ACCUSATIVO L'accusativo è il caso del complemento oggetto e di tutto ciò che a esso si riferisce (attributo, apposizione, complemento predicativo dell'oggetto), ma viene utilizzato anche, con o senza preposizioni, per indicare vari altri complementi 1. L’accusativo dell'oggetto esterno Nella traduzione dal latino occorre prestare particolare attenzione ad alcuni verbi che sono transitivi in latino e, pertanto, reggono l'accusativo, detto esterno, mentre sono intransitivi in italiano e reggono complementi diversi. verba affectuum, cioè che esprimono uno stato d'animo, come doleo (mi dolgo), horreo (ho orrore), lugeo (piango), gemo (gemo), fastidio (ho a noia), rideo e derideo (rido di), miror (mi meraviglio), queror (mi lamento), despero (dispero di), delector (mi diletto), gaudeo (mi rallegro), glorior (mi vanto) ecc.: Quis non doluit rei publicae casum? (Cic.) Chi non si dolse della grave crisi dello stato? Cuncti Romanorum nomen horrebant. (Tac.) Tutti avevano orrore del nome romano. Risi nivem atram. (Cie.) Ho riso della neve nera. Pacem desperavi. (Cic.) Ho disperato della pace. Molti di questi verbi possono essere costruiti anche con l’ablativo semplice (di causa), ma se la cosa è rappresentata da un pronome neutro vogliono comunque l’accusativo (di relazione) verbi di sensazione, come oleo (mando odore), redoleo (puzzo), sapio e resipio (ho sapore), sitio (ho sete), esurio (ho fame) ecc.: Olet hircum! (Or.) Puzza di caprone! Hominem pagina nostra sapit. (Marz.) La nostra pagina ha il sapore dell'uomo. Satia te sanguine, quem sitisti! (Giust.) Sàziati di quel sangue di cui hai avuto sete! verbi di moto, composti con prefissi che reggono l'accusativo, come le preposizioni ad, circum, per, praeter, trans, fra cui ad-eo (mi accosto), circum-venio (circondo), percurro (corro attraverso), trans-eo (passo oltre) ecc.: Metellus cuncla moenia exercitu circuinvenit. (Sall.) Metello circonda con l'esercito tutte le mura. Ad eam partem (copiarum) pervenit quae nondum flumen transierant. (Ces.) Giunse a quella parte (delle truppe) che non erano ancora passate al di là del fiume. Hostes castra nostra praetergredi ausi sunt. (Ces.) I nemici osarono passare davanti al nostro accampamento. I verbi composti con le preposizioni circum e trans possono essere accompagnati da due accusativi (dell'oggetto e del luogo, davanti al quale non viene ripetuta la preposizione già presente nel verbo): Magnam partem flumen traiecit. (Ces.) Fece passare la maggior parte (dell'esercito) al di là del flume. verbi di natura diversa, come abdico (rinuncio a), adiuvo (giovo a), delecto (piaccio a), fugio ed effugio (sfuggo a), deficio (vengo meno a), sequor (tengo dietro a), ulciscor (mi vendico di) ecc.: Invidiam dictator, abdicando dictaturam, fugerat. (Liv.) Il dittatore era sfuggito all'odio rinunciando alla dittatura. Oppidanos iam vires deficiebant. (Liv.) Ormai le forze venivano meno agli assediati. Multa effugisti, te nondum. (Sen.) Sei sfuggito a molti mali, ma non ancora a te (stesso). 1 Alcuni dei verbi sopra citati ammettono anche costrutti alternativi alla semplice reggenza dell'accusativo, modificandosi in qualche caso nel significato. Il verbo deficio, ad es. oltre che come transitivo nel senso di “abbandonare” può essere usato anche come intransitivo, con diversi significati a) Venir meno, eclissarsi, spegnersi: Vires deficiunt Le forze vengono meno; Sol deficit Il sole si eclissa; Deficere animo (abl. Di limitazione) Perdersi d’animo b) Disertare, ribellarsi, passare da una parte all’altra: Deficere a Romanis ad Poenos Passare dai Romani ai Cartaginesi 2. L'accusativo dell'oggetto interno Alcuni verbi usati per lo più intransitivamente, sia in italiano sia in latino, reggono talvolta un cosiddetto oggetto interno, in quanto questo deriva dalla stessa radice del verbo o presenta un significato a esso affine. I più comuni sono: somniare somnium mirum(sognare un sogno meraviglioso), vivere vitam beatam(vivere una vita beata), pugnare pugnam cruentam(combattere una battaglia), servire servitutem (essere soggetto alla schiavitù). L’accusativo dell’oggetto interno è di solito accompagnato da un attributo. 3. L’accusativo con i verbi assolutamente impersonali Un gruppo di verbi latini, che indicano sentimenti, sensazioni, richiedono sempre la costruzione impersonale, e perciò sono detti "assolutamente impersonali". Essi sono: miseret, miseruít (o miseritum est), miserère provare pietà paenitet, paenituit, paenitère pentirsi piget, piguit (o pigtum est), pigère provare rincrescimento pudet, puduit (o puditum est), pudère vergognarsi taedet, pertaesum est, taedère annoiarsi. Tali verbi si coniugano alla terza persona singolare e vogliono l'accusativo della persona che prova il sentimento e il genitivo della cosa che suscita tale sentimento, quando essa viene espressa da un sostantivo o da un pronome personale: Parentes nostros suae culpae paenituit. I nostri genitori si pentirono della loro colpa. Marcum mei miserebat. Marco provava pietà di me. Se la cosa che suscita il sentimento è espressa da un pronome neutro, questo va in accusativo (di relazione); se invece è rappresentata da una proposizione, si rende con l'infinito semplice o con l'accusativo e infinito, oppure con quod e indicativo (o congiuntivo), oppure infine con una proposizione interrogativa indiretta: Tulliam id paenitebit. Tullia si pentirà di ciò. Nos piguit erravisse (oppure quod erravimus). Ci dispiacque di aver sbagliato. Amici vestri se miseruisse dicunt. I vostri amici dicono di aver provato pietà. Con questi verbi impersonali il pronome di terza persona usato nelle proposizioni indipendenti è eum, eam, eos, eas; nelle proposizioni infinitive che hanno lo stesso soggetto della reggente si usa il pronome riflessivo se. Eum paenitet Egli si pente; Marcus dicit se paenituisse Marco dice di essersi pentito Nella coniugazione perifrastica passiva i verbi impersonali vogliono il dativo di agente: Eorum nobis miserendum est. Dobbiamo aver pietà di loro. In presenza di verbi servili, sono questi ultimi a diventare impersonali, mentre l'impersonale va all'infinito: 2 Eos solet paenitere. Essi sono soliti pentirsi. Neque me tui neque tuorum liberorum miserere potest. (Cic.) lo non posso provare pietà né di te né dei tuoi figli. Con i verba voluntatis, come volo, nolo, malo ecc., che rimangono invece personali, il verbo impersonale va espresso al congiuntivo (presente o imperfetto) senza ut, oppure all'infinito: Volo vos paeniteat. Voglio che vi pentiate. Volebam me paeniteret (oppure me paenitere). Volevo pentirmi. Malo me illius quam mei paenitere. (Cic.) Preferisco pentirmi di lui che di me. Questi verbi mancano dell'imperativo e ricorrono pertanto al congiuntivo esortativo per ordinare o esortare: Vos paeniteat! Pentitevi! 4. L’accusativo con i verbi relativamente impersonali Sono detti "relativamente impersonali" alcuni verbi che, pur presentando tutte le persone della coniugazione, vengono spesso usati alla terza persona singolare con significato particolare: decet (si addice, conviene), dedecet (non si addice), iuvat (piace), fallit e fugit (sfugge), latet (resta nascosto), praeterit (è ignoto) ecc. Tali verbi sono accompagnati dall'accusativo della persona che prova il sentimento o alla quale sfugge qualcosa e dal nominativo della cosa oppure, in caso di proposizione, dall'infinito semplice, da un'infinitiva o da un'interrogativa indiretta: Oratorem irasci minime decet, simulare non dedecet. (Cic.) All'oratore non si addice per nulla adirarsi, mentre non è sconveniente ringere (di farlo). Non omnes arbusta iuvant. (Virg.) Non a tutti piacciono gli arbusti. (qui è usata la terza persona plurale) De Caesare fugerat me ad te scribere. (Cie.) Mi era sfuggito di scriverti di Cesare. 5. Il doppio accusativo Molti verbi tra cui gli appellativi, gli estimativi e gli elettivi usati al passivo possono avere il doppio nominativo (sogg. e c. predic. del sogg.) Questi stessi verbi, usati all’attivo, possono avere il doppio accusativo, del complemento oggetto e del predicativo dell'oggetto Populus eligit Caium tribunum. (Liv.) Il popolo elegge Gaio (come) tribuno. Existimo bonos beatos, improbos miseros. (Cic.) Ritengo felici i buoni, infelici i malvagi. Semper beatam se putat benignitas. (Publ.) La bontà si reputa sempre felice. Necessitas egentem mendacem facit. (Publ.) La necessità rende il bisognoso menzognero. Mesopotamiam fertilem efficit Euphrates. (Cic.) L'Eufrate rende fertile la Mesopotamia. Di uso assai frequente sono le espressioni con il doppio accusativo: 1. certiorem aliquem facere de aliqua re o alicuius rei (o aliquid, se la cosa è rappresentata da un pronome neutro) informare qualcuno di qualche cosa, che al passivo ha il doppio nominativo: certior fio de aliqua re= sono informato di qualche cosa 2. uxorem aliquam ducere prendere qualcuna in moglie Per indicare lo sposalizio della donna si usa il verbo nubo) 3. superbum se praebere mostrarsi superbo. Il doppio accusativo della persona e dell'oggetto 3 Alcuni verbi presentano un doppio accusativo formato dall'accusativo della persona su cui ricade l'azione e della cosa che è oggetto dell'azione. I più comuni sono doceo, edoceo (insegno) e celo (tengo nascosto, celo) che vogliono l'accusativo della persona cui si insegna o si cela e l'accusativo della cosa insegnata o celata: Catilina mala facinora iuventutem edocebat. (Sall.) Catilina insegnava ai giovani azioni malvagie. Eadem haec quae ego scio Stratippoclem edocebo. (Plaut.) Insegnerò a Stratippocle quelle stesse cose che so io. Celabo patrem tua flagitia. (Plaut.) Terrò nascosti al padre i tuoi misfatti. Entrambi i verbi possono essere costruiti anche con de + ablativo della cosa o con l’accusativo di un pronome neutro: hoc, illud, id ecc (in questo caso doceo assume il valore di "informare"): Tarquinius de itinere hostium senatum docet. (Sall.) Tarquinio informa il senato sul percorso dei nemici. Bassus noster me de hoc libro celavit. (Cic.) Il nostro caro Basso mi ha tenuto nascosto questo libro. Al passivo doceo preferisce essere sostituito da altri verbi, come disco (imparo), con la frase riportata all'attivo (disco aliquam rem ab aliquo: imparo qualche cosa da qualcuno)o i passivi imbuor, instituor, erudior (imbuor, instituor, erudior aliqua re ab aliquo: sono istruito in qualche cosa da qualcuno) ecc.; il participio perfetto doctus ha valore di aggettivo e regge l'ablatívo della cosa: puella litteris Graecis et Latinis docta, una fanciulla istruita nella letteratura greca e latina. Al passivo celo si costruisce con de + ablativo della cosa o, se questa è espressa da un aggettivo o pronome neutri, con l'accusativo di relazione: Non est celata mater id. La madre non fu tenuta all'oscuro di ciò. Non est de illo veneno celata mater. (Cíc.) La madre non fu tenuta all'oscuro di quel veleno. I verba rogandi I verba rogandi posco (chiedo), reposco (richiedo), flagito (chiedo con insistenza), oro (chiedo con preghiere), rogo (domando), interrogo (chiedo) hanno l'accusativo della persona cui si chiede e della cosa richiesta: Parentes pretium pro sepultura liberum poscebat. (Cic.) Chiedeva ai genitori un pagamento per la sepoltura dei figli. Verres in Achaia magistratum Sicyonium nummos poposcit. (Cic.) In Acaia Verre chiese del denaro al magistrato di Sicione. Multa deos orans. (Virg.) Chiedendo (con preghiere) molte cose agli dèi. Quid me istud rogas? (Cic.) Perché mi chiedi questa cosa? Questi verbi possono presentare anche altri costrutti e assumere particolari sfumature di significato: è sempre bene, dunque, consultare attentamente il vocabolario. Il verbo rogo, per esempio, nel senso di "interrogare", richiede de + ablativo del sostantivo indicante la cosa: rogatus de cybaea (Cic.), interrogato sulla (a proposito della) nave. I due verba rogandi più usati, peto (chiedo per avere) e quaero (chiedo per sapere), hanno l'accusativo della cosa chiesta, ma anziché l'accusativo della persona, come i verbi sopra elencati, reggono rispettivamente a/ab + ablativo ed e/ex + ablativo. Peto può essere accompagnato anche da una proposizione al congiuntivo introdotta da ut quaero da una proposizione interrogativa indiretta: Peto a te ut homines miseros conserves incolumes. (Cic.) Ti chiedo di risparmiare (questi) uomini infelici. Significati particolari: 4 urbem/domum petere: dirigersi verso la città / a casa hostem petere: assalire il nemico magistratum petere: aspirare ad una magistratura auxilium etere: chiedere aiuto mulierem in coniugium petere: chiedere una donna in moglie Petere fuga salutem: cercare (di ottenere) la salvezza con la fuga 6. Altri usi dell’accusativo Accusativo di estensione nello spazio Il caso accusativo può esprimere estensione riguardo a lunghezza, larghezza, altezza e profondità. Si trova in accusativo la misura della distanza quando è retta dagli aggettivi longus (lungo), latus (largo), altus (alto o profondo): Milites aggerem latum pedes trecentos triginta exstruxerunt. (Ces.) I soldati costruirono un terrapieno largo trecentotrenta piedi. Si trovano anche espressioni formate da verbi di estensione (per esempio, patere, estendersi) in genere accompagnati da in latitudinem/ in longitudinem (in larghezza/in lunghezza) e sempre dall'accusativo della misura: Helvetiorum fines in longitudinem milia passuum CCXL patebant. (Ces.) Il territorio degli Elvezi si estendeva per duecentoquaranta miglia in lunghezza. L’accusativo di estensione e movimento (distanza) Il caso accusativo può esprimere movimento nello spazio ed estensione nello spazio e nel tempo. Si trova così utilizzato in alcuni complementi. Moto a luogo: L’ accusativo indica la direzione del movimento (Eo Romam, Vado a Roma) Moto per luogo: indica il luogo attraverso il quale si passa (Currit per Latium, Corre per il Lazio). Può essere accompagnato, secondo i casi, da varie preposizioni (in, ad, per). Distanza: E’ generalmente introdotto dai verbi absum (sono lontano) e disto (sono distante); il luogo dal quale si calcola la distanza è in caso ablativo preceduto da a/ab, il numerale che indica la distanza stessa si trova per lo più in accusativo, ma può anche essere all'ablativo: Teanum abest a Larino XVIII milia passuum. (Ces.) Teano dista da Larino diciotto miglia. A Romanis milibus passuum quattuor aberant. (Ces.) Erano distanti dai Romani quattro miglia. L’ablativo è preceduto da a/ab quando non è espresso il luogo dal quale si calcola la distanza: Hostes a milibus passuum duobus castra posuerunt. (Ces.) I nemici posero l'accampamento a due miglia di distanza. L'espressione indicante la distanza, infine, può anche trovarsi in genitivo, retto dall'ablativo spatio o intervallo: Hoc oppidum a Corfinio septem milium intervallo est. (Ces.) Questa città si trova a una distanza di sette miglia da Corfinio. La distanza da Roma veniva spesso calcolata in base alle pietre miliari (lapis, -idis, m.) collocate lungo le strade e si esprimeva con ad + l'accusativo dli numerale ordinale concordato con lapidem: ad quartum lapidem ab Urbe, a quattro miglia da Roma. Se la misura accompagna direttamente il nome di ciò che viene misurato, allora si trova al caso genitivo: Vallum duodecim pedum exstruxit. (Ces.) Fece costruire un vallo di dodici piedi. Tempo continuato 5 Poiché in origine vi era grande vicinanza tra i concetti di spazio e tempo, e quindi di estensione nello spazio e nel tempo, anche l'estensione nel tempo, cioè il complemento di tempo continuato, si trova espresso in accusativo (paucos dies, per pochi giorni) Determinazioni di età Il complemento di età può essere espresso in tre modi: 1. con il participio perfetto natus accordato al nome, accompagnato dall'accusativo del numerale cardinale; 2. con il participio presente o un'altra voce del verbo ago accompagnato dall'accusativo del numerale ordinale aumentato di un'unità, perché indica l'anno che si sta vivendo, non quello già compiuto; 3. con i sostantivi puer (fino a 16 anni) adulescens (da 16 a 30) iuvenis (da 31 a 45) vir (da 46 a 60) senex (oltre i 60 anni) accompagnati dal genitivo del numerale cardinale. "Marco, all'età di 25 anni..." 1. Marcus, quinque et viginti annos natus... 2. Marcus, sextum et vigesimum annum agens... 3. Marcus, adulescens quinque et viginti annorum... "Marco ha 25 anni": 1. Marcus quinque et viginti annos natus est. 2. Marcus sextum et vigesimum annum agit. 3. Marcus adulescens quinque et viginti annorum est. Accusativo avverbiale Alcuni accusativi, di diversa origine, sono utilizzati nella lingua latina con valore avverbiale: - l'accusativo di pronomi e aggettivi neutri, come primum (per la prima volta), iterum (per la seconda volta), tertium (per la terza volta) e via di seguito con gli altri numerali ordinali, nihil (per niente), minimum (minimamente), multum (molto), nimium (troppo), summum (al massimo).; aliquid: un po’, quicquam: un po’, dulce: dolcemente - alcune espressioni femminili all'accusativo, come magnam partem (in gran parte), maiorem/maximam partem (per la maggior parte/in massima parte), vicem (a turno, al posto di, a guisa di); ecc dall'età imperiale in poi vengono spesso usati anche tutti gli altri aggettivi neutri all'accusativo con valore avverbiale. Sono poi usati avverbialmente alcuni accusativi come: partim…partim: in parte…in parte; magnam/maiorem prtem: in gran parte/per la maggior parte; id genus: di tal fatta; id temporis (=eo tempore) a quel tempo, in quel momento; id aetatis (=ea aetate): a tale età. Accusativo di relazione (o "alla greca") Quest'uso dell'accusativo, tipico della lingua greca, tanto che lo si definisce anche “accusativo alla greca", è presente in particolare nella poesia e nella prosa poetica latine e riguarda soprattutto le parti del corpo, indicando l'oggetto o parte del corpo riguardo alla quale è valida l'affermazione enunciata: Tremis ossa. (Or.) Tremi nelle ossa (letteralmente: Senti un tremito riguardo alle ossa). Tremit artus. (Lucr.) Trema nelle membra. Nuda genu. (Virg.) Con il ginocchio nudo (letteralmente: Nuda riguardo al ginocchio). 6 Talvolta anche nella prosa si trovano costrutti con pronomi e aggettivi neutri che possono essere accostati all'accusativo di relazione: Illud assentior Theophrasto. (Cic.) Su quello sono d'accordo con Teofrasto. Cetera laetus. (Or.) Felice per il resto (riguardo alle altre cose). Accusativo esclamativo Per esprimere l’immediato prorompere di un moto di meraviglia, dolore, sdegno ecc., in concorrenza con il caso vocativo (o, talvolta, con lo stesso nominativo) si può trovare un accusativo con valore di esclamazione, spesso preceduto da particelle come o, per, pro, heu, em, en ecce, bene, -ne (enclitico): Nugas! (Plaut.) Bazzecole! Heu me infelicem! (Ter.) 0 me infelice! 0 fortunatam natam me consule Romam! (Cie.) 0 Roma fortunata, nata sotto il mio consolato! 7