Definizione delle principali sorgenti non intenzionali di

CNR-ISSIA u.o.s. di Palermo
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Rapporto tecnico n. 414 anno 2013
Definizione delle principali sorgenti non intenzionali di emissioni
elettromagnetiche in ambito marittimo
Autori:
M.C. Di Piazza, G. Giglia, M. Luna, A. Sauro, G. Scordato, G. Vitale
“Esemplare fuori commercio per il deposito legale agli effetti della Legge 15 aprile 2004, n. 106”
Gli autori sono i soli responsabili del contenuto di questo rapporto tecnico
Data di creazione: 01 Aprile 2013
Prima distribuzione al pubblico e deposito legale: 13 Giugno 2013
C.F. 80054330586
P.I. 02118311006
Sede legale: Via G. Amendola 122/D-I – 70126 Bari (Italy) Tel. +39 080 5929429 Fax +39 080 5929460
Indice
INTRODUZIONE
5
ORGANIZZAZIONE DEL DOCUMENTO
6
1
GENERALITÀ SUI SISTEMI ELETTRICI NAVALI
7
2
RETI DI DISTRIBUZIONE DEI SISTEMI ELETTRICI DI BORDO
9
3
SISTEMI DI DISTRIBUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA A BORDO
10
4
CONSUMO ELETTRICO A BORDO
13
5
DESCRIZIONE DELLE TOPOLOGIE DI CONVERTITORI A BORDO SORGENTI DI EMISSIONE
CONDOTTA IN ALTA FREQUENZA IN UN AZIONAMENTO ELETTRICO
15
6
EMC: CONCETTI GENERALI E DEFINIZIONI
27
7
QUADRO NORMATIVO
30
8
DISTURBI ELETTROMAGNETICI GENERATI DAI CONVERTITORI ELETTRONICI DI POTENZA
32
9
ANALISI DELLE SORGENTI
CONVERTITORI SWITCHING
10
CONCLUSIONI, PROBLEMATICHE APERTE E SVILUPPI FUTURI
DI
EMISSIONE
BIBLIOGRAFIA
CONDOTTA
IN
ALTA
FREQUENZA
38
NEI
44
45
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Rapporto Tecnico RT – ISSIA – PA – N. 414 – 2013
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Executive summary
La necessità di installare a bordo delle imbarcazioni carichi alimentati a diversi livelli di tensione e
funzionanti a differenti frequenze pone la necessità di utilizzare convertitori elettronici di potenza.
Inoltre la tendenza attuale ad implementare nelle imbarcazioni il concetto MEV (More Electric
Vehicles), ossia l’incremento di carichi elettrici a bordo e la sostituzione di sistemi
idraulici/meccanici con sistemi elettrici, determina un uso sempre più massiccio di sistemi di
conversione statica a bordo.
Si pongono pertanto nuove problematiche di compatibilità elettromagnetica (EMC, ElectroMagnetic
Compatibility), legate all’incremento dell’elettronica di potenza a bordo, che devono essere
affrontate sin dalle prime fasi di progetto dell’impianto elettrico per garantire i requisiti di sicurezza
e affidabilità.
In questo rapporto tecnico vengono fornite informazioni generali sui sistemi elettrici navali e, con
riferimento ai convertitori elettronici di potenza utilizzati a bordo, vengono delineate le principali
problematiche relative alle emissioni elettromagnetiche condotte. Relativamente al problema delle
emissioni elettromagnetiche, viene fornita una panoramica della normativa tecnica di riferimento.
Si presenta un modello teorico che descrive l’emissione elettromagnetica generata dagli impulsi
trapezoidali, tipici del funzionamento dei convertitori a commutazione. Infine si riportano i risultati
sperimentali relativi alla misura di disturbi elettromagnetici condotti in un azionamento con motore
asincrono alimentato da un inverter PWM.
Si osserva che la trattazione delle problematiche relative alle emissioni elettromagnetiche in
ambito marittimo ha ancora ampi margini di approfondimento. In particolare, in relazione alle
diverse tipologie di imbarcazioni, è possibile affrontare il problema interazioni elettromagnetiche fra
circuiti di segnale e circuiti di potenza in fase progettuale considerando principalmente i seguenti
aspetti:
- architettura del sistema elettrico di potenza;
- topologie e controllo dei convertitori elettronici di potenza;
- metodologie per la mitigazione delle emissioni elettromagnetiche condotte.
Lo studio delle interazioni elettromagnetiche in ambiente marittimo dovrà tendere ad ottimizzare il
progetto delle nuove architetture elettriche e ad individuare le più adeguate tecniche di
attenuazione dei disturbi (nuove tecniche di modulazione dei convertitori e topologie di filtri passivi,
attivi o ibridi).
Si riscontra inoltre la necessità di sviluppare ed implementare, a monte, modelli in alta frequenza
dei convertitori, delle linee, degli azionamenti elettrici e degli altri dispositivi di impiego marittimo
per la previsione dei meccanismi di generazione e propagazione dei disturbi elettromagnetici
condotti.
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Executive summary
The need to install on vessels loads powered at different voltage levels and operating at different
frequencies leads to an increase of the use of power electronic converters. Moreover, the current
trend to implement the MEV (More Electric Vehicles) concept in boats, namely the increase of
electrical loads on board along with the replacement of hydraulic/mechanical systems with
electrical systems, determines a more massive use of static conversion systems on board.
As a consequence new electromagnetic compatibility (EMC ElectroMagnetic Compatibility)
problems related to the increase of power electronics on board are expecte, which must be faced
at an early stage of the electrical system project so to ensure the safety and reliability
requirements.
This technical report provides general information about naval electrical systems and, with
reference to the electronic power converters used on board, outlines the main problems
concerning the conducted electromagnetic emissions. With regard to such a problem, it provides
an overview of the technical standards. It presents a theoretical model that describes the
electromagnetic emission generated by trapezoidal pulses, typical in the operation of switching
converters. Finally the experimental results concerning the measurement of conducted
electromagnetic interferences in an electrical drive with asynchronous motor drived by PWM
inverter are shown.
It is noted that the discussion on electromagnetic emissions in the maritime sector still has wide
margins for deepening. In particular, with reference to the different types of boats, it is possible to
deal with the problem of the electromagnetic interactions between signal and power circuits in the
design phase considering mainly the following aspects:
- architecture of the electric power system;
- topologies and control of electronic power converters;
- methodologies for conducted electromagnetic emissions mitigation.
The study of electromagnetic interactions in maritime environment will have to aim to optimize the
design of new electrical architectures and to identify the most suitable techniques for noise
reduction (new modulation techniques of converters and topologies of passive, active or hybrid
filters).
There is also the need for developing and implementing, upstream, high frequency models of
converters, lines, electrical drives and other devices for maritime application for the prediction of
generation and propagation mechanisms of conducted electromagnetic disturbances.
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Introduzione
La ricerca scientifica in ambito marittimo è attualmente sempre più orientata alla realizzazione di
More Electric Vehicles (MEV), ossia all’incremento dell’utilizzo, a bordo, di sistemi elettrici di
potenza in luogo di sistemi meccanici o idraulici. La messa a punto di imbarcazioni secondo il
concetto MEV semplifica l’uso a bordo di carichi ad elevata potenza e prevede l’introduzione di
circuiti elettronici di potenza allo scopo di ottimizzare l’economia di carburante, le emissioni
ambientali, le prestazioni e l’affidabilità.
L’introduzione dei convertitori elettronici di potenza nell’impianto elettrico dell’imbarcazione,
insieme a nuovi dispositivi elettrici, pone problematiche di Power Quality e compatibilità
elettromagnetica (EMC, ElectroMagnetic Compatibility) che devono essere affrontate sin dalle
prime fasi di progetto dell’impianto elettrico di bordo per garantire i requisiti di sicurezza e
affidabilità.
E’ pertanto particolarmente utile approfondire il problema delle interazioni elettromagnetiche a
bordo di un’imbarcazione, in particolare quelle tra circuiti di potenza e di segnale, al fine di
ottimizzare il progetto delle nuove architetture elettriche e di definire le più adeguate tecniche di
attenuazione dei disturbi. In particolare, risulta di interesse individuare le principali problematiche
riguardanti i mezzi di trasporto marittimo, la propulsione e gli azionamenti di bordo con particolare
riferimento alle potenze elettriche e meccaniche da gestire, alla affidabilità ed alla sicurezza dei
passeggeri. A tal fine occorre definirne il comportamento in termini di livelli e frequenze
significative dell’emissione e di percorsi di propagazione delle correnti di disturbo nelle specifiche
applicazioni marittime.
Questo rapporto tecnico si propone di descrivere lo stato dell’arte dei sistemi elettrici di uso
marittimo facendo particolare riferimento all’utilizzo di convertitori elettronici di potenza a bordo, di
fornire un quadro generale delle problematiche di EMC, della normativa tecnica riguardante le
emissioni elettromagnetiche e di definire le caratteristiche principali delle emissioni
elettromagnetiche condotte generate dai convertitori elettronici di potenza. Vengono infine forniti
cenni sulle problematiche aperte nell’ambito delle emissioni elettromagnetiche condotte in
applicazioni marittime e sulle prospettive di sviluppi futuri nel contesto in studio.
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5
Organizzazione del documento
Il presente documento è articolato in dieci paragrafi.
Nel primo paragrafo sono fornite le generalità sui sistemi elettrici navali per comprendere quali
siano gli aspetti da considerare per la progettazione di un impianto elettrico per imbarcazioni.
Nel secondo paragrafo si descrive la configurazione della rete di distribuzione primaria e
secondaria dei sistemi elettrici di bordo.
Nel terzo paragrafo si focalizza l’attenzione sui livelli di frequenza e tensione e sulla corrente
continua e alternata utilizzati a bordo.
Il quarto paragrafo descrive la procedura per il calcolo del Bilancio Elettrico, strumento per
progettare, realizzare e gestire l’impianto elettrico della nave dal punto di vista del consumo di
potenza delle utenze a bordo.
Il quinto paragrafo presenta una descrizione delle topologie di convertitori presenti a bordo, ovvero
convertitori ac-dc, dc-dc e dc-ac, necessari per fornire i diversi livelli di frequenza e tensione per
l’alimentazione dei carichi elettrici a bordo.
L’introduzione dei convertitori elettronici di potenza nell’impianto elettrico dell’imbarcazione pone
problematiche di compatibilità elettromagnetica (EMC, ElectroMagnetic Compatibility); il sesto
paragrafo descrive pertanto i concetti generali sulla compatibilità elettromagnetica.
Il paragrafo 7 fornisce una panoramica delle norme di riferimento sui valori limite delle emissioni
irradiate e condotte e sulle caratteristiche dei radiodisturbi per la protezione dei ricevitori a bordo di
veicoli, imbarcazioni e motori a combustione interna.
Il paragrafo 8 analizza i disturbi elettromagnetici condotti generati dai convertitori di potenza,
facendo riferimento alla distinzione in disturbi di modo comune e di modo differenziale con
specifico riferimento all’impiego dei convertitori negli azionamenti elettrici.
Nel paragrafo 9 si presenta un’analisi in frequenza dei disturbi condotti generati dai dispositivi di
commutazione dei convertitori di potenza.
Infine nel paragrafo 10 si analizzano le problematiche aperte e si propongono i possibili sviluppi
futuri per affrontare le problematiche di EMI (Electromagnetic Interference) in ambito marittimo.
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6
1 Generalità sui sistemi elettrici navali
L’introduzione dell’energia elettrica a bordo delle navi ha avuto inizio alla fine dell’ottocento, ed
essendo la forma di energia più pulita e flessibile, ha avuto un rapido sviluppo sostituendo tutte le
altre forme di energia precedentemente utilizzate. Attualmente, con l’evoluzione dei servizi,
l’energia elettrica è indispensabile per il funzionamento di una nave.
Un impianto elettrico navale costituisce un apparato “isolato” in quanto non ha possibilità
d’interconnessione con altri sistemi esterni di energia, e di conseguenza deve essere
autosufficiente per le sue molteplici finalità. Per questo motivo è preferibile avere un numero
elevato dei sub-sistemi che compongono l’intero sistema nave.
Alcuni di tali sistemi sono:
-Sistema di propulsione;
-Sistema per la generazione dell’energia elettrica;
-Impianto di distribuzione dell’energia elettrica;
-Sistemi per la movimentazione delle merci;
-Sistemi d’ausilio per la navigazione;
-Sistemi per le telecomunicazioni;
-Impianto di condizionamento, illuminazione e ventilazione;
-Impianto d’emergenza.
Nel corso degli ultimi anni le applicazioni elettriche a bordo delle navi sono aumentate
notevolmente ed allo stato attuale tutte le attività vengono svolte mediante l’energia elettrica, e la
tendenza futura è quella di una totale elettrificazione della nave; nell’ottica della realizzazione di
navi full electric.
Il sistema elettrico di bordo è costituito da una vasta gamma di apparecchiature e, al variare della
missione che esse devono assolvere, si possono distinguere tre diversi tipi di apparati che
possono così schematizzarsi:
- PRODUZIONE ENERGIA suddivisa in meccanica, termica convenzionale, ibrida e di emergenza;
- DISTRIBUZIONE che riguarda le stazioni di trasformazioni, le reti primarie, le stazioni di
conversione e le cabine di distribuzione, le reti secondarie e la quadristica;
- CARICHI suddivisi in impianti di propulsione, impianti ausiliari e carichi ordinari, impianti di
sicurezza e impianti speciali.
Come anticipato, la caratteristica principale dell’impianto elettrico di una nave è quella di essere un
sistema isolato, quindi l’insufficienza o l’assenza d’energia rappresenta un problema rilevante in
quanto viene seriamente compromessa la funzionalità operativa.
A bordo delle navi il funzionamento delle apparecchiature elettriche non è per niente agevole viste
le condizioni sfavorevoli d’esercizio cui sono sottoposte come le avverse condizioni ambientali
(forti escursioni termiche, elevato tasso di umidità, alta corrosione da salsedine) e le notevoli
sollecitazioni meccaniche (forti vibrazioni, ripetuti movimenti dello scafo dovuti ai naturali
movimenti di beccheggio e rollio).
Per questi motivi le macchine che comunemente si utilizzano per gli impianti terrestri non sono
facilmente adoperabili a bordo, in quanto le norme richiedono soluzioni appropriate.
Le condizioni d’esercizio di un impianto elettrico a bordo risultano essere molto gravose se
rapportate a quelle di un analogo impianto terrestre; infatti, esso è un esempio di rete non
prevalente dove il rapporto tra potenza generata e potenza utilizzata dai carichi è molto prossima
all’unità anche al variare dei diversi profili operativi.
Ciò vuol dire che si possono verificare usualmente forti oscillazioni di tensione e frequenza dovute
ad inserzioni di grosse utenze come ad esempio i motori di propulsione. Inoltre, le linee elettriche
sono di lunghezza ridotta e di conseguenza le correnti di cortocircuito sono molto sostenute.
Altro aspetto molto importante e che rende particolare il sistema elettrico di bordo è il limitato
spazio disponibile per i componenti, ed inoltre il loro peso deve essere quanto più contenuto per
evitare di sottoporre lo scafo ad elevato stress.
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7
Per dimensionare la potenza elettrica da installare a bordo si deve considerare che il sistema
elettrico di una nave opera in condizioni differenti al variare del tipo di nave (rimorchiatore, nave da
crociera, mercantile, militare, ecc) dal numero di passeggeri e dal carico imbarcato.
In ogni caso le tipiche condizioni operative sono le seguenti:
- Condizioni operative continuative in navigazione;
- Condizioni operative continuative in sosta;
- Condizioni operative saltuarie (manovra ed emergenza).
La generazione d’energia elettrica a bordo di una nave è principalmente affidata a gruppi
elettrogeni che possono essere costituiti da un generatore accoppiato ad un motore diesel o ad
una turbina (a gas o a vapore) con i relativi accessori, i quali devono fornire energia a tutto
l’impianto in qualsiasi condizione di funzionamento.
La potenza erogata è fornita su più gruppi, come suggeriscono le norme internazionali, in modo
tale da assicurare una maggiore continuità ed affidabilità del servizio e migliorare le prestazioni di
ciascun elettrogeno, anche se la ripartizione in più gruppi è svantaggiosa dal punto di vista
dell’ingombro, peso e costo dell’istallazione.
Fino alla metà del secolo scorso, le potenze elettriche istallate a bordo erano dell’ordine dei 10 kW
e le attività di coperta venivano svolte usufruendo di attrezzature non elettriche; successivamente,
in linea col progresso tecnologico, è andata sempre più aumentando l’introduzione dell’elettronica
sulle navi il che ha semplificato notevolmente lo svolgimento di molte attività che prima erano
difficilmente realizzabili.
Questo rapido progresso ha fatto nascere molte questioni circa il miglioramento della funzionalità
operativa dell’impianto elettrico, questioni che sono del tutto analoghe a quelle in discussione nel
settore degli impianti elettrici terrestri sia industriali che civili.
Il problema fondamentale connesso con i sistemi elettrici navali, riguarda la progettazione
dell’impianto elettrico per navi di stazza superiore a quelle costruite fino a pochi decenni fa. Infatti,
per le navi moderne che hanno una stazza notevolmente maggiore delle loro anziane sorelle,
l’impianto elettrico, sia di potenza che di segnale, non è progettato ex novo ma solamente ampliato
seguendo i vecchi standard di costruzione introducendo delle unità di generazione, conversione e
quant’altro necessario in modo da poter sopperire alla domanda di potenza richiesta da una nave
di dimensioni maggiori.
Questa metodologia di costruzione, pur garantendo il corretto e perfetto funzionamento della nave,
presenta delle pecche dal punto di vista affidabilistico poiché l’introduzione anche di un solo
elemento in più, che per la logica seguita dall’ampliamento di potenza non può trovarsi
affidabilisticamente in parallelo con gli altri, tende a far diminuire complessivamente l’affidabilità
dell’impianto.
Inoltre, gli elementi introdotti, s’interfacciano difficilmente col sistema di controllo integrato che
gestiva i vecchi impianti rendendo difficile, in caso di guasto, la gestione e la distribuzione delle
risorse energetiche che sono a disposizione. Nasce, quindi, anche l’esigenza di riqualificare il
sistema di gestione e controllo delle risorse d’energia con un sistema di monitoraggio integrale.
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8
2 Reti di distribuzione dei sistemi elettrici di bordo
La distribuzione a bordo è sempre fatta in derivazione, cioè a tensione costante. In c.c. è
realizzata di norma con due conduttori isolati (poli + e -). In c.a. la distribuzione primaria è trifase,
senza neutro, con centro stella isolato, per quella secondaria si possono avere varie soluzioni [2].
La scelta del centro stella isolato ha lo scopo di garantire la massima continuità di servizio anche in
caso di guasto monofase a terra perché non circolando nessuna corrente di guasto rilevante le
protezioni non intervengono, però la tensione nelle altre due fasi sane può aumentare sino al
valore della tensione concatenata, mentre quella del conduttore andato a massa si annulla. Quindi
è opportuno, una volta individuato il guasto, estinguerlo al più presto per evitare tale inconveniente.
La richiesta continua di maggiore potenza a bordo, però, sta portando ad esercire la rete primaria
di distribuzione in media tensione (3000-6000 V); in questo caso però le correnti di c.c. di guasto
monofase sono maggiori di quelle del caso precedente quindi in questi casi si preferisce esercire il
sistema di distribuzione con centro stella collegato a massa mediante un’impedenza d’adeguato
valore. Con questa configurazione, nel caso in cui si manifesti un guasto monofase, l’intervento
delle protezioni è immediato.
La rete di distribuzione secondaria è esercita sempre con centro stella collegato a terra giacchè,
alimentando utenze come luci e motori di piccola forza, che sono in costante contatto con
personale e passeggeri,è importante, nel caso di mal funzionamento, garantire un tempestivo
intervento dell’impianto di protezione per garantire l’incolumità fisica delle persone.
Inizialmente, quando gli impianti di bordo erano poco estesi e le potenze in gioco modeste, le reti
secondarie erano costituite da sistemi monofase a due conduttori isolati o a tre conduttori con
punto medio del trasformatore collegato a massa. Oggi che le potenze in gioco sono notevolmente
aumentate si preferisce utilizzare il sistema trifase a quattro fili [1].
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3 Sistemi di distribuzione di energia elettrica a bordo
Scelta della frequenza
Fino all’inizio della seconda guerra mondiale quasi tutte le navi, militari e mercantili, avevano
impianti elettrici in corrente continua. In Italia i primi impianti ausiliari in corrente alternata (a 50 Hz)
si sono avuti nel 1942 sugli incrociatori leggeri classe “Capitani Romani”. Dal 1996 la corrente
alternata (c.a.) ha praticamente soppiantato la corrente continua (c.c.) su tutte le navi di nuova
costruzione con stazza superiore alle 100 TLS (Tonnellate Stazza Lorda). L’uso della corrente
continua è riservato ad impianti di potenza modesta o di caratteristiche particolari.
Gli impianti elettrici di bordo in c.a. sono nati alla frequenza standard di terra, pertanto a 50 Hz in
Europa e 60 Hz negli USA. Sono ammesse tolleranze del ±10% nelle fasi transitorie (con durata
massima di 10s), e del ±5% a regime. Al termine dell’ultima guerra mondiale le flotte mercantili e
militari dei paesi dell’Europa occidentale furono ricostituite con unità cedute dagli Stati Uniti
d’America; successivamente la costituzione della NATO in campo militare e la larga partecipazione
americana a flotte internazionali mercantili, soprattutto petrolifere, ha fatto sì che per motivi di
unificazione fosse accettato il sistema a 60 Hz per gli impianti di bordo [2].
L’adozione del sistema a 60 Hz è giustificata però anche da diversi conseguenti vantaggi:
- Maggiore effetto di rifasamento con condensatori;
- Maggiore impedenza dei cavi, per cui si ha una maggiore limitazione della corrente di corto
circuito;
- Motori e generatori più veloci;
- Riduzione di peso e ingombro delle macchine elettriche (trasformatori, motori e generatori).
Tuttavia nelle costruzioni mercantili si osserva un ritorno alla 50 Hz in Europa. Infatti nelle
applicazioni, senza problemi in termini di potenza installata, conviene adottare componenti a 50 Hz
che, essendo di larghissimo uso a terra, risultano di minor costo e più facile reperibilità. I
turboalternatori sono però sempre a 60 Hz.
In alcune unità della marina militare sono state utilizzate frequenze più elevate, fino a 400 Hz (ad
esempio l’alimentazione a 400 Hz per utenti giroscopici da reti a 50 o 60 Hz).
I vantaggi della 400 Hz sono:
- Riduzione delle sezioni dei circuiti magnetici a parità d’induzione di lavoro;
- Riduzione dei pesi e degli ingombri;
- Miglioramenti nella risposta dinamica dei sistemi di regolazione delle macchine elettriche.
Aumentando la frequenza, però, si ha:
- Incremento delle perdite per isteresi nei materiali magnetici;
- Incremento delle correnti parassite nei materiali magnetici;
- Aumento dell’effetto pelle nei materiali conduttori;
- Aumento della reattanza longitudinale complessiva della linea, che a parità di altre condizioni fa
diminuire la potenza elettrica trasmissibile al limite della stabilità [1].
Scelta della tensione
Negli impianti di bordo la tensione di produzione coincide con la tensione di distribuzione primaria.
Negli impianti in c.a. a 60 Hz detta tensione è unificata a 450/440 V, concatenata o di linea del
sistema trifase, mentre per la distribuzione secondaria si possono avere 115 – 127 – 220 - 230 V
secondo il tipo di impianto. A 50 Hz si hanno 400/380 V e 230/220 V1.
In corrente continua i valori normali sono 110 o 220 V per tutto l’impianto, con valori di 12 o 24 V
(negli USA anche 32) per utenti speciali e per le imbarcazioni [2].
1
Il doppio valore di tensione può avere significati diversi. Nel caso 450/440 V, si indica che i generatori sono tarati a 450
V nel funzionamento a vuoto, mentre la tensione nominale degli utenti è 440. Nel caso 230/220 V a 50 Hz il doppio
valore serve a ricordare che in Europa il vecchio valore unificato a 220 V è stato portato a 230 V per aumentare la
potenza distribuita a terra con gli impianti esistenti.
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10
Recentemente, le realizzazioni in campo navale, hanno evidenziato un notevole aumento della
potenza installata a bordo:
- Si raggiungono oggi comunemente potenze di 7-8 MVA per navi mercantili;
- Potenze di 50MVA per navi da crociera;
- Potenze superiori nel caso di piattaforme di perforazione off-shore.
Specialmente per gli ultimi due casi citati diviene obbligatoria la scelta di passare dalla bassa alla
media tensione viste le potenze in gioco.
Le norme internazionali IEC 92-210 del 1980, impongono per gli impianti elettrici navali in corrente
alternata, i seguenti valori di tensione:
- 400/690 V per la bassa tensione;
- 6600 V e 11000 V per la media tensione.
Su navi militari si hanno esempi di impianti a 1000 V e 400 Hz, raramente estesi a tutta la nave, di
solito limitati a reti parziali alimentanti utenti con particolari esigenze di potenza, rapidità di
risposta, numero di giri.
Si è individuato come limite superiore per la generazione in bassa tensione la potenza di 8 MVA;
per potenze maggiori occorre passare alla generazione direttamente in media tensione. Il valore
più adatto e oggi più frequentemente considerato è 6600 V.
Attualmente la distribuzione in bassa tensione viene fatta generalmente con tensioni di 440 V per
tutti gli utenti di potenza rilevante, 220 V per piccoli utenti e per l’impianto di illuminazione.
L’utilizzo dell’alta tensione pone però dei problemi non indifferenti per l’isolamento delle varie parti
in tensione, anche perché l’ambiente d’esercizio presenta elevati livelli d’umidità e facilità di
depositi salini.
Oltre a ciò, bisogna considerare anche il fatto che, attualmente, le tensioni inverse di picco
sopportabili dai dispositivi elettronici dei convertitori di potenza, hanno dei valori piuttosto limitati.
Quindi nei casi in cui la scelta della tensione nominale cada sui valori più elevati, bisogna
prevedere una delle seguenti soluzioni:
Utilizzo di trasformatori abbassatori per l’alimentazione dei convertitori elettronici di potenza.
Messa in serie di più dispositivi, per assicurare la tenuta alte tensioni inverse. Questa soluzione,
pone però a sua volta dei problemi per la disuniforme ripartizione della tensione complessiva su
dispositivi aventi differenze anche molto piccole nel piano di funzionamento tensione-corrente.
Questi problemi possono essere risolti mediante l’utilizzo di resistenze d’uguale valore in parallelo
ad ogni dispositivi, anche se in tal modo si provocano delle perdite aggiuntive di potenza.
In base alle norme del RINA (Registro Italiano Navale) le fluttuazioni relative della tensione delle
reti di bordo, non devono oltrepassare il ±20% in fase transitoria (che deve avere la durata
massima di 1,5 s), e di +6% e –10% a regime.
Il limite che viene posto all’innalzamento della tensione è dovuto alla sicurezza delle persone e
dello stesso impianto; infatti con l’aumentare della tensione, al fine di ottenere un adeguato
isolamento per la sicurezza, bisogna aumentare le dimensioni dei materiali isolanti, il che comporta
un maggiore costo dell’isolamento.
Tra gli utenti, quello che più condiziona la scelta della tensione, è il motore; con riferimento ai
motori asincroni più utilizzati, per ciascuna classe di potenza, si ha un valore della tensione di
alimentazione che risulta più conveniente sia dal punto di vista economico, che per quanto
riguarda il rendimento e il fattore di potenza.
A parità di potenza trasmessa i vantaggi dovuti all’innalzamento della tensione derivano
essenzialmente dalla notevole riduzione della corrente.
Si deduce che i vantaggi principali sono:
- Riduzione dei costi di investimento (sezioni inferiori dei conduttori sia nei quadri che sulle linee in
cavo di distribuzione2);
- Riduzione dei costi di esercizio (perdite joule minori, minori costi di manutenzione conseguenti
alle correnti inferiori in gioco);
2
La sezione dei conduttori non può scendere sotto un certo valore, richiesto dalle esigenze meccaniche. Ciò spiega ad
esempio l’adozione della 12 V invece della più vantaggiosa 24 V negli impianti di piccola potenza delle imbarcazioni: alla
maggior tensione non corrisponderebbe un risparmio di rame.
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11
- Migliori condizioni di esercizio (cadute di tensione più basse, correnti di cortocircuito inferiori,
lunghezze ammissibili dei cavi più elevate);
- Tendenze alla riduzione degli spazi occupati e dei pesi di quadri, cavi, ecc [1].
Scelta della corrente
La corrente continua ha dominato gli impianti di bordo fino agli anni ’30 ma da allora il progressivo
estendersi dell’energia elettrica a bordo con il conseguente aumento del valore del coefficiente di
elettrificazione, ha sensibilmente aumentato l’incidenza del peso e del costo dell’impianto elettrico
sul peso e sul costo della nave, consigliando quindi l’adozione della corrente alternata che ne
consente una notevole riduzione. Attualmente l’uso della corrente continua è riservato ad impianti
di potenza molto limitata o di caratteristiche particolari. Nella tabella 3.1 sono riportate le riduzioni
dei costi di alcuni elementi costituenti l’impianto dovute all’adozione della corrente alternata invece
di quella continua.
Tabella 3.1
Elementi dell’impianto
Cavi e accessori
Motori ed avviatori
Generatori
Quadri
Totale impianto
Costo %
C.C.
100
100
100
100
100
C.A.
70
60
90
90
75
Riduz
30
40
10
10
25
Peso %
C.C.
100
100
100
100
100
C.A.
65
70
95
90
80
Riduz
35
30
5
10
20
I motivi principali di tale evoluzione sono essenzialmente:
- Sviluppo di sistemi di controllo e regolazioni più complessi basati sull’impiego di convertitori;
- Aumento della potenza e del numero di macchine elettriche sottoposte a difficili condizioni di
lavoro;
- I generatori in corrente alternata hanno una maggiore affidabilità rispetto ai generatori in corrente
continua. Infatti le macchine a corrente continua, soprattutto alle alte velocità e potenza,
comportano notevoli problemi per la presenza del collettore. Inoltre i generatori in corrente
alternata sono di costituzione più semplice e robusta;
- I motori asincroni a gabbia sono preferibili ai motori in corrente continua, in quanto sono molto più
affidabili; inoltre, grazie all’avvento dell’elettronica di potenza ovvero ai convertitori statici, sono
stati eliminati i problemi connessi alla regolazione della velocità;
- Utilizzo di tensioni sufficientemente elevate e diverse da zona a zona dell’impianto, con ovvi
vantaggi, mediante l’utilizzo dei trasformatori;
- Minore sezione dei cavi;
- Maggiore facilità nel trovare parti di ricambio;
- Facilità d’estinzione dell’arco elettrico nei processi di interruzione (si sfrutta il passaggio naturale
della tensione e corrente per lo zero) [1].
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4 Consumo elettrico a bordo
La cosa fondamentale per il dimensionamento di una centrale di produzione di bordo è stabilire la
potenza elettrica nominale complessiva. Tale valore è dato dalla potenza totale richiesta dal
complesso delle utenze elettriche nelle varie configurazioni operative e per ognuna di esse vanno
determinati i relativi coefficienti di utilizzo e di contemporaneità.
La potenza di dimensionamento deve consentire il funzionamento contemporaneo di tutti i carichi
nelle condizioni più gravose, ed inoltre deve garantire un normale funzionamento anche nel caso di
perdita di un gruppo diesel-alternatore.
Già in fase di progetto deve essere compilato un particolareggiato elenco degli utenti di bordo, che
sarà mantenuto aggiornato in fase di studio e d’allestimento e sarà reso definitivo alla consegna
della nave. I diversi utenti sono divisi in gruppi corrispondenti ai diversi esercizi riportati in tabella
4.1 e per ogni utente sono indicati il numero totale delle macchine utilizzatrici installate, la potenza
resa unitaria, la potenza assorbita, il fattore di potenza ed infine la potenza resa e assorbita totale
[1].
Tabella 4.1 - Divisione degli utenti in gruppi corrispondenti ai diversi servizi.
SERVIZI
A) COPERTA
UTENTI
Timone, argani, verricelli per scale di banda e imbarcazioni,
tonneggi.
B) SICUREZZA
Ausiliari di navigazione, stabilizzazione, sicurezza, emergenza,
incendio, esaurimento, proiettori, radio.
C) NAVE
A+B
D) CARICO
Verricelli, gru, montacarichi, frigoriferi e caldaie per il carico.
Ausiliari per armi e depositi munizioni.
E) APPARATO MOTORE Ausiliari dell’A.M. e degli elettrogeneratori.
(A.M.)
Ausiliari per imbarco/sbarco combustibile, lubrificanti acqua
caldaie.
Ventilatori A.M. e ausiliari officina.
F) CONDIZIONAMENTO
Frigoriferi ed ausiliari caldaie, ventilatori ed estrattori per locali
scafo.
G) CUCINA
Ausiliari cucina, cambusa, bar. Frigoriferi celle viveri.
Montacarichi.
H) CAMERA
Ascensori. Ausiliari terapie e svago. Pompe acqua igiene,
lavanda, potabile.
I) ALBERGHIERO
F+G+H
L) LUCE
Luce normale e di emergenza, interna, esterna, e nei locali
dell’apparato motore
M) TOTALE
C+D+E+I+L
Tale elenco costituisce la base del Bilancio Elettrico (BE), che è lo strumento per progettare,
realizzare e gestire l’impianto elettrico della nave. Il Bilancio Elettrico definisce le richieste di
potenza elettrica della nave nelle diverse condizioni operative e stabilisce come soddisfarle, cioè
come bilanciare consumo e produzione. Il BE segue la cosiddetta spirale di progetto della nave,
iterazione di approssimazione e dettaglio crescenti delle operazioni necessarie dal progetto di
massima fino alle prove in mare. Esso serve pertanto a definire costi, pesi e ingombri, così come a
realizzare l’installazione e ad assistere l’esercizio [2].
Si considerano poi le condizioni operative tipiche allo scopo di stimare per ciascuna la richiesta
media di potenza elettrica. Le più caratteristiche sono:
condizioni operative continue di navigazione:
- Ai tropici;
- All’equatore, estivo;
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- Climi freddi, invernali;
- In crociera;
- In combattimento;
- In allarme.
condizioni operative continue in sosta:
- In porto, normale;
- In porto, per carico;
- In porto, ai lavori;
- In rada.
condizioni operative saltuarie:
- Manovra;
- Attivazione dell’apparato motore;
- Riattivazione dell’apparato motore;
- Emergenza per allagamento;
- Emergenza per incendio.
I bilanci che si riferiscono alle condizioni operative saltuarie sono redatti per l’ora del giorno e le
condizioni climatiche più gravose, mentre gli altri sono redatti per le ore più caratteristiche della vita
quotidiana a bordo:
Il tipo di classificazione descritta riguarda solamente gli utenti degli impianti elettrici, che
comprendono i sistemi di generazione, di distribuzione e di utilizzazione di energia elettrica per uso
di luce e forza motrice ausiliaria.
Qualora la nave fosse dotata di propulsione elettrica occorrerà in fase di progetto tenerne conto
per il giusto dimensionamento della centrale.
La potenza totale dell’impianto generatore si determina moltiplicando le potenze degli utenti
effettivamente in funzione, ricavate dal bilancio elettrico, per il rispettivo coefficiente medio
d’utilizzazione Kn.
Questo coefficiente, ricavato matematicamente o da valori sperimentali di navi già costruite, è dato
dal prodotto del coefficiente d’utilizzazione istantanea (Pmr/Pn) per il coefficiente d’intermittenza
(N/24) dove:
- Pmr = Potenza media resa;
- Pn = Potenza nominale;
- N = Numero delle ore di servizio al giorno.
Aggiungendo alle potenze assorbite le perdite di distribuzione dovute ai cavi di collegamento tra
generatore e utenti si ottiene il carico medio dell’impianto elettrogeneratore nelle diverse condizioni
operative.
Sulla determinazione della potenza totale influiscono:
- Considerazioni sul tipo di nave in esame;
- I viaggi cui la nave è destinata;
- I rapporti tra le ore di navigazione e di sosta in porto;
- Le frequenze delle soste per lavori di revisione e manutenzione.
Si deve anche tener conto di un margine di potenza (variabile dal 10% al 20% della totale potenza
dei generatori) destinato a sopperire alle probabili aggiunte di nuovi utenti durante la vita della
nave [1].
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5 Descrizione delle topologie di convertitori a bordo sorgenti di
emissione condotta in alta frequenza in un azionamento
elettrico
Si ricorda che nelle navi con impianto in c.a. si hanno anche utenti che richiedono corrente
continua, per esempio è necessaria la corrente continua per la ricarica delle batterie di
accumulatori di vario impiego, e utenti speciali che richiedono corrente alternata a 400 Hz o altra
frequenza. Sono dunque previsti dei sistemi di conversione per modificare il tipo di energia elettrica
a bordo [2].
Con tali convertitori si realizzano tre funzioni:
- Variazioni della frequenza;
- Regolazione della tensione o della corrente;
- Commutazione della corrente nell’avvolgimento del motore comandato.
I convertitori statici, che costituiscono la parte principale degli azionamenti elettrici, sono basati
sull’utilizzo delle dispositivi elettronici, che consentono la conduzione unidirezioinale della corrente
e sono connesse tra loro con svariate configurazioni circuitali.
Esse possono essere:
- Non controllabili (DIODI);
- Controllabili solo in chiusura, dette anche dispositivi a commutazione naturale (TIRISTORI);
- Controllabili sia in apertura, sia in chiusura, dette anche dispositivi a commutazione forzata (GTO,
BJT, IGBT, ecc.) [1].
Lo sviluppo vertiginoso che l’elettronica di potenza ha subito negli ultimi anni ha contribuito a dare
ai convertitori statici di potenza (e agli azionamenti elettrici in generale) un notevole impulso alla
propria evoluzione tecnologica e diffusione commerciale. In particolare i progressi raggiunti nella
possibilità di controllare sia in fase di accensione che di spegnimento i componenti elettronici di
potenza hanno permesso una drastica riduzione nell’ordine di grandezza dei tempi di salita e di
discesa delle forme d’onda di tensione e di corrente commutate e quindi un relativo aumento delle
frequenze di commutazione utilizzabili. Se infatti alcuni tipi di dispositivi elettronici di potenza a
semiconduttore controllabili in accensione ed in spegnimento quali i GTO (Gate Turn-off
Thyristors) presentavano tempi di salita e di discesa dell’ordine di qualche decina di ms e quindi
frequenze di commutazione al massimo di qualche kHz, le più recenti realizzazioni di BJT (Bipolar
Junction Transistors) e di IGBT (Insulate Gate Bipolar Transistors) presentano tempi di salita e di
discesa inferiori al ms e frequenze che possono raggiungere i 100 kHz. Con i MOSFET (MetalOxide-Semiconductor Field Effect Transistors) infine si arriva all’ordine delle decine di ns e dei
MHz per quanto riguarda i tempi e le frequenze di commutazione rispettivamente. Per questi ultimi
occorre notare che tali prestazioni sono accompagnate da una notevole riduzione delle correnti e
delle tensioni commutabili dal dispositivo stesso.
Tutto ciò ha però comportato una significativa estensione in frequenza dello spettro di armoniche
prodotte dai convertitori statici di potenza sino ad investire in pieno il campo delle radiofrequenze.
Si presenta quindi un tipico problema di Compatibilità Elettromagnetica o EMC (ElectroMagnetic
Compatibility) strumentale in cui i componenti elettronici di potenza con dispositivi controllabili in
accensione ed in spegnimento si configurano come sorgenti non intenzionali di disturbi
elettromagnetici in alta frequenza [3], [4].
Tali convertitori hanno raggiunto attualmente rendimenti molto elevati, ma poichè le potenze che
essi sono in grado di governare sono elevate, le perdite, pur essendo piccole in percentuale, sono
molto rilevanti in termini assoluti.
Quindi bisogna prevedere adeguati sistemi di raffreddamento, per smaltire le notevoli quantità di
calore dovute alle perdite nei convertitori. In generale i convertitori di taglia bassa e media sono
raffreddati ad aria o aria forzata, mentre quelli di grossa taglia (da 2000 kVA fino a 4500 kVA di
potenza governata), vengono di solito raffreddati con acqua deionizzata in circuito chiuso [1].
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Il sistema di conversione della fig. 5.1 viene in genere realizzato con più stadi (come mostrato nella
fig. 5.2) che, istante per istante, sono disaccoppiati da elementi capaci di immagazzinare energia,
come i condensatori e gli induttori. Quindi, la potenza istantanea di ingresso non è uguale a quella
istantanea di uscita.
Figura 5.1 - Schema a blocchi di un sistema di conversione elettronica di potenza.
Figura 5.2 - Schema a blocchi di un sistema per la conversione della potenza.
Ogni stadio di conversione è denominato convertitore. Così il convertitore è il modulo base dei
sistemi dell’elettronica di potenza [5].
I convertitori si differenziano in due grandi categorie:
- Convertitori diretti;
- Convertitori indiretti.
Convertitori diretti:
Questi convertitori trasformano direttamente la tensione di rete in una tensione o in una corrente
d’ampiezza e di frequenza variabili.
Essi sono generalmente a commutazione naturale e vengono denominati cicloconvertitori. Questi
dispositivi, se commutati dalla rete, hanno una frequenza di uscita fu inferiore a quella in entrata fa
(generalmente fu £ fa /3) e sono adatti per alimentare motori sincroni e asincroni.
Il principale vantaggio di questo sistema è un funzionamento più corretto e lineare alle velocità di
rotazione molto basse.
I principali svantaggi sono una maggiore complessità circuitale e soprattutto il fatto che le
frequenze delle armoniche generate variano secondo il regime di rotazione del motore, rendendo
praticamente impossibile un efficace filtraggio delle stesse.
Convertitori indiretti:
Tali convertitori producono una doppia conversione e ciò comporta uno stadio intermedio in
corrente continua; essi hanno dunque in testa un raddrizzatore comandato o non comandato, al
centro uno stadio in corrente continua, e in uscita un inverter a commutazione forzata (PWM) o
naturale (Sincroconvertitore), a seconda che l’utilizzo sia rivolto all’alimentazione di un motore
asincrono o sincrono, a tensione costante o a corrente costante [1].
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I convertitori possono essere classificati in funzione del tipo di conversione realizzata, della finalità
della conversione, dei modi di spegnimento degli interruttori, in base al tipo di circuiti in corrente
continua:
Classificazione in base ai tipi di conversione e interruzione:
1. conversione c.a. – c.c. (raddrizzatore)
2. conversione c.c. – c.a. (invertitore)
3. conversione c.c. – c.c. (diretto o indiretto)
4. conversione c.a. – c.a. (diretto o indiretto)
5. interruzione (periodica o non periodica)
Classificazione in base ai fini della conversione: in un sistema di potenza il convertitore cambia
o controlla una o più delle seguenti caratteristiche:
1. frequenza (frequenza nulla compresa)
2. livello di tensione
3. numero di fasi
4. flusso di potenza reattiva
5. qualità dell’alimentazione
Classificazione in base ai modi di spegnimento degli interruttori elettronici:
2. commutazione – implicando che la corrente da un interruttore sia trasferita ad un altro
interruttore
3. estinzione – se la corrente di un interruttore si annulla prima che un altro interruttore si
accenda
Classificazione in base ai tipi di circuiti a corrente continua:
1. convertitori connessi con almeno un circuito in corrente continua possono essere
classificati come regolati in tensione o corrente a seconda che la tensione o la corrente
siano spianate sul lato corrente continua
2. per un convertitore che connette un circuito in alternata con uno in continua il termine
“raddrizzamento” implica un flusso di potenza dal lato a corrente alternata a quello in
continua, mentre il termine “inversione” implica un flusso di potenza in direzione opposta,
come schematizzato in fig. 5.3. Nel primo caso il convertitore è detto “raddrizzatore”,
mentre nel secondo caso è detto “inverter o invertitore” [6].
Figura 5.3 - Convertitore ac-dc.
Raddrizzatore
Nella maggior parte delle applicazioni dell’elettronica di potenza, la potenza d’ingresso, fornita dal
sistema di distribuzione sotto forma di tensione alternata sinusoidale con frequenza di 50 o 60 Hz,
viene dapprima convertita in tensione continua da un raddrizzatore.
I raddrizzatori più comuni sono quelli a ponte in versione monofase o trifase (fig. 5.4). Essi
possono essere costituiti da soli diodi (raddrizzatori non controllati); da diodi e SCR (raddrizzatori
semicontrollati), semplici e poco costosi ma possono operare in un solo quadrante; o da soli SCR
(raddrizzatori completamente controllati), sono più complessi e costosi ma possono funzionare in
due quadranti in quanto consentono l'inversione della tensione. Nei raddrizzatori a ponte trifase
(più diffusi per via della bassa ondulazione residua di tensione e del ridotto contenuto armonico di
corrente) ad ogni istante solo due dei sei elementi conducono, uno del gruppo superiore e uno del
gruppo inferiore non appartenenti allo stesso ramo. L'elemento che conduce del gruppo superiore
(inferiore) è quello connesso alla tensione di alimentazione più positiva (negativa) se si tratta di
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diodi.Nel caso di dispositivi controllati, l'elemento che conduce del gruppo superiore (inferiore) è
quello al cui gate é stato inviato un impulso di accensione.
In un periodo si verificano sei commutazioni alternativamente nella parte superiore e in quella
inferiore del ponte.
Figura 5.4 - Raddrizzatore trifase a ponte.
Il raddrizzatore può ricevere la corrente alternata da un trasformatore riduttore o direttamente dalla
rete elettrica. Il segnale pulsante in uscita da un raddrizzatore può essere considerato come la
sovrapposizione di una componente alternata e una componente continua che ne trasla il valore
medio. Per questo, per livellare la corrente continua prodotta, si pone all'uscita del raddrizzatore un
circuito RC passa basso, che ha lo scopo di sopprimere la componente alternata. Spesso la
resistenza non è aggiunta, ma costituita dalle resistenze interne dei conduttori, dei diodi e del
condensatore.
I raddrizzatori sono sistemi di natura non lineare e, conseguentemente, generano correnti
armoniche nello stadio in corrente alternata. L’alto contenuto armonico della corrente di linea ed il
risultante fattore di potenza del carico piuttosto basso, causano dei problemi nel sistema di
distribuzione di energia come:
• distorsione della tensione e interferenza elettromagnetica (EMI) che causano influenze sugli altri
utenti del sistema di potenza;
• incremento del dimensionamento dei componenti del sistema di potenza (generatori,
trasformatori, linee di trasmissione, etc…).
Per questo motivo, la IEEE e la IEC hanno introdotto nuove normative tecniche per limitare il
contenuto armonico della corrente circolante nelle linee di potenza afferente ai raddrizzatori. Di
conseguenza, per rispettare le nuove normative, sono state sviluppate un gran numero di topologie
per raddrizzatori operanti in commutazione [5].
Convertitore dc-dc
Spesso l’ingresso di questi convertitori è una tensione continua non regolata, che è ottenuta
raddrizzando la tensione di linea e che, pertanto, ha delle oscillazioni dovute alle variazioni
dell’ampiezza della tensione di linea stessa.
I convertitori dc-dc a commutazione sono impiegati per trasformare la tensione continua d’ingresso
non regolata in una tensione continua d’uscita regolata al livello desiderato. In un convertitore dcdc con una data tensione d’ingresso, la tensione media d’uscita è controllata regolando i tempi di
chiusura e di apertura dell’interruttore.
Tra le diverse topologie di convertitori dc-dc, l’abbassatore (buck) e l’elevatore (boost) sono le
topologie di riferimento.
· Convertitore abbassatore (buck)
Come il nome suggerisce, un convertitore abbassatore fornisce una tensione media d’uscita più
bassa di quella d’ingresso Vd.
La sua applicazione principale riguarda gli alimentatori stabilizzati in corrente continua e gli
azionamenti per motori in corrente continua.
Concettualmente, il circuito elementare della fig. 5.5(a) costituisce un convertitore abbassatore per
un carico puramente resistivo. Considerando l’interruttore ideale, la tensione istantanea d’ingresso
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Vd costante ed il carico puramente resistivo, nella fig. 5.5(b) è mostrata la forma d’onda della
tensione d’uscita in funzione delle posizioni dell’interruttore.
Figura 5.5 - Convertitore abbassatore dc-dc.
Variando il duty cycle ton/Ts dell’interruttore, si può controllare Vo. Un’altra importante osservazione
è che il valore medio della tensione d’uscita Vo varia linearmente con la tensione di controllo, come
nel caso di un amplificatore lineare.
Nelle applicazioni reali, il circuito precedente ha due aspetti negativi: (1) nella pratica il carico è
induttivo; anche con un carico resistivo, sicuramente c’è sempre associata una induttanza
parassita. Questo significa che l’interruttore deve assorbire (o dissipare) l’energia induttiva e quindi
potrebbe essere distrutto; (2) la tensione di uscita oscilla tra zero e Vd, e questo non è accettabile
nella maggior parte delle applicazioni. Il problema dell’energia induttiva immagazzinata è superato
usando un diodo, come è mostrato nella fig. 5.5(a). Le variazioni della tensione d’uscita si riducono
molto usando un filtro passa basso formato da un induttore ed un condensatore [5].
· Convertitore elevatore (boost)
La fig. 5.6 rappresenta un convertitore elevatore. La sua principale applicazione riguarda gli
alimentatori stabilizzati in continua e la frenatura con recupero d’energia dei motori a corrente
continua. Come indica la denominazione, la tensione d’uscita è sempre più grande di quella
d’ingresso.
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Figura 5.6 - Convertitore dc-dc elevatore.
Quando l’interruttore è chiuso, il diodo è polarizzato inversamente, la sezione d’uscita isolata e
l’ingresso fornisce energia all’induttore.
Quando l’interruttore è aperto, la sezione d’uscita riceve energia sia dall’induttore, sia dall’ingresso.
Nell’analisi in regime permanente qui presentata, il condensatore ha una capacità così elevata da
assicurare che la tensione di uscita sia costante: vo(t) » Vo [5].
Inverter
E’ possibile distinguere due tipologie di inverter:
· inverter a tensione impressa (VSI) ;
· inverter a corrente impressa (CSI) .
Gli inverter a tensione impressa, cioè con circuito intermedio a tensione costante, si dividono a loro
volta in six step (o ad onda quadra) se la tensione fornita al motore è rettangolare di ampiezza
regolabile e in PWM (Pulse Width Modulation) se costituita da impulsi di ampiezza costante e
frequenza elevata modulati in durata; i primi necessitano di un raddrizzatore di tipo controllato. Gli
inverter VSI , che sono adatti per potenze che vanno dal kW alle centinaia di kW, utilizzano in
genere come interruttori dispositivi di tipo IGBT.
Gli inverter a corrente impressa impongono una forma d’onda di corrente rettangolare al motore;
sono adatti per potenze dell’ordine dei MW ed in genere utilizzano dispositivi di tipo SCR,GTO,
IGCT (Integrated Gate Commutated Thyristor) o MCT.
Tra le diverse topologie di inverter, sarà descritto di seguito l’inverter trifase a ponte con
modulazione PWM sinusoidale in quanto la modulazione PWM permette di lavorare ad una
frequenza di commutazione (scelta in un intervallo tra pochi kHz e alcune centinaia di kHz). Inoltre
la tecnica di modulazione a larghezza di impulso (PWM) è molto utilizzata perché consente di
ottenere un’ampia variazione della grandezza di uscita. Essa si applica ai convertitori a
commutazione forzata e la forma d’onda di uscita è tanto migliore quanto più elevata è la
frequenza di commutazione.
Con tale tecnica si creano tensioni in uscita dell’inverter formate da impulsi di larghezza variabile,
in modo da approssimare con il valore medio degli impulsi in un periodo di commutazione un
andamento sinusoidale. Le diverse tecniche si differenziano dalla modalità con cui si creano i
segnali di controllo degli interruttori, tra le più diffuse abbiamo la PWM sinusoidale. In essa un
segnale di controllo sinusoidale con la frequenza desiderata è confrontato con un’onda triangolare
(figura 5.8(a)), la cui frequenza stabilisce la frequenza di commutazione degli interruttori ed è di
solito tenuta costante, così come la sua ampiezza. La frequenza dell’onda triangolare (vtri) è quella
di commutazione (fs) con la quale gli interruttori sono comandati.
Il segnale di controllo (vcontrollo) è usato per modulare il duty cycle dell’interruttore, ed ha la
frequenza f1 (frequenza modulante) che è quella desiderata per la prima armonica della tensione
di uscita.
Si definisce rapporto di modulazione d’ampiezza ma il rapporto tra il valore massimo del segnale di
controllo e l’ampiezza del segnale triangolare,che in genere è costante:
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ma =
vcontrollo
.
vtri
(1)
Il rapporto di modulazione di frequenza mf è definito come il rapporto tra la frequenza portante e la
frequenza modulante:
mf =
fs
.
f1
(2)
Se il rapporto di modulazione di frequenza è un numero intero la modulazione PWM è detta
sincrona, altrimenti asincrona.
In genere si preferisce una modulazione sincrona perché quella asincrona introduce componenti
subarmoniche (cioè armoniche a frequenza inferiore) della fondamentale spesso indesiderate nelle
varie applicazioni. Se il rapporto di modulazione di ampiezza è minore di uno si parla di
sottomodulazione. In tal caso valendo la tensione media di uscita v Ao =
vcontrollo vd
e considerando
vtri
2
una tensione di controllo sinusoidale ( vcontrollo = Vcontrollo sin w1t ) si ricava che l’ampiezza della prima
armonica varia linearmente con ma e per ciò per ma compreso tra 0 e 1 si parla di zona lineare:
v
v Ao = V Ao1 sin w1t con V Ao 1 = ma d
2
(3)
Le armoniche della tensione di uscita si presentano come righe dello spettro centrate attorno alla
frequenza di commutazione ed ai suoi multipli, se mf ≥ 9 (valore tipico per il controllo dei motori in
corrente alternata) le ampiezze delle armoniche sono indipendenti da mf. Le frequenze delle
armoniche possono essere trovate risolvendo l’equazione: f h = ( jm f ± k ) f1 ; per valori dispari di j le
armoniche esistono solo per valori pari di k, per valori pari di j le armoniche esistono solo per valori
pari di k. E' preferibile scegliere mf dispari, in tale caso si ha simmetria dispari della forma d'onda di
uscita su mezzo periodo e quindi si avranno solo armoniche dispari (termini in solo seno).
Nel caso di sottomodulazione l’ampiezza della prima armonica potrebbe essere non elevata come
desiderato, allora si ricorre ad un rapporto di modulazione di ampiezza maggiore di uno
(sovramodulazione), in tal caso però le armoniche sono funzione di mf. Per elevati valori di ma si ha
che la tensione di controllo interseca la tensione triangolare solo negli istanti di tempo in cui va a
zero, la forma d’onda di uscita degenera in un onda quadra e la tensione di uscita è indipendente
da ma. Ciò può essere un vantaggio perché si hanno due sole commutazioni in un periodo
limitando le perdite di commutazione che risultano elevate nel caso di interruttori con alte potenze
che in genere risultano lenti. D’altra parte ciò comporta la perdita del controllo dell’ampiezza che di
conseguenza deve essere regolata in ingresso. La tecnica PWM, a differenza della tecnica ad
onda quadra richiede un numero di commutazioni più elevato, comporta quindi uno stress
maggiore per i componenti ed un aumento delle perdite di commutazione però al contempo offre il
vantaggio di un minor valore dell'ondulazione di corrente di uscita dell'inverter. Occorre infine
osservare che le tipiche frequenze di commutazione utilizzate negli inverter PWM sono tali da
generare disturbi condotti EMI nel range di frequenze 150 kHz – 30 MHz.
Figura 5.7 - Inverter monofase in configurazione mezzo ponte.
Rapporto Tecnico RT – ISSIA – PA – N. 414 – 2013
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Figura 5.8 - Forme d’onda della tensione d’uscita di un inverter a mezzo ponte monofase pwm.
In figura 5.7 è presentato lo schema di un inverter a mezzo ponte (monofase). Gli interruttori TA+
(superiore) e TA- (inferiore) sono comandati in base al confronto tra il segnale di controllo e quello
triangolare. In particolare si ha che se vcontrollo > vtri il tasto superiore è chiuso e la tensione di uscita
vAo è uguale ad 1/2 vd, tensione continua di ingresso che si suppone costante (in genere proviene
da un raddrizzatore). Se vcontrollo < vtri il tasto inferiore è chiuso e vAo è uguale a –1/2 vd . I due
interruttori non vengono mai chiusi in contemporanea se ne deduce che la tensione di uscita varia
tra i valori +1/2 vd e –1/2 vd. I due condensatori C+ e C- hanno valore uguale ed in genere elevato.
Indipendentemente dalla configurazione degli interruttori la corrente si ripartisce in modo identico
su di essi, ne consegue che la loro configurazione è di tipo parallelo e che il loro punto di
collegamento si trova a potenziale intermedio rispetto all’alimentazione.
In figura 5.9 è mostrata la struttura tipica di un inverter monofase a ponte. Con questa
configurazione la massima tensione di uscita è doppia rispetto alla configurazione a mezzo ponte,
il che implica che a parità di potenza gli elementi che lo costituiscono siano attraversati da una
corrente dimezzata.
Distinguiamo tra tecnica con tensione bipolare e unipolare. Nella prima il comando di accensione
arriva alternativamente alle coppie degli interruttori appartenenti a diagonali opposte. La tensione
vBo è di segno opposto rispetto a vAo che coincide con quella dell’inverter a mezzo ponte. Segue
che la tensione di uscita vo= vAo- vBo =2 vAo (il cui andamento è riportato in figura 5.10)
Rapporto Tecnico RT – ISSIA – PA – N. 414 – 2013
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Figura 5.9 - Inverter a ponte monofase.
Figura 5.10 - Andamento della tensione in un inverter a ponte con tensione bipolare.
Nella tecnica con tensione unipolare si deve controllare l'accensione degli interruttori statici di
ciascun ramo del ponte confrontando la portante con due tensioni di controllo opposte tra di loro.
Considerando il ramo degli interruttori “A” si ha che per vcontrollo > vtri TA+ in stato on, e quindi vAN =
vd (in cui N è il conduttore a potenziale negativo),e per vcontrollo < vtri TA- in stato on , e quindi vAN= 0.
Per il ramo degli interruttori "B" si ha che per -vcontrollo > vtri TB+ in conduzione, e quindi vBN = vd , e
per -vcontrollo <vtri TB- in conduzione, e quindi vBN= 0. La tensione di uscita durante la commutazione
varia tra zero e +vd e tra zero e -vd (figura 5.9), e da ciò deriva il nome unipolare.
A causa dei diodi di ricircolo posti in antiparallelo le tensioni vAN e vBN non dipendono dalla
direzione della corrente di uscita.
Questa tecnica ha il vantaggio di ridurre sensibilmente il contenuto armonico della tensione in
uscita rispetto al caso della modulazione bipolare. Osservando lo spettro della tensione di uscita
(figura 5.11(e)) si evince che le armoniche sono distribuite in bande attorno alla frequenza doppia
di quella di commutazione.
Rapporto Tecnico RT – ISSIA – PA – N. 414 – 2013
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Figura 5.11 - Forme d’onda e spettro della tensione d’uscita di un inverter in configurazione ponte
con tensione unipolare.
In figura 5.12 è presentato lo schema di un inverter trifase. La struttura consiste in tre rami (A,B,C)
ciascuno dei quali è simile alla configurazione a mezzoponte. La tensione di uscita di ciascun ramo
(rappresentate in figura 5.13(b)), dipende unicamente dalla tensione Vd e dallo stato dei dispositivi
presenti sul ramo.
Figura 5.12 - Inverter trifase.
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La tensione di uscita è indipendente dalla corrente di uscita in quanto uno dei due dispositivi
presenti su ciascun ramo è sempre in fase di conduzione in ogni istante di tempo. La stessa
tensione triangolare è confrontata con tre tensioni sinusoidali sfasate tra di loro di 120 gradi (figura
5.13(a)).
Le armoniche delle tensioni concatenate (figura 5.13(c)) si possono derivare dalle armoniche delle
tensioni di fase operando le opportune operazioni di sottrazione, se mf è multiplo di tre, poiché
nella tensione concatenata la differenza fra le armoniche è pari a 120° mf, la differenza fra le
armoniche è multipla di 360°, quindi la differenza fra queste armoniche si annulla [5].
Figura 5.13 - Forme d’onda di un inverter trifase e spettro delle armoniche.
La fig. 5.14 mostra, a titolo di esempio, un sistema elettrico di potenza multi-convertitore di impiego
marittimo, in particolare pensato per una imbarcazione a propulsione elettrica.
In un sistema elettrico di potenza come quello di fig. 5.14 differenti convertitori quali converitori
dc/dc, inverter e raddrizzatori sono utilizzati in sorgenti, carichi, e sottosistemi di distribuzione per
fornire potenza elettrica a differenti forme e livelli di tensione.
In un sistema multi-convertitore integrato, l’effetto cumulato delle emissioni elettromagnetiche dei
diversi convertitori può degradare le prestazioni del sistema o anche destabilizzare il sistema per
cui ciascun convertitore non dovrebbe essere progettato e controllato come elemento singolo ma è
necessario considerare le possibili interazioni nel sistema [7].
Rapporto Tecnico RT – ISSIA – PA – N. 414 – 2013
25
Figura 5.14 - Sistema elettronico di potenza multi-convertitore.
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26
6 EMC: concetti generali e definizioni
Spesso durante la progettazione e l’allestimento di un’imbarcazione si trascurano alcuni fenomeni
considerati secondari ma che se non analizzati in dettaglio possono pregiudicare il corretto
funzionamento dell’intero sistema. Un esempio è dato dalle interferenze e dai problemi di
compatibilità elettromagnetica che interessano gli apparati elettrici - elettronici a bordo, gli apparati
motori, nonché l’intero sistema nave.
Fino a non molti anni fa questi problemi venivano presi in considerazione in fase di collaudo della
nave solamente nel caso in cui si presentassero portando ad errati funzionamenti a bordo. Le
tecniche di riduzione di questi fenomeni oltre che a risultare molto costose non erano così efficaci
poiché risultavano degli interventi “a posteriori” applicati ai sistemi presenti colpevoli di generare o
essere suscettibili a questa tipologia di interferenza. Al giorno d’oggi per la prevenzione di problemi
EMC (EMC: Electromagnetic Compatibility) esistono molti strumenti validi soprattutto se applicati
direttamente già dalle prime fasi di progetto.
In tutti i dispositivi elettrici ed elettronici circolano correnti di intensità variabile che producono,
intenzionalmente o no, onde elettromagnetiche (EM). Queste onde EM possono a loro volta essere
ricevute, intenzionalmente o no, da altri apparati elettrici/elettronici causandone un
malfunzionamento. La EMC si occupa problemi di natura elettromagnetica che inevitabilmente
esistono tra gli apparati elettrici/elettronici e l’ambiente in cui si trovano; in particolare studia il
livello dei disturbi emessi da un apparato che possono degradare le prestazioni di altri sistemi
operanti nello stesso ambiente (EMISSIONE) e nel caso di disturbi EM esterni, la capacità di
conservare le prestazioni operative previste (IMMUNITA’ o SUSCETTIBILITA’). Un sistema si dice
elettromagneticamente compatibile con l’ambiente in cui opera se è in grado di funzionare
correttamente e compatibilmente con la presenza di altri sistemi e allo stesso tempo non deve né
produrre né essere suscettibile a fenomeni di interferenza. Deve perciò soddisfare i seguenti
requisiti:
• non causare interferenze con altri sistemi;
• non essere suscettibile alle emissioni elettromagnetiche degli altri sistemi;
• non causare interferenza verso se stesso.
I principali soggetti nello studio EMC sono tre: sorgente, vittima e percorso di accoppiamento. La
sorgente è l’apparato che genera il disturbo EM, mentre la vittima è l’apparato che “subisce” il
disturbo EM (vedi figura 6.1).
Figura 6.1 - Soggetti nello studio della compatibilità elettromagnetica.
Un problema di compatibilità elettromagnetica è un problema di compatibilità ambientale di un
apparato o di un sistema rispetto al livello dei disturbi o rispetto al grado di sensibilità ai disturbi di
altri apparati o sistemi presenti nello stesso ambiente. La compatibilità elettromagnetica può
essere quindi vista come un particolare caso di inquinamento ambientale, ma in questo caso gli
“agenti inquinanti” sono onde elettromagnetiche. L'evoluzione tecnica ha portato ad apparati
sempre più delicati (dispositivi di controllo, sensori, ecc.) che funzionano sempre più vicino ad
Rapporto Tecnico RT – ISSIA – PA – N. 414 – 2013
27
installazioni elettromeccaniche di potenza e di conseguenza alle relative emissioni. Lo sviluppo di
componentistica elettronica di potenza ha visto il sistema elettromeccanico nella condizione di
essere soggetto a nuovi disturbi. Fino a pochi anni fa, in mancanza di regolamentazione,
l'attenzione è stata riservata solamente agli aspetti di immunità, puntando all’unico obiettivo di
“sopravvivenza” del dispositivo, senza preoccuparsi delle problematiche legate all'emissione,
mentre solo in tempi molto recenti l'interesse nella progettazione si è concentrato anche sugli
aspetti relativi all’emissione, anche come conseguenza di nuovi regolamenti legislativi per la tutela
degli utenti/consumatori che si trovano in ambienti sempre più elettromagneticamente inquinati.
Le sorgenti possono essere classificate in naturali (fulmini, scariche elettrostatiche e sorgenti
cosmiche) ed artificiali; a sua volta quelle artificiali possono essere suddivise in intenzionali e non
intenzionali. Si parla di emettitore intenzionale se è specificatamente progettato per emettere
radiazioni allo scopo di svolgere una determinata funzione (ad esempio un telefono cellulare,
un’antenna o un trasmettitore radio o televisivo) mentre si parla di radiatore non intenzionale se le
emissioni non sono legate alle funzioni che il dispositivo deve svolgere, ma sono una
conseguenza, indesiderata, del funzionamento stesso (ad esempio le radiazioni emesse da un
computer o da un monitor, da una scheda elettronica o da un qualsiasi circuito elettrico percorso
da correnti variabili). Riguardo al ricevitore possiamo fare delle distinzioni a seconda degli effetti
che la radiazione elettromagnetica provoca su di esso: se la radiazione ricevuta genera un
comportamento desiderato si parla di ”segnale utile” (ricevitore intenzionale); se la radiazione
ricevuta genera invece un malfunzionamento, siamo in presenza di un segnale di disturbo
(ricevitore non intenzionale) e siamo così nel caso di Interferenza Elettromagnetica (EMI:
Electromagnetic Interference). Da notare che i radiatori (emettitori) e i ricevitori intenzionali
possono emettere o ricevere radiazioni elettromagnetiche in bande di frequenza diverse da quelle
tipiche del loro normale funzionamento; anche per essi quindi deve essere verificata la
compatibilità elettromagnetica.
Le modalità di propagazione dei disturbi EM si distinguono in disturbi condotti e disturbi irradiati, a
seconda che il percorso di accoppiamento del disturbo sia costituito da un conduttore o dallo
spazio libero. Con disturbi condotti si intendono tutti i segnali indesiderati presenti sotto forma di
tensioni e correnti sui conduttori che entrano ed escono dall’apparato (cavi di alimentazione, cavi
di segnale e di comunicazione). Come disturbi irradiati invece si considerano i segnali indesiderati
presenti sotto forma di campo elettromagnetico nello spazio circostante. In realtà, qualunque
corrente variabile che circola in un conduttore genera la presenza di un campo EM nello spazio
circostante e allo stesso tempo un campo EM induce un segnale elettrico su un conduttore (che
funziona da antenna ricevente). Alle basse frequenze il campo EM risulta confinato attorno alla
struttura che lo genera e risulta più facile misurare i disturbi sottoforma di tensioni e correnti
(disturbi condotti); ma ad alte frequenze tensioni e correnti perdono di significato ed è più agevole
misurare i campi EM. Fenomeni condotti ed irradiati sono quindi molto legati tra loro.
Lo schema rappresentato in fig. 6.2 riassume i problemi di compatibilità elettromagnetica:
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28
Figura 6.2 - Problemi di compatibilità elettromagnetica.
La prima distinzione viene fatta tra fenomeni di emissione (che riguardano la sorgente EM) e
fenomeni di suscettibilità (che interessano la vittima EM) che a sua volta può essere poi suddivisa
in base al percorso di accoppiamento (disturbo condotto o irradiato). Le cause che producono
interferenza elettromagnetica possono trovarsi all’interno del sistema (problema interno,
intrasystem problem), oppure “intersystem” dove l’interferenza può essere prodotta da cause
esterne (problema esterno, intersystem problem). Il “sistema”, dal punto di vista dell’analisi EMC, è
in genere definito come il complesso di dispositivi su cui viene esercitato un controllo in fase di
progetto o di gestione. Una causa molto comune di interferenza interna o esterna al sistema è
dovuta ad un segnale che, pur generato appositamente per un determinato circuito, raggiunge
anche uno o più circuiti a cui il segnale stesso non era dedicato [8].
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29
7 Quadro normativo
Le Tabelle 7.1 e 7.2 delineano il quadro normativo sulle emissioni elettromagnetiche con
riferimento rispettivamente alle Norme di base e alle norme armonizzate europee per le principali
famiglie di prodotto. Dette Norme sono di riferimento in relazione alla misura delle emissioni
condotte e dunque in relazione alla verifica della conformità degli apparecchi ai requisiti essenziali
di compatibilità elettromagnetica indicati dalla direttiva europea 89/336/CE (e successive modifiche
92/31/CE, 93/68/CE fino alla più recente 2004/108/CE).
Tabella 7.1 - Norme di base di emissione in bassa e in alta frequenza.
CONTENUTO
Definizioni
Compatibilità elettromagnetica (EMC) Parte 3. Limiti – Sez. 2:
Limiti per le emissioni di corrente armonica (Apparecchiature
con corrente di ingresso minore o uguale a 16 A per fase)
Compatibilità elettromagnetica (EMC) Parte 3. Limiti – Sez. 2:
Limiti per le emissioni di corrente armonica (Apparecchiature
con corrente di ingresso minore o uguale a 16 A per fase)
Compatibilità elettromagnetica (EMC) Parte 4. Tecniche di
prova e misura – Sez. 7: Guida generale per la misura di
armoniche e interarmoniche
e relativa strumentazione
applicabile alle reti di alimentazione e agli apparecchi ad
esse connessi
CONTENUTO
IEC1
CENELEC2
61000-3-2 (1995)
+A1 (1997) +A2
(1998)
61000-3-3 (2002)
Edition 1.1
1000-4-7
(1991)
EN
61000-3-2
(1995)
+A13
(1997)
EN
61000-3-3
(1995)
+A1
(2001)
EN 61000-4-7
(1993)
IEC
CENELEC
Limiti e metodi di misura delle emissioni alle radiofrequenze CISPR 12(2007)
da parte di veicoli, natanti a motore e dispositivi azionati da
motori con accensione a scintilla.
CISPR 25 (2008)
Radiodisturburbi provocati da
televisivi.Limiti e metodi di misura
ricevitori
radiofonici
e CISPR 13 (2009)
Ed.5
Limiti e metodi di misura dei radiodisturbi provocati da
apparecchi elettrodomestici, utensili portabili e apparecchi
analoghi
Limiti e metodi di misura dei radiodisturbi provocati da
apparecchi di illuminazione per lampade fluorescenti
EN
(2007)
EN
(2008)
EN
(2010)
55012
55025
55013
CISPR 14-1 (2005) EN
55014-1
Ed.5
(2009)
CISPR 15 (2005)
Ed.7
EN
(2007)
55015
Metodi e apparati di misura di radiodisturbi.
CISPR 16-1 (1993)
Specifiche apparati per misura radiodisturbi e immunità. CISPR 16-2 (1996)
Metodi di misura. Criteri di calcolo e limiti
CISPR 16-3 (2000)
CISPR 16-4 (2002)
Limiti e metodi di misura delle caratteristiche delle CISPR 22 (2010)
EN 55022
apparecchiature per la tecnologia dell’informazione relativa ai
(2010)
radiodisturbi
1
2
International Electrotechnical Commission.
Comitè Europèen de Normalisation Electrotecnique.
Rapporto Tecnico RT – ISSIA – PA – N. 414 – 2013
30
Tabella 7.2 - Norme armonizzate europee sull’emissione per le principali famiglie di prodotto.
FAMIGLIA DI EMISSIONE
ARMONICHE
PRODOTTI
Elettrodomestici;
Apparecchi
illuminazione
lampade
fluorescenti
EN 61000-3-2
+A13 (1997)
FLUTTUAZIONI
DI RADIODISTURBI
TENSIONE
(1995) EN 61000-3-3 (1995) +A1 EN 55014-1 (2010)
(2001)
di EN 61000-3-2 (1995)
per +A13 (1997)
EN 61000-3-3 (1995) +A1 EN 55015 (2006)
Mod. A1 (2007)
(2001) N.A. (*)
EN 61000-3-3 (2008)
EN 61000-3-2 (1995)
+A1 (1998) +A2(1998)
+A14 (2000)
EN 61000-3-2 (1995) EN 61000-3-3 (1995) +A1 EN 55013-1 (1996)
+A13 (1997)
(2001) N.A. (*)
EN 55013(2009)
Ricevitori
radiofonici;
Ricevitori televisivi EN 61000-3-2 (1995)
+A1 (1998) +A2(1998)
+A14 (2000)
ITE
EN 61000-3-2 (1995)
(Apparecchiature +A13 (1997) (**)
per la tecnologia
dell’informazione) EN 61000-3-2 (1995)
+A1 (1998) +A2(1998)
+A14 (2000) (****)
Apparecchi per la EN 61000-3-2 (1995)
trasmissione dei +A13 (1997). (*)
segnali su reti
elettriche in bassa EN 61000-3-2 (1995)
tensione
+A1 (1998) +A2(1998)
+A14 (2000)
sistemi
di EN 61800-3 (2004)
azionamento
elettrico a velocità
variabile – Parte 3:
requisiti EMC e
specifici metodi di
prova
EN 61000-3-3 (1995) +A1 EN 300 386-2 (1997)
(2001) N.A. (*)
EN 61000-3-3 (1995) +A1 EN 55022 (2006)
(2001) (***)
+ A1(2007) +
(2010)
EN 61000-3-3 (2008) (***)
A2
EN 61000-3-3 (1995) +A1 EN 50065-1 (2011)
(2001) N.A. (*)
EN 61000-3-3 (1995) +A1
(2001) N.A. (*)
EN 61800-3 (2004)
EN 61800-3 (2004)
(*) N.A. = non applicabile (le norme non prevedono il requisito)
(**) Norma applicabile alle apparecchiature solo se usate in ambiente domestico. Non applicabile ad apparecchi per uso
professionale.
(***) Per apparecchi previsti per il collegamento ad una rete pubblica (IN ≥ 16A).
(****) Per apparecchi professionali previsti per il collegamento alla rete pubblica (IN ≥ 16A, PN ≥ 1000 W).
Rapporto Tecnico RT – ISSIA – PA – N. 414 – 2013
31
8 Disturbi elettromagnetici generati dai convertitori elettronici
di potenza
I convertitori elettronici impiegati negli azionamenti producono una quantità considerevole di
disturbi elettromagnetici. Le commutazioni veloci dei loro dispositivi a semiconduttore generano
elevati gradienti di tensione e corrente (dv/dt e di/dt) responsabili di interferenze elettromagnetiche
condotte ed irradiate, in grado di compromettere il loro corretto funzionamento e quello dei
dispositivi circostanti. La tensione in uscita dal convertitore, infatti, non è sinusoidale ma è
costituita da una serie di gradini di larghezza variabile e ampiezza costante dipendente dal tipo di
controllo scelto, ciò ha come conseguenza un elevato contenuto armonico nella corrente che
alimenta il carico.
I disturbi elettromagnetici in relazione al loro contenuto in frequenza possono essere riferiti a
bande di frequenza ben definite (fig. 8.1), distinguiamo: disturbi a frequenze subarmoniche (al di
sotto di 50 Hz), disturbi a frequenze armoniche (da 50 Hz a circa 2 kHz), disturbi nella banda di
frequenza compresa tra le frequenze acustiche e la radiofrequenza, i disturbi condotti a
radiofrequenza (nella banda di frequenza 150 kHz – 30 MHz) e infine i disturbi irradiati (oltre i 30
MHz).
Figura 8.1 - Classificazione dei disturbi elettromagnetici riferiti a bande di frequenza.
In particolare alimentando un motore tramite un inverter PWM si generano gradienti di tensione
elevatissimi (dell’ordine del kV/μs) che insistono sulle capacità distribuite parassite del sistema.
Tali gradienti, in particolare, generano una corrente transitoria fase-fase dovuta alle capacità tra i
cavi che costituiscono la linea di alimentazione del motore e alle capacità tra gli avvolgimenti del
motore stesso. Generano inoltre una corrente fase-terra dovuta alle capacità parassite fase-terra
tra i cavi che costituiscono la linea di alimentazione del motore e la terra e alle capacità tra gli
avvolgimenti del motore e la sua carcassa connessa a terra. Riassumendo possiamo concludere
che l’entità e lo spettro della corrente di disturbo in un azionamento è determinata
fondamentalmente dal gradiente di tensione imposto dal convertitore (tempi di salita e di discesa
dei gradini di tensione), dall’impedenza complessiva del percorso seguito dalla corrente
considerando gli elementi parassiti del sistema e dalla frequenza della portante, che stabilisce il
numero di commutazioni per unità di tempo. I disturbi introdotti dai gradienti di tensione possono
essere divisi in :
1. Disturbi di modo comune, se si considerano gli effetti sulle capacità parassite tra fase e
terra;
Rapporto Tecnico RT – ISSIA – PA – N. 414 – 2013
32
2. Disturbi di modo differenziale, se si considerano gli effetti sulle capacità tra una fase e
l’altra.
La corrente di modo differenziale si richiude sul link in continua, detto anche DC link (figura 8.2),
gran parte di essa circola nell’anello formato dal condensatore del DC link, dall’inverter e dal
motore. Tuttavia, poiché l’impedenza vista dalla corrente di modo differenziale rispetto al DC link
non è mai uguale a zero, una parte non trascurabile di questa corrente viene assorbita
direttamente dalla rete di alimentazione. Questa parte di corrente di modo differenziale scorre
all’esterno dell’azionamento e costituisce l’emissione EMI condotta di modo differenziale. In
particolare nel caso di inverter PWM, durante ciascun ciclo di commutazione, quando la corrente di
carico si trasferisce da un interruttore ad un diodo di ricircolo, la corrente assorbita dal DC link
varia bruscamente. Per analizzare meglio il fenomeno consideriamo lo schema semplificato di
figura 8.2 in cui sono rappresentate solo le capacità parassite tra i conduttori. Supponiamo che tutti
gli interruttori dei rami superiori siano aperti e quelli inferiori chiusi, e che agli estremi delle capacità
sia applicato lo stesso potenziale (-Vdc/2), di conseguenza risultano cortocircuitate. Se si ha una
commutazione sul primo ramo il potenziale tra la fase A e le altre si porta a Vdc determinando un
gradiente che causa lo scorrimento di una corrente di andamento oscillatorio smorzato, il cui
percorso è evidenziato in blu nella figura 8.2; le sue caratteristiche dipendono dal tempo di salita
della tensione e dall’impedenza del percorso seguito. Le altre due fasi non commutate risultano in
parallelo per cui la corrente si divide equamente tra di esse. Se si ha una nuova commutazione
una parte della corrente torna indietro attraverso il diodo di libera circolazione posto in parallelo al
dispositivo, se ne deduce che l’aliquota della corrente che scorre sul DC link dipende dallo stato
dei dispositivi.
1
2
C
1
B
2
A
+
Vdc/2
Cab
Motore
0
2
Vdc/2
Cac
1
Cbc
-
Figura 8.2 - Percorso della corrente di modo differenziale lato motore.
La corrente di MD è una corrente di disturbo che presenta una componente fondamentale,
sinusoidale di frequenza pari a quella della portante, alla quale si sovrappongono delle oscillazioni
transitorie a frequenza elevata detti spike (impulsi di corrente) dovute alla corrente che nasce ogni
volta che avviene la commutazione di un interruttore.
I possibili percorsi per la corrente di modo differenziale sono essenzialmente due, evidenziati in
figura 8.3, uno lato motore e uno lato alimentazione. L’accoppiamento tra i due anelli avviene
tramite il dc-link. A differenza delle correnti di modo differenziale, le correnti di modo comune non
si richiudono localmente sul link in continua ma fluiscono totalmente attraverso le messe a terra
dell’azionamento e della rete di alimentazione, esse pertanto costituiscono la principale sorgente di
emissioni.
Per un sistema trifase le tensioni e le correnti di modo comune sono definite rispettivamente:
v + vb + vc
Vcm = a
; I cm = ia + ib + ic ; dove i pedici a,b,c indicano le rispettive fasi.
3
Rapporto Tecnico RT – ISSIA – PA – N. 414 – 2013
33
Cf ase-f ase
Raddrizzatore
Inverter
Cf ase-f ase
Motore
0
Figura 8.3 - Possibili percorsi di richiusura della corrente di modo differenziale.
Come già precedentemente accennato il gradiente di tensione dovuto alle commutazioni degli
interruttori applicato alle capacità parassite verso terra origina la corrente di modo comune il cui
andamento dipende dalla frequenza della portante. Tali capacità sono presenti tra i conduttori di
fase che alimentano il motore e terra, tra gli avvolgimenti del motore e la sua carcassa connessa
terra e tra i moduli di commutazione e la carcassa dell’inverter anch’essa collegata a terra per
problemi di sicurezza. Tale corrente di tipo impulsivo risulta proporzionale al rapporto tra la
tensione del bus in continua e il tempo di salita dell’IGBT e i percorsi di richiusura sono mostrati in
figura 8.4.
La tensione di modo comune, che coincide con la tensione di sequenza zero tra centro stella del
motore e la sua carcassa, è generata dagli 8 possibili stati di commutazione dell’inverter che si
traducono in sei diversi livelli di tensione. Al passaggio da uno stato di commutazione al
successivo, la tensione di modo comune presenta una rapida variazione, di ampiezza pari a Vdc/3.
Raddrizzatore
Inverter
Clinea-terra
Motore
Cmot-terra
Cinv -terra
0
Figura 8.4 - Percorsi di richiusura della corrente di modo comune.
In tabella 8.1 sono riportati i valori della tensione di modo comune in corrispondenza delle possibili
configurazioni degli interruttori dell’inverter avendo indicato con 1 lo stato ON e 0 lo stato OFF [9],
[10].
Le correnti di modo comune ad alta frequenza sono tutt’altro che trascurabili negli inverter con
modulazione PWM alimentanti motori a induzione, e possono dare luogo a seri problemi di EMC..
Nei casi più critici, il valore di picco di dette correnti, di andamento generalmente oscillatorio
smorzato, può raggiungere il valore della corrente nominale del motore; questo può influire
negativamente sul corretto funzionamento dell’eventuale controllo in corrente del motore e
determinare interventi intempestivi di eventuali interruttori differenziali.
Un aspetto particolarmente critico delle emissioni elettromagnetiche condotte di modo comune
negli azionamenti elettrici è legato all’insorgere di tensioni all’albero del motore e di correnti ai
cuscinetti che incidono molto negativamente sull’affidabilità dell’azionamento. In particolare, gli
invertiter PWM con elevate frequenze di commutazione, impiegati negli azionamenti con motori a
induzione, generano tensioni di modo comune sugli avvolgimenti statorici del motore che,
attraverso accoppiamenti di tipo elettrostatico tra statore e rotore e tra avvolgimenti statorici e la
carcassa, determinano l’insorgere di tensioni di modo comune sull’albero del motore. Le sfere dei
cuscinetti non sono in contatto elettrico con i relativi anelli, in quanto il grasso interposto, utilizzato
Rapporto Tecnico RT – ISSIA – PA – N. 414 – 2013
34
come lubrificante, ha un certo effetto isolante. Si manifesta, pertanto, un accumulo di carica
elettrica sugli anelli interni dei cuscinetti fino a che il valore della corrispondente tensione verso
terra non supera la capacità dielettrica del grasso, condizione in corrispondenza della quale si
presentano delle correnti di scarica attraverso i cuscinetti. Tali correnti si manifestano con molta
frequenza determinando un deterioramento della superficie degli anelli e delle sfere che, in breve
tempo (non più di qualche mese), conduce da un aumento della rumorosità dei cuscinetti alla loro
totale distruzione. In Figura 8.5 è rappresentato, in sezione, un motore elettrico in cui si evidenzia il
percorso delle correnti ai cuscinetti.
Tabella 8.1 - Valori assunti dalla tensione di modo comune in corrispondenza degli
stati dell’inverter.
Fase A Fase B Fase C VCM
0
0
0
-VDC/2
1
0
0
-VDC/6
1
1
0
VDC/6
0
1
0
-VDC/6
0
1
1
VDC/6
0
0
1
-VDC/6
1
1
0
1
1
1
VDC/6
-VDC/2
Figura 8.5 - Sezione di un motore elettrico in cui si evidenzia il percorso delle correnti
ai cuscinetti.
Nel seguito si riportano, a titolo di esempio, alcune misure di tensione e corrente di modo comune
effettuate su un azionamento, mostrato in Fig. 8.6, avente le seguenti caratteristiche: convertitore
con inverter PWM con potenza massima di 5.5kW; motore asincrono trifase a gabbia con potenza
nominale pari a 0.75kW e corrente nominale per fase di 1.9A. Le Figure 8.7 e 8.8 mostrano
rispettivamente gli schemi di misura utilizzati per il rilievo della tensione di modo comune (Vcm) e
della corrente di modo comune (Icm) lato motore.
La Fig. 8.9 mostra il tipico andamento a sei passi della Vcm mentre in Fig 8.10 è mostrato un
fronte di salita della Vcm in corrispondenza ad una commutazione dei dispositivi dell’inverter. Tale
gradiente di tensione è responsabile della nascita della Icm, mostrata in Fig. 8.11. Il singolo
impulso della Icm in Fig. 8.12 si presenta di andamento oscillatorio smorzato con un valore di picco
di circa la metà della corrente nominale del motore. Infine in Fig. 8.13 è possibile vedere lo spettro
di frequenza della Icm che presenta un picco tra 2 e 3 MHz.
Rapporto Tecnico RT – ISSIA – PA – N. 414 – 2013
35
Figura 8.6 - Azionamento in prova.
Figura 8.7 - Allestimento per la misura della Vcm.
Fig. 8.9 - Tensione di modo comune (Vcm).
Figura 8.8 - Allestimento per la misura della Icm.
Fig. 8.10 - Transitorio di commutazione della Vcm.
Rapporto Tecnico RT – ISSIA – PA – N. 414 – 2013
36
Fig. 8.11 - Andamento nel tempo della Icm.
Fig. 8.12 - Singolo impulso della Icm.
0.05
0.045
0.04
corrente [A]
0.035
0.03
0.025
0.02
0.015
0.01
0.005
10
5
10
6
10
7
frequenz a (Hz)
Fig. 8.13 - Spettro in frequenza della Icm.
Va infine osservato che l’emissione di disturbi a radiofrequenza all’interno di un azionamento
elettrico può essere determinata anche dall’elettronica digitale presente all’interno dell’apparato di
controllo ed in particolare al processore che può anche avere un clock interno nell’ordine delle
decine di MHz. Inoltre ad essa contribuiscono i circuiti di pilotaggio (driver) dei dispositivi switching
che operano una amplificazione dei segnali ad alta frequenza e ai loro collegamento in quanto,
essendo attraversati da segnali di corrente ad alta frequenza irradiano campo elettromagnetico.
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9 Analisi delle sorgenti di emissione condotta in alta frequenza
nei convertitori switching
Allo scopo di poter effettuare uno studio sui parametri che intervengono nella definizione del
contenuto spettrale in alta frequenza dei disturbi emessi da un generico componente elettronico di
potenza controllabile in accensione ed in spegnimento si eseguirà un’analisi in frequenza di una
serie di impulsi trapezoidali.
Ciascun impulso trapezoidale è descritto da un’ampiezza A, un tempo di salita tr, un tempo di
discesa tf ed una larghezza di impulso t al 50% dell’ampiezza (figura 9.1). Il periodo di ripetizione
degli impulsi è indicato con T.
Figura 9.1 - Serie di impulsi trapezoidali.
Come è noto qualsiasi funzione periodica x(t) è esprimibile in serie di Fourier. Nel presente caso si
farà riferimento alla forma esponenziale complessa della serie di Fourier di una funzione periodica
x(t) secondo cui, indicando con ω0 la pulsazione, si ha:
¥
x(t ) = c0 + å cn+ cos (nw0 t + Ðcn )
(4)
n =1
dove
c0 = A
t
T
cn+ = 2 cn
cn =
(n intero positivo)
1 t1 +T
x(t )e jn w0 t dt
ò
T t1
Si dimostra quindi che per una serie di impulsi trapezoidali i coefficienti di espansione hanno le
seguenti espressioni:
é
cn = - j
A
e
2pn
- jn w 0
æ1
ö
æ1
t
sinç nw0 t f
è2
ø e jn w0 2 - è 2
1
1
nw0 t r
nw0 t f
2
2
(t + t r ) ê sinç nw0 t r ÷
2
ê
ê
ê
ë
ù
ö
÷ - jn w t ú
0
øe
2ú
ú
ú
û
(5)
Come si può osservare l’ultima espressione non è di immediata interpretazione. Tuttavia se si
ricorre all’ipotesi semplificativa di supporre che il tempo di salita dell’impulso trapezoidale sia pari
al tempo di discesa si può ottenere una espressione molto utile che consente di effettuare delle
considerazioni di carattere generale. Imponendo allora che tr=tf nella (1), l’espressione dei
coefficienti di espansione complessi cn diventa:
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é æ1
ù
ö
æ1
ö
sinç nw0 t ÷ sinç nw0 t r ÷ - jn w (t + t r ) ú
ê
0
t
2
ø
è2
øe
2 ú
cn = A ê è
1
T ê 1 nw t
ú
n
w
t
0 r
ê 2 0
ú
2
ë
û
(6)
Considerando che ω0 = 2p/T risulta in definitiva:
cn+
t
= 2 cn = 2 A
T
tö
æ
æ t ö
sinç np ÷ sinç np r ÷
Tø
è Tø
è
t
tr
np
np
T
T
(7)
Tale relazione consente quindi di determinare lo spettro discreto delle ampiezze delle armoniche
del segnale in esame nell’ipotesi che il tempo di salita dell’impulso sia pari al tempo di discesa. Si
evince che tale spettro discreto presenta delle righe distanziate di intervalli pari ad 1/T e che il
primo zero si ha in corrispondenza ad n/T=1/t. Di seguito sono rappresentati graficamente gli
andamenti dello spettro della forma d’onda trapezoidale nei casi in cui il rapporto t/T (detto ciclo di
funzionamento) sia eguale ad 1/2 o ad 1/5 (figg. 9.2 e 9.3 rispettivamente).
Figura 9.2 - Spettro discreto di un treno di impulsi trapezoidali di periodo T=2t.
Figura 9.3 - Spettro discreto di un treno di impulsi trapezoidali di periodo T=5t.
Per ricavare altre utili informazioni ci si propone a questo punto di determinare, tramite un
diagramma di Bode, l’inviluppo dello spettro precedentemente individuato. Operando la
sostituzione f=n/T si trasforma lo spettro discreto nel proprio inviluppo continuo in funzione della
frequenza f ottenendo la seguente espressione:
inviluppo = 2 A
t sin(ptf ) sin(ptr f )
T ptf
pt r f
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(8)
39
Per ottenere il diagramma di Bode si opera quindi nel seguente modo:
æ sin (pt r f ) ö
æ sin (ptf ) ö
t ö
æ
÷
÷ + 20 log 10 ç
20 log 10 (inviluppo ) = 20 log 10 ç 2 A ÷ + 20 log 10 çç
÷
ç pt f
÷
è Tø
r
è ptf
ø
è
ø
(9)
Ciò significa che il diagramma di Bode complessivo è somma dei tre diagrammi:
t ö
æ
diagramma1 = 20 log10 ç 2 A ÷
T
è
ø
æ sin(ptf ) ö
÷
diagramma2 = 20 log10 çç
÷
è ptf ø
(10)
æ sin(pt r f ) ö
÷
diagramma3 = 20 log10 ç
ç pt f ÷
r
è
ø
Nel piano di Bode il diagramma 1 ha una pendenza di 0 dB/decade ed un livello di 2Aτ/T. Il
diagramma 2 presenta invece due asintoti7 uno di pendenza 0 dB/decade e l’altro –20 dB/decade,
frequenza di taglio pari a 1/(πτ) e livello pari all’unità. Il diagramma 3 analogamente presenta altri
due asintoti rispettivamente uno di pendenza 0 dB/decade e l’altro di pendenza –20 dB/decade
però con frequenza di taglio pari a 1/( πτr). L’andamento asintotico complessivo consiste quindi nel
piano di Bode di tre segmenti (fig. 9.4). Il primo di pendenza 0 dB/decade, il secondo di pendenza
–20 dB/decade ed infine il terzo di pendenza –40 dB/decade. Dovendo essere τr <τ, la prima
frequenza di taglio dell’inviluppo spettrale sarà quindi pari a 1/( πτ) relativa quindi alla larghezza τ
dell’impulso trapezoidale. La seconda frequenza di taglio sarà invece relativa al tempo di salita.
Dal diagramma di Bode rappresentato si deduce allora che il livello complessivo dell’inviluppo
spettrale di un treno di impulsi trapezoidali dipende sia dall’ampiezza A che dal ciclo di
funzionamento τ/T della sequenza di impulsi; il comportamento dell’inviluppo spettrale alle basse
frequenze dipende dalla larghezza τ dell’impulso; il comportamento alle alte frequenze è legato ai
tempi di salita τr e di discesa τf degli impulsi [4], [11], [12].
Figura 9.4 - Andamento asintotico dell’inviluppo spettrale di un treno d’impulsi trapezoidali nel piano
di Bode.
Per verificare quale sia il contenuto spettrale dei disturbi emessi da un generico componente
elettronico di potenza controllabile in accensione ed in spegnimento, è stata calcolata la
trasformata di Fourier di una funzione periodica trapezoidale utilizzando un programma scritto in
Matlab.
7
Si consideri che la funzione |sinx/x| per bassi valori di x si approssima ad 1 mentre per alti valori di x si approssima ad
1/x. Ciò considerato il diagramma di Bode di tale funzione presenta allora due asintoti: per x<1 un asintoto di pendenza 0
dB/decade, per x>1 un asintoto di –20 dB/decade.
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A titolo di esempio, sono di seguito riportate delle figure che confermano l’analisi matematica
soprascritta e mettono in risalto alcune osservazioni sull’andamento dello spettro dei disturbi.
La figura 9.5 illustra l’analisi spettrale di un impulso trapezoidale di ampiezza pari a 20 A, tempo di
salita tr pari al tempo di discesa tf di valore 20 µs ed una larghezza dell’impulso del 50%, la
frequenza di ripetizione degli impulsi è pari a 5 kHz. Si nota che l’andamento della forma d’onda
dello sprettro discreto corrisponde a quello illustrato dalla figura 9.2.
Confrontando le figure 9.6 e 9.7 si può notare che aumentando la frequenza di ripetizione di un
segnale trapezoidale aumenta il contenuto armonico del disturbo generato a conferma che
maggiore è la velocità di commutazione dei dispositivi maggiore sarà il numero delle armoniche
generate. Inoltre si può notare che nello stesso range di frequenza, l’ampiezza delle armoniche
generate dal dispositivo funzionante a 10 kHz hanno un’ampiezza maggiore rispetto alle
armoniche generate dal dispositivo funzionante a 5 kHz quindi maggiore è la frequenza di
funzionamento dei dispositivi a commutazione maggiore sarà l’intervallo di frequenze con
armoniche significative da prendere in considerazione.
La figura 9.8 mostra lo spettro discreto di un segnale trapezoidale con frequenza di ripetizione f=5
kHz e τr=τf=100 ns. Si può notare come la riduzione del tempo di salita e di discesa dell’impulso
trapezoidale comporta un andamento iperbolico delle armoniche (simile a quello ottenuto dallo
sviluppo in serie di Fourier di un segnale ad onda quadra) piuttosto che un andamento “a lobi”
come in fig. 9.5 in cui τr=τf=20 µs. I dispositivi a commutazione con tempo di salita e di discesa
inferiore a 100 ns presenteranno dunque uno spettro discreto con lo stesso andamento illustrato in
fig. 9.8. Inoltre il contenuto armonico dello spettro di frequenza di un segnale sarà significativo fino
ad una frequenza f=1/2πτ (τ è il valore inferiore tra τr e τf) quindi minore è il tempo di salita o di
discesa dell’impulso trapezoidale maggiore sarà il valore della massima frequenza alla quale si
avranno armoniche significative. Tale concetto è confermato dal confronto tra le figure 9.5 e 9.8.
E’ opportuno osservare che, essendo i dispositivi utilizzati nei convertitori di ultima generazione
molto veloci (tempi di salita e discesa dell’ordine delle decine di ns), l’andamento tipico del disturbo
associato alle commutazioni di detti dispositivi sarà del tipo di quello mostrato in Fig. 9.8.
Figura 9.5 - Spettro discreto di un treno di impulsi trapezoidali con frequenza f=5 kHz e τr=τf=20 µs.
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Figura 9.6 - Analisi dello spettro discreto di un treno di impulsi trapezoidali con frequenza f=5 kHz e
τr=τf=20 µs intorno alla frequenza pari ad 1 MHz.
Figura 9.7 - Analisi dello spettro discreto di un treno di impulsi trapezoidali con frequenza f=10 kHz e
τr=τf=20 µs intorno alla frequenza pari ad 1 MHz.
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Figura 9.8 - Spettro discreto di un treno di impulsi trapezoidali con frequenza f=5 kHz e τr=τf=100 ns.
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10 Conclusioni, problematiche aperte e sviluppi futuri
Nel presente rapporto tecnico è stata affrontata la problematica delle emissioni elettromagnetiche
in ambito marittimo.
Per affrontare tale tematica è stato necessario partire dallo studio degli aspetti generali dei sistemi
elettrici navali. Da ciò è emerso che, le grandezze principali da tenere in considerazione per il
progetto dell’impianto sono il livello di tensione, il valore della frequenza e la corrente utilizzati a
bordo. Inoltre in fase di progetto è di fondamentale importanza la stesura del bilancio elettrico,
strumento che tiene conto del consumo di potenza delle utenze a bordo. E’ emerso che i differenti
carichi presenti a bordo possono richiedere differenti livelli di tensione e frequenza per il loro
funzionamento, ciò implica la necessità di utilizzare diversi sistemi di conversione a bordo. La
coesistenza di tali convertitori pone problemi di compatibilità elettromagnetica per cui sono stati
esposti dei concetti generali sulla EMC (ElectroMagnetic Compatibility). Particolare attenzione è
stata invece rivolta al quadro normativo di riferimento sui valori limite delle emissioni irradiate e
condotte e sulle caratteristiche dei radiodisturbi per la protezione dei ricevitori a bordo di veicoli,
imbarcazioni e motori a combustione interna. Sono stati analizzati i disturbi elettromagnetici
condotti generati dai convertitori di potenza, facendo riferimento alla distinzione in disturbi di modo
comune e di modo differenziale con specifico riferimento all’impiego dei convertitori negli
azionamenti elettrici, ed infine è stata presentata un’analisi in frequenza dei disturbi condotti
generati dai dispositivi di commutazione dei convertitori di potenza.
Dalla trattazione di tale rapporto tecnico si deduce che in un sistema multi-convertitore integrato, le
interazioni elettromagnetiche tra i convertitori possono degradare le prestazioni del sistema o
anche destabilizzare il sistema per cui ciascun convertitore deve essere progettato in modo da
tenere conto del funzionamento degli altri convertitori presenti nel sistema. Inoltre l’introduzione
massiccia di convertitori elettronici di potenza nell’architettura elettrica del natante, insieme
all’introduzione di nuovi dispositivi elettrici, incrementa le problematiche di compatibilità
elettromagnetica (EMC, ElectroMagnetic Compatibility) che devono essere affrontate sin dalle
prime fasi di progetto dell’impianto elettrico di bordo per garantire i requisiti di sicurezza e
affidabilità.
E’ pertanto necessario approfondire lo studio delle interazioni elettromagnetiche in ambiente
marittimo in modo da ottimizzare il progetto delle nuove architetture elettriche e di individuare le più
adeguate tecniche di attenuazione dei disturbi ovvero studiare nuove tecniche di modulazione dei
convertitori e topologie di filtri passivi, attivi o ibridi.
Da un’analisi dello stato dell’arte si evince che la trattazione delle problematiche relative alle
emissioni elettromagnetiche in ambito marittimo ha ancora ampi margini di approfondimento. In
particolare, in relazione alle diverse tipologie di imbarcazioni, è possibile affrontare il problema
interazioni elettromagnetiche fra circuiti di segnale e circuiti di potenza in fase progettuale
considerando principalmente i seguenti aspetti:
- architettura del sistema elettrico di potenza;
- topologie e controllo dei convertitori elettronici di potenza;
- metodologie per la mitigazione delle emissioni elettromagnetiche condotte.
Sarà utile, a monte, sviluppare ed implementare modelli in alta frequenza dei convertitori delle
linee, degli azionamenti elettrici e degli altri dispositivi di impiego marittimo per la previsione dei
meccanismi di generazione e propagazione dei disturbi elettromagnetici condotti. Il contenimento
di tali disturbi verrà conseguito agendo opportunamente sulle sorgenti e sui meccanismi di
accoppiamento.
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Bibliografia
[1] A. Cavallaro, S. De Falco “Sistemi elettrici navali” prima edizione ARACNE editrice S.r.l. marzo
2009
[2] M.Piattelli “Impianti elettrici sulle navi” Casa editrice Tilgher-Genova s.a.s. 1996
[3] N. Mohan, T. Undeland, W. Robbins “Power Electronics” seconda edizione
JW-New York-1996
[4] L. Tihanyi “EMC in Power Electronics” prima edizione IEEE PRESS-New York-1995
[5] N. Mohan, T.M. Undeland, W.P. Robbins “Elettronica di potenza” terza edizione, Ulrico Hoepli
Editore S.p.A. 2005
[6] Norma CEI EN 60146-1-1, 2009, Convertitori e semiconduttori – Prescrizioni Generali e
Convertitori Commutati dalla Linea – Parte 1-1: Specifiche per le Prescrizioni Fondamentali
[7] A. Emadi, M. Ehsani, J. M. Miller “Vehicular Electric Power System – Land, Sea, Air, and Space
Vehicles” prima edizione, CRC Press 2003
[8] R. P. Clayton “Introduction to Electromagnetic Compatibility” Wiley & Sons
[9] G. L. Skibinski, R.J. Kerkman, D. Schlegel, N./D. 1999, Emi Emissions of Modern PWM ac
Drives, “IEEE Ind. Appl. Magazine”
[10] G.Grandi, D. Casadei e U. Reggiani, J. 2004, Common and Differential Mode HF Current
Components in AC Motros Supplied by Voltage Source Inverters, “IEEE Trans. on Power
Electr.”, vol.19, no.1, pp.16-24
[11] C. R. Paul “Compatibilità elettromagnetica” – Hoepli – Milano 1995
[12] S. Longhi “Introduzione alla Compatibilità Elettromagnetica” (dal corso tenuto dal Prof. De
Leo) – CUSL – Ancona, 1992
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