e di interazione di luci e corpi in modo sempre più
realistico3 che vanno sotto il nome di rendering.
Come già visto nei capitoli precedenti, per la costruzione del
modello si possono utilizzare due differenti metodi di rappresentazione informatica, ovvero la rappresentazione matema-
98
tica o continua e la rappresentazione numerica o poligonale.
Nella prima l’oggetto viene descritto con continuità per ogni
punto mediante formule matematiche, nella seconda l’oggetto è discretizzato, tassellato, viene cioè descritto tramite un
numero finito di punti, vertici di superfici (tasselli) che compongono poliedri irregolari.
Questi due metodi convivono perché entrambi sono necessari. La rappresentazione matematica offre infatti un controllo
numerico accurato e preciso della forma ed è perciò necessaria a risolvere problemi complessi, mentre quella numerica,
vincolata dalla scheda grafica del computer, grazie all’utilizzo di appositi algoritmi gestisce la visualizzazione dei solidi
ed interpolando il grado di intensità luminosa delle facce del
poliedro generando una finta continuità.
Dunque un buon processo di modellazione dovrebbe partire
dalla ricostruzione con un modellatore matematico, per poi
importare il modello in ambiente numerico per gestirne la
resa di rendering, dove è stato tradotto attraverso mesh, maglie o tasselli che compongono i poliedri, operando lo scambio tra i diversi formati disponili.
All’interno del programma di rendering è possibile comunque effettuare modifiche e miglioramenti alle mesh importate
con comandi che riducono la ridondanza delle coordinate dei
vertici eventualmente in eccesso. Si può gestire anche la direzione delle normali per ogni faccia delle mesh che servono
ad indicare la separazione tra “il dentro e il fuori” o “il pieno
e il vuoto” del solido.
Per realizzare un modello navigabile in real-time, o una prospettiva dinamica interattiva, possono essere utilizzati diversi
procedimenti, anche completamente integrati dove, costruito
il modello, il software di rendering è capace di gestire sia
la resa chiaroscurale che l’animazione real-time. Seppur più
semplice, questo ultimo metodo non viene utilizzato a causa
della scarsità di risultati per la navigazione e visualizzazione
del modello4.
La procedura che è stata utilizzata nella sperimentazione è
quella resa possibile dai formati di scambio, per cui il modello realizzato con il software Rhinoceros, poi renderizzato
in ambiente 3D Studio Max, è stato infine esportato nel programma per l’animazione real-time Unity 3D utilizzando il
file di scambio .fbx.
Per la migliore fruizione del real-time, una particolare cura è
stata riposta nella traduzione del modello matematico in mo-
5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica
Michela Ardito
dello numerico, cercando di mediare tra le necessità dell’accuratezza percettiva e quelle della navigabilità del modello.
Infatti, trattandosi di una visione dinamica ed interattiva, è
indispensabile realizzare un modello particolarmente curato
nella resa dei dettagli ma, nel contempo, contenendo il numero dei poligoni affinché il “peso” della geometria non influisca negativamente sulla fluidità della navigazione.
Poi, prima di importare il modello (geometrie mesh, texture
e parametri di mappatura) in Unity 3D sono stati adottati
ulteriori accorgimenti.
Tra questi, il procedimento del Texture Baking detto anche
Rendering to Texture, che consente di evitare gli impegnativi calcoli computazionali necessari per il movimento nella
scena, ovvero per non dover renderizzare frame by frame al
mutare del punto di vista.
Una volta allestita la scena, quindi costruito il modello texturizzato e definite le fonti di illuminazione, applicando il Baking si precalcolano gli effetti della resa del rendering e si
salvano le relative informazioni in immagini bitmap.
Un’altra procedura utilizzata per migliorare la resa percettiva
durante la navigazione, senza però aumentare il numero di
poligoni e quindi il “peso” del modello, è quella detta Normal
Mapping, che consente di descrivere le condizioni di dettaglio invece che con un accurato modello, simulandole con
una mappa di texture, detta Normal Map.
Nel sistema di Game Engine adottato, Unity 3D, è così stato possibile importare un modello poligonale non eccessivamente pesante, dove la complessità del rilievo delle superfici,
seppur simulata, è comunque percettivamente apprezzabile
grazie alla Normal Map.
5.1.2 La costruzione del modello navigabile real-time.
Per realizzare la prospettiva dinamica interattiva, il real-time
engine utilizzato è Unity 3D, un software con elaborazione
grafica in tempo reale. Esso fornisce le tecnologie di base,
semplifica lo sviluppo e spesso permette al gioco di girare su
piattaforme differenti. La funzionalità di base fornita da un
motore grafico come Unity include un motore di rendering
per grafica 2D e 3D, un motore fisico che funziona come rilevatore di collisioni, di suono, di scripting, di animazioni, ecc.
Il processo di trasformazione del modello iniziale si divide in
diverse fasi.
Dal modello matematico realizzato nel software Rhinoceros,
si procede nell’importazione in 3D Studio Max, programma
di resa chiaroscurale, che trasforma il modello numerico con
mesh tassellate. Infine la navigazione real-time si realizza
tramite il software di gaming Unity 3D, che è in grado di
supportare pesanti modelli con un gran numero di poligoni,
texture e mappe di modeste dimensioni.
Avendo già descritto nel paragrafo 3.2 la fase di costruzione
del modello matematico e la scelta della resa chiaroscurale e
delle texture usate nella fase di rendering dell’intero modello, di seguito si approfondiscono i principali passaggi tecnici
necessari per la costruzione della vera e propria prospettiva
dinamica interattiva.
A partire dal settaggio della scena in 3D Studio Max, con
il motore di rendering Mental Ray abbinato al sistema di illuminazione fotometrica, sono state ottimizzate le mesh del
modello cercando di eliminarne le imprecisioni, discretizzandone il numero dei poligoni ed eliminando le ridondanze.
Poi sono state importate in bitmap le texture dei materiali disegnati a mano e sono state inserite nel canale “diffuse” dei
materiali della categoria “arch&design” che bene reagisce
con il motore di rendering Mental Ray.
Assegnati i materiali alle corrispondenti mesh del modello
utilizzando il Gitzmo (strumento che permette di spostare,
ruotare e mettere in scala oggetti e suboggetti 3D) del modificatore “UVW Mapping” che definisce le coordinate di mappatura5 della mesh, facendo attenzione a far corrispondere lo
stesso valore di canale di mappatura tra la bitmap assegnata
al canale diffuse del materiale al modificatore UVW Mapping
in modo tale da accordarli per ”farli lavorare“ insieme (fig 1).
A ben vedere il procedimento descritto sinora è finalizzato
ad ottenere file di output, ovvero rendering che descrivono
una rappresentazione del modello come “prospettiva digitale
disegnata”.
Questo stato di elaborazione del modello permette di procedere a realizzare sia i panorami sferici statici e dinamici che
la prospettiva dinamica interattiva.
Se per ottenere i panorami sferici sono state definite le posizioni delle telecamere che hanno elaborato immagini equirettangolari e sequenze filmiche da sviluppare poi in altri
software, per conseguire un modello navigabile real-time si
è proceduto invece realizzando delle “lightmap” attraverso il
metodo del “texture baking” a partire dallo stesso file di 3D
99
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
1/ Modificatore UVW Mapping delle coordinate di mappatura della mesh del fabbricato di entrata principale della Scuola di Matematica e
bitmap associata al materiale “travertino quadrato”. Entrambi hanno valore 1 per il canale di mappatura.
Studio Max.
Questo procedimento è stato utilizzato per alleggerire la mole
di calcoli della scheda grafica del computer. Infatti generando
delle “lightmap” queste hanno pre-calcolate le luci e le ombre per ogni oggetto, che non è dunque realizzata durante la
navigazione real-time, ma è già associata ad ogni mesh del
modello.
Per realizzare le “lightmap” è stato utilizzato un procedimento in cui le luci e le ombre delle mesh calcolate dal motore
di rendering vengono “cotte” su mappe quadrate attraverso
il metodo chiamato “texture baking” (cottura delle texture).
Nell’atto pratico, per attuare il metodo del “texture baking”
all’interno del software 3D Studio Max, bisogna inizialmente rendere invisibile, in gergo “spegnere”, la bitmap del materiale assegnato alla mesh lasciando visibile solo il colore
dello shader diffuse.
In seguito sono state definite le coordinate di mappatura per
la renderizzazione delle lightmap utilizzando il modificatore
Unwrap UVW al quale, è stato attribuito il valore 2 del canale
100
di mappatura, con il fine di differenziarlo dal canale del modificatore UVW Mapping, utilizzato in precedenza nell’assegnazione delle texture disegnate a mano per riprodurre il travertino, la litoceramica, l’intonaco, l’asfalto ecc.
Il modificatore Unwrap UVW si applica alla mesh e ha il
compito di proiettare i poligoni della stessa da più punti e di
posizionarli, senza sovrapposizioni, su una texture quadrata
grazie al comando abbinato “flatten mapping” (fig. 2).
Verificato il corretto posizionamento e dimensionamento dei
poligoni proiettati sulla texture, è stato azionato il comando
“Render to Texture” che si serve delle impostazioni di rendering della scena per renderizzare i poligoni disposti sulla
texture quadrata.
All’interno del comando è stato definito il valore del canale di
mappatura coincidente con quello del modificatore Unwrap
UVW in modo da renderizzare i poligoni delle mesh nella
stessa posizione in cui sono stati disposti dal modificatore.
Nella stessa finestra di dialogo è stato selezionato l’element
type che definisce il tipo di elemento da renderizzare della
5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica
Michela Ardito
2/ Finestra di lavoro del modificatore Unwrap UVW, proiezione e disposizione ordinata dei poligoni su una texture quadrata
mesh. Nella sperimentazione è stato scelto l’element type
“Complete map” capace di generare una mappa di output
omogenea dove sono registrate le luci, le ombre e i colori di
base della mesh.
Infine è stata definita la grandezza della texture da renderizzare, ponendo attenzione che fosse adeguata ai fini di una
corretta visualizzazione e compatibile con l’ampiezza della
memoria della scheda grafica.
Sono così state generate texture di 1024 x 1024 px da 296 kb
o 2048 x 2048 da 592 kb, in base alla dimensione delle mesh
associate (figg. 3, 4).
Terminato il procedimento di “texture baking” all’interno
della scena del software 3D Studio Max, si è proceduto a riassegnare in un nuovo file un materiale per ogni mesh. Ciascun materiale è composto da due bitmap: la “lightmap” che
descrive l’illuminazione e la texture disegnata a mano che
definisce il disegno del materiale di ogni mesh. Il modello finale importato in Unity 3D conserverà tutte le caratteristiche
dei materiali precedentemente assegnati in 3D Studio Max.
Non avendo più necessità di un sistema di illuminazione ge-
nerale interno alla scena, è stata eliminata la luce fotometrica
inserita all’inizio.
Si è poi scelto di utilizzare un materiale “standard” per vestire
il modello finale che ben lavora in abbinamento al formato di
esportazione “.fbx”6.
Per ogni materiale è stato inserito nel canale diffuse la bitmap
della texture disegnata a mano assegnandole valore 1 nel canale di mappatura in corrispondenza a quello del modificatore
di coordinate UVW Mapping che era stato già precedentemente assegnato alla mesh la stessa texture.
Nel canale self-illumination dello stesso materiale è stata inserita la lightmap con coordinate di mappatura 2, in modo
da essere leggibile dal modificatore Unwrap UVW, anch’esso
precedentemente assegnato alla mesh (fig. 5).
Una volta ri-assegnati i materiali per ogni mesh del modello,
si è proceduto all’esportazione per il real-time engine Unity
3D.
Unity è un engine per lo sviluppo di videogiochi molto flessibile e comprensibile anche da chi non ha dimestichezza con
il mondo della programmazione informatica. Anche se non si
101
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
3/ Impostazioni nel comando Render to texture
Ho risolto il problema aggiungendo una luce direzionale con
la stessa direzione e posizione spaziale della luce fotometri
4/ Lightmap della mesh del fabbricato di entrata della Scuola di
Matematica, dimensioni 2048x2048 px
102
classifica al primo posto per performance o qualità del rendering, possiede rispetto ad altri software di gaming la possibilità di esportare per molte piattaforme fra cui tutti i sistemi
operativi desktop e quasi tutti quelli mobile (iOS, Android,
Blackberry, a breve anche Windows 8). E’ esportabile inoltre
anche per web (con un apposito plugin, come Flash) e per le
principali consolle (Wii, PS3, Xbox).
Approfondire lo studio di un luogo per una sua comunicazione e valorizzazione culturale tramite strumenti informatici
nati con altri scopi quali quello del divertimento e del gioco,
dona sicuramente, a mio avviso, un valore aggiunto poiché
introduce metodi educativi che attingono all’“edutainment”7,
termine composto dai sostantivi “education” (apprendimento,
educazione) e “entertainment” (divertimento, svago).
Per far incontrare il mondo culturale con quello ludico, è necessario saper sfruttare al massimo i mezzi tecnologici a disposizione in modo di amplificare la capacità di ricezione del
messaggio dello spettatore che si trova a diretto contatto con
il bene culturale.
In questo caso caso per sviluppare concretamente la componente ludica del mio progetto,ho utilizzato un software di gaming che mi permette di navigare il luogo virtuale in maniera
5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica
Michela Ardito
5/ Composizione del nuovo materiale da assegnare alla mesh del fabbricato di entrata della Scuola di Matematica
completamente immersiva e sicuramente coinvolgente.
Il modello importato in Unity 3D conserva i nomi e i materiali impostati e assegnati in 3D Studio Max ad ogni mesh,
ma non memorizza l’associazione delle bitmap, lightmap e
texture, ai rispettivi canali, diffuse e self-illumination del materiale.
Si è dovuto pertanto operare manualmente assegnando i materiali con degli shader che visualizzano sia le texture disegnate a mano sia le lightmap e ne conservano le rispettive
coordinate di mappatura. Di nuovo sono state “vestite” tutte
le mesh del modello così come erano state impostate nel software di resa chiaroscurale.
Unity si serve di shader, parti di codici responsabili del comportamento grafico di un materiale.
Essi, attraverso algoritmi e calcoli matematici, gestiscono la
reazione del materiale rispetto alla luce, creano effetti particolari in prossimità dei vertici delle mesh, determinano la
trasparenza, le texture e i colori. (fig. 6, 7)
In particolare si è utilizzato lo shader “Legacy shaders –
Lightmapped – VertexLit” per la maggior parte dei materiali
6/ Disponibilità di scelta degli shader
103
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7/ Assegnazione del materiale con shader Legacy – Lightmapped -VertexLit
ri-assegnati al modello.
Il “Legacy shader” raccoglie caratteristiche e componenti
degli “standard shader” in modo da combinarle per ottenere nuovi e più complessi materiali. Nella sperimentazione è
stata combinata sia la lightmap, che la mappa della texture
disegnata descritta dallo shader “VertexLit”. Questo è uno degli shader più semplici e serve principalmente ad indicare il
calcolo della luce sulla superficie della mesh che avviene per
interpolazione dei vertici.
Per le chiome e i tronchi degli alberi sono invece stati associati materiali con shader “Legacy shaders – Transparent –
Specular” che permettono di visualizzare una trasparenza con
parti riflesse dei fabbricati circostanti.
In seguito alla ri-assegnazione delle mappe ai materiali è stato impostato il setting della scena navigabile.
In primo luogo sono stati importati degli “asset” standard,
che sono cartelle contenenti oggetti e funzionalità interne o
esterne al programma tra cui la funzione interna del “Character controller”. Questo asset ha dato la possibilità di inserire nella scena il “First Person Character” attraverso cui è
104
possibile controllare il personaggio che naviga il modello in
prima persona (fig. 8).
Il personaggio ha una sua dimensione che deve essere proporzionata rispetto agli oggetti che lo circondano e che va
ad esplorare. E’ un personaggio “virtualmente fisico” perché
obbligato ad adeguarsi alle leggi della gravità e della materialità degli oggetti. Oltre ad aver impostato il valore della
“Gravity” per farlo rimanere ancorato al terreno, si sono dovuti anche anche associare dei “Collider”, secondo diverse
forme geometriche, agli oggetti in modo che durante i suoi
spostamenti il personaggio non incorresse in ingenui ed inverosimili “passaggi attraverso l’ostacolo” (fig. 9).
Per completare l’allestimento della scena mancava di “definire” il cielo e in ultima istanza il posizionamento di una luce
che non producesse ombre.
Unity garantisce dei preset chiamati “skybox” per il cielo che
si è deciso di non utilizzare perché si è considerato anche il
cielo parte integrante del modello che vuole simulare le prospettive realizzate a mano degli anni ‘30.
Ho perciò inserito un nuovo skybox appositamente costru-
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8/ Importazione dell’Asset Characters e posizionamento del First Person Character
9/ Associazione del collider alla mesh della scalinata all’entrata della Facoltà di Lettere e Filosofia
105
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ito. Gli skybox di cui si serve il programma non sono altro
che delle proiezioni cubiche di un’ immagine sferica. E’ stato
semplicemente realizzato una texture con lunghezza doppia
rispetto all’altezza inserendola nel programma di costruzione
dei panorami sferici Panatour Pro già utilizzato in precedenza.
La texture è stata assimilita perciò ad un’immagine equirettangolare generando come file di output la proiezione rettilineare delle sei facce del cubo circoscritto alla sfera, ovvero il
panorama sferico.
Le sei immagini sono state importate nel software assegnandole allo skybox. Ogni immagine segue un preciso orientamento dettato dagli slot con diciture: sopra, sotto, destra, sinistra, fronte e retro, ai quali viene destinata (fig. 10).
In seguito lo skybox è associato alla camera del “First Person
Character” inserendo nell’ inspector, ovvero la scheda dove
modificare ogni oggetto, la possibilità di far visualizzare al
charater un “custom skybox” cioè un cielo costruito dall’utente (fig. 11).
Poiché vi sono notevoli discrepanze nella visualizzazione
della luminosità, delle trasparenze e dei colori tra gli stessi
materiali impostati in Unity e in 3D Studio, tutti i materiali
associati agli oggetti risultavano scuri o spenti.
Così è ovviato al problema aggiungendo una luce direzionale
con la stessa direzione e posizione spaziale della luce fotometrica precedentemente inserita nel software 3D Studio Max e
utilizzata per generare le lightmap ma senza la caratteristica
di generare ombre usandola solo per rendere più luminosa la
scena (figg. 12-17).
10/ Realizzazione dello Skybox per il cielo, associazione delle 6 immagini proiezioni del cubo circoscritto alla sfera ad ogni spazio dedicato
associato
106
5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica
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11/ Visualizzazione del custom skybox da parte della camera del First person character
12/ Impostazione della luce direzionale nella stessa posizione e direzione della luce fotometrica in 3D Studio Max
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13/ Navigazione real-time in Unity 3D, vista di piazza della Minerva con fontana e statua
14/ Navigazione real-time in Unity 3D, vista del viale principale
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15/ Navigazione real-time in Unity 3D, vista dall’entrata principale della Facoltà di Lettere e Filosofia
16/ Navigazione real-time in Unity 3D, vista della piazza da Nord-Est
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17/ Navigazione real-time in Unity 3D, vista di piazza dalla scalinata del Rettorato
5.2 La navigazione 3D stereoscopica
Se la fruizione fluida della scena tridimensionale è condizione essenziale per l’interattività, essa non è certamente sufficiente a rendere soddisfacente l’esperienza di percezione
tridimensionale del modello.
Perché ciò accada è necessario che l’utente sia facilitato
nell’esplorazione della scena e possa fruire di una realtà virtuale nella maniera più simile all’esplorazione e interazione
del mondo reale. A partire da questo assioma si deduce facilmente la necessità di aggiungere degli strumenti e sistemi di
visualizzazione per aumentare il coinvolgimento del visitatore virtuale.
Da qualche tempo il mondo dei videogiochi sta mandando
segnali di evoluzione in questo campo, grazie alla diffusione
di diverse periferiche di input e output. Le tecnologie per la
visualizzazione stereoscopica che migliorano l’effetto realistico delle scene esplorate hanno in generale destato molta
attenzione e si stanno diffondendo rapidamente anche perché
immettono nel mercato strumenti relativamente poco costosi.
Per introdurre la navigazione tridimensionale stereoscopica
di un modello real-time è opportuno sinteticamente ricordare
il funzionamento della visione stereoscopica.
110
La stereoscopia è una tecnica di visualizzazione che permette la percezione del rilievo di un oggetto, grazie alla visione
binoculare. Essa gioca sull’assunto che ognuno degli occhi
vede un’immagine lievemente differente dall’altra in quanto
sono posti in posizioni diverse, separate da circa 65mm di
distanza.
Secondo il meccanismo della stereopsi, al cervello giungono
due immagini della stessa scena leggermente diverse tra loro
che saranno poi elaborate al fine di crearne una sola contenente la percezione della profondità, della posizione, della
distanza e della dimensione degli oggetti che ne fanno parte.
Sulla base del funzionamento della visione umana, per poter
creare un’immagine stereoscopica è necessario acquisire due
immagini (stereogramma) di una scena da due punti di vista
diversi.
Per apprezzare l’effetto stereoscopico delle immagini 3D, occorre sistemare i punti di ripresa destro e sinistro alla distanza che riproduce fedelmente lo spazio che separa gli occhi
dell’uomo. Se lo scopo è quello di ottenere immagini che rispettino quanto più possibile la realtà (stereoscopia naturale),
allora la regola è utilizzare la distanza di 6-8 cm, corrispondente alla misura che tipicamente separa un occhio dall’altro
negli adulti.
5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica
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Chiaramente la distanza tra le due riprese dipende dalla lontananza tra l’osservatore e l’oggetto da riprendere. Di norma
si consiglia di sistemare i punti di ripresa ad una distanza che
sia, approssimativamente, 1/10 di quella che separa il punto
di osservazione dall’oggetto più vicino presente in scena.
Si verifica lo stesso metodo anche nella realtà virtuale, parlando di camere o punti di ripresa virtuali che devono simulare i sistemi di ripresa reali.
È possibile aumentare l’effetto stereoscopico utilizzando l’iperstereoscopia per oggetti di dimensioni molto grandi che si
vogliono visualizzare in maniera ridotta. Il metodo consiste
nell’aumentare la distanza tra le camere e quindi simulare la
visione di un avatar con dimensioni maggiori.
Al contrario, l’effetto ipostereoscopico si ottiene avvicinando
le due camere tra di loro. L’effetto è diametralmente opposto
a quello descritto precedentemente. Gli oggetti risultano più
grandi di quelli che apparirebbero nella realtà, riproducendo
in qualche modo il punto di vista di personaggi minuti.
Per apprezzare la coppia di immagini esistono diversi metodi e strumenti che appartengono anche
alla classe delle tecnologie indossabili attualmente in uso ed in continua migliorativa evoluzione.
Già nel 1832, il fisico inglese Charles Wheastone, aveva
costruito un apparecchio chiamato stereoscopio composto
di lenti e di specchi ortogonali tra loro e orientati a 45° che
consentiva di vedere un’ immagine tridimensionale a partire
da due immagini affiancate realizzate da punti di vista con
distanza pari a quella che intercorre tra gli occhi umani (fig.
18).
Gli anaglifi (dal latino “anaglyphus”, scolpito in bassorilievo)
sono invece immagini ottenute sovrapponendo le due immagini stereoscopiche colorate in due colori complementari
come il rosso e l’azzurro-violetto.
Per poter percepire la terza dimensione è necessario indossare
un paio di occhiali con una lente rossa e una azzurro-violetta.
Ogni occhio può vedere solo l’immagine del colore complementare a quello della sua lente. Con essi si può soddisfare
la sperimentazione della visione tridimensionale utilizzando
pochi materiali economici anche se non sono consigliabili per
lunghi tempi di osservazione8 (fig. 19).
Il meccanismo di funzionamento alla base delle proiezioni
3D che sfruttano la polarizzazione della luce è più semplice di quello sfruttato dall’anaglifo. Sono essenzialmente due
19/ Proiezione su schermo di immagini anaglifiche e funzionamento
della visione steroscopica con gli appositi occhiali 3D per anaglifi
(da http://redesdeusuarios.mex.tl/974189_Como-funciona-el-3d--.
html)
le tecnologie che sfruttano la polarizzazione della luce per
rendere discriminabili i frame dedicati all’occhio sinistro e a
quello destro.
A seconda dei filtri utilizzati abbiamo una polarizzazione lineare ed una circolare.
Nella tecnologia con polarizzazione lineare per discriminare i
fotogrammi è necessario che ogni fascio proiettato attraversi
un filtro polarizzatore. La luce emessa dal proiettore è formata da un insieme di raggi luminosi diretti verso lo stesso punto prodotti da onde elettromagnetiche che oscillano su tanti
piani, ciascuno ruotato rispetto agli altri di un certo angolo.
La polarizzazione consente di scegliere, tra tutte queste onde
luminose, solo quelle che oscillano sullo stesso piano o su
piani paralleli tra loro.
Se immaginiamo questa applicazione tecnologica in un cinema, sappiamo che l’immagine osservata dallo spettatore è
riflessa dallo schermo al fondo della sala. Per impedire che si
perda la polarizzazione dei due canali, è necessario utilizzare
la particolare superficie del “silver screen”, uno schermo dalla curvatura particolare con comportamento simile a quello
dei metalli.
Per apprezzare l’effetto 3D, gli spettatori devono indossare
un paio di occhiali le cui lenti sono polarizzate in modo coerente con il fascio luminoso emesso dal proiettore. In questo
modo l’immagine destinata all’occhio sinistro sarà visibile
solo attraverso la lente sinistra degli occhiali, perché il filtro
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
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18/ Stereoscopio a specchi di Wheastone, altri stereoscopi di inizio Novecento e stereogrammi (da https://it.wikipedia.org/wiki/Stereoscopio)
della lente destra non permette il passaggio di luce polarizzata secondo un diverso angolo.
Questo metodo di proiezione offre una qualità del colore nettamente superiore rispetto al metodo anaglifico perché le lenti
non sono filtri cromatici.
Sono invece soprattutto due gli svantaggi che presenta: in
primo luogo la necessità di impiegare due proiettori perfettamente sincronizzati ed orientati, in secondo luogo il minore
comfort per lo spettatore, costretto a mantenere gli occhiali
quasi perfettamente orizzontali.
Infatti anche solo piccoli spostamenti della testa impedirebbero ad uno o entrambi i fasci di luce polarizzata di oltrepassare il filtro degli occhiali, causando l’oscuramento parziale
dell’immagine e una sgradevole sensazione di visione sdoppiata (fig. 20).
Anche nel caso della tecnologia con polarizzazione circolare
la separazione dei frame destinati a ciascun occhio è realizzata grazie alla luce polarizzata anche se in modo differente.
Un polarizzatore circolare permette di ottenere, da un gruppo
disordinato di onde elettromagnetiche, onde che si propagano
seguendo un andamento elicoidale.
Per ottenere questo effetto, la tecnologia (chiamata generalmente “Real D Cinema”) impiega un pannello a cristalli
liquidi che utilizza un particolare tipo di filtro polarizzatore
denominato “Z-Screen” che induce la polarizzazione del fascio luminoso in senso sia orario che antiorario.
Gli spettatori indossano occhiali le cui lenti sono simili a filtri
112
polarizzatori circolari montati in senso opposto, in modo che
uno di essi sia in grado di lasciar passare la luce polarizzata in
senso orario e l’altro in senso antiorario. Questo tipo di lenti
permette allo spettatore di ruotare la testa liberamente senza
subire conseguenze importanti dal punto di vista della resa
tridimensionale.
La tecnologia descritta utilizza un solo proiettore. Infatti il
filmato da proiettare comprende frame per l’occhio sinistro
20/ Tecnologia con polarizzazione lineare.
(da http://www.megalab.it/7648/3/tecnologia-3d-come-funzionarealmente)
5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica
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e frame per quello destro montati in modo alternato ed in sequenza.
Mentre sono proiettati frame per l’occhio sinistro, il Z-Screen
polarizza il fascio luminoso emesso in modo da essere visto
attraverso la lente sinistra, mentre accade il contrario per i
frame dedicati all’occhio destro.
I frame, nonostante siano proiettati a pochissimi millisecondi
di distanza, sono percepiti nello stesso momento (figg. 21,
22).
Nel sistema che utilizza occhiali a cristalli liquidi le immagi-
21/ Tecnologia della polarizzazione circolare. Ruolo dello schermo “Z-Screen” durante la proiezione. Comparazione del comportamento delle due lenti polarizzate. (da: http://www.megalab.
it/7648/4/tecnologia-3Dcome-funziona-realmente)
ni destra e sinistra sono alternativamente visualizzate su uno
schermo, un monitor o un semplice televisore. Uno speciale
apparecchio collegato ad un paio di occhiali a cristalli liquidi
oscura in modo alternato una delle due lenti in perfetta sincronizzazione con la sequenza delle immagini dello schermo.
Quando sul monitor è presente l’immagine di destra, l’apparecchio oscura la lente sinistra e viceversa. Ovviamente la
successione con la quale le immagini destra e sinistra si alternano deve essere rapidissima per non dar modo agli occhi
di accorgersi dell’artificio. Solitamente ciò accade quando lo
scambio avviene in meno di 1/50 di secondo. Il principale
svantaggio degli occhiali a cristalli liquidi è costituito dal loro
costo ancora relativamente elevato.
Può essere considerato un’ evoluzione di questo sistema il
visore digitale LCD. Si tratta di un dispositivo elettronico
composto da due piccoli schermi a cristalli liquidi e da apposite lenti posizionate davanti agli occhi a una ridotta distanza,
funzionali ad ingrandire e mettere a fuoco i due piccoli monitor destinati a proiettare le immagini. Un esempio molto noto
è il visore HMD Oculus Rift.
Si può parlare di stereoscopio digitale che utilizza, al posto
di un supporto statico come lo stereogramma, un supporto
dinamico rappresentato dai monitor LCD. I monitor LCD
destinati a questo visore possono utilizzare un sistema di immagini interlacciate su un unico monitor o affiancate su due
monitor paralleli.
Esistono visori che coinvolgono anche il campo delle applicazioni per dispositivi mobili come il visore promosso dalla
Google chiamato Cardbord.
Oggetto molto economico e semplice, il Cardbord è assemblabile anche dall’utente con pochi gesti.
22/ Occhiali a lenti polarizzate (da https://it.wikipedia.org/wiki/Polarizzatore#/media/File:Circularly_polarized_glasses.jpg)
113
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A differenza dell’ Oculus Rift questo visore ospita nel suo
interno due lenti biconvesse e dei magneti, delegando al monitor e all’APP dello smartphone la proiezione dello stereogramma da ricomporre.
(figg. 23-25)
Vi sono infine due diversi modi per visualizzare le coppie di
immagini stereoscopiche attraverso la cosiddetta visione libera: la visione parallela e la visione incrociata.
Nella visione parallela le immagini vengono affiancate una
all’altra. Lo sguardo si dirige oltre la distanza delle immagini
stesse con gli occhi disposti parallelamente affinché ogni occhio possa vederne una sola.
Il cervello che elabora le immagini percepisce un’unica immagine virtuale tridimensionale.
25/ Kit di montaggio del visore Google Cardoboard
(da: http://www.gamemag.it/news/cardboard-la-realta-virtuale-digoogle-con-il-cartoncino_52951.html)
Nella visione incrociata le immagini stereoscopiche vengono invertite cosicché lo sguardo dovrà incrociarsi. L’occhio
destro vedrà l’immagine sinistra e viceversa. Quando ogni
occhio riesce a vedere nitidamente la sua immagine si percepisce l’effetto 3D.
5.2.1 La realizzazione del modello immersivo navigabile
23/ Occhiali a cristalli liquidi (da: http://septimus.altervista.org/
differenza-tra-3d-attivo-e-3d-passivo/)
24/ evoluzione della tecnologia negli Head Mounted Display
(HMD) che ha display con lenti a cristalli liquidi con risoluzione di
1280×800 (16:10 aspect ratio), Oculus Rift.
(da: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Oculus_Rift_-_Developer_Version_-_Back.jpg)
114
Per la fruizione del modello navigabile in Real-Time del progetto del quadrato piacentiniano, è stata sperimentato l’uso
della modalità di visione stereoscopica supportata dalla tecnologia fornita dai visori digitali LCD.
E’ possibile tradurre la visione monoscopica gestita della camera del “First person Character” di Unity 3D in una visione stereoscopica fruibile da diversi visori HMD con monitor
LCD, come gli Oculus Rift e i Google Cardboard.
In base alle finalità di utilizzo del modello, nel caso studio
alla fruizione di applicazioni per dispositivi mobili, si è reputato che l’uso dei Google Cardboard fosse molto appropriato.
Si tratta essenzialmente di una piccola scatola di cartone, dalle dimensioni poco più grandi di uno smartphone, in cui sono
inseriti dei magneti che interagiscono con il giroscopio del
dispositivo mobile e delle lenti biconvesse che impediscono
le distorsioni delle immagini.
Praticamente si inserisce lo smartphone, che funge da schermo con la proiezione della doppia immagine renderizzata
assimilabile ad uno stereogramma fisso, all’interno della
scatola e si sperimenta immediatamente la realtà virtuale in
5.0 La sperimentazione. Modelli navigabili in 3D: la Prospettiva dinamica interattiva e la navigazione 3D stereoscopica
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stereoscopia.
Prima di scegliere quale tecnologia utilizzare tra gli Oculus
Rift e i Google Cardboard, si è deciso comunque di sperimentarle ambedue, come di seguito descritte.
Gli Oculus Rift sono dei visori con un display LCD di 960
x 1080 pixel e campo visivo di 100 gradi, in cui sono incorporate le lenti per la visone stereoscopica e sono collegati
direttamente al computer così da sfruttare la potenza del processore e della scheda video.
Essenzialmente entrambi i visori hanno un funzionamento
molto simile, la differenza maggiore, oltre al costo economico, sta nello scarto offerto dal processore e dalla GPU di un
laptop rispetto ad uno smartphone. Inoltre i Cardboard presentano generalmente un angolo di campo (FOV) più ristretto
a causa della loro natura più “essenziale” e in ogni caso offrono prestazioni migliori per applicazioni Android di realtà
virtuale molto semplici che non richiedono troppa potenza al
dispositivo.
I passaggi per la trasformazione dalla visione monoscopica a
quella stereoscopica per entrambi i visori sono in buona sostanza gli stessi. A partire dalla scena di Unity 3D si devono
sostituire o trasformare le camere monoscopiche in camere
steroscopiche e in seguito collegarle al visore.
Nel caso in cui si vada a modificare la scena per fruire della visione stereoscopica con gli Oculus Rift, i passaggi sono
abbastanza semplici e automatici poiché Unity e Oculus Rift
sono direttamente collegati tra loro mediante plug-in.
Innanzitutto si deve installare il pacchetto “Oculus Runtime
per windows”, coerente per la visualizzazione dal sistema
operativo dell’elaboratore, che nel caso si tratta della versione 7.0 che ben comunica con la versione 5.2.2 di Unity senza
necessità di ulteriori utility di integrazione.
In Unity è necessario accertarsi che la scena sia visibile in
modalità “Virtual Reality”, ovvero tramite visore digitale, e
quindi è stata attivata la funzione nel comando “Player Settings“ del file di Unity. A questo punto si è potuto collegare
il visore digitale HDM con il computer e configurarlo (figg.
26, 27).
Si è poi proceduto nell’allestire la scena e modificato la visione a partire dalla camera del “First person Chracter” di Unity.
Poi è stato si è importato un nuovo asset con l’SDK per Oculus, ovvero un kit che permette di importare sistemi utili alla
generazione di VR (realtà virtuale) fruibile dal Rift, chiamato
26-27/ Impostazione della funzione “Virtual reality supported” nel
settaggio della visualizzazione del modello in Unity 3D e configurazione della periferica di output, i visori HMD Oculus Rift DK2
“OVR Player Controller”. Serve a sostituire la camera già esistente che simula la visone dell’avatar e a rendere visibile la
scena in stereoscopia (fig. 28).
Indossando i Rift è a questo stadio è già possibile sperimentare l’esplorazione della terza dimensione e percepire la profondità della scena (figg. 29, 30).
Gli inconvenienti ancora presenti nella tecnologia sono riscontrabili in una risoluzione non ancora assimilabile a quella data dal PC e in un parziale ritardo fra movimento della
testa e adeguamento dell’immagine che genera una sorta di
“movimento a scatti”, probabilmente risolvibile utilizzando
mesh con minor numero di poligoni e texture a più bassa risoluzione.
Nel secondo caso, ovvero nella fruizione della visione stereoscopica con i Google Cardboard, il procedimento è leggermente più lungo ma altrettanto semplice e immediato.
Disponendo di smarphone Android, è stato installato nell’elaboratore il pacchetto Android SDK in modo da ottenere un
simulatore Android e poter comunicare direttamente con il
terminale esterno che è stato collegato nel momento della generazione del file .apk, formato di uscita della APP corrispondente all’exe del computer.
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Si è poi passati ad operare nella scena di Unity con l’intento
di ottenere due camere, una da assegnare all’occhio destro e
una a quello sinistro. A partire dalla camera del “First Person
Character” è stata modificata la posizione e il quadro della
vista della camera esistente chiamandola “left camera” e spostandola quindi più a sinistra. Di conseguenza è stata fissata
una nuova camera chiamata “right camera” con posizione e
quadro spostati più a destra in modo tale che la distanza tra i
due punti di vista fosse funzionale a permettere un’adeguata
visione stereoscopica9 (figg. 31-33).
A questo punto è stato aggiunto alla visione binoculare anche il tracciamento del movimento del capo attraverso l’inserimento del plug-in “Dive Unity Package”. Esso permette
di importare come asset una “Dive Camera” che incrementa
le camere left e right, precedentemente impostate, di alcune
funzionalità come quella del tracciamento del movimento del
capo, appunto.
Selezionando la “Dive Camera” è stato modificato il suo
script “Offset Center” a partire dall’ interfaccia dell’Inspector
di Unity, senza dover operare sul codice. Si è poi intervenuti
sulle due camere già incluse nella Camera Dive. In ognuna di
esse sono state inserite le camere precedentemente fissate: la
“left camera” nella camera di sinistra e la “right camera” in
quella di destra. Si è così ottenuta la possibilità di navigare la
realtà virtuale a 360° (figg. 34, 35).
L’ultima azione da compiere è stata la prova sul terminale
Android. Dal comando “Building Settings” in Unity è stata
esportata la scena per piattaforma Android e contemporaneamente è stato collegato lo smartphone come terminale al PC
in cui era stato precedentemente installato il pacchetto Android SDK.
Dal “Player Settings” possono essere inserite varie informazioni sul file .apk di output come ad esempio il codice di
identificazione per un’eventuale pubblicazione on-line nello
store delle APP.
Il comando “Build and Run” ha concluso il processo e ha permesso di generare l’.apk, ovvero il file fruibile da terminale
o da simulatore Android da cui si può visualizzare il modello
in stereoscopia.
Nel caso studio la sperimentazione per Cardbord non si è
conclusa positivamente, probabilmente perchè il file .apk in
uscita era troppo pesante per l’ hardware usato.
28/ Inserimento dell’ “OVR Player Controller” ovvero la camera che permette la visione stereoscopica della scena tramite Oculus Rift
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29-30/ Simulazione della visione stereoscopica su schermo del PC, nelle versioni precedenti di Unity e Oculus Runtime si poteva vedere la
divisione dello schermo in due immagini, una per ogni occhio, che poi nel visore funzionavano da stereogramma. Ora dalla versione 5.2 di
Unity non è più possibile.
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31/ Generazione della “right camera” che corrisponde alla visione dell’occhio destro
32/ Generazione della “left camera” che corrisponde alla visione dell’occhio sinistro
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33/ Visualizzazione della scena a partire dalle due camere impostate “right camera” e “left camera”
34/ Inserimento della “Dive camera” con associazione delle camere precedentemente create nello script “offset Center”
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35/ Esplorazione della scena mediante metodo di tracciamento dei movimento del capo
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NOTE
1. Cfr argomento in Daria Battista, La prospettiva dinamica interattiva. Applicazioni per la realizzazione di un modello real-time,
in “Attulità della geometria descrittiva”, Seminario nazionale sul
rinnovamento della Geometria descrittiva, Laura Carlevaris, Laura
De Carlo, Riccardo Migliari, (a cura di), Gangemi Editore, Roma,
2009 – 2010, pp. 349-358
2. Cfr argomento in Riccardo Migliari, Introduzione alla prospettiva
dinamica interattiva, Nuovi quaderni di Applicazioni della Geometria Descrittiva, vol.4, Kappa edizioni, Roma, 2008, pp. 6-18
3. Andrea Giordano, Dal secolo dei Lumi all’epoca attuale, in “La
Geometria nell’Immagine. Storia dei metodi di rappresentazione”,
Agostino De Rosa , Anna Sgrosso, Andrea Giordano, UTET, Torino,
2000, p. 91
4. Riccardo Migliari, Op cit., p. 90
5. Per assegnare ad un oggetto tridimensionale una texture 2D, occorre specificare un insieme di coordinate di mappatura.
Le coordinate di mappatura (dette anche coordinate UV) sono così
chiamate poichè formano un particolare sistema di coordinate.Variando questo sistema si può variare la posizione di una texture su
di un oggetto.
In assenza di coordinate di mappatura, 3D studio non è in grado
di applicare una texture ad un oggetto. Gli oggetti di base (sfere,
parallelepipedi, cilindri, etc...) sono già dotati di un loro sistema di
coordinate UV. Per gli altri tipi di oggetto (mesh modificabili, etc..),
bisogna assegnarle manualmente. Il modo più semplice con cui assegnare le coordinate UV è attraverso operazioni di proiezione. Quelle
più semplici sono: le planari, le cubiche, le cilindriche e le sferiche.
In 3D Studio, lo strumento con cui si proiettano le coordinate di
mappatura è il modificatore “UVW Mapping”, ma ne esistono anche
altri, come si deduce dal testo, e il tipo di proiezione viene impostato
nelle sue proprietà.
6. Il formato di esportazione .fbx è universale e, oltre ad essere un
framework aperto per il trasferimento di dati 3D che crea un alto
livello di interoperabilità tra i programmi Autodesk, comunica molto
bene anche con il motore grafico Unity, per quel che iteressa il mio
ambito di studio. Garantisce una corretta esportazione delle texture
e quindi delle lightmap, oltre che delle mesh, per orientamento e
posizione, sebbene in Unity sia comunque necessario procedere alla
riassegnazione manuale delle texture corrispettive ad ogni mesh.
7. Concetto già approfondito al paragrafo 2.7
8. Cfr argomento in Marco Carpiceci, Fotografia digitale e Architettura. Strumenti per l’analisi e la rappresentazione dell’architettura
e dell’ambiente, Aracne Editore, Roma 2012, pp. 186-194
9. Più precisamente gli spostamenti delle due nuove camere sono
governabili dal pannello di controllo a destra, l’ “Inspector”.
I valori assunti dalla Left Camera sono:
Position X : -1
Field of View : 60
Viewport Rect W : 0.5
E della Right Camera:
Position X : 1
Field of View : 60
Viewport Rect X : 0.5
Dove l’indicatore “Position” determina la posizione del centro della
camera lungo gli assi x,y,z di riferimento all’intero modello; l’indicatore “Field of view” mostra l’ampiezza dell’ angolo di campo
della camera, misurata in gradi lungo l’asse Y locale; l’indicatore
“Viewport Rect” definisce quattro valori (da 0 a 1) che indicano
dove verrà disegnata questa nuova telecamera sullo schermo, secondo le coordinate dello schermo (x,y,w,h).
121
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
122
6.0 Integrazione dei modelli navigabili in un’applicazione per dispositivo mobile
Michela Ardito
6.0 Integrazione dei modelli navigabili per un’applicazione per dispositivo mobile
L’ultimo capitolo dedicato alla sperimentazione prende in
esame le possibili soluzioni per una fruizione integrata dei
modelli navigabili realizzati nelle precedenti fasi attraverso
un applicativo per dispositivo mobile.
Diversamente dalle altre esperienze, in questo segmento della sperimentazione si è determinato di fissare solo i principi
generali e di valutarne sia benefici e sia le questioni maggiormente problematiche. Infatti per una elaborazione davvero fattiva, e non una semplice simulazione, sarebbero state
necessarie competenze interdisciplinari che, dati i tempi a
disposizione, non è stato possibile coinvolgere.
6.1 APP nativa e web APP
Per APP nativa si intende un’applicazione da fruire quando
direttamente installata sul dispositivo mobile su cui sono installati e, pertanto, deve essere sviluppata specificamente per
la piattaforma di destinazione (ad esempio per Android, iOS,
Windows).
Ogni sistema operativo è dotato di un pacchetto di sviluppo
per applicazioni e software, detto SDK, che installato su un
computer consente attraverso un’interfaccia di sviluppare,
eseguire e modificare le applicazioni. Il linguaggio utilizzato
è Java per Android, Objective C per iOS e l’ambiente .NET
per Windows Phone, solo per citare quelli attualmente più
diffusi.
Una web APP è invece accessibile tramite il browser del dispositivo mobile e pertanto non necessita di essere scaricata
e installata. Si può assimilare a un sito web approntato su
misura per la navigazione da mobile. Questo comporta che la
maggior mole del lavoro sarà eseguita in remoto, mentre dalle
performance del dispositivo mobile dipenderà la qualità della
visione, ovvero della restituzione grafica. Una web APP può
essere realizzata con diversi linguaggi, ma il prodotto finale
per il browser del fruitore può essere solo in HTML5, CSS3
o Javascript.
Alcune delle principali differenze che si possono distinguere tra APP nativa o per web sono sinteticamente riassunte di
seguito.
Una web APP è accessibile da un qualsiasi dispositivo che
sia connesso a internet. Grazie al foglio di stile progettato
proporzionalmente e non con dimensioni fisse, l’interfaccia
grafica dell’utente (GUI) si adatta automaticamente alle diverse dimensioni dello schermo1. Trattandosi dunque di pagine web, per visualizzare aggiornamenti grafici, strutturali
e testuali è sufficiente un semplice refresh della pagina dal
browser dello smartphone.
Il funzionamento di un’APP nativa è legato al sistema operativo del dispositivo per cui è stato progettato e compilato. Di
conseguenza un’APP compilata per iPhone non funzionerà
su uno smartphone che supporta come sistema operativo Android e viceversa.
Se per un’APP nativa ogni aggiornamento implica per l’utente un nuovo download dell’APP dallo store specifico, al
contrario per una web APP non c’è necessità di aggiornamento perché la pagina a cui l’utente accede è sempre l’ultima
versione disponibile.
Rispetto a un’APP nativa, nella web APP lo streaming dei
contenuti multimediali è progettato affinché la fruizione sia
il più fluida e veloce possibile. Nonostante ciò in generale le
web APP sono meno performanti e responsive rispetto alle
APP native perché occorre attendere i risultati dell’elaborazione ed interpretare poi la parte di scripting della pagina.
Inoltre, per definizione, una web APP non interagisce con
l’hardware e il software del dispositivo. Pertanto presenta
un’interazione più limitata, ma soprattutto ha una resa grafica
inferiore a quella nativa, caratteristica fondamentale nel settore delle ricostruzioni di beni archeologici, architettonici e
urbani, come nella presente tesi.
In generale sviluppare un’applicazione nativa è sicuramente
molto più dispendioso rispetto allo sviluppo di un’APP web,
perché la nativa deve essere progettata in modo da essere fru-
123
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
ibile almeno nei tre più comuni linguaggi (Android, iOs e
Window), deve poi essere mantenuta ed eventualmente aggiornata.
Ma è necessario ricordare che le web APP non possono funzionare in modalità offline, a meno che non si implementino
meccanismi di caching dei dati che presuppongono una buona e continuativa connessione internet durante la fruizione
dei dati stessi. Ciò non significa che senza connessione internet l’APP smetta di funzionare poiché il server nel web
che comunica con il device trasmette i dati da consultare “a
tratti”, per cui il dispositivo dispone di una sorta di memoria temporanea o “buffering” per l’entrata o l’uscita dei dati
che consente di proseguire la fruizione dell’APP per un certo
lasso di tempo. Terminato il quale, l’hardware, per evitare di
bloccarsi, ha bisogno di poter attingere di nuovo ad una connessione internet attiva.
6.2 Il progetto dell’applicazione
Dopo aver analizzato i pro e i contro delle due tipologie di applicazioni, si evince che nel caso della sperimentazione della
tesi sarebbe preferibile sviluppare una web APP che permetta
di gestire tutti i dati da un server remoto. A causa della mole
di materiale da governare e memorizzare è necessario che i
contenuti alloggino in server dedicati, con software di renderizzazione che trasmettano on-line i dati all’hardware che ne
vuole fruire.
Il modello visualizzato in Real-Time, realizzato in Unity
3D, ha infatti bisogno di alcuni Gigabyte di memoria dove
alloggiare, mentre un’APP in locale non arriva a supportare 300 megabyte. Dunque, dovendo fornire al visitatore uno
strumento semplice e agevole che gli permetta di ricevere il
servizio più veloce ed efficiente possibile, è improbabile immaginare che un’APP in locale possa gestire con efficienza
tali quantità di dati, o meglio che si possano memorizzare sul
device. A causa della grande quantità di contenuti, il dispositivo rischierebbe di non funzionare e nel migliore dei casi
l’esplorazione virtuale risulterebbe poco fluida e scarsamente
coinvolgente.
Certamente una web APP, rispetto ad un’APP nativa, sarebbe meno performante riguardo alla qualità della restituzione
grafica, ma gli spazi del quadrato piacentiniano sono caratterizzati, ad eccezione della statua della Minerva, da forme
124
geometriche semplici, e le texture, grazie ai procedimenti
descritti nei capitoli precedenti, sono “leggere” e sintetiche.
Con buona probabilità sarebbe dunque sufficiente, per ottenere una buona resa grafica, la scheda video del server remoto
a cui si collega la web APP durante la navigazione on-line
dell’hardware.
Infine, c’è da tenere presente che tutti i software utilizzati per
l’elaborazione dei modelli navigabili consentono un output in
linguaggio HTML5.
I panorami sferici statici, elaborati con il programma Panotour della Kolor, sono esportabili in pagine .html in localhost, facilmente convertibili dal server remoto anche in hostclient2.
I panorami sferici dinamici, realizzati con Autopano Video e
Autopano Giga della Kolor, sono a tutti gli effetti dei video
con il formato ormai universale .mp4, utilizzabile da ogni
tipo di linguaggio.
Unity 3D, con cui è stato elaborato il modello navigabile in
real-time, dispone già della possibilità di utilizzare server in
remoto, senza necessità di esportazioni specifiche.
Tutti i modelli interrogabili, interattivi e navigabili realizzati
nella sperimentazione, infine, sono pensati per essere geolocalizzati e integrati con sistemi di piattaforme on-line come
Google Maps. E considerando che la funzione di georeferenziazione e geolocalizzazione è universalmente utilizzata da
ogni tipo di APP, non dovrebbe essere pertanto troppo difficoltoso integrarla nello sviluppo del progetto.
In base a tale soluzione, di seguito sono tracciate le principali
caratteristiche che dovrebbero indirizzare il progetto per una
web APP per dispositivo mobile che preveda una fruizione
integrata delle diverse sperimentazioni già elaborate.
L’obiettivo generale deve comunque essere quello di rappresentare e comunicare la piazza della Minerva nella sua configurazione di progetto del 1935 proponendo differenti percorsi
culturali per la “visita” del bene, fruibili in presenza e secondo diversi livelli di interattività e/o immersività attraverso
diversi “modelli visuali navigabili”. I panorami statici e dinamici, la prospettiva dinamica interattiva anche stereoscopica,
proponendo diversi tipi di esperienze, intendono informare il
fruitore coinvolgendolo e suscitando in lui emozioni e curiosità nei confronti del patrimonio culturale visitato.
L’intenzione più generale è perciò quella di sperimentare le
tecnologie digitali per rinnovare le guide tradizionali e per
6.0 Integrazione dei modelli navigabili in un’applicazione per dispositivo mobile
Michela Ardito
proporne nuovi formati, ma a partire dal mantenimento degli
strumenti più usuali, quali mappe, itinerari e informazioni.
L’APP che viene proposta, denominata semplicemente “Sapienza, Università di Roma”, è dunque pensata per sperimentare la percezione dello spazio virtuale da qualsiasi
postazione. La fruizione delle informazioni avviene per via
sperimentale all’interno della mappa–modello digitale dove
l’utente è guidato attraverso la possibilità di esplorare quattro
itinerari, differenziati a partire dalle diverse modalità di fruizione di navigazione proposte, da 2,5D a 3D .
Le poche, ma necessarie, funzioni che dovrebbe possedere
affinché risulti di facile consultazione sono rappresentate nelle figure che seguono attraverso la simulazione delle schermate progettate per smartphone. I quattro itinerari proposti
(fig.1) dovrebbero essere:
1- “Informazioni a 360°”
2- “Scoperta dei luoghi a 360°”
3- “Esplorazione libera”
4- “Esplorazione libera stereo”
Nei primi due itinerari “Informazioni a 360°” e “ Scoperta
dei luoghi a 360°” sono disponibili i panorami sferici, ovvero
i modelli navigabili in 2,5D. La modalità di fruizione è guidata, ed è pensata per un visitatore che non abbia conoscenze
approfondite del luogo.
In “Informazioni a 360°” l’utente fa esperienza di panorami
sferici statici, punti fissi da cui sceglie di interagire con informazioni multimediali specifiche e proprie di quello spazio.
Operativamente, selezionando questo itinerario dall’APP, i
diversi panorami sferici statici, geolocalizzati su una mappa
tridimensionale agganciata alle mappe di Google, sono resi
disponibili attraverso elementi puntuali. Da remoto, l’utente
può scegliere quale tra i panorami esplorare, in locale, invece,
sfruttando il sistema GPS, può anche optare per il panorama
sferico più vicino alla propria posizione.
In base a quanto esposto nel paragrafo 4.3, al sistema di posizionamento globale si potrebbe associare quello del riconoscimento dei punti Vision Based che permette di allineare
con precisione, qualora ci siano le adatte condizioni, la rappresentazione virtuale del manufatto con il manufatto reale
(figg. 2, 3).
Nell’itinerario “Scoperta dei luoghi a 360°” è offerta la possibilità di sperimentare i panorami sferici dinamici ovvero
1/ Simulazione dell App su dispositivi mobili. Schermata iniziale su Tablet ed “Esplorazione libera” su Smartphone
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
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“video percorsi” che collegano la posizione di due panorami
statici sulla mappa e permettono di apprezzare la dimensione spaziale del luogo virtuale. Utilizzando il sistema GPS ed
eventualmente quello di Tracking per forma per individuare il panorama sferico statico di partenza e quello di arrivo,
nonché la propria posizione sulla mappa, l’APP permette di
selezionare il “video percorso” da intraprendere durante la
visualizzazione. La modalità di fruizione non cambia se avviene da una posizione “a distanza” (figg. 4, 5).
Nei rimanenti due itinerari denominati “Esplorazione libera”
ed “Esplorazione libera stereo” ci si trova ad esplorare uno
spazio virtuale in real-time proponendo una fruizione totalmente libera al visitatore che conosce in parte i luoghi e mostra interesse e curiosità ad approfondire la visita del sito.
L’”Esplorazione libera” permette la navigazione e la conoscenza di luoghi tramite l’esperienza ludica tipica dei video­
giochi. La possibilità di movimento dell’avatar dipende dalle
icone touch sul dispositivo che permettono lo spostamento e
la rotazione. In aggiunta i cosiddetti “collider” vincolano il
personaggio a movimenti e comportamenti verosimili che la
realtà virtuale mutua da quella reale.
La simulazione dell’APP propone un’esplorazione del modello real-time a partire dalla geolocalizzazione della posizio-
ne del proprio avatar sulla mappa. In questo caso si può scegliere di seguire il proprio personaggio virtuale alla ricerca
di un confronto ravvicinato tra reale e virtuale. Se si sceglie
di esplorare il modello in postazione remota sarà ovviamente
impossibile confrontare la realtà con la ricostruzione tridimensionale.
Nelle modalità “Esplorazione libera” o “Esplorazione libera
stereo” è possibile, selezionando la zona di partenza, iniziare
la navigazione virtuale con il proprio avatar in un punto diverso rispetto alla propria posizione. Ad esempio, se si seleziona la zona “Matematica”, il personaggio virtuale verrà posizionato davanti all’edificio della Scuola di Matematica da
cui inizierà l’esplorazione interattiva dei luoghi (figg. 6, 7).
Nella funzione “Esplorazione libera stereo“ le tecnologie
indossabili come i Google Cardboard in abbinamento allo
smartphone permettono un’esplorazione libera amplificata e
totalmente immersiva dello spazio virtuale. La visione stereoscopica conferisce un grado maggiore di coinvolgimento
all’utente che ne può usufruire alla stessa maniera sia in loco,
sia in remoto. Purtroppo lo strumento che permette di vedere
ed esplorare il modello in 3D è realizzabile solo per smartphone e non per tablet. Quest’ultimo tipo di device non permette
di godere quindi dell’itinerario appena descritto (figg. 8-10).
2/ Simulazione su smartphone della localizzazione di tutti i panorami sferici statici visionabili tramite l’itinerario “Informazioni a 360°”
126
6.0 Integrazione dei modelli navigabili in un’applicazione per dispositivo mobile
Michela Ardito
3/ Simulazione su smartphone di un esempio di link a contenuti grafici mediante punti notevoli (hotspot). Esplorazione del panorama sferico
statico n°3, di fronte la facciata della Facoltà di Lettere e Filosofia.
4/ Simulazione su smartphone della scelta di visualizzazione del video percorso che va dal panorama sferico statico 2 al 3 all’interno dell’itinerario “Scoperta dei luoghi a 360°”
127
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
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5/ Simulazione su smartphone dell’esplorazione del panorama sferico dinamico descritto dal percorso che congiunge i panorama sferici
statici 2 e 3.
6/ Simulazione su smartphone del rintracciamento della posizione tramite GPS sulla mappa. La navigazione virtuale dell’avatar inizierà da
quel punto, così da far riconoscere all’utente il luogo in cui si trova, verificando differenze ed uguaglianze rispetto all’epoca di costruzione.
128
6.0 Integrazione dei modelli navigabili in un’applicazione per dispositivo mobile
Michela Ardito
7/ Simulazione su smartphone della funzione “Esplorazione libera”. L’utente può esplorare il modello virtuale percorrendolo.
Si sposta toccando lo schermo in prossimità delle icone “avanti – dietro – destra -sinistra” e “ruota”
8/ Schermata della funzione “Esplorazione libera stereo”. Selezione del punto di partenza davanti la Scuola di Matematica.
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
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9/ Navigazione stereoscopica tramite smartphone e Google Cardboard
10/ Inserimento dello smartphone nei Google Cardboard con APP in modalità stereoscopica tramite l’itinerario “Esplorazione libera stereo”
130
6.0 Integrazione dei modelli navigabili in un’applicazione per dispositivo mobile
Michela Ardito
NOTE
1. Si usa far risalire la nascita del responsive web design al 2010,
anno in cui Ethan Marcotte pubblica l’articolo “Responsive web de­
sign”. Per responsive web design si intende una progettazione delle
pagine di sito web in modo da reagire alle caratteristiche del device
da cui viene fruito. Ciò comporta soprattutto una progettazione dei
contenuti in modo che possano essere fruiti con facilità qualunque
siano le dimensioni e risoluzioni dello schermo del dispositivo, ovvero in modo che si dispongano secondo i diversi layout già precompilati.
2.In informatica si definisce hosting (dall’inglese to host, ospitare)
un servizio di rete che consiste nell’allocare su un server web le
pagine web di un sito web o un’applicazione web, rendendolo così
accessibile dalla rete Internet e ai suoi utenti. Tale “server web”,
definito “host”, è connesso ad Internet in moda­lità idonea a garantire l’accesso alle pagine del sito mediante il web browser dell’host
client dell’utente, con identificazione dei contenu­ti tramite dominio
ed indirizzo IP. Il servizio può essere gratuito o a pagamento, tipicamente a qualità maggiore nel secondo caso. Il localhost è un server
locale dove vengono caricati temporanea­mente i dati prima di inserirli nei server web.
131
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
132
Conclusioni
Michela Ardito
Conclusioni
Per una comunicazione efficace dei Beni Culturali è di certo
essenziale una conoscenza esaustiva e approfondita, ma altrettanto essenziale è favorire l’accesso alla conoscenza dei
Beni Culturali ad un pubblico il più ampio possibile.
Obiettivo della tesi è stato pertanto quello di coniugare una
conoscenza corretta ad una comunicazione coinvolgente di
cui si possa fare “esperienza”.
La ricerca condotta con la tesi ha perciò inteso offrire il suo
contributo al settore che vede nell’innovazione tecnologica
digitale un’opportunità di veicolare la comunicazione dei
Beni Culturali attraverso la costruzione di strumenti per la
fruizione di visite ed itinerari cognitivamente ed emozionalmente coinvolgenti nel rigoroso rispetto delle coordinate
scientifiche della Rappresentazione e del Disegno che hanno
orientato l’utilizzo delle tecnologie digitali.
In particolare la tesi ha voluto dimostrare la validità di una
tipologia comunicativa coinvolgente, esplorabile interattivamente, attraverso proposte di modelli digitali navigabili in
cui le rappresentazioni virtuale del Bene siano vere e proprie
“reintegrazioni digitali” dei manufatti nella loro originaria
consistenza storica.
Le declinazioni dei modelli navigabili secondo diversi gradi
di fruibilità, dal 2,5D al 3D, approfondiscono e dimostrano
come il “processo senso-motorio” sia funzionale alla comprensione del Bene, perché permette di vivere l’esperienza in
modo immersivo con un grado di coinvolgimento che stimola
ulteriormente il suo desiderio di conoscenza attiva.
L’intero lavoro di ricerca è stato dunque fondato sulla scommessa di costruire, in un continuo di relazioni tra presupposti
teorici e soluzioni applicative pratiche, un sistema comunicativo finalizzato ai Beni Culturali immediato e coinvolgente,
ancorato alle consolidate basi teoriche ereditate dal passato e
al tempo stesso proiettato verso le innovazioni tecnologiche
di un presente sempre aperto alle suggestioni del futuro.
Nella fiducia che, seppur minimo, il contributo offerto possa
servire da stimolo ad ulteriori studi e sperimentazioni tecnologiche nel settore informatico relativo ai Beni culturali.
Infine, in queste note conclusive, di seguito si presentano le
principali trasformazioni che sono emerse durante la ricerca
e le sperimentazioni condotte e che sarebbero conoscibili da
chi fruisse in presenza delle esperienze di visita proposte per
il “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma,
nel confronto tra i “modelli visuali navigabili” e lo stato di
fatto.
I possibili visitatori potrebbero così godere di un’esperienza
conoscitiva di un’importante testimonianza dell’architettura
degli anni ’30 in Italia. Uno tra i progetti urbani più impegnativi, per dimensione e per destinazione d’uso, condotto
a termine in soli tre anni dal regime fascista, con la precisa
volontà di conciliare modernità e tradizione attraverso l’adozione di un linguaggio “semplificato” fatto di pure masse e
volume ed elementi decorativi astratti e asciutti.
Di seguito sono brevemente descritte e illustrate alcune tra
le manomissioni più evidenti subite dallo spazio urbano di
piazza della Minerva e dagli edifici che vi si affacciano. Le
poche immagini che seguono non sono certe esaustive delle numerose trasformazioni e modificazioni subite, ma sono
poste a dimostrazione di quanto applicazioni di questo genere potrebbero essere di grande ausilio alla conoscenza e alla
comprensione del nostro patrimonio storico, anche quello più
recente, e dunque alla sua valorizzazione attraverso una comunicazione corretta ma necessariamente efficace.
Le principali manomissioni illustrate di seguito sono sintetizzate tipologicamente in:
1- alterazione, eliminazione o sostituzione degli apparati decorativi;
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
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2- aggiunte e elevazioni;
3- manomissioni sulle facciate;
4- aggiunte di collegamenti orizzontali;
5- aggiunte di collegamenti verticali.
Tipologia 1: alterazione, eliminazione o sostituzione degli
apparati decorativi.
Le due fotografie documentano la situazione originaria e
quella attuale del manufatto architettonico che ospita la Facoltà di Mineralogia e Geologia.
Il visitatore, confrontando lo stato di fatto con i modelli visualizzati attraverso le applicazioni, potrà operare i confronti
tra la realtà storica e quella attuale, comprendendo le alterazioni, le sostituzioni e le eliminazioni degli apparati decorativi delle costruzioni. Sulla facciata dell’edificio infatti, dopo la
seconda guerra mondiale sono stati eliminati i bassorilievi dei
fasci littori, simboli del regime fascista, e sono state invertite
le denominazioni scritte sopra le due entrate principali (figg.
1-3).
Tipologia 2: aggiunte e elevazioni.
Il caso in esame è quello della Facoltà di Giurisprudenza
e Scienze Politiche. La fotografia storica e la ricostruzione
1/ Fotografia del 1935, entrata della Facoltà di Mineralogia (da
archivio Storico Sapienza)
134
digitale rappresentano il manufatto realizzato da Marcello
Piacentini nel 1935, mentre la foto attuale documenta la ristrutturazione ad opera di Paolo Portoghesi avviata nel 1991.
La consistenza architettonica del complesso risulta profondamente rimaneggiata con aggiunte di vario genere, ma soprat-
2/ Rendering del modello, entrata della Facoltà di Mineralogia
3/ Fotografia dello stato attuale, entrata della Facoltà di Geologia
Conclusioni
Michela Ardito
tutto l’elevazione di due piani e l’accostamento di due scale
esterne laterali, simili a delle torri. Nel rendering del modello
digitale è mostrata la simulazione dell’edificio di progetto
che contribuisce al miglioramento della leggibilità dell’intero
complesso (figg. 4-6).
6/ Immagine dello stato attuale della Facoltà di iurisprudenza e
Scienze Politiche (da Google Earth)
4/ Fotografia del 1935, Facoltà di Giurisprudenza e Scienze politiche (dalla rivista ARCHITETTURA)
5/ Rendering del modello, Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche
Tipologia 3: manomissioni sulle facciate.
Le immagini descrivono la Facoltà di Fisica documentando
le manomissioni sulle facciate. Sono state infatti ingrandite le
bucature al piano terreno dell’edificio, probabilmente a causa di una variazione della destinazione d’uso dei locali (figg.
7-9).
7/ Fotografia del 1935, Facoltà di Fisica (da archivio Storico Sapienza)
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Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
8/ Rendering del modello, Facoltà di Fisica
10/ Fotografia del 1935, Facoltà di Lettere e Filosofia (dalla rivista
ARCHITETTURA)
9/ Fotografia dello stato attuale, Facoltà di Geologia con scritta
11/ Rendering del modello, Facoltà di Lettere e Filosofia
Tipologia 4: aggiunte di collegamenti orizzontali.
Il complesso architettonico che ospita la Facoltà di Lettere
e Filosofia è stato rimaneggiato con evidenti aggiunte negli
anni ‘60 ed ‘80. La foto attuale documenta la presenza di un
nuovo collegamento orizzontale in muratura nella parte posteriore dell’edificio. Tale aggiunta rispetta la morfologia dei
fabbricati e riprende la tipologia dei materiali da costruzione
utilizzati negli anni ‘30 (figg. 10-12).
Tipologia 5: aggiunte di collegamenti verticali.
Le modifiche, che emergono chiaramente dal confronto tra
le immagini, riguardano l’aggiunta di collegamenti verticali
esterni, comunque facilmente smontabili, nel cortile interno
all’edificio che ospita la Facoltà di Matematica.
Le opere hanno lo scopo di agevolare lo spostamento da una
zona all’altra dello stabile, che comunque risulta alterato anche nella disposizione degli spazi interni.
136
Conclusioni
Michela Ardito
12/ Fotografia dello stato attuale, Facoltà di Lettere e Filosofia
14/ Rendering del modello, cortile interno Scuola di Matematica
(da archivio Storico Sapienza)
Il rendering ripropone la ricostruzione digitale che sarebbe
fruibile dall’applicazione e che simula oltre all’aspetto dell’edificio, anche l’atmosfera che probabilmente doveva viversi nel 1935, anno di inaugurazione della Città Universitaria
(figg. 13-15).
15/ Fotografia dello stato attuale, cortile interno Scuola di Matematica (da archivio Storico Sapienza)
13/ Fotografia del 1935, cortile interno Scuola di Matematica
(da archivio Storico Sapienza)
137
Modelli navigabili per la comunicazione dei Beni Culturali.
Il disegno di progetto del “quadrato piacentiniano” della Città Universitaria di Roma
Michela Ardito
138
Bibliografia
Michela Ardito
Bibliografia
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Michela Ardito
146
Abstract
Michela Ardito
Abstract
The scope of interest of the thesis is its depth studies of “models” for communication and enhancement of cultural heritage. It aimed to investigate the segment of navigable digital
models, offering different viewing experiences and visit the
Cultural Heritage.
The goal of the thesis was circumscribed a particular case study: the project of the so-called “square Piacentini” University
City, Marcello Piacentini.
The peculiarity of the case study oriented research in the direction of the possible applications for the open space and in
particular the urban space.
The adoption of the project and not the state of affairs of the
University City, now profoundly altered, directed the thesis to
the experiments of applications from the formulation of hypothesis three-dimensional reconstruction unit figural project
Piacentini, so as to contribute to the improvement of Cultural
Heritage readability of the same.
The research was divided into three main phases.
The first phase was aimed at defining the state of the art in the
segment of technological applications for communication and
enhancement of cultural heritage, with reference to the kind of
experience proposed to users and the type of object / fruition.
The second phase was devoted to the study of the project of
the square Piacentini. Based on the documentation found,
steps were taken to build the three-dimensional digital model
and the surface treatment of the models for a yield perceptual
consistent with the historical-critical interpretation.
The third phase was dedicated to the experimentation of different “visual models navigable” offering different cultural
experiences for the “visit” of the cultural hertage, usable in
presence and according to different levels of interactivity and
immersion. In particular, the experiments were geared to increasing the representations 2.5D panoramic and so-called
“interactive dynamic perspective”.
At the end it was dashed the possibility of integration of the
models navigable through the preparation of an application for
mobile devices.
147