Rev. 7 marzo 2005 Appunti di Algebra Astratta Basilio Bona Dipartimento di Automatica e Informatica Politecnico di Torino 1 1.1 Introduzione Lo studio astratto dei gruppi, necessario, ad esempio, per caratterizzare la nozione di rotazione utilizzata in robotica, in cinematica e nella computer vision, come pure le nozioni di spazio vettoriale, di spazio proiettivo e delle algebre vettoriali, richiede un’introduzione preliminare alle strutture algebriche più generali. In particolare, partiremo dalle definizioni di gruppoide, monoide, gruppo, anello e campo, per inquadrare teoricamente le strutture algebriche astratte in un unico schema concettuale. Il lettore interessato potrà trovare materiale di approfondimento in [4], [5] e [6]; in Internet, il sito [1] rappresenta un buon punto di partenza per cercare definizioni, esempi, materiale storico e bibliografico sull’Algebra Astratta. 1.2 Gruppoide Un gruppoide (in inglese grupoid ) è una delle strutture algebriche più generali, e viene descritto come {G; ◦}, consistente in un insieme G di elementi qualsiasi e di un’operazione binaria o operatore binario, indicata dal simbolo ◦, che non si richiede essere, in generale, né associativa, né commutativa, ma solo chiusa rispetto agli elementi di G, ossia se a, b ∈ G, allora anche a ◦ b = c ∈ G. L’operatore ◦ non è assimilabile ad una “somma” o ad un “prodotto”, in quanto può essere qualcosa di molto generale, come l’operazione di concatenazione tra stringhe, il massimo comun divisore tra due interi, il resto di una divisione, la proiezione in un sottospazio geometrico eccetera. Tuttavia quando ◦ è riconducibile ad una somma, il gruppoide si dice additivo, mentre se ◦ è riconducibile ad un prodotto, il gruppoide si dice moltiplicativo. Le proprietà di un gruppoide sono comunque troppo generali per essere di qualche interesse; occorre arricchire la struttura algebrica con altri assiomi. 1.3 Semigruppo Nel semigruppo si introduce la proprietà associativa dell’operazione ◦. Un semigruppo o gruppoide associativo (in inglese semigroup) è un gruppoide {G; ◦} in cui l’operatore ◦ è associativo, ossia se a, b, c ∈ G, allora a ◦ (b ◦ c) = (a ◦ b) ◦ c Non è richiesta la presenza di un elemento neutro, come accade per il monoide, o di un elemento identità, come invece accade per il gruppo. 1.4 Monoide Nel definire un monoide si aggiunge agli assiomi del semigruppo quello di esistenza di un elemento neutro nei confronti dell’operazione ◦. 2 Un monoide (in inglese monoid ) è un semigruppo {M; ◦, u} dotato di un elemento neutro (o elemento identità o elemento unità) rispetto all’operazione ◦, indicato con u, tale che ∀a ∈ M, a ◦ u = u ◦ a = a. Spesso l’elemento neutro viene indicato con il simbolo 0 se l’operazione ◦ è riconducibile alla somma, oppure con il simbolo 1 se l’operazione ◦ è riconducibile al prodotto. Qui non si ipotizza ancora l’esistenza di un elemento inverso, che invece viene introdotto tra gli assiomi che definiscono il gruppo. 1.5 Gruppo Il gruppo (in inglese group) G è una struttura algebrica definita dagli assiomi del monoide, ai quali si aggiunge quello dell’esistenza dell’elemento inverso. Questa proprietà rende il gruppo sufficientemente “ricco” di struttura per rappresentare numerosi enti matematici alla base della fisica matematica e dell’ingegneria. Un gruppo è un monoide {G; ◦, u, a−1 }, dotato dell’elemento inverso a−1 : ∀a ∈ G esiste un elemento a−1 , detto inverso di a, tale che a ◦ a−1 = a−1 ◦ a = u. In particolare, se a ◦ a−1 = u, l’inverso si dice destro, se invece a−1 ◦ a = u, l’inverso si dice sinistro. Se l’operatore ◦ è la somma, l’inverso di a si indica più comunemente con −a; se invece ◦ è il prodotto, l’inverso di a si indica con a−1 . La presenza dell’inverso fa sı̀ che ogni gruppo debba contenere almeno un elemento. Gruppo Commutativo Un gruppo G si dice commutativo oppure abeliano, in onore del matematico norvegese Niels Abel (1802–1829), se gli argomenti dell’operazione ◦ possono commutare, ossia ∀a, b ∈ G, a ◦ b = b ◦ a. In questo caso, l’inverso destro coincide con l’inverso sinistro. Esempi • Gli insiemi Z, Q, R e C, rispettivamente dei numeri interi, razionali, reali e complessi, formano un gruppo commutativo rispetto all’operazione di somma, dove ◦ → +. • Gli insiemi Q∗ , R∗ e C∗ rispettivamente dei numeri razionali, reali e complessi non nulli, formano un gruppo commutativo rispetto all’operazione di moltiplicazione, dove ◦ → ×. • L’insieme GL(n, R) delle matrici n × n invertibili, formano un gruppo non commutativo rispetto al prodotto matriciale. • L’insieme SX di tutte le trasformazioni biiettive di un insieme X in sè stesso, formano un gruppo non commutativo rispetto all’operazione ◦ di composizione delle trasformazioni; ovvero (f ◦ g)(x) = f (g(x)). 3 • Le rotazioni in uno spazio tridimensionale formano un gruppo non commutativo rispetto al prodotto matriciale. Tale gruppo è detto gruppo (speciale) di rotazione (ortonormale). e si indica con n o SO(3) = R ∈ R3×3 | RT R = I, det R = +1 In inglese, si chiama Special Orthonormal group of dimension 3. 1.6 Anello Un anello (in inglese ring) A è un sistema {A; +, ·} di elementi a ∈ A, con due operazioni + e ·, chiamate somma (o addizione) e prodotto (o moltiplicazione), che soddisfano i seguenti due assiomi: 1. {A, +} è un gruppo commutativo con elemento neutro indicato con 0, che viene chiamato gruppo additivo dell’anello. 2. {A, ·} è un semigruppo. Questi assiomi implicano le seguenti proprietà: • proprietà associativa rispetto alla somma: ∀a, b, c ∈ A, (a + b) + c = a + (b + c) • proprietà commutativa rispetto alla somma: ∀a, b ∈ A, a + b = b + a • esistenza dell’elemento neutro o identità rispetto alla somma: ∃0 ∈ A → ∀a ∈ A, 0 + a = a + 0 = a • esistenza dell’elemento inverso rispetto alla somma: ∀a ∈ A → ∃(−a) ∈ A, a + (−a) = (−a) + a = 0 • proprietà associativa rispetto al prodotto: ∀a, b, c ∈ A, a · (b · c) = (a · b) · c • proprietà distributiva del prodotto rispetto alla somma: ∀a, b, c ∈ A, a · (b + c) = (a · b) + (a · c) Un anello contiene sempre almeno un elemento. Può essere interessante elencare le proprietà che non sono possedute dagli anelli [6]: 4 1. non è richiesto che un anello possieda un elemento neutro o identità rispetto al prodotto. Se lo possiede, esso prende il nome di unità; 2. non si esige la validità di alcun assioma dei quozienti; in particolare se A è dotato di unità, non si esige che un elemento non nullo a 6= 0 sia dotato di inverso (destro, sinistro o bilaterale); 3. non si postula la proprietà commutativa del prodotto; 4. non si postula alcuna legge di annullamento del prodotto1 : possono cioè esistere anelli dotati di elementi a 6= 0 tali che a · b = 0, oppure b · a = 0 per qualche b 6= 0; questo implica anche che, se a · b = a · c, non necessariamente b = c. Si dice che a è un divisore (sinistro) dello zero, essendo b = a−1 · 0, e che b divide a destra lo zero, essendo a = 0 · b−1 . 5. non si richiede che un elemento non nullo a 6= 0 sia dotato di un elemento inverso. Esempi • Si pensi alla familiare “algebra delle matrici”, dove non vale in generale la proprietà commutativa, dove esistono elementi non invertibili e dove è possibile trovare elementi non nulli il cui prodotto fornisce un elemento nullo; inoltre si sa che in generale AB = AC non implica B = C. Quindi l’insieme delle matrici quadrate M ∈ Rn×n , con n ≥ 2, forma un anello non commutativo con divisori dello zero [6, pag. 179]. • L’insieme degli interi Z forma un anello {Z, +, ·} con identità, che però non è un anello di divisione (vedi Sezione 1.7). • Sia m un intero e mZ = {n ∈ Z | m divide n} sia l’insieme dei multipli interi di m. Allora {mZ, +, ·} è un anello, ma privo dell’identità a meno che non sia m = ±1. 1.7 Corpo Si definisce corpo un anello A, tale che nell’insieme A∗ = A − {0} (ossia quando A sia stato privato dell’elemento nullo2 ) ogni equazione a · x = b, oppure y · a = b, ammetta almeno una soluzione x = a−1 · b oppure y = b · a−1 . Si può dimostrare che A∗ è un gruppo. Possono esistere corpi commutativi e corpi non commutativi; questi ultimi sono chiamati anche corpi sghembi, mentre i corpi commutativi sono conosciuti più comunemente come campi. In inglese i corpi prendono anche il nome di anelli di divisione (division ring) o campi sghembi (skew field ). Tra gli esempi di corpi non commutativi o sghembi si possono citare i quaternioni. 1 la legge di annullamento del prodotto stabilisce che, dato b 6= 0, se a · b = 0, sia a = 0. che A deve contenere almeno due elementi. 2 segue 5 1.8 Campo Se agli assiomi di un anello si aggiunge, con alcune cautele, l’assioma dell’esistenza di un elemento inverso anche per l’operazione di prodotto, si ottiene il campo. Un campo (in inglese field ) F è un sistema {F; +, ·} di elementi α ∈ F e due operazioni + e ·, chiamate somma (o addizione) e prodotto (o moltiplicazione), che soddisfa i seguenti tre assiomi: 1. {F, +} è un gruppo commutativo con elemento neutro indicato con 0. Il gruppo {F, +} è detto gruppo additivo del campo. 2. {F ∗ , ·} è un gruppo commutativo con unità u, indicata con il simbolo 1, dove F ∗ = F − {0}. Il gruppo {F ∗ , ·} è detto gruppo moltiplicativo del campo. 3. vale la proprietà distributiva di · rispetto a +, ossia, dati α, β, γ ∈ F si ha: α · (β + γ) = α · β + α · γ che, per altro, era già compresa tra gli assiomi degli anelli. Una definizione alternativa è la seguente: un campo è un anello di divisione (o campo sghembo), con gruppo moltiplicativo commutativo. Si può osservare, come anticipato nella Sezione 1.7, che un campo è un corpo commutativo, sia per la somma, sia per il prodotto. L’inverso rispetto alla somma si indica con −α, mentre l’inverso rispetto al prodotto si indica con α−1 . Esempi Tra gli esempi più comuni di corpi si trovano il corpo dei numeri reali, indicati con R e il corpo dei numeri complessi, indicati con C, nonché il corpo dei numeri razionali Q. In questi casi il generico elemento α di questi corpi prende il nome di scalare, rispettivamente reale o complesso. 1.9 Algebra La parola algebra deriva dal titolo “Hisab al-jabr w’al-muqabala” di un trattato dovuto al matematico persiano Muhammed ibn Musa Al-Khwarizmi3 (circa 780-850) che trattava per la prima volta metodi algebrici. Nell’uso moderno, la parola assume diversi significati, che possono riassumersi nei seguenti: 1. Algebra intesa come materia che si insegna nelle scuole medie inferiori e superiori, distinguendola dalla geometria, e che tratta di equazioni polinomiali, funzioni di una o più variabili, di massimi e minimi ecc. La si chiama anche algebra elementare o aritmetica. 2. L’algebra che studia il sistema dei numeri e le loro proprietà, utilizzando i concetti di gruppo, anello, coomologia, teoria degli invarianti ecc. Essa prende il nome di algebra astratta. 3 il cui nome distorto diede origine alla parola algoritmo. 6 3. L’algebra che indica, più tecnicamente, una particolare struttura formale: in particolare uno spazio vettoriale definito su un campo, con un operatore prodotto. A noi interessa il terzo significato e quindi, per definire formalmente un’algebra, è necessario definire prima il concetto di spazio vettoriale. 7 Capitolo 2 Spazi e Algebre Vettoriali Passiamo ora a definire la struttura di uno spazio vettoriale, i cui elementi rappresentano le entità più interessanti ed utili per lo studio della meccanica, dell’elettromagnetismo e, in generale, di molti settori della fisica classica e moderna. 2.1 Spazi Vettoriali Dato un campo qualsiasi F, lo spazio vettoriale (in inglese vector space) V(F), è l’insieme di quegli elementi, chiamati vettori , che indicheremo d’ora in avanti con una lettera minuscola in grassetto, come ad esempio v. I vettori soddisfano le seguenti proprietà assiomatiche: 1. è definita l’operazione +, detta somma vettoriale, tale che {V(F); +} forma un gruppo abeliano; l’elemento identità è chiamato 0; 2. per ogni scalare α ∈ F e ogni vettore v ∈ V(F), esiste un vettore (prodotto per scalare) αv ∈ V(F); 3. per ogni α, β ∈ F e ogni v, w ∈ V(F) valgono le seguenti proprietà: • proprietà associativa rispetto al prodotto per scalare: α(βv) = (αβ)v • proprietà distributiva rispetto alla somma vettoriale: α(v + w) = αv + αw • proprietà distributiva rispetto al prodotto per scalare: (α + β)v = αv + βv • Esistenza dell’identità rispetto al prodotto per scalare: 1(v) = v; ∀v 8 Se F = R, lo spazio vettoriale è detto reale, mentre se F = C, è detto complesso. Abbiamo detto che gli elementi di uno spazio vettoriale si chiamano “vettori”; non dobbiamo commettere l’errore di identificare questi generici elementi con i vettori a cui siamo abituati, cioè i classici segmenti orientati nello spazio, dotati di direzione, modulo e verso. Ad esempio, la meccanica quantistica considera “vettori” le matrici reali 2 × 2 e le indica con il simbolo |vi; tali matrici non presentano né una direzione, né una lunghezza, tuttavia obbediscono agli assiomi che definiscono lo spazio vettoriale e quindi possono essere a ragione definiti vettori1 . Tutto ciò premesso, l’esempio classico di spazio vettoriale reale è quello rappresentato da n-ple di reali, Vn (R) = Rn ; in questi casi un elemento (vettore) viene rappresentato per componenti v1 v2 v = . , v ∈ R n , vi ∈ R .. vn Poiché le proprietà (3) inducono una struttura lineare sullo spazio V, esso viene indicato anche con il termine di spazio vettoriale lineare o semplicemente spazio lineare (in inglese linear vector space o semplicemente linear space). Inoltre, come si può notare, tra gli assiomi non compare alcuna operazione di prodotto. Per questo motivo la struttura dello spazio vettoriale, ossia l’insieme di proprietà che derivano dagli assiomi, non permette di definire concetti geometrici quali l’angolo o la distanza, che invece sono impliciti nella definizione puramente geometrica di vettore. Per consentire di definire tali concetti è necessario dotare lo spazio vettoriale di una struttura quadratica o metrica. L’introduzione di una metrica in uno spazio vettoriale genera un’algebra che rende possibile l’esecuzione di calcoli su oggetti geometrici. La metrica più comune è quella indotta dalla definizione di prodotto scalare. Prima di passare alle definizioni dei vari prodotti, riassumiamo brevemente alcune proprietà delle funzioni lineari. 2.2 Funzioni Lineari Dati due spazi vettoriali U(F) e V(F), che per comodità assumiamo definiti entrambi sullo stesso campo F, una funzione L : U → V si dice lineare, se per ogni a, b ∈ U e λ ∈ F valgono i seguenti assiomi L(a + b) = L(a) + L(b) = La + Lb L(λa) = λL(a) = λLa (2.1) Una funzione lineare L : U → U viene chiamata anche operatore lineare, trasformazione lineare oppure endomorfismo (in inglese endomorphism). L’insieme di tutte le funzioni lineari L : U → V forma uno spazio lineare L(F). 1 In realtà, qualunque matrice Rm×n o Cm×n può essere pensata come una lista di mn elementi e quindi rappresentabile come un vettore in Vmn (R) o Vmn (C), vedi Teorema 2.2.1. 9 L’insieme delle funzioni lineari L : U → U forma un anello, indicato con il simbolo End(U). Ricordiamo infine che qualsiasi funzione lineare da U a V è rappresentabile con una matrice M ∈ Rm×n , dove m e n sono le dimensioni (vedere più oltre la definizione di dimensione) rispettivamente di V e U. Indipendenza lineare – Base – Dimensione Dati n vettori qualsiasi ai ∈ V(F), un vettore generico v ∈ V(F) è detto combinazione lineare di {a1 , a2 , . . . , an } se esso può essere scritto come v = λ1 a1 + λ2 a2 + · · · λn an con λi ∈ F. L’insieme di vettori {a1 , a2 , . . . , an } è detto linearmente indipendente se nessun elemento ai può essere scritto come combinazione lineare dei restanti aj , j 6= i. In altre parole, l’unica soluzione dell’equazione λ1 a1 + λ2 a2 + · · · λn an = 0 è quella con λ1 = λ2 = · · · = λn = 0. data la combinazione lineare v = λ1 a1 + λ2 a2 + · · · λn an , se tutti i vettori ai sono linearmente indipendenti, allora gli scalari λi sono unici e prendono il nome di coordinate o componenti di v. Le combinazioni lineari di vettori linearmente indipendenti {a1 , a2 , . . . , ak }, con k ≤ n, formano un sottospazio S(F) ⊆ V(F). Si dice che questo sottospazio è coperto o descritto (in inglese spanned ) da {a1 , a2 , . . . , ak }. Ogni insieme di vettori {a1 , a2 , . . . , an } che risulti linearmente indipendente, forma una base in V. Tutte le basi in V hanno lo stesso numero di elementi (nel nostro caso n), e questo numero prende il nome di dimensione dello spazio e si indica con dim(V). Funzione iniettiva La funzione o trasformazione f : A → B, tra due insiemi generici A e B si dice essere iniettiva (in inglese injective oppure one-to-one function) se ∀a, b ∈ A, f (a) = f (b) implica a=b ossia ad ogni elemento dell’immagine A della funzione corrisponde uno ed un solo elemento del dominio B della funzione. Funzione suriettiva La funzione o trasformazione f : A → B, tra due insiemi generici A e B si dice essere suriettiva (in inglese surjective oppure onto function) se f (A) = B ossia la trasformazione del dominio della funzione copre (in inglese spans) ovvero coincide integralmente con l’intera immagine. 10 Funzione biiettiva La funzione o trasformazione f : A → B, tra due insiemi generici A e B si dice essere biiettiva (in inglese one-to-one correspondence) se f è contemporaneamente iniettiva e suriettiva. Morfismo Prendiamo due strutture algebriche dello stesso tipo universale (come, ad esempio, due gruppi, due anelli, o due algebre), X e Y. Definiamo morfismo una generica trasformazione tra X e Y. Isomorfismo L’isomorfismo è un morfismo biiettivo. In particolare, dati due spazi vettoriali U(F) e V(F), definiti sullo stesso campo F, questi si dicono isomorfi, se tra loro sussiste un isomorfismo (in inglese isomorphism), ovvero se esiste una trasformazione lineare biiettiva fu : v i = fu ui tra vettori ui ∈ U e vettori v i ∈ V tale che fu (λ1 u1 + λ2 u2 ) = λ1 fu (u1 ) + λ2 fu (u2 ) e similmente esiste una trasformazione lineare biiettiva fv : ui = fv v i tra vettori v i ∈ V e vettori ui ∈ U tale che fv (λ1 v 1 + λ2 v 2 ) = λ1 fv (v 1 ) + λ2 fv (v 2 ) Un isomorfismo è dunque una trasformazione biiettiva che conserva tutte le relazioni lineari e conseguentemente la struttura algebrica degli spazi vettoriali coinvolti. Possiamo ora stabilire, senza dimostrarlo, il seguente teorema: Teorema 2.2.1 Ogni spazio vettoriale a n dimensioni Vn (F) definito sul campo F è isomorfo allo spazio F n delle n-ple di scalari del campo F. Se F = R, questo teorema permette di affermare che possiamo concentrare la nostra attenzione sulle n-ple di reali, senza perdere in generalità, perché ogni altro “tipo” di vettore sarà isomorfo a queste ultime. Infatti l’isomorfismo conserva le operazioni e conserva pure gli assiomi (vedi [6, pag. 74]). Endomorfismo L’endomorfismo è un morfismo suriettivo da X a X , cioè in sé stesso. Automorfismo L’automorfismo è un isomorfismo da X a X , cioè in sé stesso. 11 2.2.1 Prodotto Scalare o Interno Abbiamo visto che la definizone assiomatica di spazio vettoriale non comprende la definizione di un prodotto, e che invece per calcolare con enti geometrici è necessario introdurre una struttura quadratica o metrica; una delle metriche più comuni è quella derivata dal prodotto scalare o interno tra vettori. Dati due vettori reali a, b ∈ V(R), il prodotto scalare o interno (in inglese scalar o inner product) a · b è un numero reale che può venire definito sia in modo geometrico sia in modo analitico (per componenti): definizione geometrica: a · b = kak kbk cos θ X a·b= ak bk = aT b definizione analitica: (2.2) (2.3) k dove θ, (0◦ ≤ θ ≤ 180◦ ) è l’angolo compreso tra a e b. La definizione geometrica implica di aver preventivamente definito il concetto di angolo e di lunghezza, mentre nell’approccio analitico la lunghezza ovvero la norma (in inglese norm) può essere definita come grandezza derivata dal prodotto scalare sX √ √ kak = a · a = a2k = aT a (2.4) k e l’angolo come µ θ = cos−1 a·a kak kbk ¶ La metrica è dunque definita a partire dal prodotto scalare e si chiamano spazi Euclidei o Cartesiani quelli per cui vale la metrica (2.4). Il prodotto scalare · non corrisponde al prodotto ◦ che appare nella definizione di gruppo; infatti il prodotto scalare opera su due vettori e genera uno scalare, mentre il prodotto ◦ genera un vettore. Il prodotto scalare soddisfa i seguenti assiomi • Proprietà distributiva rispetto alla somma: (a + b) · c = a · c + b · c • Proprietà distributiva rispetto al prodotto per scalare: α(a · b) = (αa) · b = a · (αb) • Proprietà commutativa: a·b=b·a • Positività: a · a > 0, ∀a 6= 0 Nota Spesso il prodotto scalare tra a e b viene indicato con aT b, come in (2.3), ma io preferisco indicarlo con il più generale a · b per mettere in evidenza il suo significato geometrico. 12 2.2.2 Algebra Vettoriale Dato un campo F, un’algebra vettoriale (in inglese vector algebra o linear algebra) è uno spazio lineare (vettoriale) V(F) dotato di un operatore (prodotto) bilineare2 tra vettori, che indicheremo con il generico simbolo ◦, e che obbedisce al seguente assioma: dato λ ∈ F e a, b ∈ V, risulta λ(a ◦ b) = (λa) ◦ b = a ◦ (λb) Esistono numerose algebre, delle quali circa 200 sono state dimostrate essere autoconsistenti; tra queste citiamo, oltre all’algebra delle matrici, l’algebra di Clifford, l’algebra di Lie e l’algebra dei quaternioni, che sono utili nello studiare gli aspetti geometrici e cinematici della robotica e della computer vision. In generale il prodotto ◦ non coincide con il prodotto interno introdotto precedentemente, perché quest’ultimo non è un prodotto tra vettori che dia come risultato un vettore. Tuttavia il prodotto scalare si dimostra dotato di sufficiente struttura da risultare utile per la maggior parte delle applicazioni necessarie al calcolo geometrico. Un altro prodotto comunemente utilizzato nella fisica è il prodotto esterno, che però vale solo in spazi vettoriali a dimensione 3. Come vedremo, le proprietà del prodotto esterno non sono ancora quelle che si vorrebbero possedute da un generico prodotto tra vettori, ma tuttavia anch’esso svolge una funzione essenziale nella descrizione della cinematica e della dinamica dei manipolatori, nonchè di numerose proprietà dell’elettromagnetismo. 2.2.3 Prodotto Vettoriale o Esterno ¡ ¢T ¡ ¢T Dati due vettori x = x1 x2 x3 e y = y1 y2 y3 , con x, y ∈ R3 , il prodotto vettoriale o esterno (in inglese outer o external o vector product) x × y è un vettore che soddisfa le relazioni seguenti3 : x2 y3 − x3 y2 z = x × y = x3 y1 − x1 y3 (2.5) x1 y2 − x2 y1 La (2.5) può essere scritta come prodotto della matrice antisimmetrica S(x) per il vettore y: 0 −x3 x2 0 −x1 y = S(x)y x × y = x3 (2.6) −x2 x1 0 Le proprietà delle matrici antisimmetriche e i loro utilizzi sono descritte più avanti, nella Sezione 2.2.4. La norma del prodotto esterno vale kzk = kxk kyk sin θ 2 bilineare (2.7) significa “lineare rispetto a entrambi gli operandi”. Questa proprietà implica la proprietà distributiva; in altre parole la proprietà distributiva è implicita in un’algebra (vedi (2.2.1)). 3 per il prodotto esterno utilizzeremo il simbolo ×, che è molto comune nella letteratura di origine anglosassone; testi italiani usano più spesso il simbolo ∧. 13 dove θ è l’angolo tra i due vettori x e y misurato sul piano xy; la direzione di z è ortogonale al piano, il verso è dato dall’applicazione della regola della mano destra, che individua l’asse e il verso di rotazione necessario a portare x su y compiendo la rotazione di angolo minimo. Il prodotto vettoriale soddisfa le seguenti proprietà: • Proprietà non commutativa o anticommutativa: x × y = − (y × x) • Proprietà distributiva rispetto alla somma: x × (y + z) = (x × y) • Proprietà distributiva rispetto al prodotto per scalare: α (x × y) = (αx) × y = x × (αy) • Proprietà non associativa: x × (y × z) 6= (x × y) × z Dati tre vettori x, y, z, si definisce prodotto triplo il prodotto esterno triplo non associativo, ossia: x × (y × z) = (x · z) y − (x · y) z (2.8) (x × y) × z = (x · z) y − (y · z) x Dati tre vettori x, y, z, vale inoltre la seguente relazione: (x × y) · z = − (z × y) · x 2.2.4 (2.9) Matrici antisimmetriche Avendo introdotto in (2.6) la matrice antisimmetrica S(x), ne definiamo ora alcune proprietà. • Data una matrice quadrata S ∈ Rn×n , essa è antisimmetrica se e solo se soddisfa alla seguente relazione: S + ST = O • Dato uno spazio vettoriale R3 ed un vettore generico u ∈ R3 , esiste sempre una matrice antisimmetrica associata ad u, indicata con S(u), definita come 0 −u3 u2 0 −u1 S(u) = u3 −u2 u1 0 e viceversa, data una qualsiasi matrice antisimmetrica S ∈ R3×3 è sempre possibile associare ad essa un vettore u ∈ R3 , definito come s32 −s23 u = s13 = s13 s21 −s12 14 • La proprietà di antisimmetria comporta la seguente identità: S T (u) = S(−u) = −S(u) (2.10) • Le matrici antisimmetriche soddisfano la proprietà di linearità; dati due scalari λ1 , λ2 ∈ R, vale la proprietà S(λ1 u1 + λ2 u2 ) = S(λ1 u1 ) + S(λ2 u2 ) = λ1 S(u1 ) + λ2 S(u2 ) (2.11) • Dati due vettori qualsiasi v e u, si ha la seguente proprietà: S(u)v = u × v (2.12) e quindi S(u) può essere interpretata come l’operatore (u×) e viceversa. Spesso la matrice S(u) viene indicata come u× . • Dati due vettori qualsiasi v e u, vale la seguente proprietà: S(u)v = −S(v)u • La matrice S(u)S(u) = S 2 (u) è simmetrica e verifica la relazione seguente: 2 S 2 (u) = uuT − kuk I (2.13) Autovalori e autovettori di matrici antisimmetriche Data la matrice antisimmetrica S(u) i suoi autovalori sono immaginari o nulli: λ1 = 0, λ2,3 = ±j kuk L’autovettore relativo all’autovalore λ1 vale u; gli altri due autovettori sono complessi coniugati. 2.3 Altri Prodotti Vettoriali Come abbiamo visto nelle Sezioni precedenti, il prodotto scalare è un prodotto tra vettori che però genera uno scalare, mentre il prodotto vettoriale è definito solo nello spazio R3 . Manca quindi ancora una definizione generale dell’operatore ◦ introdotto nella definizione di algebra vettoriale, che valga genericamente nello spazio Rn . Nasce perciò la necessità di definire un prodotto a ◦ b tra vettori che obbedisca alla maggior parte delle regole della moltiplicazione “ordinaria”, ovvero almeno le proprietà di essere associativo e distributivo, mentre la proprietà di commutatività non è ritenuta essenziale. Si richiede invece che venga preservata la norma nel prodotto, ossia ka ◦ bk = kak kbk, dove il prodotto delle norme è il consueto prodotto tra scalari. Sono stati definiti in passato prodotti tra vettori che soddisfano questi requisiti. Di solito essi vengono trascurati nei testi elementari di algebra lineare. Tra questi, un qualche interesse per le loro applicazioni nella cinematica teorica e nella computer vision, oltreché nella fisica quantistica, rivestono il prodotto di Hamilton e il prodotto di Clifford. 15 2.3.1 Prodotto di Hamilton Il prodotto di Hamilton trova la sua giustificazione nell’ambito della definizione di prodotto tra quaternioni [2, 3]. Qui ci limitiamo a definire tale prodotto come quel vettore c ottenuto dai vettori a e b nel modo seguente c = a ◦ b = −a · b + a × b (2.14) Questo prodotto ha ora solo più un significato storico, in quanto presenta la spiacevole caratteristica di fornire un numero negativo come risultato del prodotto di un vettore per se stesso 2 a ◦ a = −a · a + a × a = − kak (2.15) Esso fu presto abbandonato in favore di altri più semplici e utili, come i precedenti prodotti interno ed esterno, oppure più generali dal punto di vista geometrico, come il prodotto di Clifford. 2.3.2 Prodotto di Clifford È stato dimostrato che un prodotto vettoriale che permetta di soddisfare gli stessi assiomi del prodotto tra due numeri reali, ossia la distributività, l’associatività e la commutatività, non esiste in spazi vettoriali con dimensioni n ≥ 3; se si lascia cadere l’assioma della commutatività, si può definire un nuovo tipo di prodotto, detto prodotto di Clifford, dal nome del matematico inglese William Clifford (1845-79) che per primo lo introdusse. Esso consente di estendere a spazi vettoriali Rn , con n > 3, il prodotto esterno definito al Paragrafo 2.2.3. Limitiamoci in un primo momento, per semplicità, al piano R2 , convenzionalmente definito come quello generato dai due versori i e j. Dati due vettori nel piano, a = a1 i + a2 j, e b = b1 i + b2 j, il prodotto di Clifford viene definito come: a ◦ b = a1 b1 + a2 b2 + (a1 b2 − a2 b1 )e12 = a · b + (a1 b2 − a2 b1 )e12 (2.16) dove è stato introdotto il nuovo ente matematico e12 , chiamato bivettore. Esso è definito come l’area (dotata di segno) del parallelogrammo compreso tra i e j; in un certo senso è analogo al prodotto esterno i × j, salvo il fatto che quest’ultimo è interpretato come vettore ortogonale al piano definito da i e j, mentre il bivettore è da interpretarsi come una “pezza” (in inglese patch) o meglio un “tassello” del piano stesso, come illustrato in Fig. 2.1. L’estensione di questo prodotto allo spazio R3 si ottiene assumendo che sia verificata la seguente identità: c ◦ c = c2 = c · c Se poi consideriamo il generico vettore somma c = a + b, otteniamo: (a + b) ◦ (a + b) = (a + b) · (a + b) (2.17) da cui segue, per la proprietà distributiva applicata ai due termini dell’uguaglianza a◦a+a◦b+b◦a+b◦b=a·a+a·b+b·a+b·b 16 (2.18) i× j j e 12 i Figura 2.1: Il bivettore e12 nel piano R3 . e considerando la commutatività del prodotto interno e che a ◦ a = a · a e b ◦ b = b · b segue: a ◦ b + b ◦ a = 2a · b (2.19) e quindi a ◦ b = 2a · b − b ◦ a (2.20) Il lettore interessato può fare riferimento al testo [7] per ulteriori approfondimenti. 17 Bibliografia [1] mathworld.wolfram.com/algebra.html. [2] B. Bona. Modellistica dei Robot Industriali. [3] M.J. Crowe. [4] J.A. Gallian. Contemporary Abstract Algebra. Houghton Mifflin Company, 2002. [5] J.D. Lispon. Elements of Algebra and Algebraic Computing. Addison-Wesley, 1981. [6] L. Lombardo-Radice. Istituzioni di Algebra Astratta. Feltrinelli, 1965. [7] P. Lounesto. Clifford Algebras and Spinors. Cambridge University Press, second edition, 2001. 18 Indice 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 1.8 1.9 Introduzione . Gruppoide . . Semigruppo . Monoide . . . Gruppo . . . Anello . . . . Corpo . . . . Campo . . . . Algebra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 2 2 2 3 4 5 6 6 2 Spazi e Algebre Vettoriali 2.1 Spazi Vettoriali . . . . . . . . . . . . 2.2 Funzioni Lineari . . . . . . . . . . . 2.2.1 Prodotto Scalare o Interno . 2.2.2 Algebra Vettoriale . . . . . . 2.2.3 Prodotto Vettoriale o Esterno 2.2.4 Matrici antisimmetriche . . . 2.3 Altri Prodotti Vettoriali . . . . . . . 2.3.1 Prodotto di Hamilton . . . . 2.3.2 Prodotto di Clifford . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 8 9 12 13 13 14 15 16 16 19 Elenco delle figure 2.1 Il bivettore e12 nel piano R3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 17 Indice analitico algebra vettoriale, 13 anello, 4 automorfismo, 11 norma, 12 base, 10 bivettore, 16 prodotto di Clifford, 16 di Hamilton, 16 scalare, 12 triplo, 14 vettoriale, 13 operatore lineare, 9 campo, 6 combinazione lineare, 10 corpo commutativo, 6 dimensione, 10 distanza, 9 divisore dello zero, 5 semigruppo, 2 spazio lineare, 9 vettoriale, 8 elemento neutro, 3 endomorfismo, 9, 11 vettore, 8 componenti di, 10 funzione biiettiva, 11 iniettiva, 10 suriettiva, 10 gruppo, 3 abeliano, 3 speciale ortonormale di rotazione, 4 gruppoide, 2 additivo, 2 associativo, 2 moltiplicativo, 2 isomorfismo, 11 lineare indipendenza, 10 metrica, 9 monoide, 3 morfismo, 11 21