LA "PASQUA SETTIMANALE" DEGLI EDUCATORI (V Domenica di Pasqua - Anno A) IO SONO LA VIA, LA VERITÀ E LA VITA1 (Spunti per la meditazione personale e per la riflessione agli alunni) Fr. Donato Petti 1. Gli interrogativi delle prime comunità cristiane I capitoli XIII-XVII del Vangelo di Giovanni narrano la lunga conversazione che Gesù ebbe con i suoi discepoli nell’ultima cena, alla vigilia del suo arresto e della sua morte, e il "testamento spirituale" che egli lasciò loro. Si tratta di un colloquio rimasto particolarmente impresso nella memoria di Giovanni e che egli ha voluto trasmettere come momento di grande intimità. Il capitolo XIV dello stesso Vangelo era (ed è tuttora) una catechesi che insegna alle comunità come vivere senza la presenza fisica di Gesù. Le domande dei tre discepoli, Tommaso (Gv 14,5), Filippo (Gv 14,8) e Giuda Taddeo (Gv 14,22), erano anche gli interrogativi delle comunità cristiane della fine del primo secolo. Le risposte di Gesù costituivano per le comunità la soluzione ai loro dubbi e alle loro difficoltà. 1.1. Niente vi turbi! «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via» (Gv 14,1-4). I seguaci di Gesù si domandavano: "Come vivere in comunità con tante idee diverse?" Gesù risponde con un’esortazione: "Non sia turbato il vostro cuore! Nella casa del Padre mio ci sono molti posti!" (Gv 14,1). Non è necessario che tutti pensino allo stesso modo; quel che importa è che tutti accettino Gesù come rivelazione del Padre e che, per amore suo, abbiano atteggiamenti di servizio e d’amore. Amore e servizio sono la condizione perché le diverse comunità diventino luogo di fraternità. Il Vangelo della V Domenica di Pasqua propone un duplice comandamento sulla fede: credere in Dio e credere in Gesù. Il Signore, infatti, dice ai suoi discepoli: «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (Gv 14,1). Non sono due atti separati, ma un unico atto di fede, la piena adesione alla salvezza operata da Dio Padre mediante il suo Figlio Unigenito. 1 Prima lettura: At 6, 1-7. - Seconda lettura: 1 Pt 2,4-9. - Vangelo: Gv 14,1-12. 1 Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io (Gv 14,2-3): molti sono i commentatori che hanno pensato a queste parole come a una rivelazione della struttura del "paradiso". I padri della Chiesa hanno pensato che i "molti posti" rappresentassero differenti gradi di beatitudine, secondo i rispettivi meriti degli eletti. Ma il termine "molti" significa, piuttosto, l'abbondanza della salvezza divina. Durante il processo giudaico, Gesù sarà accusato di voler fare un nuovo tempio (Cfr. Mt 26, 61); in realtà, nella risurrezione, esito finale della passione, egli ha preparato il nuovo tempio, che è insieme casa di Dio e casa degli uomini redenti: è il posto che ci ha preparato. Egli ci prende con sé nella sua resurrezione: lo fa attraverso i sacramenti, specialmente nell'Eucaristia, prima di farlo definitivamente, quando ci chiamerà a lui al di là della morte. Adesso conosciamo la via per accostarci a Dio: è Gesù stesso. 1.2. Io sono la via, la verità e la vita Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto» (Gv 14,5-7). Tommaso domanda: "Signore, non sappiamo dove vai, come possiamo conoscerne la via?" (Gv 14,5). La risposta di Gesù spiazza l'apostolo Tommaso che non aveva capito quello che Gesù diceva circa il suo ritorno al Padre. L'Apostolo pensava ad una via materiale e Gesù gliene indica una spirituale, così eccelsa che si identifica con la sua persona: "Io sono la via e la verità e la vita!" (Gv 14,6). Tre parole importanti. Senza via, non si cammina. Senza verità, non si accerta. Senza vita, c’è solo la morte! Gesù spiega il senso: Lui stesso è la via, perché "nessuno va al Padre se non attraverso di me!" (Gv 14,6); Gesù è la verità, perché guardando a lui, vediamo l’immagine del Padre: "se conoscete me, conoscerete anche il Padre!" (Gv 14,7);2 Gesù è la vita, perché camminando come egli ha camminato, saremo uniti al Padre e avremo la vita in noi. Sant’Agostino afferma che «era necessario che Gesù dicesse: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6), perché una volta conosciuta la via, restava da conoscere la meta»,3 e la meta è il Padre. Gesù è la via che conduce al Padre, la verità che dà significato all’umana esistenza e la sorgente di quella vita che è gioia eterna. Cosa significa per me che Gesù è "la via, la verità e la vita"? 2 Il verbo conoscere ha un senso profondo: indica un'esperienza, una relazione intima tra due persone e appartiene ancora al linguaggio biblico dell'Alleanza tra Dio e il suo popolo. 3 Tractatus in Iohannem, 69, 2: CCL 36, 500. 2 1.3. Io sono nel Padre e il Padre è in me Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre (Gv 14,8-12). "Gli dice Filippo: «Mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,8). Gesù gli risponde: «Chi ha visto me, ha visto il Padre!" Filippo ha espresso un desiderio che era di molte persone nelle comunità di Giovanni e continua ad essere il desiderio di tutti noi: cosa devo fare per vedere il Padre di cui Gesù tanto parla? La risposta di Gesù è molto chiara: "Da tanto tempo sono con voi, e non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre!" (Gv 14,9). Gesù lo ha rivelato nelle parole e nei gesti della sua vita: "Io sono nel Padre e il Padre è in me!" (Gv 14,10). In Gesù tutto è rivelazione del Padre. E i segni o le opere che lui realizza sono le opere del Padre. 1.4. La promessa di Gesù In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre (Gv 14,12). Riprendendo l'appello a credere, Gesù inizia a rivelare ai discepoli quale sarà la loro nuova esistenza. Ritornato presso il Padre Gesù proseguirà la sua opera attraverso i credenti. A causa della sua partenza, i discepoli eserciteranno un'attività che Gesù non esita ad identificare con la propria. Egli stesso sarà il vero autore delle opere che essi compiranno. Il credente farà non le opere che ha fatto Gesù, ma quelle che Gesù sta per fare e che farà: il Glorificato continua ad agire presso il Padre a favore del mondo. La sua missione, ormai compiuta, porterà tutto il suo frutto nel tempo e nello spazio attraverso l'agire dei credenti. Gesù afferma che la sua intimità con il Padre non è privilegio di lui solo, ma è possibile per tutti coloro che credono in lui. Tramite lui, possiamo arrivare a fare le stesse cose che egli faceva per il popolo del suo tempo. Lui intercederà per noi. Tutto quello che gli chiederemo, lui lo chiederà al Padre e lo otterrà, purché sia per servire (Gv 14,13). 3 Noi e la Parola di Dio Gesù e il Padre Il Nuovo Testamento ha posto fine all’invisibilità del Padre. Dio ha mostrato il suo volto, come conferma la risposta di Gesù all’apostolo Filippo: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14,9). Il Figlio di Dio, con la sua incarnazione, morte e risurrezione, ci ha liberati dalla schiavitù del peccato per donarci la libertà dei figli di Dio e ci ha fatto conoscere il volto di Dio che è amore: Dio si può vedere, è visibile in Cristo. Quindi solo credendo in Cristo, rimanendo uniti a Lui, i discepoli possono continuare la sua azione permanente nella storia: «In verità, in verità io vi dico – dice il Signore –: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio» (Gv 14,12).4 Durante la sua missione terrena Gesù ha continuamente parlato del Padre, ha vissuto sempre unito a Lui, in tutto si è riferito a Lui. Egli ha comandato ai discepoli di pregarlo chiamandolo: “Padre nostro”. Il termine Padre esprime la coscienza e la certezza di Gesù di essere «il Figlio», in intima e costante comunione con Lui, e questo è il punto centrale e la fonte di ogni preghiera di Gesù. Egli dice: «Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (Lc 10, 22). Gesù afferma che solo «il Figlio» conosce veramente il Padre. Ogni conoscenza tra le persone - lo sperimentiamo tutti nelle nostre relazioni umane – comporta un coinvolgimento, un qualche legame interiore tra chi conosce e chi è conosciuto, a livello più o meno profondo: non si può conoscere senza una comunione dell'essere. Gesù mostra che la vera conoscenza di Dio presuppone la comunione con Lui: solo essendo in comunione con l'altro comincio a conoscere; e così anche con Dio, solo se ho un contatto vero, se sono in comunione, posso anche conoscerlo. Quindi la vera conoscenza è riservata al « Figlio», l’Unigenito che è da sempre nel seno del Padre (Cfr. Gv 1,18), in perfetta unità con Lui. Solo il Figlio conosce veramente Dio, essendo in comunione intima dell'essere; solo il Figlio può rivelare veramente chi è Dio. 5 4 5 BENEDETTO XVI, Regina Caeli, 22 maggio 2011. BENEDETTO XVI, Udienza Generale, 7 dicembre 2011. 4