Il nuovo contratto di lavoro IL CCNL 21 MAGGIO 2013 IN VERSIONE COMMENTATA E NON, COMPLETO DI TABELLE RETRIBUTIVE E CONTRIBUTIVE CCNL commentato (a cura di) Massimo De Luca Pagine 260 Euro 21,00 L’autore, avvocato e membro del Consiglio Esecutivo del Fondo Colf, analizza le novità e i contenuti del contratto di lavoro in vigore dal 1° luglio 2013 al 31 dicembre 2016 per i lavoratori – italiani, comunitari ed extracomunitari – addetti all’assistenza della persona autosufficiente e non, alla cura e alla pulizia della casa. Il volume è ricco di esempi di compilazione di buste paga, di formulari e di casi pratici che facilitano la gestione e l’applicazione quotidiana del contratto e dei diversi istituti. Cod. 905030020 CCNL non commentato Pagine 150 Euro 15,00 Il volume riporta il CCNL, in vigore dal 1° luglio 2013 al 31 dicembre 2016, che disciplina il rapporto di lavoro per i lavoratori – italiani, comunitari ed extracomunitari – addetti all’assistenza della persona e alla cura e pulizia della casa. Il volume – oltre al testo contrattuale – riporta: - gli allegati; - le tabelle retributive (dal 1975 al 2013); - le tabelle contributive (dal 2006 al 2013). 2013 Colf & Badanti Naviga il catalogo Buffetti Editore su www.buffetti.it 90171343C Copertina:90171343C Copertina 04/12/13 13.16 Pagina 1 90171343C - Anno XXXVIII - Settimanale 16/12/2013 - Tariffa R.O.C. - Poste Italiane S.p.A. Sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n. 46) Art. 1, comma 1, DCB-Roma - Contiene I.P. Redditometro Il Garante della privacy evidenzia le criticità applicative Reddito di impresa Deducibili per competenza le indennità suppletive di clientela Imposta sul valore aggiunto D.D.L. «Semplificazioni»: le novità in ambito IVA Contenzioso tributario Le procedure per evitare il contenzioso: conciliazione giudiziale e mediazione Ispezioni sul lavoro Accesso «limitato» alle dichiarazioni dei lavoratori rese agli ispettori Rapporto di lavoro • La tredicesima mensilità 2013 • Conguaglio fiscale 2013 Agenti e Rappresentanti La dichiarazione di fine anno per ottenere le agevolazioni fiscali Cod. 904930020 Nei punti vendita Buffetti, nelle migliori librerie e on-line su www.buffetti.it EDITORE EDITORE 43 COSA CAMBIA NELLA GESTIONE QUOTIDIANA DEL CONDOMINIO DOPO IL 18 GIUGNO 2013 L. Tagliolini Pagine 180 Euro 12,90 La legge n. 220/2012 ha riformato il condominio introducendo alcune importanti novità. Il testo riporta in maniera schematica e chiara le modifiche introdotte suddividendole per argomento: Cod. 911030010 parti comuni; regolamento; millesimi; amministratore; debiti del condominio; quorum dell’assemblea. Alla fine di ogni capitolo sono stati inseriti i quesiti più ricorrenti sull’argomento con le relative risposte. A. Donati Pagine 220 Euro 22,00 Successioni & volture catastali AGGIORNATO, COMPLETO, SEMPLICE DA USARE!! a cura di Starsoft software Easy & Professional Euro 89,00 + IVA HEREDITAS è un software molto semplice che consente di gestire in modo agevole e rapido procedure di successioni legittime e testamentarie, utilizzando un elenco preimpostato, definito in base alla normativa, di possibili successori legittimi. L’elenco è modificabile in modo autonomo, sia per quanto riguarda le definizioni descrittive che per le quote spettanti. HEREDITAS gestisce inoltre un archivio delle pratiche trattate e permette di creare: Cod. 977130050 La norma in vigore dal 18 giugno 2013 prevede molte novità soprattutto in materia di gestione condominiale con riflessi proprio sulla riunione di condominio; tra le modifiche più rilevanti introdotte dalla legge n. 220/2012, spicca infatti la rivisitazione dei quorum sia costitutivi che deliberativi relativi all’assemblea. L’Autore esamina il tema partendo dalle norme del Codice civile ritoccato in più punti dalla riforma. Completano l’opera: - una raccolta di risposte ai quesiti ricorrenti; - un excursus di casi pratici selezionati per argomento; - la giurisprudenza più rilevante del settore. Cod. 903930020 REQUISITI HARDWARE 256 Mb di memoria RAM - Connessione Internet - Lettore CD-Rom REQUISITI SOFTWARE Windows 8/7/Vista XP/2000 Il programma è monoutenza, può essere installato su un solo PC. Nei punti vendita Buffetti, nelle migliori librerie e on-line su www.buffetti.it EDITORE - scheda anagrafica del «de cuius», in cui vengono inseriti tutti i suoi dati anagrafici; - schede anagrafiche dei «successori», sia legittimi che testamentari, con visualizzazione e stampa dell’albero genealogico; - situazione patrimoniale del «de cuius», con calcolo automatico del valore dei beni immobili, da utilizzare ai fini della valutazione delle imposte da versare, mediante la rendita ed i coefficienti moltiplicativi catastali e di rivalutazione, stabiliti dalla normativa; - elaborazione automatica delle quote millesimali spettanti a ciascun successore, sia legittimo che testamentario. In base alla situazione patrimoniale inserita, il software valuta le imposte ed effettua il loro riparto, secondo le rispettive quote millesimali, determinando la quota che ciascun successore deve versare. Hereditas consente di effettuare tutte le STAMPE utili per la successione: - dichiarazione di successione su Mod. 4 conforme al modello dell’Agenzia delle Entrate; - dichiarazione della voltura catastale; - modello di pagamento delle imposte su delega F23 conforme al modello dell’Agenzia delle Entrate; - modello di autoliquidazione (con tributi speciali personalizzabili); - prospetto con il riparto delle imposte che ciascun successore deve versare. Nei punti vendita Buffetti, nelle migliori librerie e on-line su www.buffetti.it EDITORE Naviga il catalogo Buffetti Editore su www.buffetti.it La riforma del condominio Naviga il catalogo Buffetti Editore su www.buffetti.it 90171343C Copertina:90171343C Copertina 04/12/13 13.16 Pagina 2 COSA CAMBIA NELLA GESTIONE QUOTIDIANA DEL CONDOMINIO DOPO IL 18 GIUGNO 2013 L. Tagliolini Pagine 180 Euro 12,90 La legge n. 220/2012 ha riformato il condominio introducendo alcune importanti novità. Il testo riporta in maniera schematica e chiara le modifiche introdotte suddividendole per argomento: Cod. 911030010 parti comuni; regolamento; millesimi; amministratore; debiti del condominio; quorum dell’assemblea. Alla fine di ogni capitolo sono stati inseriti i quesiti più ricorrenti sull’argomento con le relative risposte. A. Donati Pagine 220 Euro 22,00 Successioni & volture catastali AGGIORNATO, COMPLETO, SEMPLICE DA USARE!! a cura di Starsoft software Easy & Professional Euro 89,00 + IVA HEREDITAS è un software molto semplice che consente di gestire in modo agevole e rapido procedure di successioni legittime e testamentarie, utilizzando un elenco preimpostato, definito in base alla normativa, di possibili successori legittimi. L’elenco è modificabile in modo autonomo, sia per quanto riguarda le definizioni descrittive che per le quote spettanti. HEREDITAS gestisce inoltre un archivio delle pratiche trattate e permette di creare: Cod. 977130050 La norma in vigore dal 18 giugno 2013 prevede molte novità soprattutto in materia di gestione condominiale con riflessi proprio sulla riunione di condominio; tra le modifiche più rilevanti introdotte dalla legge n. 220/2012, spicca infatti la rivisitazione dei quorum sia costitutivi che deliberativi relativi all’assemblea. L’Autore esamina il tema partendo dalle norme del Codice civile ritoccato in più punti dalla riforma. Completano l’opera: - una raccolta di risposte ai quesiti ricorrenti; - un excursus di casi pratici selezionati per argomento; - la giurisprudenza più rilevante del settore. Cod. 903930020 REQUISITI HARDWARE 256 Mb di memoria RAM - Connessione Internet - Lettore CD-Rom REQUISITI SOFTWARE Windows 8/7/Vista XP/2000 Il programma è monoutenza, può essere installato su un solo PC. 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Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n. 46) art. 1, comma 1, DCB - Roma Su Consulenza on-line (sito www.buffetti.it) è possibile trovare tutte le notizie e gli approfondimenti correlati agli articoli di interesse. NOTIZIE FLASH Fisco & Società ............................................................................................................................................................................ Lavoro & Previdenza .................................................................................................................................................................. 2 6 FISCO & SOCIETÀ Prima pagina Redditometro: il Garante della privacy evidenzia le criticità applicative di Gian Paolo Ranocchi ......................... 11 Reddito d'impresa Deducibili per competenza le indennità suppletive di clientela di Antonio Mastroberti .......................................... 15 IVA Le novità in ambito IVA del D.D.L. «Semplificazioni» di Marco Peirolo ...................................................................... 21 Contenzioso tributario Le procedure per evitare il contenzioso: conciliazione giudiziale e mediazione di Fabio Carrirolo ........................ 29 Panorama di Giurisprudenza tributaria a cura di Carmelo Grimaldi ............................................................ 34 39 LAVORO & PREVIDENZA Prima pagina Il Ministero del lavoro conferma l’accesso «limitato» alle dichiarazioni dei lavoratori rese agli ispettori di Gianfranco Cioffi ......................................................................................................................................................................................................... 43 Rapporto di lavoro La tredicesima mensilità 2013 di Rossella Quintavalle .................................................................................................. Conguaglio fiscale 2013 di Angela Zurri ............................................................................................................................ Categorie protette e invio prospetto informativo di Alberto Romano .......................................................................... Adozione nazionale e internazionale (2a parte) di Edoardo Mancini ........................................................................... 47 53 57 62 Agenti e rappresentanti Intermediari commerciali: dichiarazione di fine anno e agevolazioni fiscali di Pietro Panizzi ................................. 68 CCNL L’istituto della trasferta nella contrattazione collettiva di Marco Micaroni .................................................................. 71 DOCUMENTAZIONE .............................................................................................................................................................................. 75 Direttore Responsabile: Sergio Milocco Segreteria di Redazione: Simona Brizzi Coordinamento Scientifico: Fisco & Società - Valter Selvi (Dottore commercialista) Lavoro & Previdenza - David Trotti (Consulente del lavoro) Collaboratori: Gianfranco Antico; Bruno Benelli; Annamaria Bettagno; Nevio Bianchi; Carmine Bonaccorso; Luigi Caiazza; Aldo Forte; Fabio Carrirolo; Alessandra Gerbaldi; Carmelo Grimaldi; Vittorio Liguori; Giuseppe Maccarone; Luca Miele; Giancarlo Modolo; Roberto Moro Visconti; Pietro Panizzi; Rocchina Staiano; Roberto Vitale. Editore: Gruppo Buffetti S.p.A. - Registrazione presso il Tribunale Civile di Roma, n. 16437 del 7 luglio 1976 Redazione e Direzione: Via Francesco Antolisei, 10 - 00173 Roma - Tel. 06 231951 - Fax 06 23195.490 Studio grafico: Graficando s.c. a r.l., sede legale: Via F. P. De’ Calboli, 5 - 00195 Roma Stampa: Arti Grafiche Picene S.r.l., Via Vaccareccia, 57 - 00040 Pomezia (RM) Distribuzione: «Consulenza» è in vendita in abbonamento Abbonamenti: Annuale Rinnovo € 290,00 € 230,00 Consulenza n. 43/2013 L’abbonamento alla rivista decorre dalla data di ricezione dell’importo - Modalità di pagamento: a) tramite cedola di sottoscrizione presso i Centri Servizio Buffetti; b) con versamento su c/c postale n. 68954007 intestato a Gruppo Buffetti S.p.A. 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Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 688, comma 4, della L. 22 aprile 1941, n. 633 ovvero tra SIAE, AIE e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni di uso differente da quello personale potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dagli aventi diritto/dall’autore. I periodici Buffetti sono prodotti in un sistema di qualità certificato UNI EN ISO 9001. 1 Indice Antiriciclaggio Disciplina antiriciclaggio: le innovazioni in arrivo dall’Europa di Luigi Fiaccola ....................................................... 01) Notizie flash-fisco:01) Notizie flash-fisco 04/12/13 14.21 Pagina 2 FISCO & SOCIETÀ a cura di Valter Selvi Notizie Flash CODICI TRIBUTO APPARECCHI DA DIVERTIMENTO E DA INTRATTENIMENTO: ISTITUZIONE DI DUE NUOVI CODICI TRIBUTO Per consentire il versamento, tramite modello F24 Accise, delle somme dovute per i ticket non riscossi, decorso il termine per la richiesta di pagamento dei relativi titoli, nonché degli interessi attivi relativi alla gestione finanziaria della raccolta del gioco tramite gli apparecchi da divertimento ed intrattenimento, con la Ris. n. 85/E del 28 novembre 2013 sono stati istituiti i seguenti codici tributo, da indicare nella sezione «Accise/Monopoli e altri versamenti non ammessi in compensazione»: – 5348, denominato «Ticket non riscossi su apparecchi da divertimento ed intrattenimento VLT di cui all’art. 110, comma 6, lett. b) del T.U.L.P.S.»; – 5349, denominato «Interessi attivi relativi alla gestione finanziaria della raccolta del gioco tramite gli apparecchi da divertimento ed intrattenimento VLT di cui all’art. 110, comma 6, lett. b) del T.U.L.P.S.». (R.M. 28 novembre 2013, n. 85/E) VENDITA DI PRODOTTI DEL TABACCO A MINORI: ISTITUZIONE DI UN NUOVO CODICE TRIBUTO PER IL VERSAMENTO DELLE SANZIONI AMMINISTRATIVE PECUNIARIE Per consentire il versamento, tramite modello F24 Accise, della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 7 del D.L. n. 158/2012 a carico di chiunque venda o somministri prodotti del tabacco a minori di anni 18, con la Ris. n. 86/E del 28 novembre 2013 è stato istituito il seguente codice tributo, da indicare nella sezione «Accise/Monopoli e altri versamenti non ammessi in compensazione»: – 5350, denominato «Sanzioni pecuniarie amministrative ai sensi dell’art. 7, comma 1, del D.L. n. 15/2012». (R.M. 28 novembre 2013, n. 86/E) DECRETO IMU PUBBLICATO IN GAZZETTA IL DECRETO CHE CANCELLA LA SECONDA RATA IMU ED AUMENTA LA MISURA DEGLI ACCONTI PER I SOGGETTI IRES Nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 30 novembre 2013 è stato pubblicato il D.L. 30 novembre 2013, n. 281, recante «Disposizioni urgenti concernenti l’IMU, l’alienazione di immobili pubblici e la Banca d’Italia». Il provvedimento, sotto il profilo fiscale, cancella la seconda rata IMU per una serie di immobili e dispone l’incremento dell’acconto IRES/IRAP per le società, spostando il termine di versamento al 10 dicembre 2013. Vediamo in dettaglio le disposizioni contenute nel provvedimento: – abolizione della seconda rata IMU (art. 1): il provvedimento conferma l’abolizione della seconda rata IMU 2013 per le abitazioni principali e relative pertinenze. Nel dettaglio l’art. 1 del decreto legge stabilisce che la seconda rata IMU per il 2013 non è dovuta per i seguenti immobili: - dell’abitazione principale e relative pertinenze, con esclusione degli immobili classificati nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9; - delle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari; - degli alloggi assegnati dagli IACP e soggetti assimilati; - della ex casa coniugale assegnata ad uno dei coniugi in caso di separazione o divorzio; - dell’unico immobile (non di pregio) posseduto e non concesso in locazione da parte dei contribuenti facenti parte del personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia nonché al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del personale appartenente alla carriera prefettizia; - degli immobili assimilati all’abitazione principale nei regolamenti comunali (è il caso delle abitazioni possedute da anziani e disabili ricoverati in istituti e di quelle di proprietà di cittadini italiani residenti all’estero); 2 Consulenza n. 43/2013 01) Notizie flash-fisco:01) Notizie flash-fisco 04/12/13 14.21 Pagina 3 - dei terreni agricoli e dei terreni non coltivati posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola; - dei fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all’art. 13, comma 8, del D.L. n. 201/2011. Al riguardo si rileva come la soppressione della seconda rata IMU, diversamente dall’art. 1, comma 1, del D.L. n. 102/2013 (che aveva soppresso la prima rata di giugno 2013), non contempla più i terreni agricoli posseduti da soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali ed i fabbricati rurali ad uso abitativo (salvo che costituiscano abitazione principale del contribuente). Il comma 5 dell’articolo in esame stabilisce che «L’eventuale differenza tra l’ammontare dell’imposta municipale propria risultante dall’applicazione dell’aliquota e della detrazione per ciascuna tipologia di immobile di cui al comma 1 deliberate o confermate dal comune per l’anno 2013 e, se inferiore, quello risultante dall’applicazione dell’aliquota e della detrazione di base previste dalle norme statali per ciascuna tipologia di immobile di cui al medesimo comma 1 è versata dal contribuente, in misura pari al 40%, entro il 16 gennaio 2014». Quindi, se il comune ha deliberato per il 2013 (o anche solo confermato quanto già stabilito nel 2012) l’incremento dell’aliquota base del 4 per mille sull’abitazione principale, il contribuente deve versare il 40% di questa differenza entro il 16 gennaio 2014, posto che lo Stato si fa carico di coprire solo parte di questo onere; – acconti IRES/IRAP (art. 2): a copertura della (parziale) soppressione della seconda rata IMU 2013 l’art. 2 prevede l’incremento al 128,5% (che diventerà 130% per effetto di un ulteriore incremento dell’1,5% annunciato con comunicato stampa del Mef per gli anni 2013-2014 nei confronti di tutti i soggetti IRES) della misura degli acconti IRES/IRAP dovuti per il 2013 da banche, altre società finanziarie ed assicurazioni. Per tali soggetti è stato stabilito, sempre per il solo periodo d’imposta 2013, anche l’innalzamento dal 27,5 al 36% dell’aliquota IRES. Per consentire l’esecuzione dei conguagli il termine di versamento, per tutti i soggetti IRES (anche per quelli che scontano solo la maggiorazione dell’1,5%, per i quali pertanto l’acconto passa al 102,5%) è stato prorogato al 10 dicembre 2013. Il provvedimento in esame istituisce inoltre l’acconto dell’imposta sostitutiva dovuta dagli intermediari finanziari sul risparmio amministrato: tali soggetti dovranno versare, entro il 16 dicembre 2013, un anticipo pari al 100% dell’ammontare complessivo dei versamenti dovuti nei primi 11 mesi dell’anno, che potrà poi essere scomputato nel corso del 2014 dai versamenti della stessa imposta sostitutiva. (D.L. 30 novembre 2013 - in G.U. 30 novembre 2013, n. 281) OPERAZIONI STRAORDINARIE TRASFORMAZIONE DI S.R.L. IN SOCIETÀ SEMPLICE Nella Ris. n. 84/E del 27 novembre 2013 l’Agenzia delle entrate fornisce interessanti spunti interpretativi in merito all’applicazione della norma antielusiva di cui all’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973, che come noto consente all’Amministrazione finanziaria, in materia di imposte dirette, di disconoscere, a determinate condizioni, i vantaggi tributari conseguiti mediante atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, che siano privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario, diretti ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi altrimenti indebiti. Nel caso di specie ad essere considerata elusiva da parte del fisco è una trasformazione da S.r.l. a società semplice; da ciò discende, come chiarito nella risoluzione in esame, che la società dovrà comportarsi fiscalmente come una S.r.l., pur restando sul piano civilistico una società semplice; fatto questo che ha come conseguenza la impossibilità di optare per il consolidato fiscale nonché di aderire alla procedura di liquidazione dell’IVA di gruppo, posto che entrambi i regimi sono preclusi alle società semplici. Una eventuale successiva trasformazione «inversa», da società semplice a S.r.l., avverrebbe peraltro, ai fini delle imposte dirette, in regime di neutralità fiscale, in considerazione della circostanza per cui la trasformazione perfezionata in precedenza è stata disconosciuta ai fini delle imposte dirette e la nuova trasformazione non farebbe altro che ripristinare la situazione originariamente esistente. Relativamente alle imposte indirette detta trasformazione è comunque operazione fuori campo IVA per carenza del requisito soggettivo ex art. 2 del D.P.R. n. 633/1972 ed è pertanto soggetta ad imposta di registro, con applicazione dell’imposta fissa di 168 euro ai sensi dell’art. 4, lett. c), della tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986; in presenza di beni immobili anche le ipocatastali sono dovute nella misura fissa di 168 euro ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. n. 347/1990 e dell’art. 4 della tariffa allegata allo stesso decreto. (R.M. 27 novembre 2013, n. 84/E) Consulenza n. 43/2013 3 Notizie Flash FISCO & SOCIETÀ 01) Notizie flash-fisco:01) Notizie flash-fisco 04/12/13 14.21 Pagina 4 FISCO & SOCIETÀ Notizie Flash REDDITO D’IMPRESA COSTI DEDOTTI IN VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI COMPETENZA: CORREZIONE DEGLI ERRORI CONTABILI A SEGUITO DI ACCERTAMENTO Con la Ris. n. 87/E del 28 novembre 2013 l’Agenzia delle entrate torna sulla tematica relativa alla disciplina applicabile nel caso in cui, a seguito di accertamento, venga recuperato a tassazione un costo dedotto in un periodo d’imposta non di competenza; al riguardo si ricorda che solo poche settimane or sono, con la Circ. n. 31/E del 2013, le Entrate avevano fornito interessanti chiarimenti interpretativi in merito al trattamento fiscale da applicare per la correzione di errori contabili nei casi di mancata imputazione di componenti negativi o positivi nel corretto esercizio di competenza, precisando che anche in tale fattispecie è riconosciuta al contribuente la possibilità di rappresentare all’Amministrazione finanziaria l’esistenza di elementi di costo, non dedotti in precedenti annualità, mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 2, comma 8-bis, del D.P.R. n. 322 del 1998, con le modalità e nei termini previsti nella Circ. n. 31/E del 2 agosto 2012. Sul punto viene ora ulteriormente chiarito che tale possibilità va riconosciuta anche nel caso in cui, a seguito dell’attività accertativa, vengano recuperati costi dedotti in violazione del principio di competenza e la loro corretta imputazione non influisca sul versamento dell’imposta ma incrementi la perdita dichiarata; quindi, se l’esercizio di corretta imputazione è in perdita e questa, successivamente, è stata utilizzata in compensazione negli esercizi successivi, il contribuente potrà evidenziare la stessa presentando anche qui una dichiarazione integrativa di quella in cui avrebbe potuto utilizzare la maggior perdita, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. Ove tale termine sia già decorso, la maggior imposta versata non tenendo conto della maggiore perdita può essere richiesta a rimborso ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. n. 602/1973 entro 48 mesi dal versamento eccedente, ovvero, scaduto anche tale termine, entro due anni dalla data in cui si è reso definitivo l’accertamento per violazione del principio di competenza. Naturalmente, se negli esercizi precedenti a quelli in cui l’accertamento è divenuto definitivo non vi è stato reddito imponibile, la maggior perdita può essere utilizzata a partire da tale esercizio, indicandola nella relativa dichiarazione, non essendo previsti dalla normativa vigente limiti temporali alla utilizzabilità delle perdite. (R.M. 28 novembre 2013, n. 87/E) RISCOSSIONE ISTITUZIONE DEL COMITATO DI INDIRIZZO E VERIFICA DELL’ATTIVITÀ DI RISCOSSIONE MEDIANTE RUOLO Nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 28 novembre 2013 è stato pubblicato il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 16 novembre 2013 che ha provveduto all’istituzione presso il Dipartimento delle finanze del Comitato di indirizzo e verifica dell’attività di riscossione, previsto dall’art. 1, comma 531 della legge n. 212/228. Il Comitato provvederà annualmente alla individuazione delle categorie dei crediti oggetto di recupero coattivo e delle linee guida a carattere generale per lo svolgimento mirato e selettivo dell’azione di riscossione che tenga conto della capacità operativa degli agenti della riscossione e dell’economicità della stessa azione; compito del Comitato sarà poi quello di controllare che l’attività sia stata svolta sulla base delle indicazioni impartite. (D.M. 16 novembre 2013 - in G.U. 28 novembre 2013, n. 279) STUDI DI SETTORE VIA LIBERA DELLA COMMISSIONE DEGLI ESPERTI ALL’EVOLUZIONE DI 69 STUDI DI SETTORE La Commissione degli esperti, nel corso della riunione tenutasi lo scorso 28 novembre 2013, ha dato parere favorevole all’unanimità all’evoluzione di 69 studi di settore, sottolineando la necessità che, anche per il periodo di imposta 2013, vengano approntate adeguate analisi per cogliere gli effetti della congiuntura economica e per individuare gli eventuali correttivi crisi. Inoltre, le Organizzazioni di categoria delle imprese e delle attività professiona- 4 Consulenza n. 43/2013 01) Notizie flash-fisco:01) Notizie flash-fisco 04/12/13 14.21 Pagina 5 FISCO & SOCIETÀ li hanno fornito il loro parere con la specifica indicazione che i due nuovi indicatori di coerenza – il «Margine per addetto non dipendente» e l’«Indice di copertura del costo per il godimento dei beni di terzi e degli ammortamenti» – per gli studi per i quali sono previsti, siano sterilizzati in fase di applicazione. COMUNICAZIONE BENI AI SOCI E FINANZIAMENTI: PUBBLICATE LE SPECIFICHE TECNICHE PER L’INVIO DEI DATI Il prossimo 12 dicembre 2013 scade il termine per l’invio telematico delle comunicazioni relative ai beni d’impresa concessi in godimento ai soci o familiari dell’imprenditore e dei finanziamenti all’impresa o delle capitalizzazioni da parte di soci o familiari dell’imprenditore che hanno un valore complessivo pari o superiore a 3.600 euro. Sul sito Internet dell’Agenzia delle entrate sono disponibili dallo scorso 27 novembre le specifiche tecniche per l’invio dei dati e le istruzioni alla compilazione del modello. RILASCIO DI AGGIORNAMENTI SOFTWARE Sul sito Internet dell’Agenzia delle entrate, nella sezione Software, è disponibile: – la versione 1.0.0 del 25 novembre 2013 del software «Comunicazione beni dell’impresa concessi in godimento a soci o familiari e finanziamenti nei confronti dell’impresa», che permette agli utenti la compilazione delle comunicazioni previste dal Provvedimento del Direttore della Agenzia delle entrate n. 2013/94902 del 2 agosto 2013, con la relativa procedura di controllo; – la versione 1.0.2 del 29 novembre 2013 della procedura di controllo Comunicazioni dei dati sui contratti e premi delle assicurazioni (anno 2012). Consulenza n. 43/2013 5 Notizie Flash SERVIZI TELEMATICI 02) Notizie flash-lavoro:02) Notizie flash-lavoro 04/12/13 14.21 Pagina 6 LAVORO & PREVIDENZA a cura di Bruno Benelli Notizie Flash ASSICURAZIONI SOCIALI INAIL: SOLO DAL 13 NOVEMBRE 2012 IL RIMBORSO FARMACI AI LAVORATORI INFORTUNATI Il diritto al rimborso dei farmaci – dovuto dall’INAIL per gli infortuni verificatisi e le malattie professionali denunciate dal 13 novembre 2012 – trova un limite nella sostenibilità finanziaria che impone l’individuazione di una scala di priorità da definire sperimentalmente sulla base dell’andamento della relativa spesa. Nel confermare la data di decorrenza del diritto in quella di pubblicazione della Circ. n. 62/2012 e cioè il 13 novembre 2012, l’INAIL precisa che questa data potrebbe determinare disparità di trattamento tra assicurati per i quali l’evento lesivo si sia verificato successivamente alla suddetta data e assicurati per i quali l’evento, eventualmente anche molto grave e, dunque, maggiormente meritevole di tutela, sia occorso precedentemente alla data medesima. Per evitare questa situazione l’INAIL dispone che le richieste di rimborso dei farmaci vengano prese in considerazione a prescindere dalla data del verificarsi dell’evento, a condizione che gli assicurati richiedenti si trovino nello stato di inabilità temporanea assoluta alla data del 13 novembre 2012 e che le date della prescrizione medica del farmaco e dello scontrino fiscale, comprovante l’acquisto del farmaco stesso, ricadano in tale periodo o in eventuale periodo di ricaduta in temporanea, relativi all’evento indennizzato. Queste disposizioni si applicano ai casi futuri, alle fattispecie in istruttoria e a quelle per le quali sono in atto controversie amministrative o giudiziarie o, comunque, non prescritte o decise con sentenza passata in giudicato. (INAIL - Circ. n. 56 del 19 novembre 2013) PREVIDENZA AVVOCATI: TUTTI GLI ISCRITTI ALL’ALBO PAGANO LA CASSA FORENSE La legge n. 247/2012, entrata in vigore il 2 febbraio 2013, dispone che l’iscrizione agli Albi comporta la contestuale iscrizione alla Cassa forense e quindi l’iscrizione alla Cassa, già prevista obbligatoriamente per tutti gli iscritti agli Albi che esercitino la professione con carattere di continuità – cioè raggiungano prefissati limiti minimi di reddito o di volume d’affari professionali –, viene ora fatta coincidere con il momento dell’iscrizione agli Albi, a prescindere da tali parametri reddituali. Ne consegue che la cancellazione dalla Cassa forense sarà possibile soltanto nel caso di cancellazione dell’iscritto da tutti gli Albi forensi. Ulteriore conseguenza: per tutti gli iscritti agli Albi non è ammessa l’iscrizione ad altra forma alternativa di previdenza obbligatoria e, quindi, alla gestione separata INPS. La citata legge affida alla Cassa forense il compito di emanare, entro un anno dall’entrata in vigore della legge, un proprio regolamento che determini – per tutti gli iscritti, attuali e nuovi, con reddito inferiore a parametri reddituali da stabilirsi – i minimi contributivi dovuti, nonché eventuali condizioni temporanee di esenzione o diminuzione dei contributi per soggetti in particolari condizioni e l’eventuale applicazione del regime contributivo. In attesa dell’emanando regolamento e della sua approvazione da parte dei Ministeri vigilanti, la Cassa non ha richiesto il pagamento di alcun contributo minimo previdenziale da parte degli iscritti agli Albi, che non siano iscritti alla Cassa alla data del 1° febbraio 2013. La Cassa disciplinerà i termini e le modalità amministrative dell’iscrizione alla previdenza forense, tenendo conto degli istituti dell’iscrizione retroattiva e dei benefici per gli ultraquarantenni, nonché gli effetti previdenziali della cancellazione dagli Albi richiesta dopo l’entrata in vigore dell’emanando regolamento. CONTRIBUTI VOLONTARI INPS: ENTRO DICEMBRE LA TERZA RATA 2013 Entro martedì 31 dicembre i lavoratori autorizzati alla contribuzione volontaria devono saldare all’INPS la terza rata dei contributi dovuti per il 2013, relativa al trimestre luglio-settembre. Appuntamento da non mancare: basta un giorno di ritardo e la legge annulla il versamento e respinge la somma al mittente, senza interessi, a meno che l’interessato comunichi agli uffici di riversare invece il pagamento sul quarto trimestre (ottobre-dicembre). Si deve versare all’INPS l’importo calcolato in percentuale della retribuzione ottenuta sul lavoro nelle 52 settima- 6 Consulenza n. 43/2013 02) Notizie flash-lavoro:02) Notizie flash-lavoro 04/12/13 14.21 Pagina 7 ne precedenti la data di decorrenza dell’autorizzazione (fissata al primo sabato successivo alla presentazione della domanda). In questo modo il lavoratore resta «ancorato» allo stipendio, evitando decrementi della pensione che avverrebbero se invece iniziasse a versare contributi di importo inferiore. Attenzione: il versamento di quote inferiori è sempre possibile, ma in questo caso scatta un meccanismo di salvaguardia delle potenzialità insite nella contribuzione volontaria, in virtù del quale l’INPS ritiene ugualmente pagato l’importo dovuto (e non quello realmente versato). Ma per ottenere questo risultato gli uffici devono contrarre il numero delle settimane coperte dal versamento, per cui il lavoratore, se deve raggiungere un’anzianità contributiva minima indispensabile per avere la pensione, dovrà poi pagare per un periodo di tempo più ampio. La retribuzione minima settimanale sulla quale calcolare il contributo è di 198,17 euro. L’aliquota di versamento per i lavoratori dipendenti (non agricoli) è del 32,37%. Resta al 27,87% l’aliquota dovuta dai «vecchi» lavoratori autorizzati con decorrenza compresa entro il 31 dicembre 1995. Tra le due categorie c’è uno scarto di quattro punti e mezzo. Colf e badanti pagano un contributo molto più basso: esattamente il 17,4275%. Artigiani e commercianti pagano rispettivamente il 21,75% e il 21,84% del reddito di impresa, che per legge è articolato in otto classi predefinite. Pagano il 27% le persone iscritte alla gestione separata INPS in qualità di lavoratori parasubordinati, privi di altra tutela previdenziale e senza pensione; per questi ultimi il contributo è legato all’importo medio dei compensi percepiti nei 12 mesi precedenti, ma con il rispetto di un minimo mensile di 345,54 euro, che in un anno fanno 4.146,39 euro. Si paga (banca o posta) usando il bollettino Mav emesso dall’INPS o stampato direttamente dal sito www.inps.it; in alternativa si può pagare on-line usando il sito INPS o attraverso il call-center INPS, usando in questi due casi la carta di credito. ENASARCO, PENSIONE DI VECCHIAIA: I NUOVI REQUISITI 2014 Nuovi requisiti contributivi e anagrafici per la pensione di vecchiaia che l’Enasarco liquida agli agenti e rappresentanti di commercio; la pensione è appannaggio di chi abbia raggiunto: 1) l’anzianità contributiva minima di 20 anni; 2) l’età anagrafica minima e la «quota» prevista nell’anno di riferimento; la quota è data dalla somma tra l’età anagrafica e l’anzianità contributiva, fermi restando i requisiti minimi di età e di contribuzione. A - Uomini - Nel 2013 la quota è di 87 (con almeno 65 anni di età). Nel 2014 la quota sale a 88, sempre con un’età minima di 65 anni. Il che significa che occorrerà avere come minimo 23 anni di contributi per raggiungere la citata quota; in sostanza la modifica riguarda solo l’aspetto dei versamenti contributivi minimi: da 22 a 23 anni. B - Donne - Nel 2013 la quota è 83 (con almeno 61 anni di età). Nel 2014 la quota sale a 84 con un’età di almeno 62 anni (e quindi con un versamento di contributi per almeno 22 anni). Nelle donne si assiste perciò a una modifica differente da quella stabilita per gli uomini: l’aumento riguarda l’età e non la contribuzione. INARCASSA, PENSIONE DI ANZIANITÀ: DOMANDA ENTRO IL 31 DICEMBRE Quattro importanti notizie dall’Inarcassa, cassa di previdenza di ingegneri e architetti. A - È stato deliberato il differimento del versamento del conguaglio 2012 fino al 30 aprile 2014 con l’applicazione di un interesse dilatorio pari al tasso Bce + il 4,5% applicato ai giorni effettivamente trascorsi dal 31 dicembre 2013 alla data del pagamento; chi vuole fruire di questa facilitazione deve semplicemente generare il bollettino Mav relativo al conguaglio 2012 su Inarcassa on-line, e versare l’importo corrispondente non oltre il 30 aprile 2014. Il versamento non genererà alcuna sanzione e l’importo relativo al tasso d’interesse sarà conteggiato insieme alla rata dei minimi 2014 in scadenza a fine giugno. Attenzione: l’opzione non è esercitabile dagli associati che abbiano già ottenuto la rateazione del conguaglio grazie alle agevolazioni contributive 2013. B - Gli associati che abbiano maturato i requisiti della pensione contributiva entro il 31 dicembre 2012, devono presentare la domanda entro il 31 dicembre 2013, cioè nel tempo massimo di un anno, pena la decadenza del diritto. I requisiti sono: almeno 5 anni di iscrizione e contribuzione (anche non continuativi) e 65 anni di età. I titolari della pensione contributiva potranno continuare l’esercizio della libera professione. C - Alle libere professioniste regolarmente iscritte, l’Inarcassa eroga una indennità di maternità per i due mesi antecedenti e per i tre mesi successivi al parto; la tutela vale anche in caso di adozione, affidamento e aborto. La doConsulenza n. 43/2013 7 Notizie Flash LAVORO & PREVIDENZA 02) Notizie flash-lavoro:02) Notizie flash-lavoro 04/12/13 14.21 Pagina 8 LAVORO & PREVIDENZA Notizie Flash manda va presentata entro 180 giorni dal parto, o dall’effettivo ingresso in famiglia del bambino (o dall’interruzione della gravidanza). La misura dell’indennità è commisurata in percentuale al reddito dichiarato due anni prima, con la garanzia di un importo minimo, pari a 4.895 euro per il 2013 e un tetto massimo, fissato in 24.475 euro per lo stesso anno. D - La pensione di anzianità va in soffitta; gli iscritti che abbiano maturato «quota 97» (età + anzianità) entro il 31 dicembre 2012 o che abbiamo maturato «quota 96» già entro il 31 dicembre 2010, e che in entrambi i casi abbiano raggiunto almeno 35 anni d’anzianità contributiva e 58 anni d’età, devono presentare la domanda, pena decadenza, entro il 31 dicembre 2013. Il trattamento pensionistico è ridotto in funzione dell’età. Rimarrà l’esigua platea di coloro che matureranno 35 anni di anzianità contributiva e 58 anni di età se al 5 marzo 2010 avevano 55 anni e 30 anni d’anzianità. Costoro dovranno presentare la domanda, a pena di decadenza, entro 12 mesi dalla maturazione dei requisiti. Il trattamento pensionistico non sarà ridotto. (Inarcassa - Comunicazione novembre 2013) INPGI: COMUNICAZIONE REDDITI 2012 PER ATTIVITÀ LIBERO-PROFESSIONALE Chi non ha inviato all’INPGI la comunicazione dei redditi prodotti nel 2012 con attività libero-professionale entro il trascorso 31 luglio può sempre regolarizzare la situazione entro il prossimo 31 dicembre versando una sanzione ancora di importo ridotto. Sono tenuti alla comunicazione tutti i giornalisti che nell’anno 2012 hanno svolto attività autonoma giornalistica: a) con partita IVA; b) con la sola ritenuta d’acconto (attività occasionale e/o cessione del diritto d’autore); c) come partecipazione in società semplici o in associazioni tra professionisti. I giornalisti che contemporaneamente all’attività libero-professionale hanno svolto «attività giornalistica sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa» devono comunicare i soli redditi riferiti all’attività liberoprofessionale. I giornalisti che non hanno prodotto reddito da attività giornalistica libero-professionale e non hanno chiesto di essere sospesi dalla contribuzione devono comunque effettuare la comunicazione. I giornalisti che hanno svolto esclusivamente attività di co.co.co. non sono tenuti a presentare la comunicazione dei redditi. Per i ritardatari, l’INPGI tiene disponibile la possibilità di inviare la comunicazione con modalità telematica fino al 30 dicembre 2013, dopo quest’ultima data la comunicazione deve essere inviata tramite raccomandata A/R scaricando il modulo comunicazione redditi. Se la comunicazione viene presentata dopo il 31 luglio si applica una sanzione calcolata come percentuale del contributo soggettivo minimo, che è quindi ridotta per i primi 5 anni di iscrizione all’Albo e per i pensionati. Dal 30 ottobre in poi la sanzione è di 40 euro, ridotta a 16,34 euro, e per i pensionati a 20 euro. (INPGI - Comunicazione novembre 2013) LAVORATRICI MADRI: UN PICCOLO SCONTO SULL’ETÀ PENSIONABILE Per le lavoratrici madri che maturano il diritto ai trattamenti pensionistici continuano a trovare applicazione le disposizioni della legge n. 335/ 1995, che riconoscono i seguenti periodi di accredito figurativo: a) per assenza dal lavoro per periodi di educazione e assistenza dei figli fino al sesto anno di età in ragione di centosettanta giorni per ciascun figlio; b) per assenza dal lavoro per assistenza a figli dal sesto anno di età, al coniuge e al genitore purché conviventi, nel caso le persone siano in condizione di disabilità grave, per la durata di venticinque giorni complessivi l’anno, nel limite massimo complessivo di ventiquattro mesi; c) a prescindere dall’assenza o meno dal lavoro al momento del verificarsi dell’evento maternità, è riconosciuto alla lavoratrice un anticipo di età rispetto al requisito di accesso alla pensione di vecchiaia pari a quattro mesi per ogni figlio e nel limite massimo di dodici mesi; in alternativa al detto anticipo la lavoratrice può optare per la determinazione del trattamento pensionistico con applicazione del moltiplicatore relativo all’età di accesso al trattamento pensionistico, maggiorato di un anno in caso di uno o due figli, e maggiorato di due anni in caso di tre o più figli. C’è il caso di persone – tra cui appunto le lavoratrici madri – che rientrano nel completo sistema di calcolo contributivo a seguito di opzione. In questo caso l’INPS precisa che i lavoratori in possesso, alla data del 31 dicembre 2011, sia dei requisiti per l’e- 8 Consulenza n. 43/2013 02) Notizie flash-lavoro:02) Notizie flash-lavoro 04/12/13 14.21 Pagina 9 sercizio della facoltà di opzione (meno di 18 anni entro l’anno 1995 e almeno altri 15 anni successivi), sia dei requisiti per il diritto alla pensione di vecchiaia nel sistema contributivo prescritti dalla legge vigente ante Riforma Fornero possono accedere alla pensione sulla base delle disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze della vecchia normativa, anche se esercitano la facoltà di opzione successivamente al 31 dicembre 2011. I requisiti che devono essere stati raggiunti entro il 31 dicembre 2011 per il diritto alla pensione di vecchiaia nel sistema contributivo sono i seguenti: a) anagrafico di 60 anni di età per le donne e 65 anni di età per gli uomini, unitamente al requisito contributivo di almeno 5 anni di contribuzione effettiva; b) contributivo di almeno 40 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica, che deve essere perfezionato escludendo i contributi versati volontariamente e moltiplicando per 1,5 i contributi da lavoro versati prima del 18° anno di età; c) contributivo di almeno 35 anni di contributi unitamente ai requisiti chiesti per il sistema delle «quote» (nel periodo 2010-2011 quota 96 con un’ età minima di 60 anni); d) se la pensione di vecchiaia è richiesta da un soggetto di età inferiore a 65 anni, deve essere perfezionato anche il requisito di «importo» del trattamento pensionistico che deve risultare non inferiore ad 1,2 volte l’assegno sociale; e) cessazione del rapporto di lavoro dipendente; in tale fattispecie l’accesso al trattamento è assoggettato alla normativa in materia di decorrenze vigente al 31 dicembre 2011 e quindi alla finestra di 12 mesi. Invece alle lavoratrici madri che maturano i requisiti per il diritto alla pensione di vecchiaia nel sistema contributivo dopo il 31 dicembre 2011 l’anticipo dell’età pensionabile deve essere rapportato alle nuove età pensionabili adeguate agli incrementi della speranza di vita. Questi criteri valgono anche per le lavoratrici madri iscritte alla gestione separata INPS in qualità di parasubordinate e che chiedono che nella gestione vengano accorpati periodi contributivi versati in qualità di lavoratrici dipendenti (settori pubblico e privato) e autonome. (INPS - Mess. n. 18730 del 19 novembre 2013) MEDICI, CONTRIBUTI ENPAM: PRIMA RATA ENTRO IL 31 DICEMBRE Scade il 31 dicembre prossimo la prima rata del contributo che i medici devono versare al Fondo gestito dall’ENPAM; l’Ente ha infatti deciso di prorogare e rateizzare i contributi previdenziali dovuti dai medici e dagli odontoiatri in difficoltà economica. Possono usufruire di questa misura anticrisi gli iscritti che quest’anno hanno subìto (o prevedono di subire) una riduzione di almeno il 30% del proprio reddito libero-professionale rispetto a quello del 2012; gli interessati hanno dovuto compilare e presentare la domanda direttamente on-line nel sito ENPAM entro il trascorso 15 novembre. Chi ha fatto la domanda ha evitato di pagare i contributi sulla libera professione in un’unica soluzione entro il 31 ottobre. Per gli interessati sono pronti tre bollettini di pagamento con scadenza: a) 31 dicembre 2013; b) 28 febbraio 2014; c) 30 aprile 2014. Alle somme dovute saranno aggiunti i soli interessi legali (0,2% al mese) e minime spese di incasso. Gli iscritti che hanno aderito al pagamento rateale hanno autorizzato l’addebito diretto su conto corrente dei contributi dovuti al Fondo di previdenza generale (Quota A e Quota B) a partire dal 2014. Anche questi addebiti verranno fatti a rate oppure, a scelta, in unica soluzione. Dal 2014 la possibilità di rateizzazione sarà estesa a tutti i liberi professionisti che sceglieranno la domiciliazione bancaria per il pagamento dei propri contributi. (ENPAM - Comunicazione novembre 2013) PICCOLA MOBILITÀ: L’INPS NON CHIEDE LA RESTITUZIONE DEI 190 EURO L’INPS, dopo avere invitato gli uffici a riprendere l’attività di verifica circa la spettanza dei benefici riconosciuti alle aziende che assumono i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, al momento blocca l’operazione; in attesa dei richiesti definitivi chiarimenti chiesti al Ministero del lavoro non deve essere richiesto ai datori di lavoro il rimborso dei benefici eventualmente fruiti. Consulenza n. 43/2013 9 Notizie Flash LAVORO & PREVIDENZA 02) Notizie flash-lavoro:02) Notizie flash-lavoro 04/12/13 14.21 Pagina 10 Notizie Flash LAVORO & PREVIDENZA Tutto ciò dipende dal fatto che per il 2013 non sono state prorogate le norme che prevedono l’iscrizione nelle liste di mobilità dei lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo né gli incentivi inerenti al loro reimpiego (cosiddetta piccola mobilità). Già con Circ. n. 13/2013 l’Istituto ha chiarito che non è possibile riconoscere le agevolazioni per le assunzioni, effettuate nel 2013, di lavoratori licenziati nel 2013, riservandosi di fornire indicazioni sulle altre fattispecie. A seguito dei primi chiarimenti forniti dal Ministero del lavoro l’INPS ha precisato che: 1) non è possibile riconoscere le agevolazioni per le assunzioni, effettuate nel 2013, di lavoratori licenziati prima del 2013; 2) non è possibile riconoscere le agevolazioni per le proroghe e le trasformazioni a tempo indeterminato, effettuate nel 2013, di rapporti agevolati instaurati prima del 2013; 3) in via cautelare deve ritenersi anticipata al 31 dicembre 2012 la scadenza dei benefici connessi a rapporti agevolati, instaurati prima del 2013 con lavoratori iscritti nelle liste di mobilità a seguito di licenziamento individuale. Invece per le assunzioni, le proroghe e le trasformazioni effettuate nel 2013, riguardanti lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo, potrà essere fruito l’incentivo (bonus di 190 euro). Le condizioni specifiche e le modalità di fruizione di tale beneficio saranno dall’INPS illustrate con apposita circolare. La mancata proroga delle norme concernenti la cosiddetta piccola mobilità incide anche sulla disciplina dei rapporti istaurati con apprendisti precedentemente licenziati per giustificato motivo oggettivo ed iscritti nelle liste di mobilità; anche su questo punto l’Istituto di previdenza fornirà i criteri per individuare la disciplina contributiva applicabile dopo i necessari chiarimenti ministeriali. (INPS - Mess. n. 18639 del 18 novembre 2013) 10 Consulenza n. 43/2013 03) Ranocchi - Prima pagina:03) Ranocchi - Prima pagina 04/12/13 14.21 Pagina 11 Prima pagina REDDITOMETRO: IL GARANTE DELLA PRIVACY EVIDENZIA LE CRITICITÀ APPLICATIVE dall’Agenzia delle entrate al Il Garante della privacy, con Stop alle spese ISTAT fine di verificare se l’impianil parere n. 2795110 del 21 e molte raccomandazioni to normativo introdotto novembre scorso, ha posto sulla procedura. Il Garante dall’art. 22 del D.L. n. in risalto tutta una serie di 78/2010 e dal decreto attuaticriticità che attengono aldetta la linea per la legittimità vo del D.M. 24 dicembre l’applicazione del cosiddetto del nuovo accertamento sintetico 2012, fosse rispettoso dei «nuovo redditometro». principi fondamentali posti a Gli aspetti salienti che carattutela dei cittadini previsti dal Codice in materia di proterizzano il contenuto del documento sono i seguenti: tezione dei dati personali (D.L. 30 giugno 2003, n. 196). – le spese medie ISTAT non possono concorrere alNella sostanza la verifica si è resa necessaria per esala determinazione sintetica del reddito, in quanto minare la correttezza e la liceità del trattamento dei dati non ancorati ad elementi certi; dati posto in essere dall’Agenzia delle entrate nel– il «fitto figurativo» non potrà essere utilizzato col’ambito dell’attività di selezione e successivo conme strumento per selezionare i contribuenti «a ritrollo di cui al nuovo accertamento sintetico; ciò per schio» di evasione, ma dovrà entrare in gioco solo individuare, in applicazione del Codice di protezione nel successivo contraddittorio; dei dati personali (art. 17, D.L. 30 giungo 2003, n. – nell’invito a comparire, gli uffici dovranno speci196), le garanzie destinate a tutelare i contribuenti in ficare gli effetti del rifiuto di esibizione dei dati. relazione alla modalità di trattamento dei dati personali (1). Si prospetta pertanto l’applicazione di un redditometro privato della componente induttivo/statistica e quindi destinato ad essere utilizzato solo sulla base dei PROFILI CRITICI ATTINENTI cosiddetti «dati certi»; in pratica è molto probabile che IL PROVVEDIMENTO ATTUATIVO in concreto il «redditometro» virerà, nella stragrande DEL 24 DICEMBRE 2012 maggioranza dei casi, in un «sintetico puro» con tutte Viene evidenziata in premessa la tardività della richiele conseguenze del caso. sta, posto che l’Agenzia delle entrate avrebbe dovuto, L’intervento del Garante della privacy è stato richiesto sulla base delle norme che regolano il Codice di prote- (1) In particolare va detto che devono essere utilizzati, in favore del contribuente, tutti gli accorgimenti idonei a correggere i fattori che generano imprecisione nella fase di trattamento dei dati limitando i rischi inerenti nell’attività di profilazione del contribuente. L’intervento del Garante va quindi nella direzione di assicurare le garanzie necessarie ai sensi dell’art. 17 del Codice di protezione dei dati, sul trattamento dei dati personali effettuato dall’Agenzia delle entrate nell’ambito dell’accertamento redditometrico. Secondo il Garante infatti: «Nell’attività di profilazione e, più in generale, nei trattamenti automatizzati di dati personali occorre verificare con particolare rigore il rispetto dei principi in materia di qualità dei dati previsti dall’art. 11 del Codice, considerato soprattutto che “l’inesattezza potenzialmente conseguente all’applicazione automatica di regole inferenziali predefinite può comportare rischi significativi per i diritti e le libertà individuali” (cfr., in particolare, al riguardo, il punto 3.9. della Raccomandazione del Consiglio d’Europa in materia di profilazione). La qualità dei dati deve essere, infatti, garantita in ogni fase del trattamento quale presidio dinamico a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati, considerato, in particolare, che eventuali imprecisioni nella fase di raccolta di informazioni sono destinate a ripercuotersi con esiti imprevedibili sulle determinazioni assunte sulla base di un loro trattamento automatizzato, anche con rilevanti conseguenze in capo agli interessati». Consulenza n. 43/2013 11 Fisco & Società di Gian Paolo Ranocchi 03) Ranocchi - Prima pagina:03) Ranocchi - Prima pagina 04/12/13 14.21 Pagina 12 Fisco & Società Prima pagina zione dei dati personali (art. 154, comma 4, D.L. 30 giugno 2003, n. 196), provvedere antecedentemente all’approvazione del D.M. 24 dicembre 2012, a consultare il Garante della privacy in considerazione dell’incidenza del Provvedimento attuativo del redditometro sulle materie disciplinate dal citato Codice (2). Il decreto attuativo delle Entrate, evidenzia il Garante, avrebbe dovuto definire solo «il contenuto induttivo di elementi di capacità contributiva» individuando unicamente il probabile contenuto in termini di spesa dei beni certamente posseduti e dei servizi chiaramente usufruiti dal contribuente. In realtà, invece, il documento ha fissato delle regole di profilazione del contribuente, che presuppongono la presunta esistenza di una serie di elementi (le cosiddette spese ISTAT) del tutto svincolata da riscontri certi in ordine alla sussistenza degli stessi. Nella sostanza, quindi, il provvedimento è andato ben oltre rispetto a quanto la legge primaria gli aveva assegnato. Sul punto, osserva il Garante, il D.M. 24 dicembre 2012 avrebbe dovuto individuare il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva attraverso l’analisi di campioni significativi di «contribuenti» mentre il sistema delineato dalla Entrate si fonda unicamente sulle spese medie dei nuclei familiari dai quali risalire alla posizione del singolo contribuente con logiche di approssimazione, come vedremo, intollerabili. LE CRITICITÀ NELL’INDIVIDUAZIONE DEL NUCLEO FAMILIARE L’esatta attribuzione del contribuente al «lifestage» di competenza (cd. «famiglia fiscale di riferimento»), è fondamentale per la corretta applicazione del nuovo sistema di selezione e accertamento. Ciò in quanto sulla famiglia si verifica la copertura reddituale rispetto al monte spese intercettate e perché alla profilazione della famiglia si allegano le spese induttive determinate sulla base delle stime ISTAT. Dal documento del Garante emergono una serie di segnalazioni che evidenziano come la procedura predisposta dall’Agenzia delle entrate nel qualificare il nucleo familiare per la campagna redditometro, sia inadeguata rispetto alla situazione reale. Le famiglie, infatti, sono state costruite sulla base delle risultanze fiscali (quadro Fa della dichiarazione dei redditi) e quindi spessissimo non trovano alcuna corrispondenza con il contesto di fatto. A questo si aggiunga che, dalle verifiche ispettive effettuate dal Garante, il numero delle famiglie risultanti dal sistema «sintetico» dell’Agenzia delle entrate (48 milioni), non trova alcuna corrispondenza numerica con il numero delle famiglie italiane (25 milioni da censimento 2011 e dai dati ISTAT 2009). Segno evidente del problema lo scostamento tra i dati reali e quelli utilizzati dall’Agenzia per la profilazione del contribuente, pari a circa 23 milioni di famiglie (3). Addirittura paradossale è il dato che scaturisce dalle banche dati dell’Agenzia secondo cui il numero delle famiglie dei «single» riferibili a minorenni sarebbe pari circa a 2 milioni di cui un milione e cinquecentomila ulteriormente riferibili a soggetti con meno di quattordici anni. Il dato errato è la conseguenza del difetto all’origine (il riferimento alla famiglia fiscale), ma ovviamente trascina con sé tutta una serie di conseguenze che rischiano di diventare incontrollabili. Secondo l’analisi del Garante è quindi evidente che l’errata attribuzione della tipologia di nucleo familiare di appartenenza al contribuente selezionato si pone manifestamente in contrasto con i principi fondamentali in materia di qualità dei dati di cui all’art. 11 del D.L. 30 giugno 2003, n. 196. Sul punto il Garante propone di superare le attuali problematiche con l’obbligo da parte dell’Agenzia delle entrate di verificare le reali informazioni sulla famiglia anagrafica presenti presso le anagrafi comunali, prescindendo dal dato selezionato dai modelli fiscali. LE CRITICITÀ SUI DATI DI MERITO Un altro ambito particolarmente critico segnalato dal Garante è quello delle «spese certe» nell’ambito delle quali, da un riscontro materiale, è emersa la presenza di una gran numero di dati gravemente inesatti in conseguenza «dell’errata digitazione dei dati numerici» riconducibile principalmente ad errori commessi dai soggetti tenuti a comunicare i dati che confluiscono in anagrafe tributaria (es. notai, compagnie di assicurazione, ecc.). Ciò induce ad un consiglio prospettico, specie con riferimento all’annualità 2009, in quanto, nonostante le rassicurazioni dell’Agenzia delle entrate, che garantirà particolare attenzione alla verifica e ove necessario la correzione degli errori, sarà quanto mai opportuno (2) In particolare va rilevato come l’art. 154, comma 4 del Codice di protezione dei dati personali prevede che «Il Presidente del Consiglio dei ministri e ciascun ministro consultano il Garante all’atto della predisposizione delle norme regolamentari e degli atti amministrativi suscettibili di incidere sulle materie disciplinate dal presente codice». (3) Sotto questo profilo va detto che dai dati ISTAT relativi al 2009 e quelli di censimento 2011 risultano circa 25.000.000 di famiglie, mentre il sistema delineato dal redditometro individua un campione di circa 48.000.000 famiglie. 12 Consulenza n. 43/2013 03) Ranocchi - Prima pagina:03) Ranocchi - Prima pagina 04/12/13 14.21 Pagina 13 procedere ad un’attenta verifica, quando arriveranno i primi questionari, sulla bontà delle informazioni selezionate ai fini della verifica nell’ambito dell’accertamento sintetico. LE CRITICITÀ DEI DATI STATISTICI Sui valori ISTAT è calata la mannaia del Garante. I dati ISTAT, evidenzia il Garante, sono stati rilevati principalmente per essere utilizzati quali dati macroeconomici per calcolare il PIL, verificando l’andamento dei consumi nel corso degli anni. In altri termini, le medie in oggetto hanno una specifica finalità che vale nell’ambito delle indagini statistiche e che non può essere estesa ad altri settori come quello fiscale (punto F.2.4 del parere). Dice il Garante che i valori degli importi di spesa cui fa riferimento il decreto sono valori medi, e quindi per loro natura non idonei ad essere ricondotti correttamente ad alcun individuo se non con notevoli margini di errore, risultando così iniqui in eccesso o in difetto rispetto al consumo in concreto di ciascun contribuente. In quest’ambito, poi, non è stata operata alcuna distinzione in relazione alle diverse tipologie di contribuente (4) (operaio, impiegato, libero professionista, industriale, ecc.) i quali risultano avere differenti propensioni al consumo e quindi una diversa composizione della spesa familiare, né è stata in alcun modo considerata l’ampiezza dell’area geografica di riferimento o le differenze che vi possono essere tra diverse zone dei centri abitati. Ciò pone una serie di dubbi sostanziali sulla stessa legittimità del nuovo sistema «redditometro» solo in qualche modo temperati dalle misure restrittive che sono state imposte alle Entrate con il documento in analisi. Infine, sempre con riferimento all’impiego dei dati ISTAT nell’attività di accertamento del reddito, il Garante rileva che l’utilizzo dei dati ricavabili dalle indagini statistiche presuppone la necessità del rispetto delle regole previste dall’art. 105, comma 1 del Codice in materia di trattamento dei dati personali secondo cui i «dati personali trattati per scopi statistici o scientifici non possono essere utilizzati per prendere decisioni o provvedimenti relativamente all’interessato, né per trattamenti di dati per scopi di altra natura. Il trattamento ulteriore prospettato dal decreto in esame potrebbe, quindi, risultare effettuato per scopi incompatibili rispetto alle finalità della raccolta, essendo anche suscettibile di riverberarsi negativamente nei confronti dello stesso interessato che ha fornito l’informazione all’ISTAT». In conclusione della sua analisi il Garante rileva che l’utilizzo dei dati ISTAT «va oltre quanto necessario per ricostruire sinteticamente il reddito del contribuente ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. 600 del 1973, e si pone in contrasto con i principi di correttezza e liceità del trattamento e di esattezza dei dati (artt. 2 e 11 del Codice n. 196/2003)». LE GARANZIE PER I CONTRIBUENTI Il documento del Garante, dopo aver rilevato le criticità emerse in fase di ispezione e le annunciate contromisure poste in essere dall’Agenzia delle entrate durante la verifica, conclude con delle «valutazioni finali» a garanzia del contribuente prescritte nell’ottica di obbligare lo stesso ente impositore al rispetto di alcune norme fondamentali di cui al Codice in materia di protezione dei dati personali. Le raccomandazioni del Garante vanno nella direzione di consentire all’Agenzia delle entrate di ricostruire sinteticamente il reddito del contribuente in modo conforme al Codice avvalendosi a tal fine, però, «dei soli dati relativi alle spese certe, alle spese per elementi certi e al fitto figurativo che, nonostante sia un dato presunto, si presta ad essere facilmente verificato anche in sede di contraddittorio con il contribuente». Il Garante ritiene, infatti, che l’Agenzia delle entrate, adottando le misure e gli accorgimenti sintetizzati nel presente articolo nonché modificando l’applicativo software utilizzato e la relativa prassi e modulistica, «possa procedere legittimamente al trattamento dei dati personali effettuato ai fini dell’accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche di cui all’art. 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600». Come si vede, quindi, il documento in questione è categorico nell’escludere radicalmente l’utilizzo dei dati ISTAT in relazione alla partecipazione degli stessi alla (4) Sul punto il Garante osserva che «La comunità scientifica è concorde nell’affermare che la composizione della spesa varia a seconda dell’ammontare del reddito, determinando un cambiamento in percentuale della stessa con il crescere della disponibilità economica (legge di Engel). In particolare, ad esempio, le spese per i bisogni essenziali (ad esempio, l’alimentazione) diminuiscono con l’aumentare del reddito, mentre aumentano quelle per i beni di lusso. Attribuendo a ciascun contribuente la medesima composizione della spesa attraverso l’utilizzo delle medie ISTAT si determina, quindi, certamente un’errata ricostruzione di ciascuna delle voci di spesa considerate dal decreto. Analoghe considerazioni valgono anche per la propensione al consumo. Infatti, dall’esame delle citate statistiche della Banca d’Italia, emerge, ad esempio, che un individuo con un reddito basso ha una propensione al consumo pari al 113% circa del proprio reddito (ricorso all’indebitamento), mentre chi ha un reddito medio alto ha una propensione a spenderne il 65% circa (possibilità di risparmio)». Consulenza n. 43/2013 13 Fisco & Società Prima pagina 03) Ranocchi - Prima pagina:03) Ranocchi - Prima pagina 04/12/13 14.21 Pagina 14 Prima pagina Fisco & Società quantificazione del reddito «sintetico» imputabile al contribuente (5), non ammettendo, pertanto, nemmeno un utilizzo mediato, in contradditorio con il contribuente, delle stesse medie statistiche, come proposto dalla stessa Agenzia delle entrate. Inoltre lo stesso Garante prescrive il rispetto di alcune garanzie minime che la stessa Agenzia delle entrate dovrà obbligarsi a rispettare, anche prima dell’inizio del trattamento dei dati in capo al contribuente, con riferimento: – – – alla qualità ed esattezza dell’attribuzione del lifestage di riferimento, nonché di quello relativo agli elementi di spesa certa imputabili al contribuente, che dovranno essere previamente verificati considerata l’elevata incidenza di errori presenti in Anagrafe tributaria; alla conservazione dei dati, che non deve andare oltre il periodo per il quale l’agenzia può legittimamente procedere ad accertamento (art. 43, D.P.R. n. 600/1973) salvo proroghe relative a contenziosi in corso; alla qualità dell’informativa in relazione alla notifica del questionario che prelude all’accertamento sintetico, nell’ambito del quale, come visto, l’Agenzia dovrà specificare in maniera più precisa i propri poteri e le sanzioni in caso di mancata partecipazione da parte del contribuente (6). CONSIDERAZIONI FINALI A conclusione del sintetico excursus del pregevole documento del Garante della privacy, emerge che, rispetto alle ipotesi applicative che erano state ufficializzate dalle Entrate con la Circ. n. 24/E di quest’estate, il sistema dovrebbe ora prevedere i seguenti passaggi: – – per la selezione dei contribuenti da accertare entrano in gioco solo le spese certe presenti in Anagrafe tributaria, gli incrementi patrimoniali e la quota risparmio dell’anno; per la determinazione del reddito, oltre alle spese certe e agli incrementi patrimoniali, si utilizzeranno anche le spese «per elementi certi» (ad esempio, costi per la manutenzione dell’auto) e il cd. «fitto figurativo». Chi scrive nutre serie perplessità in merito all’utilizzo del dato statistico tarato sulle spese ISTAT differenziate per nucleo familiare anche in relazione alle «spese per elementi certi». La considerazione di fondo è che se il Garante si è espresso per l’inutilizzabilità dei dati ISTAT in funzione della loro sostanziale inattendibilità, ne dovrebbe conseguire che tale inattendibilità vale per tutto. Quindi se non è ragionevole pretendere che in funzione del proprio lifestage e luogo di residenza un contribuente spenda cento o mille per alimentarsi o vestirsi (queste spese, per quanto rientranti tra quelle per il consumo di beni e servizi comuni, sono sicuramente spese «certe») perché i dati ISTAT non sono attendibili, se ne dovrebbe dedurre che per lo stesso contribuente dovrebbero essere altrettanto di dubbia attendibilità i dati ISTAT relativi ai costi per la sostituzione degli elettrodomestici o per le vettovaglie di casa (e questi invece sono «spese per elementi certi»). In pratica, quindi, il dato ISTAT dovrebbe uscire dal redditometro a 360 gradi. Per quanto riguarda invece gli aspetti procedurali, l’Agenzia delle entrate dovrà recepire le indicazioni del Garante con la revisione delle procedure e dei software applicativi attualmente in uso e con l’adeguamento della modulistica ministeriale. La sostanza, ad ogni buon conto, è che, come abbiamo scritto in premessa, dopo il documento del Garante si va a tutto vapore verso un accertamento che sarà di tipo puramente sintetico e come tale, quindi, basato solo su spese certe (e semmai poco altro). Quindi verso un accertamento che sarà molto più analitico documentale che analitico induttivo. Meglio per molti aspetti, peggio per altri. Ma se non altro molti motivi di discussione saranno (forse) rimossi alla radice. Resta ora da vedere in che tempi l’Agenzia assesterà la macchina in funzione delle indicazioni del Garante. La fine del 2014, non distante, porterà in dote la prescrizione del 2009 che è il primo anno accertabile con il nuovo sistema. L’operazione «nuovo redditometro» muove ora su basi incerte (molti dati sbagliati o inaffidabili), con un decreto attuativo che qualcuno si deve interrogare se tenere invariato, sostituire o modificare, la necessità di un maquillage procedurale e, soprattutto, del sistema applicativo. Staremo a vedere, ma la sensazione è che i problemi non si risolveranno in poco tempo. n (5) Vedasi paragrafo rubricato: «La legittimità del D.M. 24 dicembre 2012». (6) Si veda quanto sopra nel paragrafo «L’informativa». 14 Consulenza n. 43/2013 04) Mastroberti - Reddito d'impresa:04) Mastroberti - Reddito d'impresa 04/12/13 14.21 Pagina 15 Reddito d'impresa DEDUCIBILI PER COMPETENZA LE INDENNITÀ SUPPLETIVE DI CLIENTELA Con la Circ. n. 33/E dell’8 CAMBIAMENTO DEL L’Agenzia delle entrate novembre 2013, l’Agenzia QUADRO NORMATIVO (Circ. n. 33/E del 2013) ritorna delle entrate mette ordine I chiarimenti contenuti nel su un tema che, in virtù dei nell’intricato dedalo di ridocumento di prassi in esasvolti giurisprudenziali inmutamenti subiti dall’indirizzo me prendono le mosse da un generati dalle disposizioni incontrovertibile dato di fatgiurisprudenziale, ha ingenerato previste in materia di deduto di ordine giuridico. La sinon poche incertezze applicative, zione delle quote accantonatuazione non è più la stessa ossia la deducibilità, per la società te per indennità di cessaziose si pone a raffronto la norne del rapporto di agenzia da mativa civilistica applicabile mandante, delle indennità parte della società mandanda un lato sino al 31 dicemdi agenzia, con particolare te. bre 1992 e, da un altro, a parriferimento alle indennità L’Agenzia precisa che per le tire dal 1° gennaio 1993. suppletive di clientela controversie relative a fattiQuesto, come si è detto in specie disciplinate dall’art. premessa, per effetto delle 1751 c.c. nella formulazione modifiche apportate all’art. in vigore dal 1° gennaio 1993, in virtù del consolida1751 c.c. con il cit. D.Lgs. n. 303/1991, e siccome la mento della posizione della Corte di Cassazione, è normativa fiscale rinvia proprio alla normativa civilipossibile dedurre, per competenza, l’accantonamenstica, si tratta di un elemento che assume un rilievo to per indennità di cessazione del rapporto di agenzia centrale, sottolinea l’Amministrazione finanziaria in tutte le sue componenti, senza che possa invocarsi con il documento di prassi in esame, sino a condiziola carenza dei requisiti di certezza e determinabilità nare, nel corso del tempo, lo stesso orientamento della fissati dall’art. 109 del T.U.I.R. giurisprudenza di legittimità. Viene quindi modificata l’impostazione che era emerDifatti, sul piano fiscale la norma di riferimento è sa con la Ris. n. 42/E del 6 luglio 2007, con particolare l’art. 105, comma primo, del T.U.I.R., secondo cui la riferimento alla componente relativa alle indennità deduzione dal reddito d’impresa degli accantonasuppletive di clientela. menti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai Questo in quanto nell’attuale quadro normativo le fondi di previdenza del personale dipendente è amcondizioni per la corresponsione dell’indennità di messa nei limiti delle quote maturate in conformità cessazione si riferiscono a tutta l’indennità di cessazioalle disposizioni legislative e contrattuali che regone del rapporto di agenzia, sicché l’aleatorietà in parolamentano il rapporto di lavoro; il comma quarto di la determinerebbe l’indeducibilità, sic et simpliciter, questo articolo include anche gli accantonamenti redell’intero accantonamento, ma questo è un effetto lativi alle indennità di fine rapporto di cui all’art. 17, che tende a porsi in aperto contrasto con quanto precomma 1, lett. d), in particolare, e dunque le indenvisto dall’art. 105 del T.U.I.R. nità per la cessazione del rapporto di agenzia i quali Diverse considerazioni valgono, avremo modo di vesono disciplinati in via esclusiva ed unitaria dall’art. rificare, per i casi in cui risultava applicabile la discipli1751 c.c. Nella tavola che segue saranno quindi sintena in vigore fino al 31 dicembre 1992, ossia prima delle tizzati i contenuti delle due disposizioni, applicabili, modifiche apportate all’art. 1751 c.c. con l’art. 4 del rispettivamente, fino al periodo d’imposta 1992, o a D.Lgs. 10 settembre 1991, n. 303. partire dall’annualità 2013. Consulenza n. 43/2013 15 Fisco & Società di Antonio Mastroberti 04) Mastroberti - Reddito d'impresa:04) Mastroberti - Reddito d'impresa 04/12/13 14.21 Pagina 16 Reddito d'impresa Fisco & Società ART. 1751 PRIMA E DOPO LE MODIFICHE APPORTATE CON IL D.LGS. N. 303/1991 Periodi d’imposta anteriori al 1° gennaio 1993 Periodi d’imposta successivi al 1° gennaio 1993 Art. 1751, come era prima: - non sottoponeva l’erogazione dell’indennità di cessazione del rapporto di agenzia a condizioni, ma rinviava alla contrattazione collettiva per la determinazione della sua misura; - la contrattazione collettiva distingueva, all’interno dell’unitaria categoria della indennità di cessazione del rapporto di agenzia, una particolare sottocategoria (indennità suppletiva di clientela) la cui erogazione era sottoposta a specifica condizione (se il contratto a tempo indeterminato si scioglie ad iniziativa della casa mandante per fatto non imputabile all'agente o rappresentante). Art. 1751, come è adesso: - non presenta più alcun riferimento ad altre fonti, costituendo pertanto l’unica fonte normativa di riferimento; - non ripropone la distinzione (prevista dalla contrattazione collettiva) tra indennità di risoluzione del rapporto, indennità suppletiva di clientela e indennità meritocratica), fornendo quindi una nozione unitaria e compiuta dell’indennità di cessazione; - fornisce una disciplina unitaria della indennità di cessazione del rapporto di agenzia sottoponendola a determinate condizioni. In particolare, per i periodi d’imposta anteriori al 1° gennaio 1993: – – il cit. art. 1751, comma 1 c.c., disponeva che all’atto dello scioglimento del contratto a tempo indeterminato, il proponente era tenuto a corrispondere all’agente un’indennità proporzionale all’ammontare delle provvigioni liquidategli nel corso del contratto e nella misura stabilita dagli accordi economici collettivi, dai contratti collettivi, dagli usi o, in mancanza, dal giudice secondo equità; l’accordo economico collettivo degli agenti di commercio suddivide l’indennità di cessazione del rapporto di agenzia in tre distinti emolumenti: a) indennità di risoluzione del rapporto, che spetta al termine del rapporto, anche senza incremento di clientela o di fatturato, ed è calcolata in base alle provvigioni maturate fino alla cessazione del rapporto, risultando accantonata anno per anno in apposito fondo; b) indennità suppletiva di clientela, che è dovuta dalla ditta preponente solo a determinate condizioni, ossia se il contratto a tempo indeterminato si scioglie ad iniziativa della casa mandante per fatto non imputabile all’agente o rappresentante; tale indennità è calcolata sull’ammontare globale delle provvigioni per le quali era sorto il diritto al pagamento per tutta la durata del rapporto in favore dell’agente o rappresentante, anche se le stesse somme non sono state interamente corrisposte al momento della cessazione del rapporto; c) indennità meritocratica, che è dovuta in ag- 16 giunta alle precedenti nel solo caso in cui l’importo complessivo di queste sia inferiore al valore massimo previsto dall’art. 1751, comma 3, c.c. e ricorrano le condizioni per cui l’agente, alla cessazione del rapporto, abbia procurato nuovi clienti o abbia sensibilmente sviluppato affari con i clienti esistenti dai quali il preponente riceve ancora sostanziali vantaggi; la quantificazione è pari alla differenza tra l’importo massimo previsto dall’art. 1751, comma 3, c.c. e la somma delle indennità di cui ai punti a) e b). Invece, in relazione ai periodi d’imposta successivi al 1° gennaio 1993 l’art. 1751 c.c. disciplina in modo unitario l’indennità di fine rapporto spettante agli agenti di commercio, senza rinviare alle previsioni del contratto collettivo di categoria. È previsto, infatti, che all’atto della cessazione del rapporto, il preponente è tenuto a corrispondere all’agente un’indennità se ricorrono le seguenti condizioni: – – l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti; il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti. Tra le altre cose è previsto che l’indennità non è dovuta quando il preponente risolve il contratto per un’inadempienza imputabile all’agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto, o quando l’agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circoConsulenza n. 43/2013 04) Mastroberti - Reddito d'impresa:04) Mastroberti - Reddito d'impresa 04/12/13 14.21 Pagina 17 stanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all’agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività, od infine quando, ai sensi di un accordo con il preponente, l’agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto d’agenzia. È infine previsto che l’importo dell’indennità non può superare una cifra equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione. L’ORIENTAMENTO GIURISPRUDENZIALE PER LE ANNUALITÀ FINO AL 1992 L’Amministrazione finanziaria segnala, con il documento di prassi in esame, che con l’assetto normativo previgente alla modifica intervenuta nel corso del 1993 la Corte di Cassazione, dopo essersi pronunciata per la deducibilità degli accantonamenti per indennità suppletiva di clientela (1), aveva poi mutato orientamento, giungendo a sostenere l’indeducibilità dei predetti accantonamenti (2). Con la Sent. 16 maggio 2003, n. 76903 (3), la Corte ha rilevato che l’indennità suppletiva di clientela è caratterizzata dalla mera eventualità dell’obbligo del preponente alla sua corresponsione, condizionata alla ricorrenza della ipotesi che il contratto di agenzia si sciolga ad iniziativa della casa mandante per fatto non imputabile all’agente: e ciò, a differenza dell’indennità di cui all’art. 1751 c.c. alla cui corresponsione il preponente è, in ogni caso, obbligato per legge. I giudici di piazza Cavour hanno quindi sostenuto che l’indennità in questione – in quanto connotata, per la disciplina collettiva che la regola, dall’incertezza dell’obbligo del preponente alla sua corresponsione – costituisce, in pendenza del rapporto di agenzia, un costo meramente eventuale sia nell’«an« che nel «quantum» e, come tale, non deducibile dal reddito d’impresa (zero accantonamenti fiscali), manifestando, invece, la qualità di componente negativo deducibile solo nell’esercizio in cui le somme in parola vengano concretamente ad essere corrisposte dalla società mandante. Inoltre, nella Sent. n. 24973 del 24 novembre 2006 gli Ermellini hanno avuto modo di sostenere che la diversa tesi, favorevole alla deducibilità dell’accantonamento relativo all’indennità suppletiva, si pone in rotta di collisione con il contenuto dell’art. 70, primo comma, del D.P.R. n. 917/1986 (ora art. 105, comma 1 del T.U.I.R.), che consente la deducibilità soltanto delle quote maturate nell’esercizio, ma l’indennità in questione non matura affatto in costanza di rapporto; e quindi tale impostazione non tiene conto che la natura aleatoria dell’erogazione in questione esclude la possibilità di considerare come maturata nell’anno una qualche quota della stessa. In relazione a queste situazioni il quadro giurisprudenziale non può considerarsi mutato, e pertanto, osserva l’Amministrazione finanziaria, sono destinati a rimanere fermi i chiarimenti resi con la Ris. n. 42/E del 6 luglio 2007, secondo cui, avremo modo di verificare, gli accantonamenti relativi alle indennità suppletive di clientela non si prestano ad essere dedotti per competenza. L’ORIENTAMENTO GIURISPRUDENZIALE PER LE ANNUALITÀ A PARTIRE DAL 1993 Come si è già anticipato, la Corte di Cassazione ha avuto modo di esaminare la questione alla luce della modifica normativa intervenuta a decorrere dal 1° gennaio 1993. Con le Sentt. 11 giugno 2009, nn. 13506, 13507, 13508, è stato evidenziato che le precedenti sentenze contrarie alla deducibilità dell’accantonamento per indennità suppletiva di clientela prendevano le mosse da un diverso presupposto normativo e di fatto, e che quindi, tra le altre cose, non contrastavano con i contenuti delle altre sentenze pregresse di segno opposto, poiché, sostanzialmente, una cosa è discutere del trattamento delle indennità in esame in relazione a controversie riferite a periodi di imposta anteriori alla data di entrata in vigore della modifica normativa dell’art. 1751 c.c. (sino al 1992), ed altra cosa è ragionare sulla normativa in vigore dal 1° gennaio 1993. Perciò, i giudici hanno evidenziato che siccome l’art. 1751 c.c. contiene ormai l’intera disciplina dell’indennità di fine rapporto dell’agente di commercio, è venuta meno la distinzione fra indennità di scioglimento del contratto, obbligatoria perché di origine codici- (1) Cfr. C. Cass., Sent. 9 giugno 2003, n. 9179 e Sent. 27 giugno 2003, n. 10221. (2) Per una ricostruzione di alcune posizioni dottrinali a favore di questa impostazione ved. G. GAVELLI, «Deducibile per competenza l’indennità suppletiva di clientela», in Corriere Tributario n. 41/2003, pag. 3415 e segg. (3) Ved. anche le Sentt. 18 novembre 2005 n. 24448, 24 novembre 2006, n. 24973 e 30 gennaio 2007, n. 1910. Consulenza n. 43/2013 17 Fisco & Società Reddito d'impresa 04) Mastroberti - Reddito d'impresa:04) Mastroberti - Reddito d'impresa 04/12/13 14.21 Pagina 18 Fisco & Società Reddito d'impresa stica, e indennità suppletiva di clientela (secondo la tripartizione, desunta dalla contrattazione collettiva, tra indennità di risoluzione del rapporto, indennità suppletiva di clientela e indennità meritocratica), ingenerata dalla contrattazione collettiva e fruibile solo a determinate condizioni (cfr. C. Cass., Sentt. n. 2126/2001 e n. 4586/1991); attualmente l’espressione indennità per la cessazione di rapporti di agenzia ha portata estesa, senza ulteriori distinzioni, alla materia regolata dalla citata norma del Codice; né l’interprete può escludere – anche se la norma sia di stretta e rigorosa interpretazione – ciò che il legislatore non ha inteso esplicitamente escludere, afferma la stessa Corte di Cassazione. Sulla base delle predette considerazioni i giudici hanno infine affermato che a fronte della chiara lettera normativa, e della conseguita unitarietà del trattamento di fine rapporto dell’agente di commercio, l’esclusione della deducibilità dell’accantonamento, fondata sul carattere aleatorio dell’indennità in parola, non convince: anche i fondi di previdenza del personale, cui si riferisce l’art. 70, comma 1, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (ora art. 105 del T.U.I.R.) e, in genere, tutti gli accantonamenti per rischi, contemplano spese di carattere aleatorio senza che, per questo, se ne possa desumere, contra legem, l’indeducibilità. Tale orientamento, sottolinea l’Agenzia delle entrate con la Circ. n. 33/E del 2013, è stato confermato con la sentenza dell’11 aprile 2011, n. 8134, nella quale la Corte di Cassazione ha ribadito che in tema di determinazione del reddito d’impresa il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 70 (attuale art. 105) trova applicazione anche all’indennità suppletiva di clientela, spettante agli agenti, dovendo quest’ultima ritenersi compresa tra le indennità per la cessazione di rapporti di agenzia: detta locuzione va infatti riferita a tutta la materia regolata dall’art. 1751 c.c., il quale contiene ormai l’intera disciplina dell’indennità di fine rapporto dell’agente di commercio, essendo venuta meno ogni distinzione fra indennità di scioglimento del contratto (obbligatoria perché di origine codicistica) ed indennità suppletiva di clientela (derivante dalla contrattazione collettiva e fruibile solo a determinate condizioni), e non potendosi escludere la deducibilità dei relativi accantonamenti in virtù del carattere aleatorio dell’indennità in parola. È stato poi sottolineato, sempre nel documento di prassi in esame, come nella più recente pronuncia del 4 aprile 2013, n. 8288, la Suprema Corte abbia rimarcato la complessiva evoluzione del proprio orientamento nel corso degli anni, che ha portato a ritenere, partendo dal presupposto della «unificazione», da parte dell’art. 1751 c.c., riformato, di tutte le inden- 18 nità di cessazione rapporto – e al di là del carattere eventuale dell’indennità di clientela, questa soltanto dovuta in caso di scioglimento del contratto a tempo indeterminato ad iniziativa del preponente per fatto non imputabile all’agente – che anche l’indennità suppletiva di clientela rientra a pieno titolo nella previsione del D.P.R. n. 917 del 1986 (attuale art. 105 T.U.I.R.), con possibilità di dedurre le indennità inerenti la cessazione del rapporto d’agenzia nei limiti delle quote maturate nell’esercizio (cfr. anche C. Cass. n. 13506/2009). Del pari, in queste sentenze la Suprema Corte ha mantenuto con forza fermo il principio secondo cui la deducibilità degli accantonamenti non può più essere negata in relazione al carattere aleatorio dell’indennità, e che, comunque, l’indeducibilità non potrebbe essere sorretta dall’insussistenza dei requisiti di certezza e determinabilità fissati dall’art. 109 T.U.I.R. Sono quindi stati fugati i dubbi posti sul punto dall’Avvocatura Generale dello Stato (parere del 2 ottobre 2013, n. 391527), basati sul connotato di eventualità che caratterizza la componente costituita dalla indennità suppletiva di clientela. In definitiva, secondo la ricostruzione realizzata dai giudici della Corte di Cassazione: – – da un lato il principio enunciato nel richiamato comma primo dell’art. 109 è destinato ad operare in quanto le precedenti norme della presente sezione non dispongono diversamente (e invece abbiamo il cit. art. 105, che peraltro è contenuto nella stessa sezione, e disciplina specificamente gli accantonamenti relativi alle indennità che trovano causa nella fine del rapporto anche di agenzia); d’altro canto, per loro stessa natura gli accantonamenti (pur fiscalmente deducibili per competenza nei casi e nei limiti fissati dalla legge) in quanto anticipano all’esercizio una quota di costo destinato a verificarsi in futuro hanno necessariamente alla loro base un elemento previsionale e probabilistico (e non già certo o oggettivamente determinabile nel suo ammontare) come si desume anche dagli artt. 106 e 107 del T.U.I.R. e, in definitiva, pure dall’ultimo comma dell’art. 105 il quale consente espressamente l’accantonamento per indennità di fine rapporto di agenzia. PRASSI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE Sul punto l’Amministrazione finanziaria aveva modificato, nel corso del tempo, il proprio orientamento: – in un primo momento l’accantonamento per indennità di cessazione del rapporto di agenzia alla Consulenza n. 43/2013 04) Mastroberti - Reddito d'impresa:04) Mastroberti - Reddito d'impresa 04/12/13 14.21 Pagina 19 Reddito d'impresa Con questa seconda impostazione si era cioè ritenuta non ulteriormente sostenibile la tesi interpretativa secondo cui l’accantonamento ai fondi per indennità di cessazione del rapporto di agenzia, valorizzato nelle sue diverse componenti (indennità di risoluzione, indennità suppletiva e, se ne ricorrono i presupposti, indennità meritocratica) è fiscalmente deducibile nei limiti dell’importo massimo previsto dall’art. 1751, terzo comma, c.c. Con la Circ. n. 33/E dell’8 novembre 2013 l’Agenzia delle entrate chiarisce che alla luce dell’evoluzione del quadro normativo, e preso atto dell’indirizzo della Corte di Cassazione, le suddette indicazioni ostative alla deducibilità dell’indennità suppletiva di clientela, fornite con la Circ. 6 luglio 2007, n. 42/E, sono destinate a restare ferme esclusivamente per le controversie riguardanti accantonamenti effettuati in periodi di imposta anteriori alla data di entrata in vigore della modifica normativa dell’art. 1751 c.c. (1° gennaio 1993). In dottrina era peraltro stato segnalato, da Assonime, con la Circ. n. 41 del 18 luglio 2007, che il cambiamento di indirizzo recato dalla cit. Circ. n. 42/E del 2007 rispetto alla posizione assunta con la Ris. 9 aprile 2004, n. 59/E, e la conseguente riaffermazione dell’indeducibilità degli accantonamenti riguardasse, oltre che l’indennità suppletiva di clientela, anche l’indennità meritocratica, sebbene la Cassazione non avesse espressamente fatto riferimento a questa indennità nelle relative sentenze (5). Infatti, i caratteri di incertezza e di assenza di maturazione sui quali la Corte basa la tesi della indeducibilità degli accantonamenti per l’indennità suppletiva di clientela risultano riproponibili, forse in misura ancor più accentuata, per il caso dell’indennità meritocratica, la cui corresponsione è subordinata ad una serie di condizioni non obiettivamente definibili in costanza del rapporto. Va sottolineato, al riguardo, che entrambi gli accantonamenti erano stati indicati nell’oggetto della cit. Circ. n. 42/E del 2007. LE INDICAZIONI PER IL CONTENZIOSO Perciò, l’Amministrazione finanziaria ha sostenuto, con la Circ. n. 33/E del 2013, che solo in relazione alle vertenze in essere in relazione alla normativa vigente fino all’annualità 1992 può ancora essere sostenuta la linea interpretativa secondo cui l’indennità suppletiva di clientela – in quanto connotata, per la disciplina collettiva che la regola, dall’incertezza dell’obbligo del preponente alla sua corresponsione – costituisce, in pendenza del rapporto di agenzia, un costo meramente eventuale sia nell’an che nel quantum e, come tale, non deducibile, per competenza, dal reddito d’impresa, il che vuol dire, del pari, che la deduzione scatta in concreto solo nell’esercizio in cui la stessa indennità venga concretamente ad essere corrisposta. Diverso discorso vale, però, secondo la ricostruzione in commento, per le controversie relative a fattispecie disciplinate dall’art. 1751 c.c. nella formulazione in vigore dal 1° gennaio 1993, in considerazione della oramai consolidata posizione della Corte di Cassazione, ampiamente descritta supra; in questo caso si rivela corretta la tesi favorevole alla deducibilità, per competenza, dell’accantonamento per indennità di cessazione del rapporto di agenzia in tutte le sue componenti, senza che possa invocarsi al contrario la carenza dei requisiti di certezza e determinabilità fissati dall’art. 109 del T.U.I.R. Con l’attuale quadro normativo, osserva l’Amministrazione finanziaria, le condizioni per la corresponsione dell’indennità di cessazione si riferiscono all’intera indennità di cessazione del rapporto di agenzia, e già questo è un dato importante, perché ove si giungesse a sostenerne l’aleatorietà, dovrebbe eventualmente scattare l’indeducibilità per l’intero accantonamento, conclusione che però si porrebbe in aperto conflitto con l’art. 105 del T.U.I.R. (4) Cfr. cit. pronuncia 16 maggio 2003, n. 7690, e Sentt. 18 novembre 2005, n. 24443, 24 novembre 2006, n. 24973 e 30 gennaio 2007, n. 1910. (5) Si esprime in questa direzione, tra gli altri, S. TRETTEL, «Deducibili per competenza gli accantonamenti per indennità suppletiva di clientela», in Corriere Tributario n. 34/2009, pag. 2755 e seg. (cfr. nota 4). Secondo questo autore il ragionamento portato avanti dalla Cassazione, nella specie con la Sent. n. 13506 dell’11 giugno 2009, a favore della possibilità di attribuire rilevanza fiscale all’accantonamento per indennità suppletiva di clientela, deve ritenersi mutuabile anche in relazione «all’indennità meritocratica, pure essa dovuta subordinatamente al verificarsi di talune condizioni riferite all’an ed al quantum». Consulenza n. 43/2013 19 Fisco & Società – luce del cit. art. 1751 c.c., nella formulazione vigente a decorrere dal 1° gennaio 1993, era stato considerato deducibile dal reddito d’impresa con la Ris. 9 aprile 2004, n. 59/E; in un secondo momento, in ragione dell’evoluzione e del consolidamento del già illustrato indirizzo della Cassazione (4), con la Circ. 6 luglio 2007, n. 42/E, era stata sposata la tesi dell’indeducibilità, per competenza, dal reddito d’impresa della casa mandante, degli accantonamenti effettuati per indennità suppletiva di clientela. 04) Mastroberti - Reddito d'impresa:04) Mastroberti - Reddito d'impresa 04/12/13 14.21 Pagina 20 Reddito d'impresa dennità meritocratica eventualmente corrisposta all’agente in base alle statuizioni dei contratti collettivi di categoria. In definitiva, con la Circ. n. 33/E del 2013 l’Agenzia delle entrate invita le strutture territoriali a riesaminare le controversie pendenti concernenti la materia esaminata e ad abbandonare – con le modalità di rito, tenendo conto dello stato e del grado di giudizio – la pretesa tributaria qualora non conforme al trattamento tributario nei termini sopra delineati, sempre che non siano sostenibili altre questioni. n Fisco & Società Pertanto, secondo la ricostruzione dell’Agenzia delle entrate anche gli accantonamenti per l’indennità suppletiva di clientela, dovuta in applicazione della norma recata dall’art. 1751 in vigore dal 1° gennaio 1993, devono ritenersi deducibili dal reddito di impresa della società mandante, in quanto detta indennità è compresa tra le indennità per la cessazione di rapporti di agenzia, cui fa riferimento l’art. 17, primo comma, lett. d), del T.U.I.R. È appena il caso si sottolineare, ad ogni buon conto, che analoghi riflessi maturano anche in relazione all’in- 20 Consulenza n. 43/2013 05) Peirolo - IVA:05) Peirolo - IVA 04/12/13 14.20 Pagina 21 IVA LE NOVITÀ IN AMBITO IVA DEL D.D.L. «SEMPLIFICAZIONI» Il disegno di legge AS n. 958/2013 (cd. disegno di legge «semplificazioni»), attualmente in corso di esame al Senato, prevede anche alcune novità in materia di IVA, riguardanti: – – – – – la comunicazione dei dati delle dichiarazioni d’intento e il relativo regime sanzionatorio; la comunicazione delle operazioni con i Paesi «black-list»; l’iscrizione nell’archivio VIES ai fini dell’effettuazione di operazioni intracomunitarie; l’esercizio della detrazione dell’IVA per le spese di rappresentanza; la separazione facoltativa delle attività in ambito immobiliare. COMUNICAZIONE DEI DATI DELLE DICHIARAZIONI D’INTENTO DA PARTE DELL’ESPORTATORE ABITUALE L’art. 22, commi 1 e 2, del disegno di legge «semplificazioni» modifica l’obbligo di comunicazione dei dati delle dichiarazioni d’intento, necessaria per effettuare acquisti di beni e servizi senza applicazione dell’IVA, prevedendo che tale adempimento non compete più al fornitore, ma all’esportatore abituale, il quale – successivamente – trasmetterà al proprio fornitore la suddetta dichiarazione, unitamente alla ricevuta dell’avvenuta presentazione all’Agenzia delle entrate. Regime di non imponibilità IVA delle operazioni nei confronti degli esportatori abituali In via preliminare all’esame delle novità in materia, si ricorda che l’art. 8, comma 1, lett. c), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 dispone che costituiscono cessioni all’esportazione, non imponibili IVA, «le cessioni, anche tramite commissionari, di beni diversi dai fabbricaConsulenza n. 43/2013 ti e dalle aree edificabili, e le prestazioni di servizi rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni all’esportazione od operazioni intracomunitarie, si avvalgono della facoltà di acquistare, anche tramite commissionari, o importare beni e servizi senza pagamento dell’imposta». La norma prosegue prevedendo che la non imponibilità si applica alle operazioni (cessioni di beni e prestazioni di servizi) poste in essere nei confronti dei soggetti residenti in possesso dello status di esportatore abituale. Ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. a), del D.L. 29 dicembre 1983, n. 746, convertito dalla L. 27 febbraio 1984, n. 17, si tratta di coloro che, nell’anno solare precedente, abbiano registrato un ammontare di corrispettivi derivanti da operazioni con l’estero superiore al 10% del volume d’affari (determinato a norma dell’art. 20 del D.P.R. n. 633/1972), ma senza tenere conto delle cessioni di beni in transito o depositati nei luoghi soggetti a vigilanza doganale di cui all’art. 7-bis, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 e delle operazioni di cui all’art. 21, comma 6-bis, del D.P.R. n. 633/1972, escluse da IVA ai sensi degli artt. da 7 a 7-septies del D.P.R. n. 633/1972, ossia: Il disegno di legge AS n. 958/2013 contiene una serie di misure di semplificazione finalizzate alla riduzione degli oneri amministrativi e informativi a carico di cittadini e imprese ed utili per il rilancio dell’economia. In questo contributo vengono analizzate le novità allo studio in materia di IVA – – delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, diverse da quelle di cui all’art. 10, comma 1, n. 1), 4) e 9), del D.P.R. n. 633/1972, effettuate nei confronti di soggetti passivi debitori d’imposta in altri Paesi UE; delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuate fuori della UE. In base, poi, all’art. 7, comma 1, lett. c), del D.L. n. 746/1983, l’intento di avvalersi del beneficio in esame, ossia della non imponibilità IVA dell’operazione, deve risultare da un’apposita dichiarazione, da redigersi 21 Fisco & Società di Marco Peirolo 05) Peirolo - IVA:05) Peirolo - IVA 04/12/13 14.20 Pagina 22 IVA Fisco & Società in conformità al modello approvato, da ultimo, dal D.M. 6 dicembre 1986. Tale dichiarazione, appositamente datata, numerata e sottoscritta dall’esportatore abituale, deve indicare anche i limiti, quantitativi o temporali, entro i quali il fornitore è esonerato dall’addebito dell’IVA sulle operazioni poste in essere, in quanto la dichiarazione stessa, anziché anteriormente a ciascuna operazione, può essere emessa con riguardo a più operazioni che saranno realizzate tra le stesse parti, individuate in relazione (1): – – ad un predeterminato periodo temporale o fino a revoca (che non può eccedere, comunque, oltre l’anno); ovvero ad un ammontare prefissato di operazioni. A tale regola fanno, tuttavia, eccezione le importazioni di beni da Paesi/territori extra-UE, imponibili a IVA in Italia ai sensi dell’art. 67 del D.P.R. n. 633/1972, siccome il regime di non imponibilità presuppone che la dichiarazione d’intento sia presentata in dogana prima dell’accettazione della bolletta doganale di ciascuna importazione (2). L’acquisto e l’importazione di beni e servizi senza applicazione dell’IVA è ammesso nei limiti del cd. «plafond», costituito dall’ammontare delle operazioni con l’estero registrate nell’anno solare precedente (plafond fisso o solare), ovvero nei 12 mesi precedenti (plafond mobile o mensile), con esclusione dei fabbricati e delle aree fabbricabili e dei beni/servizi ad IVA indetraibile ex artt. 19 ss. del D.P.R. n. 633/1972 (3). Le operazioni che generano plafond e che concorrono a formare lo status di esportatore abituale sono quelle indicate nel rigo VE 30 (rubricato «Operazioni che concorrono alla formazione del plafond»), mentre sono irrilevanti ai fini in esame quelle riepilogate nei righi VE31 (rubricato «Operazioni non imponibili a seguito di dichiarazione d’intento») e VE32 (rubricato «Altre operazioni non imponibili»). Comunicazione dei dati delle dichiarazioni d’intento In base all’art. 1, comma 1, lett. c), del D.L. n. 746/1983, il fornitore dell’esportatore abituale deve trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati contenuti nelle lettere d’intento ricevute dalla controparte. Il modello di comunicazione, approvato con provvedimento dell’Agenzia delle entrate 14 marzo 2005, deve essere inviato all’Agenzia delle entrate, esclusivamente per via telematica, direttamente o mediante gli intermediari abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, comprese le società del gruppo, di cui all’art. 3, commi 2-bis e 3, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, entro il termine di effettuazione della prima liquidazione IVA periodica (mensile o trimestrale) nella quale confluiscono le operazioni effettuate senza addebito dell’imposta. Il suddetto termine, che implica una diversa scadenza per i contribuenti a seconda della periodicità (mensile o trimestrale) di liquidazione dell’IVA, costituisce il termine ultimo per eseguire l’adempimento, nel senso che, per il cedente/prestatore, è comunque possibile comunicare i dati delle lettere d’intento anteriormente all’effettuazione delle operazioni detassate, per esempio facendo riferimento al mese di ricevimento della dichiarazione d’intento (4). Per effetto dell’art. 2, comma 4, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito dalla L. 26 aprile 2012, n. 44, è venuto meno l’obbligo di comunicare i dati delle dichiarazioni d’intento se il fornitore, dopo avere ricevuto le suddette, non ha effettuato alcuna operazione attiva senza applicazione dell’IVA (5). In tale ipotesi, non si applica, pertanto, più la sanzione amministrativa, da 258,00 a 2.065,00 euro, prevista, per l’omessa comunicazione, dall’art. 11, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471. Regime sanzionatorio L’art. 7, comma 4-bis, del D.Lgs. n. 471/1997 stabilisce che, in caso di omessa comunicazione entro il termine di effettuazione della prima liquidazione IVA periodica nella quale confluiscono le operazioni effettuate senza addebito dell’imposta, ovvero in caso di comunicazione incompleta o inesatta, il fornitore: – – è punito con la sanzione amministrativa dal 100 al 200% dell’imposta; è responsabile in solido con l’esportatore abituale (1) Cfr. C.M. 4 gennaio 1984, n. 3/406976 e R.M. 27 luglio 1985, n. 355235. (2) Cfr. R.M. n. 355235/1985, cit., secondo la quale non può, infatti, definirsi «parte» l’ufficio doganale, così come, del resto, non è previsto, a carico delle dogane, l’incombenza di registrare le dichiarazioni ricevute, diversamente da quanto richiesto nei confronti dei fornitori. (3) Il divieto è esteso all’acquisizione di fabbricati in dipendenza di contratti di appalto aventi per oggetto la loro costruzione o di leasing. Se è vero, infatti, che l’art. 8, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972 esclude espressamente dal beneficio i soli acquirenti di fabbricati e di aree fabbricabili, l’esclusione deve essere estesa anche a tali modalità di acquisizione dei fabbricati, in quanto l’effetto realizzato è equivalente (C.M. 10 giugno 1998, n. 145/E, par. 7). (4) Cfr. Ris. Agenzia delle entrate 1° agosto 2012, n. 82. (5) Cfr. Circ. Agenzia delle entrate 26 settembre 2005, n. 41 (par. 5.2). 22 Consulenza n. 43/2013 05) Peirolo - IVA:05) Peirolo - IVA 04/12/13 14.20 Pagina 23 IVA La circolare dell’Agenzia delle entrate 16 marzo 2005, n. 10 (par. 9.3 e 9.6) ha chiarito che: – – la sanzione in esame deve essere commisurata all’imposta relativa alle operazioni effettuate senza IVA, per cui la stessa non si applica qualora non siano state effettuate operazioni senza addebito d’imposta relative alla lettera d’intento non segnalata. Come anticipato, prima della novità introdotta dal D.L. n. 16/2012, l’omessa comunicazione all’Agenzia delle entrate dei dati contenuti nella lettera d’intento ricevuta dall’esportatore abituale integrava, comunque, una violazione formale, punita con la sanzione da 258,00 a 2.065,00 euro; l’omessa, la tardiva o l’inesatta comunicazione all’Agenzia delle entrate dei dati contenuti nella lettera d’intento è punita con la sanzione dal 100 al 200% dell’imposta relativa alle operazioni effettuate senza IVA anche quando l’operazione effettuata senza IVA è regolare, nel senso che l’esportatore abituale ha lecitamente esercitato il diritto di acquistare i beni/servizi avvalendosi del beneficio in esame (es. acquisto di beni/servizi nel limite del plafond disponibile). Con la successiva Circ. n. 41/E/2005 (par. 5.4 e 5.5) è stato ulteriormente precisato che: – – il fornitore, in caso di omesso o infedele invio dei dati delle dichiarazioni d’intenti, non è tenuto al pagamento dell’imposta non addebitata, in quanto tale obbligo è previsto solo nell’ipotesi di effettuazione di operazioni senza IVA in mancanza della dichiarazione d’intenti; l’omessa o infedele comunicazione dei dati delle dichiarazioni d’intento può essere regolarizzata attraverso il ravvedimento operoso, di cui all’art. 13 del DLgs. 18 dicembre 1997, n. 472, inviando la comunicazione (se omessa), ovvero inviandola corretta (se errata), e pagando la sanzione ridotta ad un decimo (un ottavo, dal 1° febbraio 2011) del minimo entro il termine di un anno dall’omissione o dall’errore. Riguardo, invece, alla responsabilità solidale con l’esportatore abituale dell’imposta evasa, se correlata al- l’infedeltà della dichiarazione d’intento, la Circ. n. 10/E/2005 (par. 9.4 e 9.5) ha chiarito che: – – per «imposta evasa», deve intendersi l’ammontare dell’imposta relativa agli acquisti di beni e servizi effettuati in sospensione d’imposta oltre il plafond disponibile, per cui la responsabilità solidale del fornitore non opera in caso di mancato splafonamento dell’esportatore abituale; la responsabilità solidale in esame riguarda esclusivamente i fornitori (cedenti e prestatori) degli esportatori abituali, per cui la stessa non può estendersi agli intermediari abilitati, ai quali i fornitori abbiano eventualmente affidato la trasmissione telematica dei dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento. Secondo la Circ. Assonime 3 febbraio 2005, n. 3 (par. 2), la responsabilità solidale presuppone che l’evasione dell’imposta, correlata all’infedeltà della lettera d’intento, sia imputabile al fornitore e non anche (o non solo) quando «l’irregolarità trae origine dall’incompletezza o inesattezza della dichiarazione d’intento inviata dal soggetto acquirente o committente» (6). Novità introdotte dal disegno di legge «semplificazioni» L’art. 22, commi 1 e 2, del disegno di legge «semplificazioni» riformula l’art. 1, comma 1, lett. c), del D.L. n. 746/1983, con effetto dalle dichiarazioni d’intento relative alle operazioni senza applicazione d’imposta da effettuare a partire dal 1º gennaio 2014. Viene stabilito, in particolare, che l’obbligo di comunicare i dati delle dichiarazioni d’intento non compete più al fornitore, ma all’esportatore abituale. La dichiarazione d’intento, infatti, anziché «consegnata o spedita al fornitore o prestatore, ovvero presentata in dogana, prima dell’effettuazione della operazione», deve essere «trasmessa telematicamente all’Agenzia delle entrate, che rilascia apposita ricevuta telematica. La dichiarazione, unitamente alla ricevuta di presentazione rilasciata dall’Agenzia delle entrate, è consegnata al fornitore o prestatore, ovvero in dogana». In caso di consegna al cedente o prestatore, quest’ultimo «riepiloga nella dichiarazione IVA annuale i dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento ricevute». Anche il regime sanzionatorio di cui all’art. 7, comma (6) Tale conclusione si evince dalla considerazione che l’art. 1, comma 381, della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (Finanziaria 2005), nell’introdurre l’obbligo di comunicazione dei dati delle dichiarazioni d’intento, non ha modificato né l’art. 8, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, in base al quale la dichiarazione d’intento è rilasciata dall’esportatore abituale sotto la sua responsabilità, né l’art. 7, comma 3, del D.Lgs. n. 471/1997, che prevede l’esclusiva responsabilità dell’esportatore abituale per l’omesso versamento dell’imposta a seguito del rilascio di una dichiarazione d’intento in assenza dei presupposti per l’acquisto senza IVA. Consulenza n. 43/2013 23 Fisco & Società dell’imposta evasa, se correlata all’infedeltà della dichiarazione d’intento. 05) Peirolo - IVA:05) Peirolo - IVA 04/12/13 14.20 Pagina 24 IVA Fisco & Società 4-bis, del D.Lgs. n. 471/1997 viene riordinato, prevedendo che il cedente o prestatore è punito con la sanzione dal 100 al 200% dell’IVA non esposta in fattura se effettua le operazioni di cui all’art. 8, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972 prima di aver ricevuto, da parte del cessionario o committente, la dichiarazione d’intento, corredata della ricevuta di presentazione all’Agenzia delle entrate. COMUNICAZIONE DELLE OPERAZIONI CON I PAESI «BLACK-LIST» Riguardo all’adempimento previsto dall’art. 1, commi 1-3, del D.L. 25 marzo 2010, n. 40, convertito dalla L. 22 maggio 2010, n. 73, in base al quale i soggetti passivi IVA devono comunicare, in via telematica, all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle transazioni con operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Stati o territori cd. «black-list», le novità introdotte dall’art. 22, comma 7, del disegno di legge «semplificazioni» si riferiscono: – – da un lato, alla periodicità di presentazione delle comunicazioni; dall’altro, alla soglia monetaria al di sotto della quale l’obbligo comunicativo è escluso. Termini e periodicità di presentazione delle comunicazioni Le comunicazioni relative alle operazioni effettuate nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio negli Stati o territori considerati «paradisi fiscali» devono essere effettuate secondo quanto già stabilito dagli artt. 2 e 3 del D.M. 30 marzo 2010, ossia: – – – mensilmente o trimestralmente (se l’ammontare totale trimestrale di ciascuna categoria di operazioni non supera la soglia di 50.000,00 euro); entro la fine del mese successivo al periodo (mese o trimestre solare) di riferimento; salvo il passaggio dalla periodicità trimestrale a quella mensile, in caso di superamento della suddetta soglia di 50.000,00 euro. Tali termini si applicano: – – sia che si utilizzi il nuovo modello polivalente, a decorrere dalle operazioni effettuate dal 1° ottobre 2013; sia che, per le operazioni effettuate dal 1° ottobre 2013 al 31 dicembre 2013, si continui ad utilizzare il precedente modello, approvato con provvedimento dell’Agenzia delle entrate 28 maggio 2010. Novità del disegno di legge «semplificazioni» Per le operazioni poste in essere a partire dal 1° gennaio 2014, l’art. 22, comma 7, lett. a), del disegno di legge «semplificazioni» prevede che la comunicazione delle operazioni con i Paesi «black-list» avrà cadenza fissa annuale, senza essere più collegata alle singole operazioni. Esclusione dell’obbligo per le operazioni di importo non superiore a 500,00 euro Al fine di semplificare l’adempimento in esame, l’art. 40, comma 1, del D.L. n. 40/2010, nel testo riformulato dall’art. 2, comma 8, del D.L. n. 16/2012, esclude dall’obbligo di comunicazione le operazioni (attive e passive) di importo non superiore a 500,00 euro (7). Novità del disegno di legge «semplificazioni» Per le operazioni poste in essere a partire dal 1° gennaio 2014, l’art. 22, comma 7, lett. b), del disegno di legge «semplificazioni» prevede che la soglia per l’esclusione dall’obbligo di comunicazione sarà innalzata a 1.000,00 euro. ISCRIZIONE ALL’ARCHIVIO VIES PER L’EFFETTUAZIONE DI OPERAZIONI INTRACOMUNITARIE L’art. 23, comma 1, lett. b), del disegno di legge «semplificazioni» modifica il regime di autorizzazione per l’effettuazione di operazioni intracomunitarie introdotto dall’art. 27 del D.L 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, prevedendo: – – da un lato, la riduzione da 30 a 15 giorni del periodo di tempo entro il quale non è possibile effettuare le suddette operazioni in attesa che si formi il cd. «silenzio-assenso» da parte dell’Agenzia delle entrate; dall’altro, che l’Agenzia delle entrate presume che il soggetto passivo non intende più effettuare operazioni intracomunitarie qualora non abbia presentato alcun elenco riepilogativo per quattro trimestri consecutivi successivi alla data di inclusione nell’archivio VIES (VAT Exchange Information System). (7) Secondo la Circ. Assonime 11 maggio 2012, n. 11, il limite di 500,00 euro deve essere computato per ogni singola operazione e non, quindi, cumulando tutte le operazioni effettuate con lo stesso cliente o fornitore nel mese o trimestre di riferimento. 24 Consulenza n. 43/2013 05) Peirolo - IVA:05) Peirolo - IVA 04/12/13 14.20 Pagina 25 Autorizzazione per l’effettuazione di operazioni intracomunitarie In attuazione dell’art. 35, comma 7-ter, del D.P.R. n. 633/1972, con provvedimenti dell’Agenzia delle entrate 29 dicembre 2010, nn. 188376 e 188381, sono state definite, rispettivamente: – – le modalità di diniego o di revoca dell’autorizzazione necessaria per effettuare operazioni intracomunitarie; i criteri e le modalità per l’inserimento degli operatori economici nell’archivio informatico dei soggetti passivi che effettuano operazioni in ambito intracomunitario (banca dati VIES). A decorrere, infatti, dal 31 maggio 2010, i soggetti che intendono effettuare operazioni intracomunitarie devono rendere nota tale volontà: – – in sede di dichiarazione di inizio attività, compilando il modello AA7/10, per i soggetti diversi dalle persone fisiche e il modello AA9/11, per le persone fisiche. Ai fini della manifestazione di volontà, nel campo «Operazioni intracomunitarie» del quadro I dei suddetti modelli deve essere indicato il volume delle operazioni presunte; ovvero, per i soggetti già titolari di partita IVA, attraverso un’apposita istanza da presentare all’Agenzia delle entrate direttamente, mediante raccomandata o tramite posta elettronica certificata (PEC) (8). Nel primo caso (soggetti che iniziano l’attività), le operazioni intracomunitarie possono essere effettuate decorsi 30 giorni dalla data di attribuzione del numero di partita IVA, salvo che – entro tale termine – l’Agenzia delle entrate abbia negato l’autorizzazione. Il provvedimento di diniego viene emesso in caso di esito negativo dei controlli sull’esattezza dei dati forniti e/o a seguito dell’analisi del rischio oggettivo e soggettivo connesso al richiedente; in assenza del diniego, l’Amministrazione finanziaria, trascorsi 30 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione, include il soggetto passivo nell’archivio VIES. Nel secondo caso (soggetti già titolari di partita IVA, non iscritti nell’archivio VIES), entro 30 giorni dalla ricezione della dichiarazione di volontà a porre in es- sere operazioni intracomunitarie, l’Agenzia delle entrate verifica che i dati forniti siano completi ed esatti ed effettua una valutazione preliminare degli stessi dati e del rischio; in caso di esito negativo, l’Agenzia, entro i suddetti 30 giorni, emana provvedimento di diniego, altrimenti include il soggetto passivo nell’archivio VIES. Dal punto di vista oggettivo, l’art. 35, comma 2, lett. ebis), del D.P.R. n. 633/1972, nel disciplinare la manifestazione di volontà ad effettuare operazioni intracomunitarie, si riferisce espressamente alle operazioni previste dal Titolo II, Capo II del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427. Trattandosi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari di beni, individuati dagli artt. 41 e 38 del D.L. n. 331/1993, era sorto il dubbio se nella nuova disciplina rientrassero anche le prestazioni di servizi «generiche» scambiate con soggetti passivi stabiliti in altri Paesi membri (9); sul punto, è stato chiarito che il regime autorizzatorio si applica anche alle prestazioni di servizi «generiche» territorialmente rilevanti ai fini IVA nel Paese di stabilimento del committente, in quanto le disposizioni comunitarie in materia non distinguono tra soggetti che effettuano forniture intracomunitarie di beni o prestazioni intracomunitarie di servizi (10). Soggettività passiva IVA nelle operazioni intracomunitarie Senza iscrizione nell’archivio VIES, la soggettività passiva per l’effettuazione di operazioni intracomunitarie è sospesa. La sospensione, pertanto, opera non solo nel periodo di 30 giorni entro il quale l’Agenzia delle entrate può eventualmente negare l’iscrizione, ma anche nell’ipotesi in cui l’autorizzazione sia negata o revocata e fino a quando il contribuente ottenga l’iscrizione nell’archivio a seguito di annullamento in autotutela o in sede giudiziale del provvedimento di diniego o di revoca, ovvero a seguito di una nuova istanza, il cui esame abbia portato a constatare il venire meno dei fattori di rischio di finalità evasive o di frode. Senza iscrizione, le operazioni intracomunitarie vanno trattate, ai fini IVA, alla stessa stregua delle operazioni interne e, quindi, assoggettate ad imposta nel Paese di origine, anziché in quello di destinazione. (8) Anche i soggetti non residenti possono manifestare l’intenzione di effettuare operazioni intracomunitarie, se identificati direttamente, ex art. 35-ter del D.P.R. n. 633/1972, ovvero per mezzo della nomina di un rappresentante fiscale. In caso di identificazione diretta, l’intenzione deve essere espressa attraverso un’apposita istanza, da presentare al Centro operativo di Pescara. (9) Tali operazioni, infatti, risultano richiamate da alcune disposizioni contenute nel citato Titolo II, Capo II del D.L. n. 331/1993, come l’art. 50, comma 6, riguardante gli elenchi riepilogativi degli scambi intracomunitari sia di beni, sia di servizi. (10) Cfr. Circ. Agenzia delle entrate 21 giugno 2011, n. 28 (par. 2.5) e Circ. Agenzia delle entrate 1° agosto 2011, n. 39 (par. 3). Consulenza n. 43/2013 25 Fisco & Società IVA 05) Peirolo - IVA:05) Peirolo - IVA 04/12/13 14.20 Pagina 26 IVA Di conseguenza: – Fisco & Società – il cedente/prestatore italiano deve emettere fattura con IVA, in quanto – in caso contrario – si applica la sanzione dal 100 al 200% dell’imposta, con un minimo di 516,00 euro, di cui all’art. 6, commi 1 e 4, del D.Lgs. n. 471/1997; il cessionario italiano non deve effettuare la doppia registrazione della fattura intracomunitaria o dell’autofattura, perché in tal caso l’IVA applicata deve essere comunque versata, mentre la detrazione è illegittima e, se esercitata, è punita con la sanzione di importo pari all’imposta detratta, di cui all’art. 6, comma 6, del D.Lgs. n. 471/1997 (11). Novità introdotte dal disegno di legge «semplificazioni» L’art. 23, comma 1, lett. b), del disegno di legge «semplificazioni», nel sostituire l’art. 35, comma 7-bis, del D.P.R. n. 633/1972, dispone che, per i soggetti che hanno espresso l’intenzione di effettuate operazioni intracomunitarie, il termine entro il quale l’Agenzia delle entrate può emettere provvedimento di diniego dell’autorizzazione si riduce da 30 giorni a 15 giorni. Con un’ulteriore modifica, il citato art. 23, comma 1, lett. b), sostituisce anche l’art. 35, comma 15-quater, del D.P.R. n. 633/1972, prevedendo che, ai sensi del Reg. UE 7 ottobre 2010, n. 904/2010/UE, ai fini del contrasto alle frodi sull’IVA intracomunitaria, con provvedimento dell’Agenzia delle entrate saranno stabiliti i criteri e le modalità di inclusione o di revoca delle partite IVA nell’archivio VIES. In particolare, si prevede che: – – l’Agenzia delle entrate presume che un soggetto passivo non intende più effettuare operazioni intracomunitarie qualora non abbia presentato alcun elenco riepilogativo per quattro trimestri consecutivi, successivi alla data di inclusione nella suddetta banca dati. A tal fine l’Agenzia delle entrate comunica agli stessi che provvederà alla revoca d’ufficio; il soggetto passivo che rilevi eventuali elementi non considerati o valutati erroneamente può fornire i chiarimenti necessari all’Agenzia delle en- trate nei 30 giorni successivi al ricevimento della comunicazione. LIMITE MONETARIO PER LA DETRAZIONE DELL’IVA SULLE SPESE DI RAPPRESENTANZA L’art. 23, comma 1, lett. a), del disegno di legge «semplificazioni», modificando l’art. 19-bis1, comma 1, lett. h), del D.P.R. n. 633/1972, eleva a 50,00 euro la soglia, attualmente fissata a 25,82 euro, entro la quale è ammessa la detrazione dell’IVA relativa alle spese per l’acquisto o l’importazione di beni da cedere gratuitamente. Regime IVA delle cessioni gratuite di beni non di propria produzione o commercio L’art. 2, comma 2, n. 4), del D.P.R. n. 633/1972 considera «assimilate» alle cessioni di beni a titolo oneroso, imponibili ai fini IVA, le cessioni gratuite di beni, fatta eccezione per quelle aventi ad oggetto: – – i beni la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, se di costo unitario non superiore a 25,82 euro; i beni per i quali non sia stata operata, all’atto dell’acquisto o dell’importazione, la detrazione dell’imposta ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972. Tale disposizione deve essere coordinata con l’art. 19bis1, comma 1, lett. h), del D.P.R. n. 633/1972, che vieta la detrazione per le spese di rappresentanza, come definite ai fini delle imposte sui redditi (12). Di conseguenza, la nozione di spesa di rappresentanza recata dal D.M. 19 novembre 2008, attuativo del secondo periodo del secondo comma dell’art. 108 del T.U.I.R., si estende direttamente e automaticamente ai fini IVA, con il risultato che: – – gli acquisti di beni e servizi che vengono qualificati come spese di rappresentanza non attribuiscono il diritto alla detrazione dell’IVA, anche nell’ipotesi in cui siano indeducibili dal reddito d’impresa (ad esempio, in quanto viene superato il plafond di deducibilità); per gli acquisti di beni e servizi che non vengono qualificati come spese di rappresentanza, si applicano le regole generali secondo le quali l’IVA è (11) Cfr. Ris. dell’Agenzia delle entrate 27 aprile 2012, n. 42, secondo la quale, in sede di cooperazione amministrativa e a seguito di richiesta da parte dello Stato membro del fornitore, l’Agenzia delle entrate provvederà a segnalare l’operazione come irregolare, mentre l’Autorità fiscale di tale Stato membro potrà, eventualmente, decidere di recuperare l’IVA non assolta per effetto dell’errata qualificazione dell’operazione come intracomunitaria. (12) Cfr. artt. 108, comma 2, e 54, comma 5 del T.U.I.R., rispettivamente in tema di redditi d’impresa e di redditi di lavoro autonomo. 26 Consulenza n. 43/2013 05) Peirolo - IVA:05) Peirolo - IVA 04/12/13 14.20 Pagina 27 ammessa in detrazione se detti acquisti sono inerenti, vale a dire se presentano un nesso con l’attività generatrice di operazioni imponibili ed equiparate. L’indetraibilità oggettiva per le spese di rappresentanza risulta, però, derogata per i beni di costo unitario non superiore a 25,82 euro. In definitiva, per i beni ceduti gratuitamente, la detassazione opera sia «a valle», sia «a monte», purché si tratti di beni: – – la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa; di costo unitario non superiore a 25,82 euro. In base, infatti, alla C.M. 16 luglio 1998, n. 188/E, gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, costituiscono sempre spese di rappresentanza, indipendentemente dal costo unitario dei beni stessi; sicché, in base al combinato disposto degli artt. 2, comma 2, n. 4) e 19-bis1, comma 1, lett. h), del D.P.R. n. 633/1972, per i beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa (non essendo di propria produzione o commercio), la cessione gratuita è sempre esclusa da IVA, mentre l’imposta assolta «a monte» è detraibile solo se il costo (o valore) unitario del bene non è superiore a 25,82 euro. Illegittimità comunitaria della detrazione IVA delle spese di rappresentanza L’indetraibilità dell’IVA relativa alle spese di rappresentanza, fatta eccezione per quelle relative a beni di costo unitario non superiore a 25,82 euro, è stata introdotta nella legislazione IVA nazionale, con effetto dal 1° gennaio 1998, dall’art. 3 del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313. Il suddetto divieto di detrazione sembrerebbe allineato all’art. 17, par. 6, comma 1, della Direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE (cd. VI Direttiva CEE), trasfuso nell’art. 176, comma 1, della Direttiva 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE, in base al quale «il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, stabilisce le spese che non danno diritto a detrazione dell’IVA. In ogni caso, saranno escluse dal diritto a detrazione le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza». Resta, tuttavia, il fatto che, ad oggi, il Consiglio europeo non ha individuato le spese rispetto alle quali è preclusa la detrazione. Sul punto, infatti, la Corte di Giustizia ha affermato che, «allo stato attuale del diritto comunitario, non esiste alcun atto del Consiglio che escluda il diritto alla deduzione per le spese non aventi carattere strettamente professionale, quali le spese per fini di lusso, di svago o di rappresentanza» (13). Se, quindi, l’indetraibilità oggettiva dell’IVA prevista dall’art. 19-bis1, comma 1, lett. h), del D.P.R. n. 633/1972 non trova riscontro nel diritto comunitario vigente, occorre tuttavia osservare che, in base all’art. 17, par. 6, comma 2, della VI Direttiva CEE, corrispondente all’art. 176, comma 2, della Direttiva n. 2006/112/CE, dispone che, «fino all’entrata in vigore delle disposizioni di cui al primo comma, gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione nazionale al 1° gennaio 1979 o, per gli Stati membri che hanno aderito alla Comunità dopo tale data, alla data della loro adesione». Ne consegue l’illegittimità del divieto di detrazione relativo alle spese di rappresentanza, in quanto l’indetraibilità oggettiva, come detto, è stata introdotta nell’ordinamento interno soltanto a decorrere dal 1° gennaio 1998, né – del resto – la stessa risulta giustificata dall’art. 17, par. 7, della VI Direttiva CEE, corrispondente all’art. 177, comma 1, della Direttiva n. 2006/112/CE, dal momento che, oltre a non essere stata preceduta dalla consultazione del Comitato IVA, non ha carattere temporaneo (14); allo stesso modo, l’indetraibilità in esame non costituisce una misura derogatoria autorizzata ai sensi dell’art. 27 della VI Direttiva CEE, corrispondente dell’art. 395 della Direttiva n. 2006/112/CE. Novità del disegno di legge «semplificazioni» Come anticipato, l’art. 23, comma 1, lett. a), del disegno di legge «semplificazioni», modificando l’art. 19bis1, comma 1, lett. h), del D.P.R. n. 633/1972, eleva a 50,00 euro la soglia, attualmente fissata a 25,82 euro, entro la quale è ammessa la detrazione dell’IVA relativa alle spese per l’acquisto o l’importazione di beni da cedere gratuitamente. Dato, tuttavia, che il limite previsto dall’art. 2, comma 2, n. 4), del D.P.R. n. 633/1972 resta fermo a 25,82 euro, ne discende che – in assenza di un corrispondente aumento a 50,00 euro anche della soglia in esame – fer- (13) Cfr. Sent. 21 aprile 2005, causa C-25/03, HE. (14) La citata disposizione prevede che, «previa consultazione del comitato IVA, ogni Stato membro può, per motivi congiunturali, escludere totalmente o in parte dal regime delle detrazioni la totalità o parte dei beni di investimento o altri beni». Consulenza n. 43/2013 27 Fisco & Società IVA 05) Peirolo - IVA:05) Peirolo - IVA 04/12/13 14.20 Pagina 28 IVA Fisco & Società ma restando la detrazione riconosciuta «a monte» per i beni di costo unitario non superiore a 50,00 euro, verranno assoggettati a IVA, in sede di cessione gratuita, quelli di costo unitario superiore a 25,82 ma non a 50,00 euro. SEPARAZIONE DELLE ATTIVITÀ IN AMBITO IMMOBILIARE L’art. 23, comma 1, lett. c), del disegno di legge «semplificazioni», nel sostituire il penultimo periodo del terzo comma dell’art. 36 del D.P.R. n. 633/1972, prevede che i settori separabili nell’ambito dell’attività di locazione o di cessione di immobili sono individuati esclusivamente in base al regime IVA (di imponibilità o di esenzione), a prescindere dalla tipologia di immobile (abitativo o strumentale). Attività separabili in via facoltativa L’art. 57 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, modificando la disciplina della separazione delle attività di cui all’art. 36 del D.P.R. n. 633/1972, ha previsto la facoltà di optare per l’applicazione separata dell’IVA per i «soggetti che effettuano sia locazioni o cessioni, esenti da imposta, di fabbricati o porzioni di fabbricato a destinazione abitativa che comportano la riduzione della percentuale di detrazione a norma dell’art. 19, comma 5, e dell’art. 19-bis, sia locazione o cessioni di altri fabbricati o di altri immobili, con riferimento a ciascuno di tali settori di attività». Questa possibilità era, in precedenza, prevista soltanto per i soggetti passivi che realizzavano sia locazioni di fabbricati abitativi esenti da imposta sia locazioni di altri fabbricati imponibili ed era ammessa nonostante si trattasse di un’unica attività. È noto, infatti, che – in base alla regola di carattere generale di cui all’art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972 – sono suscettibili di essere separate, ai fini dell’applicazione dell’imposta, soltanto le attività sostanzialmente diverse fra loro, di regola individuate da diversi codici della tabella ATECO (15). La nuova formulazione dell’art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, dopo avere confermato la possibilità di separare le locazioni di fabbricati abitativi esenti dalle locazioni di altri fabbricati, estende, simmetricamente, tale facoltà anche in relazione alle cessioni di fabbricati. In linea generale, in caso di esercizio di attività sia di locazione sia di cessione di immobili, è possibile applicare la regola di carattere generale di cui al terzo comma dell’art. 36, e, conseguentemente, separare tali attività, in quanto le stesse sono contraddistinte da due diversi codici di attività. I sub-settori di attività ulteriormente separabili nell’ambito di ciascun settore sono costituiti, rispettivamente, dalle locazioni di fabbricati abitativi esenti e locazioni di altri fabbricati o immobili e dalle cessioni di fabbricati abitativi esenti e cessioni di altri fabbricati o immobili. In sostanza, così come chiarito dalla Circ. Agenzia delle entrate 28 giugno 2013, n. 22 (par. 9), la formulazione letterale della norma presuppone un criterio di separazione basato non solo sul regime IVA (esenzione o imponibilità) applicato all’operazione, ma anche sulla categoria catastale del fabbricato (abitativo, ovvero diverso dall’abitativo). I sub-settori di attività delle cessioni di altri fabbricati e delle locazioni di altri fabbricati saranno costituiti, pertanto, non solo da operazioni imponibili ma, altresì, da operazioni esenti (ad esempio, rispettivamente, cessioni e locazioni di fabbricati strumentali in regime di esenzione). Novità del disegno di legge «semplificazioni» L’art. 23, comma 1, lett. c), del disegno di legge «semplificazioni», modificando l’art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, dispone che «le disposizioni del presente comma si applicano anche ai soggetti che effettuano sia locazioni o cessioni di immobili esenti da imposta, che comportano la riduzione della percentuale di detrazione a norma dell’art. 19, comma 5, e dell’art. 19bis, sia locazioni o cessioni di immobili imponibili». Ne consegue che i settori separabili all’interno delle attività di locazione o di cessione di immobili dipendono esclusivamente dal regime applicabile (di imponibilità o di esenzione), a prescindere dalla tipologia di immobile (abitativo o non abitativo). n (15) Cfr. Riss. Agenzia delle entrate 20 agosto 2010, n. 87 e 28 marzo 2008, n. 112, rispettivamente in tema di prestazioni di ricovero/cura e prestazioni sanitarie rese ambulatorialmente e di cessioni di immobili abitativi e strumentali. Una diversa conclusione, ossia la separazione facoltativa delle attività anche nell’ambito dello stesso codice ATECO, discenderebbe, invece, da altre interpretazioni dell’Amministrazione finanziaria, in base alle quali l’applicazione separata dell’IVA presuppone che le attività siano “effettivamente” distinte ed obiettivamente autonome, ancorché svolte nell’ambito della stessa impresa» (cfr. Ris. Agenzia delle entrate 5 maggio 2008, n. 184 e R.M. 22 luglio 1998, n. 83/E). Le attività separabili, in altri termini, devono essere sostanzialmente diverse fra loro (Ris. Agenzia delle entrate 18 novembre 2003, n. 211). 28 Consulenza n. 43/2013 06) Carrirolo - Contenzioso tributario:06) Carrirolo - Contenzioso tributario 04/12/13 14.20 Pagina 29 Contenzioso tributario LE PROCEDURE PER EVITARE IL CONTENZIOSO: CONCILIAZIONE GIUDIZIALE E MEDIAZIONE D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. Le vertenze tra contribuenti In ambito fiscale, tra gli istituti 546, è una procedura che si e Amministrazione finanvolti alla chiusura agevolata pone tra l’ambito amminiziaria sono la diretta consee consensuale delle liti strativo (ufficio) e quello guenza delle attività di congiurisdizionale (commissiotrollo e accertamento, quanne esistono alcuni che ne tributaria provinciale). do i contribuenti intendono intervengono quando La conciliazione giudiziale controargomentare e resile possibilità di definizione può essere applicata: stere alle pretese manifestate sono già esaurite in ambito dagli uffici. – a tutte le controversie triLa possibilità di opporsi a amministrativo, cioè all’esordio butarie, comprese quelle un’attività autoritativa codella fase giudiziale, quando che possono dar luogo alme quella del fisco è espresla restituzione di tributi; i contribuenti si predispongono sione del più generale diritto – con riferimento a tutti gli a impugnare l’atto impositivo di difesa, che deve essere gaatti compresi nell’elenco rantito a tutti i cittadini in di cui all’art. 19, D.Lgs. n. sede giurisdizionale ma può 546/1992; essere anticipato, per così dire, anche nella fase ammi– non oltre la prima udienza della CTP nella quale nistrativa del contraddittorio con l’ufficio. sia fissata la trattazione del merito della controInoltre, l’Amministrazione stessa può avere interesse versia (con la possibilità, da parte del presidente (alla luce dei principi di diritto amministrativo che cadella sezione, di fissare un termine non superiore a ratterizzano il suo funzionamento) alla definizione ra60 giorni per la formulazione di una proposta). pida e certa di controversie potenzialmente generatrici di incertezze e oneri. L’introduzione del reclamo/mediazione, come verrà In ambito fiscale, tra gli istituti volti alla chiusura agechiarito più avanti, esclude la possibilità di ricorrere volata e consensuale delle liti ne esistono alcuni che inalla conciliazione giudiziale per le controversie di vatervengono quando le possibilità di definizione sono lore non superiore a 20.000 euro, relative a tutti gli atti già esaurite in ambito amministrativo, cioè all’esordio impugnabili emessi dall’Agenzia delle entrate e notifidella fase giudiziale, quando i contribuenti si predicati a partire dal 1° aprile 2012. spongono a impugnare l’atto impositivo. In particolare, si esaminano nel presente contributo Il procedimento di conciliazione le procedure di mediazione obbligatoria, riservata alLa conciliazione giudiziale può essere realizzata sia «in le liti di minor ammontare innescate da atti dell’Audienza» che «fuori udienza». genzia delle entrate, e di conciliazione giudiziale, che Nel primo caso, possono verificarsi le seguenti ipotesi: consentono ai contribuenti di ottenere una rideter1) il contribuente oppure l’ufficio tributario, con una minazione delle maggiori imposte richieste nell’atto domanda di discussione in pubblica udienza deimpositivo e una riduzione fissa delle sanzioni tribupositata presso la segreteria della CTP e notificata tarie. alla controparte entro i 10 giorni precedenti la trattazione, chiede di conciliare in tutto o in parte LA CONCILIAZIONE GIUDIZIALE La conciliazione giudiziale, incardinata nell’art. 48 del la controversia; Consulenza n. 43/2013 29 Fisco & Società di Fabio Carrirolo 06) Carrirolo - Contenzioso tributario:06) Carrirolo - Contenzioso tributario 04/12/13 14.20 Pagina 30 Contenzioso tributario Fisco & Società 2) l’ufficio, dopo la data di fissazione dell’udienza di trattazione e prima che questa si sia svolta, deposita una proposta scritta già concordata con il ricorrente; 3) il giudice tributario, con intervento autonomo, invita le parti a conciliare la controversia. Se l’accordo viene raggiunto, è redatto un verbale, in udienza, contenente i termini della conciliazione e la liquidazione delle somme dovute. La conciliazione fuori udienza viene invece formalmente avviata dopo che è intervenuto l’accordo tra l’ufficio e il contribuente sulle condizioni alle quali si può chiudere la controversia. In questa ipotesi, lo stesso ufficio tributario, prima della fissazione della data di trattazione, provvede a depositare presso la segreteria della CTP una proposta di conciliazione con l’indicazione dei contenuti dell’accordo. Se l’accordo viene confermato, il Presidente della commissione dichiara con decreto l’estinzione del giudizio. Il perfezionamento della conciliazione Il versamento delle somme dovute per la conciliazione delle controversie tributarie deve essere effettuato: – – con modello F24 per le imposte sui redditi, per l’IRAP, per le imposte sostitutive e per l’IVA; con modello F23 per le altre imposte indirette. Nei modelli di pagamento devono essere indicati gli appositi codici tributo reperibili sul sito Internet dell’Agenzia delle entrate, nonché il codice atto relativo all’istituto conciliativo a cui si è aderito. Per le imposte sui redditi, l’IRAP, le imposte sostitutive e l’IVA i contribuenti possono effettuare, mediante il modello F24, la compensazione di tutte le somme dovute per effetto della conciliazione giudiziale con i crediti di imposta spettanti al contribuente. Non è possibile compensare, invece, le imposte dovute per effetto della conciliazione giudiziale che vengono versate con il modello F23. Il pagamento può essere eseguito: – – in unica soluzione, entro 20 giorni dalla data del verbale (conciliazione in udienza) o della comunicazione del decreto del presidente della CTP (conciliazione fuori udienza); in forma rateale, in un massimo di 8 rate trimestrali di uguale importo, o in un massimo di 12 rate trimestrali, se le somme dovute superano 50.000 euro. La prima delle rate deve essere versata entro il termine di 20 giorni dalla data del processo verbale o della comunicazione del decreto presidenziale. Gli interessi sulle rate sono calcolati dal giorno succes- 30 sivo a quello del processo verbale di conciliazione o a quello di comunicazione del decreto di estinzione del giudizio, e fino alla scadenza di ciascuna rata. Il contribuente deve consegnare all’ufficio una copia dell’attestazione del versamento. Il mancato pagamento anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta l’iscrizione a ruolo delle residue somme dovute e della sanzione prevista dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997, applicata in misura doppia (60%), sul residuo importo dovuto a titolo di tributo. Il D.L. 8 aprile 2013, n. 35, convertito dalla L. 6 giugno 2013, n. 64 (relativo al pagamento dei debiti scaduti della P.A.) ha introdotto la possibilità per il contribuente di utilizzare i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati al 31 dicembre 2012 nei confronti dello Stato, degli enti pubblici nazionali, delle Regioni, degli enti locali e degli enti del SSN, per somministrazioni, forniture e appalti, per compensare le somme dovute a seguito di accertamento con adesione, adesione all’invito al contraddittorio o al processo verbale di constatazione, acquiescenza, definizione agevolata delle sanzioni, conciliazione giudiziale e mediazione. Per dare concretezza a tale possibilità occorre però un decreto ministeriale attuativo del quale si attende l’emanazione. A cosa conduce la conciliazione? La motivazione dell’accordo conciliativo, formatosi sia in udienza che fuori udienza, parte da quella dell’atto impositivo che ne costituisce il presupposto, ma ne deve fare una sorta di rilettura critica, che possa giustificare, per l’Amministrazione finanziaria, la revisione della propria pretesa originaria. La conciliazione giudiziale si presenta come il risultato di una discrezionalità che non incide sulla determinazione dell’imposta, ma piuttosto sulla disponibilità dell’Amministrazione a rinunciare a una parte delle proprie pretese in sede giudiziale, in base alla considerazione di un maggior vantaggio per le ragioni erariali rispetto a quello che verrebbe conseguito perseverando nella lite. L’atto principale (in genere, avviso di accertamento o di rettifica) non viene insomma toccato: esso è efficace, perfetto, esecutivo. Ma ciò a cui la parte pubblica eventualmente rinuncia non è neanche il proprio credito nei confronti del contribuente, il quale – in assenza di accordo – rimarrebbe sub iudice, tutto da determinare in sede giurisdizionale. Si rinuncia invece al sostenimento delle ragioni erariali – o, meglio, di una loro parte – in presenza, alternativamente o congiuntamente: – di carenze nella motivazione dell’atto impositivo; Consulenza n. 43/2013 06) Carrirolo - Contenzioso tributario:06) Carrirolo - Contenzioso tributario 04/12/13 14.20 Pagina 31 – – di vizi procedimentali; di vizi di merito (inerenti, ad esempio, alla scarsa opportunità di procedere in situazioni di «incapienza» del debitore). Da quanto appare, la conciliazione – come pure, in parte, l’accertamento con adesione – può insomma rappresentare una valida e onorevole alternativa al ritiro o alla revoca dell’atto viziato nella legittimità o nel merito, e dunque, per l’Amministrazione, produttivo più di oneri che di vantaggi (anche alla luce della sempre più generalizzata tendenza delle commissioni tributarie alla condanna della parte soccombente alle spese di lite). E ciò, in considerazione del generale principio di buon andamento dell’attività amministrativa e ai principi di efficacia ed economicità che da esso promanano e che sono stati trasfusi nell’art. 1, primo comma, della legge n. 241/1990. L’effetto positivo della procedura di conciliazione giudiziale è riconducibile, oltre che alla rideterminazione della pretesa tributaria, alla riduzione delle sanzioni applicate nella misura del 40% del minimo edittale. LA MEDIAZIONE TRIBUTARIA L’art. 39, nono comma, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 – convertito dalla L. 15 luglio 2011, n. 111 – ha inserito nel D.Lgs. n. 546/1992 il nuovo art. 17-bis, in forza del quale è stato introdotto l’istituto della mediazione tributaria obbligatoria. Questo si pone come uno strumento deflattivo del contenzioso tributario finalizzato a prevenire ed evitare le controversie che possono essere risolte senza ricorrere al giudice, tenendo conto degli orientamenti della giurisprudenza e quindi dell’esito ragionevolmente prevedibile del giudizio. Come la conciliazione giudiziale, anche la mediazione tributaria consente agli uffici di compiere una serie di valutazioni in sede di contraddittorio, orientate sulla sostenibilità della lite e su ragioni di economicità dell’azione amministrativa. A ogni modo, per le liti al di sotto di una determinata soglia di ammontare il previo ricorso alla mediazione tributaria è stato configurato come obbligatorio per effetto dell’art. 39, nono comma, del menzionato D.L. n. 98/2011, che ha inserito l’art. 17-bis nel D.Lgs. n. 546/1992. In dettaglio, la disposizione normativa di riferimento stabilisce che per tali atti deve essere obbligatoriamente presentato un reclamo preliminarmente al ricorso, e che per essi è esclusa la conciliazione giudiziale. Il reclamo può contenere una motivata proposta di mediazione, con la rideterminazione dell’ammontare della pretesa, e la sua presentazione è condizione di legittimità del successivo ed eventuale ricorso. In ragione dell’intercorsa fusione tra l’Agenzia delle entrate e la preesistente Agenzia del territorio, rientrano tra gli atti per i quali è obbligatorio presentare istanza di mediazione anche gli atti emessi a partire dal 1° dicembre 2012 dagli uffici provinciali - Territorio dell’Agenzia. La mediazione può riguardare le controversie relative ai seguenti atti: – – – – – – – Possono essere oggetto di mediazione anche le controversie relative al silenzio-rifiuto alla restituzione di tributi, sanzioni, interessi o altri accessori (art. 21, secondo comma, del D.Lgs. n. 546 del 1992). L’istanza di mediazione è improponibile in caso di impugnazione: – – – – – – – Le controversie oggetto di mediazione La mediazione tributaria può essere applicata solo per le controversie di valore non superiore a 20.000 euro, relative a tutti gli atti impugnabili, individuati dall’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, emessi esclusivamente dall’Agenzia delle entrate e notificati a partire dal 1° aprile 2012. Consulenza n. 43/2013 avvisi di accertamento; avvisi di liquidazione; provvedimenti di irrogazione di sanzioni; ruoli; rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non dovuti; diniego o revoca di agevolazioni o rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari; ogni altro atto emanato dall’Agenzia delle entrate, per il quale la legge preveda l’autonoma impugnabilità innanzi alle commissioni tributarie. – – di valore superiore a ventimila euro; di valore indeterminabile; riguardanti attività dell’agente della riscossione (ADR); riguardanti atti non impugnabili; di atti in cui non è legittimata passivamente l’Agenzia delle entrate; di atti notificati prima del 1° aprile 2012; di rifiuti taciti di rimborso con riferimento ai quali alla data del 1° aprile 2012 (30 novembre 2012 per le istanze presentate agli uffici dell’ex Agenzia del territorio) siano già decorsi 90 giorni dalla presentazione della domanda di rimborso; di atti riguardanti recupero di aiuti di Stato; di provvedimenti emessi ai sensi dell’art. 21 (sanzioni accessorie) del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472; 31 Fisco & Società Contenzioso tributario 06) Carrirolo - Contenzioso tributario:06) Carrirolo - Contenzioso tributario 04/12/13 14.20 Pagina 32 Contenzioso tributario – Fisco & Società – di atti riguardanti istanze di cui all’art. 22 (ipoteca e sequestro conservativo) del D.Lgs. n. 472/1997; del diniego della chiusura delle liti fiscali «minori» prevista dall’art. 39, dodicesimo comma, del D.L. n. 98/2011. Il valore della controversia deve essere determinato con riferimento a ciascun atto impugnato ed è dato dall’importo del tributo contestato dal contribuente con l’impugnazione, al netto degli interessi, delle eventuali sanzioni e di ogni altro eventuale accessorio. In caso di impugnazione di atti di irrogazione delle sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste. Come avviene la mediazione L’atto contenente sia il ricorso che l’istanza di mediazione deve essere notificato alla direzione regionale o provinciale dell’Agenzia delle entrate, ovvero al centro operativo, oppure all’ufficio provinciale - Territorio che ha emanato l’atto, con le modalità ed entro il termine previsti per il ricorso (in generale, 60 giorni dalla notificazione dell’atto al contribuente). Il termine temporale si interrompe dal 1° agosto al 15 settembre per effetto della sospensione feriale. Inoltre, se con riferimento allo stesso atto è anche presentata istanza di accertamento con adesione, il termine rimane sospeso per un periodo di 90 giorni dalla data di presentazione da parte del contribuente dell’istanza di accertamento con adesione. All’istanza devono essere allegati in copia i documenti che il contribuente intende depositare al momento dell’eventuale costituzione in giudizio. L’istanza di mediazione si fonda sugli stessi motivi del ricorso e può contenere una motivata e documentata proposta, completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa. Con riferimento alle controversie definibili mediante questo strumento, quindi, l’articolata motivazione che può ordinariamente trovare spazio nella conciliazione giudiziale, ovvero, se il contribuente non intraprende la strada del contenzioso, nel contraddittorio finalizzato all’adesione, viene a esistenza nella proposta, portatrice sia di una rideterminazione quantitativa, sia delle relative giustificazioni fattuali e giuridiche. L’istanza di mediazione non è soggetta all’imposta di bollo, e il contributo unificato è dovuto solamente nel momento in cui il contribuente dovesse eventualmente depositare il ricorso presso la segreteria della CTP, in caso di esito negativo del procedimento di mediazione. La mancata presentazione dell’istanza determina l’inammissibilità del ricorso alla CTP L’istanza di mediazione deve essere presentata, se sus- 32 sistono le condizioni di obbligatorietà, anche qualora sia stata precedentemente presentata istanza di accertamento con adesione. In questa ipotesi, è conseguente pensare che gli elementi e i riscontri forniti dai contribuenti in seno al contraddittorio con l’ufficio tributario verranno trasfusi nell’istanza come allegati della stessa, ed eventualmente (auspicabilmente) incrementati con ulteriori prove e considerazioni, in grado di sostenere meglio le tesi e le ricostruzioni prospettate. È chiaro altresì che questi strumenti deflattivi – adesione e mediazione, ma anche la conciliazione giudiziale ove possibile – non verranno concretamente perfezionati dai contribuenti i quali ritengano che la pretesa dell’ufficio debba essere archiviata o annullata senza alcuna rideterminazione. In questa ipotesi, è ragionevole piuttosto aspettarsi il ricorso dapprima all’autotutela (tramite specifica istanza all’ufficio), e quindi alla lite in sede giudiziale, sicché la proposizione di istanza di mediazione si pone solamente come un passaggio incidentale del percorso che dovrebbe condurre (secondo il contribuente) alla piena vittoria con annullamento dell’atto. L’istruttoria relativa al procedimento di mediazione è attribuita a strutture diverse e autonome rispetto a quelle che curano l’istruttoria degli atti impugnabili. Si tratta in particolare: – – – degli uffici legali istituiti presso ciascuna direzione regionale o provinciale dell’Agenzia delle entrate; del centro operativo di Pescara dell’Agenzia delle entrate; per gli uffici provinciali - Territorio dell’Agenzia, da apposite strutture di staff, alle dirette dipendenze del direttore. L’ufficio competente può accogliere, anche parzialmente, o rigettare l’istanza, ovvero può formulare una proposta di mediazione. Può essere instaurato un eventuale contraddittorio con il contribuente in base all’incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilità della pretesa e al principio di economicità dell’azione amministrativa. Come si perfeziona la mediazione Anche se non avviene alcuna riduzione della pretesa dell’ufficio e quindi il contribuente si adegua in toto riconoscendo la debenza della maggiore imposta contestatagli, la mediazione comporta il beneficio dell’automatica riduzione delle sanzioni amministrative al 40%. L’accordo di mediazione si conclude con la sottoscrizione da parte dell’ufficio e del contribuente e si perfeConsulenza n. 43/2013 06) Carrirolo - Contenzioso tributario:06) Carrirolo - Contenzioso tributario 04/12/13 14.20 Pagina 33 ziona con il versamento entro 20 giorni dell’intero importo dovuto ovvero della prima rata, in caso di pagamento rateale in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo. Il pagamento deve essere effettuato anche tramite compensazione con il modello F24. In caso di mancato versamento delle rate successive alla prima, l’atto di mediazione costituisce titolo per la riscossione coattiva. Come anche per la conciliazione giudiziale, il pagamento delle some previste per il perfezionamento della mediazione potrà avvenire tramite compensazione secondo il D.L. n. 35/2013. Allo stato, manca tuttavia ancora il decreto attuativo. Il ricorso alla CTP Trascorsi 90 giorni, ai quali non si applica la sospensione feriale dei termini, dal ricevimento dell’istanza da parte della direzione regionale o provinciale o del centro operativo o dell’ufficio provinciale - Territorio dell’Agenzia, senza che sia stata conclusa la mediazione ovvero che sia intervenuto l’accoglimento, anche parziale, o il diniego dell’istanza, inizia a decorrere il Consulenza n. 43/2013 termine di 30 giorni per l’eventuale costituzione in giudizio del contribuente, a cui invece si applica la sospensione feriale dei termini. La costituzione avviene con il deposito presso la commissione tributaria provinciale del ricorso con l’istanza, con le stesse modalità previste per il ricorso non preceduto da mediazione tributaria obbligatoria. Se il contribuente riceve il diniego o l’accoglimento parziale entro il novantesimo giorno, il termine per l’eventuale costituzione in giudizio decorre dalla data di ricevimento. In caso di esito negativo del procedimento di mediazione, nell’eventuale successivo giudizio tributario la parte soccombente è condannata a pagare, in aggiunta alle spese di giudizio, una somma pari al 50% delle spese di giudizio, a titolo di rimborso delle spese del procedimento di mediazione. Al di fuori dei casi di soccombenza reciproca, la CTP può compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti solo se ricorrono giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, che abbiano indotto la parte soccombente a rifiutare la proposta di mediazione. n 33 Fisco & Società Contenzioso tributario 07) Fiaccola - Antiriciclaggio:07) Fiaccola - Antiriciclaggio 04/12/13 14.20 Pagina 34 Antiriciclaggio DISCIPLINA ANTIRICICLAGGIO: LE INNOVAZIONI IN ARRIVO DALL’EUROPA Fisco & Società di Luigi Fiaccola Preliminarmente osserviamo che il tema della valutazione del rischio è tenuto in alta considerazione a livello comunitario. LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO La Direttiva valorizza l’utilizzo del cosiddetto «risk based approach». Al tal fine indica i seguenti principi generali: – – – La disciplina antiriciclaggio subirà, a breve, rilevanti modifiche, in relazione all’emananda IV direttiva europea destinata ad adeguare le disposizioni attualmente vigenti nei singoli Stati membri. In tale ambito, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha emanato la circolare n. 35/IR, che analizza le future innovazioni in tema di adempimenti antiriciclaggio gli Stati membri devono individuare, comprendere e mitigare i rispettivi rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (in sigla FDT); i soggetti obbligati devono essere in grado di individuare, comprendere e mitigare i propri rischi, nonché documentare e aggiornare le valutazioni del rischio effettuate, in maniera tale che le autorità competenti degli Stati membri possano riesaminarle e comprenderne le motivazioni; le autorità di vigilanza devono avere il potere di utilizzare le proprie risorse per concentrarsi sulle aree esposte a maggior rischio di riciclaggio. Attualmente l’art. 20 del Decreto antiriciclaggio (D.Lgs. n. 231/2007) fissa una serie di criteri generali per la valutazione del rischio, riferiti al cliente e all’operazione senza tuttavia prevedere specifiche procedure. La Direttiva si sofferma proprio sulla valutazione del rischio, richiedendo agli Stati membri di provvedere affinché gli organi preposti dispongano di vere e proprie procedure per la gestione efficace del rischio di riciclaggio. Con il preciso scopo di graduare le misure antiriciclaggio ai vari livelli, in relazione al grado di rischio va- 34 lutato, si auspica che tale obiettivo possa essere raggiunto, alternativamente: – attraverso l’individuazione a livello sovranazionale, con l’ausilio degli Stati membri, dei reali rischi di riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; – rimettendo a ciascuno Stato membro la definizione dell’analisi del rischio, da valutare successivamente a livello UE. Conformemente a quanto già disciplinato, nella ridefinizione del sistema preventivo dei reati di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, il legislatore nazionale non dovrà omettere di considerare la profonda diversità dei soggetti destinatari degli obblighi. In buona sostanza, gli Stati membri dovranno tener conto delle caratteristiche e delle necessità dei piccoli soggetti obbligati, assicurando loro un trattamento adeguato alle esigenze specifiche e alla natura delle attività svolte. Con riferimento agli adempimenti degli studi professionali, si esorta il legislatore nazionale ad impostare in modo più corretto l’approccio basato sul rischio, tenendo conto delle peculiarità delle professioni rispetto agli altri soggetti obbligati. Nel caso dei professionisti, la valutazione delle procedure antiriciclaggio da porre in essere non può prescindere da una attenta considerazione delle differenze – che sussistono, in termini di struttura organizzativa, rispetto ad esempio alle banche – e dell’equilibrio dei costi/benefici. Ciò impone una conseguente semplificazione degli obblighi, nel rispetto dei principi generali comunitari Consulenza n. 43/2013 07) Fiaccola - Antiriciclaggio:07) Fiaccola - Antiriciclaggio 04/12/13 14.20 Pagina 35 di necessità e proporzionalità. Peraltro, il principio di proporzionalità delle misure antiriciclaggio è già previsto dal 4° comma dell’art. 3 del Decreto antiriciclaggio, laddove si è stabilito che le misure da adottare devono essere rapportate alle diverse caratteristiche di ciascuna professione, nonché ai parametri dimensionali dei soggetti tenuti all’adempimento. Tale principio viene recepito anche dall’art. 8 della Direttiva, che impone agli Stati membri di provvedere «affinché gli enti obbligati adottino opportune misure – proporzionate alla natura e alle dimensioni dell’ente obbligato – volte a individuare e valutare i rispettivi rischi di riciclaggio/FDT, tenendo conto di fattori di rischio quali clienti, Paesi o aree geografiche, prodotti, servizi, operazioni o canali di distribuzione. Tali valutazioni devono essere documentate e aggiornate al fine di poter essere messe a disposizione delle autorità competenti e degli organi di autoregolamentazione». Il citato art. 8 prescrive, altresì, che gli Stati membri dovranno provvedere affinché gli enti obbligati dispongano di procedure per la gestione efficace del rischio di riciclaggio/FDT, anch’esse commisurate alla natura e alle dimensioni delle varie categorie di soggetti. Quindi il legislatore nazionale dovrà modificare il dettato normativo vigente, poiché l’art. 20 del Decreto antiriciclaggio non impone l’adozione di vere e proprie procedure per la valutazione del rischio, ma si limita a indicare una serie di criteri generali connessi al cliente quali: natura giuridica, prevalente attività svolta, comportamento tenuto al momento dell’instaurazione della prestazione professionale, area geografica di residenza o sede del cliente o della controparte e alla prestazione professionale, tipologia, modalità di svolgimento, ammontare, frequenza e durata, ragionevolezza in rapporto all’attività svolta dal cliente, area geografica di destinazione. Attenzione però, perché il predetto art. 20 ha previsto l’inversione dell’onere della prova; infatti, i soggetti obbligati devono essere in grado di dimostrare alle autorità competenti o all’ordine professionale che le misure adottate sono adeguate all’entità del rischio di riciclaggio/FDT. GLI OBBLIGHI DI VERIFICA SEMPLIFICATI E RAFFORZATI In tema di adeguata verifica della clientela, la Direttiva ribadisce che occorre effettuare la verifica dell’identità del cliente e del titolare effettivo prima che si instauri il rapporto o che sia svolta la transazione. In deroga, tale verifica potrà essere effettuata anche nel corso del rapporto o in fase di svolgimento della transazione, ove ciò sia necessario per non comproConsulenza n. 43/2013 metterne il normale svolgimento e sempre che il rischio di riciclaggio/FDT sia minimo; in tali fattispecie, le procedure di verifica dovranno essere portate a termine quanto prima possibile dall’inizio del rapporto con il cliente. In tale ambito, la Direttiva invita gli Stati membri ad operare delle revisioni finalizzate ad inasprire l’adeguata verifica semplificata, da un lato subordinando alla valutazione del rischio ogni decisione in merito a casi e modalità di applicazione dell’obbligo e, dall’altro, fissando i requisiti minimi dei fattori da prendere in considerazione. Conseguentemente l’art. 13 della Direttiva prevede che gli Stati membri, laddove individuino settori a basso rischio, possono consentire ai soggetti obbligati l’applicazione di misure semplificate di adeguata verifica della clientela. Tuttavia, prima di applicare gli obblighi semplificati, i soggetti interessati devono verificare che il rapporto con il cliente o l’operazione presentino un basso grado di rischio. Gli Stati membri dovranno, altresì, provvedere affinché i soggetti obbligati esercitino sull’operazione o sul rapporto «un controllo sufficiente a consentire la rilevazione di operazioni anomale o sospette». Operativamente, l’allegato II della Direttiva contiene un elenco non tassativo di fattori sintomatici di «situazioni potenzialmente a basso rischio» di cui gli Stati membri e i soggetti obbligati devono tenere conto. Per quel che concerne la clientela sono da considerare «a basso rischio»: – – – le società quotate; le amministrazioni o imprese pubbliche; i clienti residenti in aree geografiche a loro volta considerate a basso rischio tra cui vi rientrano, ad esempio, gli Stati membri dell’UE e i Paesi terzi dotati di efficaci sistemi contro il riciclaggio/FDT. La Direttiva, comunque, prevede l’emanazione, entro due anni dalla sua entrata in vigore, di orientamenti indirizzati alle autorità competenti e ai soggetti obbligati, in merito ai fattori di rischio da prendere in considerazione e alle misure da adottare nelle situazioni in cui è opportuna l’applicazione di obblighi semplificati di adeguata verifica, tenendo in particolare considerazione la natura e le dimensioni dell’attività svolta. Sul punto, anche il nostro Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) ha evidenziato come l’emananda Direttiva incida notevolmente sugli obblighi di adeguata verifica della clientela, considerando necessario un accrescimento della chiarezza e della trasparenza delle relative norme, al fine di disporre di controlli e procedure adeguate che consentano una migliore co- 35 Fisco & Società Antiriciclaggio 07) Fiaccola - Antiriciclaggio:07) Fiaccola - Antiriciclaggio 04/12/13 14.20 Pagina 36 Fisco & Società Antiriciclaggio noscenza del cliente e una maggiore comprensione della natura delle attività svolte da quest’ultimo. Nel nuovo sistema disegnato dalla Direttiva, l’adeguata verifica semplificata non si tradurrà mai in una esenzione totale dall’obbligo, motivata dalla valutazione di un livello di rischio molto basso. Per tali fattispecie, il legislatore nazionale dovrà fornire indicazioni specifiche sul tipo di procedura da applicare a ciascun operatore, essendo il soggetto destinatario degli obblighi tenuto a valutare se il rischio di riciclaggio sia effettivamente basso. Per quel che concerne le misure rafforzate di adeguata verifica, l’art. 3 della Direttiva contiene una nuova e più dettagliata definizione di «persona politicamente esposta» (PEP). Nel merito, la novità più interessante è senz’altro costituita dalla parificazione delle PEP nazionali a quelle straniere; infatti la Direttiva estende le disposizioni in materia di PEP anche ai cittadini residenti in ciascuno degli Stati che applicano la disciplina; pertanto, oltre alle persone fisiche cittadine di altri Stati comunitari o di Stati extracomunitari, potranno essere ritenute politicamente esposte anche quelle domestiche. Nei confronti di tali persone occorrerà procedere attraverso strumenti quali la cosiddetta «due diligence» e il monitoraggio delle attività svolte. In dettaglio, vengono disciplinati gli obblighi nei confronti delle PEP straniere e di quelle nazionali. Per le PEP straniere, l’art. 18 della Direttiva prevede la predisposizione di adeguate procedure basate sul rischio per determinare se il cliente o il suo titolare effettivo rientrino in tale categoria, l’ottenimento dell’autorizzazione da parte dei dirigenti preposti prima di instaurare o proseguire il rapporto, l’adozione di misure adeguate per stabilire l’origine del patrimonio e dei fondi impiegati. Nei casi di rapporti a rischio con PEP nazionali, l’art. 19 impone l’applicazione delle misure rafforzate previste dall’art. 18, previa opportuna verifica riguardo all’appartenenza del cliente o del suo titolare effettivo a tale categoria. L’allegato III alla Direttiva contiene, nel merito, un elenco dei fattori sintomatici di «situazioni potenzialmente ad alto rischio» di cui gli Stati membri e i soggetti obbligati devono tenere conto. In relazione alla clientela sono tali, ad esempio, i rapporti d’affari condotti in circostanze anomale, le società con azioni fiduciarie o al portatore, le attività economiche connotate da alta intensità di contante, gli assetti proprietari anomali; invece, in relazione all’area geografica, sono considerati ad alto rischio i Paesi ad elevato livello di corruzione, quelli che finanziano o sostengono attività terroristiche, oppure quelli privi di efficaci sistemi di prevenzione del riciclaggio/FDT. 36 Anche per tale situazione è prevista l’emanazione, entro un biennio dall’entrata in vigore della Direttiva, di orientamenti riguardanti i fattori di rischio da prendere in considerazione e le misure da adottare qualora sia richiesta l’applicazione di obblighi rafforzati di adeguata verifica della clientela. IDENTIFICAZIONE DEL TITOLARE EFFETTIVO Per quel che concerne la definizione di titolare effettivo l’art. 3 della Direttiva ribadisce essenzialmente i contenuti della normativa vigente. Il titolare effettivo è «la persona o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano il cliente e/o la persona fisica per conto della quale è realizzata un’operazione o un’attività». Per le società, vengono riaffermati i criteri vigenti; operativamente si applica il criterio quantitativo, in virtù del quale, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche che possiedono o controllano, direttamente o indirettamente, una percentuale di partecipazione o di diritti di voto pari al 25% più uno del capitale sociale, anche per mezzo di azioni al portatore, purché non si tratti di una società quotata e sottoposta a obblighi di comunicazione, in conformità alla normativa dell’Unione europea o a standard internazionali equivalenti. Nei casi dubbi, il titolare effettivo si identificherà nella persona fisica o nelle persone fisiche che esercitano, in altri modi, il controllo sulla gestione della società. Rimangono confermati anche i criteri per l’individuazione del titolare effettivo in caso di soggetti giuridici come le fondazioni e di istituti giuridici, come i trust, che amministrano e distribuiscono fondi; in tali fattispecie, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche che esercitano il controllo sul 25% o più del patrimonio dell’ente o dell’istituto giuridico. Qualora i futuri beneficiari sono già stati determinati, il titolare effettivo coincide con i soggetti che beneficiano del 25% più uno del patrimonio dell’ente o dell’istituto giuridico. Nei casi in cui i beneficiari non sono stati ancora determinati, il titolare effettivo coincide con la categoria di persone nel cui interesse è istituita o agisce l’ente o l’istituto giuridico. Nel merito, la Direttiva specifica che il riscontro di una percentuale di partecipazione azionaria, ancorché non corrisponda automaticamente all’identificazione del titolare effettivo, costituisce un elemento di fatto da tenere in considerazione. In ogni caso l’identificazione e la verifica dell’identità del titolare effettivo devono essere estese, se necessario, agli enti giuridici che controllano altri soggetti giuridici, «risalendo la catena dei controlli fino ad arriConsulenza n. 43/2013 07) Fiaccola - Antiriciclaggio:07) Fiaccola - Antiriciclaggio 04/12/13 14.20 Pagina 37 Antiriciclaggio LA CONSERVAZIONE DEI DATI L’art. 39 della Direttiva non detta, sostanzialmente, nuove regole in tema di conservazione di documenti e informazioni. Al riguardo, i soggetti obbligati hanno un mero obbligo di conservazione dei documenti e delle informazioni, anche per facilitare l’attività di accertamento e indagine da parte dell’UIF (Unità di Informazione Finanziaria) o di altra autorità competente. L’obbligo di conservazione riguarda: 1) le copie o i riferimenti dei documenti richiesti per l’adeguata verifica, per cinque anni dalla fine del rapporto d’affari con il cliente; 2) le scritture e le registrazioni inerenti ai rapporti d’affari e alle operazioni, consistenti nei documenti originali o in copie autentiche, per cinque anni dall’esecuzione delle operazioni o, se la scadenza è precedente, dalla cessazione del rapporto d’affari. In entrambi i casi, decorsi i cinque anni, i dati personali possono essere cancellati a meno che i singoli Stati membri non individuino specifiche situazioni in cui i soggetti obbligati continuino a conservarli. Il termine di conservazione quinquennale può essere innalzato dai singoli Stati membri solo se lo si ritenga necessario a fini di prevenzione, accertamento o indagine su riciclaggio/FDT. Comunque il termine massimo di conservazione non può superare i dieci anni dall’esecuzione delle operaConsulenza n. 43/2013 zioni o, se la scadenza è precedente, dalla cessazione del rapporto d’affari. L’INCLUSIONE DEI REATI FISCALI A nostro avviso, l’innovazione più importante, prevista dalla Direttiva, è costituita dall’inclusione dei reati fiscali tra quelli presupposto del reato di riciclaggio. Quindi, i reati fiscali connessi alle imposte dirette e indirette rientrano nella definizione generale di «attività criminosa». Con tale espressione, il legislatore europeo intende il coinvolgimento criminale nella perpetrazione di alcuni reati gravi, tra cui quelli fiscali relativi a imposte dirette e indirette, punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore ad un anno ovvero, per gli ordinamenti degli Stati membri che prevedono una soglia minima per i reati, punibili con una pena privativa della libertà, di durata minima superiore a sei mesi. La scelta del legislatore europeo, in altri termini, è stata quella di inserire i reati fiscali nella categoria dei reati gravi, con riferimento alla misura della pena, al fine di definire in modo omogeneo a livello UE il perimetro delle attività criminose, costituenti presupposto del reato di riciclaggio. Ciò risulterà senz’altro utile per l’individuazione di una definizione di «reato fiscale» comune a tutti gli Stati membri, che valga ai soli fini della disciplina di prevenzione del riciclaggio e che sia connessa esclusivamente alla natura del reato, indipendentemente dalla normativa penale-tributaria di cui ciascun Paese è dotato e dalla sanzione che ciascun Paese ritiene di dover applicare,. LA SEGNALAZIONE DELLE OPERAZIONI SOSPETTE Anche per le segnalazioni sospette, la Direttiva conferma la vigente disciplina. Ferma restando la necessità di segnalare l’operazione sospetta di riciclaggio/FDT all’UIF di ciascuno Stato membro, viene confermata la possibilità di designare specifici organi di autoregolamentazione delle professioni come autorità cui trasmettere le segnalazioni in luogo dell’UIF. Sul punto, viene confermato che i predetti organismi di autoregolamentazione, nel porsi come veicolo della segnalazione, non devono fungere da filtro della medesima, poiché essi non avranno il potere di intervenire nella valutazione del contenuto della segnalazione. Per quanto concerne le segnalazioni di operazioni sospette da parte dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, riteniamo opportuno ricordare che allo stato attuale esse possono essere trasmesse esclusivamente all’UIF secondo le modalità descritte nel provvedimento emanato da Banca d’Italia il 4 maggio 2011. 37 Fisco & Società vare alla persona fisica che esercita la proprietà o il controllo della persona giuridica cliente». La Direttiva prescrive, pertanto, alle persone giuridiche di acquisire e mantenere informazioni adeguate, accurate e aggiornate sui propri titolari effettivi, da rendere disponibili alle autorità competenti. In buona sostanza, la Direttiva ritiene necessario costruire un sistema di informazioni legali sulla proprietà formale di una società, incentrate sui registri pubblici; quindi gli Stati membri dovranno garantire l’accesso a tali informazioni da parte delle autorità competenti e degli enti obbligati. Obblighi similari dovranno essere posti dagli Stati membri in capo ai fiduciari di trust espressi, che dovranno ottenere e mantenere informazioni adeguate, accurate e aggiornate sulla titolarità effettiva del trust. Tali informazioni comprendono l’identità del fondatore, del fiduciario o dei fiduciari, dei beneficiari e delle altre persone che esercitano il controllo effettivo sul trust. Anche in questo caso gli Stati membri dovranno garantire l’accesso a tali informazioni da parte delle autorità competenti e degli enti obbligati. 07) Fiaccola - Antiriciclaggio:07) Fiaccola - Antiriciclaggio 04/12/13 14.20 Pagina 38 Fisco & Società Antiriciclaggio Peraltro con il D.M. del 4 maggio 2012, il MEF ha disposto che il CNDCEC possa ricevere le segnalazioni dai propri iscritti e trasmetterle alla UIF. Tuttavia, l’operatività di tale disposizione è subordinata alla stipula di un protocollo d’intesa CNDCEC-UIF, recante le necessarie specifiche tecniche. Il legislatore europeo ha ribadito, altresì, l’opportunità di assicurare ai soggetti obbligati un riscontro sull’utilità e sull’eventuale seguito delle segnalazioni effettuate, suggerendo a tal fine agli Stati membri di continuare a tenere statistiche in materia, migliorandole se possibile. In tale ambito, la nostra normativa è per cosi dire in sintonia, poiché nel nostro sistema, i principali dati relativi all’attività di prevenzione del riciclaggio/FDT sono pubblicati periodicamente dall’UIF, in conformità a quanto disposto dall’art. 6 del Decreto antiriciclaggio. GLI ASPETTI SANZIONATORI La Direttiva indica una gamma di sanzioni che gli Stati membri devono prevedere per la violazione sistematica dei principali obblighi imposti ai soggetti destinatari delle disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela, conservazione dei documenti, segnalazione di operazioni sospette e controlli interni. 38 Al sistema sanzionatorio è dedicata grande attenzione nel 41° Considerando della Direttiva, laddove si prende atto dell’estrema eterogeneità delle misure e delle sanzioni amministrative imposte dagli Stati membri per la violazione degli obblighi antiriciclaggio, suscettibile di rivelarsi fortemente lesiva degli sforzi compiuti per contrastare il riciclaggio/FDT, rendendo frammentaria la risposta a livello europeo. È stata fornita, conseguentemente, una vasta gamma di misure e sanzioni amministrative, tale da consentire agli Stati membri e alle autorità competenti di tenere conto delle differenze tra i diversi soggetti tenuti al rispetto degli obblighi antiriciclaggio, in termini di dimensioni, caratteristiche e settori di attività. Gli Stati membri, pertanto, dovranno garantire un sistema sanzionatorio conforme alle prescrizioni della Direttiva, verificando in particolare che le sanzioni penali previste dal diritto nazionale non violino il principio del «ne bis in idem», evitando una duplice sanzione per la stessa violazione. Le sanzioni amministrative e penali nel nostro ordinamento, in conformità ai principi europei, dovranno essere effettive, proporzionali e dissuasive. Il recepimento della Direttiva ben potrà, quindi, rappresentare un’occasione per la revisione complessiva del nostro attuale sistema sanzionatorio. n Consulenza n. 43/2013 08) Grimaldi - Giurisprudenza Fisco:08) Grimaldi - Giurisprudenza Fisco 04/12/13 14.20 Pagina 39 Giurisprudenza tributaria PANORAMA DI GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA a cura di Carmelo Grimaldi Su Consulenza on-line alla categoria Giurisprudenza Tributaria sono disponibili tutte le sentenze ACCERTAMENTO Parametri - Studi di settore - Contraddittorio - Necessità - Motivazione - Contenuto - Art. 39, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è «ex lege» determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli «standards» in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli «standards» o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello «standard» prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli «standards» al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli «standards«, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito. Cass. civ., Sez. V, 28-08-2013, n. 19710 Consulenza n. 43/2013 Strumenti statistici - Parametri - Art. 3, L. 28 dicembre 1995, n. 549 - Contraddittorio - Necessità - Effetti Nell’accertamento mediante l’applicazione dei parametri, assume rilievo primario il contraddittorio con il contribuente, dal quale possono emergere elementi idonei a commisurare alla concreta realtà economica dell’impresa la «presunzione» indotta dal rilevato scostamento del reddito dichiarato dai parametri e pertanto la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo del predetto scostamento dai parametri, ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio. Cass. civ., Sez. V, 28-08-2013, n. 19767 Procedimento - Questionario - Omesso invio - Effetti - Artt. 32 e 38, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 Il mancato invio del questionario contemplato dall’art. 32, D.P.R. n. 600 del 1973 non inficia la perfezione e la validità del procedimento di rettifica che restano subordinate alla sola carenza dei presupposti dettati dall’art. 38 del medesimo decreto. Cass. civ., Sez. V, 04-09-2013, n. 20256 Controlli e verifiche - Accertamento induttivo - Documentazione - Onere probatorio - Su contribuente - Art. 39 del D.P.R. n. 600/1973 e art. 54 del D.P.R. n. 633/1972 È pienamente legittimo l’avviso di accertamento emanato sulla base di documentazione acquisita durante una verifica fiscale nei confronti di un contribuente. Si è di fronte infatti ad una presunzione semplice dotata dei caratteri della gravità e della precisione, implicante l’inversione dell’onere probatorio, che spetta al contribuente, di dimostrare l’infondatezza della pretesa fiscale. Cass. civ., Sez.VI, 05-09-2013, n. 20437 Accertamento anticipato - Valido - Se imminenza decadenza - Art. 12, comma 7 della legge n. 212/2000 L’accertamento «anticipato», ovvero l’accertamento emesso senza il rispetto dei sessanta giorni dalla forma- 39 Fisco & Società pubblicate nel 2007, 2008, 2009, 2010, 2011 e nel 2012. 08) Grimaldi - Giurisprudenza Fisco:08) Grimaldi - Giurisprudenza Fisco 04/12/13 14.20 Pagina 40 Giurisprudenza tributaria zione del «PVC», è valido se vi è imminenza dei termini di decadenza dal potere di accertamento (urgenza disciplinata dall’art. 12, comma 7 della legge n. 212/2000 è in re ipsa); la ratio di evitare la decadenza si inserisce in un contesto di carattere pubblicistico, «connesso all’efficiente esercizio della potestà amministrativa nel fondamentale settore delle entrate tributarie», e ben può giustificare l’emanazione anticipata dell’atto. Fisco & Società Cass. civ., Sez.VI, 10-09-2013, n. 20739 Processo verbale di constatazione - Memorie difensive - Termine - Violazione - Ragioni di necessità ed urgenza - Decadenza dall’azione - Art. 12, L. 27 luglio 2000, n. 212 - Operazioni imponibili - Prestito di denaro - Obbligazioni tributarie - Fatturazione - Artt. 3 e 10, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 La notifica dell’avviso di accertamento senza il rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni dalla consegna del «PVC» non rende invalido il provvedimento quando sia dimostrata la «particolare e motivata» urgenza. Tale requisito sussiste quando vi è imminenza del decorso dei termini di decadenza dal potere di accertamento, in quanto la ratio di evitare la decadenza risponde a esigenze di carattere pubblicistico, connesse all’efficienza della Pubblica amministrazione nel recupero dei tributi. Nemmeno può essere affermata la superiorità del disposto contenuto nell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, in quanto norma che non ha un valore superiore alle altre leggi ordinarie, non essendo di rango costituzionale. La ragione di necessità ed urgenza rappresentata dall’imminente scadenza dei termini di decadenza dalla potestà accertativa, esplicitata nell’atto impositivo notificato al contribuente, giustifica il sacrificio dello spatium deliberandi previsto dall’art. 12, legge n. 212 del 2000. Non rientrano nel campo di applicazione dell’imponibilità IVA le operazioni aventi per oggetto il denaro o crediti in denaro né la restituzione di una somma concessa a titolo di mutuo può essere soggetta all’obbligo di fatturazione non potendo rappresentare la retrocessione del capitale un corrispettivo. Cass. civ., Sez.V, 11-09-2013, n. 20769 Accessi, ispezioni e verifiche - Processo verbale di constatazione - Redazione - Necessità - Atto impositivo - Emissione - Limiti - Art. 52, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 - Art. 7, L. 27 luglio 2000, n. 212 - Principio del contraddittorio L’Amministrazione finanziaria è tenuta alla redazione del processo verbale di constatazione – ed alla relativa consegna al contribuente – in caso di accessi, ispezioni 40 o verifiche anche solo finalizzati all’acquisizione di documenti, dati, elementi o notizie e senza la formulazione di addebiti o rilievi dovendosi ritenere tale adempimento altresì propedeutico all’attivazione del contraddittorio precontenzioso e delle facoltà accordate al contribuente dall’art. 7, legge n. 212 del 2000. Cass. civ., Sez.V, 11-09-2013, n. 20770 Accertamento sintetico - Art. 38, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 - Capacità contributiva - Presunzioni - Onere della prova Nell’ambito dell’accertamento sintetico, il contribuente ha facoltà di assolvere all’onere della prova contraria – atta contrastare le presunzioni gravi, precise e concordanti opposte dall’Amministrazione finanziaria – attraverso una prova documentale che può consistere nell’allegazione di operazioni di dismissione patrimoniale e nella stipulazione di un contratto di mutuo per l’acquisto di un’immobile al pari della dimostrazione della circostanza di indisponibilità patrimoniale, essendo questa meramente apparente, per avere, l’atto stipulato, in ragione della sua natura simulata, una causa gratuita anziché quella onerosa apparente. Cass. civ., Sez.V, 11-09-2013, n. 20800 Compagini sociali - Ristretta base partecipativa Utili - Distribuzione - Presunzione - Modalità In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva – qui si aggiunge – la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti, non risultando tuttavia a tal fine sufficiente né la mera deduzione che l’esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili, né il definitivo accertamento di una perdita contabile, circostanza che non esclude che i ricavi contabilizzati, non risultando né accantonati né investiti, siano stati distribuiti ai soci. Tale presunzione impone il riscontro, conseguente ad un accertamento sulle movimentazioni finanziarie ovvero gli atti giuridico-economici di una società ovvero dei suoi soci, che vi sia stata formazione di utili non contabilizzati. Cass. civ., Sez.V, 11-09-2013, n. 20806 Parametri - Studi di settore - Art. 3, L. 23 dicembre 1996, n. 662 - Art. 3, D.L. 30 agosto 1993, n. 331 - Natura - Applicazione - Limiti L’accertamento fondato sui parametri e studi di settore Consulenza n. 43/2013 08) Grimaldi - Giurisprudenza Fisco:08) Grimaldi - Giurisprudenza Fisco 04/12/13 14.20 Pagina 41 Giurisprudenza tributaria costituisce un sistema di strumenti frutto di un processo di progressivo affinamento della rilevazione della normale redditività, che giustifica la prevalenza in ogni caso dello strumento più recente su quello precedente con la conseguente applicazione retroattiva dello standard più affinato e, pertanto, più affidabile. devono essere forniti all’interessato, non solo tempestivamente (e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa. Cass. civ., Sez.V, 20-09-2013, n. 21564 Indagini finanziarie - Movimentazioni bancarie Giustificate - Prova - Analiticità - Specificità - Dichiarazioni di terzi - Ammissibilità - A titolo cautelativo - D.P.R. n. 600/1973, art. 32 - D.P.R. n. 633/1972, art. 51 Le movimentazioni bancarie devono essere giustificate, portando come causale la prova specifica e analitica per ognuna di esse; in caso contrario si presume che le stesse siano da considerarsi effettuate a fronte di ricavi o compensi non dichiarati, o di operazioni imponibili ai fini IVA non fatturate. Avendo a disposizione degli elementi indiziari, occorre che questi vengano supportati da elementi esterni che ne provino l’attendibilità. È ammessa, in via prudenziale, la produzione di dichiarazioni di terzi se apprezzabili nella sostanza e nel contesto. Cass. civ., Sez.V, 18-09-2013, n. 21302 Questionario - Esibizione di documenti - Preclusione - Effetti - Art. 32, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 Il divieto di prendere in considerazione, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa, i libri, le scritture e i documenti di cui si è rifiutata l’esibizione, opera sia nell’ipotesi di rifiuto – per definizione «doloso» – dell’esibizione, sia nei casi in cui il contribuente trascuri l’esibizione della documentazione in suo possesso, non al deliberato scopo di impedirne la verifica, ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto e, quindi, per colpa. La preclusione contemplata dall’art. 32, D.P.R. n. 600 del 1973 impone all’Amministrazione finanziaria di adeguare la propria condotta al canone di lealtà richiamato dalla giurisprudenza costituzionale e codificato dall’obbligo di avvertimento riguardo alle conseguenze dell’inottemperanza. Cass. civ., Sez.V, 27-09-2013, n. 22126 Indagini finanziarie - Art. 32, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 - Presunzione - Operatività In tema di accertamento delle imposte sui redditi, i dati e gli elementi risultanti dai conti correnti bancari vanno ritenuti rilevanti ai fini della ricostruzione del reddito imponibile, ai sensi dell’art. 32, D.P.R. n. 600 del 1973, se il titolare del conto non fornisca adeguata giustificazione a prescindere dalla prova preventiva che il contribuente eserciti una determinata attività e dalla natura lecita o illecita dell’attività stessa. La presunzione postula che tanto i prelevamenti, quanto i versamenti operati sui conti correnti bancari vadano imputati ai ricavi conseguiti dal contribuente nella propria attività, se questo non dimostra di averne tenuto conto nella base imponibile, oppure se non fornisce la prova che le operazioni analizzate sono estranee alla produzione del reddito. Cass. civ., Sez.V, 18-09-2013, n. 21305 Motivazione - Redazione - Contenuto - Funzione L’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an e il quantum debeatur. Detti elementi conoscitivi Consulenza n. 43/2013 Abuso del diritto - Componenti positivi e negativi Congruità - Inerenza - Sindacato - Principio di economicità dell’impresa - Limiti Rientra nei poteri dell’Amministrazione finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni e la rettifica di queste ultime, anche se non ricorrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi degli atti giuridici compiuti nell’esercizio d’impresa, con negazione della deducibilità di parte di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa. In merito alla questione di legittimità dell’operato dell’Amministrazione finanziaria che provveda alla rettifica delle dichiarazioni dei contribuenti, considerando antieconomiche talune scelte imprenditoriali, in virtù del principio secondo il quale chiunque svolge un’attività economica dovrebbe indirizzare le proprie condotte verso una riduzione dei costi ed una massimizzazione dei profitti, rientra nei poteri dell’Amministrazione finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni. Ne discende che anche la rettifica di queste ultime rientra nei poteri dell’Amministrazione e ciò anche nel caso in cui non ricorrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi degli atti giuridici compiuti nell’esercizio dell’impresa. 41 Fisco & Società Cass. civ., Sez.V, 11-09-2013, n. 20809 08) Grimaldi - Giurisprudenza Fisco:08) Grimaldi - Giurisprudenza Fisco 04/12/13 14.20 Pagina 42 Fisco & Società Giurisprudenza tributaria In tema di deducibilità dell’imposta sul valore aggiunto, qualora la cessione di beni o la prestazione di servizi avvenga ad un prezzo artificialmente basso o elevato tra le parti che godano entrambe del diritto a detrazione dell’IVA, non può configurarsi, in tal fase, alcuna elusione o evasione fiscale. Infatti, è soltanto al livello del consumatore finale che un prezzo artificialmente basso o elevato, può comportare una perdita di gettito fiscale. Sia l’art. 11 della sesta Direttiva CEE che l’art. 73 della Direttiva n. 2006/112/CEE, precisano che la base imponibile per la cessione di un bene o la prestazione di un servizio effettuato a titolo oneroso è costituita dal corrispettivo effettivamente ricevuto a tal fine dal soggetto passivo e tale importo costituisce il valore soggettivo, ovvero quello realmente percepito e non un valore stimato secondo criteri oggettivi. Non è consentito all’Amministrazione di rideterminare il valore delle prestazioni e dei servizi acquistati dall’imprenditore escludendo il diritto a detrazione per le ipotesi in cui il valore dei beni e servizi sia ritenuto antieconomico e dunque diverso da quello da considerare normale o comunque sia tale da produrre un risultato antieconomico. Tuttavia, in applicazione del principio dell’abuso del diritto, l’Amministrazione finanziaria può dedurre l’antieconomicità quale indizio di non verità della fattura, nel senso di 42 non verità dell’operazione, oppure di non verità del prezzo o, ancora, di non esistenza dell’inerenza e cioè della destinazione del bene o del servizio acquistati ad essere utilizzati per operazioni assoggettate ad IVA. Cass. civ., Sez.V, 27-09-2013, n. 22130 Metodo induttivo - Comportamento antieconomico - Sindacato - Limiti - Art. 39, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 Non è consentito all’Amministrazione di rideterminare il valore delle prestazioni e dei servizi acquistati dall’imprenditore escludendo il diritto a detrazione per le ipotesi in cui il valore dei beni e servizi sia ritenuto antieconomico e dunque diverso da quello da considerare normale o comunque sia tale da produrre un risultato antieconomico. Tuttavia, in applicazione del principio dell’abuso del diritto, l’Amministrazione finanziaria può dedurre l’antieconomicità quale indizio di non verità della fattura, nel senso di non verità dell’operazione, oppure di non verità del prezzo o, ancora, di non esistenza dell’inerenza e cioè della destinazione del bene o del servizio acquistati ad essere utilizzati per operazioni assoggettate ad IVA. Cass. civ., Sez.V, 27-09-2013, n. 22132 Consulenza n. 43/2013 09) Cioffi - Prima pagina:09) Cioffi - Prima pagina 04/12/13 14.20 Pagina 43 IL MINISTERO DEL LAVORO CONFERMA L’ACCESSO «LIMITATO» ALLE DICHIARAZIONI DEI LAVORATORI RESE AGLI ISPETTORI di Gianfranco Cioffi - Avvocato e funzionario ispettivo coordinatore del Ministero del lavoro (*) to, pur entro certi limiti e Nell’ambito della «difesa» Il Ministero del lavoro previa valutazione motivata del datore di lavoro nei con(Circ. n. 43 dell’8 novembre 2013) caso per caso, la legittimità di fronti delle verifiche ispettisulla scorta dell’ultima pronuncia sottrarre all’accesso le dive in materia di lavoro, la cochiarazioni dei lavoratori renoscenza delle dichiarazioni del Consiglio di Stato, riconferma se durante l’ispezione. rilasciate dai lavoratori agli che, in tema di diritto di accesso, ispettori del lavoro risulta le dichiarazioni rese dai lavoratori essere di rilevante interesse LA CIRC. N. 43/2013 durante l’attività ispettiva non ma, molto spesso, tale possiDEL MINLAVORO bilità risulta vanificata dalla In particolare, con la Circ. n. sono, quasi mai, accessibili, anche inclusione di tali atti in quei 43 dell’8 novembre 2013 il se la valutazione deve essere documenti «sottratti al diritMinistero del lavoro illustrancondotta «caso per caso» to di accesso», di cui al D.M. do la Sent., Cons. Stato, sez. n. 757/1994; su tale scelta, si è VI, n. 4035 del 31 luglio 2013 aperto un contenzioso, oramai quasi ventennale, che (1) interviene in maniera decisa sul tema dell’accesso agli la giurisprudenza ha risolto in modo «oscillante». atti della ispezione del lavoro per sancire la odierna valiL’ultimo (ma solo in ordine temporale) orientamento dità dei limiti sanciti dal Regolamento adottato dal Minidella giurisprudenza amministrativa è la Sent. n. stero del lavoro con D.M. 4 novembre 1994, n. 757 (2). 4035/2013 del Consiglio di Stato, che riafferma, pur enLa Circ. n. 43/2013, nel riconoscere che la sentenza antro certi limiti e previa valutazione motivata caso per canotata «si inserisce in un quadro giurisprudenziale conso, la legittimità di sottrarre all’accesso le dichiarazioni notato da orientamenti contrastanti ed oscillanti nel dei lavoratori rese durante l’ispezione e che il Ministero tempo», evidenzia come talora i giudici amministratidel lavoro ha ritenuto di dover prendere «a paradigma» vi e lo stesso Consiglio di Stato abbiano affermato «la per invitare le proprie Direzioni territoriali a tenere prevalenza del diritto di difesa sancito dall’art. 24 della conto di tale orientamento, che riafferma, come già detCostituzione» (3), mentre in altre occasioni siano state (*) Ai sensi della circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 18 marzo 2004, il presente contributo è da considerarsi di natura personale e non impegnativo per la Pubblica amministrazione (N.d.A.). (1) La Sent., Cons. Stato, sez. VI, n. 4035/2013 del 31 luglio 2013, di conferma della sentenza TAR Lazio, sez. III, n. 168/2013, riguarda la legittimità o meno di un provvedimento di diniego della P.A. rispetto ad una richiesta di accesso ad alcune dichiarazioni rese da alcuni lavoratori, rilasciate nel corso di una verifica ispettiva. La richiesta era stata avanzata, nel caso di specie, da un soggetto che era coobbligato in solido col datore di lavoro. (2) Decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale 4 novembre 1994, n. 757 - «Regolamento concernente le categorie di documenti formati o stabilmente detenuti dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale sottratti al diritto d’accesso, ai sensi dell’art. 24, comma 4, della L. 7 agosto 1990, n. 241». (3) Diverse pronunce (ex multa si richiama Cons. St., sez. VI, n. 3798/2008 del 29 luglio 2008) ritenevano, infatti, ammissibile l’accesso alle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede di verifica ispettiva ritenendo che l’esigenza di riservatezza e di protezione dei lavoratori intervistati fosse recessiva di fronte al diritto esercitato dal richiedente per la difesa di un interesse giuridico, nei limiti in cui esso risultasse necessario alla difesa di quell’interesse. Consulenza n. 43/2013 43 Lavoro & Previdenza Prima pagina 09) Cioffi - Prima pagina:09) Cioffi - Prima pagina 04/12/13 14.20 Pagina 44 Lavoro & Previdenza Prima pagina riconosciute le «esigenze di tutela della riservatezza dei lavoratori unitamente a quella di preservazione della pubblica funzione di vigilanza». In alcuni casi le decisioni si fondavano sulla possibilità, evidentemente non esercitata da parte dell’Amministrazione, di intervenire con opportuni accorgimenti (cancellature o apposizione di omissis attraverso cui ottenere l’espunzione dei nominativi dei dipendenti interessati), in modo da consentire il giusto compendio tra gli opposti interessi in gioco. Di contro, e sempre con riferimento alle argomentazioni poste dal Consiglio di Stato contro l’accesso alle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori in sede di attività ispettiva, si è ritenuto che i predetti accorgimenti (cancellature, omissis) potessero risultare del tutto insufficienti a tutelare la riservatezza dei lavoratori dichiaranti, soprattutto se dipendenti di piccole imprese. Infatti, in questi casi, il solo contenuto delle dichiarazioni avrebbe potuto consentire al datore di risalire alla persona che le aveva rilasciate, attraverso il richiamo alle mansioni ricoperte, oppure tramite l’indicazione dell’orario di lavoro osservato o dei colleghi di reparto, e così via. Mentre, altre pronunce giurisprudenziali (4), invece, hanno stabilito che, in materia di accesso alle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede di verifica ispettiva, è legittimo il diniego opposto dall’Amministrazione «a motivo della salvaguardia di possibili azioni pregiudizievoli, recriminatorie o di pressione nei confronti dei lavoratori e collaboratori della società» (in base agli artt. 2 e 3 del già richiamato D.M. n. 757/1994). LE DICHIARAZIONI SPONTANEE DEL LAVORATORE In effetti, la centralità della questione dell’accesso agli atti amministrativi formati o acquisiti in sede di ispezione acquisisce connotati di particolare evidenza, con riguardo alle dichiarazioni rese spontaneamente dai lavoratori in occasione della verifica ispettiva agli ispettori del lavoro o previdenziali. Proprio sulla accessibilità delle dichiarazioni raccolte in seguito alla ispezione in materia di lavoro e previdenza si sono formate, nella prassi amministrativa ed in giurisprudenza, per lungo tempo, impostazioni for- temente differenziate dalle quali promanano orientamenti dissonanti e confliggenti. In particolare, si ricorda che l’art. 2 del citato decreto inserisce nella categoria dei documenti non accessibili (al datore di lavoro) quelli contenenti le richieste di intervento dell’ex Ispettorato del Lavoro, nonché i documenti che riportano notizie acquisite nel corso delle attività ispettive, se dalla loro eventuale divulgazione possono derivare azioni di tipo discriminatorio, pressioni o pregiudizi a carico dei lavoratori interessati. Inoltre, l’art. 12, comma 11, del D.D. 20 aprile 2006 (5) contiene l’esplicito divieto per il personale ispettivo di rilasciare copia della dichiarazione al lavoratore dichiarante e al soggetto ispezionato «in sede di ispezione e sino alla conclusione degli accertamenti», per sancire l’accessibilità dopo che sia concluso il procedimento ispettivo (la richiesta di «accesso alle dichiarazioni può essere rivolta all’Amministrazione»). Il «Codice di comportamento del personale ispettivo», tutt’ora vigente (6), impone, dunque, al personale ispettivo il divieto di rilasciare copia delle dichiarazioni, soprattutto, va comunque ricordato, per aspetti di tutela relativi ai diritti personalissimi del dichiarante, nonché alla incidenza di quanto risulti penalmente rilevante, in piena sintonia con i contenuti precettivi della L. 7 agosto 1990, n. 241. D’altro canto, il menzionato D.M. n. 757/1994, all’art. 2, elenca, come già accennato in precedenza, analiticamente quali siano i documenti sottratti al diritto di accesso, ai sensi dell’art. 24, comma 4, legge n. 241/1990, prevedendo, fra l’altro, l’esclusione dall’accesso per quelli «contenenti notizie acquisite nel corso delle attività ispettive, quando dalla loro divulgazione possano derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico di lavoratori o di terzi» [lett. c)], nonché per quelli «riguardanti il lavoratore e contenenti notizie sulla sua situazione familiare, sanitaria, professionale, finanziaria, sindacale o di altra natura, sempreché dalla loro conoscenza possa derivare effettivo pregiudizio al diritto alla riservatezza» [lett. g)]. Tuttavia, tali limitazioni devono essere rapportate con quanto previsto dall’art. 24, ultimo comma, legge n. 241/1990, a norma del quale «deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti ammini- (4) Ad esempio la Sent., Cons. Stato., sez. VI, n. 1842/2008. (5) Cd. «Codice di comportamento del personale ispettivo». (6) Art. 12, comma 11, che recita: «Nessuna copia delle dichiarazioni deve essere rilasciata al lavoratore e/o al soggetto ispezionato in sede di ispezione e sino alla conclusione degli accertamenti. In caso di richiesta il personale ispettivo informa il richiedente che l’eventuale accesso alle dichiarazioni può essere rivolta all’Amministrazione». A solo scopo di completezza espositiva, si ricorda che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta rielaborando, alla luce delle novità legislative intervenute, il predetto Codice comportamentale. Anche se si deve evidenziare che il divieto di accesso sia alla richieste di intervento che alle dichiarazioni rese dai lavoratori resiste alla «revisione» ministeriale, con la perentoria previsione di cui all’art. 12, comma 9, del redigendo nuovo Codice comportamentale. 44 Consulenza n. 43/2013 09) Cioffi - Prima pagina:09) Cioffi - Prima pagina 04/12/13 14.20 Pagina 45 strativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici». PREVALENZA DEL DIRITTO DI DIFESA SULLA RISERVATEZZA L’interesse da cui sorge il diritto ad accedere ai documenti amministrativi deve, dunque, essere diretto, concreto, attuale e motivato. Fermi restando, dunque, i casi particolari di esclusione dal diritto di accesso, la legge n. 241/1990 contiene, poi, un generale riconoscimento del potere di «differire» l’accesso ai documenti per periodi di tempo determinati (art. 24, comma 4). Per tali motivi, nella disamina della questione dell’accesso agli atti dell’ispezione assumono peculiare rilievo le pronunce della giurisprudenza amministrativa, come correttamente ricordato dalla Circ. n. 43/2013 in esame. In particolare, si deve ricordare la Sent. n. 2366/2002, Cons. Stato, sez. VI, del 3 maggio 2002, che ha statuito l’accessibilità degli atti raccolti dagli ispettori, dichiarando la prevalenza del diritto di difesa sulla riservatezza, sancito dalla norma primaria, che impone di disapplicare le norme regolamentari in contrasto e riconoscendo la natura di controinteressati dei terzi le cui dichiarazioni formano oggetto di richiesta di accesso. Il Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza del 10 aprile 2003, n. 1923, ha, poi, emesso una sentenza in senso conforme. Con speciale riferimento all’esercizio del diritto di accesso nei confronti di atti relativi ad una fattispecie connessa ad evidenze di rilievo penale, la circolare richiama anche la Sent. n. 7391, del Cons. Stato, sez. VI, del 13 dicembre 2006, che affermava il principio secondo il quale se l’organo ispettivo trasmette all’Autorità giudiziaria una notizia di reato lo fa nell’esercizio di funzioni di polizia giudiziaria specificamente attribuitegli dall’ordinamento, pertanto, in questo caso, si è in presenza di atti di indagine compiuti dalla polizia giudiziaria, che, come tali, sono soggetti a segreto istruttorio ai sensi dell’art. 329 c.p.p. e quindi sottratti all’accesso. La circolare in commento ritiene opportuno, poi, richiamare recenti orientamenti del Consiglio di Stato (7) più attenti alle esigenze di riservatezza e di tutela del lavoratore, che conferiscono, invece, maggiore rilievo all’interesse pubblico «all’acquisizione di ogni possibile informa- zione, a tutela della sicurezza e della regolarità dei rapporti di lavoro», riconosciuto come prevalente rispetto al diritto di difesa delle imprese sottoposte ad ispezione. Ed infatti, ci ricorda la circolare, che a supporto di tale interpretazione del Consiglio di Stato sembra muoversi anche la Corte di Cassazione che, in alcune pronunce, ha ribadito come, ai fini dell’esigenza di tutela del destinatario dei provvedimenti ispettivi (datore di lavoro e obbligato solidale), è sufficiente la possibilità per lo stesso di proporre, davanti al Giudice, le censure o le contestazioni in merito alla documentazione che l’Amministrazione, in quella sede, è tenuta ad esibire ai fini processuali. Pertanto, è proprio in tale sede che sarà sempre possibile al datore di lavoro azionare le proprie difese, anche in relazione a tali fonti di prova esibite in giudizio. D’altro canto, sempre la stessa giurisprudenza amministrativa (8) aveva ammesso l’accesso al contenuto delle dichiarazioni dei lavoratori rese al personale ispettivo, seppure «con modalità che escludano l’identificazione degli autori delle medesime», quale conseguenza di una indispensabile valutazione «caso per caso» che può consentire di considerare prevalenti le esigenze difensive del datore di lavoro (9). LA SENT. N. 4035/2013 DEL CONSIGLIO DI STATO Di contro, più recentemente, il Consiglio di Stato (10), aveva sancito che l’accesso ai documenti amministrativi relativi ad un accertamento ispettivo, che comprendono anche le dichiarazioni rese dai lavoratori, costituisce la regola e il diniego l’eccezione (11). Da ultimo, la richiamata Sent., Cons. Stato n. 4035/2013 del 31 luglio 2013, in controtendenza rispetto all’orientamento appena esaminato, interviene, dopo un biennio di giurisprudenza favorevole all’accesso, riaffermando, pur entro certi limiti e previa valutazione motivata caso per caso, la legittimità per le Direzioni territoriali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di sottrarre all’accesso le dichiarazioni dei lavoratori rese durante l’accesso ispettivo. Anche se, immediatamente dopo, la circolare in esame sottolinea che «Ferma restando, dunque, una possibilità di valutazione caso per caso, che potrebbe talvolta consentire di ritenere prevalenti le esigenze difensive in questione, non può però affermarsi in modo aprioristico una generalizzata recessività dell’interesse pubblico (7) Come, ad esempio, la Sent. n. 1842/2008, sez. VI, del 22 aprile 2008; la Sent. n. 736/2009, sez. VI, del 9 febbraio 2009 e la Sent. n. 7678/2009, sez. VI, del 13 ottobre 2009. (8) Sent., Cons. Stato, sez. VI, 29 luglio 2008, n. 3798. (9) In senso conforme, si richiama la Sent. TAR Emilia Romagna, n. 7498 del 16 agosto 2010. (10) Sent., Cons. Stato, sez. VI, 16 dicembre 2010, n. 8124. (11) Alle stesse conclusioni era già giunto il TAR Emilia Romagna. Consulenza n. 43/2013 45 Lavoro & Previdenza Prima pagina 09) Cioffi - Prima pagina:09) Cioffi - Prima pagina 04/12/13 14.20 Pagina 46 Lavoro & Previdenza Prima pagina all’acquisizione di ogni possibile informazione, per finalità di controllo della regolare gestione dei rapporti di lavoro (a cui sono connessi valori, a loro volta, costituzionalmente garantiti), rispetto al diritto di difesa delle società o imprese sottoposte ad ispezione (...)». È, infatti, la stessa Sent. n. 4035/2013, che riafferma, in primo luogo, come «le disposizioni in materia di diritto di accesso mirano a coniugare la ratio dell’istituto, quale fattore di trasparenza e garanzia di imparzialità dell’Amministrazione (…) con il bilanciamento da effettuare rispetto ad interessi contrapposti e fra questi – specificamente – quelli dei soggetti individuati o facilmente individuabili (…) che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza» (12). Tale ultima pronuncia, d’altronde, riassume i contrasti giurisprudenziali precedenti – anche con riferimento alla medesima Sezione VI del Consiglio di Stato – affermando che, rispetto al quadro normativo, la giurisprudenza («benché con indirizzo non univoco»), ha più volte «confermato la sottrazione al diritto di accesso della documentazione, acquisita dagli ispettori del lavoro nell’ambito dell’attività di controllo loro affidata» (13). La sentenza, richiamata e commentata dalla Circ. n. 43/2013 del Ministero del Lavoro, riconosce, dunque, che «le necessità difensive – riconducibili ai principi tutelati dall’art. 24 della Costituzione – sono ritenute prioritarie rispetto alla riservatezza di soggetti terzi» (14), ma sottolinea come la legge n. 241/1990 specifichi con nettezza che non bastano «esigenze di difesa genericamente enunciate per garantire l’accesso, dovendo quest’ultimo corrispondere ad una effettiva necessità di tutela di interessi che si assumano lesi», ammettendo solo nei limiti in cui risulti «strettamente indispensabile» la conoscenza di documenti che contengano dati sensibili. Su tale premessa giuridica, dunque, pur riconoscendosi «una possibilità di valutazione “caso per caso”, che potrebbe talvolta consentire di ritenere prevalenti le esigenze difensive in questione» (15), si giunge all’affermazione del principio secondo cui «non può però affermarsi in modo aprioristico una generalizzata recessività dell’interesse pubblico all’acquisizione di ogni possibile informazione, per finalità di controllo della regolare gestione dei rapporti di lavoro (a cui sono connessi valori, a loro volta, costituzionalmente garantiti), rispetto al diritto di difesa delle società o imprese sottoposte ad ispezione» (16). Il Consiglio di Stato, in effetti, sottolinea come l’interesse pubblico ad acquisire informazioni per finalità di ispezione e controllo «non potrebbe non risultare compromesso dalla comprensibile reticenza di lavoratori, cui non si accordasse la tutela di cui si discute». Inoltre, sempre la stessa Sent., Cons. Stato, sez. VI, n. 4035/2013 riconosce che il diritto di difesa delle imprese ispezionate «risulta comunque garantito dall’obbligo di motivazione per eventuali contestazioni, dalla documentazione che ogni datore di lavoro è tenuto a possedere, nonché dalla possibilità di ottenere accertamenti istruttori in sede giudiziaria». La Circ. n. 43/2013, peraltro, evidenzia ulteriormente che «eventuali accorgimenti (cancellature, omissis) che, in sede di ostensione dei dati, l’Amministrazione potrebbe adottare» non sono sufficienti «a tutelare la riservatezza dei dichiaranti laddove, soprattutto in ipotesi di imprese di piccole dimensioni, il semplice contenuto delle dichiarazioni possa far risalire alla persona che le ha rilasciate, facilmente individuabile attraverso, per esempio, l’individuazione delle mansioni ricoperte oppure la puntuale indicazione dell’orario di lavoro osservato, ovvero l’indicazione degli altri colleghi appartenenti al medesimo reparto». Secondo il Ministero del lavoro, dunque, la sentenza richiamata «riafferma, pur entro certi limiti e previa valutazione motivata caso per caso, la legittimità per le Direzioni territoriali di questo Ministero di sottrarre all’accesso le dichiarazioni dei lavoratori rese durante l’accesso ispettivo». Infine, sul piano operativo, si deve evidenziare che il Consiglio di Stato riconosce come «soggetti realmente controinteressati» i lavoratori che hanno reso in sede ispettiva le dichiarazioni in ordine alle richieste di accesso alle stesse, per cui la Circ. n. 43/2013 sottolinea «il conseguente riconoscimento, anche dal punto di vista del procedimento amministrativo, di tutti i diritti inerenti a tale qualificazione». Da qui l’invito contenuto nella circolare ministeriale alle Direzioni territoriali del lavoro a «voler tener conto dell’orientamento» della Sent. n. 4035/2013 in occasione della «istruttoria e decisione» delle richieste di accesso alle dichiarazioni rese in ispezione dai lavoratori. n (12) Anche se si ritiene opportuno osservare che, nella predetta sentenza, i giudici amministrativi richiamano il regolamento ministeriale che governa il tema dell’esclusione dall’accesso per gli atti del Ministero del lavoro in una controversia che vede coinvolto l’INPS, senza richiamare, invece, la regolamentazione amministrativa dell’Istituto previdenziale. (13) Citando anche i precedenti della medesima sezione come la Sent. n. 65 del 27 gennaio 1999; la Sent. n. 1604 del 19 novembre 1996; la Sent. n. 1842 del 22 aprile 2008 e la Sent. n. 736 del 9 febbraio 2009. (14) Il richiamo in questo senso è al pronunciamento del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, del 4 febbraio 1997, n. 5. (15) Il richiamo, invece, in questo caso, è alla già citata Sent., Cons. St., sez. VI, n. 3798/2008. (16) Come già anticipato, sul punto la pronuncia n. 4035/2013, peraltro, è già stata fatta propria da Tar Lombardia - Milano, Sez. III, con Sent. 17 ottobre 2013, n. 2314. 46 Consulenza n. 43/2013 10) Quintavalle - Rapporto di lavoro:10) Quintavalle - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.20 Pagina 47 Rapporto di lavoro LA TREDICESIMA MENSILITÀ 2013 suppone un’attività contiA risollevare, anche se di poLa doppia retribuzione offre nuativa presso lo stesso daco, le tasche degli italiani in ai lavoratori un vantaggio non tore di lavoro di un anno inquesto periodo di austerity, indifferente; la tredicesima tero che va dal 1° gennaio al arriverà a dicembre, seppure 31 dicembre e consiste in con qualche incertezza, la treapparentemente semplice si rileva una mensilità calcolata sulla dicesima mensilità, la quale all’attenta analisi dell’operatore retribuzione corrispondenrisulta essere invariata rispetun istituto complicato, le cui te all’ultima mensilità in atto allo scorso anno. I lavoracondizioni e sistemi di calcolo to ma con alcuni accorgitori dipendenti e i pensionati menti. che riceveranno una doppia sono qui ripercorsi alla luce Alcuni contratti ne differenmensilità a dicembre sembra della situazione economica ziano il calcolo (vedi ad es. il siano poco più di 33 milioni e normativa del 2013 CCNL dei giornalisti) o ne per un totale di 37 miliardi di differenziano la corresponeuro, di cui una parte verrà risione a seconda dell’anzianità di servizio (vedi ad es. il versata nelle casse dell’erario sotto forma di imposte. CCNL aziende grafiche editoriali) o ancora ne stravolSono comunque esclusi da tale «surplus» i lavoratori gono la corresponsione (vedi ad es. contratto edili). impegnati in contratti di collaborazione coordinata e Generalmente la disciplina contrattuale ne prevede continuativa anche a progetto. Introdotta nel 1937 in l’erogazione in prossimità delle festività natalizie, soliItalia dal regime fascista (art. 13 del CCNL 5 agosto tamente tra il 15 e il 20 dicembre e prima delle feste na1937), fu estesa nel 1946 a tutti gli operai (Accordo Intalizie proprio per permettere ai lavoratori di far fronterconfederale per l’industria del 27 ottobre 1946) e te a maggiori spese che oggi non sono più ahimè rivolinfine a tutti i lavoratori dipendenti dopo l’emanaziote ai regali, ma a far fronte alle ristrettezze economiche ne del D.P.R. n. 1070 del 1960. del periodo dovute dalla crisi occupazionale diffusa e Fu allora ribattezzata «gratifica natalizia» perdendo agli eccezionali aumenti di tasse e imposte in un Nataperò negli anni il fine istitutivo per effetto della depaule 2013 che si prospetta di austerità. perazione delle tasche dei percettori causa i numerosi tributi che si incentrano proprio alla fine dell’anno. Rientra, tale mensilità aggiuntiva, nella cd. «retribuLA RETRIBUZIONE DI RIFERIMENTO zione differita» e cioè in quella parte della retribuzione Per valutare quale siano gli elementi da prendere a bache il lavoratore matura nel corso dell’anno e percepise per il calcolo della tredicesima mensilità occorre vesce normalmente una sola volta nell’arco dei 12 mesi, rificare la retribuzione utile, in quanto non tutti gli elediversamente dalla cd. «retribuzione diretta» percepimenti che mensilmente concorrono a formare la retrita mensilmente. Alla retribuzione differita fanno parbuzione hanno per loro natura la capacità di incidere te anche l’eventuale quattordicesima, premi feriali e di sulle mensilità aggiuntive; a tale scopo solitamente produzione e il TFR. viene incontro il CCNL applicato al lavoratore. A dicembre i lavoratori godranno dunque di una Ci si può comunque trovare di fronte a due diverse mensilità in più calcolata sulla retribuzione globale o ipotesi: comunque sugli elementi indicati dalla contrattazione – il contratto fornisce tutti gli elementi retributivi collettiva che comunque non può derogare in pejus la che la costituiscono; previsione del D.P.R. n. 1070/1960 che, nel recepire il – il contratto non fornisce indicazioni specifiche, e contenuto dell’accordo interconfederale del 1946, staquindi per nozione di retribuzione si rinvia a nobilisce che la mensilità aggiuntiva deve essere calcolata zioni generiche come retribuzione globale di fatto, sulla base della retribuzione globale di fatto (Cass. 24 retribuzione normale, retribuzione base, ecc. giugno 1981, n. 4119). La percezione di una integrale gratifica natalizia preNella maggior parte dei casi, salvo diversa disposizioConsulenza n. 43/2013 47 Lavoro & Previdenza di Rossella Quintavalle - Consulente del lavoro in Roma 10) Quintavalle - Rapporto di lavoro:10) Quintavalle - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.20 Pagina 48 Rapporto di lavoro Lavoro & Previdenza ne dei CCNL, nella retribuzione da prendere a base per il calcolo della tredicesima si deve ricomprendere: – – – – – la paga base; l’indennità di contingenza; i terzi elementi nazionali o provinciali; eventuali scatti di anzianità; altri elementi retributivi erogati con continuità quali: superminimo, assegno ad personam, straordinari forfetizati, provvigioni, cottimo, indennità sostitutiva di mensa, indennità per maneggio denaro e premi legati alla produzione o alla produttività nella media annua se nel calcolo del premio non sia già stata considerata l’incidenza delle mensilità aggiuntive. Non fanno parte della retribuzione, salvo diversa disposizione del CCNL: – – lavoro straordinario, notturno e festivo effettuati saltuariamente; somme concesse una tantum, rimborsi spese. MATURAZIONE DELLA TREDICESIMA Nel caso il lavoratore abbia compiutamente prestato la sua attività lavorativa per dodici mesi nell’anno di erogazione, la tredicesima spetterà per intero salvo assenze che non ne permettano la maturazione. Viceversa, se la prestazione lavorativa non è stata prestata per l’intero anno, la tredicesima è erogata calcolando un dodicesimo per ogni mese intero di servizio prestato (intendendosi per mese intero la frazione pari o superiore a 15 giorni o comunque come indicato nel contratto collettivo applicato). Nel caso di periodo lavorativo inferiore all’anno, l’ammontare sarà riproporzionato a dodicesimi in base alla data di assunzione o di cessazione del rapporto di lavoro o tenendo conto di eventuali assenze che ne pregiudicano la maturazione. La gratifica natalizia corrisponde ad una retribuzione fissa mensile globale di fatto per i mensilizzati e a un importo determinato dalla paga oraria moltiplicata per il divisore orario mensile indicato in contratto, per i lavoratori retribuiti ad ore. Per i lavoratori che prestano la loro attività con orario part-time, la gratifica natalizia subirà la percentualizzazione in proporzione all’orario di lavoro svolto e calcolata in base agli eventuali periodi part-time e full-time effettivamente lavorati durante l’anno. Nel calcolo occorre esaminare la tipologia di assenza dal lavoro, la quale può o meno incidere sull’importo o far sorgere, in capo al datore di lavoro, l’obbligo di integrazione dello stipendio finanche a raggiungere il 100%. Da escludere in assoluto le assenze non retribuite. 48 ASSENZE UTILI PER LA MATURAZIONE La tredicesima mensilità viene erogata a carico del datore di lavoro per intero nelle assenze dovute a: – – – – – congedo matrimoniale; ferie; festività; permessi riduzione orario; preavviso non lavorato. ASSENZE NON UTILI PER LA MATURAZIONE La mensilità aggiuntiva non matura affatto nei seguenti casi: – – – – – – – – – congedo parentale; malattia e infortunio oltre il periodo gestibile da contratto; malattia bambino; congedo straordinario biennale; sciopero; servizio militare; sospensione dal lavoro per provvedimento disciplinare; aspettative e permessi non retribuiti; assenze non giustificate. MATURAZIONE: INPS E INAIL Nella maggior parte delle assenze tutelate con previsione di intervento da parte degli Istituti previdenziali e assistenziali, una percentuale della maturazione della tredicesima mensilità è garantita dagli istituti stessi in quanto calcolata direttamente nei dati forniti dal datore di lavoro all’ente di turno per il calcolo del trattamento a suo carico, anche se anticipato dallo stesso. Il datore di lavoro, dunque, nel mese in cui cade la mensilità aggiuntiva, terrà conto di quanto già anticipato dall’INPS e INAIL. Le principali assenze a carico degli Istitui sono: – – – – – – – malattia; congedo di maternità e paternità; infortunio sul lavoro per inabilità temporanea; cassa integrazione ordinaria e straordinaria ad orario ridotto; permessi per allattamento; permessi retribuiti per familiari con handicap; indennità per richiamo alle armi. Per quanto sopra esposto, quando nei contratti collettivi di lavoro è disciplinato che la retribuzione dovuta al dipendente assente debba essere integrata a cura del datore di lavoro fino a garantire la retribuzione netta che sarebbe spettata in caso di effettiva prestazione, il datore di lavoro determinerà la quota parte a suo carico tenendo conto che quanto corrisposto dall’Istituto non è soggetto a contributi previdenziali. Consulenza n. 43/2013 10) Quintavalle - Rapporto di lavoro:10) Quintavalle - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.20 Pagina 49 Alcuni contratti prevedono espressamente la lordizzazione mentre altri non ne fanno alcuna menzione. La prassi di uso comune è quella dell’applicazione del sistema della lordizzazione quando il contratto non preveda il contrario. Con l’applicazione di tale sistema si ottiene una riduzione del valore dell’integrazione a carico del datore di lavoro. Il fine è quello di far sì che, in presenza di integrazioni da parte dell’azienda e di indennità erogate da enti previdenziali e assistenziali, il lavoratore assente non percepisca una retribuzione più alta di quella di un altro lavoratore presente al lavoro per tutto l’anno di maturazione. La formula della lordizzazione La formula per il calcolo dei coefficiente di lordizzazione, diverso a seconda della percentuale del contributo previdenziale c/lavoratore, è la seguente: 100 : 100 – la percentuale contributi a carico lavoratore I coefficienti di lordizzazione sono i seguenti: – – – aziende con una forza lavoro di – 15 dipendenti: 100/(100-9,19) = 100/90,81 = 1,101201; aziende con una forza lavoro di + 15 dipendenti: 100/(100-9.49) = 100/90,51 = 1,104851; per gli apprendisti o lavoratori cui si applica la contribuzione valida per gli apprendisti: 100/(100 - 5,84) = 100/94,16 = 1,062022. TRATTAMENTO PREVIDENZIALE E FISCALE L’importo erogato in aggiunta a dicembre è regolarmente assoggettato a contributi nel mese di erogazione attraverso il cumulo con la normale retribuzione del mese. Fiscalmente la mensilità aggiuntiva concorre alla formazione della base imponibile a norma dell’art. 51 del D.P.R. n. 917/1986 e successive modificazioni, dopo essere stata decurtata del contributo previdenziale obbligatorio. Generalmente, l’imposta calcolata sulle mensilità aggiuntive, in modo particolare quando viene erogata con cedolino a parte, deve essere determinata autonomamente e non in cumulo con la ordinaria mensilità in scadenza, onde evitare l’innalzamento dell’aliquota che diminuirebbe il netto a pagare per poi concludersi in un conguaglio a favore del dipendente nei calcoli di fine anno. La mensilità aggiuntiva non dà diritto ad alcuna detrazione ulteriore per lavoro dipendente o familiare, concesse solamente su dodici mensilità. A norma dell’art. 2120 c.c., la somma erogata a titolo di tredicesima, per il suo carattere non occasionale, concorre alla formazione del trattamento di fine rapporto. LA TREDICESIMA DEI COLLABORATORI DOMESTICI Anche ai collaboratori domestici spetta la tredicesima mensilità. Il calcolo è semplice per coloro che erogano al collaboratore familiare uno stipendio fisso ogni mese, un po’ più complesso per chi paga la retribuzione a ore. Per i primi la tredicesima è pari a uno stipendio calcolato sulla mensilità di dicembre mentre per i secondi occorre ricondurre la paga oraria ad una retribuzione mensile che si può esprimere nell’esempio che segue. Se un collaboratore familiare lavora presso la famiglia per tre ore la settimana a 8 euro l’ora, il calcolo dovrà essere così effettuato: – – 8 euro x 3 ore = 24 euro la settimana; 24 euro per 52 settimane in un anno = 1.248 euro l’anno; 1.248 : 12 mesi = 104 euro di media mensile e 104 euro sarà l’importo della tredicesima dovuta; se il rapporto di lavoro è inferiore ad un anno, verranno corrisposti tanti dodicesimi quanti sono i mesi di lavoro prestato. Il periodo del mese pari o superiore a quindici giorni va calcolato un mese intero. ESEMPIO Per un collaboratore familiare assunto il quattordici aprile per tre ore la settimana, l’importo della tredicesima sarà pari a 104 euro : 12 x 9 = 78 euro. Nel calcolo della tredicesima del collaboratore convivente andrà incluso anche il valore del vitto e dell’alloggio, o di uno dei due pasti se non convivente e ne usufruisce. Il valore del vitto nel 2013 è pari a 1,81 euro ciascun pasto mentre il valore dell’alloggio è pari a 1,57 euro.Valore totale giornaliero è pari a 5,19 giornaliere. Valore totale mensile per vitto e alloggio è pari a euro 155,70. Può infine accadere che durante l’anno l’orario e/o la retribuzione siano variati per qualche mese; in questo caso occorrerà sviluppare una media, sommando le diverse retribuzioni erogate nel corso dell’anno e diviConsulenza n. 43/2013 dere l’importo per 12; il risultato ottenuto sarà l’importo della tredicesima dovuta. Se il lavoratore domestico presta servizio presso più famiglie, ogni datore di lavoro è tenuto ad effettuare il 49 Lavoro & Previdenza Rapporto di lavoro 10) Quintavalle - Rapporto di lavoro:10) Quintavalle - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.20 Pagina 50 Rapporto di lavoro Lavoro & Previdenza calcolo della quota di tredicesima sulla base della retribuzione oraria corrisposta. La tredicesima corrisposta costituirà parte della somma sulla quale verrà calcolato il trattamento di fine rapporto. Nessun contributo aggiuntivo andrà versato entro il 10 gennaio 2014 sull’ulteriore corresponsione. – – – LA TREDICESIMA IN EDILIZIA Nel settore edile la corresponsione della tredicesima mensilità segue una disciplina differente. Il datore di lavoro non corrisponde direttamente all’operaio la tredicesima ma accantona, presso la Cassa Edile, la quota mensile corrispondente. Invece di erogare la tredicesima a dicembre, il datore di lavoro, ogni mese, deve maggiorare la retribuzione di una percentuale prestabilita che attualmente è pari al 18,50%, di cui l’8,50% a titolo di ferie e il 10% a titolo di gratifica natalizia. Questa maggiorazione fa parte integrante della retribuzione e quindi concorre a formare sia l’imponibile previdenziale che l’imponibile fiscale del lavoratore. Tali importi sono accantonati al netto delle ritenute di legge. Sarà poi l’Ente, gestito pariteticamente da lavoratori e datori di lavoro, ad erogare direttamente al lavoratore gli importi accantonati sul suo conto (anche da più datori di lavoro), alle scadenze e secondo le modalità stabilite dagli accordi locali Calcolo della maggiorazione in edilizia Per il calcolo della maggiorazione e dell’accantonamento occorre: a) determinare la retribuzione oraria relativa a: – – – – – – – – minimo contrattuale; eventuale superminimo; indennità di contingenza; indennità territoriale di settore; elemento economico territoriale; utile minimo contrattuale di cottimo ovvero utile medio od effettivo di cottimo secondo quanto previsto dal CCNL; elemento distinto dalla retribuzione; eventuale maggiorazione dovuta ai capisquadra. Nel calcolo non devono essere considerati i seguenti elementi: – – – 50 l’eventuale indennità per apporto di attrezzi di lavoro; le quote supplementari dell’indennità di caropane non conglobate nella paga base (cioè per lavori pesantissimi, per minatori e boscaioli); la retribuzione e la relativa maggiorazione per – – lavoro straordinario, sia esso diurno, notturno o festivo; la retribuzione e la maggiorazione per lavoro normale festivo; le maggiorazioni sulla retribuzione per lavoro normale o notturno; la diaria e le indennità di cui all’art. 22 del CCNL; i premi ed emolumenti similari; le indennità per lavori speciali disagiati, per lavori in alta montagna e in zona malarica, in quanto nella determinazione delle misure percentuali attribuite a ciascuna delle predette indennità è stato tenuto conto dell’incidenza di tali titoli; b) moltiplicare la quota oraria così determinata per: – – – – le ore di lavoro normale contrattuale effettivamente prestate; le ore di festività, escluso il 4 novembre; le ore lavorative comprese nel periodo di malattia; le ore lavorative comprese nel periodo di infortunio o malattia professionale. La maggiorazione Cassa edile costituisce retribuzione a tutti gli effetti. Concorre pertanto a determinare anche la retribuzione utile ai fine del calcolo del TFR. L’IMPORTO AGGIUNTIVO ALLA TREDICESIMA DEI PENSIONATI La legge Finanziaria per il 2001 (art. 70, comma 7, legge n. 388/2000) ha previsto, già dal 2001, il pagamento di un importo aggiuntivo pari a euro 154,94 ai titolari di una o più pensione il cui importo complessivo non supera l’importo annuo del trattamento minimo del fondo pensioni lavoratori dipendenti maggiorato dell’importo aggiuntivo stesso. Si tratta dei cittadini cd. «incapienti» in quanto la loro rendita pensionistica annua è inferiore o pari al trattamento minimo dell’INPS e, pur avendo diritto alle detrazioni fiscali, non possono goderne in quanto il loro importo è superiore alle imposte che dovrebbero pagare. Una sorta dunque di rimborso fiscale a favore di chi non può godere di tutte le detrazioni perché titolari di una pensione di importo minimo. Tale somma aggiuntiva è corrisposta unitamente alla tredicesima mensilità, ma solo in presenza di particolari condizioni reddituali. Ogni anno tale somma viene indicata in misura provvisoria ad inizio anno sul modello ObisM e non costituendo reddito, non viene certificato nell’imponibile fiscale della pensione e non deve neppure essere diConsulenza n. 43/2013 10) Quintavalle - Rapporto di lavoro:10) Quintavalle - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.20 Pagina 51 Rapporto di lavoro – – – – – – – – – – – invalidità civile (cat. INVCIV); pensione sociale (cat. PS); assegno sociale (cat. AS); rendita facoltativa di vecchiaia (cat. VOBIS) o di invalidità (cat. IOBIS); pensione di vecchiaia (cat. VMP) o di invalidità (Cat. IMP) a favore delle casalinghe; pensione di vecchiaia, di invalidità o ai superstiti a carico della gestione speciale per il personale degli Enti pubblici creditizi (cat. VOBANC, IOBANC e SOBANC); assegno straordinario di sostegno al reddito per i dipendenti delle aziende di credito ordinario (cat. VOCRED); assegno straordinario di sostegno al reddito per i dipendenti delle aziende di credito cooperativo (cat. VOCOP); assegno straordinario di sostegno al reddito per i dipendenti delle aziende di credito delle esattorie (cat. VOESA); indennizzo per attività commerciale (cat. INDCOM) (Circ. n. 183 del 18 ottobre 2001); pensioni erogate ai dirigenti iscritti all’ex fondo INPDAI (cat. VDAI, IDAI e SDAI) (Circ. n. 144 del 25 ottobre 2004). Sono esclusi inoltre i titolari di: – – – – – – – pensione eliminata; pensione supplementare; pensione detassata per convenzione contro la doppia imposizione; pensione con sostituzione dello Stato o rivalsa degli Enti locali; pensione con pagamento localizzato presso uffici pagatori di Sede (999, E9E, ELI, ELB, MOB, RED, INV, 99V, Z4E, INE, EST, 94Z, 99R); assegno di invalidità scaduto e non rinnovato; pensione ai superstiti con l’intestatario scaduto (Circ. n. 183 del 18 ottobre 2001); – pensioni con importo a dicembre uguale a zero (Circ. n. 119 del 14 dicembre 2005). Condizioni necessarie Essendo la corresponsione subordinata all’accertamento dei requisiti reddituali, è stabilito che: – – – l’importo aggiuntivo non spetta, se l’importo complessivo delle pensioni supera l’importo annuale del trattamento minimo maggiorato dell’importo aggiuntivo; l’importo aggiuntivo spetta in misura parziale, cioè fino a concorrenza del predetto limite se l’importo delle pensioni risulta annuo del trattamento minimo e l’importo annuo del trattamento minimo maggiorato di 154,96 euro; l’importo aggiuntivo spetta in misura intera se l’importo complessivo delle pensioni è minore o uguale all’importo annuo del trattamento minimo. Le disposizioni valide per il 2013 Sono cambiati per il 2013 i limiti di reddito per poter ottenere il beneficio così come comunicato dall’INPS con Mess. n. 18100 dell’8 novembre 2013. Per aver diritto all’importo aggiuntivo bisogna verificare due parametri reddituali: 1) l’importo complessivo della pensione comprese eventuali maggiorazioni sociali; 2) il reddito personale o coniugale. Importo pensione per il 2013 Se l’importo complessivo delle pensioni comprensivo delle maggiorazioni sociali è maggiore di 6.595,53 euro (T.M. anno 2013 + importo aggiuntivo) non spetta nulla. Se l’importo complessivo delle pensioni comprensivo delle maggiorazioni sociali è inferiore a 6.440,59 euro spetta l’intero importo aggiuntivo se risultano soddisfatte le condizioni reddituali proprie e del coniuge. Se l’importo complessivo delle pensioni comprensivo delle maggiorazioni sociali è compreso tra 6.440,59 euro e 6.595,53 euro spetta la differenza tra 6.595,53 euro e l’importo delle pensioni se risultano soddisfatte le condizioni reddituali proprie e del coniuge. LIMITI DI REDDITO 2013 Anno pensionato solo 9.660,88 euro Pensionato coniugato 2013 19.321,77 euro Consulenza n. 43/2013 51 Lavoro & Previdenza chiarato per la corresponsione delle prestazioni previdenziali e assistenziali. Non occorre presentare alcuna domanda per ottenere l’importo aggiuntivo in quanto l’INPS, attraverso la campagna RED, è già in possesso di tutti i dati necessari per procedere alla corresponsione in presenza dei requisiti necessari. Sono esclusi da tale provvidenza i pensionati titolari di: 10) Quintavalle - Rapporto di lavoro:10) Quintavalle - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.20 Pagina 52 Rapporto di lavoro Lavoro & Previdenza I redditi da considerare sono quelli assoggettabili ad IRPEF e coincidono con quelli da prendere in considerazione per l’integrazione al trattamento minimo. LE AZIENDE IN CRISI Soprattutto con i tempi che corrono, molti lavoratori si sono trovati senza lavoro ma fortunatamente tutelati dall’intervento degli ammortizzatori sociali anche in deroga alle normali previsioni normative. Generalmente quando non si lavora la tredicesima potrebbe non maturare ma tale principio, abbiamo visto, non vale per tutte le assenze. Alcune, infatti, consentono la maturazione della tredicesima intera da parte del datore di lavoro e altre ancora invece sono assenze che vengono coperte da trattamenti salariali già comprensivi della mensilità aggiuntiva. In un periodo di crisi occupazionale come quello che stiamo vivendo è utile dunque fare un quadro di ciò che succede in caso di intervento degli ammortizzatori sociali per crisi aziendale. Tredicesima e integrazione salariale Il calcolo della mensilità aggiuntiva nei periodi in cui vi sia un intervento di cassa integrazione è diverso a seconda si tratti di sospensione a zero ore o ad orario ridotto. L’indennità corrisposta dall’INPS è comprensiva anche della quota di retribuzione relativa alla tredicesima mensilità per tutte le ore in cui il lavoratore è posto in CIG. Il datore di lavoro, quindi, erogherà la tredicesima trattenendo dall’ammontare intero, il numero di ore annue trascorse in CIG. In caso di cassa integrazione ad orario ridotto occorre verificare l’importo spettante al lavoratore calcolato all’80% della retribuzione e raffrontarlo con i massimali previsti ogni anno per legge dall’INPS. Una volta ottenuto l’importo su cui calcolare l’80%, avendo avuto cura di considerare anche tutti gli elementi continuativi della retribuzione del dipendente, il datore di lavoro dovrà conteggiare i ratei delle mensilità aggiuntive maturati nel periodo di CIG o CIGS. Questi ratei, che sono al 100% a carico del datore di lavoro per le ore lavorate, restano a carico dell’INPS per le ore di sospensione del lavoro e quindi calcolati anch’essi all’80%, nel seguente modo: importo della mensilità aggiuntiva diviso 2.000 (ore lavorabili in un anno, riproporzionabili per periodo inferiore all’anno). Fatti i dovuti calcoli, se l’80% della retribuzione ordinaria supera il massimale orario di integrazione, dovrà essere corrisposto il massimale orario per ogni ora di intervento di CIG/CIGS, non rimanendo spazio per l’integrazione salariale relativa alle mensilità aggiuntive. 52 Se invece il massimale non viene raggiunto con la sola retribuzione ordinaria, al lavoratore potrà essere corrisposta, oltre alla quota calcolata, anche una parte delle mensilità aggiuntive fino al limite del massimale stabilito. In questo caso il datore di lavoro porterà a rimborso, nel momento dell’erogazione della mensilità aggiuntiva, la quota a carico dell’INPS per non raggiungimento del limite mensile con la sola retribuzione ordinaria. Calcolo dell’integrazione 80% della paga oraria x n. ore autorizzate = tot. integrazione – 5,84% = trattamento CIG da corrispondere se non superiore al massimale. Cassa integrazione con sospensione a zero ore Nel caso di sospensione dal lavoro a zero ore, i ratei maturano a carico dell’INPS. Se l’ammontare dell’integrazione salariale è inferiore al massimale della CIG, il rateo matura a carico dell’Istituto di previdenza fino al raggiungimento del massimale. Tredicesima e contratto di solidarietà In caso di integrazione salariale dovuta a intervento del contratto di solidarietà difensivo si dovranno distinguere i ratei maturati ante adozione orario ridotto da quelli maturati in un periodo di applicazione di contratto di solidarietà adottando due contatori e accantonando due quote: – – una di spettanza del datore di lavoro corrispondente alle ore di prestazione e di assenza tutelata; una quota di spettanza dell’INPS riferita alle ore non prestate, per effetto della riduzione concordata nel contratto di solidarietà. Tredicesima e indennità di mobilità In caso di lavoratore in mobilità, non sussiste il diritto alla percezione della tredicesima mensilità in quanto gli importi massimali e minimali stabiliti annualmente dall’istituto di previdenza sono già comprensivi della mensilità aggiuntiva. Valori massimali 2013 - Cassa Integrazione e Mobilità Come da Circ. INPS n. 20 dell’8 febbraio 2012 i massimali per l’anno 2013 sono i seguenti: – – per una retribuzione inferiore o uguale ad 2.014,77 = euro 931,28 lordi (al netto del 5,84% = euro 876,89); per un retribuzione superiore a 2.014,77 = euro 1.119,32 (al netto del 5,84% = euro 1.053,95). n Consulenza n. 43/2013 11) Zurri - Rapporto di lavoro:11) Zurri - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.20 Pagina 53 Rapporto di lavoro CONGUAGLIO FISCALE 2013 stionali utilizzati nell’ambiNel mese di dicembre di Il conguaglio fiscale è la procedura to di una normativa in conogni anno il datore di lavoattraverso la quale il datore tinua evoluzione, purtropro, in quanto sostituto d’imdi lavoro, calcolato il reddito po anche in corrispondenposta, è chiamato ad effetza con la fine dell’anno e a tuare il conguaglio fiscale. di ogni lavoratore, trattiene cedolini paga del mese di Questa attività si rende nela somma stabilita dall’imposta dicembre, magari già chiucessaria in quanto è solo alla sul reddito (IRPEF). Il reddito si. Qui viene in soccorso il scadere del periodo d’impoimponibile si calcola tenendo legislatore con la previsiosta che il reddito di ciascun ne di cui all’art. 23, comma dipendente è diventato deficonto di precise condizioni, 3 del D.P.R. n. 600 del 1973: nitivo. di seguito descritte, insieme i sostituti d’imposta devoInfatti, il datore di lavoro alle corrispondenti modalità no effettuare le attività di da gennaio a novembre efdi calcolo, tenuto conto delle conguaglio entro il 28 febfettua le trattenute relative braio dell’anno successivo all’Imposta sul Reddito delprocedure previste per il 2013 al periodo di imposta conle Persone Fisiche (d’ora in siderato (entro il 28 febpoi IRPEF) sulla base di un braio 2014 per il periodo di imposta 2013). All’interreddito presunto, che può essere quello dell’anno no di questo conguaglio possono rientrare anche le precedente o, ad es., quello esatto del mese, comsomme di competenza del periodo di imposta 2013 prensivo delle voci variabili dello stipendio, someventualmente corrisposte ai lavoratori, entro il 12 mato alle mensilità che residuano, comprese le gennaio 2014 (art. 51, comma 1 del T.U.I.R., cd. prinmensilità aggiuntive e applica delle detrazioni, per cipio di cassa allargato). lavoro dipendente e per carichi familiari, tenendo conto del numero di giornate che possono dare diritto a tali detrazioni. Quindi con il mese di dicemREDDITO IMPONIBILE bre, si ha il dato certo del reddito complessivamente Le somme oggetto di conguaglio fiscale di fine anno percepito dal lavoratore ed è possibile calcolare sono quelle corrisposte a titolo di reddito per il lavol’imposta totale da questi effettivamente dovuta nel ro dipendente (art. 49 del D.P.R. n. 917 del 1986, periodo di imposta considerato. Una volta calcolato T.U.I.R.) e i redditi ad esso assimilati (indicati nelil reddito complessivo, verranno calcolate anche le l’art. 50 del T.U.I.R.), quali i compensi erogati per addizionali comunali e regionali all’IRPEF, che sacollaborazioni a progetto, borse di studio, ecc. Sono ranno trattenute a decorrere dal successivo periodo inoltre considerati reddito da lavoro dipendente gli d’imposta. importi corrisposti a titolo di cassa integrazione Il risultato dell’attività di conguaglio sarà una somma guadagni, l’indennità di mobilità, le indennità corria debito o a credito del lavoratore a seconda se il reddisposte dagli Enti previdenziali ed assicurativi per la to presunto assunto come parametro nel corso delmalattia, la maternità e per l’inabilità temporanea. l’anno sia stato inferiore o superiore a quello effettivaRientrano tra i redditi imponibili fiscalmente i commente percepito dal lavoratore a conclusione del pepensi in natura (fringe benefit) per la quota determiriodo d’imposta, alla luce della corretta applicazione nata nel loro «valore normale» al netto di eventuali delle detrazioni in concreto. somme trattenute al dipendente per la cessione del Alla luce di quanto sopra, occorre poi tenere conto bene o la prestazione del servizio, le prestazioni sodel fatto che le articolate operazioni di conguaglio, stitutive della mensa (cd. ticket) per l’importo eccesono anche il risultato di un buon lavoro di controllo dente gli euro 5,29 al giorno, le erogazioni liberali in e di adeguamento del corretto funzionamento, nel natura eccedenti gli euro 258,23, le pensioni di ogni corso di tutto l’anno fiscale, ormai, dei software gegenere, gli assegni equiparati alle pensioni, gli inteConsulenza n. 43/2013 53 Lavoro & Previdenza di Angela Zurri 11) Zurri - Rapporto di lavoro:11) Zurri - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.20 Pagina 54 Lavoro & Previdenza Rapporto di lavoro ressi e le rivalutazioni su crediti di lavoro dipendente. Le trasferte effettuate nell’ambito del territorio comunale in cui si trova la sede di lavoro concorrono interamente alla formazione del reddito imponibile, tuttavia sono esclusi da tassazione i rimborsi spese di trasporto documentati idoneamente. Le trasferte al di fuori del territorio comunale sono imponibili nella parte eccedente gli importi di euro 46,48 al giorno in caso di trasferta in territorio nazionale e di euro 77,47 per le trasferte all’estero qualora venga corrisposta un’indennità forfettaria, cioè che prescinda dall’ammontare delle spese di vitto e alloggio effettivamente sostenute. In caso di rimborso misto, cioè di rimborso delle spese in parte a piè di lista e in parte mediante l’erogazione di un’indennità forfettaria, l’importo su cui calcolare l’eccedenza imponibile viene ridotto di un terzo (rispettivamente diventano euro 30,99 e 51,65) qualora vengano rimborsate le spese di vitto e alloggio o in caso questi vengano forniti gratuitamente, mentre viene ridotta di due terzi (euro 15,49 e euro 25,82). Sia in caso di rimborso forfettario che rimborso misto, i rimborsi per spese di viaggio, anche in forma di indennità chilometrica, analiticamente ed idoneamente documentati non concorrono alla formazione del reddito. In caso di rimborso analitico le spese, appunto, analiticamente documentate e dettagliate di vitto, alloggio, viaggio e trasporto, non concorrono a formare il reddito: i rimborsi per altre spese, anche non documentabili, ma analiticamente dettagliate dal dipendente (quali ad esempio spese telefoniche, parcheggio, mance, ecc.) sono imponibili nella misura che eccede il limite giornaliero di euro 15,49, elevabili ad euro 25,82 per le trasferte effettuate all’estero. Le indennità per il trasferimento della sede di lavoro del dipendente sono imponibili per il 50% del loro importo, solo per il primo anno e nel limite di euro 1.549,37 per il trasferimento sul territorio nazionale ed euro 4.648,11 per le trasferte verso e dall’estero. Devono, altresì, essere prese in considerazione le retribuzioni convenzionali attribuite, in luogo dell’effettiva retribuzione, ai lavoratori che hanno prestato attività lavorativa all’estero, in via continuativa e ed esclusiva, per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi (art. 51, comma 8-bis, del T.U.I.R.). Nel reddito complessivo è compreso anche l’eventuale reddito dei fabbricati assoggettato alla cedolare secca sulle locazioni. In caso di pluralità di rapporti di lavoro e, quindi, di pluralità di somme corrisposte ad un medesimo percettore, il datore di lavoro dovrà, a prescindere dal fatto che il lavoratore ne abbia fatto richiesta, provvedere 54 a considerare le somme complessivamente corrisposte. Allo stesso modo, in caso di operazioni societarie straordinarie, in cui si sia verificato il passaggio di lavoratori da un datore di lavoro all’altro, senza interruzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro che subentra dovrà effettuare le operazioni di conguaglio tenendo conto di quanto già eseguito dal datore di lavoro precedente. SOMME ESCLUSE DALL’IMPONIBILE A TASSAZIONE ORDINARIA Sono escluse dall’imponibile assoggettato a tassazione ordinaria le somme correlate alla produttività tassate al 10% e riconosciute sulla base della contrattazione decentrata (legge n. 228/2012). Per avere diritto a tale misura agevolativa, per il 2013, il lavoratore deve aver conseguito nel 2012 un reddito complessivo, assoggettato a tassazione ordinaria, sommato all’importo agevolato in tale anno non superiore ad euro 40.000,00. La retribuzione «di produttività» agevolabile è pari ad euro 2.500,00 al netto dei contributi a carico del dipendente e al lordo della ritenuta del 10%. È opportuno che in sede di conguaglio fiscale si provveda ad un nuovo controllo delle situazioni che possono comportare o meno il diritto a questa agevolazione, con particolare riferimento ai lavoratori che nel corso dell’anno abbiano avuto rapporti di lavoro con altri sostituti percependo già somme assoggettate ad imposta sostitutiva o che nel corso dell’anno precedente abbiano avuto altri rapporti di lavoro, oltre a quello con l’attuale sostituto, superando eventualmente il limite di euro 40.000,00 di reddito complessivo oltre il quale gli importi «di produttività» sono assoggettati a tassazione ordinaria. Sono altresì esclusi dal computo dell’imponibile gli emolumenti da assoggettare a tassazione separata, quali gli arretrati di anni precedenti, corrisposti nel periodo di imposta che stiamo esaminando. CALCOLO DELL’IMPOSTA Una volta determinato il reddito imponibile fiscale annuo attraverso la somma di tutti i redditi precedentemente descritti percepiti mese per mese dal lavoratore, compresi quelli ulteriori da questi eventualmente comunicati, e sottraendo allo stesso gli oneri deducibili (principalmente i contributi previdenziali e assistenziali a carico del lavoratore), il sostituto d’imposta datore di lavoro provvede al calcolo dell’imposta lorda IRPEF dovuta, che si ottiene applicando al reddito complessivo, le seguenti aliquote IRPEF progressive per scaglioni di reddito (art. 11 del T.U.I.R.) e nei limiti della capienza dell’imposta lorda: Consulenza n. 43/2013 11) Zurri - Rapporto di lavoro:11) Zurri - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.20 Pagina 55 fino a euro 15.000,00 aliquota 23% sull’intero importo oltre 15.000,00 e fino a euro 28.000,00 aliquota 27% - 3.450,00 + 27% sulla parte eccedente i 15.000,00 oltre 28.000,00 e fino a euro 55.000,00 aliquota 38% oltre 55.000,00 e fino a euro 75.000,00 aliquota 41% oltre a euro 75.000,00 aliquota 43% - 25.420,00 + 43% sulla parte eccedente i 75.000,00 DETERMINAZIONE DELLE DETRAZIONI DI IMPOSTA Una volta calcolata l’imposta lorda dovuta dal lavoratore, il sostituto dovrà determinare le detrazioni spettanti per produzione di reddito (art. 11 del T.U.I.R.) e per carichi di famiglia (art. 12 del T.U.I.R.), nonché eventuali oneri detraibili (art. 15 del T.U.I.R.), detrazioni per canoni di locazione (art. 16 del T.U.I.R.) e il credito per le imposte pagate all’estero. Il D.L. n. 70 del 2011 ha abolito l’obbligo di comunicazione annuale sulle detrazioni fiscali. Al datore di lavoro devono essere comunicate solo le eventuali variazioni (come ad esempio la nascita di un figlio) e il lavoratore può fare richiesta al datore di lavoro di effettuare mensilmente le trattenute ed effettuare il conguaglio fiscale tenendo conto anche di altri redditi oppure mediante l’applicazione di un’aliquota diversa, laddove vi ravvisi la convenienza. Vi è anche la possibilità di vedersi riconosciute ulteriori detrazioni, oltre a quella per lavoro dipendente, quali ad esempio l’eventuale detrazione minima garantita, che spetta ai lavoratori che hanno meno di 8.000 euro di reddito, oppure la detrazione per canoni di locazione. Una detrazione IRPEF spetta al lavoratore giovane dai 20 ai 30 anni che paghi un canone di locazione. Le detrazioni devono essere rapportate al periodo di lavoro (art. 13 del T.U.I.R.). In particolare, la Circ. Agenzia delle entrate n. 15/E del 16 marzo 2007, confermando i chiarimenti forniti dalla C.M. n. 3 del 9 gennaio 1998, precisa che i giorni per i quali spetta la detrazione coincidono con quelli che hanno dato diritto alla retribuzione che è stata assoggettata a ritenuta. Pertanto, nel numero di giorni in virtù dei quali va calcolata la detrazione devono essere comprese le festività, i riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi, mentre de- vono essere sottratti i giorni per i quali non spetta alcuna retribuzione (ad esempio, in caso di assenza per aspettativa non retribuita, sospensione disciplinare, ecc.), sempre che l’assenza sia ininfluente sulla maturazione dei ratei di mensilità aggiuntive, in tal caso la detrazione spetta per intero. Nessuna riduzione delle detrazioni è effettuata in caso di articolazione dell’orario di lavoro, quali il part-time (orizzontale, verticale, ecc.), né in presenza di giornate di sciopero. Ai fini dell’attribuzione delle detrazioni da lavoro, l’anno deve essere sempre assunto come composto di 365 giorni, anche quando è bisestile, mentre per le detrazioni per familiari a carico si ha riguardo al numero di mesi in cui tale condizione si verifica. La condizione di familiare a carico presuppone l’esistenza di un rapporto di parentela ed è riconosciuta a prescindere dal requisito della residenza, purché il soggetto che si vuole assumere a carico del lavoratore abbia un reddito complessivo annuo lordo non superiore ad euro 2.840,51. Quindi, ad esempio, non potrà essere considerato a carico del coniuge, il figlio dell’altro coniuge nato da precedente matrimonio. La detrazione per coniuge a carico è prevista nella misura di euro 800,00 se il reddito complessivo non supera gli euro 15.000,00, si applica la detrazione teorica, che si ottiene attraverso la seguente formula: 800 - [(100 x reddito complessivo) : 15.000,00] Se il rapporto è uguale a 1 la detrazione compete per intero, se uguale a zero non compete, negli altri casi il risultato della precedente formula si assume con troncamento alla quarta cifra decimale (quindi non si arrotonda). Se il reddito complessivo è superiore a euro 15.000,00 ed inferiore ad euro 40.000,00: da euro 15.001,00 a euro 29.000,00 importo detrazione euro 690,00 da euro 29.001,00 a euro 29.200,00 importo detrazione euro 700,00 da euro 29.201,00 a euro 34.700,00 importo detrazione euro 710,00 da euro 34,701,00 a euro 35.000,00 importo detrazione euro 720,00 da euro 35.001,00 a euro 35.100,00 importo detrazione euro 710,00 da euro 35.101,00 a euro 35.200,00 importo detrazione euro 700,00 da euro 35.201,00 a euro 40.000,00 importo detrazione euro 690,00 Consulenza n. 43/2013 55 Lavoro & Previdenza Rapporto di lavoro 11) Zurri - Rapporto di lavoro:11) Zurri - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.20 Pagina 56 Rapporto di lavoro Se il reddito complessivo è superiore a euro 40.000,00 ed inferiore ad euro 80.000,00, si applica la detrazione teorica, che si ottiene attraverso la seguente formula: Lavoro & Previdenza 690 x [(80.000 - reddito complessivo) : 40.000] Anche qui, se il rapporto è uguale ad 1 la detrazione compete per intero, se uguale a zero non compete, negli altri casi il risultato della precedente formula si assume con troncamento alla quarta cifra decimale (quindi non si arrotonda). euro 0 se il reddito complessivo è superiore ad euro 80.000,00 La detrazione ordinaria per ogni figlio a carico è pari ad euro 800,00, euro 900,00 per ogni figlio di età inferiore ai tre anni, euro 1.020,00 per ogni figlio disabile di età superiore ai tre anni ed euro 1.120,00 per ogni figlio disabile di età inferiore ai tre anni. Nel caso i figli siano in numero superiore a tre tali detrazioni sono aumentate di euro 200,00 per ciascun figlio. Anche in questo caso le detrazioni sono teoriche e si ottengono mediante la seguente formula: importo detrazione x [(95.000,00 - reddito complessivo) : 95.000,00] Quanto all’importo della detrazione deve essere indicata quella che interessa nel caso di specie, mentre il valore 95.000 sarà eventualmente aumentato di 15.000,00 tante volte quanti sono gli ulteriori figli a carico, tenendo presente comunque che, oltre il quinto figlio, resterà invariato l’importo delle detrazioni a seconda dell’età (euro 1.100,00 o euro 1.000). Quanto al risultato (uguale a 1, uguale a zero o altro risultato) ci si regola qui come sopra descritto. Per quel che riguarda le modalità di ripartizione delle detrazioni tra i coniugi, è da rilevare che dal 2007 vengono stabiliti dei criteri fissi di ripartizione. La regola generale prevede che la detrazione sia ripartita al 50% tra i genitori, salvo che essi si accordino (il modulo delle detrazioni che si consegnerà al dipendente dovrà essere opportunamente compilato e sottoscritto, nel caso, da entrambi i genitori) nell’attribuire al genitore con il reddito complessivo più elevato l’intera detrazione. Questa sarà attribuita anche al genitore che abbia il coniuge a carico. In caso di genitori legalmente ed effettivamente separati, la detrazione spetta nella misura del 100% al genitore affidatario (fatto salvo l’eventuale diverso accordo tra essi), nella misura del 50% per ciascun genitore in caso di affidamento congiunto, anche qui salvo diverso accordo che possa intervenire tra i genitori (Ris. Agenzia delle entrate n. 143/E/2010): in caso di accordo, comunque, la scelta rimane tra una ripartizione al 56 100% oppure al 50%. La circolare dell’Agenzia delle entrate n. 34/E/2008 ha, inoltre, precisato che la possibilità di attribuire per intero la detrazione al genitore con il reddito più basso ricorre solo nell’ipotesi di genitori separati nel caso in cui il genitore con il reddito complessivamente più alto non possa fruire della stessa per incapienza dell’imposta. Con riferimento, invece, ai genitori non coniugati, la Circ. n. 15/E/2007 ha specificato l’applicabilità della medesima disciplina prevista in caso di separazione legale dei coniugi, sempre che siano presenti provvedimenti di affidamento, in assenza dei quali la detrazione deve essere attribuita a ciascun genitore nella misura del 50%, salvo diverso accordo. In tal caso la detrazione dovrà essere attribuita al genitore con il reddito più alto. Con la legge n. 244/2007, con l’inserimento del comma 1-bis all’art. 12 T.U.I.R., è stata introdotta un’ulteriore detrazione per famiglie numerose. Essa spetta ai lavoratori con almeno quattro figli a carico e nella misura complessiva tra i due genitori di euro 1.200,00, rapportato a ciascun periodo di paga (potrà essere nella misura di euro 100,00 o euro 50,00, da utilizzare fino a capienza dell’imposta netta del mese) e di sussistenza della condizione di familiare a carico dei figli. La detrazione spetta in misura intera al coniuge che ha carico l’altro genitore, mentre è in ogni caso ripartita al 50% in tutte le altre situazioni che possono venirsi a creare. Questo in quanto, anche in caso di incapienza, viene comunque riconosciuto al lavoratore un credito d’imposta di importo pari a quello che nella stessa non ha trovato capienza. Ed è proprio in occasione del conguaglio di fine anno che il datore di lavoro dovrà procedere a rideterminare l’ulteriore credito spettante e quindi il credito effettivamente da riconoscere, dopo aver scomputato quello già riconosciuto nel corso dei mesi precedenti. Determinata a questo punto l’imposta effettivamente dovuta, sulla base dell’ammontare definitivo e complessivo delle somme corrisposte, tenuto conto degli oneri deducibili, delle detrazioni fiscali e per oneri, anch’esse ormai calcolate sulla base del reddito complessivo, il datore di lavoro provvederà a scomputarvi gli importi trattenuti a titolo d’acconto durante l’anno. Il risultato di tale operazione potrà essere un conguaglio a debito del lavoratore, che si vedrà trattenuta la maggior imposta, o a credito, caso in cui l’imposta sarà rimborsata. Il datore di lavoro provvederà al versamento di quanto trattenuto, secondo i principi generali, entro il 16 del mese successivo: se l’operazione di conguaglio è stata effettuata il 31 dicembre, il versamento tramite il modello F24 delle imposte a conguaglio sarà effettuato entro il 16 gennaio successivo, se le operazioni di conguaglio sono calcolate nelle buste paga di gennaio, il versamento sarà da effettuare entro il 16 febbraio. n Consulenza n. 43/2013 12) Romano - Rapporto di lavoro:12) Romano - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.19 Pagina 57 Rapporto di lavoro di Alberto Romano - Consulente del lavoro in Salerno Al fine di agevolare e promuovere l’integrazione sociale dei disabili e il pieno sviluppo della loro persona anche nell’ambito professionale, la legge si preoccupa di favorirne l’inserimento nel mondo del lavoro attraverso incentivi e misure di sostegno al loro collocamento e, soprattutto, imponendo ad aziende di certe dimensioni, l’assunzione di una certa quota di categorie protette. Per proteggere specifiche categorie di lavoratori affette da svantaggi che potrebbero compromettere l’approccio con il mondo del lavoro, la legislazione obbliga determinate categorie di datori di lavoro a riservare una quota della assunzioni agli appartenenti alle categorie protette. Il cosiddetto «Collocamento obbligatorio» necessita di specifiche condizioni e procedure, qui di seguito descritte CATEGORIE PROTETTE Possono iscriversi nell’apposito elenco del Centro per l’ Impiego territorialmente competente «Collocamento obbligatorio» le persone disabili, che abbiano compiuto 15 anni di età e non ancora raggiunto l’età pensionabile, appartenenti ad una delle seguenti categorie: – – – invalidi civili: persone in età lavorativa, affette da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e i portatori di handicap intellettivo con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45% o non vedenti (cecità assoluta o con residuo visivo non superiore a un decimo a entrambi gli occhi, con correzione) o sordomute (colpite da sordità dalla nascita o prima dell’apprendimento della lingua parlata); invalidi del lavoro: persone con grado di invalidità superiore al 33%, a seguito di infortunio sul lavoro o malattia professionale, accertata dall’INAIL in base alle disposizioni vigenti; invalidi di guerra, civili di guerra o per servizio: persone con minorazioni rientranti tra la prima e l’ottava delle categorie indicate in allegato al Testo Unico delle norme in materia di pensioni di guerra (D.P.R. n. 915/1978). Possono ottenere l’iscrizione nell’elenco dei disabili anche i coniugi ed i figli dei grandi invalidi per causa di servizio, di guerra o di lavoro a condizione che essa avvenga in via sostitutiva dell’avente diritto a titolo principale. Consulenza n. 43/2013 – – – – – Con il sistema del Collocamento obbligatorio tutti i datori di lavoro che occupano almeno 15 dipendenti sono obbligati ad assumere un numero di soggetti appartenenti alle categorie protette che varia in base al numero dei lavoratori validi occupati e computabili. DATORI DI LAVORO ESCLUSI Sono esclusi dall’obbligo i datori di lavoro operanti nei seguenti settori: edilizia, limitatamente al personale di cantiere e agli addetti al trasporto del settore (art. 1, comma 53, legge n. 247/2007; Nota MinLav. 29 gennaio 2008 n. 13/III/002256); trasporto aereo, marittimo e terrestre, limitatamente al personale viaggiante e navigante; impianti a fune, in relazione al personale direttamente adibito alle aree operative di esercizio e regolarità dell’attività di trasporto; autotrasporto, per quanto concerne il personale viaggiante; minerario, limitatamente al personale di sottosuolo e quello adibito alle attività di movimentazione e trasporto del minerale (art. 2, comma 12-quater, D.L. n. 225/2010, conv. in legge n. 10/2011). Per determinare il numero di soggetti disabili da assumere è necessario individuare la dimensione occupazionale dell’azienda. Rientrano nel calcolo della quota di riserva, di norma, tutti i lavoratori assunti con contratto a tempo pieno e indeterminato con la esclusione dei seguenti soggetti: – – – lavoratori già occupati ai sensi della legge n. 68/1999; soci di cooperative di produzione e lavoro; dirigenti; 57 Lavoro & Previdenza CATEGORIE PROTETTE E INVIO PROSPETTO INFORMATIVO 12) Romano - Rapporto di lavoro:12) Romano - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.19 Pagina 58 Rapporto di lavoro – – Lavoro & Previdenza – – – – – – – – – – – apprendisti; assunti con contratti di inserimento e reinserimento; i lavoratori assunti a tempo determinato, con contratto di durata inferiore a 6 mesi. I contratti con durata superiore si computano pro-quota e qualora il loro inserimento sia indispensabile per la realizzazione del ciclo produttivo, con esclusione, quindi di quelli assunti per ragioni sostitutive; soggetti appartenenti alle categorie protette di cui all’art. 18, comma 2, legge n. 68/1999, quali orfani, vedove e profughi nei limiti della percentuale prevista e già assunti al 18 gennaio 2000; il personale viaggiante e navigante delle aziende che operano nel settore del trasporto aereo, marittimo o terrestre; il personale di cantiere delle aziende edili (che opera all’interno del luogo in cui si effettuano i lavori) e addetti al trasporto (autisti) del settore edile. Per i lavoratori occupati in aziende del settore laterizi, addetti alla fabbricazione di manufatti in cemento armato, l’esclusione non si applica in quanto svolgono attività all’esterno del cantiere (Risp. Int. MinLav. 15 ottobre 2010, n. 36); i lavoratori occupati in somministrazione presso l’impresa utilizzatrice; i lavoratori assunti per attività da svolgersi all’estero per la durata del lavoro stesso; i soggetti impegnati in lavori socialmente utili; i lavoratori che aderiscono al programma di emersione; i lavoratori a domicilio; i lavoratori di particolari settori quali gli impianti a fune, settore minerario e personale di sottosuolo; il personale di partiti politici, organizzazioni sindacali e senza scopo di lucro eccezion fatta per il personale tecnico esecutivo, con funzioni amministrative, e solo in caso di nuove assunzioni. I lavoratori part-time si computano per la quota di orario effettivamente svolta, tenendo conto dell’orario previsto dalla contrattazione collettiva di settore. Il Ministero del lavoro, con la Circ. n. 41/2000 ha chiarito che tali lavoratori si computano in proporzione all’orario svolto riferito alle ore ordinarie effettuate in azienda, arrotondando alla unità le frazioni di orario superiori alla metà di quello normale. Il calcolo aritmetico, quindi, verrà effettuato sommando le ore di tutti i contratti part-time e rapportando la somma così ottenuta al totale delle ore prestate a tempo pieno, in base al CCNL di categoria, con il successivo arrotondamento ad unità delle frazioni superiori al 50%. La quota di riserva così calcolata serve ad individuare 58 il numero di assunzioni obbligatorie imposto alle imprese, sia pubbliche che private. In particolare, i datori di lavoro che occupano: – – – – da 15 a 35 dipendenti devono assumere 1 disabile entro 12 mesi dalla prima nuova assunzione e entro 60 giorni dalla seconda nuova assunzione (non sono considerate nuove assunzioni quelle effettuate per la sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto, per la durata dell’assenza, quelle dei lavoratori cessati dal servizio qualora siano sostituiti entro 60 giorni e quelle effettuate ai sensi della legge n. 68/1999); da 36 a 50 dipendenti devono assumere 2 disabili; da 51 a 150 dipendenti devono assumere il 7% dei soggetti disabili e 1 soggetto delle categorie protette ex art. 18, comma 2, legge n. 68/1999; oltre 151 dipendenti devono assumere il 7% dei soggetti disabili e l’1% dei soggetti delle categorie protette. Per quanto riguarda il computo dei lavoratori disabili occupati part-time a copertura della quota di riserva, deve considerarsi singolarmente l’orario prestato da ciascun lavoratore, rapportato al normale orario a tempo pieno, con arrotondamento ad unità qualora l’orario prestato sia superiore al 50% dell’orario ordinario (Circ. MinLav. 26 giugno 2000, n. 41). Rientrano nella quota di riserva, riducendo il numero di assunzioni obbligatorie, le seguenti categorie: – – – – – – centralinisti e terapisti della riabilitazione non vedenti; massaggiatori e massofisioterapisti ciechi; orfani e coniugi superstiti nei limiti della percentuale dell’1% e solo se assunti prima del 18 gennaio 2000; lavoratori divenuti inabili allo svolgimento delle proprie mansioni per infortunio o malattia con una riduzione della capacità lavorativa in misura pari o superiore al 60%; lavoratori divenuti inabili, successivamente all’assunzione, per infortunio sul lavoro o malattia professionale con riduzione della capacità lavorativa in misura pari o superiore al 33%; lavoratori già invalidi prima della costituzione del rapporto di lavoro, ma assunti fuori dalla procedure che regolano il collocamento obbligatorio, se il grado di invalidità civile risulta superiore al 60% o superiore al 33% se l’invalidità è derivante da infortunio su lavoro o malattia professionale. Gli obblighi relativi all’assunzione di soggetti appartenenti alle categorie protette devono essere rispettati a livello nazionale. Consulenza n. 43/2013 12) Romano - Rapporto di lavoro:12) Romano - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.19 Pagina 59 Rapporto di lavoro Consulenza n. 43/2013 dente la necessità di prorogare il termine per non più di 30 giorni. Gli obblighi di assunzione delle categorie protette sono temporaneamente sospesi in determinate situazioni di crisi aziendale quali: – – CIGS e contratti di solidarietà: gli obblighi sono sospesi per la durata dei programmi, per il singolo ambito provinciale e in proporzione all’attività lavorativa effettivamente sospesa; procedure di mobilità: gli obblighi sono sospesi per la durata della procedura di mobilità e, nel caso in cui la stessa procedura si concluda con meno di 5 licenziamenti, per 6 mesi. Per fruire della sospensione il datore di lavoro deve presentare comunicazione al servizio provinciale per il collocamento mirato competente sul territorio dove si trova la sede legale dell’impresa, allegando copia del provvedimento amministrativo che riconosce la sussistenza delle condizioni previste dalla legge. Le imprese in possesso del provvedimento amministrativo che riconosce la CIGS in deroga possono beneficiare della sospensione degli obblighi relativi al collocamento obbligatorio presentando apposita richiesta, con allegata la copia del provvedimento stesso. Una volta individuato il numero di assunzioni delle categorie protette da effettuare, verificata la possibilità di esoneri e/o sospensioni, se non vi è la copertura della quota d’obbligo è necessario presentare, agli uffici competenti, le richieste di avviamento al lavoro. PROSPETTO INFORMATIVO Inoltre, le aziende soggette alla disciplina delle assunzioni obbligatorie devono presentare in via telematica, entro il 31 gennaio, agli Uffici competenti un prospetto informativo contenente informazioni riguardanti il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, il numero e i nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva e i posti di lavoro e le mansioni disponibili per tali lavoratori. La situazione occupazionale aziendale deve essere riferita e fotografata al 31 dicembre dell’anno precedente. Con l’invio del prospetto si intende presentata anche la richiesta di avviamento al lavoro. Se, rispetto all’ultimo prospetto inviato, non avvengono cambiamenti nella situazione occupazionale tali da modificare l’obbligo o da incidere sul computo della quota di riserva, il datore di lavoro non è tenuto ad inviare il prospetto. L’obbligo ha comunque cadenza annuale; il prospetto non deve essere ripresentato in corso d’anno in caso di insorgenza di nuovi obblighi di assunzione: in tale ipotesi infatti il datore di lavoro, entro 60 giorni dal ve- 59 Lavoro & Previdenza LE IMPRESE «MULTILOCALIZZATE» Ciò significa che i datori di lavoro che occupano il loro personale in diverse unità operative dislocate sul territorio nazionale (cd. imprese «multilocalizzate») possono assumere in un’unità produttiva un numero di lavoratori avviati obbligatoriamente superiore a quello prescritto dalla legge, portando le eccedenze in compensazione con il minor numero di lavoratori assunti nelle altre unità produttive. Inoltre, le imprese che fanno parte di un gruppo (cd. «collegate o controllate»: art. 31 D.Lgs. n. 276/2003), con sede in Italia – ferma restando la quota di riserva obbligatoria per ciascuna impresa – possono assumere un numero di lavoratori avviati obbligatoriamente superiore a quello previsto per legge, portandolo in compensazione con le minori assunzioni effettuate in altre imprese del gruppo, operanti in Italia. La compensazione territoriale è effettuata dal datore di lavoro direttamente, in via automatica con l’unico onere formale di presentare il prospetto informativo dal quale risulta l’adempimento dell’obbligo di assunzioni obbligatorie a livello nazionale, in base ai dati di ciascuna unità produttiva (o di ciascuna impresa). Il prospetto va inviato ai servizi competenti delle province in cui hanno sede le diverse unità produttive della stessa azienda (o le diverse imprese dello stesso gruppo). Le aziende con più di 35 dipendenti che dimostrino, per le speciali condizioni della loro attività (faticosità, pericolosità o particolari modalità di svolgimento), di non potere occupare l’intera percentuale dei lavoratori svantaggiati prevista dalla legge, possono chiedere di essere parzialmente esonerate dall’obbligo dell’assunzione. La misura massima di esonero è determinata nel 60% della quota di riserva (80% per i datori di lavoro operanti nei settori sicurezza e vigilanza e trasporto privato). Per ottenere l’esonero parziale è necessario presentare una domanda al Servizio provinciale per l’impiego del luogo in cui ha sede l’impresa versando, contestualmente, un contributo esonerativo per ciascuna unità non assunta, fissato nella misura di euro 30,64 per ogni giorno lavorativo e per ogni disabile non occupato da versare al Fondo nazionale per l’occupazione dei disabili. Nel caso in cui l’autorizzazione non venga concessa, l’azienda dovrà presentare la richiesta di assunzione entro 60 giorni e i contributi versati verranno conteggiati ai fini della regolarizzazione delle scoperture. Il provvedimento definitivo di autorizzazione, che ha una validità limitata nel tempo, deve essere emanato entro 120 giorni dalla data di ricevimento della domanda, salvo che il Servizio non comunichi al richie- 12) Romano - Rapporto di lavoro:12) Romano - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.19 Pagina 60 Lavoro & Previdenza Rapporto di lavoro rificarsi della scopertura, ha solo l’obbligo di inviare la richiesta di assunzione e non anche quello di inviare il prospetto. Il datore di lavoro può provvedere all’invio telematico del prospetto direttamente o per mezzo di un soggetto abilitato (come ad esempio i consulenti del lavoro o altri professionisti abilitati). È necessario avvalersi dei servizi informatici messi a disposizione dalle regioni e province autonome interessate (https://www.co.lavoro.gov.it/prospettoinformativo), accreditandosi con le modalità indicate dalle stesse. All’esito dell’invio la piattaforma rilascia una ricevuta dell’avvenuta trasmissione, recante la data e l’ora di ricezione nel rispetto della normativa vigente. Tale ricevuta fa fede, salvo prova di falso, per documentare l’adempimento di legge e non deve essere seguita dalla trasmissione di alcun documento cartaceo. Il ritardato o il mancato invio del prospetto informativo è punito con una sanzione amministrativa. Se la sede legale dell’azienda e le unità produttive sono ubicate in due o più regioni, il datore di lavoro deve inviare il prospetto al Servizio informatico ove è ubicata la sede legale dell’azienda (Lett. Circ. MinLav. 14 dicembre 2010, n. 7966). La mancata indicazione nel prospetto informativo delle mansioni disponibili per i lavoratori disabili non è soggetta alla sanzione prevista per mancato o ritardato invio del prospetto (art. 15, comma 1, legge n. 68/1999), ma può essere ricondotta alla fattispecie che punisce i comportamenti che si concretizzano di fatto nella mancata copertura della quota di riserva per cause imputabili al datore di lavoro (art. 15, comma 4, legge n. 68/1999), in quanto il prospetto sia da considerarsi quale «richiesta di avviamento» e risulti una scopertura in capo al datore di lavoro a fronte di un prospetto lacunoso e carente degli elementi essenziali tali da impedire la possibilità di un effettivo avviamento lavorativo del disabile (Risp. Int. MinLav. 20 marzo 2009, n. 26). Nel caso dei gruppi d’impresa per i quali è possibile operare la compensazione territoriale, le singole aziende facenti parte del gruppo e interessate dalla compensazione devono presentare il prospetto informativo tutti gli anni, anche quando non sono intervenuti nell’anno precedente cambiamenti della situazione occupazionale. Il prospetto può essere inviato, per le aziende facenti parte del gruppo, dall’impresa capogruppo abilitata ad agire in nome e per conto delle stesse. Il datore di lavoro, quando non lo fa tramite il prospetto informativo, deve presentare la domanda di assunzione obbligatoria agli uffici provinciali competenti, entro 60 giorni da quello successivo alla data in cui sorge l’obbligo stesso. 60 Generalmente l’obbligo di assunzione dei disabili scatta in relazione al numero dei dipendenti presenti in azienda. Un particolare regime di favore è, tuttavia, previsto per le aziende che occupano da 15 a 35 dipendenti. Infatti la legge ha previsto una disposizione che permette di dilazionare il momento dell’assunzione obbligatoria: l’obbligo sorge, infatti, solo in caso di nuove assunzioni. Tali aziende, infatti, qualora effettuino una nuova assunzione – aggiuntiva rispetto al numero di dipendenti in servizio – sono tenute ad assumere un lavoratore disabile entro i 12 mesi successivi a partire dalla data in cui si effettua la predetta assunzione. Tuttavia, se prima dell’assunzione del disabile l’azienda effettua una seconda nuova assunzione, è tenuta ad assumere il lavoratore disabile, anche in un momento precedente la scadenza del termine di 12 mesi (art. 3, comma 2, legge n. 68/1999; art. 2, commi 2 e 3, D.P.R. n. 333/2000). La richiesta di avviamento deve essere inoltrata entro 60 giorni dalla data della seconda nuova assunzione. Infine, l’obbligo di assunzione del disabile viene meno quando, dopo una nuova assunzione cui seguono, repentinamente, le dimissioni del nuovo assunto o la cessazione di altro dipendente, viene ripristinato il precedente organico e non si provvede a sostituzione entro 60 giorni dalle predette cessazioni (Circ. MinLav. 26 giugno 2000, n. 41). MODALITÀ DI ASSUNZIONE L’assunzione di una categoria protetta può avvenire con le seguenti modalità: – richiesta nominativa: - – per aziende che occupano da 15 a 35 dipendenti; nel limite del 50% per aziende che occupano da 36 a 50 dipendenti; nel lmite del 60% per aziende che occupano più di 50 dipendenti; a prescindere dal numero di dipendenti nel caso di stipula di apposita convenzione di inserimento lavorativo con gli uffici provinciali; richiesta numerica: prevista, in via residuale, per le assunzioni che non ammettono la nominativa. In tal caso il datore di lavoro deve presentare agli uffici provinciali competenti la richiesta di avviamento, indicando solo la qualifica del lavoratore da assumere. Gli uffici provvedono a rilasciare il nulla osta di avviamento attingendo dalle graduatorie dell’elenco dei lavoratori appartenenti alle categorie svantaggiate. L’invio annuale del proConsulenza n. 43/2013 12) Romano - Rapporto di lavoro:12) Romano - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.19 Pagina 61 – – spetto informativo vale quale richiesta numerica di assunzione; passaggio diretto di lavoratori appartenenti alle categorie protette, al verificarsi di determinate condizioni; stipula di convenzioni: sono considerate accordi aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento di obiettivi occupazionali e all’inserimento dei disabili. Nelle convenzioni volte all’inserimento e all’integrazione dei soggetti disabili, sono stabiliti i tempi entro i quali si deve procedere all’assunzione e le modalità della stessa, come ad esempio la facoltà di scelta nominativa, lo svolgimento di periodi di prova più ampi rispetto a quelli previsti dalla contrattazione collettiva, svolgimento di tirocini, assunzione con contratto di lavoro a termine. Qualora la convenzione preveda l’inserimento a tempo indeterminato del disabile in azienda possono essere riconosciute (da parte di Regioni e Province autonome) particolari agevolazioni economiche (art. 13, legge n. 68/1999). Nell’ipotesi di inserimento lavorativo temporaneo con finalità formative (art. 12, legge n. 68/1999), il datore di lavoro assume a tempo indeterminato il disabile (che viene computato nelle quote di riserva) e lo invia per essere impiegato presso un soggetto ospitante (cooperative sociali, imprese sociali, disabili liberi professionisti o datori di lavoro non soggetti all’obbligo di riserva) con oneri retributivi, previdenziali ed assistenziali a carico di quest’ultimo, per la durata della convenzione (massimo 12 mesi, prorogabili di ulteriori 12 mesi). A fronte di ciò il datore di lavoro si impegna ad affidare al soggetto ospitante un determinato ammontare di commesse. Tali convenzioni, non ripetibili per lo stesso soggetto, possono riguardare al massimo un lavoratore disabile se il datore di lavoro occupa meno di 50 dipendenti, oppure il 30% dei lavoratori disabili se il datore di lavoro occupa più di 50 dipendenti. La stipula della convenzione è ammessa esclusivamente a copertura dell’aliquota d’obbligo e, in ogni ca- Consulenza n. 43/2013 so, nei limiti del 10% della quota di riserva. La convenzione prevede un piano personalizzato di inserimento lavorativo e deve avere una durata non inferiore a 3 anni. Alla scadenza il datore di lavoro committente può rinnovare la convenzione (una sola volta per un periodo non inferiore a due anni), oppure assumere il lavoratore disabile a tempo indeterminato mediante chiamata nominativa. In tal caso il datore di lavoro potrà accedere al Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili (art. 13, comma 4, legge n. 68/1999), con diritto di prelazione nell’assegnazione delle risorse. Infine le Convenzioni-quadro sono volte a promuovere l’inserimento dei lavoratori disabili nell’ambito delle cooperative sociali attraverso il conferimento di commesse di lavoro alle cooperative da parte delle imprese associate o aderenti (art. 14, D.Lgs. n. 276/2003; art. 39, commi 10 e 11, D.L. n. 112/2008, conv. in legge n. 133/2008). Sono stipulate, su base territoriale, dagli organismi individuati dalle Regioni (art. 6, comma 1, legge n. 68/1999) con le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori (comparativamente più rappresentative a livello nazionale) e con le associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela delle cooperative [art. 1, comma 1, lett. b), legge n. 381/1991] e con i consorzi (art. 8, legge n. 381/1991) e devono essere convalidate dalle Regioni. I lavoratori disabili inseriti nelle cooperative sociali sono considerati utili ai fini della copertura della quota di riserva a cui sono tenute le imprese conferenti. La quota di riserva per ciascuna impresa è data dall’ammontare annuo delle commesse dalla stessa conferite diviso per il coefficiente fissato nella convenzione quadro precisando che tali limiti non devono essere applicati nei confronti delle imprese che occupano da 15 a 35 dipendenti. Sarà compito della Commissione provinciale del lavoro verificare che le cooperative sociali applichino correttamente detti limiti percentuali. In ogni caso le imprese conferenti saranno tenute ad adempiere l’obbligo di assunzione di lavoratori disabili ai fini della copertura della restante quota d’obbligo a loro carico. n 61 Lavoro & Previdenza Rapporto di lavoro 13) Mancini - Rapporto di lavoro:13) Mancini - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.19 Pagina 62 Rapporto di lavoro Lavoro & Previdenza ADOZIONE NAZIONALE E INTERNAZIONALE (2a Parte) di Edoardo Mancini - Consulente del lavoro in Roma L’adozione è l’istituto giuridico che permette a un soggetto (adottante) di trattare un altro soggetto (adottato) come figlio, dandogli il cognome. La norma prevede che «l’adozione fa assumere, al minore adottato, lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali porta anche il cognome» TUTELE E GARANZIE PER I LAVORATORI Lavoratori dipendenti Ai lavoratori dipendenti sia in caso di adozione che affidamento è riconosciuta una protezione analoga a quella prevista per la maternità naturale. Astensione obbligatoria e Congedo di maternità (artt. 26 e 31, D.Lgs. 151/2001; art. 2, commi 452-454, legge n. 244/2007; Circ. INPS 4 febbraio 2008, n. 16, Circ. INPS 7 maggio 2001, n. 97) la data di ingresso in famiglia del minore Le lavoratrici o, alternativamente, i lavoratori che abbiano adottato un minore hanno diritto ad un congedo di maternità (o di paternità) della durata massima di 5 mesi, anche qualora durante il congedo il minore raggiunga la maggiore età. Il genitore deve presentare all’INPS e al datore di lavoro, la domanda di congedo, corredata dalla certificazione dell’Ente autorizzato all’adozione dalla quale si rilevi la durata delle assenze dal lavoro l’avvio del procedimento presso il Tribunale per la conferma della validità dell’adozione 62 Consulenza n. 43/2013 13) Mancini - Rapporto di lavoro:13) Mancini - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.19 Pagina 63 Fruizione Le modalità di fruizione del congedo di maternità (o di paternità) variano, a seconda che si tratti di adozione nazionale o internazionale in caso di adozione nazionale il congedo deve essere fruito durante i primi cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del bambino nella famiglia se l’adozione è internazionale, il congedo può essere fruito anche prima dell’ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all’estero richiesto per l’incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva Ferma restando la durata complessiva del congedo, questo può essere fruito entro i cinque mesi successivi all’ingresso del minore in Italia. Ai cinque mesi va aggiunto il giorno di ingresso del minore in Italia Adozione Internazionale - precisazioni L’astensione obbligatoria e il congedo di paternità trovano applicazione anche qualora il minore, al momento dell’ingresso nella famiglia o dell’ingresso in Italia si trovi in affidamento preadottivo (artt. 22-24, legge n. 184/1983). L’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione internazionale certifica la durata del periodo di permanenza all’estero della lavoratrice o del lavoratore. I periodi di congedo per adozione internazionale possono essere utilizzati in modo frazionato. In caso di adozione ed affidamento preadottivo internazionale è prevista la possibilità per entrambi i genitori di usufruire anche di un congedo non retribuito della durata corrispondente al periodo di permanenza nello Stato straniero richiesto per l’adozione o l’affidamento (artt. 27, comma 2, e 31, comma 2, D.Lgs. n. 151/2001; Circ. INPS 7 maggio 2001, n. 97). Nell’ipotesi di eventuale interruzione della procedura di adozione – a causa dell’esito negativo degli incontri – il periodo trascorso all’estero prima dell’ingresso del minore in Italia è comunque riconosciuto quale periodo di congedo di maternità, sempreché sussista idonea certificazione da parte dell’ente autorizzato (Risp. Interpello Min. Lav. 5 novembre 2010, n. 39). Astensione facoltativa (art. 36, D.Lgs. n. 151/2001; art. 2, comma 455, legge n. 244/2007; Circ. INPS 4 febbraio 2008, n. 16, Circ. INPS 17 gennaio 2003, n. 8) Sia in caso di adozione nazionale che in quello internazionale l’astensione facoltativa può essere fruita alle medesime condizioni e con le stesse modalità previste per i genitori naturali Consulenza n. 43/2013 entro otto anni dall’ingresso del minore nel nucleo familiare e, comunque, non oltre il raggiungimento della maggiore età Nell’ipotesi di adozione (nazionale o internazionale) di due o più minori (anche non fratelli), si applica la disciplina prevista per il parto gemellare o plurigemellare: sicché la madre adottiva potrà godere dei mesi di astensione facoltativa per ciascun bambino, sempreché l’ingresso dei bambini nella nuova famiglia sia avvenuto nella medesima data. 63 Lavoro & Previdenza Rapporto di lavoro 13) Mancini - Rapporto di lavoro:13) Mancini - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.19 Pagina 64 Rapporto di lavoro Lavoro & Previdenza Riposi giornalieri (art. 45 D.Lgs. 151/2001; art. 8, comma 1, D.Lgs. 119/2011; Circ. INPS 26 maggio 2003, n. 91) La madre ed il padre adottivi hanno diritto a fruire dei riposi giornalieri, secondo le modalità valide per i genitori naturali, entro il primo anno dall’ingresso del minore in famiglia. I permessi devono essere accordati per la seguente durata due ore (due riposi di un’ora ciascuno, anche cumulabili) quando l’orario di lavoro giornaliero sia pari o superiore alle sei ore un’ora (un solo riposo), se l’orario giornaliero è inferiore a sei ore Permessi per malattia del bambino (art. 50 D.Lgs. 151/2001) per i periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a 6 anni; I genitori adottivi o affidatari hanno diritto di assentarsi dal lavoro, senza diritto alla retribuzione nel limite di 5 giorni lavorativi all’anno, per le malattie di ciascun figlio fino agli 8 anni di età; tuttavia, qualora, all’atto dell’adozione, il minore abbia un’età compresa tra i 6 e i 12 anni, il congedo può essere fruito nei primi 3 anni dall’ingresso del minore nel nucleo familiare. Tutela del posto di lavoro (artt. 54, comma 9, 55, comma 3, e 56 comma 4, D.Lgs. n. 151/2001; art. 2 D.Lgs. n. 5/2010) divieto di licenziamento e di sospensione del genitore che fruisca dell’astensione obbligatoria o del congedo di paternità, fino ad un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare. In caso di adozione internazionale il divieto opera dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando, o dalla comunicazione dell’invito a recarsi all’estero per ricevere la proposta di abbinamento nullità del licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione dell’astensione facoltativa e dei permessi per malattia del bambino diritto alla conservazione delle mansioni 64 disciplina delle dimissioni GARANZIE NORMATIVE IN CAPO ALL’ADOTTANTE diritto a percepire le indennità previste per l’ipotesi del licenziamento, in caso di dimissioni presentate entro un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare diritto alla conservazione del posto di lavoro durante l’astensione obbligatoria e facoltativa, il congedo di paternità, i riposi giornalieri ed i permessi per malattia del bambino diritto di rientro al lavoro al termine del periodo di astensione obbligatoria o di congedo di paternità e di permanenza fino ad un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare diritto di rientro al lavoro al termine dell’astensione facoltativa e dei permessi per malattia del bambino Consulenza n. 43/2013 13) Mancini - Rapporto di lavoro:13) Mancini - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.19 Pagina 65 Rapporto di lavoro Le nuove misure a sostegno della genitorialità si applicano anche in caso di adozione Beneficiari Padre lavoratore Tutela Trattamento economico Astensione (non frazionabile a ore) entro i 5 mesi dall’affidamento: Indennità INPS pari al - obbligatoria, aggiuntiva rispetto al congedo di maternità o 100% della retribuzione paternità, per un giorno; - facoltativa, per massimo 2 giorni (anche continuativi) (1). Adempimento Comunicazione scritta al datore di lavoro dei giorni di astensione, con preavviso di almeno 15 giorni (1) Fruibile anche contemporaneamente all'astensione obbligatoria della madre che in tal caso termina l'astensione 1 o 2 giorni prima (tale mancata fruizione deve essere dichiarata al datore di entrambi i genitori). Voucher baby sitting e contributo asilo nido (art. 4, commi 24-26, legge n. 92/2012; D.M. 22 dicembre 2012; Circ. INPS n. 48 del 28 marzo 2013) I benefici sono concessi, in via sperimentale, per i figli nati nel periodo 2013-2015 Lavoratrici beneficiare: - che siano ancora negli 11 mesi successivi al termine del periodo di congedo di maternità obbligatorio; - beneficiarie del congedo di maternità obbligatorio, per le quali la data presunta del parto sia fissata entro il 10 novembre 2013. Possono inoltrare domanda anche le lavoratrici che abbiano già fruito di parte del congedo parentale: in tal caso il contributo può essere chiesto per un numero di mesi pari ai mesi di congedo non ancora fruiti. Lavoratrici escluse: - esentate dal pagamento dei servizi pubblici o privati accreditati per l’infanzia; - che usufruiscono dei benefici del Fondo per le politiche relative ai diritti ed alle pari opportunità; - le lavoratrici autonome. Misura del contributo: l’importo del contributo è pari a € 300. Le lavoratrici part-time ne possono fruire in misura riproporzionata in ragione della prestazione lavorativa ridotta. Durata del contributo: il contributo è erogato per un massimo di 6 mesi negli 11 mesi successivi il congedo di maternità ed in alternativa al congedo parentale (se il congedo è già stato fruito in parte, per il periodo residuo (es. se la lavoratrice ha usufruito di 4 mesi e 1 giorno di congedo parentale, potrà accedere al beneficio per un solo mese, utilizzando i residui 29 giorni come congedo parentale). Modalità di erogazione del contributo: - per la fruizione della rete pubblica (o privata convenzionata) dei servizi per l’infanzia (asili nido), il contributo viene erogato con il pagamento diretto da parte dell’INPS della struttura prescelta, dietro esibizione della documentazione attestante l’effettiva fruizione del servizio da parte del bambino; - per il servizio di baby sitting il contributo viene erogato sotto forma di voucher, i voucher devono essere ritirati presso l’INPS territorialmente competente in un’unica soluzione, in parte o con cadenza mensile. Al momento del ritiro la lavoratrice deve indicare espressamente il codice fiscale del figlio per cui è concesso il beneficio. I voucher possono essere restituiti alla sede INPS in cui sono stati ritirati. La restituzione vale come manifestazione implicita di non voler fruire del beneficio per il numero di mesi corrispondenti all’importo dei voucher riconsegnati. I voucher non restituiti sono considerati come fruiti, con la conseguenza che la rinuncia non ha effetto e la lavoratrice non può chiedere i periodi di congedo parentale a cui aveva rinunciato per accedere al beneficio. Il servizio può essere utilizzato anche dalle lavoratrici iscritte alla gestione separata, per un periodo massimo di 3 mesi. Consulenza n. 43/2013 65 Lavoro & Previdenza Nuovi congedi per il padre lavoratore (provvedimento in via sperimentale per le nascite avvenute nel periodo 2013-2015 – art. 4, commi 24-26, L. 92/2012; D.M. 22 dicembre 2012; Circ. INPS n. 40 del 14 marzo 2013) 13) Mancini - Rapporto di lavoro:13) Mancini - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.19 Pagina 66 Rapporto di lavoro Le nuove misure a sostegno della genitorialità si applicano anche in caso di adozione Lavoro & Previdenza INDENNITÀ DI MATERNITÀ (art. 59, comma 16, legge n. 449/1997; D.M. 4 aprile 2002; art. 1, comma 791, legge n. 296/2006; D.M. 12 luglio 2007; Circ. INPS 21 dicembre 2007, n. 137) Ipotesi Beneficiari Condizioni Lavoratrice madre • iscrizione alla gestione; • versamento aliquota 0,72% (1) per almeno 3 mensilità nei 12 mesi precedenti i 2 mesi anteriori alla data del parto; • età del bambino al momento dell'adozione o dell'affidamento: - in caso di adozione o di affidamento nazionale: fino ai 6 anni - in caso di adozione o affidamento preadottivo internazionale (legge n. 184/1983): fino al compimento della maggiore età (2). Adozione e affidamento Padre lavoratore Durata Per i 5 mesi successivi all'effettivo ingresso nella famiglia (C. Cost. 22 novembre 2012, n. Sussistenza dei requisiti sopra indicati per la madre e, in alterna- 257) (3). tiva: quest'ultima non ne faccia richiesta; morte o grave infermità della madre o abbandono da parte della stessa, nonché affidamento esclusivo del bambino al padre. (1) Restano pertanto escluse le lavoratrici iscritte ad altre forme previdenziali obbligatorie e le pensionate. (2) L'ente incaricato dell'adozione certifica la data di ingresso del minore e l'avvio presso il tribunale delle procedure di conferma della validità dell'adozione o di riconoscimento dell'affidamento. (3) Il congedo deve essere fruito entro 5 mesi dall'ingresso in famiglia del minore (sia in caso di adozione nazionale che internazionale). L'estensione del periodo di congedo è applicabile, in presenza dei requisiti richiesti, a tutti i rapporti non esauriti (mancanza di sentenza passata in giudicato o estinzione del diritto per prescrizione: Mess. INPS 30 gennaio 2013, n. 1785). Il diritto all'indennità di maternità si prescrive entro un anno dalla fine del periodo indennizzabile Indennità per congedo parentale (art. 1, comma 788, legge n. 296/2006; Circ. INPS 21 dicembre 2007, n. 137) CONDIZIONI PER ACCEDERE AL TRATTAMENTO Durata del trattamento: 3 mesi entro l’anno di ingresso in famiglia. Il collaboratore deve presentare la domanda in via telematica. Le condizioni per ottenere l’indennità sono le medesime previste per il diritto all’indennità di maternità/paternità. La misura dell’indennità è pari al 30% del reddito preso a riferimento per la corresponsione dell’indennità di maternità. Per i periodi di congedo è previsto l’accredito della contribuzione figurativa (Circ. INPS 13 maggio 2010, n. 64). L’indennità è corrisposta al collaboratore direttamente dall’INPS. 66 Consulenza n. 43/2013 13) Mancini - Rapporto di lavoro:13) Mancini - Rapporto di lavoro 04/12/13 14.19 Pagina 67 Rapporto di lavoro Lavoratori autonomi iscritti alla gestione INPS artigiani e commercianti Trattamento di maternità (artt. 66-68, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 151/2001; Circ. INPS 26 luglio 2002, n. 136) indipendentemente dall’effettiva astensione dal lavoro (Cass. 12 gennaio 2000, n. 289). se la lavoratrice è in regola con i versamenti contributivi. previa domanda della lavoratrice, da inoltrare in via telematica (nella documentazione da inviare vi sarà anche la copia del provvedimento di adozione o di affidamento e la copia del provvedimento che attesta la data d’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato). Il diritto all’indennità giornaliera si prescrive in un anno, calcolato dal giorno successivo al termine dell’evento indennizzabile. i 6 anni di età nel caso di adozione nazionale o affidamento preadottivo e non preadottivo Durata del trattamento 3 mesi successivi alla data di ingresso del bambino nella famiglia purché il bambino stesso non abbia superato, all’atto dell’adozione o affidamento i 18 anni di età nel caso di adozione internazionale o affidamento preadottivo Congedo parentale (art. 69 D.Lgs. n. 151/2001; Circ. INPS 6 giugno 2000, n. 109; Circ. INPS 17 marzo 2006, n. 46) Il congedo spetta Consulenza n. 43/2013 a prescindere dall’età del minore all’atto dell’adozione o affidamento, e comunque fino al compimento del diciottesimo anno di età del minore adottato o affidato (Mess. INPS 17 giugno 2011 n. 13041). 67 Lavoro & Previdenza IL TRATTAMENTO VIENE EROGATO 14) Panizzi - Agenti e rappresentanti:14) Panizzi - Agenti e rappresentanti 04/12/13 14.19 Pagina 68 Lavoro & Previdenza Agenti e rappresentanti INTERMEDIARI COMMERCIALI: DICHIARAZIONE DI FINE ANNO E AGEVOLAZIONI FISCALI di Pietro Panizzi - Consulente Aimpes in Milano (agenzie viaggi e turismo, Per categorie professionali Esaminiamo le modalità secondo casistica agenti di quali intermediari commere i criteri di compilazione assicurazione e di banche, ciali, agenti e rappresentanti della dichiarazione di fine anno ecc.). di commercio, è prevista una che gli intermediari commerciali riduzione della ritenuta fiscale, con base di calcolo del RITENUTA FISCALE: che si avvalgono di collaboratori 20%; questo beneficio può esALIQUOTA VIGENTE devono produrre per beneficiare sere richiesto se è soddisfatta In applicazione alla Finandella ritenuta fiscale ridotta una particolare condizione: ziaria 1998, per l’anno 1998, l’avvalersi, per gli interessati, l’aliquota della prevista rite(con base di calcolo 20% anziché con continuità di collaboranuta fiscale è stata innalzata 50% sulle provvigioni comunque tori (dipendenti o terzi). dall’«originale» 10% ad un denominate) La legge n. 53/1983 ha introprefissato 19,00%. dotto, su tutte le provvigioni Peraltro fu allora stabilito che comunque denominate, una ritenuta di acconto (oridal 1° gennaio 1999 la stessa sarebbe stata «parificata» a ginariamente del 10%), interessante tutte le figure quella IRPEF del primo scaglione di reddito delle persone dell’intermediazione, in particolare gli agenti/rapprefisiche (ex art. 11 del T.U.I.R.). sentanti di commercio. Conseguentemente nel tempo si sono succedute queUn abbattimento della stessa, mediante una minore ste percentuali: base di calcolo (base del 20%, anziché dell’ordinario – dal 1° gennaio 1999 la ritenuta è scesa dal 19% al 50%), è stato previsto per coloro che si avvalgono con 18,5%; carattere «continuativo» di «collaboratori». – dal 1° gennaio 2001 è ulteriormente scesa dal Tale riconoscimento è subordinato ad una «dichiara18,5% al 18%; zione» che l’interessato deve produrre alla propria ca– dal 1° gennaio 2003 è salita al 23%, sinora vigente a sa mandante, di norma entro il 31 dicembre dell’anno tutto il 2013; precedente e che deve essere trasmessa a mezzo racco– da eventualmente «a seguire» per possibili novità ex mandata AR. «Manovra di stabilità» attualmente in discussione. Il decreto 16 aprile 1983 ha regolamentato i termini e le modalità di tale dichiarazione apportando i dovuti MODALITÀ DELLA «DICHIARAZIONE» chiarimenti (C.M. n. 24 del 10 giugno 1983). (FAC-SIMILE) Per la loro dichiarazione gli intermediari interessati TERMINI DELLA DICHIARAZIONE (oltre ad agenti e rappresentanti anche la generalità E BENEFICIARI degli intermediari commerciali) potranno utilizzare il Entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di fac-simile proposto a pagina seguente. riferimento i soggetti sopra richiamati che si avvalgoPer la dichiarazione in questione non sono stabilite no di collaboratori, devono presentare le relative «diparticolari forme o modalità e gli interessati la potranchiarazioni» che serviranno per l’anno successivo ai no predisporre in carta semplice tenuto conto che la fini della ritenuta fiscale in forma ridotta (base di calstessa: colo al 20%, anziché al normale 50%). – deve riportare i vari dati identificativi dell’agenLe esclusioni, a questo regime, sono marginali 68 Consulenza n. 43/2013 14) Panizzi - Agenti e rappresentanti:14) Panizzi - Agenti e rappresentanti 04/12/13 14.19 Pagina 69 Agenti e rappresentanti Spettabile (casa mandante) Via ..................... Cap .....città .......... ...................... lì ................ Oggetto: Dichiarazione ai fini della ritenuta alla fonte, su provvigioni comunque denominate, in forma ridotta Il/la sottoscritto/a sotto la propria completa responsabilità dichiara che per lo svolgimento della propria attività di intermediazione commerciale si avvale in via continuativa della opera e della collaborazione di dipendenti e/o di collaboratori terzi. In applicazione alla vigente normativa rilascia la presente dichiarazione affinché nel corso del prossimo anno solare ___________ le ritenute alla fonte sulle provvigioni corrisposte allo/alla scrivente siano effettuate nella misura prevista in forma ridotta secondo normativa. In fede ................................... firma e timbro Pro-memoria Riportare: - i dati identificativi del dichiarante, - l’indirizzo completo, - il codice fiscale e la partita IVA. – – – te/rappresentante o degli intermediari in genere; deve riportare l’attestazione di avvalersi in via continuativa di dipendenti e/o di terzi; deve essere debitamente sottoscritta; deve essere trasmessa solamente a mezzo raccomandata AR (questo in effetti è quanto specificamente previsto dalle «storiche» disposizioni vigenti). INIZIO E CESSAZIONE DEL DIRITTO ALLA RITENUTA IN FORMA RIDOTTA: COMUNICAZIONI Nel caso in cui i presupposti al diritto si verifichino ad anno inoltrato, il termine per la dichiarazione è stabilito «non oltre 15 giorni dal loro verificarsi». Per contro nell’ipotesi di inizio di attività, per il soggetto che presume il verificarsi delle condizioni richieste per il beneficio nel corso dell’anno, il termine dei 15 giorni decorre dalla data di stipula dello stesso contratto. Consulenza n. 43/2013 Anche il venir meno del diritto deve essere comunicato nel termine di 15 giorni dal suo verificarsi. Per eventuali prestazioni occasionali, la dichiarazione deve essere presentata nel più breve tempo possibile e in ogni caso non oltre il termine entro cui si prevede la prestazione. NATURA E CARATTERISTICA DELLA CONTINUITÀ DELLA COLLABORAZIONE DI DIPENDENTI E DI TERZI Sulla base delle disposizioni ministeriali a suo tempo diramate, l’attività dei percepenti le provvigioni si considera esercitata con l’ausilio «in via continuativa» dell’opera di «dipendenti» e di «terzi» qualora la stessa dia luogo a prestazioni per la prevalente parte dell’anno, ovvero nel minore periodo nel quale si è svolta. Non riveste particolare importanza che tali soggetti siano o meno sempre gli stessi. 69 Lavoro & Previdenza FAC-SIMILE - DICHIARAZIONE PER RITENUTE FISCALI IN FORMA RIDOTTA Intermediari commerciali (in particolare agenti e rappresentanti) 14) Panizzi - Agenti e rappresentanti:14) Panizzi - Agenti e rappresentanti 04/12/13 14.19 Pagina 70 Lavoro & Previdenza Agenti e rappresentanti A fronte di collaborazione di soli terzi, il requisito della continuità sussiste se l’intermediario ha sostenuto, nel periodo di imposta precedente, costi per prestazioni di terzi in misura superiore al 30% dell’ammontare complessivo delle provvigioni imputabili a tale periodo. Per «dipendenti» vanno intesi i lavoratori secondo le norme della legislazione del lavoro, mentre sono «terzi» coloro che svolgono attività autonome quali sub-agenti, procacciatori di affari, mediatori, produttori, ecc. Collaboratori familiari e associati Rientrano tra i terzi anche i collaboratori familiari, nonché gli associati che prestano lavoro. ASPETTI VARI - SUGGERIMENTI DIFFERENZIAZIONE CON ALTRA RITENUTA 20% Premesso che nessuno specifico obbligo è a carico della casa mandante, nell’ambito di un fattivo spirito di reciproca collaborazione in senso lato peraltro caratteristica di questo rapporto, la stessa può farsi promotrice richiamando l’attenzione dei potenziali interessati della cui opera si avvale, rammentando l’adempimento e magari fornendo loro copia del fac-simile proposto. 70 Tenuto conto che le case mandanti sono sostituti di imposta, è bene che le norme siano applicate senza «tolleranza», tanto più che le sanzioni, almeno sulla carta, possono essere rilevanti. La dichiarazione deve essere via via presentata a cadenza annuale, anche se nel frattempo non si sono verificate novità. Formalmente e storicamente la trasmissione è solamente a mezzo raccomandata AR della quale conviene conservare agli atti la regolare trasmissione postale (busta, ecc.). Non è possibile riconoscere benefici con effetto retroattivo nel tempo, tantomeno restituire maggiori trattenute già effettuate. La ritenuta deve essere applicata al momento di pagare le provvigioni ed il relativo versamento (codice di versamento 1038) deve avvenire entro i normali termini fiscali (attualmente entro il gg. 16 del mese successivo). La ritenuta fiscale in questione nulla ha a che vedere con l’altra specifica del 20% (codice di versamento ora 1040, ex 1042) che interessa solamente gli agenti e rappresentanti e le indennità di fine rapporto (sostitutiva del preavviso, di clientela, e FIRR direttamente erogato a mani degli interessati). n Consulenza n. 43/2013 15) Micaroni - CCNL:15) Micaroni - CCNL 04/12/13 14.19 Pagina 71 L’ISTITUTO DELLA TRASFERTA NELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA di Marco Micaroni - Responsabile Ufficio Relazioni Sindacali e Contenzioso del Lavoro di Autostrade per l’Italia S.p.A. IL LAVORATORE La trasferta è lo spostaLa trasferta del lavoratore COMANDATO mento temporaneo del laè stata oggetto di contrattazione IN TRASFERTA voratore in una sede divercollettiva, affinché se ne fissassero Il lavoratore non può rifiusa da quella dove normaltarsi di effettuare la propria mente svolge la sua prestale condizioni generali e più delicate: prestazione in trasferta. zione lavorativa; la definitia partire dal trattamento A volte capita che qualcuno va collocazione del dipeneconomico, per il quale sostenga tesi opposte, prive dente in un’altra sede di lasono previste più possibilità di qualsiasi fondamento. voro costituisce invece un Si riportano alcuni stralci di trasferimento del lavoradi risarcimento, all’autonomia una sentenza del Tribunale tore. delle parti, è proposta una di Viterbo (n. 717/2005) Il distacco si realizza invece descrizione di come contrattazione chiamato a giudicare su una quando un datore di lavoro, collettiva e giurisprudenza abbiano impugnativa di licenziaper soddisfare un proprio inmento di un dipendente di teresse, mette temporaneadefinito questo istituto società Autostrade che si era mente a disposizione di un ripetutamente rifiutato di altro soggetto il proprio dieseguire la prestazione in trasferta, per eseguirne pendente, per l’esecuzione di una determinata attività un’altra non richiesta nella sua normale sede di lavoro, lavorativa. dove non serviva. Precisate le differenze tra gli istituti, si intende proporIl Giudice ricorda che è «indiscutibile che spetti alla re una panoramica su quanto i contratti collettivi preparte datoriale il potere di organizzare il lavoro e quinvedono per disciplinare la trasferta dei propri dipendi di stabilire dove è necessaria una certa prestazione denti, ponendo anche in evidenza alcune pronunce lavorativa e che non può pertanto riconoscersi al lavogiurisprudenziali in materia. ratore alcun diritto ad ingerirsi in detta organizzazioIntanto è bene chiarire che non esiste una nozione lene, rifiutando l’una o l’altra prestazione o sostituendogale di trasferta: l’unico riferimento generico di legge è la a suo piacimento». l’art. 1182 c.c. che prevede che la prestazione oggetto Il Magistrato prosegue ricordando alcuni importanti di una obbligazione debba essere eseguita nel luogo principi generali sanciti dalla Cassazione. Il rifiuto determinato dal contratto, dagli usi o desumibile dalla della prestazione può essere giustificato solo quando il natura della prestazione. comportamento di controparte sia inadempiente riNei rapporti di lavoro, solitamente coincide con la spetto alle obbligazioni principali assunte, ovvero sede legale e/o con le sedi operative del datore di laquelle retributive (cfr. Cass. n. 6564/2004) o quelle voro: esistono però rapporti di lavoro particolari docontributive (cfr. Cass. n. 19689/2003) o quelle relative questo non si realizza, per esempio nel lavoro a ve alla sicurezza del lavoro e quindi volte a garantire domicilio, nel telelavoro o nel lavoro in somminil’incolumità personale, ma non certo quando riguarstrazione. dino aspetti meramente accessori e ben lungi dal riLa mancanza di una disciplina legale comporta il fatto guardare aspetti fondamentali del rapporto. che, in materia, assume grande rilevanza quanto disciSempre nella sentenza di Cassazione del 2003 sopra ciplinato nei contratti collettivi. Consulenza n. 43/2013 71 Lavoro & Previdenza CCNL 15) Micaroni - CCNL:15) Micaroni - CCNL 04/12/13 14.19 Pagina 72 Lavoro & Previdenza CCNL tata, viene precisato che «all’interno del rapporto di lavoro subordinato non è legittimo il rifiuto del lavoratore di eseguire la prestazione lavorativa nei modi e nei termini precisati dal datore di lavoro in forza del suo potere direttivo a causa di una sua ritenuta dequalificazione, quando il datore di lavoro, da parte sua, adempia a tutti gli obblighi derivatigli dal contratto (pagamento della retribuzione, copertura previdenziale ed assicurativa, ecc.) essendo giustificato il rifiuto di adempiere alla propria prestazione, ex art. 1460 c.c., solo se l’altra parte sia totalmente inadempiente e non se vi sia una potenziale controversia su una non condivisa scelta organizzativa aziendale che non può essere sindacata dal lavoratore ove essa non incida sulle sue immediate esigenze vitali». IL TRATTAMENTO ECONOMICO: LE DIVERSE POSSIBILITÀ PREVISTE NEI CONTRATTI COLLETTIVI Prassi consolidata affida alla contrattazione collettiva nazionale di settore la disciplina delle eventuali spettanze economiche a fronte di prestazioni in trasferta. Diverse e le più varie sono le soluzioni che i vari contratti collettivi hanno individuato: tentiamo una estrema sintesi, mettendo in particolare evidenza quanto previsto in materia nel contratto Autostrade. Il rimborso a piè di lista Il dipendente viene rimborsato a fronte della presentazione analitica di tutte le spese sostenute per la trasferta. Ovviamente, tale importo non concorre a formare il reddito. Per il controllo di tali spese di solito il contratto collettivo nazionale specifica che le stesse saranno rimborsate «nei limiti della normalità»; nulla vieta inoltre che il datore di lavoro possa fissare, attraverso una specifica norma o regolamento aziendale, degli specifici limiti di spesa. La documentazione delle spese dovrà essere consegnata all’imprenditore che provvederà al rimborso e alla obbligatoria conservazione delle fatture e/o delle ricevute fiscali. Se sono stati fissati limiti di spesa per giorno o per singolo pasto o pernottamento possono configurarsi due ipotesi: – – se il dipendente non arriva al tetto, il rimborso ha luogo nei limiti delle spese sostenute e documentabili; se il tetto è superato, il rimborso dovrà avvenire comunque entro i limiti fissati, essendo inutilizzabile la parte del rimborso eccedente; anche in questo caso, dovranno essere allegati e conservati i relativi attestati di pagamento. 72 Alcuni contratti prevedono anche il rimborso di altre spese, non documentabili, eventualmente sostenute dal dipendente; in questo caso le somme che non concorrono a formare reddito si fermano all’importo massimo giornaliero di euro 15,49, elevate ad euro 25,82 per le trasferte all’estero. Ogni altro eventuale rimborso spese corrisposto fuori dei suddetti limiti è assoggettato interamente a tassazione. Il trattamento forfettario Molte volte, in aggiunta o in alternativa, viene prevista una indennità di trasferta (anche chiamata diaria): la «ratio» è quella di una compensazione del disagio che il lavoratore deve affrontare a causa dello spostamento dalla sua abituale sede di lavoro. L’importo di tale indennità può essere stabilito in cifra fissa o in percentuale sulla retribuzione giornaliera o mensile e normalmente è proporzionata alla durata della trasferta. Per esempio il CCNL Metalmeccanici Industria prevede che ai lavoratori comandati a prestare la propria opera fuori dalla sede nella quale sono stati assunti compete una indennità che ha «lo scopo di risarcire forfettariamente le spese sostenute nell’interesse del datore di lavoro relative al pernottamento e ai pasti». Nello specificare che tale indennità non ha natura retributiva ed è esclusa dal calcolo della retribuzione spettante per tutti gli istituti di legge e/o di contratto, si stabiliscono gli importi: la trasferta intera «vale» 40 euro (dal 1° gennaio 2014: 42,80 euro); la quota per il pasto meridiano o serale è pari a 11,30 euro mentre quella per il pernottamento equivale a 17,40 euro (dal 1° gennaio rispettivamente portate a euro 11,72 e euro 19,36). Il CCNL Legno e Arredamento prevede una indennità pari al 30% della retribuzione giornaliera. Il CCNL Commercio stabilisce una diaria non inferiore al doppio della quota giornaliera della retribuzione; qualora non vi sia pernottamento fuori sede la indennità viene ridotta di un terzo. Il CCNL Autostrade, fino al 1° agosto 2013, prevedeva un rimborso spese giornaliero convenzionalmente commisurato al 10% del minimo tabellare mensile ed indennità di contingenza del livello di inquadramento C1. Tale importo, arrotondato ai 50 centesimi superiori, era ripartito in: pranzo 2,2%; cena 2,2%; pernottamento 5,6%. L’importo del pranzo e della cena veniva riconosciuto al lavoratore che partiva dalla propria sede rispettivamente prima delle ore 13 e delle ore 20 e che fosse rientrato dopo le stesse ore. Gli importi corrispondenti erano pari a circa 38 euro per ogni pasto e 140 per il pernottamento. Le parti sociali, con il rinnovo del contratto collettivo Consulenza n. 43/2013 15) Micaroni - CCNL:15) Micaroni - CCNL 04/12/13 14.19 Pagina 73 CCNL Il rimborso misto Si può riconoscere al dipendente una indennità giornaliera ridotta e il rimborso delle spese di vitto o alloggio, oppure si può decidere una formula «mista»; per esempio il contratto Autostrade, prima della riforma sopra ricordata, prevedeva la possibilità che il dipendente potesse chiedere la copertura per le spese di pernottamento a piè di lista ed il rimborso forfettario per il pranzo e per la cena. L’indennità chilometrica Al dipendente autorizzato ad effettuare la trasferta con il mezzo proprio, di solito viene corrisposto un ulteriore rimborso. In molti contratti si prendono a riferimento le tabelle Aci, in altri casi esiste una specifica regolamentazione. Il CCNL Autostrade per esempio prevede un meccanismo piuttosto complicato: – – per incidenza lubrificanti, pneumatici, manutenzione, assicurazione, ecc. un rimborso forfettario per ogni chilometro effettuato, suddividendo persino gli automezzi in tre categorie a seconda delle cilindrate (per esempio per i veicoli oltre i 1.300 cc. euro 0,090 a chilometro); sempre per le tre categorie, il rimborso della benzina (per esempio, un litro di benzina super ogni 8 chilometri di percorrenza per gli automezzi con oltre 1300 cc.). Le ore viaggio L’autonomia collettiva può anche disciplinare il trattamento retributivo spettante durante le ore viaggio. Nel CCNL Autostrade le ore viaggio – fuori dal normale orario di lavoro – trascorso alla guida di un mezzo sociale o privato di proprietà, purché preventivaConsulenza n. 43/2013 mente autorizzate, svolte da personale che non sia adibito a mansioni di autista, vengono retribuite con quote orarie normali, mentre quelle trascorse come trasportato su mezzi pubblici o privati vengono retribuite con il 40% della quota oraria normale. Il trasfertista Il lavoratore che si impegna per contratto a prestare la propria attività lavorativa sempre in luoghi diversi si definisce trasfertista. In questi casi i contratti collettivi possono prevedere trattamenti diversi. Sempre nell’esempio delle società autostradali, per tali tipologie di personale, così pure per spostamenti che comportano un permanenza fuori sede piuttosto lunga (superiore a 15 giorni consecutivi) ovvero per le trasferte all’estero si prevede esplicitamente la possibilità di diversi trattamenti, da concordare tra il singolo lavoratore e l’azienda. Eventuali diversi trattamenti di trasferta per categorie di personale I contratti collettivi possono anche disciplinare un diverso trattamento retributivo per le trasferte di particolari tipologie di personale. Nell’esempio del CCNL Autostrade esiste uno specifico trattamento per le trasferte degli esattori, valutata la particolare tipologia delle mansioni, delle sedi di lavoro e della loro frequenza. In estrema sintesi, oltre il normale rimborso spese di locomozione e le ore guida, si prevede il seguente trattamento forfettario: – per le trasferte inferiori ai 35 km dalla propria normale sede di lavoro: - – euro 2,58 allorché l’esattore inizi o termini il proprio turno in una stazione diversa da quella in cui è normalmente assegnato; euro 4,65 allorché l’esattore effettui un turno completo in altra stazione o posto di lavoro; per le trasferte superiori ai 35 km, oltre il rimborso spese viaggio, un compenso forfettario pari a euro 9,04. L’AUTONOMIA COLLETTIVA Come appare chiaro da quanto finora riportato, per la disciplina delle trasferte l’autonomia delle parti sociali è «sacra ed inviolabile». Interessante sotto questo profilo analizzare brevemente una recente sentenza del Tribunale di Firenze del 9 gennaio 2013. Un gruppo di 57 lavoratori con mansioni di esattore 73 Lavoro & Previdenza nazionale di lavoro del 1° agosto 2013 hanno completamente abrogato il trattamento forfettario; da tale data le Società autostradali che per esigenze di servizio comandano il lavoratore in trasferta, corrispondono esclusivamente il rimborso delle spese viaggio e quello per vitto e alloggio, con il trattamento a piè di lista di spese documentate, nei limiti della normalità. Solo in caso di trasferta che preveda la necessità del pernottamento, in aggiunta a quanto sopra, viene corrisposta una indennità di trasferta pari a euro 20. Da un punto di vista fiscale, le indennità di trasferta sono escluse dall’imponibile IRPEF fino all’importo di euro 46,48 al giorno, elevate ad euro 77,47 per le trasferte all’estero, a nulla rilevando che la durata della trasferta sia superiore o inferiore alle 24 ore, o più in generale che la trasferta non comporti un pernottamento fuori sede. 15) Micaroni - CCNL:15) Micaroni - CCNL 04/12/13 14.19 Pagina 74 Lavoro & Previdenza CCNL dipendenti di Società autostrade nella Direzione 4 Tronco - Firenze, lamentandosi della frequenza delle trasferte, del fatto che il loro trattamento economico fosse obsoleto e mai rinnovato né attualizzato nel corso degli anni e quindi inadeguato ad indennizzare il costo effettivo dello spostamento, chiedeva al Giudice del Lavoro di ricevere un rimborso per l’utilizzo del mezzo proprio parametrato alle tabelle Aci (sostenendo che ciò avviene in quasi tutti i CCNL) o comunque una diversa forma di indennizzo, anche maggiore, ritenuta di giustizia. Il Tribunale, nel rigettare il ricorso, condannando i lavoratori anche al pagamento delle spese di lite, motiva con le seguenti argomentazioni: – – la pretesa di riconoscere una voce retributiva o indennitaria in misura diversa da quella prevista nel CCNL si scontra radicalmente con il ruolo essenziale che, nell’attuale sistema del diritto del lavoro privato, è assegnato all’autonomia collettiva quale sede unica della negoziazione realizzata attraverso il contemperamento degli opposti interessi; di conseguenza non è possibile chiedere al Giudice un intervento integrativo-correttivo della contrattazione collettiva, in funzione di modificare in senso più favorevole ai lavoratori alcuni aspetti del trattamento economico; infatti, il carattere più o 74 – meno favorevole della disciplina per una parte o l’altra della contrattazione può essere apprezzato soltanto nel suo complesso, con valutazione inscindibile fra singole clausole (invece che isolando un solo trattamento e censurandone l’inadeguatezza); il riferimento dei ricorrenti alla sentenza di Cass. n. 2245/2006 secondo la quale, alla stregua dell’art. 36 della Costituzione, il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa non appare degna di rilievo; la stessa sentenza sopra citata specifica che ove la retribuzione sia prevista da un contratto collettivo e non da un contratto individuale, il Giudice è tenuto ad usare la discrezionalità prevista ex art. 1419 c.c. (annullamento della clausola del contratto per adeguare la retribuzione secondo i criteri dell’art. 36 della Costituzione) con la massima prudenza e comunque con adeguata motivazione, giacché difficilmente è in grado di apprezzare le esigenze economiche e politiche sottese all’assetto degli interessi concordato dalle parti sociali (principio affermato dalla Suprema Corte con riferimento al compenso per lavoro straordinario diurno e notturno previsto dal CCNL dei lavoratori delle aziende municipalizzate di igiene urbana). n Consulenza n. 43/2013 16) Documentazione:16) Documentazione 04/12/13 14.19 Pagina 75 Accertamento - Società di comodo (Agenzia delle entrate - Ris. n. 68/E del 16 ottobre 2013) ........................................... 75 IVA - Aliquota agevolata (Agenzia delle entrate - Ris. n. 69/E del 16 ottobre 2013) ............................................................. 76 Imposte dirette - IRES (Agenzia delle entrate - Ris. n. 70/E del 23 ottobre 2013) .................................................................. 78 Rapporto di lavoro - Licenziamento (C. Cass - Sent. 15 ottobre 2013, n. 23365) ................................................................. 79 ACCERTAMENTO - SOCIETÀ DI COMODO Istanza di disapplicazione presentata ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, del D.P.R. n. 600 del 1973 Disciplina delle società in perdita sistematica (art. 2, commi da 36-decies a 36-duodecies del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 settembre 2011, n. 148) (Agenzia delle entrate - Ris. n. 68/E del 16 ottobre 2013) Fattispecie rappresentata ALFA S.r.l., esercente l’attività alberghiera e di ristorazione, si è disfatta, nel corso dell’anno 2010, di un proprio asset patrimoniale, costituito da un appartamento ad uso abitazione, separato fisicamente dall’attività ricettiva, ma a suo tempo effettivamente e amministrativamente incluso nello svolgimento della attività stessa. La società istante dichiara di aver concordato il prezzo di cessione dell’immobile suddetto in euro 205.000,00, registrando così una plusvalenza patrimoniale pari ad euro 149.014,82 che ha comportato per il 2010 un utile di esercizio pari ad euro 35.221,22 ma una perdita fiscale di euro 25.522,00, in conseguenza dell’adozione della rateizzazione in 5 anni prevista dall’art. 86, comma 1, lett. a), b) e comma 4 del D.P.R. n. 917 del 1986. L’istante evidenzia che la non applicazione della citata normativa avrebbe comportato per l’esercizio in parola un utile fiscale pari ad euro 93.734,00 (invece della perdita predetta) con la conseguenza di far fuoriuscire la società dal campo di applicazione della disciplina antielusiva. Inoltre, l’istante richiama il Provvedimento Direttoriale n. 87956/2012, lett. h), che prevede la disapplicazione della disciplina delle società in perdita sistematica «… per quelle società per le quali risulta positiva la somma algebrica della perdita fiscale di peri.o e degli importi che non concorrono a formare il reddito imponibile per effetto di proventi esenti, esclusi o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, ovvero di disposizioni agevolative». ALFA S.r.l. ritiene che tra le disposizioni agevolative può essere senz’altro ricondotta la facoltà prevista dall’art. 86, comma 4, del T.U.I.R., ossia la possibilità concessa al contribuente di rateizzare le plusvalenze realizzate nell’occasione di ces- Consulenza n. 43/2013 sioni di beni strumentali in quote costanti in alternativa alla tassazione normale delle stesse interamente nel periodo di imposta del loro realizzo. Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente La società istante ritiene che nel caso rappresentato le disposizioni antielusive contenute nell’art. 2, comma 36-decies, del D.L. n. 138 del 2011 possano essere disapplicate trovandosi in presenza di «oggettive situazioni» che hanno comportato la presentazione di dichiarazioni in perdita fiscale nel triennio di osservazione. Parere dell’Agenzia delle entrate Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate protocollo n. 87956/2012 dell’11 giugno 2012, sono state individuate «determinate situazioni oggettive in presenza delle quali è consentito disapplicare le disposizioni sulle società in perdita sistematica di cui all’art. 2, commi da 36- decies a 36-duodecies, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, nella L. 14 settembre 2011, n. 148, senza assolvere all’onere di presentare istanza di interpello ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600». In particolare, alla lett. h) di tale Provvedimento è previsto che, tra le cause di disapplicazione automatica, rientri il caso relativo a «società per le quali risulta positiva la somma algebrica della perdita fiscale di periodo e degli importi che non concorrono a formare il reddito imponibile per effetto di proventi esenti, esclusi o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva, ovvero di disposizioni agevolative». La questione posta dall’interpellante verte sulla possibilità di includere nell’alveo delle «disposizioni agevolative» la modalità, prevista all’art. 86, comma 4, del T.U.I.R., di rateizzazione nel termine massimo di cinque anni, in quote costanti, delle plusvalenze realizzate a seguito di cessione di beni strumentali detenuti da almeno tre anni. Al riguardo, si osserva che la disposizione di cui all’art. 86, comma 4, del T.U.I.R. consente al contribuente di tassare le plusvalenze patrimoniali realizzate, diverse da quelle rientranti nel regime di participation exemption di cui al successivo art. 87, alternativamente: a) per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono realizzate; b) in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma 75 Documentazione In questa sezione pubblichiamo una selezione dei documenti più rilevanti emanati nel periodo Documentazione 16) Documentazione:16) Documentazione 04/12/13 14.19 Pagina 76 non oltre il quarto, «se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni». Tale norma, lasciando la facoltà al contribuente di scegliere la modalità e la tempistica di tassazione delle plusvalenze, è qualificabile, pertanto, quale «disposizione agevolativa», a condizione che risulti rispettato il requisito del possesso dei beni per un periodo di almeno tre anni. In senso analogo si era espressa l’Amministrazione finanziaria con la Ris. n. 110/2007, laddove si afferma che «tale principio è rilevante agli effetti dell’applicazione di alcune disposizioni agevolative, quali la facoltà di rateizzazione delle plusvalenze ai sensi dell’art. 86, comma 4, del T.U.I.R. o ai fini della fruizione del regime di participation exemption relativamente all’eventuale successiva cessione ad opera del conferente della partecipazione ricevuta a fronte del conferimento». Sotto altro profilo, va osservato come la prassi dell’Agenzia sul punto si sia espressa anche con la Circ. n. 25/E del 2007, in materia di società di comodo di cui all’art. 30 della legge n. 724 del 1994; in tale sede è stato affermato che, tra gli importi che non concorrono a formare il reddito imponibile devono essere considerati, ad esempio: 1) i proventi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva; 2) il reddito esente ai fini IRES per effetto di specifiche disposizioni, quale, ad esempio, quella di parziale detassazione delle plusvalenze da realizzo di cui all’art. 87 del T.U.I.R.; 3) i dividendi parzialmente esclusi da imposizione ai sensi dell’art. 89 del T.U.I.R. Stante l’analogia sostanziale delle predette disposizioni con la norma qui in questione, di cui all’art. 86, comma 4, del T.U.I.R., si può ritenere esteso anche all’ambito della disposizione in parola il principio espresso con la succitata Circolare n. 25/E del 2007. Va, tuttavia, osservato che la casistica cui fa espresso riferimento la suddetta circolare appare accomunata dal fatto di avere quale minimo comune denominatore la circostanza per cui l’«agevolazione» in questione si manifesta riducendo la tassazione in maniera definitiva nell’ambito del periodo d’imposta in cui l’operazione stessa viene posta in essere, senza che ciò comporti alcuna ripresa a tassazione nei periodi d’imposta successivi. Al contrario, nell’ipotesi prospettata nell’istanza, alla riduzione della base imponibile nell’anno in cui viene posta in essere la cessione – tramite una variazione in diminuzione da operare in dichiarazione – corrispondono le relative variazioni in aumento da effettuare per i successivi periodi d’imposta per i quali si è optato per la rateizzazione della plusvalenza. La non definitività degli effetti derivanti dall’applicazione della «disposizione agevolativa» in questione comporta, in sostanza, che gli effetti fiscali della disposizione agevolativa legata all’esercizio dell’opzione per la rateizzazione delle plusvalenze ex art. 86, comma 4, del T.U.I.R., devono essere sterilizzati, ai fini dell’applicazione della disciplina relativa alle società in perdita sistematica, non solo con riferimento al periodo di imposta in cui avviene il realizzo, ma anche in quelli successivi ai quali viene attribuita la quota parte della plusvalenza realizzata. 76 Alla luce di quanto sopra, si ritiene, pertanto, che la società istante possa determinare il risultato di periodo di riferimento per l’applicazione della disciplina di cui all’art. 2, comma 36-decies, del D.L. n. 138 del 2011: – per il periodo d’imposta in cui viene realizzata la plusvalenza (2010), incrementando il risultato fiscale di periodo dell’importo pari alle quote di plusvalenza rinviate agli esercizi successivi, in virtù dell’esercizio dell’opzione di cui all’art. 86, comma 4, del T.U.I.R.; – per i periodi d’imposta successivi, rispetto ai quali è stato operato il rinvio della tassazione, riducendo il risultato fiscale di periodo dell’importo corrispondente alla variazione in aumento effettuata in dichiarazione, in relazione alla quota di plusvalenza rinviata. Ne consegue che la società istante potrà disapplicare automaticamente la disciplina delle società in perdita sistematica, senza quindi necessità di presentare l’istanza di disapplicazione, qualora a seguito del calcolo sopra indicato vengano meno le condizioni richieste dall’art. 2, commi da 36-decies a 36-duodecies, per essere considerata società in perdita sistematica. IVA - ALIQUOTA AGEVOLATA Consulenza giuridica - Art. 2, comma 5, D.L. 25 giugno 2008, n. 112 - IVA - Aliquota agevolata - Opere di urbanizzazione primaria - Infrastrutture destinate all’installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica (Agenzia delle entrate - Ris. n. 69/E del 16 ottobre 2013) Con la richiesta di consulenza giuridica indicata in oggetto, l’Associazione ALFA ha chiesto chiarimenti in merito all’applicazione dell’art. 2, comma 5, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133. Quesito L’Associazione ALFA si propone di rappresentare e di promuovere, a livello nazionale, il comparto delle aziende a partecipazione regionale a capitale interamente pubblico, operanti nel settore dell’informatica e delle telecomunicazioni per la Pubblica amministrazione secondo il modello «in house providing», nonché la tutela degli interessi delle aziende predette e la cura delle relazioni delle stesse con le istituzioni. Nell’ambito di tale attività, espone il seguente caso relativo all’interpretazione della disposizione di cui all’art. 2, comma 5, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, in base al quale «Le infrastrutture destinate all’installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7, del testo unico di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380». Una propria associata, che svolge per conto della Regione funzioni e compiti in materia di esecuzione e gestione della Consulenza n. 43/2013 rete regionale a banda larga delle pubbliche amministrazioni, deve realizzare, tra l’altro, la costruzione e il collaudo di reti in fibra ottica e la fornitura di servizi di connettività sulla rete regionale a banda larga delle pubbliche amministrazioni. In tale contesto le è stata affidata dalla Regione la realizzazione della «MAN - Metropolitan Area Network in fibra ottica», con l’esecuzione, nello specifico, di «tutti i lavori, le prestazioni, le forniture e i materiali necessari per dare l’opera completamente compiuta», oltre che «la fornitura dei cavi per telecomunicazioni, armadi e telai di terminazione, materiali per scavi e ripristini, pozzetti di diverse dimensioni e chiusini, la posa dei cavi in fibra ottica». La questione concerne, pertanto, l’applicabilità o meno dell’aliquota IVA ridotta, a norma del n. 127-quinquies della Tabella A, parte III, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ai corrispettivi di appalto afferenti i lavori qualificabili come opere di urbanizzazione primaria in base al citato art. 2, comma 5, del D.L. n. 112 del 2008 (ad esempio, gli scavi per la collocazione dei cavi in fibra ottica), fermo restando il regime IVA ordinario per le cessioni di beni o le prestazioni di servizi che, pur inerenti la realizzazione di reti di telecomunicazione, non risultino qualificabili come opere di urbanizzazione primaria in base alle disposizioni vigenti in materia di edilizia pubblica. Soluzione interpretativa prospettata A parere dell’istante, la locuzione «ad ogni effetto» riferita all’assimilazione della realizzazione della rete in fibra ottica alle opere di urbanizzazione primaria, contenuta nell’art. 2, comma 5, del citato D.L. n. 112 del 2008, avrebbe portata generale, valida anche ai fini tributari e, pertanto, consentirebbe l’applicazione dell’aliquota prevista per tali opere dal n. 127- quinquies della Tabella A, parte III, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972. Parere dell’Agenzia delle entrate L’art. 2, comma 5, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, prevede che «Le infrastrutture destinate all’installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7, del testo unico di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380». Il n. 127-quinquies, della tabella A, parte III, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, prevede l’applicazione dell’aliquota ridotta del 10%, tra l’altro, alle «opere di urbanizzazione primaria e secondaria elencate nell’art. 4, della L. 29 settembre 1964, n. 847 integrato dall’art. 44 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (...)». La medesima aliquota è inoltre applicabile, ai sensi del successivo n. 127-septies, anche alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione delle opere, degli impianti e degli edifici di cui al n. 127-quinquies. Com’è noto, le categorie di beni che costituiscono opere di urbanizzazione ai sensi della citata legge n. 847 del 1964 sono le seguenti: – opere di urbanizzazione primaria: a) strade residenziali; b) spazi di sosta o di parcheggio; Consulenza n. 43/2013 c) fognature; d) rete idrica; e) rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas; f) pubblica illuminazione; g) spazi di verde attrezzato; – opere di urbanizzazione secondaria: a) asili nido e scuole materne; b) scuole dell’obbligo, nonché strutture e complessi per l’istruzione superiore dell’obbligo; c) mercati di quartiere; d) delegazioni comunali; e) chiese ed altri edifici religiosi; f) impianti sportivi di quartiere; g) centri sociali (...); h) aree verdi di quartiere. Le medesime opere vengono considerate dal Testo Unico in materia edilizia, approvato con il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (di seguito T.U. dell’edilizia), che, tra l’altro, nella rubrica dell’art. 16, cita proprio l’art. 4 della legge n. 847 del 1964. La scrivente, per avere piena cognizione della locuzione «ad ogni effetto», riferita alla assimilazione delle opere in esame a quelle di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7, del T.U. dell’edilizia, ha richiesto elementi istruttori alle Amministrazioni competenti. In particolare, al fine di chiarire se tale espressione abbia portata generale e possa pertanto produrre effetti anche ai fini tributari, ha chiesto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, competente in materia urbanistica ed edilizia, se per la individuazione delle opere di urbanizzazione debba farsi riferimento al T.U. dell’edilizia ed, inoltre, in quale rapporto si pone tale normativa rispetto a quella speciale che dispone l’assimilazione di altre opere a quelle ivi indicate. In esito a tale istruttoria il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha osservato che «l’art. 16 del D.P.R. n. 380 del 2001 recante “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, contiene l’elencazione degli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria, sostanzialmente riproduttiva degli interventi di cui alla legge n. 847 del 1964. Il predetto art. 16 prevede, poi, che tra gli interventi di urbanizzazione primaria rientrano anche i cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazione …», mentre «l’art. 86 comma 3, del D.Lgs. 1° agosto 2003, n. 259, recante “Codice delle comunicazioni elettroniche” dispone, altresì, che “Le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazioni, di cui agli artt. 87 e 88, sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori, e ad esse si applica la normativa vigente in materia”»; infine «l’art. 2, comma 5 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133 prevede che “Le infrastrutture destinate all’installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7, del Testo unico di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380”». Lo stesso Ministero ha, quindi, richiamato la sentenza della C. Cost. 27 luglio 2005, n. 336, laddove la Corte, in relazione all’art. 86, comma 3, del D.Lgs. 1° agosto 2003, n. 259, recan- 77 Documentazione 16) Documentazione:16) Documentazione 04/12/13 14.19 Pagina 77 Documentazione 16) Documentazione:16) Documentazione 04/12/13 14.19 Pagina 78 te «Codice delle comunicazioni elettroniche», ha affermato che «La scelta di inserire le infrastrutture di reti di comunicazione tra le opere di urbanizzazione primaria esprime un principio fondamentale della legislazione urbanistica, come tale di competenza dello Stato, al pari dell’analoga scelta legislativa di carattere generale che ha portato il citato art. 16, commi 7 e 7-bis del D.P.R. n. 380 del 2001, a classificare come opere di urbanizzazione primaria, tra le altre, le strade residenziali, gli spazi di sosta e di parcheggio, le fognature, nonché i cavedi multi servizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni. Non si tratta, pertanto, di una norma di dettaglio, ma di una norma che fissa un principio basilare nella materia del governo del territorio …». Da quanto riportato risulta, quindi, che attualmente l’elenco delle opere di urbanizzazione è recato dal T.U. dell’edilizia cui al D.P.R. n. 380 del 2001, e che il legislatore nell’ampliare la categoria delle opere di urbanizzazione ha operato una scelta legislativa di carattere generale, e non di dettaglio, al pari di quella operata nel classificare come opere di urbanizzazione primaria le strade residenziali, gli spazi di sosta e di parcheggio, le fognature, ecc., menzionate dalla precedente normativa. Per tale motivo, si deve ritenere che allorquando il legislatore richiami tale testo per introdurre nell’ordinamento giuridico altre opere da assimilare «ad ogni effetto» a quelle di urbanizzazione ivi già elencate, tale rinvio riguarda anche le disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto, nonostante il fatto che nel D.P.R. n. 633 (n. 127quinquies) il riferimento testuale sia alla legge n. 847 del 1964. Si ritiene, infatti, che l’utilizzo della locuzione «ad ogni effetto» esprima esplicitamente la volontà del legislatore di ampliare il novero delle opere di urbanizzazione anche ai fini dell’applicabilità dell’aliquota IVA agevolata. Tali considerazioni, valide anche in riferimento ai cavedi multiservizi e cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni, portano a ritenere superata la Ris. 20 marzo 2006, n. 41/E. IMPOSTE DIRETTE - IRES Rivalutazione dei beni immobili delle imprese che non adottano i principi contabili internazionali Art. 15, commi da 16 a 23, del D.L. n. 185 del 2008 - Chiarimenti in merito alle modalità di versamento delle imposte sostitutive (Agenzia delle entrate - Ris. n. 70/E del 23 ottobre 2013) Sono pervenute richieste di chiarimento in merito alle modalità di versamento delle imposte sostitutive di cui all’art. 15, commi 19 e 20, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2. In particolare le problematiche segnalate riguardano: a) la misura del tasso di interesse da applicare in caso di pagamento rateale delle anzidette imposte sostitutive; 78 b) l’applicabilità alle stesse della modalità di versamento rateale prevista dall’art. 20 del D.Lgs. n. 241 del 1997. a) Misura del tasso di interesse Il secondo periodo del comma 22 dell’art. 15 del citato D.L. n. 185, prevede che in caso di versamento rateale delle imposte sostitutive di cui ai commi 19 e 20 «sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi legali con la misura del 3% annuo da versarsi contestualmente al versamento di ciascuna rata». In sede di controllo della congruità e tempestività dei versamenti relativi alle anzidette imposte sostitutive, è stata più volte riscontrata l’applicazione degli interessi sulle rate successive alla prima, anziché nella misura del 3% indicata nella norma, nella misura (inferiore) del saggio legale di cui all’art. 1284 c.c., vigente alla data di scadenza dei predetti versamenti. In proposito si osserva che la norma in esame, pur facendo riferimento agli «interessi legali», ne fissa la misura al 3%. Tale misura coincide con quella del saggio degli interessi legali in vigore dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2009 (1), ma non con la misura del predetto saggio vigente negli anni successivi (2). Al riguardo si ritiene che, con l’espressa indicazione della «misura del 3%», il legislatore abbia voluto prevedere l’utilizzo di un tasso fisso per tutte le rate delle imposte sostitutive. Infatti, la misura del saggio degli interessi legali, per sua natura variabile, mal si concilia con l’indicazione di uno specifico tasso di interesse. Pertanto, ove il legislatore avesse voluto far riferimento al saggio degli interessi legali, non ne avrebbe indicato l’esatta misura. Per quanto sopra, si ritiene che gli interessi previsti dall’art. 15, comma 22, del D.L. n. 185 del 2008, siano dovuti, per entrambe le rate successive alla prima, nella misura fissa del 3% annuo, a prescindere dalle diverse misure del saggio degli interessi legali in vigore alle date di scadenza delle predette rate. Considerato che l’ambigua formulazione della norma può aver indotto dubbi interpretativi circa la corretta misura degli interessi da corrispondere, si ritiene che sussistano le condizioni per escludere l’applicazione della sanzione relativa ai maggiori interessi dovuti al tasso del 3% rispetto alle misure inferiori del saggio legale in vigore alle scadenze della seconda e terza rata. Ciò, in ossequio al principio di tutela dell’affidamento e della buona fede del contribuente, sancito dall’art. 10 della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente). b) Modalità di versamento rateale Il primo periodo del comma 22 dell’art. 15 del citato decreto legge n. 185, prevede che le imposte sostitutive in argomento devono essere versate, a scelta del contribuente«in un’unica soluzione entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita ovvero in tre rate di cui la prima con la medesima scadenza di cui sopra e le altre con scadenza entro il termine rispettivamente previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d’imposta successivi». La norma in commento disciplina in sostanza una specifica Consulenza n. 43/2013 modalità di rateazione applicabile per il versamento delle imposte sostitutive disciplinate dallo stesso art. 15. È stato tuttavia riscontrato che alcuni contribuenti hanno provveduto al pagamento delle somme dovute avvalendosi anche dell’ulteriore modalità di versamento rateale prevista dall’art. 20 del D.Lgs. n. 241 del 1997. La disposizione richiamata stabilisce che le somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte possono essere versate in rate mensili di uguale importo, con la maggiorazione degli interessi nella misura del 4% annuo (3). Ciò premesso, si osserva che l’art. 15 dispone espressamente che il pagamento delle anzidette imposte sostitutive deve avvenire «in unica soluzione» oppure, in alternativa, «in tre rate» aventi cadenza annuale, senza richiamare – neanche indirettamente – le disposizioni dell’art. 20 del citato D.Lgs. n. 241 del 1997. Si rileva, inoltre, che come già precisato in passato (cfr. Circ. n. 50 del 16 giugno 2002) le imposte sostitutive non sono rateizzabili ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs. n. 241 del 1997, relativo alle sole somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte scaturenti dalle dichiarazioni, ma tali imposte possono essere dilazionate «qualora sia previsto dalle singole leggi istitutive e con le modalità da esse stabilite». Ne consegue, pertanto, che i versamenti delle imposte sostitutive in argomento, effettuati in rate mensili ai sensi del citato art. 20 del D.Lgs. n. 241 del 1997, sono eseguiti in ritardo rispetto alle scadenze previste dalla norma. Tutto ciò precisato, occorre considerare che la citata Circ. n. 50 risale al 2002 e che l’adozione di anomale modalità di versamento potrebbe essere stata indotta da indicazioni suscettibili di essere interpretate in maniera non univoca. Per quanto sopra esposto, in ossequio al richiamato principio di tutela dell’affidamento e della buona fede, si ritiene che sussistano le condizioni per escludere l’applicazione delle sanzioni per tardivo versamento nei confronti dei contribuenti che si sono avvalsi della modalità di pagamento rateale di cui all’art. 20 del D.Lgs. n. 241 del 1997. Note: (1) Misura fissata dal D.M. 12 dicembre 2008. (2) Dal 1° gennaio 2010 il saggio degli interessi legali è sceso all’1% (D.M. 4 dicembre 2009), per poi risalire all’1,5% dal 1° gennaio 2011 (D.M. 7 dicembre 2010). Dal 1° gennaio 2012 il saggio degli interessi legali è fissato al 2% (D.M. 12 dicembre 2011). (3) Misura fissata dall’art. 5 del D.M. 21 maggio 2009. RAPPORTO DI LAVORO - LICENZIAMENTO Lavoro - Estinzione del rapporto - Svolgimento di altra attività lavorativa durante il periodo di malattia - Impossibilità di classificare lo svolgimento dell’attività come lavoro - Mancanza di prove da parte dell’azienda (C. Cass - Sent. 15 ottobre 2013, n. 23365) Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale del lavoro di Avellino M.G. espone- Consulenza n. 43/2013 va di aver lavorato alle dipendenze della A.T. S.r.l. quale operaio comune e di aver ricevuto in data 1° settembre 2006 una contestazione disciplinare cui era seguito il 15 settembre 20076 il licenziamento. Veniva al lavoratore contestato di avere esercitato attività lavorativa in Trani ove si trovava in malattia. Deduceva il M., invece, di essersi reso utile occasionalmente con un proprio congiunto, titolare di una agenzia immobiliare in Trani, solo per non rimanere inattivo svolgendo attività del tutto saltuaria e compatibile con la malattia sofferta e quindi senza pregiudicare in alcun modo il recupero delle normali attività lavorative. Chiedeva quindi dichiararsi l’illegittimità del recesso con condanna della convenuta alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno. Si costituiva in giudizio parte convenuta che contestava la fondatezza del ricorso e ribadiva la legittimità del recesso. Con sentenza del 26 gennaio 2010 il Tribunale di Avellino dichiarava l’illegittimità del licenziamento disciplinare ed ordinava la reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro con condanna al pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate. La Corte di appello di Napoli con sentenza 24 marzo 2011 rigettava l’appello dell’A.T. S.r.l. La Corte territoriale rilevava che effettivamente, come già ritenuto dal Giudice di prime cure, la contestazione fosse generica in quanto non offriva elementi precisi circa i fatti contestati e posti a base del licenziamento, non essendo stato specificato il numero di volte in cui l’appellato era stato visto lavorare in Trani e la presunta attività computa. Dalla contestazione quindi non emergevano, non essendo indicate le mansioni ed i periodi in cui tali mansioni sarebbero state espletate, le possibili conseguenze pregiudizievoli sul processo di guarigione. Anche dal rapporto investigativo di una società privata, prodotto tardivamente, emergevano attività le più varie e poco impegnative e comunque compatibili con la patologia sofferta dall’appellato così come certificata. L’investigazione comunque era durata talmente poco da non poter provare alcuna attività lavorativa così come genericamente contestata. Posto che era emerso che l’appellato era andato nell’Agenzia di Trani solo tre giorni svolgendo prestazioni varie e non per tutto il tempo dell’apertura si doveva concludere nel senso che la condotta addebitata era caratterizzata da occasionalità e sporadicità sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo e si doveva escludere che fosse stata espletata una attività qualificabile come di tipo « lavorativo». Inoltre alla luce di tali risultanze istruttorie doveva ritenersi che i canoni di correttezza e buona fede non fossero stati violati in quanto lo stato di malattia era indubitabile e le marginali attività espletate in Trani non avrebbero, in realtà, potuto rendere più difficile il processo di guarigione, anzi poteva affermarsi che tali attività potevano avere un’ incidenza funzionale e positiva per la stessa guarigione. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la A.T. S.r.l. con tre motivi; resiste l’intimato con controricorso che ha depositato anche memoria difensiva ex art. 378 c.p.c. Motivi della decisione Con il primo motivo si allega la violazione della legge n. 300/70, artt. 7 e 18, la violazione degli artt. 1218, 1223, 1225, 1226 e 1227; la violazione ed errata interpretazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. e del CCNL e l’omessa e comunque erra- 79 Documentazione 16) Documentazione:16) Documentazione 04/12/13 14.19 Pagina 79 Documentazione 16) Documentazione:16) Documentazione 04/12/13 14.19 Pagina 80 ta ed insufficiente motivazione della sentenza impugnata. La contestazione mossa al M. era chiara e specifica; erano stati individuati tutti gli elementi per consentire al lavoratore di difendersi e per valutare la gravità dell’accaduto. Il motivo appare infondato in quanto effettivamente la lettera di contestazione riportata a pag. 6 della sentenza impugnata appare assolutamente generica perché non individua né i giorni né l’attività in concreto svolta presso l’Agenzia Immobiliare Mo. e quindi non offre gli elementi di ordine qualitativo e quantitativo per consentire al lavoratore di difendersi adeguatamente ad al Giudice per valutare la gravità dei fatti addebitati, considerato anche che la detta contestazione fa anche riferimento ad un atteggiamento non coerente con lo stato di malattia, il che non emerge idoneamente in base ad una contestazione che non offre alcun riferimento al tipo di mansioni pretesamente svolte «dall’incolpato». La motivazione pertanto appare congrua e logicamente coerente ed individua lacune effettivamente sussistenti nella contestazione, in violazione dell’art. 7, legge n. 300/1970. Il richiamato CCNL non è stato prodotto, né è stato indicato l’incarto processuale ove eventualmente lo stesso sia disponibile in versione integrale. Con il secondo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1176, 1375, 2110, 2119 c.c., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio avendo la Corte ritenuto lo stato fisico del lavoratore compatibile con attività lavorative. La malattia sofferta dall’intimato «epatopatia cronica evolutiva» comportava uno stato di prostrazione fisico e psichico, come ritenuto dai medici curanti, incompatibile con l’attività di collaborazione con l’Agenzia immobiliare sita in Trani. Il secondo motivo appare infondato in quanto la Corte di appello ha già mostrato con riferimento agli accertamenti tardivamente prodotti dalla società di una Agenzia investigativa privata che era emersa solo un’attività sporadica ed occasionale e non durante l’intero orario di apertura dell’Agenzia da parte dell’intimato, non assimilabile ad una prestazione lavorativa e certamente poco impegnativa dal punto di vista fisico e psichico che, anzi, non solo – stante la sua dimensione qualitativa e quantitativa – era del tutto compatibile con la malattia sofferta, ma addirittura poteva dirsi funzionale ad una più pronta guarigione. La motivazione appare congrua e logicamente coerente e strettamente ancorata alle risultanze 80 probatorie, mentre le censure in realtà sono di merito ed appaiono dirette ad una «rivalutazione del fatto», inammissibile in questa sede. La Corte territoriale ha, quindi, esaurientemente motivato in ordine alla mancanza di un pericolo che l’attività contestata, così come emersa in base alle prove, potesse pregiudicare o rallentare il processo di guarigione. Con il terzo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 300/1970 come novellato dall’art. 1 della legge n. 108/1990 e degli artt. 1223, 1227, 2727, 2729 comma 2 c.c., nonché dell’art. 112 c.p.c. in relazione agli artt.342, 414, 416, 163, 164, 167, e 359 c.p.c. I Giudici di merito avrebbe dovuto sottrarre all’entità del risarcimento l’aliunde perceptum. La società aveva dato prova che il M. possedeva quote societarie dell’Agenzia «Mo.» e certamente aveva proseguito nell’attività di collaborazione svolta pendente lo stato di malattia. Il motivo va dichiarato inammissibile in quanto non ricostruisce, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso in cassazione, come la questione dell’aliunde perceptum sia stata posta nelle precedenti fasi del giudizio ed in particolare se sia stata oggetto di uno specifico motivo di appello (la sentenza di appello non fa alcun cenno a tale doglianza). In ogni caso il motivo appare inammissibile per genericità in quanto non offre alcun elemento concreto in ordine al preteso aliunde perceptum: anche se l’intimato avesse avuto delle quote (ma sul punto non vi è stata alcuna produzione in merito alla detta allegazione, unitamente al ricorso in cassazione) nell’Agenzia già ricordata, questo certamente non prova che vi avesse poi svolto attività lavorativa retribuita. Nella seconda parte del motivo si reiterano, in modo assolutamente generico, censure già esposte con i precedenti motivi. Conclusivamente si deve rigettare il ricorso. Le spese di lite – liquidate come al dispositivo della sentenza – seguono la soccombenza. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento in favore di controparte delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in euro 50,00 per spese, nonché in euro 3.000,00 per compensi oltre accessori. Consulenza n. 43/2013