Sorgenti di campi elettrici e magnetici dalle bassissime frequenza alle frequenze intermedie Daniele Andreuccetti Consiglio Nazionale delle Ricerche Istituto di Ricerca sulle Onde Elettromagnetiche “Nello Carrara” Via Panciatichi, 64 - 50127 F I R E N Z E 1 – Introduzione La distinzione tra alte frequenze e basse frequenze è ormai entrata nel linguaggio comunemente utilizzato dai media e dalla popolazione a proposito dell’esposizione ai campi elettromagnetici. Nella prima categoria si fanno in genere rientrare tutte le più comuni sorgenti di telecomunicazioni (radio FM, televisione, telefonia) e talvolta anche sorgenti quali radar e simili, meno diffuse ma altrettanto conosciute; nella seconda categoria vengono invece comprese praticamente solo le sorgenti a frequenza industriale (50 Hz), quali elettrodotti, impianti ed apparecchi elettrici. Con questa relazione si cercherà di colmare una evidente lacuna, prendendo in considerazione alcune delle principali sorgenti di campi elettrici e magnetici che si possono incontrare nei più comuni ambienti di vita, la cui frequenza di funzionamento sia compresa nell' intervallo che si estende dalle bassissime frequenze alle cosiddette frequenze intermedie. Cercheremo, nel contempo, di definire con precisione quest’ultima banda, di chiarirne i rapporti con la banda delle bassissime frequenze, di evidenziare i motivi che inducono ad uno studio comune, di mettere in luce i principali meccanismi di accoppiamento tra i campi in queste bande di frequenza e gli organismi biologici ed infine di presentare i fondamenti delle normative internazionali che regolamentano l’esposizione della popolazione. 2 – Dalle bassissime frequenze alle frequenze intermedie Il concetto di campi elettromagnetici a frequenza intermedia (IFR, da Intermediate Frequency Range) è stato introdotto nel 1998 in ambito Cost244bis (un progetto di ricerca della Comunità Europea) per indicare l' intervallo di frequenze contiguo a quello delle ELF Extremely ( Low Frequency, che qui considereremo giungere fino a 3 kHz) ed esteso a coprire le bande VLF (Very Low Frequency, 3 kHz - 30 kHz), LF (Low Frequency, 30 kHz - 300 kHz) e MF (Medium Frequency, 300 kHz - 3 MHz). Nella banda ELF, accanto alle ampiamente note e dibattute sorgenti a 50 Hz (elettrodotti aerei o interrati, stazioni e cabine elettriche, apparecchi elettrodomestici di uso comune), troviamo anche sorgenti meno note, ma non per questo meno significative, come alcune tipologie di varchi magnetici, che non di rado producono esposizioni confrontabili con i limiti di sicurezza internazionali. Nella banda delle frequenze intermedie operano da lungo tempo sorgenti assai potenti, come i trasmettitori radiofonici a modulazione di ampiezza in onda media ed onda lunga, e sorgenti di recente introduzione, come altre tipologie di varchi magnetici ed i dispositivi di cottura domestica o industriale a induzione magnetica. 3 – Approssimazione quasistatica Per chi si occupa degli aspetti fisici dell’interazione tra campi elettromagnetici ed organismi biologici, l’elemento unificatore tra frequenze ELF e IFR è sicuramente rappresentato dalla possibilità di descrivere le modalità di accoppiamento per mezzo di un modello basato sulla cosiddetta approssimazione quasistatica. Essa sfrutta le semplificazioni delle equazioni di Maxwell rese possibili tanto dalle piccole dimensioni degli organismi esposti rispetto alla lunghezza d' onda (il cui valore minimo, all’estremo superiore della banda IFR, è di 100 m), quanto dalle caratteristiche dei tessuti biologici, molti dei quali si comportano con sufficiente approssimazione come buoni conduttori. Per la verità, una analisi più attenta porterebbe a dimostrare che l’approssimazione quasistatica dovrebbe a rigore essere applicata solamente fino a qualche centinaio di kHz; per altro, essa si trova applicata in letteratura anche fino alle decine di MHz, perché permette di affrontare in modo agevole problemi di esposizione altrimenti assai complessi, giungendo a formulare previsioni ragionevolmente accurate [1]. La principale semplificazione resa possibile dall’approssimazione quasistatica consiste nel separare le equazioni che descrivono l’accoppiamento al campo elettrico da quelle relative al campo magnetico, permettendo di formulare e risolvere indipendentemente i due problemi. Le equazioni che ne risultano legano il campo elettrico ed il campo magnetico alle rispettive sorgenti materiali (le cariche e le correnti presenti sulla sorgente), oltre che alle caratteristiche geometriche ed elettriche dell’organismo esposto e degli altri oggetti eventualmente presenti sul teatro espositivo. La soluzione di questi che sono detti problemi esterni porta alla determinazione della distribuzione di campo elettrico e di campo magnetico attorno al soggetto esposto. Essa, a sua volta, è il punto di partenza per impostare e risolvere i problemi interni, miranti a determinare la distribuzione della densità di corrente indotta dai campi nei tessuti del soggetto esposto. Più in dettaglio, la densità di corrente JE indotta dal campo elettrico può essere determinata a !" # $ % ! &'$( $ $) $&*+&*$ $ dall’equazione (1), mentre la corrente JB dovuta al campo magnetico B è direttamente valutabile a partire dall’equazione (2), che esprime , -. /, 01 , 2*, 01 ,43 543 , 66,7/.8. 0"/ 9:. ;0,7/.<=5 > 5 /5 ?A@ B è la conducibilità elettrica). C ∂ρ ∇⋅ JE + =0 ∂t Equazione (1) – Densità di corrente indotta dalla carica superficiale depositata dal campo elettrico sulla superficie esterna dell’orga nismo esposto. C J ∇ × B σ C ∂B + =0 ∂ t Equazione (2) – Densità di corrente indotta dal campo magnetico. 4 – Densità di corrente indotta Alle frequenze di interesse di questa relazione, gli effetti biologici (con conseguenze significative a livello sistemico) che sono stati documentati sull’uomo o su altri organismi superiori sono riconducibili alla densità di corrente indotta dai campi nei tessuti degli organismi esposti. D’altra parte, l’applicazione del modello di accoppiamento basato sull’ approssimazione quasistatica porta a prevedere che sia il campo elettrico sia il campo magnetico inducono correnti elettriche nell’organismo esposto, le cui densità risultano direttamente proporzionali tanto all' ampiezza del campo quanto alla sua frequenza. Per questi motivi, le più autorevoli commissioni normative internazionali concordano nel ritenere la densità di corrente il principale parametro mediante il quale correlare gli effetti alle esposizioni e quindi la grandezza più significativa ai fini della formulazione dei limiti primari di esposizione. Le linee guida ICNIRP del 1998, per esempio, raccomandano per la popolazione un limite costante di 2 mA/m2 per frequenze da 4 a 1000 Hz ed un valore proporzionalmente maggiore a frequenze maggiori, fino ad un massimo di 20 A/m2 a 10 MHz [2]. La Figura 1 riassume la situazione, riportando le soglie dei principali effetti accertati ed i limiti raccomandati dalle linee guida ICNIRP-1998 che, come è noto, sono stati recepiti anche in una raccomandazione della Comunità Europea del luglio 1999. 1. 2. 3. 4. 5. 6. Rumore elettrico che un tessuto sperimenta a causa dell' attività elettrofisiologica degli organi vicini. Limite primario per la popolazione secondo ICNIRP-1998. Generazione di fosfeni per interferenze sul nervo ottico. Eccitazione delle terminazioni nervose sensoriali. Eccitazione delle terminazioni nervose motorie; rischio di extrasistole e di fibrillazione ventricolare. Effetto termico: valore considerato sicuro per le esposizioni della popolazione secondo ICNIRP-1998 (0.08 W/kg). Figura 1 - Soglie di corrente dei principali effetti acuti e limiti primari ICNIRP-1998. Attraverso la corrente indotta risulta anche possibile confrontare l' esposizione attribuibile al campo elettrico con quella dovuta al campo magnetico, evidenziando come, nella maggior parte dei casi, sia la componente magnetica del campo a meritare maggiore l' attenzione. Per gli elettrodotti infatti, come per le altre sorgenti ELF o IFR operanti nell' ambiente esterno, l' efficace azione schermante operata dal tetto, dalle pareti o dalla vegetazione riduce quasi sempre l' intensità del campo elettrico negli ambienti chiusi a valori di scarso rilievo protezionistico, mentre nessun fenomeno analogo ha luogo per il campo magnetico. Per le sorgenti indoor, invece, è la bassa tensione di lavoro (imposta da motivi di prevenzione delle folgorazioni) a determinare usualmente campi elettrici trascurabili. 5 – Dosimetria del campo magnetico in condizioni quasistatiche Sebbene, come si è detto, la densità di corrente indotta sia il parametro fisico più significativo alle frequenze che stiamo considerando, tuttavia l’impossibilità di misurarla direttamente ne limita l’uso come indicatore di esposizione da parte di chi si occupa di sorveglianza. A questo scopo, risultano invece preferibili grandezze accessibili alla misura diretta, come il campo elettrico ed il campo magnetico esterni imperturbati. Spetta ai modelli dosimetrici il compito di determinare quale campo elettrico e quale campo magnetico esterni siano in grado di indurre, alle varie frequenze, i livelli di corrente assunti come limiti primari. Normative come la già citata ICNIRP-1998 giungono per questa via alla formulazione dei cosiddetti limiti di riferimento (o limiti secondari) in termini di intensità di campo, ipotizzando in genere condizioni di esposizione standardizzate e cautelative. Se il rispetto dei limiti di riferimento dovrebbe garantire quello dei limiti primari, non è sicuramente vero il viceversa, per cui può darsi il caso di una violazione dei limiti in termini di intensità di campo, senza che siano superati quelli in termini di densità di corrente e senza, quindi, che si incorra di fatto in una situazione di rischio. Per affrontare situazioni del genere, sono utili semplici modelli dosimetrici, come quello recentemente sviluppato presso il nostro Istituto [3], che diano la possibilità di una ragionevole verifica dei limiti primari nei casi in cui i livelli di riferimento siano (di poco) superati e ci si trovi in condizioni di esposizione assai distanti da quelle a cui fanno riferimento i modelli dosimetrici adottati dalle normative. Il nostro modello, di tipo bidimensionale, fa uso di immagini fotografiche digitalizzate di sezioni anatomiche dell’organismo umano estratte dalla banca dati del Visible Human Project (VHP) [4]. Attraverso il riconoscimento dei tessuti basato sulla analisi a vista di tali immagini e l’applicazione del modello parametrico di Camelia Gabriel [5][6][7], mediante il quale si risale dal tipo di tessuto alle relative caratteristiche elettriche, si giunge a realizzare mappe bidimensionali di conducibilità ad alta risoluzione e di grande accuratezza. Su di esse si applica un algoritmo (noto come approccio Current Vector Potential, CVP [8]), che permette di valutare la densità di corrente indotta all’interno dei tessuti, in funzione della distribuzione del campo magnetico esterno. Quest’ultima viene determinata con metodi standard ( problema esterno), a partire dalle sorgenti che la generano (cioè, per esempio, dalle correnti che scorrono nei conduttori degli elettrodotti o nelle bobine dei varchi magnetici), tenendo conto che, alle frequenze che stiamo considerando, il campo magnetico non viene significativamente perturbato dalla presenza dell’organismo esposto. Si potrebbe far vedere che, detta JB la densità di corrente cercata e B il campo magnetico esterno, la soluzione può essere ottenuta mediante il sistema di equazioni (3), nel quale si fa uso, come variabile di appoggio, del potenziale vettore della corrente da cui il metodo utilizzato prende il nome. JB = ∇×Ψ ∂B 1 ∇× ∇× Ψ + =0 σ ∂t Sistema di equazioni (3) – Formulazione del metodo Current Vector Potential Si potrebbe anche far vedere come la seconda equazione del sistema (3) si riduca, nel caso bidimensionale, all’equazione scalare (4), la cui soluzione conduce alla determinazione del potenziale è poi possibile risalire alla densità di corrente JB con l’applicazione della prima equazione del sistema (3). ∂ 1 ∂Ψ ∂ 1 ∂Ψ ( )+ ( )= 2 π f j B ∂x σ ∂x ∂y σ ∂y Equazione (4) – Formulazione del metodo Current Vector Potential per problemi bidimensionali 6 – Sorgenti di campi elettrici e magnetici dalle ELF alle IFR Analizzeremo adesso alcune significative classi di sorgenti di campi elettrici e magnetici che emettono nelle bande ELF e IFR. In un caso presenteremo anche una applicazione pratica del metodo dosimetrico delineato nel precedente paragrafo. 6.1 – Elettrodotti aerei Gli elettrodotti sono, come è noto, le infrastrutture per il trasporto e la distribuzione dell’energia elettrica. Esiste una grande varietà di tipologie di elettrodotti, differenti per funzione (trasporto o distribuzione), tecnica costruttiva (aerei o interrati, a semplice o doppia terna etc.) e tensione di lavoro (bassa, media, alta o altissima tensione). Ci limiteremo qui a descrivere alcune proprietà generali dei campi dispersi dagli elettrodotti e ad illustrarle con esempi. Si ricorda, preliminarmente, che il limite massimo attualmente previsto dalla legislazione italiana [9] per le esposizioni prolungate della popolazione ("una parte significativa della giornata") è di 5000 V/m per il campo elettrico e di 100 µT per il campo magnetico. Viene da tempo data come imminente l’emanazione di un nuovo d ecreto governativo che abbasserebbe significativamente tali valori introducendo, per il campo magnetico, un obiettivo di qualità di 0.2 µT [10]. Le Figure 2 e 3 mostrano il profilo laterale rispettivamente del campo elettrico e del campo magnetico a 50 Hz prodotti al suolo da un elettrodotto aereo del tipo 380 kV semplice terna da 1000 MW (1500 A), a partire dall' asse della linea fino a 200 m di distanza. Entrambe le figure riportano due curve, di cui la superiore relativa ad una altezza dal suolo del conduttore più basso di 7.78 m (valore minimo sul terreno e su specchi d' acqua non navigabili ammesso dalla normativa tecnica italiana [11]) e la superiore relativa ad una altezza di 40 m (assunta come valore massimo). Nel primo caso (altezza 7.78 m) il campo elettrico raggiunge una intensità massima di circa 9200 V/m ed il campo magnetico di circa 36 µT. Nel secondo caso (altezza 40 m) il valore massimo è di circa 500 V/m per il campo elettrico e di circa 2.3 µT per il campo magnetico; l’obiettivo di qualità di 0.2 µT viene raggiunto, rispettivamente, a circa 139 m ed a circa 133 m dall' asse della linea. Figura 2 - Profilo laterale del campo elettrico di un elettrodotto 380 kV semplice terna da 1000 MW per due diversi valori dell’altezza minima dei condutt ori dal suolo. Figura 3 - Profilo laterale del campo magnetico di un elettrodotto 380 kV semplice terna da 1000 MW per due diversi valori dell’altezza minima dei conduttori dal suolo. È interessante osservare come l’allontanamento dei conduttori dal suol o tenda a ridurre sensibilmente il valore massimo del campo sperimentato sotto la linea, ma abbia ben poca efficacia (e anzi, nel caso del campo elettrico, sia addirittura controproducente) sul valore ad una certa distanza da essa e, quindi, sulla distanza a cui viene raggiunto l’obiettivo di qualità di 0.2 µT. Può essere utile aggiungere, infine, che il valore del campo elettrico si riduce al limite ammesso dal decreto del ’92 (5000 V/m) se si portano i conduttori ad una altezza di circa 11 metri dal suol o, ossia al valore minimo previsto dal decreto del ‘91 per l’attraversamento di aree adibite ad attività ricreative, impianti sportivi, luoghi d' incontro e simili. 6.2 – Elettrodotti aerei: analisi dosimetrica Per mostrare un esempio di analisi dosimetrica, consideriamo un individuo esposto al campo magnetico disperso da un elettrodotto del tipo suddetto, nella situazione a cui si riferisce la curva superiore di figura 3 (conduttore più basso posto a 7.78 metri da terra); immaginiamo che l’individuo sia situato esattamente nel punto dove il campo magnetico è massimo e sia orientato col busto parallelo alla direzione dei conduttori. La Figura 4 illustra la sezione prescelta per il calcolo. Si tratta della sezione coronale n.350 del Visibile Human Project con risoluzione 500 pixel/metro, a cui è stata sovrimposta una griglia di cellette quadrate di 8x8 pixel, ciascuna avente quindi un lato di 16 mm. Per ognuna delle cellette è stato riconosciuto (ed identificato con un diverso colore) il tipo di tessuto, in modo da realizzare una mappa tissutale con risoluzione finale pari a 62.5 celle/metro. Figura 4 – Mappa tissutale con risoluzione di 62.5 Figura 5 – Mappa della conducibilità elettrica con celle/metro, ricavata dalla sezione coronale n.350 del risoluzione di 62.5 celle/metro, ricavata dalla mappa VHP con risoluzione originale di 500 pixel/metro. tissutale con l’applicazione del modello di C.Gabriel. Figura 6 – Distribuzione dell’ampiezza della Figura 7 – Distribuzione della densità di corrente componente dell’induzione magnetica ortogonale alla indotta.determinata con l’applicazione del metodo sezione considerata. Current Vector Potential. Per mezzo del citato modello parametrico di C.Gabriel, è possibile costruire la mappa di conducibilità riportata in Figura 5; i valori di conducibilità risultano compresi tra 0 e 0.7 S/m. In Figura 6 è invece riportata la distribuzione dell’ampiezza della componente induzione del vettore magnetica perpendicolare alla sezione considerata, il cui valore varia t L’applicazione del metodo Current Vector Potential alla mappa di conducibilità di figura 5 in presenza di una distribuzione di campo come in figura 6, conduce alla determinazione della distribuzione di densità di corrente riportata in Figura 7; si noti che il valore massimo (pari a 0.15 mA/m2) viene raggiunto nella regione dell’aorta, dove si coniugano un’alta conducibilità elettrica con una elevata intensità di campo magnetico. Tale valore di corrente dovrebbe essere confrontato col limite primario di 2 mA/m2 specificato dalle linee guida ICNIRP-1998. 6.3 – Elettrodotti interrati Per quanto riguarda gli elettrodotti interrati, la Figura 8 mostra il campo magnetico generato al livello del suolo da un elettrodotto 380 kV doppia terna piana da 1000 MW, interrato ad una profondità di 1.85 metri. Come si vede, il valore massimo (pari a circa 14.5 µT) è confrontabile con quello dell' elettrodotto in aria, tenendo conto del diverso livello di corrente trasportata (circa la metà). Esso però si riduce più rapidamente con la distanza: gli 0.2 µT si raggiungono a soli 24 metri circa dall' asse della linea. Questo andamento è dovuto, da una parte, alla Figura 8 - Profilo laterale del campo magnetico di un minor distanza del punto di valutazione dai elettrodotto 380 kV doppia terna piana da 1000 MW, conduttori della linea, dall’altra, alla maggior prossimità relativa dei conduttori stessi tra di interrato ad una profondità di 1.85 metri. loro. 6.4 – Ambiente domestico: fondo e piccoli elettrodomestici Presso l' IROE sono state eseguite diverse campagne di misura del campo magnetico difondo a 50 Hz in ambienti abitativi. Sono state eseguite anche delle serie di misure del campo generato da numerosi piccoli elettrodomestici di uso comune. Figura 9 - Rilevamento del campo magnetico di Figura 10 - Andamento del campo magnetico a fondo in due differenti tipologie abitative. varie distanze da un asciugacapelli (triangolini) e da uno spremiagrumi (quadratini). Dall' analisi dei dati rilevati sono emersealcune considerazioni abbastanza generali, che vale la pena di riassumere brevemente. • Il campo magnetico del fondo a 50 Hz negli ambienti domestici presenta una notevole variabilità temporale a breve e medio termine, nella quale è possibile talvolta riconoscere una ciclicità giorno/notte. • Esso risulta più elevato negli appartamenti condominiali e minore nelle abitazioni singole; ciò potrebbe essere dovuto all' influenza del cablaggio comune e al contributo degli appartamenti limitrofi. • I valori tipici del fondo ambientale sono in genere non solo ben al di sotto del limite di sicurezza di 100 µT, ma anche inferiori (seppur di poco) all’obiettivo di qualità di 0.2 µT. • Nelle immediate vicinanze (meno di 10 cm) di un (piccolo) elettrodomestico può essere facilmente superato il limite dei 100 µT. L' intensità del campo generato decade però assai rapidamente con la distanza; gli 0.2 µT vengono raggiunti a distanze dell' ordine di 30 -80 cm, a seconda del tipo di apparecchio. Queste considerazioni sono ben documentate dalle Figure 9 e 10. La figura 9 riporta e confronta le misure di campo magnetico eseguite su un arco di 20 ore, una misura ogni 5 minuti, in un punto di un tipico appartamento in condominio urbano (linea superiore) e di una abitazione singola in quartiere periferico semirurale (linea inferiore). In figura 10 sono riportati, a titolo di esempio, i dati rilevati a varie distanze da un asciugacapelli (linea con simboli triangolari) e da uno spremiagrumi (linea con simboli quadrati). 6.5 – Varchi magnetici L' impiego divarchi magnetici come barriere anti-taccheggio per la prevenzione dei furti si va sempre più diffondendo nei supermercati, nei grandi magazzini ed in alcune catene di negozi specializzati. Dispositivi analoghi vengono impiegati per rilevare il transito di individui o merci in ingresso o in uscita da ambienti controllati (per esempio per la rilevazione automatica delle presenze sul lavoro). Sebbene nelle varie applicazioni siano impiegate molte tecniche diverse, per lo più il funzionamento di questi sistemi richiede che nella regione di spazio da controllare sia generato un campo magnetico (più raramente elettrico) a frequenza compresa tra poche decine di hertz ed alcuni megahertz. Per mezzo di esso, il sistema è in grado di rilevare la presenza, nella zona controllata, di un apposito dispositivo applicato agli articoli in vendita o sugli individui o merci in transito. Frequenza [kHz] 0.073 134.2 8200 Campo magnetico [µT] Limite Valore ICNIRP rilevato 68.5 160 6.25 11 0.11 0.32 Campo elettrico [V/m] Limite Valore ICNIRP rilevato N/A N/A N/A N/A 30.4 3 Tabella 1 - Campo elettrico e campo magnetico in prossimità di tre tipologie di varco magnetico, operanti a tre diverse frequenze. I valori riportati sono risultati di misure nel caso dei varchi funzionanti a 73 Hz e ad 8.2 MHz, sono valutazioni ottenute con metodi numerici nel caso del varco a 134.2 kHz. Tali valori vengono confrontati con i limiti raccomandati dalle linee guida ICNIRP. In Tabella 1 si riportano i valori di campo magnetico rilevati in prossimità di tre diversi varchi antitaccheggio, operanti rispettivamente alle frequenze di 73 Hz, 134.2 kHz e 8.2 MHz [12][13]; nel caso del varco operante a 8.2 MHz, è riportato anche il rilievo relativo al campo elettrico. Il punto di valutazione è situato approssimativamente al centro del passaggio percorso dal cliente dopo il pagamento alla cassa. Non essendovi attualmente alcuna normativa nazionale applicabile a questa situazione, in tabella i valori rilevati vengono confrontati con i limiti di esposizione raccomandati dalle linee guida ICNIRP-1998. Val la pena di ricordare che, a frequenze oltre 100 kHz, i valori indicati devono essere mediati su un periodo di 6 minuti, portando così ad una notevole riduzione dell' esposizione, la cui durata tipica non supera qualche secondo. 6.6 – Piastre di cottura ad induzione Nei Paesi europei si sta assistendo ad una certa diffusione di apparati domestici ed industriali per la cottura ad induzione magnetica: si parla di un mercato stimato nel 1998 attorno a circa 300.000 unità l’anno. Mentre in Italia la presenza di questi dispositivi è, per ora, abbastanza limitata, essi stanno avendo un buon successo per esempio in Francia, probabilmente in conseguenza di una politica energetica che li rende economicamente attraenti. In questi apparecchi, un intenso campo magnetico oscillante a frequenza compresa tra 25 e 50 kHz viene utilizzato per indurre correnti (e quindi calore per effetto Joule) direttamente nelle pareti e soprattutto nel fondo metallico dei tegami di cottura. Le potenze utilizzate sono dell’ordine del chilowatt per le unità domestiche e della decine di chilowatt in ambito industriale. È da attendersi che tali dispositivi producano una rilevante esposizione, soprattutto nella zona delle mani, ma non si dispone per ora di dati quantitativi in proposito. 6.7 – Stazioni radio a modulazione di ampiezza in onde medie I trasmettitori radio a onde medie in AM (modulazione di ampiezza) costituiscono l’unica classe importante di sorgenti IFR che rientri nella tipologia dei “sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi”, a cui si applicano le disposizioni del Decreto del Ministero dell' Ambiente 10 settembre 1998, n.381 [14]. Per le frequenze fino a 3 MHz, il decreto indica in 60 V/m il limite da non superare in nessun caso ed in 6 V/m il valore di cautela per le esposizioni prolungate, “non inferiori a quattro ore”. Le stazioni AM, che come è noto rappresentano una delle più antiche tipologie di emissione radiofonica di grande diffusione, utilizzano apparati trasmettitori con potenze che possono arrivare alle diverse centinaia di chilowatt. Valori così elevati, rispetto ad altre classi di apparati per telecomunicazione, sono giustificati dal fatto che queste stazioni servono, in genere, bacini di utenza notevolmente ampi. La banda di frequenza riservata a questo servizio dagli enti normativi si estende da 500 a 1600 kHz: a queste frequenze le lunghezze d’onda (comprese tra 200 e 600 m circa) sono tali che le antenne utilizzate, per quanto di grandi dimensioni, hanno guadagni molto bassi, dell’ordine di qualche unità. Per questo motivo, il prodotto della potenza per il guadagno d’antenna (ovvero il parametro denominato EIRP, da “Equivalent Isotropic Radiated Power”, nella letteratura tecnica) per queste stazioni risulta tipicamente compreso tra 1 e 500 kW. Può essere interessante osservare come, con una EIRP di 500 kW, la regione entro cui si possono superare i 6 V/m indicati dal decreto 381 si estende, nella direzione di massimo irraggiamento, fino ad oltre 600 metri di distanza dal centro elettrico dell’antenna trasmittente. 7 – Conclusioni Sono state discusse le caratteristiche generali delle sorgenti di campi elettrici e magnetici nelle bande ELF e IFR e dei meccanismi di accoppiamento dei campi da esse generati con i sistemi biologici. Si è visto come in tali bande esistano molteplici sorgenti di interesse protezionistico, alcune delle quali anche poco note. È stato sinteticamente presentato un metodo numerico, basato sull’approssimazione quasistatica e sull’uso delle sezioni del Visible Human Project, che permette di studiare le esposizioni a queste sorgenti, determinando la distribuzione di campo dello spazio e quella della densità di corrente indotta nei tessuti. Quest’ultima grandezza può essere confrontata con i limiti primari di esposizione che le normative hanno individuato sulla base di studi sugli effetti accertati dei campi. Si è infine compiuta una rapida rassegna delle principali sorgenti di campi elettrici e magnetici che emettono nelle bande ELF e IFR ed interessano ambienti tipicamente frequentati dalla popolazione. Si sono presentate alcune delle più significative caratteristiche della distribuzione di campo da esse generato. 8 – Ringraziamenti L’autore desidera ringraziare il dr. Roberto Fossi, dipendente della sezione ARPAT di Firenze e collaboratore dell’IROE, per aver curato la fase di riconoscimento dei tessuti relativamente alla sezione VHP illustrata in figura 4. 9 – Riferimenti D.Andreuccetti: “Induced body current measurement and assessment: state-of-the-art”; Proceedings of the III Workshop COST 244 bis (Biomedical Effects of Electromagnetic Fields) on Intermediate frequency range - E.M.F.: 3 kHz-3 MHz, Paris (France), April 1998. 2. International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection: “Guidelines for limiting exposure to time-varying electric, magnetic and electromagnetic fields up to 300 GHz”; Health Physics, April 1998, Volume 74, Number 4, pp.494-522. 3. D.Andreuccetti, R.Fossi e C.Petrucci: “Esposizione della popolazione ai varchi magnetici: analisi di un caso-tipo”; Report IROE N.TR/ICEMM/2.98, Firenze, Giugno 1998. 4. 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Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 1992: ”Limiti massimi di esposizione alla frequenza industriale nominale (50 Hz) negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno”; Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie generale, n. 104, 6-5-1992. 10. “Bozza dello schema del decreto relativo ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione e agli obiettivi di qualità per la tutela della salute della popolazione nei confronti dei campi elettromagnetici generati a frequenze o da impianti fissi non contemplate dal D.M.381/98”; Gazzetta Ambiente - Rivista sull' Ambiente e il Territorio (edita dall' Istituto 1. 11. 12. 13. 14. Poligrafico e Zecca dello Stato, con il patrocinio del Ministero dell' Ambiente e dei Lavori Pubblici), Anno 1999, Numero 4 (luglio- agosto) monografico su "Dossier elettrosmog". Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 16 gennaio 1991: “Aggiornamento delle norme tecniche per la disciplina della costruzione e dell'esercizio di linee elettriche aeree esterne”; Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie generale, n. 40, 16-2-1991. D.Andreuccetti, R.Fossi e C.Petrucci: “Induced body current assessment: a case-study. Currents induced in people walking through hands-free identification/access control systems (preliminary report)”; Proceedings of the III Workshop COST 244 bis (Biomedical Effects of Electromagnetic Fields) on Intermediate frequency range - E.M.F.: 3 kHz-3 MHz, Paris (France), April 1998. D.Andreuccetti, L.Bogi, R.Fossi, F.Francia, G.Giusti e G.Licitra: “Alcuni casi di esposizione ai campi elettromagnetici generati da barriere antitaccheggio”; Atti del Convegno Nazionale AIRP su "Aspetti scientifici e normativi delle radiazioni non ionizzanti", Napoli, Settembre 1999. recante norme Decreto del Ministero dell' Ambiente 10 settembre 1998, n. 381: Regolamento ” per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana”; Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie generale, n. 257, 3-11-1998.