Le arti sottili della persuasione:dalla politica alla scienza (e ritorno)

Le arti sottili della persuasione:dalla politica
alla scienza (e ritorno)
Ignazio Licata
La retorica non è più l’arte di rendere convincente una proposta politica praticabile, ma è
"tout-court la politica".
Che argomentazione sarebbe quella che lascia la gente indifferente?
Paul Feyerabend
Un discorso, che si tratti di una teoria, una dichiarazione d’amore o una contrattazione economica,
nel momento in cui viene enunciato è sempre informazione che entra in un complesso circuito di
comunicazione dove il consenso ed il dissenso, la valutazione positiva, negativa o incerta, gli
slittamenti e la moltiplicazione dei piani di significato diventano elementi costituitivi della vita
dell’enunciato. Se questo punto di partenza appare evidente ed elementare per almeno due dei casi
considerati (l’economia e l’amore), sembra meno ovvio quando si fa riferimento all’attività
scientifica.
Lo sviluppo della cultura scientifica come genere culturale autonomo e distinto - che possiamo
fissare con l’affermarsi della sinergia tra attività sperimentale e formulazione matematica nel ‘600fa largo uso sin dall’inizio di una stratagemma retorico “inverso”: la scienza cerca la sua
legittimazione facendo riferimento alla capacità di dimostrare e convincere con la forza dei fatti e
della rappresentazioni matematiche, e prendendo le distanze dagli “artifici letterari”. E
nell’immaginario collettivo contemporaneo questa “anti-retorica” è ancora molto diffusa ed
utilizzata, nonostante il sentire comune si sia profondamente modificato sulle questioni relative al
concetto di “verità”. A parte l’ovvia constatazione che questa distanza programmatica dalla
narrazione è già una strategia retorica, è impossibile non tener conto che l’affermazione della
scienza deve moltissimo all’efficacia espositiva di Newton -I Principia sono forse una delle opere
più eleganti mai scritte!-, ed allo stile argomentativo e seducente di Galilei, che usa con raffinata
perizia teatrale la forma del dialogo tra Salviati , Sagredo e Simplicio, e nel Saggiatore tocca vertici
letterari che hanno giustamente fatto dire a Leopardi che lo studioso pisano va decisamente
annoverato tra i più limpidi padri della lingua italiana. Basterebbero forse queste poche note per far
comprendere che l’impresa scientifica, come ogni attività umana, ha fatto e fa ampio uso della
retorica, di quelle arti del “discorso persuasivo che tende a suscitare l’adesione , sia intellettuale
che emotiva, di un uditorio, qualunque esso sia“( C. Perelman, 1981)
Negli ultimi anni gli studi sul contesto culturale ed economico in cui si inscrive la ricerca è
diventato un capitolo importante della riflessione critica sulla razionalità scientifica, e con esso le
strategie di comunicazione di teorie e risultati sperimentali. In questo modo la scienza - lungi dal
perdere efficacia- piuttosto preserva la sua forza indagatrice , permettendo di distinguere più
rapidamente con chiarezza le acquisizioni “solide”, quelle che mostrano vitalità e fecondità
prospettica, dai vari dibattiti “locali” , legati a specifici programmi di ricerca o più genericamente
“contesti“, che funzionano da “incubatori” ( o “scale” wittgensteiniane) di un risultato, ma che in un
secondo momento possono rivelarsi bozzoli infecondi da lasciarsi alle spalle.
Ci limitiamo a ricordare il caso esemplare della fisica quantistica, in cui il dibattito interpretativo è
stato spesso stimolante ma non ha intaccato o modificato la struttura formale e l’uso dell’ equazione
di Schrödinger nell’esplorazione del mondo microscopico e nello sviluppo della scienza dei
materiali. E’ vero piuttosto che le opzioni epistemiche sulla meccanica quantistica hanno più di una
volta, ed ancora oggi, rallentato una visione corretta dei legami tra la fisica quantistica del 1927 e la
più matura teoria quantistica dei campi, favorendo anche una vulgata “paradossale” e falsata di
questa potente e fondamentale disciplina (Licata, 2009).
Che sia sempre più urgente prendere atto che la partita giocata dalla scienza non è una partita a due
( il ricercatore e la natura) ma bensì una partita a tre ( il ricercatore, la natura e la comunità) ( Pera,
1991), è dimostrato dalla complessità della ricerca nel campo delle neuroscienze, della biologia
molecolare e della biomedicina, campi di enorme interesse culturale ed economico. Qui lo
schieramento dei programmi di ricerca, le “immagini” ed i “vincoli sul corpo della conoscenza” (
Elkana, 1981) , sono tali da rendere davvero difficile una demarcazione tra un ideale “contenuto
scientifico” e le strategie retoriche per affermare e promuovere non soltanto un’interpretazione dei
dati in gioco ma un intero Theatrum mundi sul quale si organizza una specifica articolazione delle
conoscenze. E’ evidente che in un contesto così ricco di prospettive e motivazioni, può essere
davvero difficile operare una distinzione tra il risultato, le sue sottodominanti interpretative e la
scelta delle campagne di comunicazione del “prodotto scientifico” in quello che Marcello Cini ha
efficacemente chiamato il supermarket di Prometeo (Cini, 2006, Licata, 2008).Sono nati nuovi
concetti epistemologici per descrivere questa intricata situazione. Ad esempio i micro paradigmi
(Andrey Rzhetsky et al. , 2006), catene di ragionamenti collettivi che agiscono nella comunità come
criteri di prevalutazione , selezione e “normalizzazione” di un risultato, al punto da poter essere
considerati- più che filtri cognitivi come il paradigma kuhniano-, una concettualizzazione
pragmatica del “pregiudizio”.E questa situazione porta con sé, diremmo sistemicamente, una
tendenza pericolosa al’abuso ed alla forzatura che non di rado sfiora livelli patologici e
preoccupanti per il futuro e lo stato di salute dell’attività scientifica. Se a questo aggiungiamo una
dimensione sempre più appiattita verso la spettacolarità fine a sé stessa della divulgazione
scientifica, si può ben comprendere che il rischio della fine della scienza come impresa culturale e
la sopravvivenza di una sua mutazione particolare, la tecno scienza, è consistente ( Levy
Leblond,2010; Licata et al. , 2008; Giuliani, 2010).
Se la scienza contemporanea rischia – lost in the supermarket- di perdere “consistenza” e di
trasformarsi in qualcosa d’altro, che dovremmo dire della politica ed in particolare della
democrazia? Ricordiamo infatti che lo sviluppo della modernità ha visto sempre procedere di pari
passo l’attività scientifica e l’ampliamento delle garanzie democratiche come libera espressione
dell’uomo e capacità critica di modellare il proprio ambiente. In effetti, anche per la politica è
possibile fare un’analisi per molti versi parallela a quella che abbiamo delineato per la scienza, e
trasportare i nodi concettuali verso un’indagine scientifica della natura della politica
contemporanea. Prendendo spunto dal formidabile libro di Angelo D’Orsi (D’Orsi, 2009), possiamo
far cominciare la nostra riflessione nel 1989. La caduta del muro di Berlino fu un momento di
grandi speranze per il futuro della democrazia e della pace mondiale. Due immagini: il personaggio
del giovane turco felice di mostrare la propria diversità nel romanzo Cani Neri di Ian MacEwan, e
Leonard Bernstein che dirige la nona di Beeethoven modificando l’inno alla gioia di Schiller, che
per l’occasione diventa un inno alla libertà ( Freiheit). Eppure proprio la fine della tensione
ideologica vede, più che lo sviluppo verso la piena maturità del liberismo, finalmente alla prova
come modello del mondo, l’affermarsi rapido di una sorta di post-democrazia che rapidamente si
modella sui parametri dell’iperconsumo globale e si dimentica dei valori storici del liberismo, si
alleggerisce disinvoltamente del bagaglio illuminista ed umanista, abdica al principio fondante della
civiltà giuridica. Migliaia di nuovi muri su una linea della palma sempre più rapida e frattale, una
massiva gerarchizzazione dell’uomo in base a criteri di reddito, e una crisi economico-finanziaria
costante e generalizzata sembrano indicare che il supermarket dove si è perduto prometeo è anche il
luogo dove si è arenata la democrazia, e si è eroso progressivamente il suo significato. Anche in
questo caso, come in quello della scienza, troviamo una mutazione sostanziale dei termini del gioco
democratico, sottile fino al rischio del tradimento delle sue premesse fondamentali. Sotto la
pressione di un mercato sempre più onnivoro e selvaggio ed in preda alla “vertigine
comunicazionale” (Hernàndez, 2003), le rappresentanze popolari e le strutture di base partitiche
sulle quali si organizzava l’espressione della partecipazione democratica sono state sostituite da una
più funzionale e vendibile immagine del leader, non più portavoce o espressione di un movimento,
ma format di una sovrapposizione pubblico/privato che sintetizza uno stile di vita, di pensiero e di
consumo. A questo punto, la retorica non è più l’arte di rendere convincente una proposta politica
praticabile, ma è tout-court la politica, intesa come stilizzazione iconica dei vestiti nuovi
dell’imperatore. Le democrazia occidentale appare oggi una petizione di principio dietro la quale si
intravede la realizzazione delle più fosche profezie della scuola di Francoforte insieme con il gusto
artificiale del manichino mediatico Max Headroom, le distonie di P. K. Dick, i virus culturali
mutanti di W. Burroughs.
Ignazio Licata
(Dalla prefazione al libro di Irune Medina, “La Politica come Marketing. Il Lato Oscuro del
Linguaggio”, Aracne, Roma, 2011)
Note bibliografiche:
Cini, M. (2006), Il supermarket di Prometeo. La scienza nell’era dell’economia della conoscenza,
Codice, Torino.
D’Orsi, A. (2009), 1989. Del come la storia è cambiata, ma in peggio, Ponte alle Grazie, Milano.
Giuliani, A. (2010), Scienza: istruzioni per l’uso, Rubettino
Hernàndez, C. R. (2003), Vertigo comunicational, caos global. Mundializaciòn, pluralismo e
intolerancia en la cultura democratica, Alfadil Ediciones, Caracas
Levy-Leblond, J.M. (2010), Scienza e cultura, Di Renzo Editore, Roma.
Licata, I, Modonesi, C., Giuliani, A., Farina, L., Germano, R., Zbilut, J.P. (2008), A contemporary
Pathology of Science, Ann. Ist. Sup. Sanità, 44, 3, 211-213
Licata, I. (2008), La logica aperta della mente, Codice, Torino
Licata, I. (2009), Osservando la sfinge. La realtà virtuale della fisica quantistica, Di Renzo Editore,
Roma.
Elkana, Y. (2000), Antropologia della conoscenza, Laterza, Roma - Bari.
Negri, A.,Cocco, G. (2006), GlobAl. Biopotere e lotte in america latina, Manifesto Libri, Roma.
Pera, M. (1991), Scienza e retorica, Laterza, Roma - Bari.
Perelman, C. (1981), Il dominio retorico, Einaudi, Torino
Rzhetsky, A.,Iossifov, I., Ji Meng Loh, White, K.P.(2006), Microparadigms: Chains of collective
reasoning in publications about molecular interactions, PNAS, Vol.103, 13, 4940-4945