ARTE e TERAPIA - Corrado Bertoni

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ARTE e TERAPIA
Monologo per Burattinaio
(L’attore entra in scena con una chitarra a tracolla, un paio di
burattini uniti tra loro da una corda e gettati attorno al collo e, in
una tasca, un quadernino e una matita )
Eccomi.
Sono apparentemente sano, felice…
E invece no.
Sono afflitto da innumerevoli disturbi,
alcuni leggeri e altri assai gravi, invalidanti:
improvvise perdite della memoria,
momentanee sospensioni del battito cardiaco,
inspiegabili fissità degli occhi e della mente,
repentine fitte che attraversano tutto il corpo,
memorabili stitichezze
alternate ad altrettanto memorabili cagarelle,
amnesie, apnee notturne, asme…………..
Un mio amico dice che tendo a somatizzare
che sono un caso clinico e farei bene
ad andare in qualche talk-show o su un’isola …
te sei suonato, dico, sono ancora giovane
cerco una morosa e tu mi mandi davanti
a milioni di guardoni a raccontare le mie sfighe!
E allora, dice, vai da uno stregone thailandese
Che ti sfuzzica tutto con le mani nude
E ti tira fuori le coradelle e i bubboni
E li sposta su qualcun altro …
Ma tu sei fuori!…………………………….
e allora vado dal mio medico di famiglia
Lui mi darà il consiglio giusto, lui che non è mica
Un medico di stato o di quartiere ma proprio di famiglia:
ce ne vorrebbero altri “di famiglia”: l’avvocato, l’architetto,
professionisti di famiglia che te li passa la mutua,
perché no?
Chi ti fa una ricetta, chi una perizia.
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Insomma, vado dal mio medico di famiglia
e gli dico che non ce la faccio più
sono invaso da una caterva di disturbi, gli dico.
Lui non mi visita neanche e dice senza batter ciglio
che qui ci vuole un po’ di arte terapia.
Arte Terapia?, dico io.
Si arte terapia: che vuol dire curarsi con le Arti.
Perché proprio con le arti?, dico io, che gli artisti son tutti rovinati,
tossici, alcolizzati e poveracci?
E poi io sono negato, non sono una creativo,
da piccolo non giocavo neanche con i soldatini…
Senti Senti! dice lui.
Stavo tutto il giorno a guardarmi la punta del naso
o le unghie dei piedi…
Bene Bene, dice lui.
Bene bene !!!!
Alle Medie i mie genitori mi compravano
un flauto dolce alla settimana e io non sapevo
cosa farmene: li scioglievo sul fornello del gas.
Ottimo, dice il medico di famiglia…
È proprio per questo che tu hai bisogno
di una medicina alternativa.
E mi sfilza un elenco di arti che dovrebbero
guarirmi: teatro terapia, danza terapia,
pittura terapia, musica terapia, scrittura terapia…
scegli la tua arte e starai meglio…
Posso farle anche tutte, dico io,
ma da quale cominciare?
Allora fermo il mio poliziotto di famiglia…
cioè del quartiere e gli chiedo se per caso c’è,
nei paraggi, un ambulatorio artistico…
E lui a farmi la manfrina che si dice poliziotto
di quartiere e non del quartiere
perché non è un lattaio, dice, ma uno specializzato…
e io dico che fa lo stesso, che sono nervoso.
E lui ancora con quella sua precisione ossessiva
che mi dice che non si chiamano ambulatori
ma laboratori e che sono fortunato
A si? Dico io…
Si perché ne hanno aperto uno da poco
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di danza terapia nella sede del quartiere.
E mentre dice così tira fuori la pistola
e spara a un tizio che esce di corsa da un negozio…
Correva o scappava, mi chiede…correva o scappava?
Forse usciva, dico io timidamente.
Bene, vado e mi iscrivo.
Quest’anno ci sono due corsi: di liscio e di latino america
quale vuol fare? Mi dice la ragazza
che di giorno fa la cassiera alla Conad
e di sera la danzatrice terapeuta.
Tutti e due, dico io…perché anche se non sembra
sto cercando il grande amore
e allora con il liscio mi faccio la morosa,
e con la danza moderna me la sposo…
Bene fa lei. Vediamo a che livello siamo:
mette su un CD e mi guarda.
La musica cambiava ritmo ogni 15 secondi
e a me mi prende il famoso disturbo
del blocco fisico e mentale
e rimango fermo come una statua…
Su, su, fa lei, non lo sente il ritmo?
Il ritmo? Dico io, ma a me serve un po’ di pace…
Allora mi dispiace, fa la ragazza,
il corso di danza New Age l’abbiamo fatto l’anno scorso.
Lo sa cosa ci vuole per lei?
Un corso di scrittura creativa,
lo fa anche il mio moroso e gli fa un gran bene
a tutti gli organi, tutti…e ride…e mi da l’indirizzo
di una scuola di scrittura terapia che si fa
nello scantinato di un condomino li vicino.
Lo scrittore che teneva il corso
era un ex professore di italiano in pensione.
Noi malati eravamo una decina
e quando si attaccava la caldaia del riscaldamento centralizzato
non sentivamo un accidente
e lui allora saliva sul motorino del custode
lo accendeva e urlava a squarciagola
qualche poesia della beat generation…
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Curarsi con la scrittura vuol dire,
avere sempre con sé un quadernino, diceva,
una matita e un temperino, e scrivere
scrivere, tutto quello che ti passa per la mente
senza censurare niente neanche le parolacce.
Scrivere, scrivere quando sei in fila alle Poste
o quando stai smemorato davanti al Bancomat,
o al semaforo rosso: dal rosso al verde
ci può scappare un pensierino,
diceva urlando lo scrittore creativo
perché quello del primo piano era andato al cesso
e lo sciacquone passava proprio sopra le nostre teste.
E poi leggere, leggere qualsiasi cosa..
Perché la creatività è un muscolo
e va tenuta in esercizio…così diceva…
E io a chiedere: che tipo di quadernino?,
che matita? Dura?, morbida? 2b…hb…3c…
e la gomma per cancellare
si può usare o ci si cura anche con gli errori?
Mi passavano per la testa tutte queste
domande sceme e non scrivevo una riga.
Mi ero comprato un quadernino 15 x10
Che usava anche Chatwin nei suoi vagabondaggi
e ci scrivevo i miei pensieri strapoetici…
Avevo tutto: quaderno, matita e temperino..
mancavano solo le parole,
quelle che avrebbero dovuto guarirmi…
Provate a tenere un diario, scrivete
la vostra autobiografia, ci disse lo scrittore.
Allora ho cominciato a ricordare la mia vita
e per le qualità transitive della sfiga,
più scrivevo più mi ammalavo
e stavo per piombare in una biografite acuta
Allora ho smesso anche la scrittura terapia.
E mi sono comprato una chitarra:
ci sarà, dico, uno straccio di corso
di musica terapia in sto quartiere di merda?
C’è, c’è, mi fa la benzinaia senza denti
che da quando hanno tolto la Super Rossa è in crisi depressiva
e ha imparato a suonare l’Arpa birmana
in un corso serale della terza età.
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Allora mi iscrivo, dico io tutto contento.
In una settimana ho imparato quattro accordi
e mi sono innamorato della chitarrista.
Una tipa con i capelli lunghi fino alla schiena
Sembrava una ex figlia dei fiori, una Joan Baetz
Era sempre vestita con una salopette a righe,
le espadrillas ai piedi e puzzava da far schifo.
Con quei quattro accordi sono andato avanti
tutto l’inverno e riuscivo a suonare
solo una canzone che le piaceva da morire
e che faceva:
La notte cade su di noi
La pioggia cade su di noi
La gente non sorride più
Vediamo un mondo vecchio che
Ci sta crollando addosso ma:
ma che colpa abbiamo noi.
e la suonavo dalla mattina alla sera.
Avevo delle bolze alle dita che sanguinavano
e un incarnato sempre più pallido e flaccido
finchè un giorno mi sono coperto di pustole
in tutto il corpo diagnosticata come
rarissima allergia da corde di chitarra
e così ho smesso anche la musica-terapia
Nel frattempo mi stavo ammalando sempre di più:
le arti avevano aggravato la mia situazione
e stavo ormai cercando uno sgabuzzino buio e umido
dove passare gli ultimi anni della mia vita
quando l’insegnante di sostegno di mio nipote
mi dice che hanno aperto un laboratorio
di teatro-terapia nella canonica della parrocchia
Il teatro parrocchiale non ha mai fatto bene a nessuno
penso io, vuoi che funzioni proprio con me?
Cosa c’entra il teatro parrocchiale,
dice la prof che sostiene mio nipote,
il laboratorio si fa dal prete
ma è tenuto da un attore strafamoso
che si chiama…si chiama…dai è sempre in TV
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Fa lo stesso, dico io, e mi vado a iscrivere.
Il tipo attore-terapeuta, in calzamaglia amaranto
sembrava un cardinale senza la sottoveste con me ci sono altre quatto signore di età incerta
due maestre di scuola precarie
un muratore napoletano uguale a Totò
e un impiegato di banca in esubero
Al primo incontro il cardinale attore dice che
il teatro è la miglior terapia del mondo
che se lui non avesse fatto l’attore
adesso sarebbe un cardinale
(vedi che ci avevo preso, dico io tra di me)
o un ragioniere depresso che ce n’è pieni i fossi
(e guarda l’impiegato fisso negli occhi
senza ricordarsi che ha davanti un ragioniere)
Cominciamo bene con la memoria, penso io!
Comunque il quasi cardinale ci dice
che ci sono vari livelli di terapia teatrale:
per disturbati generici come siete voi
va bene il genere Commedia Grottesca
per chi soffre di angosce persistenti
ci vuole il teatro comico-boccacesco
per i malati incurabili lui consiglia
autori come Beckett che, dice, aiutano
ad affrontare sereni la dipartita,
e per i più gravi, gli psisomatici acuti
(come me, dico tra me)
la terapia migliore è senza dubbio il teatro ragazzi
e, meglio ancora, il teatro dei burattini!
Io allora alzo la mano e mi tiro fuori
dal gruppo malati-generici-commedia grottesca
per iscrivermi al gruppo psisomatici-acuti-teatro ragazzi
Non vedevo l’ora di avere i miei burattini
Per cui mi sono iscritto anche
ad un corso di scultura-terapia per aspiranti burattinai
Il problema, da farmi ammalare seriamente,
fu allora scegliere quali burattini costruire.
Dopo aver scartato fagiolini, sganapini,
balanzoni, brighella, pulcinella……
e anche colombine, clorinde, rosaure, isabelle
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mi sono concentrato su due figure archetipiche,
classiche, universali, bastarde e fasulle:
un uomo e una donna in senso cosmico.
Un uomo che fosse padre, fratello, amico
amante, nonno, saggio, psichiatra, Dio insomma
e una donna che fosse madre, sorella,
zia, cugina, infermiera, Madonna…
e allora tutte Le Arti che avevo imparato mi sono tornate utili!
Ho dipinto i burattini, li ho vestiti e ho scritto le canzoni e i testi!
(l’attore prende i due burattini e li anima )
Quando li ho infilati nelle mani
Ho sentito che attraverso le mie braccia
Le sfighe passavano a loro due.
Le mie malattie erano loro e io le vedevo
Ci potevo parlare, ci potevo ridere sopra.
(la parte che segue può essere totalmente improvvisata)
Attore: E tu chi sei?
1° burattino: Non vedi che sono il tuo babbo?
Attore: (al pubblico) non l’avevo riconosciuto…babbo mi vuoi bene?
1° Burattino: Ma certo, Albert!
Attore: (al pubblico) e questa chi è! E tu chi sei?
2° Burattino: Ma sono la tua mamma!!
Attore: Oh, la mia mammina…e tu mi vuoi bene?
2° Burattino: Albert, tu sei l’amore della tua mamma!!!
Attore: (al pubblico) non ci ho mai creduto.
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