dispensa Caretto su Autismo Gaslini

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Appunti su
Autismo
a cura di Flavia Caretto
[email protected]
Caratteristiche dell’Autismo
AUTISMO: cos’è?
… Il mio modo di essere era completamente incomprensibile agli occhi di chi mi circondava. Toccavo
continuamente ogni cosa; tastavo con le dita gli incavi delle bottiglie, i braccioli del divano e le maniglie
delle porte, strofinavo il palmo della mano sui corrimano curvi. Sentivo la necessità di toccare tutte
queste cose perché avevo bisogno delle loro curve e rotondità ma nessuno, intorno a me, immaginava
che fosse questo tipo di bisogno a provocare in me quel comportamento. Per loro dimostravo unicamente
di essere strana e a volte irritante, ma io non pensavo affatto di essere né strana né irritante. Sapevo solo
che ciò che facevo era una necessità, per me, d’importanza vitale. Però, agli occhi degli altri, tutto questo
non meritava alcun rispetto.
(Gunilla Gerland, Una persona vera – Phoenix: Roma).
Autismo: cosa significa?
“Sindrome” è un insieme di “sintomi” ovvero di “segni” osservabili
(nel caso dell’autismo: di comportamenti)
Compromissione qualitativa dell’interazione sociale
Compromissione qualitativa della comunicazione
Modalità di comportamento, interessi ed attività ristretti, ripetitivi
e stereotipati
Esordio: prima dei tre anni
per almeno una delle aree della triade
Autismo: chi decide di cosa si tratta?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità OMS
Attraverso l’ ICD 10
Autismo infantile 299.00
L’American Psychiatric Association APA
Attraverso il DSM IV Text Revision
1
Disturbo Autistico F84.0
DSM IV- TR: cos’è?
Il DSM IV TR, manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali, è un
testo redatto da una commissione di esperti nominata dall’APA
Associazione Americana degli Psichiatri
Elenca le definizioni dei disturbi mentali che incontrano il consenso degli
psichiatri e della comunità scientifica internazionale
Per ogni disturbo, descrive i sintomi e le linee guida per formulare una
corretta diagnosi
Disturbo autistico: in che cornice si colloca?
Disturbi Mentali
Disturbi diagnosticati nell’infanzia, nella fanciullezza o nell’adolescenza
Disturbi pervasivi dello sviluppo
Disturbo autistico
Il primo gruppo di sintomi:
Interazione sociale
A. marcata compromissione nell’uso di svariati comportamenti non verbali, come lo
sguardo diretto, l’espressione mimica, le posture corporee, e i gesti che regolano
l’interazione sociale
B. incapacità di sviluppare interazioni con i coetanei adeguate al livello di sviluppo
C. mancanza di ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi o obiettivi con
altre persone (per esempio non mostrare, portare, né richiamare l’attenzione su
oggetti di proprio interesse)
D. mancanza di reciprocità sociale o emotiva
Il secondo gruppo di sintomi:
A. ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato (non accompagnato
da un tentativo di compenso attraverso modalità alternative di comunicazione come
gesti o mimica)
B. in soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione della capacità di
iniziare o sostenere una conversazione con altri
C. uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico
D. mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di imitazione sociale
adeguati al livello di sviluppo
Il terzo gruppo di sintomi:
Comunicazione
Repertorio di interessi
A. dedizione assorbente a uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati
anomali o per intensità o per focalizzazione
2
B. sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudini o rituali specifici
C. manierismi motori stereotipati e ripetitivi (battere o torcere le mani o il
capo, o complessi movimenti di tutto il corpo)
D. persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti
Criteri per la diagnosi
Devono essere presenti almeno
2 criteri per l’interazione sociale
1 criterio per comunicazione
1 criterio per il repertorio di interessi
L’esordio deve avvenire prima dei tre anni
Diagnosi differenziale
Autismo: cosa significa “compromissione qualitativa”?
Ritardo Mentale
profilo di sviluppo
cosiddetto
“ritardato”
ma omogeneo
Autismo
profilo di sviluppo
“disomogeneo”
oltre che
(quasi sempre)
“ritardato”
manifestazioni e disturbi associati
Ritardo Mentale
Profilo di sviluppo “irregolare”
Capacità verbali più deboli di quelle non verbali
Possono essere presenti “isole di abilità”
Il linguaggio espressivo può essere superiore alle abilità di comunicazione
Sintomi “comportamentali” (aggressività, iperattività, autolesionismo…)
Risposte bizzarre a stimoli sensoriali
Disturbi dell’alimentazione
Disturbi del sonno
Anomalie dell’umore e dell’affettività
Paure, fobie
In adolescenza, nelle persone con buon funzionamento, può comparire la depressione
condizioni mediche associate
Sintomi o segni neurologici aspecifici (es: riflessi primitivi, ritardato
sviluppo della dominanza di lato …)
3
Condizione neurologica o altra condizione medica generale (es: Sindrome
dell’x fragile, Sclerosi Tuberosa …)
Nel 25% dei casi si sviluppano convulsioni
caratteristiche collegate all’età
Nei neonati e nella prima infanzia
Difficoltà a stare in braccio
Mancanza di attenzione condivisa
Mancanza di contatto visivo
Mancanza di sorriso e reciprocità sociale
Mancanza di risposta alla voce dei genitori
Apparente sordità
Movimenti stereotipati o attività ripetitive
Difficoltà nel gioco
Difficoltà o avversione al contatto fisico o alle manifestazioni d’affetto
CARATTERISTICHE DA ZERO ATRE ANNI
Sviluppo affettivo
Ridotte espressioni del viso, ambigue, non rivolte ad altri, non sorriso
sociale, raro sguardo sociale, rara reciprocità verso estranei
Processi sensoriali, attenzione, autoregolazione
Ipersensibilità uditiva, resistenza al contatto fisico, evitamento di alcuni cibi,
alta soglia al dolore, scarso orientamento visivo, attenzione e dedizione a
caratteristiche sensoriali dell’oggetto, ipo o iper responsività a stimoli sociali
e non
Prassie e imitazione
Difficoltà di imitazione di sequenze di azioni a significato
Comprensione
Mancata risposta al nome, bassa comprensione della gestualità
Modalità comunicative
Mancanza dell’uso dello sguardo per la comunicazione, scarso babillage,
scarso uso dei gesti, uso della mano dell’adulto per chiedere
Intenzionalità comunicativa
Non attenzione congiunta (8-12 mesi), scarsa intenzionalità e iniziativa,
mancanza del gesto di indicazione, comunicazione limitata a funzioni
strumentali, non condivisione
Gioco sociale
Scarso orientamento sociale e attenzione condivisa
Gioco con oggetti
Mettere in bocca oggetti, non giochi di finzione, giochi ripetitivi
Caratteristiche motorie e comportamenti ripetitivi o stereotipati
Ritardo nello sviluppo motorio (28% di bambini fra 0-18 mesi), posture
particolari, goffaggine, problemi di pianificazione motoria, miglioramento
delle prestazioni se contestualizzate e finalizzate, stereotipie e ritualismi
Da Watson et al, Autismo e disturbi dello sviluppo, 2, 3, 2004, pp. 337-358
Nei bambini in età prescolare
4
Prendere la mano dell’adulto per ottenere oggetti
Difficoltà nello sguardo diretto
Nell’adolescenza
Repentine variazioni dei problemi di comportamento
Maggiore disponibilità all’interazione
Negli adulti
Attenuazione dei problemi di comportamento
caratteristiche collegate al genere
Il disturbo è da quattro a cinque volte maggiore nei maschi che
nelle femmine
Le femmine con questo disturbo hanno più possibilità di avere
un ritardo mentale grave
prevalenza
5 casi su 10.000
(da 2 a 20 casi su 10.000)
Le statistiche sono, al momento attuale, le più diverse ed ampie, comprendendo le
condizioni dello “spettro autistico”
decorso
Esordio prima dei tre anni
Presentazione dei sintomi fin dalla nascita
Regressione dopo il primo anno (fra i 12 e i 21 mesi)
Il decorso è continuo
Una piccola percentuale riesce, in età adulta, a vivere e a lavorare in maniera
indipendente
Un terzo riesce a raggiungere una parziale indipendenza
I restanti necessiteranno di cure ed assistenza per tutta la vita
familiarità
Il 5% dei fratelli ha maggiori probabilità di presentare il disturbo autistico
Ci sono maggiori rischi (imprecisata la percentuale) che i fratelli
presentino altri tipi di disturbi
Le persone dotate hanno antecedenti familiari (percentuali non precisate)
diagnosi differenziale
Disturbo di Rett
Disturbo disintegrativo dell’infanzia
Disturbo di Asperger
Schizofrenia
Mutismo selettivo
5
Disturbo dell’espressione del linguaggio
Ritardo mentale
Disturbo da movimenti stereotipati
Disturbo misto dell’espressione e della ricezione del linguaggio
cosa non è?
Non è una malattia, bensì “gli autismi” rappresentano le conseguenze di differenti
“malattie” (o condizioni patologiche)
Non deriva da un cattivo rapporto fra la madre e il bambino, benché molti genitori
vengano fortemente provati dalla presenza di un figlio con autismo
Non è una “psicosi”, ma una forma di handicap
Non è sinonimo di isolamento, benché l’isolamento possa essere uno dei sintomi,
ovvero una conseguenza dei disturbi più frequentemente osservati nell’autismo
Definizione di autismo:
considerazioni critiche sui manuali
I manuali internazionali descrivono i sintomi, ovvero i comportamenti
osservabili, non ciò che è “sotto” o “dietro” i sintomi, ovvero
pensieri
emozioni
Nonostante il miglioramento progressivo dei criteri della diagnosi
differenziale, i manuali internazionali non aiutano a discriminare fra
“autismi” diversi
INFO
La bibliografia sulla diagnosi e valutazione dell’autismo è vastissima!
Fondamentale il DSM IV TR, a cura dell’APA, edito da Masson
Per chi può cercare in internet, i siti sono numerosissimi! Per una ricerca mirata sui siti italiani:
Il sito di Autismo Italia, www.autismoitalia.org curato da Donata Vivanti, che mette in link con Autismo Europa
ed altri di rilevanza nazionale ed internazionale
Il sito dell’ALS di Mondovì, www.alihandicap.org/ali/ curato da Maurizio Arduino, che ha fatto una selezione dei
siti “tecnici” più rilevanti in Italia
6
AUTISMO
La storia e gli approcci
I precursori
Bleuler
Nel 1911 Eugen Bleuler, medico svizzero, definisce “autismo” il
“ritiro in se stessi” delle persone affette da schizofrenia
Kanner
Nel 1943, sulla rivista americana “The Nervous Child”, definisce l’autismo
come una sindrome, avendo studiato per 5 anni, presso il John Hopkins
Hospital, 11 bambini che presentavano alcune caratteristiche comuni:
isolamento “autistico”
attività ed espressioni ripetitive
sviluppo anomalo del linguaggio
Asperger
Nel 1944 pubblica in lingua tedesca la sua tesi di abilitazione alla docenza, in cui fornisce
una descrizione di bambini con fenomeni di comportamento ed espressivi che danno
luogo a difficoltà nell’integrazione sociale.
Include casi con danni organici ed altri che sfumano nella normalità.
Il saggio non trova alcuna diffusione fino al 1981, anno in cui viene discusso in un lavoro
di Lorna Wing. Oggi viene indicata con il nome di Asperger una sindrome per descrivere
persone autistiche dotate.
Bettelheim
Fin dagli anni ‘40 parla di autismo come psicosi infantile, utilizzando
concetti psicoanalitici e focalizzando l’origine del disturbo nelle prime
relazioni madre - bambino. Nel 1967 pubblica “La fortezza vuota” (it. ‘76)
sintesi del suo lavoro presso l’Università di Chicago.
“Nell’affrontare l’origine delle situazioni - limite nella prima infanzia, si può subito
dire che la patologia della madre è sovente assai grave e che in molti casi il suo
comportamento verso il figlio offre un esempio particolarmente significativo di
rapporti interpersonali anomali. Ma ciò non prova affatto che sia la madre a
creare la situazione autistica, né che i suoi tratti patologici specifici possano
spiegare quelli del bambino…”
7
“… la comunicazione… ha inizio con la suzione. Le cose possono cominciare a
mettersi male persino a questo stadio precoce dell’azione e dell’interazione che è
alla base della formazione della personalità.
Il neonato, a causa del dolore o disagio e angoscia che ciò gli procura, o perché
interpreta male i sentimenti e le azioni della madre, o perché al contrario valuta
correttamente i sentimenti negativi di questa nei suoi confronti, può staccarsi da
lei e ritirarsi dal mondo.
Dal canto suo la madre, o perché frustrata nei sentimenti materni o a cagione
della propria ansia, può reagire, invece che con dolce insistenza, con la collera o
con l’indifferenza proprio in ragione del fatto che si sente ferita. Questo, a sua
volta, si presta a creare nuova angoscia nel bambino…
Ogni rifiuto in questo senso tende ad indebolire l’impulso del neonato ad
osservare l’ambiente che lo circonda e ad agire su di esso, e in assenza di tale
impulso la personalità non può svilupparsi…” Bruno Bettelheim, da “La fortezza vuota:
l’autismo infantile e la nascita del sé”, 1967, it 1978 (Garzanti, 1990, pag 55-56)
L’approccio psicodinamico e la psicoanalisi
Presupposti teorici storici
Coincidenza iniziale fra autismo e psicosi
Utilità della psicoterapia
Presenza di un disturbo della relazione madre - figlio
Principali esponenti
Bettelheim, Tustin
Malher
Anna Freud
Mezzi
Psicoterapia
Con la madre (Malher)
In una situazione di separazione dai familiari (Tustin)
Autismo psicogeno o biologico?
Fin dal ‘66 compaiono le prime ricerche sui fattori eziologici.
Negli anni ‘70 e ‘80 la ricerca comincia a dimostrare che numerosi
bambini con autismo presentano dei danni organici
I precursori
Timbergen
Zappella
Nel 1973 premio Nobel per l’etologia, Timbergen osserva i
comportamenti di avvicinamento ed allontanamento dei bambini
con autismo e riferisce l’origine del processo al contesto socio culturale.
La concezione del conflitto motivazionale è ripresa in Italia da
Zappella (1987).
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AERC
terapia di attivazione emotiva e reciprocità corporea -
Approccio etodinamico
Esponente: Michele Zappella - Siena
Antecedenti storici e presupposti teorici
Holding
Approccio etologico
Possibilità di integrazione con altri approcci e metodiche
finalità
Mettere il bambino in uno stato di forte motivazione a collaborare
Migliorare in tempi brevi il tipo di relazione genitore – figlio sviluppando una sintonia emotiva
Possibile guarigione
Mezzi
Attivazione emozionale
Modellamento dei familiari
Valutazione
Portage
Osservazione diretta tramite specchio unidirezionale
La terapia familiare sistemica
Presupposti teorici storici
Coincidenza fra autismo e psicosi
Coinvolgimento del nucleo familiare nella genesi e nel mantenimento della
problematica
Necessità di coinvolgimento dell’intera famiglia nella terapia
Esponenti:
Selvini Palazzoli
Sorrentino
Cancrini…
DSM
Nel DSM I (1950) e nel DSM II (1968) l’autismo non viene identificato come
disturbo distinto.
Nel DSM III (1980) l’autismo viene descritto secondo i quattro criteri tratti da
Kanner:
ridotte relazioni sociali
comunicazioni ritardate e devianti
interessi limitati
insorgenza prima dei 30 mesi
I precursori
Rutter
Insieme con Schopler, nel 1978 rivede i criteri della diagnosi.
Basandosi su numerose ricerche precedenti, nel 1983 formalizza
l’ipotesi che alla base dell’autismo ci sia un disturbo cognitivo
9
Schopler
Nel 1966, con il sostegno del Ministero dell’Educazione, in Nord Carolina viene
varato un programma di trattamento psicoeducativo in cui i genitori funzionano
da coterapeuti.
Alla morte di Kanner, Schopler dirige il Journal of Autism. Nel 1980 Schopler e coll.
pubblicano un saggio in cui definiscono le linee guida dell’intervento
psicoeducativo.
“Durante gli anni ‘60, la ricerca ha dimostrato come l’interpretazione fino ad allora
data dell’autismo fosse incompleta e deviante. L’incapacità dimostrata dai
bambini autistici a sviluppare relazioni appropriate, persino durante l’infanzia, era
solo un aspetto del loro problema di base. Esistevano anche difficoltà a percepire
in modo appropriato (…), a comprendere e a comunicare (…). Parallelamente ad
una accresciuta comprensione dei deficit del bambino, si arrivò ad una migliore
comprensione dei genitori. La ricerca ha dimostrato...
“La ricerca ha dimostrato che costoro non erano dissimili, in ciò che sentivano e
soffrivano, dai genitori di bambini affetti da altri tipi di handicap (…).
Al contrario, avevano le stesse speranze, frustrazioni e lotte, con una
importante differenza: in più si trovavano ad avere fra le mani un bambino
estremamente difficile, che non rispondeva nei modi in cui l’esperienza, basata
magari su altri figli, aveva loro insegnato…” Eric Schopler, da “Strategie educative
nell’autismo, valutazione e trattamento individualizzati per operatori e genitori per bambini con
disturbo della comunicazione” 1980, it. 1990 (pag. 4)
L’approccio psicoeducativo
Precursori: Maria Montessori (!)
Principi
Riconoscimento dell’autismo come condizione di diversità e di specificità
Riconoscimento della pervasività del disturbo
Riconoscimento della necessità di accordo fra le diverse figure di accudimento e in particolare fra operatori e
famiglia
Riconoscimento della necessità di modalità specifiche di valutazione e di intervento psicoeducativo e/o abilitativo
Finalità
Miglioramento della qualità della vita e aumento dell’indipendenza e della capacità di autodeterminazione
Componenti
Uso di procedure del tipo valutazione – intervento – valutazione
Obiettivi esplicitabili e condivisibili
Strategie educative specifiche e individualizzate
Previsione di modalità di collaborazione
L’approccio psicoeducativo in Europa:
l’Olpleidingscentrum Autisme di Anversa
Fondatore: Theo Peeters
Principi
1.
2.
3.
4.
5.
Adattamento nei due sensi
Collaborazione con i genitori
Diagnosi e valutazione
Adattamento dell’ambiente
Applicazione di strategie educative
10
6. Accento sul positivo
7. Formazione dei professionisti come “generalisti”
8. Controllo sperimentale dei risultati
L’attualità: la diagnosi
DSM
Il DSM III R (1987) identifica sedici criteri per l’autismo, rendendo
così più complesso e preciso il procedimento di decisione
diagnostica.
Seguono il DSM IV e il DSM IV Text Revised, che specificano
alcuni sintomi e precisano i criteri della diagnosi.
il comportamentismo
Lovaas
Nel 1990 viene pubblicato in Italia “L’autismo: psicopedagogia
speciale per autistici” di Ivar Loovas. Il libro descrive
dettagliatamente le basi dell’intervento comportamentale per i
bambini con autismo. Nella copertina dell’edizione italiana è
riportata un’immagine del film “Rain Man”.
ABA Applied Behavior Analysis e Early
Intervention Project
Esponente: Ivar Lovaas (Los Angeles, California)
Finalità: aiutare i bambini a vivere nel mondo reale
Presupposti teorici storici
Comportamentismo
Approccio sperimentale (necessità di misurazioni e verifiche)
Principi di precocità, intensività, pervasività
Insegnamento sistematico e intensivo di abilità tramite
Scelta di comportamenti semplici
Esplicitazione e chiarezza delle istruzioni
Uso di aiuti
Adozione di procedure a piccoli passi e graduali
Utilizzo di schemi di rinforzamento
L’attualità: la “rivoluzione cognitiva”
Baron - Cohen, Leslie & Frith
Nel 1985 postulano l’assenza di una “teoria della mente” nelle
persone con autismo, riferendosi alla difficoltà delle persone con
autismo ad attribuire pensieri e sentimenti a sé stessi o ad altri.
11
Frith
Nel 1989 (it. 1996) pubblica: “Autism: explaining the enigma” in cui fornisce
una esposizione di ciò che accade in una mente autistica. Si parla di “teorie
della mente”, di “coerenza centrale”, di “funzioni esecutive”.
Altri approcci
T.E.D. Terapie d’échange et developpement
Metodo Delacato
Comunicazione Facilitata
Training uditivo
Floortime di Grenspan
Comunicazione Aumentativa e Natural Aided Language
Musicoterapia
Terapia assistita da animali (ippoterapia, delfinoterapia…)
Uso di farmaci non convenzionali
Terapie alimentari
…
L’attualità: la ricerca medica
L’autismo come danno neurologico
Negli anni ‘90 è ormai accettata dalla comunità scientifica la
definizione di autismo come conseguenza di diversi tipi di danno
neurologico
“Dopo anni di frustrazioni a causa della schiera confusa di manifestazioni - e dei
modelli confusi di ereditarietà - i ricercatori hanno cominciato a trovare il primo
buonsenso di questi schemi partendo dalle loro basi biologiche.
Gli studi comportamentali fanno strada, spiegando chiaramente i deficit sociali e
cognitivi che contraddistinguono il disturbo. Neuroanatomisti hanno cominciato
ad identificare le anormalità della struttura cerebrale, e, più di recente, studi di
tomografia hanno fornito indicazioni verso schemi di circuiti difettosi…”
“I ricercatori credono che responsabili di molti di questi problemi siano dei geni,
forse 20, che possono interagire con fattori scatenanti ambientali ancora
sconosciuti. Nello stesso tempo, le prove sembrano indicare problemi con lo
sviluppo cerebrale prima della nascita e durante l’infanzia. Sebbene i fattori
genetici giochino chiaramente un ruolo maggiore, è stato postulato un numero di
altre cause e di cofattori potenziali, includendo i vaccini, l’esposizione alle tossine,
le infezioni, i problemi immunologici e metabolici...
“Qualunque siano le cause, la speranza dei ricercatori è di trovare il modo per
identificare i bambini autistici prima o subito dopo la nascita, anche con test
genetici o marcatori biologici come le proteine prodotte dal sangue, così che si
possano iniziare il più presto possibile i trattamenti comportamentali, quando essi
sembrano avere più probabilità di successo.
12
Una cura per l’autismo, tuttavia, è una prospettiva remota.” Da Science, monografia
sull’autismo, vol. 294, 5 ottobre 2001, tradotto nel Bollettini dell’ANGSA 2001 - 2002
Modello medico e terapia farmacologica
Il modello medico implica un’enfasi sull’eziologia o sui meccanismi causali sottostanti l’autismo.
Si fonda sulla ricerca dei meccanismi causali e dei meccanismi specifici correlati alle tecniche di trattamento
identificati come cura o guarigione
Attualmente, la ricerca sta facendo grandi passi nell’identificazione dei meccanismi alla base dell’autismo, che non
sono però ancora del tutto noti
Non esiste, al momento attuale, una cura medica (preventiva, farmacologica…) risolutiva
L’intervento farmacologico nei D.P.S. deve essere considerato uno strumento che renda più efficace l’intervento
psicoeducativo e riabilitativo
Obiettivo della terapia farmacologica è quello del controllo di manifestazioni sintomatiche che possono influenzare
negativamente la qualità della vita e gli altri interventi terapeutici
Poiché non si può curare il disturbo autistico, ma unicamente i suoi sintomi più invalidanti, si rischia di incorrere in
una politerapia che rappresenterebbe un bombardamento farmacologico…
Attualmente, pertanto, l’indicazione è quella dell’utilizzo di farmaci limitato alle fasi acute e mirato alla riduzione di
sintomi specifici, in accordo con il trattamento psicoeducativo
La cultura dell’autismo: tutto comincia con
un film! RAIN MAN
Nel 1988 esce il film che porta l’interesse del pubblico sull’autismo.
La locandina del film viene riportata sia sull’edizione italiana del libro di Lovaas (1990)
che su un numero monografico della rivista Risposte (1993)
La cultura dell’autismo: l’autismo visto da
dentro
Grandin
Nel 1986 Temple Grandin pubblica: “Emergence: Labelled autistic”.
Si tratta del primo “racconto dall’interno” dell’autismo, in cui l’autrice parla di sé stessa e del suo modo
di percepire il mondo, mettendo l’accento sul pensiero visivo. Nel 2001 viene tradotto in italiano
“Pensare in immagini e altre testimonianze della mia vita di autistica”
Williams
Nel 1992 Donna Williams pubblica “Nessuno in nessun luogo”.
Gerland
Nel 1999 viene tradotto in italiano “Una persona vera” di Gunilla Gerland.
Diverse persone con autismo ad alto funzionamento cominciano a tenere
conferenze su se stesse.
Alcuni artisti con autismo
13
chiedono di essere
considerati
semplicemente artisti.
Arti, media e autismo
Dopo il successo del film Rain Man i media cominciano ad occuparsi di autismo, in
genere per drammatici fatti di cronaca o per diffondere notizie “sensazionali” (e
falsate…)
Oltre a diversi film con personaggi con una diagnosi più o meno esplicita di autismo,
vengono pubblicate anche opere letterarie
Grande successo, nel 2003, del lavoro di Marc Haddon, pubblicato in Italia da Einaudi
La cultura dell’autismo: le testimonianze dei
genitori
A partire dagli anni ‘60 i genitori, singolarmente o in associazione, cominciano a far sentire
la loro voce sull’autismo.
Clara Claiborne Park, ne “L’assedio” (1967) narra i primi otto anni di Jessy, sua figlia.
Aggiorna il racconto nell’82 e nel 2001 pubblica “Via dal nirvana: vita con una figlia
autistica”
In Italia negli ultimi anni compaiono numerose testimonianze a cura dell’Associazione di
genitori ANGSA, e alcune pubblicazioni, come “Io e Gabriele” di Gianfranco Vitale, e “Il
nostro Autismo quotidiano: storie di genitori e figli” di Carlo Hanau e Daniela Mariani
Cerati
L’ultima pubblicazione interessante è “George e Sam”.
i genitori - professionisti
Alcuni genitori cominciano ad essere professionalmente impegnati con l’autismo. Prima
fra tutti Lorna Wing, medico inglese madre di un soggetto autistico e fondatrice della
NAS, pubblica nel 1971 (it. ’74, Armando) “I bambini autistici: una guida per i genitori”.
Laxer, Trehin, De Clerq, Vivanti e molti altri scrivono e tengono conferenze a fianco, e a
volte “contro” i professionisti non - genitori.
Nell’introduzione italiana al libro di Schopler (1991), Hanau definisce “congiura del
silenzio” la mancata diffusione in Italia e in Francia dei programmi di pedagogia speciale
Le associazioni dei genitori
(1)
Nel 1985 viene fondata, in Italia, L’ANGSA, Associazione
Nazionale Genitori Soggetti Autistici.
14
Dal 1989 l’ANGSA entra a far parte dell’Associazione
Internazionale Autisme Europe che unisce i rappresentanti
delle organizzazioni di genitori di tutta Europa.
Attualmente, è un’associazione federativa
Le associazioni dei genitori
(1)
Nel 1999 viene fondata Autismo Italia, membro effettivo
dell’Associazione Autisme Europe, di cui condivide gli scopi e
le modalità operative.
Pubblica il bollettino “Informautismo” e organizza conferenze
con lo scopo di contribuire alla diffusione di corrette
informazioni sull’autismo.
Presentazione dell’ANGSA, dal bollettino n.3 - 2001 e 1 - 2002
“L’ANGSA, sulla base della moderna interpretazione della Sindrome Autistica come
conseguenza di danni organici, ritiene necessario abbandonare le vecchie e false
ipotesi sull’origine dell’autismo, come quelle psicoanalitiche, sistemiche,
dinamiche ed etologiche, che pretendono l’esistenza di un autismo psicogeno non
organico. Di conseguenza vanno radicalmente cambiate le strategie di intervento
ancora in atto in alcune parti del paese. Occorre superare le soluzioni di pura
assistenza e applicare le strategie di pedagogia speciale….”
Presentazione di AUTISMO ITALIA, dal bollettino 1 genn. 2002
“AUTISMO ITALIA pensa che le persone autistiche meritino molto di più che
l’impegno esclusivo e il sacrificio dei propri familiari: il rispetto della propria
vulnerabilità e dignità come persone, il diritto a cure adeguate basati su approcci
accreditati dalla comunità scientifica internazionale. Per questo motivo… ha
scelto di non incoraggiare le concezioni e le metodologie non accreditate o
screditate a livello internazionale, e di coordinare gli sforzi delle associazioni locali
e di tutti coloro che hanno a cuore il futuro della persone autistiche…”
è attiva l’associazione delle persone con sindrome di asperger, che
pubblica nel suo sito www.asperger.it materiale molto utile ad
insegnanti, ad altri genitori e ai clinici
Approcci, “filosofie”, modelli e “cultura”
dell’autismo
Due modelli fondamentali
Modello medico
Modello psicoeducativo
15
La cultura dell’autismo
genitori
persone con autismo
operatori
Approcci
Psicodinamico
Organicista
Evolutivo
Comportamentale
Cognitivista ...
Filosofie
Sperimentale
Empirista
Umanistica …
Validazione sperimentale dei trattamenti
Al momento attuale, nessun trattamento per l’autismo è pienamente
validato da un punto di vista sperimentale
Ciò è dovuto a:
La difficile relazione fra scienza, pseudoescienza, antiscienza
Il divario fra la ricerca e la clinica
Tuttavia, attualmente alcune modalità di trattamento vengono riconosciute
come più vicine a criteri verificabili, altre meno, altre per nulla
Politiche sociali e implicazioni per l’intervento
Quale/i intervento/i deve essere sostenuto con politiche sociali e
fondi pubblici?
Chi risponde a questa domanda?
SERVIZI PER L’AUTISMO
Servizi orizzontali
Famiglia
Scuola
Abilitazione
Tempo libero
Servizi verticali
dal bambino ⇒ all’adulto
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Analisi dei bisogni
Bisogni della persona con autismo, della famiglia, dei caregiver
Bisogni della comunità
Bisogni della famiglia e dei caregiver
Screening e orientamento
Comprensione, aiuto e supporto emotivo
Informazioni generali sull’autismo
Diagnosi e valutazione
Supporto educativo
Aiuto e supporto operativo nella gestione della vita quotidiana
Bisogni del bambino
Comprensione e rispetto delle caratteristiche personali
Aiuto psicoeducativo
Bisogni dell’adolescente e dell’adulto
Comprensione e rispetto delle caratteristiche personali e adeguatezza delle
proposte all’età
Prospettive per il futuro
Casa
Lavoro
Tempo libero
Servizi specialistici
Servizi
per la persona
per la famiglia
per i caregiver
Servizi per la comunità
Principi dei servizi
Comprendere l’autismo (formazione!)
Adattare l’ambiente
Prevedere una valutazione
Preparare al futuro
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Utilizzare e/o fornire strategie educative
Servizi specialistici per la comunità
Prevenzione, screening e orientamento
Sensibilizzazione e informazione
Formazione
Tirocini e stage
Volontariato formato
Ricerca
Servizi specialistici per la persona, per la famiglia,
per i caregiver
Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile
Servizio ambulatoriale
Servizio diurno
Week end
Soggiorni
Residenza e luogo di vita
Lavoro e occupazione
Tempo libero e sport
La scuola come servizio
La scuola, in Italia, è un anello fondamentale per l’intervento pubblico a
favore del bambino con autismo e della sua famiglia
Programmi di stato in USA
North Carolina
Indiana
Delaware
Virginia
Chapel Hill TEACCH Center in North Carolina: Programma TEACCH
T E A CCH
Treatment and education of Autistic and
Communication Handicaped Children
È un programma politico, ovvero l’organizzazione dei servizi per le
persone con autismo e per le loro famiglie realizzato nella
Carolina del Nord (USA)
18
Prevede una presa in carico globale
Sia in senso orizzontale che verticale, ovvero in ogni momento
della giornata, in ogni periodo dell’anno e per tutta l’esistenza:
Un intervento globale per un disturbo globale
Dispone di:
6 Centri di diagnosi
6 Centri di auto a domicilio
Numerose classi speciali presso le scuole
Posti di lavoro per gli adulti
Tutti i servizi sono collegati fra loro
Un programma TEACCH non si può quindi comprare o applicare singolarmente
Tutt’al più si potranno organizzare programmi educativi strutturati secondo il modello
del programma TEACCH
In Europa, la maggior parte delle classi specializzate per bambini autistici e dei Centri di
inserimento al lavoro o residenziali per adulti sono attualmente organizzati sul modello
del programma TEACCH
L’Olanda e i paesi scandinavi hanno realizzato strutture di presa in carico globale e
continuativa sul modello della Carolina del Nord
Programma TEACCH: finalità
Il programma ha come fine lo sviluppo del miglior grado di
autonomia nella vita personale, sociale e lavorativa, attraverso
l’uso di strategie educative che potenzino le capacità della
persona con autismo
Programma TEACCH: presupposti
I presupposti, che risalgono agli inizi degli anni ’60, sono:
Coinvolgimento e collaborazione con i familiari
Diagnosi basata sul DSM e sull’ICD 10 e valutazione specifica
Uso di strategie educative specifiche ed individualizzate
(Eric Schopler)
Programma TEACCH: principi
I familiari sono una risorsa indispensabile
Le persone con autismo devono essere aiutate in maniera speciale a sviluppare le loro
capacità, sfruttando i punti di forza, le predisposizioni, le potenzialità
L’insegnamento si baserà pertanto sulle abilità emergenti
19
La comunicazione necessita di chiarificazione, in genere di tipo visuospaziale, ma
comunque individualizzata
Il programma individuale deve basarsi su:
Una diagnosi corretta
Una valutazione funzionale e dello sviluppo
Una individualizzazione di obiettivi e procedure
Principi dei servizi
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
(secondo il modello TEACCH in Europa)
Adattamento nei due sensi
Collaborazione con i genitori
Diagnosi e valutazione
Adattamento dell’ambiente
Applicazione di strategie educative
Accento sul positivo
Formazione dei professionisti come “generalisti”
Controllo sperimentale dei risultati
(Theo Peeters)
Programma TEACCH: strategie di intervento
Strutturazione
Dello spazio
Del tempo
Del materiale di lavoro
L’aiuto
Il rinforzo
La generalizzazione
la strutturazione
Visibilità
Concretezza
Comprensibilità
Prevedibilità
non
Rigidità
20
la strutturazione dello spazio
Risponde alla domanda “dove?”
Spazi dedicati
Lavoro individuale
Riposo
Attività in gruppo
Tempo libero…
Spazi identificabili e organizzati
“contrassegnati”
Con materiale dedicato e organizzato
la strutturazione del tempo
Risponde alle domande “quando?”
e“per quanto tempo?”
visualizzazione e ”spazializzazione” del tempo
Schema della giornata
Agenda
Calendario
Comunicazione visualizzata della durata di ogni attività (es: quantità di oggetti invece
che quantità di minuti, come “colorare x forme” invece che “per x minuti”)
la strutturazione del materiale
Risponde alla domanda “che cosa?”
Materiale autoesplicativo
Schema di lavoro
Etero-organizzazione (vs auto-organizzazione)
Visualizzazione della sequenza di azioni
l’aiuto
Risponde alla domanda “come?”
AIUTO VISIVO
Guida fisica
Indicazione gestuale
Suggerimento verbale
Supervisione
il rinforzo
21
Risponde alla domanda “perchè?”
Uso della motivazione, delle preferenze e delle attività gradite
Alternanza
Dal R estrinseco al R intrinseco
la generalizzazione
Come utilizzare nel “mondo reale” un’abilità acquisita durante
l’insegnamento
Collaborazione fra le figure di accudimento
nella definizione degli obiettivi
nella stesura del programma
Utilizzo di modalità coerenti
Di relazione
Di comunicazione
Programmazione della generalizzazione fin dalla scelta degli obiettivi
l’approccio ai problemi di comportamento
il problema di comunicazione fa parte della triade sintomatologica che caratterizza
l’autismo
Un sistema di comunicazione deficitario conduce le persone con autismo ad esprimere
le proprie necessità in forme che possono essere ritenute inappropriate
Non sono i comportamenti problematici, bensì le difficoltà di comunicazione che
caratterizzano l’autismo
I comportamenti problematici sono messaggi
È necessario “leggere” questi messaggi e consegnare alla persona con autismo una
modalità alternativa di espressione
Le attività per l’autismo in Italia
La asl di Mondovì pubblica un elenco sempre aggiornato dei
Centri specialistici nazionali
Associazioni
Indirizzi utili
In Italia, però, non esiste un programma di stato né un coordinamento
degli interventi
mentre sono molto attive le associazioni di genitori
Esempio di passi per un progetto per l’autismo
Obiettivi
Utenti
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Valutazione
Personale
Orari
Formazione
Linee guida teoriche
Attività
Collaborazione con i familiari
Ambienti, arredi, materiali
Le Buone Prassi
In tutto il mondo, associazioni di genitori e professionisti si adoperano da
anni per trovare vie legali ed economiche
che garantiscano il rispetto delle cosiddette “buone prassi”
che garantiscano una corretta informazione sulle caratteristiche dell’autismo, sulle
cause, sulle terapie
che garantiscano il rispetto dei diritti delle persone con autismo (carta dei diritti)
in Italia, si vedano le LINEE GUIDA della SINPIA edite da Erickson
Carta dei diritti
delle persone autistiche
Le persone con autismo devono poter godere degli stessi diritti e privilegi della popolazione europea nella
misura delle proprie possibilità e del proprio miglior interesse.
La carta dei diritti delle persone autistiche è stata adottata come risoluzione formale del Comitato per gli
affari sociali del Parlamento Europeo nel maggio 1996.
Questi diritti devono essere valorizzati, protetti e applicati in ogni stato attraverso una legislazione
appropriata.
Dovrebbero essere tenute in considerazione le dichiarazione statunitensi sui Diritti dei Disabili Mentali (1971)
e sui Diritti delle Persone Handicappate (1975), nonché le altre dichiarazione dei Diritti dell'Uomo; in
particolare, per quanto le persone autistiche, si dovrebbe includere quanto segue.
diritti
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
IL DIRITTO per le persone autistiche a una vita piena e indipendente nella misura delle proprie possibilità.
IL DIRITTO per le persone autistiche a una diagnosi e una valutazione clinica precisa, accessibile e imparziale.
IL DIRITTO per le persone autistiche ad una educazione accessibile e appropriata.
IL DIRITTO per le persone autistiche o i propri rappresentanti a partecipare a ogni decisione riguardo al proprio
futuro e, per quanto possibile, al riconoscimento e al rispetto dei propri desideri.
IL DIRITTO per le persone autistiche ad una abitazione accessibile e appropriata.
IL DIRITTO per le persone autistiche alle attrezzature, all'aiuto e alla presa in carico necessaria a condurre una vita
pienamente produttiva, dignitosa e indipendente.
IL DIRITTO per le persone autistiche di un reddito o ad uno stipendio sufficiente a provvedere al proprio
sostentamento.
IL DIRITTO per le persone autistiche a partecipare, per quanto possibile, allo sviluppo o alla gestione dei servizi
realizzati per il loro benessere.
IL DIRITTO per le persone autistiche a consulenze e cure accessibili e appropriati per la propria salute mentale e
fisica e per la propria vita spirituale, cioè a trattamenti e cure mediche accessibili, qualificati e somministrati soltanto
a ragion veduta e con tutte le precauzioni del caso.
IL DIRITTO per le persone autistiche a una formazione corrispondente alle proprie aspirazioni e a un lavoro
significativo senza discriminazione o pregiudizi; la formazione professionale e il lavoro dovrebbero tener conto delle
capacità e delle inclinazioni individuali.
IL DIRITTO per le persone autistiche a mezzi di trasporto accessibili e alla libertà di movimento.
IL DIRITTO per le persone autistiche ad aver accesso ad attività culturali, ricreative e sportive e a goderne
pienamente.
23
•
•
•
•
•
•
•
IL DIRITTO per le persone autistiche a godere e usufruire di tutte le risorse, i servizi e le attività a disposizione del
resto della popolazione.
IL DIRITTO per le persone autistiche ad avere relazioni sessuali, compreso il matrimonio, senza coercizione o
sfruttamento.
IL DIRITTO per le persone autistiche (o i propri rappresentanti) alla rappresentanza e all'assistenza giuridica e alla
piena protezione dei propri diritti legali.
IL DIRITTO per le persone autistiche a non dover subire la paura o lo minaccia di un internamento ingiustificato in
ospedale psichiatrico o in qualunque altro istituto di reclusione.
IL DIRITTO per le persone autistiche a non subire maltrattamenti fisici o abbandono terapeutico.
IL DIRITTO per le persone autistiche a non ricevere trattamenti farmacologici inappropriati o eccessivi.
IL DIRITTO per le persone autistiche (o i propri rappresentanti) all'accesso ad ogni documentazione personale in
campo medico, psicologico, psichiatrico o educativo..
Essere autistici non significa non essere umani, ma essere diversi. Quello che è normale per altre persone non è
normale per me e quello che io ritengo normale non lo è per gli altri. In un certo senso sono mal “equipaggiato”
per sopravvivere in questo mondo, come un extraterrestre che si sia perso senza un manuale per sapere come
orientarsi. Ma la mia personalità è rimasta intatta. La mia individualità non è danneggiata. Ritrovo un grande
significato nella vita e non ho desiderio di essere guarito da me stesso.
Concedetemi la dignità di ritrovare me stesso nei modi che desidero; riconoscete che siamo diversi l’uno dall’altro,
che il mio modo di essere non è soltanto una versione guasta del vostro. Interrogatevi sulle vostre convinzioni,
definite le vostre posizioni. Lavorate con me per costruire ponti tra noi.
Jim Sinclair
INFO
Per info sui servizi esistenti in Italia, la panoramica più esauriente è
contenuta nel sito della Asl di Mondovì, www.alihandicap.org/ali/ curato da
Maurizio Arduino: le slide sul programma TEACCH sono state ricavate dalle
info fornite dal sito
La carta dei diritti è pubblicata sul sito dell’associazione Autismo Italia
www.autismoitalia.org
Per la Division TEACCH consultare www.teacch.com oppure i numerosi testi
pubblicati in italiano che riportano il nome di Eric Schopler fra gli autori
Per info sul Delaware Autistic Program, vedere Schopler & Mesibov,
apprendimento e cognizione nell’autismo, McGraw Hill, oppure
www.delawareautismprogram.org
Per info su The Autism Program of Virginia vedere www.autismva.org
Per info sul Children’s Special Health Care Services Program of Indiana
vedere www.iidc.indiana.edu
Le dispense sono tratte dalle lezioni del Master on line sull’Autismo
dell’Università di Roma Tor Vergata www.scuolaiad.it
La ASL di Mondovì ha pubblicato anche un elenco di servizi cartaceo
La rivista “Autismo” dell’Erickson pubblica esempi di “buone prassi”
Le associazioni di genitori ANGSA e Autismo Italia pubblicano dei bollettini
seri ed aggiornati. Info sono reperibili nei siti www.angsa.org e
www.autismoitalia.org
24
I testi sull’approccio TEACCH sono quelli di Schopler e di Peeters (vedi
Bibliografia essenziale)
Le migliori informazioni sulle buone prassi nazionali si trovano sulle LINEE
GUIDA della SINPIA edite da Erickson www.erickson.it
I comportamenti problematici
nell’autismo e in altre forme di difficoltà comunicative
Parte 1. Significato e definizione
Il paese straniero
L’ipotesi comunicazionale
• L’ipotesi comunicazionale riguarda quei comportamenti che è possibile
mettere in relazione con la presenza di un interlocutore, come: tira calci (a
qualcuno), morde (qualcuno) ecc …
• Per tale motivo, questi comportamenti vengono anche definiti
• “comportamenti con funzione comunicativa” oppure
• “comportamenti relazionali”
• I comportamenti problematici sono messaggi, ovvero: i
comportamenti che avvengono in un contesto “relazionale”
svolgono la funzione di comunicazioni per quelle persone che non
sono in grado di esprimere altrimenti, in maniera socialmente
condivisa ed accettabile, la stessa funzione comunicativa
Un’altra lingua!
La sala d’attesa oppure … la discoteca
L’ipotesi autoregolatoria
• L’ipotesi autoregolatoria (o percettiva) riguarda quei comportamenti come le stereotipie,
alcune forme di ecolalia, alcune forme di autolesionismo, che non sembrano influenzati
dalla presenza di un interlocutore e che sembrano essere una necessità, un bisogno o
un piacere in se per la persona
• Per tale motivo, tali comportamenti vengono anche definiti
• “comportamenti non relazionali”
• “apparentemente non finalizzati” oppure
25
• “intrinsecamente rinforzanti” o “rinforzati positivamente in modo automatico”
• I comportamenti problematici “apparentemente non finalizzati”
avvengono in situazioni soggettivamente troppo “povere” o
troppo “ricche” di stimoli, o che non possono essere fruite
cognitivamente, e sono l’espressione delle particolarità sensoriali,
percettive e cognitive proprie dell’autismo
• Secondo l’ipotesi autoregolatoria, il comportamento può avere tre diverse funzioni:
• Sensoriale: produce un effetto “interessante” (es: lo sfarfallio delle mani che produce giochi di luce)
• Omeostatica: ristabilisce “l’equilibrio” in risposta a situazioni di stimolazione troppo alta o troppo
bassa (es: rumore eccessivo, assenza di attività)
• Organica: produce piacere fisico (es: rilascio di sostanze simili agli oppiacei nell’autolesionismo)
La ricerca della “funzione”
• In realtà, la ricerca della “funzione” del comportamento spesso
mette in luce il fatto che un comportamento può
assolvere a più funzioni, a volte sia relazionali che non, e
spesso la funzione relazionale o comunicativa può aggiungersi ad
un comportamento originariamente intrinsecamente rinforzante
Un esempio: le funzioni dell’ecolalia
(Prizant, 1983)
•
Non finalizzata espressioni ecolaliche prodotte senza apparente intenzione e spesso in stato di elevata
•
Dialogica e.e. usate per “riempire” il proprio turno nel corso di un’interazione verbale, per “dire comunque
•
•
Dichiarativa e.e. usate per denominare oggetti, azioni o locazioni (accompagnate da gesti dimostrativi)
Reiterativa e.e. usate come ausilio all’attività di elaborazione mentale delle informazioni, seguite da una frase o
•
Autoregolatoria e.e. che servono a regolare le proprie azioni, prodotte dunque in sincronia con l’attività
•
•
Affermativa e.e. usate per comunicare una risposta affermativa di una frase precedente
Di richiesta e.e. usate per chiedere oggetti o l’azione di altre persone
attivazione emozionale
qualcosa” senza avere capito bene la richiesta dell’altro
un’azione indicante la reale comprensione dell’espressione ripetuta
motoria
L’ipotesi percettiva
Un altro modo di “vedere”!
• una lingua diversa
• un diverso modo di entrare in contatto con il mondo
DIVERSITÀ!
non “minorazione”!
26
“… in un certo senso, sono mal “equipaggiato” per sopravvivere in questo mondo
…” Jim Sinclair, da Theo Peeters, Autismo Infantile
I “cattivi” comportamenti
Non mi sto comportando male. Sono autistico
Comportamenti problematici: cosa sono
•
Si definiscono “problematici” quei comportamenti che:
•
•
•
Interferiscono con l’apprendimento e con lo sviluppo in generale
Possono provocare danni alla persona stessa che li emette, ad altri o
ad oggetti
Sono considerati inaccettabili da un punto di vista sociale
Comportamenti problematici: cosa NON sono
• Non vengono considerati “problematici” quei comportamenti che,
per quanto particolari o bizzarri
• Non interferiscono con lo sviluppo sociale, cognitivo ed affettivo della
persona
• Non creano danni a lei, ad altri o ad oggetti
Comportamenti problematici: la definizione operativa
• La definizione operativa riguarda i comportamenti osservabili, che devono essere
definiti in maniera tale che chiunque osservi deve potersi trovare d’accordo sul fatto che
il comportamento è stato emesso o meno. Ad esempio:
•
•
•
•
•
Tira calci
Sputa
Rovescia una sedia
Si colpisce con il palmo della mano aperta sulla guancia
Si colpisce con il pugno chiuso destro sulla tempia destra mentre morde la mano sinistra sotto
l’attaccatura del pollice
• La definizione operativa riguarda i comportamenti osservabili,
mentre non riguarda:
• Classi di comportamenti (comportamenti “sociali” “aggressivi” ecc…)
• Ipotesi sulle motivazioni (comportamenti che derivano da “frustrazione”
“gelosia” ecc…)
• Giudizi (comportamenti più o meno “adeguati” “negativi” ecc…)
27
I comportamenti problematici
nell’autismo e in altre forme di difficoltà comunicative
parte 2. Valutazione
Comportamenti problematici: la valutazione
• Valutazione quantitativa (quante volte?)
• Rilevazione della frequenza
• Valutazione qualitativa (perché?)
• Analisi funzionale
Comportamenti problematici: altre modalità di
valutazione
• Rilevazione tramite check list
(quali comportamenti?)
•Quadro generale dei comportamenti problema
• (adattato da Rojahn et al., 2001; in Ianes e Cramerotti, 2002)
•Scala di valutazione delle stereotipie
• (adattato da Rojahn et al., 2000; Rojahn et al., 2001; in Ianes e Bramerotti, 2002)
La valutazione quantitativa dei comportamenti problematici
•
A cosa serve?
• Aiuta a comprendere la rilevanza del problema
• Aiuta a comprendere se esistono momenti, orari o situazioni maggiormente
problematiche nella giornata
• Consente di verificare la riduzione del comportamento grazie all’intervento mettendo
in relazione il “prima” e il “dopo”
• Consente di verificare che sia proprio l’intervento che sta funzionando (e non altre
variabili)
•
Come si fa?
• Si “conta” il comportamento, ovvero la cosiddetta “unità funzionale” del comportamento
• Il conteggio si può fare secondo diverse modalità (in genere si “campiona” il tempo…) e si riporta su
schede
• Il conteggio fatto viene riportato su grafico
• Esistono particolari modalità di identificare la frequenza che rispondono ad esigenze diverse di ricerca
(disegno sperimentale), e quindi tipi particolari di schede e grafici (es: scatterplot)
• La cosa più sensata, è utilizzare la modalità più agile e utile
28
• Gli elementi fondamentali
• La “linea di base”: il conteggio dei comportamenti prima dell’intervento
• La fase di intervento: il conteggio dei comportamenti durante l’intervento
• La sospensione dell’intervento: il conteggio dei comportamenti a intervento ultimato
(o, temporaneamente, come verifica dell’efficacia dell’intervento)
• Il follow up: il conteggio dei comportamenti dopo un certo tempo dalla fine
dell’intervento (come verifica del mantenimento dei risultati)
La valutazione qualitativa dei comportamenti
problematici
• A cosa serve?
• Serve a cogliere i rapporti fra il comportamento problematico della
persona e l’ambiente che lo circonda
⇓
• E quindi a definire il senso ovvero la funzione comunicativa di quel
comportamento
• Come si fa?
• La valutazione qualitativa dei comportamenti problematici si fa
attraverso
L’analisi funzionale
Analisi funzionale
• A Antecedenti:
• Tutto ciò che viene prima o precede il comportamento B, ovvero
•Data, orario, situazione
•Persone presenti
•Attività in corso
•Cosa fa l’interlocutore subito prima del comportamento B
• B Comportamento:
•Il comportamento problematico
• C Conseguenze:
• Tutto ciò che segue il comportamento B, ovvero
•Cosa cambia nell’ambiente
•Cosa fa l’interlocutore subito dopo il comportamento B
La Scheda di analisi funzionale
A-B-C
Antecedenti – comportamento – conseguenze
29
Analisi funzionale
• Cosa cambia fra gli antecedenti e le conseguenze?
• La persona fugge o si sottrae o fa cessare una situazione antecedente
(in questo caso l’antecedente si definisce “avversivo”)
• Il comportamento problematico produce una chiara variazione nella risposta dell’interlocutore,
procurando alla persona che lo emette:
•Attenzione, particolari risposte comunicative o relazionali
•Accesso ad attività in cui la persona si impegna di frequente oppure accesso ad oggetti
(in questo caso la conseguenza si definisce “rinforzante”)
• Qual è la FUNZIONE del comportamento?
Attenzione!
La funzione è relativa a quella persona in quella situazione e può
variare nel tempo e in situazioni diverse.
Nessun comportamento ha una funzione “fissa” ovvero nessun
comportamento ha sempre lo stesso senso
Il Rinforzo: che cos’è?
(1)
• Si definisce rinforzo qualunque risposta che, seguendo un comportamento,
ne determina un aumento della frequenza nel tempo e pertanto MANTIENE
il comportamento
Attenzione!
• “Rinforzo” NON equivale a “qualcosa che piace”!
• Il concetto di rinforzo non è esplicativo, ma solo descrittivo!
• Il concetto di rinforzo NON equivale ad un giudizio di valore, mentre è un’etichetta
descrittiva tratta dalle teorie dell’apprendimento
• Il termine “rinforzo negativo” non ha niente a che fare con l’uso comune e inappropriato
che se ne fa!
• Si definisce rinforzo+ positivo quella conseguenza che aggiunge
qualcosa (attenzione, comunicazione, oggetti, attività, ecc…) alla
situazione antecedente
• Si definisce rinforzo- negativo quella conseguenza che fa cessare
la situazione antecedente (che in tal caso viene definita avversiva)
30
Analisi funzionale
• Si può immaginare l’analisi funzionale come lo spezzone di un film, e dividere i
fotogrammi che riguardano il “prima” da quelli che riguardano il “durante” (il
comportamento) e il “dopo”
• È ovvio che nella vita c’è sempre un “prima del prima” e un “dopo del dopo”: l’analisi
funzionale è solo uno strumento e necessita di una certa astrazione!
• In ogni caso, è possibile analizzare sequenze più lunghe e complesse di… tre
fotogrammi, considerando ogni “dopo” come un nuovo “prima”
Analisi funzionale: altre domande
•
•
•
•
•
•
Da quanto tempo esiste il comportamento problematico?
Qual è la sua storia?
Sta aumentando di frequenza o di intensità?
Quanto incide nell’esistenza della persona e della sua famiglia (scuola, ecc..)?
In precedenza, la persona dava altri segnali prima di comportarsi in maniera problematica?
Il comportamento avviene sempre in certe circostanze o con certe persone, mentre non avviene in altre
circostanze o con particolari persone?
• La persona potrebbe avere un malessere fisico?
• Se la persona in quelle circostanze volesse comunicare qualcosa, avrebbe le risorse per farlo?
• La persona ha alternative adeguate di comportamento?
Analisi funzionale: un’altra prospettiva
• L’analisi funzionale del comportamento dell’adulto, ovvero:
Perché l’adulto si comporta in maniera da rinforzare e
mantenere proprio quei comportamenti che meno
desidera che si producano nel bambino?
Analisi funzionale dell’adulto
• L’analisi funzionale del comportamento dell’adulto prende in
considerazione tre aspetti
• Pensieri
• Emozioni
• Azioni
31
Perché l’adulto mantiene il comportamento
problematico
L’adulto mantiene il comportamento problematico perché non ha
risorse
• emotive
• cognitive
• operative
per fronteggiarlo!
Come scoprire se il comportamento non ha funzione
relazionale
Se il comportamento non ha funzione relazionale:
Non varia al variare delle conseguenze relazionali
Spesso viene messo in atto in momenti di “vuoto”
Spesso non sono presenti abilità funzionali sostitutive (non comunicative)
In genere è possibile scoprire o risalire al tipo di “interesse” intrinseco che
la persona ha per quel comportamento
L’intervento
• Dove la funzione del comportamento è “comunicativa”, l’intervento mira
a sostituire la modalità inadeguata di espressione della funzione con una
modalità comunicativa adeguata
• Dove la funzione del comportamento è “autoregolatoria” l’intervento
mira a sostituire il comportamento inadeguato con un altro più adeguato di
uguale valore rinforzante
• Ne consegue che l’intervento non mira direttamente a far
decrescere la frequenza dei comportamenti inadeguati, bensì a
incrementare i comportamenti adeguati:
• abilità comunicative
• oppure altre abilità
32
I comportamenti problematici
nell’autismo e in altre forme di difficoltà comunicative
Parte 3. Intervento
L’intervento
(1)
• Dove la funzione del comportamento è “comunicativa”, l’intervento mira
a sostituire la modalità inadeguata di espressione della funzione con una
modalità comunicativa adeguata
• Dove la funzione del comportamento è “autoregolatoria” l’intervento
mira a sostituire il comportamento inadeguato con un altro più adeguato di
uguale valore rinforzante
• Ne consegue che l’intervento non mira direttamente a far
decrescere la frequenza dei comportamenti inadeguati, bensì a
incrementare i comportamenti adeguati:
• abilità comunicative
• oppure altre abilità
• Insegnare nuovi comportamenti
• Fornire alternative comunicative
• Insegnare alternative di comportamento
• Intervenire sugli antecedenti
• Intervenire sulle conseguenze
Fornire alternative comunicative
• Qualunque modalità comunicativa che sia socialmente accettabile
e comprensibile può essere sostituita ad un comportamento
problematico con funzione comunicativa
Fornire alternative comunicative
COMUNICARE:
NON IMPORTA COME!
33
Insegnare alternative di comportamento
• E’ possibile provare a sostituire comportamenti inadeguati con
altri che abbiano la stessa funzione (o una funzione simile) e
siano socialmente accettabili
Intervento sugli antecedenti
• STRUTTURAZIONE
• di tempi, spazi, attività
• ANTICIPAZIONE E CHIARIFICAZIONE
• delle richieste
• ADEGUAMENTO
• delle attività alle caratteristiche, alle capacità, alle motivazioni
L’ambiente ideale
• Sul canale visivo
• Eliminare … qualsiasi illuminazione non necessaria … creare minor rifrazione della luce, usare lampade
a stelo, piuttosto che luci a soffitto
• Lampadine colorate al posto di quelle trasparenti o lattee (o del neon)
• Mantenere al minimo i movimenti circostanti
• L’uniformità del colore alle pareti o delle coperture del pavimento
• Rivestimenti uniformi, non decorati …
• Posizionare i mobili attorno alle pareti della stanza può rendere più facile l’attraversarla … meglio
mobili di un colore chiaro diverso dei rivestimenti di pareti e pavimento
• Ridurre le informazioni sonore e tattili non rilevanti può aiutare...
• Sul canale del suono
• … chiudendo la porta su ogni fonte di suono di sottofondo, riducendo tutte le
intonazioni di voce non essenziali …
• ( evitare il riverbero del suono) … e abbassare il volume della voce
• … ridurre le informazioni non essenziali visive o tattili può migliorare l’efficienza con
cui il suono è elaborato
(secondo Donna Williams 1998, pag. 208 – 209)
Diverse persone con autismo ad alto funzionamento
raccomandano di fare uso di informazioni
VISUALIZZATE
Ciò trova conferma nelle cosiddette
buone prassi
(fermo restando che la visualizzazione non è la panacea … )
34
Programmare per prevenire
Il lavoro di prevenzione dei comportamenti problematici (intervento sugli
antecedenti) e di insegnamento di buone abilità, comunicative e non, sono
elementi fondamentali della
PROGRAMMAZIONE EDUCATIVA INDIVIDUALIZZATA
della presa in carico
Il miglior intervento per i comportamenti problematici resta una buona programmazione e
individualizzazione!
L’alleanza psicoeducativa
L’alleanza psicoeducativa è una condizione necessaria – ma non
sufficiente – per la prevenzione e la gestione dei comportamenti
problematici
Allenza fra educatori
Allenza educatore – utente
Alleanza educatori – familiari
Alleanza …
Piccoli SUGGERIMENTI per gli educatori
Se dovete cedere, cedete subito
(non aspettate che si inneschi un’escalation da cui
non potrete uscire se non cedendo)
Riprendetevi il potere
(fate quello che il bambino vi chiede non perché si comporta male, ma
perché l’avete deciso voi)
Se ormai il comportamento è in atto, chiedete al bambino un
minimo comportamento positivo prima di fornire un rinforzatore
(pretendete che sia calmo oppure guidatelo fisicamente a eseguire una richiesta minima prima di
acconsentire alla sua richiesta, es: di alzarsi)
Intervento sulle conseguenze
(1)
Rinforzamento differenziale
• Rinforzamento di comportamenti
• ALTERNATIVI, ovvero tutti quei comportamenti diversi da quello inadeguato
• ADEGUATI, ovvero quei comportamenti obiettivo dell’insegnamento
• INCOMPATIBILI, ovvero tutti quei comportamenti che la persona non può emettere
contemporaneamente al comportamento inadeguato
35
+
• Estinzione
• Del comportamento inadeguato
Intervento sulle conseguenze
(2)
Esempio dell’uso di pratiche restrittive
• Estinzione
• Gianluca C. sputa
• Costo della risposta
• Alessandro butta per terra tutti i bicchieri
• Time out
• Gianluca T. salta, urla, si colpisce, colpisce gli altri, lancia e distrugge gli
oggetti
Attenzione!
L’intervento sulle conseguenze, non solo non ha alcun esito, ma è
nocivo (viene sostituito da un altro, problematico, più “potente”)
se non è preceduto e sempre accompagnato dagli interventi sugli
antecedenti e sull’insegnamento di abilità alternative,
comunicative o meno
Perché la punizione non è una soluzione
• Cos’è “tecnicamente” la punizione
• La punizione è una stimolazione avversiva che quando avviene in risposta ad un
comportamento, ne riduce la probabilità di comparsa nel tempo
• La punizione “in natura” quando è efficace ha le seguenti caratteristiche:
• È forte
• È immediata
• Avviene sempre
Esempio: bruciarsi mettendo la mano sul fuoco
punizione vs costo della risposta
La punizione è l’erogazione di uno stimolo avversivo
➲
Il costo della risposta è la sottrazione di uno stimolo rinforzante
Caratteristiche della punizione
• La cosiddetta “punizione” quando è utilizzata dall’essere umano non ha –
fortunatamente – mai le caratteristiche della punizione “in natura”
• Se va bene, la punizione è inutile, ovvero
36
• Non serve a far cessare un comportamento indesiderato
• Non insegna il comportamento adeguato
• Se va male, la punizione è dannosa perché
•
•
•
•
È soggetta ad imitazione
È soggetta ad escalation
Produce ansia, induce ambivalenza nei confronti delle figure di accudimento e danneggia la relazione
Può produrre danni fisici e morali
La punizione non è etica…e non serve
In breve
la punizione
NON E’ ETICA
Ma se questo non dovesse interessare gli educatori (!) basterebbe sapere che
semplicemente
LA PUNIZIONE NON FUNZIONA!
(con voi ha mai funzionato? Sì, una volta! Ve la ricordate?
Vi ricordate come vi siete sentiti? … )
Perché gli adulti minacciano e puniscono?
Considerato che la punizione non ha alcun valore pedagogico, come mai gli adulti
minacciano e puniscono?
Gli adulti minacciano e puniscono perché sono arrabbiati!
ALLORA, CHE FARE?
• Fermarsi, calmarsi e ragionare quando succede qualcosa che non va
• Non essere soli: confrontarsi e chiedere aiuto serve ad essere meno arrabbiati
• Essere informati e informare gli altri sia sugli aspetti negativi della punizione, sia su
tutte le possibilità alternative di risposta
I comportamenti problematici
nell’autismo e in altre forme di difficoltà comunicative
Parte 4. comportamenti particolari, comportamenti gravi ed
urgenze
Comportamenti “particolari”
Disturbi
dell’alimentazione
dell’evacuazione
del sonno
Paure e fobie
Necessità di costanza e rituali
37
Attaccamento ad oggetti
Altre bizzarrie
La valutazione e l’intervento adottati dipendono dal tipo di problema, dalla sua rilevanza, dalle risorse
presenti…
Non è sempre facile cogliere che cosa può disturbare o cosa può desiderare un bambino con gravi difficoltà
o con autismo!
Disturbi dell’alimentazione
Gianni mangia solo cibi croccanti o ripassati al forno
Bianca non mangia fuori casa
Alfredo mangia e beve solo alimenti di colore bianco
Davide mangia solo alcuni alimenti selezionati
Stefania mette in bocca due cibi per volta
Oriano non può mischiare i cibi nel piatto
Mario mangia solo cibi frullati
Francesco magia solo alimenti di alcune marche presi dalle loro confezioni
…
Disturbi dell’evacuazione
Assenza del controllo sfinterico o enuresi ed encopresi
Evacuazione in posti inadeguati
Trattenere le feci
Necessità di frequentare solo bagni familiari
….
Disturbi del sonno
Difficoltà di addormentamento
Riduzione del tempo di sonno
Sonno agitato
Risvegli notturni
Bruxismo notturno
Necessità di dormire in particolari condizioni (es: in macchina)
…
Comportamenti bizzarri: alcuni esempi
Mettere in bocca due cibi per volta
Mangiare solo cibi di colore bianco
Non toccare il cibo con le mani
Annusare gli oggetti, i cibi, le persone
Dormire nelle coperte rimboccate strette
Vedere in continuazione una videocassetta
Parlare dei pianeti e dell’astronomia
…
38
Comportamenti bizzarri: qualche suggerimento
Chiediamoci se il comportamento è davvero intollerabile: lo è?
Cosa lo differenzia da comportamenti che anche noi teniamo? (in genere lo
differenzia il fatto che noi con facciamo cose bizzarre pubblicamente…)
Possiamo tollerare il fatto che quella persona mantenga quel
comportamento?
Possiamo insegnargli a farlo in privato oppure a non annoiare gli altri con le
sue preferenze?
Comportamenti “gravi”
FREQUENTI:
Autolesionismo
Aggressività
Distruttività
RARI:
Comportamenti che implicano un grave rischio
Fuga
Pica
Manipolazione e ingestione di escrementi, detergenti, veleni…
Lanciarsi da luoghi elevati
Appiccare il fuoco
…
Comprendere il senso dei comportamenti “gravi”
Anche nel caso dei comportamenti “gravi” è necessario riferirsi all’analisi funzionale per
comprenderne il senso ed elaborare un’ipotesi di intervento
Ad esempio, in una ricerca del ’76 Carr et al. trovarono che l’autolesionismo aumentava
notevolmente se venivano rivolte ai soggetti richieste specifiche, mentre diminuiva
quando gli venivano rivolte semplici frasi descrittive.
Due autori, nell’80, mostrarono che era possibile ridurre l’autolesionismo facendo ricorso
all’insegnamento senza errori, mettendo il comportamento in relazione con la richiesta
di prestazione
Gestione delle crisi di comportamento
(1)
• L’intervento d’urgenza può essere necessario in caso di tentativi di
lesione
• Ha lo scopo di limitare nel tempo e nell’intensità il comportamento
• Non è un intervento educativo
• Al contrario, se si presenta la necessità dell’intervento di urgenza,
il progetto educativo deve essere rivisto
• Le procedure di urgenza sono sconsigliate in quanto:
•Sono in genere avversive in sé
•Sono poco accettabili socialmente
•Non risolvono il problema, anzi a volte lo mantengono e lo incrementano
39
•Sono difficili da attuare e necessitano di esperienza
•Comportano un carico emotivo per l’adulto che le attua e per la persona che le subisce, che influisce sulla
relazione in maniera negativa e incrementa lo stress dell’educatore
• Cinque suggerimenti per la gestione delle crisi di comportamento (Carr)
• Quando è possibile, ignorare il comportamento problematico
• Proteggere l’individuo o gli altri dalle conseguenze fisiche del comportamento problematico
• Fermare (o bloccare) momentaneamente l’individuo durante gli episodi di comportamento
problematico
• Spostare dalle vicinanze del luogo nel quale si sta verificando la crisi chiunque sia in pericolo a causa
del comportamento problematico
• Introdurre suggerimenti o stimoli per facilitare comportamenti non problematici
• L’intervento d’urgenza dovrebbe in ogni caso:
• Essere preventivamente ipotizzato, discusso e concordato in equipe e con i familiari
• Attuato solo in caso di reale necessità ovvero al presentarsi di un comportamento
che produce danni alla persona stessa, ad altri e, in casi ben identificati, ad oggetti o
a strutture fisiche
• Praticato da persone esperte e con specifica formazione
• Limitato nel tempo e previsto all’interno di una più ampia programmazione
Crisi di comportamento: limitare i danni ai primi
segni (1)
• Immediatamente prima che si presenti una crisi di comportamento (con un po’ di esperienza) è in genere
possibile:
•
•
•
•
•
•
•
•
Osservare i cosiddetti “prodromi”: in genere agitazione motoria e vocale
Ri-organizzare rapidamente l’ambiente in modo da eliminare la/le fonti di disturbo
Chiedere alla persona – se possibile – conferma circa le fonti di disturbo o l’ipotetica necessità che può presentare
Osservare se diminuiscono l’agitazione motoria e vocale
Se non diminuiscono, far uscire la persona dalla situazione
Indirizzare in maniera chiara e concreta la persona verso un’altra attività
… (intervento d’urgenza)
Al termine della crisi di comportamento, indirizzare comunque la persona verso un’attività, e analizzare quanto
successo
ATTENZIONE!
LIMITARE I DANNI NON È UN INTERVENTO EDUCATIVO!
Se si presentano anche solo i prodromi di una crisi di comportamento, è bene
analizzare la situazione ed eventualmente rivedere la programmazione
Cosa fare nell’intervento d’urgenza
(1)
•
•
•
•
Non produrre rumori o urla
Se possibile, non correre o accorrere
Non occuparsi del problema se c’è già qualcuno che lo sta facendo in maniera adeguata e competente
Chiedere aiuto se non si è in grado di occuparsi da soli - o se non si è in grado di occuparsi affatto del problema
• Cercare di non farsi colpire e di non far colpire altri, nella maniera più logica possibile (ad esempio:
allontanandosi o allontanando gli altri o cercando di far allontanare la persona)
• Se possibile, non porsi frontalmente alla persona che si intende fermare, bensì bloccarla da dietro, in
maniera da proteggersi da eventuali danni (ad esempio, poggiando la testa sulla spalla della persona,
così da evitare colpi sul naso)
40
• Se si tratta di un bambino, cercare di sedersi, se necessario per terra, in maniera comoda e cercando
di modificare progressivamente l’abbraccio in un dondolio come se si trattasse di cullare
• Non contrastare fisicamente la persona (cioè non “lottare”, ad esempio, non spingere, non tirare, non
stringere … ) bensì essere fisicamente saldi, non attivi (“contenere”)
• Non cercare di convincere, o peggio, minacciare … bensì se appare utile, parlare in maniera dolce,
dicendo che è tutto a posto, è finito, ed anticipando le attività che si andranno a fare (anche non
verbalmente)
• Se si viene colpiti non rispondere aggressivamente, aspettare la fine dell’episodio se non è possibile
essere sostituiti o aiutati e allontanarsi per un certo periodo di tempo dalla persona
• Una volta terminato l’episodio, prendersi un momento di pausa,
allontanarsi dalla situazione, parlare - subito o dopo un po’, a seconda
delle preferenze individuali - con qualcuno che aiuti a chiarire quanto
successo
Perché è così difficile?
Perché è così difficile per i caregiver
(genitori, terapisti, insegnanti)
occuparsi dei comportamenti problematici?
Molti ignorano il senso del comportamento e il fatto che sia modificabile
Alcuni interpretano il comportamento problematico come positivo, ad esempio, l’aggressività può essere considerata
come una possibilità di espressione
Alcuni non sono in grado di mettere in atto una buona programmazione preventiva
Alcuni desiderano evitare di sottolineare la diversità della persona con un intervento che può apparire bizzarro o
stigmatizzante
Alcuni provano molta pena nei confronti della persona con gravi difficoltà e identificano l’intervento come una sorta di
violenza
Alcuni non sono intimamente disponibili a modificare il proprio ruolo o a contribuire a modificare il ruolo della persona
in difficoltà
Alcuni affrontano il ruolo del missionario con grandi aspettative, andando incontro a forti delusioni
…
Su cosa riflettere
Perché mi prendo cura di te?
Che ruolo ho io nel tuo comportamento?
Il senso di impotenza e il sogno di onnipotenza
Il senso del lutto
Signore, dammi la forza di cambiare quello che posso,
il coraggio di accettare quello che non posso cambiare,
e la capacità di vedere la differenza
41
… dichiarare guerra …
… A volte bisogna amare abbastanza da riuscire a dichiarare guerra. Il coraggio e la
capacità di compiere il salto, attraverso l’oscurità fino all’altra parte, dovevo trovarli da
sola. Per quanto lo si possa desiderare, non si può salvare lo spirito di un’altra persona.
Si può soltanto indurlo a lottare per salvarsi. Se l’amore non ci riesce, forse può farlo
una paura esterna più grande di quella interiore, ma io suggerisco di provare prima con
l’amore.
Desidero soprattutto incoraggiare coloro che hanno lottato per aiutare le persone come
me dicendo che i loro sforzi non sono inutili. Una reazione indiretta o distaccata non è
sinonimo di indifferenza. (Donna Williams)
Riferimenti
• La frase di Donna Williams “… dichiarare guerra…” è tratta dal libro autobiografico “Nessuno in nessun
luogo” nella traduzione della prima edizione, uscita per Guanda. Attualmente è reperibile una nuova
edizione del testo, per Armando
• La bibliografia più vasta ed aggiornata disponibile in italiano sui comportamenti problematici è contenuta
nel testo di Ianes & Cramerotti (2002) Comportamenti problema e alleanze psicoeducative. Erickson:
Trento
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a cura di Flavia Caretto [email protected]
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o Rivista quadrimestrale “Autismo e disturbi dello sviluppo” Erickson: Trento
Aggiornata l’8 aprile 2007
46
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