Il cantiere sottoquota - Le murature Capitolo 2

Capitolo 2
- Parte seconda -
Il cantiere sottoquota - Le murature
Murature interrate: strutture portanti dell’edificio ed interazione con le opere provvisionali
Giunti delle murature: congruenza con quelli in fondazione e tipologia (di costruzione, strutturali
e di assestamento)
Bocche di lupo: tipi, sigillatura e impermeabilizzazione, scarichi
Cavedi: di aerazione, tunnel di collegamento, passaggio impianti
Corpi passanti: tubazioni ed impianti
I quaderni di Impermeabilità
Fascicolo n. 3
mp/edizioni - Tel. 0423 480849
Direttore Responsabile
Noemi Salvalaggio
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Le strutture portanti
sottoquota
Nella ricerca di portanza su terreni sciolti o incoerenti
si rende talvolta necessario progettare una tipologia di opere chiamate “sottofondazioni”, i classici pali sottoplatea, ma anche i setti di diaframma, da realizzarsi a partire dalla quota magrone, laddove il terreno risulti particolarmente incoerente, oppure dove il carico idraulico in
relazione alle luci libere di inflessione della platea sia eccessivo. A seconda delle esigenze strutturali di trasmettere compressione oppure trazione con continuità tra platea e sottofondazione, fino al terreno sottostante, si possono evidenziare varie tipologie di connessione. Avere
continuità di getto permette di trasmettere compressione, mentre i ferri di chiamata possono essere utili per agganciare la platea al palo o al
diaframma.
Talvolta, in funzione dei carichi in gioco, può diventare
necessario realizzare una continuità dei ferri d’armatura sfruttando altri elementi. È il caso, ad esempio, dei connettori realizzati con camice metalliche di micropali, usati per trasmettere sia trazione che torsione grazie all’area del ferro presente ed
alla sua distanza dall’asse neutro. Oppure l’esigenza di introdurre maglie di armatura, realizzate con asole di tondini fissati
o saldati tra loro per consentire l’infilaggio delle barre d’armatura della platea, o, ancora, l’impiego di putrelle variamente
collegate e saldate in funzione dei carichi in gioco…
Queste tipologie di connessioni sono realisticamente impraticabili con i sistemi di impermeabilizzazione tradizionali, ma diventano fattibili, con garanzie di successo, nei
sistemi idroespansivi dotati di supporti e sigillanti, appositamente studiati e progettati a tale scopo. Si parla, infatti,
non solo del telo impermeabile, ma anche di cordoli e mastici
espansivi, compatibili con vari materiali ed in grado di realizzare la tenuta idraulica dei corpi passanti, qualsiasi siano, sen-
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za pregiudicare il contatto tra opere di sottofondazione e platea/struttura vera e propria. Si realizza, in
tal modo, la “trasparenza” dell’impermeabilizzazione,
senza intralciare in alcun modo lo strutturista nell’ideazione delle soluzioni ottimali per contrastare i
carichi in gioco, minimizzando spessori e numerosità delle strutture.
In sintesi, la miglior impermeabilizzazione dovrebbe essere quella che non si vede (perché
blocca l’acqua senza impatti visivi o esigenze di modifiche strutturali) e che non crea interferenze o fastidi con altre tecnologie in fase progettuale o realizzativa.
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Pozzi well-point
interni alla struttura
Analogamente a quanto visto per i
connettori alle opere sottofondazionali, possono
rendersi necessari altri corpi passanti il manto impermeabile, come nel caso di pozzi e well-point.
Dovendo realizzare edifici con opere
provvisionali, magari arrivando fino al confine del
lotto edificabile, spesso risulta strategico emungere
acqua restando all’interno di diaframmi o palancole.
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Si minimizzano così le portate riducendole alle sole infiltrazioni dei
giunti verticali ed al sifonamento sotto le opere provvisionali. Emungere portate inferiori significa consumare meno energia, necessitare
di meno pompe, avere meno problemi di versamento nei punti di adduzione alla rete di scarico o ai canali utilizzati, abbassare in minor
misura la falda nei terreni limitrofi con minor rischio di assestamenti
degli edifici vicini...
A fronte delle considerazioni di cui sopra, può essere strategico progettare in forma integrata
emungimenti, impermeabilizzazioni e strutture, considerando anche la distribuzione di pozzi
passanti collegati ad anelli di drenaggio sottoplatea per realizzare opere, specie se di notevole estensione, a moduli successivi e contigui.
Oltre a pozzi e tubazioni verticali
lungo il perimetro, foderabili con il manto impermeabile e la struttura verticale, si possono
realizzare anche pozzi passanti appositamente
studiati per poterli mantenere in funzione fino
alla realizzazione delle strutture idonee a contrastare, per peso o resistenza, la sottospinta
idraulica.
Anche la loro sigillatura deve essere progettata in fase di impermeabilizzazione
e per metodologia di chiusura (procedura per
la sua realizzazione), nonchè per mimetizzarne la presenza a lavori ultimati (ribasso nella struttura con casserature ad hoc e rinforzi
nel c.a.).
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Ribassi fondazionali,
platee nervate
In presenza di particolari esigenze si
deve spesso provvedere alla realizzazione di ribassi fondazionali per cavedi, fosse d’ascensore, etc...,
che, in presenza di falda, devono essere trattate come degli interrati in miniatura. In funzione di
questi ribassi si deve quindi prevedere un addendum
nell’emungimento localizzando pozzi/well point per
rendere praticabile la realizzazione delle opere. In
caso di tappo di fondo (jet-grouting distribuito) effettuato per evitare il sifonamento di terreni con
alta fluidità in presenza di falda, va prevista anche
la quota di questi ribassi localizzati, quale quota di
rispetto per il trattamento specifico, con idonee ricoperture di terreno.
Un sistema “pulito” per realizzare platee nervate, ottenendo un piano calpestabile orizzontale e privo di denti e discontinuità, è quello
di realizzare questi rinforzi strutturali “in negativo”, ovvero verso il basso. In questo modo si possono aumentare gli spessori del getto e le armature
scavando in negativo e rifoderando con il magrone
quale cassero a perdere per la posa del manto impermeabile.
Di conseguenza, l’impermeabilizzazione non può che basarsi su una posa pratica e veloce,
anche in presenza di piani inclinati e spigoli/angoli,
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senza richiedere procedure complesse o tecnologie “da laboratorio”. Il
sistema scelto dovrà, quindi, essere in grado di “vestire” letteralmente
forme articolate e complesse con praticità “da cantiere”.
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Connettori ed
opere provvisionali
Vista la presenza di grosse masse ben inserite nel terreno può risultare conveniente a livello statico ed economico sfruttarle per ancorare platee e contromuri. Così facendo si possono ottenere vincoli maggiormente assimilabili ad incastri o semi-incastri ai
fini progettuali, minimizzando assestamenti e movimenti grazie all’iperstaticità della struttura. Avere 60-80 cm di spessore di un getto
in calcestruzzo (diaframma) alto 20-30-40 m (in funzione del numero
di piani interrati) è decisamente interessante per vincolare l’erigenda
struttura interna dell’edificio.
L’impiego di connettori può così bloccare ogni struttura
al diaframma, a partire dalla platea, sfruttando (con sistemi misti topdown/bottom-up) gli stessi solai intermedi quali puntoni anti-ribaltamento, evitando tiranti e problemi, soprattutto legali, ivi connessi (a
livello tecnologico si possono senz’altro sigillare e gestire).
Fissare i contromuri ai diaframmi consente, inoltre, di
minimizzarne gli spessori calcolando la sollecitazione idraulica esterna, applicata non più alla luce libera di inflessione pari all’interpiano, ma opportunamente modulata con l’interasse dei connettori. Se in
luogo dei diaframmi si tratta di palancole metalliche o in c.a., oppure di palificate ben accostate, il fissaggio dei connettori può comunque avvenire chiodando o saldando i profili metallici alle opere provvisionali.
Tutte queste opportunità sono offerte solo con sistemi
idroespansivi pre-getto Volteco e non trovano applicabilità con i metodi tradizionali, pregiudicando spesso enormi possibilità progettuali,
con risvolti decisamente interessanti anche da un punto di vista economico, a seguito della scarsa conoscenza di tali soluzioni.
Come connettori, infine, si possono utilizzare sia barre
d’armatura che camice metalliche di micropali o putrelle, calibrando
quindi sforzi trasferibili e intensità distributiva degli ancoraggi.
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Tutti questi elementi devono essere
studiati in dettaglio ai fini idraulici e possono essere sigillati grazie ai sistemi disponibili nel portafoglio di scelte Volteco.
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Murature con o senza opere provvisionali: impermeabilizzazione
Nell’impermeabilizzazione delle strutture verticali su opere provvisionali si possono usare
teli impermeabilizzanti bentonitici, autoaggancianti ed autoconfinanti, ottenendo così un duplice scopo: quello di non richiedere particolari accorgimenti
di regolarizzazione del supporto, eccezion fatta per
macrovuoti o cavedi veri e propri, e quello di avere una “pelle impermeabile”, esterna alla struttura ed ad essa vincolata/agganciata in modo meccanico, a protezione permanente dell’edificio (scheda
tecnica “ Volgrip, manto impermeabile autoagganciante”). Nei casi di connessione di contromuri alle
opere provvisionali od a murature limitrofe esistenti sono suggerite anche le relative indicazioni impermeabilizzanti.
In caso di scavi “a cielo aperto”/”di
campagna” ovvero per interrati di scarsa profondità e senza esigenza di contenimento di terreni con
opere provvisionali, si aprono varie possibilità di
trattamento impermeabile.
La più comune e nota è la classica
guaina posata in verticale sulla muratura, soggetta
però agli abituali limiti di applicabilità, durabilità
e trasmigrazione interfacciale, caratteristica anche
dei manti sintetici. Innovativa e valida alternativa,
per risultati ed affidabilità, ai sistemi classici è rappresentata dai sistemi attivi bentonitici o da quelli
cementizi, in aderenza totale.
Utilizzando sistemi bentonitici postgetto o coating cementizi a basso spessore si possono avere tutte le prerogative dell’impermeabilizzazione in aderenza totale senza trasmigrazione in
caso di errori di posa e conseguentemente riparabili
anche senza l’ispezionabilità.
Con i sistemi bentonitici si hanno pro-
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dotti attivi ed autoriparanti che necessitano (nel caso del post-getto) di sistemi di protezione e confinamento idonei ed accurati, mentre con i rivestimenti cementizi si realizza una pelle del getto con
materiale completamente congruente ed integrabile in esso. Per i sistemi bentonitici abbiamo già disquisito su applicabilità e caratteristiche tecnologiche mentre il capitolo dei cementizi vale senz’altro
una precisazione.
I limiti dei vecchi sistemi cementizi a basso spessore erano dovuti alla rigidità dei rivestimenti che seguivano inesorabilmente
le sorti dei supporti, fessurandosi insieme ad essi, con conseguente infiltrazione d’acqua nelle cavillature e nelle pervie createsi, richiedendo,
d’obbligo, un intervento a posteriori. La nuova frontiera dei coating cementizi polimero-modificati offre la possibilità di realizzare in soli due
millimetri di spessore un rivestimento elasto-plastico e deformabile che
segue il supporto e, grazie alla crack bridging ability del materiale, riesce a far ponte sulle lesioni postume, apertesi posteriormente alla posa
dell’impermeabilizzante, fino al limite delle cavillature per normale ritiro dei getti.
Oltre alle considerazioni legate alla tipologia dei materiali da utilizzare, sono da rammentare le necessità di trattamento di
tutti i giunti (strutturali, di assestamento, di costruzione) orizzontali e verticali, con interconnessione dei sigillanti o delle bande protettive (se si impermeabilizza l’esistente o per strutture senza platea perché non in falda).
Nella realizzazione delle bocche di lupo si devono prevedere impermeabilizzazioni anche su quelle realizzate in opera e sigillanti
idroespansivi in tutti i giunti, comprese su quelle prefabbricate, al loro
appoggio sulla muratura. Gli scarichi “perdenti” delle bocche di lupo
sono ammissibili solo in caso di assenza di falda, mentre si dovranno
collegare le pilette di fondo a tubazioni sigillate e convoglianti l’acqua
in pozzetti interni, nel caso di acquifero esterno.
In concomitanza delle bocche di lupo si riscontrano, poi,
rastremazioni strutturali per la presenza delle finestrature che provocano normalmente fastidiose e dannose fessurazioni di assestamento. Per
evitare tali evenienze è consigliabile realizzare interruzioni di getto con
relativo waterstop in concomitanza della forometria, oppure si possono
usare, in modo più pratico ed economico, dei preformatori di giunto di
assestamento autosigillanti come descritto precedentemente per le murature con getti molto lunghi.
Errore classico è, poi, quello di non sigillare la testata dei
muri all’imposta del solaio a piano campagna, perché ritenuto già fuori da ogni problema. In questi casi l’infiltrazione si può presentare alle
prime piogge con finiture e cantiere già completati
e consegnati. Finchè ci si trova in fase cantieristica,
senza giardini e con marciapiedi e vialetti incompleti l’acqua troverà facilità di permeazione e drenaggio, allontanandosi velocemente. A lavori completati
e cantiere finito, però, il livello del terreno sarà maggiore, l’irrigazione dei giardini e le finiture completate creeranno le condizioni di ristagno per l’innesco
delle infiltrazioni citate.
Per evitare tali problemi si devono considerare anche gli innesti dell’ultimo solaio e dei marciapiedi (battiscopa/spiccato del muro) quali possibili vie di ingresso dell’acqua, trattandoli con idonei
sigillanti nella massa (waterstop bentonitici e mastici
sigillanti) per la correa/solaio e con coating cementizi elastici, per le superfici esposte alle intemperie
(marciapiedi e spiccato muri).
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L’impiantistica
Sempre più frequentemente le case
sono dotate di tecnologie e di impianti sofisticati, ma anche nei progetti più tradizionali si riscontra
l’esigenza di avere diverse linee di tubazioni (acqua,
gas, energia, telefonia…) che connettono, lungo
percorsi interrati, l’interno dell’interrato con l’esterno.
Anche se non si tratta di interrato in
falda è sempre buona norma predisporre sistemi di
piping/tubazioni chiusi, isolando pozzetti e edificio
dal terreno esterno. In caso di “stravaganze” meteoriche si rilevano spesso permeazioni d’acqua attraverso corrugati elettrici o tubazioni affiancate che,
passando insieme nel muro, non sono state sigillate a dovere.
Pensare sempre ad un “fuori” relativamente ad un “dentro” rispetto all’edificio o ad impianto è un’abitudine saggia e ripagante.
In presenza, quindi, di edifici provvisti di interrati si suggerisce il passaggio di tubazioni singole con sigillatura ad anello della tubazione
nella massa del getto, con mastici idroespansivi così
come descritto per i corpi passanti in platea. Avere più tubi contigui genera l’impossibilità di chiudere gli anelli di tenuta intorno ai singoli tubi, con rischio di infiltrazioni nella mezzaria del “fascio” di
elementi.
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Da evitarsi, anche, tubazioni flessibili o facilmente deteriorabili, mentre sono da preferirsi, almeno per il passaggio nella
muratura, elementi metallici o prefabbricati.
Nel caso di passaggio di impianti a getti eseguiti, si
deve porre particolare attenzione a sigillare sia il perimetro del tubo
che quello della ripresa di getto tra riempimento e muro esistente. Nel
primo caso si può realizzare un anello di tenuta, come precedentemente evidenziato, mentre per la ripresa di getto si deve garantire comunque la chiusura su se stessa con idonei sistemi idroespansivi.
La raccolta delle acque piovane,
di scolo e gli scarichi interni
Un limite classico nella progettazione anche di grandi
opere pubbliche e private è spesso quello della raccolta delle acque
piovane. Dopo aver affrontato il problema dell’impermeabilizzazione
delle acque di falda, capita spesso di demandare la gestione degli scarichi interni “all’inventiva” cantieristica. In realtà, specialmente dove
si realizzano vasti parcheggi interrati con conseguente necessità di
griglie di aerazione di ampia metratura, si possono introdurre grossi
rischi di infiltrazioni, determinate da bacini e reti di raccolta di acque
meteoriche non appositamente studiati per trattamenti impermeabili,
pendenze e a volte anche strutture.
Se si realizza una vasca di raccolta acque meteoriche
alta un metro, si deve rammentare che al piede ci saranno i canonici
1000 Kg/mq di spinta, dovendo quindi trattare queste entità con la stessa attenzione riservata alla falda esterna. Nello stesso modo si deve rammentare
che, avendo impermeabilizzato la “chiglia” del nostro interrato, tutta l’acqua che vi cade non potrà
scaricarsi verso l’esterno, ma dovrà essere raccolta
e aggottata fuori, in modo integrato e progettato,
evitando dispersioni dannose per la salubrità degli
ambienti e per la durabilità dell’edificio.
Vasche di raccolta eseguite in getti
di c.a. (e non con forati intonacati come talvolta
rilevato in sede di sopralluoghi !), tubazioni e pilette sigillate nel passaggio esterno/interno vasca,
tubazioni con pendenze congrue e con guarnizioni
atte ad evitare perdite nei lunghi tratti orizzontali,
alloggiamenti idonei per la rete idraulica descritta
sono solo indicazioni di massima, indispensabili per
affrontare queste tipologie costruttive.
Spesso il posizionamento dei tubi viene effettuato in modo casuale, dalle stesse imprese,
sfruttando lo spessore delle platee, con grave danno
strutturale causato dalla rastremazione dei getti e
gravi rischi di fessurazione. Il danno, in questi casi,
può essere, infatti, molto grave, con conseguenze
problematiche derivanti non solo dall’acqua meteorica, in quanto un cedimento della platea può portare ad infiltrazioni copiose anche di acqua esterna con l’innesco, nei casi più gravi, di indesiderati
allagamenti. Il metodo di procedere più corretto è
quello di pensare e realizzare rinforzi strutturali in
termini di armatura e spessori (platea nervata per
alloggiamento rete di raccolta) laddove necessari in
funzione di carichi e dimensioni strutturali (spessori
e luci libere di inflessione).
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Realizzazione dell'interrato
Stesura del progetto esecutivo:
impianti
Stesura del progetto esecutivo:
strutture
Stesura del progetto esecutivo:
impermeabilizzazione
Stesura del progetto esecutivo: opere
provvisionali + emungimento
Stesura del progetto strutturale
Stesura del progetto di massima
Realizzazione delle perizie
idrogeologiche e geotecniche
Stesura del progetto di fattibilità con
predisposizione delle perizie
geotecniche
Input dati iniziali e richieste della
committenza
Progetto e dettagli di
impermeabilizzazione
post-getto
NO
Murature contro
opere provv. ?
NO
Collegamenti a
opere provv. ?
NO
Ribassi
fondazionali
NO
Sottofondazioni
(pali, setti…) ?
NO
giunti strutturali di
movimento ?
Definizione
drenaggi e displuvi
superficiali
NO
SI
SI
SI
SI
SI
Definizione di platee nervate,
fosse d’ascensore, cavedi...
Definizione sollecitazioni e
conseguenti tipologie di
collegamento con le opere
sottoplatea
Definizione sollecitazioni e
deformazioni/assestamenti
Raccolta acque di
scolo (interne) e
relativi scarichi
Impianti e corpi passanti
l’impermeabilizzazione ?
Progetto e dettagli di
impermeabilizzazione
giunti di costruzione e
loro interconnessione
Progetto sigillatura
corpi passanti
Progetto e dettagli di
impermeabilizzazione
pre-getto
Progetto sigillatura
connettori, testate
tiranti...
Progetto
impermeabilizzazione
dei ribassi con studio
dei giunti costruttivi
Progetto sigillatura
pali, setti di diaframma
e connettori relativi
Progetto sigillatura
giunti strutturali e di
assestamento
Verifica carichi
idraulici di
progetto
Piano campagna
Definizione della quota
superiore del manto
impermeabile
Progetto sigillatura
scarichi e imp.
vasche di raccolta
Definizione superfici di posa e
accesso alle strutture verticali
SI
Minima
Rilevamenti
idrogeologici
del terreno
Analisi del livello massimo di falda
raggiungibile per la vita utile
dell’edificio
Quota interrato
Diferenza quota
impermeabile e
piano campagna
SI
Definizione sollecitazioni e
conseguenti tipologie di
collegamento con le opere
provvisionali per iperstaticità...
Notevole
Definizione livello
massimo acqua
Presenza acquifero (falda)
Rilievi
pluviometrici
dell’ultimo
decennio
NO
Stesura del progetto esecutivo: impermeabilizzazioni
Metodologia del progetto
di impermeabilizzazione
interrata
Progetto esecutivo:
le strutture
Può sembrare anacronistico affrontare il dettaglio
strutturale dopo aver definito l’impermeabilizzazione. Così facendo,
però, si possono sfruttare i plus
derivanti dalle scelte già effettuate, potendo proficuamente utilizzare le informazioni già ottenute,
per esempio, con l’analisi idrogeologica per carichi idraulici o attraverso i calcoli per il trasferimento
degli sforzi tramite connettori alle
opere provvisionali.
Non desiderando certo addentrarci nel merito di eurocodici o analisi geotecniche, in
questa sede ci permettiamo solo
di richiamare l’opportunità di riverificare ciclicamente l’insieme dei
dati di partenza, coinvolgendo tutte le figure professionali necessarie, prima ancora di procedere con
il progetto esecutivo finale delle
strutture. In questo modo si può
cogliere il meglio delle tecnologie
e delle specializzazioni oggi disponibili sul mercato.
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