Bibbia, ardua e magnifica avventura
Non è un libro facile, ma contiene tutte le situazioni della vita
Nel migliore dei casi è sul comodino. Spesso su una mensola della libreria, o
dimenticata in un cassetto. Le recenti statistiche dicono che la Bibbia è un
libro posseduto, ma scarsamente letto. Un tema che Piero Stefani, docente di
ebraismo e presidente di Biblia, associazione laica di cultura biblica, conosce
bene. Di recente, insieme a Luciano Zappella, presidente del Centro culturale
protestante di Bergamo, ha pubblicato Leggere la Bibbia in cento passi [...].
Professor Stefani, perché la Bibbia è poco letta?
«Sono due i fattori principali: è un libro che non sempre corrisponde alle
attese, perché chi si avvicina pensa di trovare un testo che susciti sentimenti
buoni, di amore al prossimo, pace… e invece nella Bibbia si trovano anche
molti altri aspetti piuttosto sconcertanti rispetto a questa precomprensione. La
seconda ragione, più interna, è che è un libro difficile, almeno in certe sue
parti richiede uno studio, anche laico. Siccome adesso la capacità di studiare e
di applicarsi è più debole che in altre circostanze, diventa un libro che si
sfoglia, ma non si studia».
Cinquant’ anni fa la Chiesa cattolica, con il Vaticano II, ha riscoperto la
centralità della parola di Dio. Cosa non è passato del messaggio
conciliare a livello pastorale?
«Il livello pastorale passa anche attraverso le letture della Messa domenicale,
che sono la porta più diffusa di accesso alla Bibbia. È chiaro che l’ omelia
non può essere un’ esegesi, ma dovrebbe cercare di trasmettere ai fedeli il
gusto di interpretare il testo. E invece spesso si riduce a una serie di
considerazioni libere, poco fedeli al testo, senza nessuno sforzo per spiegarlo.
C’ è poi da aggiungere che le letture domenicali hanno una successione
difficile.
La seconda lettura va per sé e viene spesso trascurata, il rapporto tra prima e
terza lettura non sempre viene affrontato in maniera corretta. Non è facile
accostare l’ Antico Testamento attraverso le procedure recepite dalla liturgia.
I Salmi sono ancora un altro discorso, e spesso sono usati in modo selettivo,
perché hanno parti complesse e sconcertanti rispetto alla comprensione
media».
Con Luciano Zappella sostenete che la Bibbia è la narrazione di
un’ alterità alle prese con il mondo. Può spiegare questa definizione?
«Il grande protagonista della Bibbia è Dio, ma di lui non si sa nulla se non per
quello che ha operato attraverso una serie di vicende umane. Quindi la Bibbia
è una narrazione di storie che hanno a che fare con l’ umanità. Dio nel suo
rapporto con l’ umanità attua l’ alterità e la narrazione. Poi certamente ci
sono anche prescrizioni, perché Dio non narra soltanto, ma dice anche cosa
fare».
Che rapporto c’ è tra Bibbia e vita?
«Nella Bibbia ci sono descrizioni di molte componenti proprie
dell’ esistenza: nascita, incontri, matrimoni, rapporto genitori-figli, momenti
di festa, scene di eredità, memoria dei defunti... In questo senso si può dire
che la Bibbia ha un rapporto con la vita. L’ altra faccia della medaglia, per i
credenti, è se la Bibbia può determinare la condotta di oggi, tenendo conto
della distanza sociale e culturale, perché evidentemente il matrimonio dei
patriarchi è una cosa diversa da quello di oggi. Direi che la Bibbia descrive la
vita e quindi la vita può ispirarsi alla Bibbia».
Scrivete che senza la conoscenza della Bibbia non è possibile capire in
profondità la cultura dell’ Occidente. Perché?
«Molte realtà storico-culturali dell’ Occidente si ispirano alla Bibbia. E non
soltanto per gli esempi che vengono immediatamente in mente, come l’ arte,
la raffigurazione, la letteratura, la scultura e così via... Ci sono state influenze
diffuse non solo nei comportamenti, nelle feste, nelle ritualità, ma anche in
una certa idea di politica. Per esempio l’ idea di patto che c’ è nella Bibbia ha
un’ enorme influenza politica in alcune culture come in quella anglosassone,
nell’ idea del diritto e nella stessa riflessione filosofica.
Si dice sempre simbolicamente che quando è stata inventata la stampa il
primo libro stampato non poteva che essere la Bibbia. Più complesso è il
problema di che cosa sia diventata la Bibbia attraverso questa sua vicenda:
messa alla prova nell’ alterità, è diventata tante altre cose, è stata anche
banalizzata in tante forme. Quel poco ancora riconoscibile da tutti, lo è
attraverso canali molto diversi, compresa la pubblicità. Se l’ arca è ancora
riconosciuta non è certo perché qualcuno legge Genesi ma, attraverso mille
passaggi, alcuni legittimi, altri banalizzanti, la grammatica è ancora
comprensibile in qualche forma».
In questo senso l’ insegnamento della Bibbia nelle scuole sarebbe un
contributo culturale significativo, come Biblia sostiene da molti anni…
«Un’ istituzione in grande difficoltà e affanno come la scuola, che deve
trasmettere il sapere, non dovrebbe ignorare la Bibbia. Ci sono grandissime
difficoltà di tipo culturale e il problema dell’ ora di religione ha un suo peso.
Ma il fatto che la Bibbia nella sua natura è interdisciplinare costituisce dal
punto di vista pratico l’ ostacolo maggiore, perché questa linfa biblica
andrebbe all’ interno dei diversi insegnamenti».
Conoscenza della Bibbia e dialogo interreligioso: può essere utile
conoscere il testo sacro in una società pluralista e multireligiosa?
«Sì, per molte ragioni. Se ci riferiamo all’ islam è evidente, perché tra storie
bibliche e storie coraniche ci sono affinità di personaggi, di vicende, di
comandi e questo serve molto al confronto, sia per vedere le affinità, ma
anche la diversità. Rispetto ad altri universi religiosi, la Bibbia indica la strada
di un Occidente che si confronta con altre culture in parte occidentalizzate ma
legate ad altre visioni del mondo, soprattutto per quanto riguarda il senso del
tempo. Il tempo della Bibbia come storia è molto diverso da quello delle
religioni di tipo orientale, che hanno un altro orizzonte. È anche vero che
molte persone cercano altrove una forma di spiritualità che potrebbero trovare
anche dentro la Bibbia, qualora fosse presentata in un determinato modo»
[...].
Vittoria Prisciandaro
(articolo tratto da www.credere.it)
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