P E D I AT R I A A cura di Luciano Provenzano * Clown in corsia Un aiuto per grandi e piccini n importante progetto dal titolo “Il gioco in ospedale” è stato realizzato fra il 2001 e il 2003 in Puglia dalla ASL LE/2 di Maglie, finanziato con i fondi della legge 285/97. Sono stati attrezzati e colorati con murales specifici ambiti ludicoricreativo-didattici nelle divisioni di Pediatria e Chirurgia Pediatrica degli ospedali dell’Azienda; 10 operatori sono stati chiamati a promuovere per quattro giorni a settimana, nel corso dei due anni, attività di animazione, intrattenimento e giochi insieme ai bambini. Finiti i soldi il progetto s’è fermato ma non la voglia di riprenderlo appena possibile. Nel trattare l’argomento in questione, ogni adulto può facilmente richiamarsi alla propria esperienza personale, per cogliere la particolare delicatezza dei momenti durante i quali, da bambini, si è vissuta una malattia, un ricovero ospedaliero o la malattia di un altro bambino, familiare o amico. Per far accettare con spirito minimamente sereno tali momenti ad un bambino si può ricorrere a constatare con lui il fatto che la malattia è ineluttabile e che occorre accettare sia essa che gli interventi sanitari e le terapie per farvi fronte. Tali ragionevoli constatazioni, sufficienti forse per l’adulto, a ben poco servono invece al bambino che, nel suo protendersi verso la vita è indotto, con la malattia, a dover sperimentare il limite e la precarietà insite nella propria vita: si sta bene, si corre e si gioca, ma all’improvviso può succedere che si è costretti a fermarsi, si ha dolore, occorre curarsi, andare in ospedale, incontrare, oltre alla propria, anche la sofferenza altrui! E al dolore si può aggiungere un senso di tristezza, sconforto, paura, depressione. È di qualche mese fa la notizia che alcuni scienziati americani hanno sperimentalmente provato che elevati livelli di stress nei neonati e durante l’infanzia possono portare a uno scarso sviluppo delle zone del cervello responsabili della comunicazione fra i neuroni. pugliasalute L a condizione di malattia di un bambino suscita particolare apprensione in chi di lui si prende cura, per la maggiore delicatezza e vulnerabilità insiti nel suo essere. Tale aspetto è anche alla base del forte interesse degli studiosi e professionisti sanitari per le tematiche connesse con il bambino ammalato ed in ospedale. Sul tema merita attenzione un’ampia (circa 70 titoli, di cui buona parte in italiano) e aggiornata bibliografia, nel sito internet della Regione Veneto (reperibile mediante un qualsiasi motore di ricerca, formulando la richiesta: “Il Pubblico Tutore dei minori Regione Veneto”, cliccando quindi su: “Links e bibliografia”, e nella pagina appare, fra altri, l’argomento “Infanzia ed ospedale”); tale bibliografia è suddivisa anche per aspetti specifici, quali: • Diritto alla salute, ai servizi medici e a ricevere il miglior livello di cure e di assistenza, • Diritto alla presenza dei genitori, • Diritto all’informazione e al consenso informato, • Diritto alla riservatezza e al rispetto, • Diritto all’educazione al gioco ad ambienti idonei. Tre ulteriori libri sul tema sono: La casa con tante finestre (Edizioni Carthusia, € 13,50) racconta ai bambini, con le armi della fantasia e della metafora, che cos’è un ospedale e a cosa serve, per aiutarli a superare la paura e a sorridere anche in un momento tanto delicato; Guai a chi mi chiama passerotto! I diritti dei bambini in ospedale (Fatatrac, € 13,50), di Anna Sarfati e Sophie Fatus: attraverso delicate illustrazioni e il giocoso linguaggio delle filastrocche, elenca ai bambini quali sono i loro diritti in caso di un ricovero in ospedale; Che ci faccio in ospedale? (€ 6.00), di Roberto Luciano, editrice Giunti: contiene molti giochi e attività utili ad intrattenere il bambino in ospedale, luogo sempre troppo noioso. Molteplici e vari altri siti Web s’interessano dell’argomento; uno accattivante già nel nome è “La presa della pastiglia”, curato dall'Azienda Ospedaliera Meyer di Firenze, pensato e sviluppato con i bambini ricoverati in ospedale. - ventisette - luglio-agosto 2005 Ridi che... ti passa! C Tratto dal film “Patch Adams” con Robin Williams. tori hanno stabilito che l’aumento quantitativo di un mes saggero chimico associato allo stress, il neuropept ide CRH, può inibire la normale crescita dei dendriti, quelle protrusioni ramificate dei neuroni che inviano e ricevono messaggi dalle altre cellule del cervello. In sintes i, si è provato che le esperienze di tristezza profonda e depressione nei bambini possono di fatto arrecare dei danni significativi nei loro processi di crescita, giungendo, per le situazioni più gravi a determinare anche dei danni a livello cerebrale. ndi attenti alle circostanze foriere di stress e depressio ne per i bambini - e tali sono nella stragrande maggioran za dei casi le esperienze di malattia ed i ricoveri ospedalie ri - diventa quindi un fattore di prevenzione essenzial e per evitare che quelle fasi di difficoltà del bambino d iventino apportatrici di ulteriori conseguenze nel suo c arattere e nella sua persona, quali difficoltà cognitive , nelle relazioni sociali, paure e fobie radicalizzate, disturbi di personalità. questo insieme di elementi e considerazioni che circa un anno fa è arrivata all'attenzione della Commissione Europea la proposta di una Carta dei Diritti dei bambini in ospedale, elaborata dall’Associazione Europea dei bambini in ospedale (Each), che da anni si batte affinché in tutti i Paesi dell’Unione Europea vengano rispettati i diritti dei piccoli degenti. Tale carta vuole essere uno strumento operativo per chiarire i diritti-doveri del personale sanitario e dei genitori in situazioni delicate; per evitare ad esempio il ricovero di bambini nei reparti per adulti, favorirne il rispetto adeguandosi alla personalità dei bambini, aprire degli spazi di gioco e a carattere didattico per dare continuità alle attività della loro vita ordinaria. Fondamentali accorgimenti per contribuire ad una sanità che, se da un lato è in costante e vorticosa ascesa tecnologica, dall’altro non trascuri mai, bensì incrementi sempre più, la propria capacità umanizzante. *Psicologo AUSL LE/2 - Maglie Siti internet: www.clownterapia.it www.viviamopositivo.org www.medicuscomicus.org www.riderepervivere.it www.patchadams.org www.nazionaleclown.it pugliasalute - ventotto - he ridere sia un toccasana lo sappiamo tutti e ancor meglio sappiamo quanto importante sia ricevere un sorriso. Con tutto quello che può significare. Ci sorridono per ringraziarci di un gesto inatteso, per comunicarci un senso di apprezzamento o compiacimento, per trasmetterci che siamo attraenti o simpatici, perché ne abbiamo appena fatta una delle nostre e saremo perdonati (nonostante tutto), per dirci “ti sono vicino” e perché un sorriso non si deve negare a nessuno e non è buonismo affermare che un sorriso arricchisce chi lo offre e chi lo riceve. Ma poi cosa ci costa? E volete mettere il sorriso di un bambino con quella capacità di dissipare le giornate più oscure di noi adulti presi sempre da troppi pensieri talvolta troppo poco importanti? Se si comincia a parlare di “terapia del sorriso” deve pure esservi qualche ragione insomma… Ebbene le ragioni sono molteplici e tutte degnissime di nota. I primi ad interessarsene ed a prendere l’iniziativa furono i cosiddetti dottoriclown americani, nel 1986 per l’esattezza. A seguire l’esempio vediamo i nostri cugini d’Oltralpe nel 1991 e nel 1993, rispettivamente in Francia e in Svizzera. Tra tutti però, a far crescere l’attenzione e l’“audience” ci ha pensato l’ormai mitico Patch Adams, un medico che avrebbe voluto essere un clown senza per questo non poter essere un buon medico. Lentamente e con la solita fatica (sigh!) anche in Italia si sta diffondendo quella che ormai è nota come Clownterapia e c’è solo da augurarsi che attecchisca quanto più in profondità sia possibile. Riuscire ad alleviare il dolore di un bambino che si trova costretto in ospedale, concedergli sani momenti di divertimento ed aiutarlo a distrarsi da quella che certamente sente come una brutta avventura, è il pensiero dominante in chi opera in questa direzione e con tali nobili intenzioni. Per promuovere detta terapia è nata a Milano la “Nazionale italiana di calcio dei Clown dottori”. In Puglia la prima partita è stata giocata a Foggia nel mese di giugno 2004 contro la “Nazionale Sosia dello spettacolo” con lo slogan “Un calcio alla tristezza!” Un momento che s’è colorato di solidarietà e che ha messo in campo (è proprio il caso di dirlo) la possibilità di migliorare una situazione penosa e spesso angosciante. luglio-agosto 2005