PROMORAMA ::: PRESS

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BAND: TANAKH
TITLE: ARDENT FEVERS
LABEL: ALIEN8
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BAND: TANAKH
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BAND: TANAKH
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BAND: TANAKH
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BAND: TANAKH
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BAND: TANAKH
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BAND: TANAKH
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ONDAROCK
http://www.ondarock.it/recensioni/2006_tanakh.htm
Certo che Jess Poe, eclettico mentore del collettivo Tanakh, è davvero un artista che non smette di stupire,
mutando in continuazione attitudini e "vesti" musicali. Lo avevamo infatti lasciato, circa un anno e mezzo fa,
ai tempi dell'uscita, nel lasso di pochi mesi, di due opere tra loro completamente diverse: da una parte
l'originale ricerca di una strana evoluzione tra post-rock e psichedelia dell'ottimo "Dieu Deuil", dall'altra
l'astratta, sinistra e quasi inascoltabile sperimentazione delle due lunghissime tracce strumentali (sessanta e
trenta minuti rispettivamente) del doppio album omonimo, immediatamente successivo, ascrivibile però
piuttosto a improvvisazioni estemporanee di Poe che non a un compiuto lavoro della band.
"Ardent Fevers" può quindi a ragione considerarsi il diretto seguito di "Dieu Deuil": in esso, Poe e la sua
compagnia (qui comprensiva anche di Isobel Campbell e Alex Neilson) proseguono sulle strade appena
intraprese nel lavoro precedente, seppure con una grazia e una levità nuova, certamente di fruibilità più
immediata e ormai lontana anni luce dalle atmosfere claustrofobiche degli esordi.
Si può anche supporre che su questa progressiva evoluzione verso la forma-canzone, verso ballate ariose e
ricche di pregevoli spunti melodici, abbia influito l'ormai prolungato soggiorno fiorentino di Poe, fatto sta che
"Ardent Fevers" allontana ormai definitivamente la band dalle complesse destrutturazioni sonore dei suoi
inizi, per consegnarla senza dubbio al novero dei moderni interpreti del folk obliquo e ricercato, ambito nel
quale tuttavia essa riesce a conservare una propria peculiarità nell'approccio, ancora caratterizzato da
retaggi sperimentali o di psichedelia vintage , a volte appena percettibili, a volte ben più evidenti.
L'avvenuta transizione di Tanakh verso trame musicali leggiadre si percepisce fin dall'iniziale "Drink To Sher",
ariosa ballata costruita sul dialogo tra chitarra e archi, soavemente contrappuntato dal cantato di Poe, mai
così piano e placido, e da un ritmo accattivante, arricchito dal contributo di una sezione di fiati, elemento che
caratterizzerà in maniera significativa tutto il lavoro.
L'album scorre lieve e incostante, alternando bucoliche ballate, nelle quali una cristallina chitarra folk guida
semplici canzoni d'amore appena sussurrate ("5 a.m." e la romantica "Restelss Hands"), nostalgiche
incursioni nel suono della West Coast degli anni 70 ("Grey Breathes", "Like I Used To") e addirittura inedite e
fumose sensazioni blues ("Hit The Ground").
Se con "Dieu Deuil" si poteva avere la sensazione che Poe e soci fossero alla ricerca, attraverso il recupero di
suoni più "convenzionali", di una via d'uscita dagli intricati sperimentalismi post-rock di tanti loro
connazionali, adesso risulta invece evidente come essi si siano totalmente immersi nella pratica di un folk
raffinato, ma delle sembianze fin troppo classiche.
A tratti, sembra quasi che la band abbia qui finito col tradurre le grandiose aperture emotive di alcuni dei
suoi brani migliori in torridi e obiettivamente un po' autoreferenziali assoli chitarristici, come quelli che
finiscono per sporcare il finale della limpida "Still Trying To Find You Home", per non parlare della lunga
elegia elettrica della conclusiva "Take And Read".
Non è un caso che le capacità compositive della band finiscano per manifestarsi conevidenza nei brani brevi
e lineari, ove emerge sia l'attitudine lirica di Poe, sia un'interpretazione delicata e personale di semplici
ballate folk: così, oltre che in "5 a.m." e "Restelss Hands", nel dolce dialogo con la Campbell di "Winter
Song" e nella romantica "Deeper", nella quale, su un copioso tappeto d'archi, Poe gioca con successo a
travestirsi da crooner , mentre il suono dell'organo, prima accennato, poi più deciso, conferisce al brano una
polverosa ma piacevole patina psichedelica, guidandolo verso un insolito finale jazzy.
Certo le vette di intensità di alcuni brani di "Dieu Deuil", come "November Tree" e "Lady Eucharist", non
vengono qui nemmeno sfiorate, ciononostante "Ardent Fevers" risulta comunque un lavoro apprezzabile,
forse soltanto un po' discontinuo nel porre in risalto le ottime doti di songwriter di Jess Poe, in definitiva ora
espresse al meglio nei sobri passaggi di folk lirico e romantico che non nei ridondanti accenni a più tortuose
derive nostalgiche.
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BAND: TANAKH
TITLE: ARDENT FEVERS
LABEL: ALIEN8
PAG. 11
KDCOBAIN
http://www.kdcobain.it/pagine/recensioni/tanakh.htm
Dietro il nome Tanakh si nasconde un collettivo italo-americano capeggiato da Jess Poe, ora stabile a Firenze
ma con un anima cosmopolita che contraddistingue tutti i suoi lavori. "Ardent Fevers" esce a quasi due anni
da "Dieu Deuil" dove il post-rock incontrava la psichedelia. Lo stesso succede in questo nuovo lavoro dove la
forma canzone rimane inalterata ma le emozioni evocate sono quelle che solo artisti già navigati possono
ricreare.
"Ardent Fevers" vede la partecipazione di Isobel Campbell, reduce dai recenti successi come il suo disco
insieme a Mark Lanegan, la quale presta la sua voce e le sue sapienti mani ad accarezzare il violoncello. Il
folk incontra il pop senza dimenticare atmosfere psichedeliche ricreate dall'organo e tipichi giri di chitarra
post-rock per donare al disco un'aura di ricercatezza non indifferente. Le undici tracce si susseguono senza
intoppi, scorrendo con naturalezza, quella semplicità di scrittura che solo un artista completo come Jess Poe
può tirare fuori.
Ogni singolo brano invita ad un viaggio fatto di colori e di sfumature che aiutano ad entrare nell'animo di
questi musicisti, a partire da "Drink to sher" che come una lenta ballata introduce in questo mondo. Le
chitarre acustiche di "Hit the ground" ricordano il blues dell'inizio del secolo scorso mentre quelle di "Still
trying to find you home" ricordano Johnny Cash. "Ardent fevers" sancisce ancora una volta il frutto di una
collaborazione tra musicisti italiani ed americani che arricchiscono inevitabilmente il nostro panorama.
SENTIREASCOLTARE
http://www.sentireascoltare.com/CriticaMusicale/Recensioni/2006/recensioni/TanakhArdent.htm
E’un album che scansa elegantemente gli stereotipi indietronici per ritrovarsi senza la spina dorsale della
precisione interpretativa, al massimo riscaldato da sortite orchestrali vagamente posticce, questo Ardent
Fevers dei Tanakh, ultima fatica di un collettivo affiatato e maturato rispetto al precedente Dieu Deuil, ma
vittima dell’
attenzione al decoro, alla cura superficiale.
Brani di sette minuti come Still Trying To Find Home iniziano come ballad Cohen-iana e finiscono con un
pistolotto di jam guitar-folk alla Fairport Convention, cadenze meditabonde con piastricci di timbri acustici,
ottoni e batteria tenuemente sobbalzante (Over Your Consistency), o atmosfere romanticone con il
retrogusto di plastica (Winter Song).
Nella prima parte dell’
opera i nostri - e soprattutto il leader Jess Poe –paiono crederci. Anche se ruffiani, i
precipitati armonici di toni orchestrali progressivi di 5 A.M., il concertino Black Heart Procession per archi
gravi, spazzole e fraseggi rabbuiati di Deeper e la chitarra sbarazzina con intermezzi bucolici rubacchiati agli
Holopaw di Drink To Sher, sono episodi che trasudano godibilità.
Quel che rimane è noia (Like I Used To), autoindulgenza quasi fossero i Gomez tra il bluesy e il giocherellone
(Hit The Ground), o colpi ambiziosi sparati allegramente (Take And Read).
Ci fosse maggiore attenzione, o eguaglianza tra atmosfera e interpretazione, gil si potrebbero perdonare vizi
e giustificare virtù. E, magari, esaltare queste ultime.
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BAND: TANAKH
TITLE: ARDENT FEVERS
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PAG. 12
ROCKSHOCK
http://www.rockshock.it/news.asp?id=1940
Ardent Fevers è il quarto lavoro dei Tanakh per l’
etichetta Alien8. Un lavoro decisamente positivo per la
band, che ha la straordinaria abilità di creare melodie semplici e di unirci una elaborata struttura musicale,
composta anche da archi, tromba, chitarra acustica, tastiere.
Le tracce, undici in tutto, sono mirabilmente assemblate, sia dal punto di vista compositivo sia per quanto
riguarda il missaggio. Un ottimo lavoro, quindi, non solo da parte dei musicisti ma anche dei tecnici che vi
hanno messo mano (del resto, Alien8 ci ha abituato a grandi dischi).
La musica dei Tanakh è un’
elaborata meditazione sui ritmi tradizionali dell’
America.
Riecheggiano, in vari punti del disco, omaggi al culto di Nick Drake, e ambientazioni sonore tipiche di Tim
Buckley o Beck. Questi paragoni sono sostenuti dalla fantastica voce di Jesse Poe, che dialoga
sapientemente con gli strumenti senza mai esagerare con i toni.
I Tanakh affrontano anche il pop inglese degli anni ’
70, ad esempio in Restless Hands, o il folk sound di Neil
Young in Still trying to Find you home, dove emerge anche un uso magistrale del basso. Il pezzo migliore è
certamente Grebreathes, summa estetica di tutto il disco: cori sovrapposti, una strumentazione
sofisticatissima ed un ritornello molto orecchiabile.
La traccia di chiusura, Take and Read, rinuncia ad iterare una melodia di rara bellezza, per sfociare in una
lenta progressione dove entrano in scena prima la chitarra acustica, poi il basso, poi un organo tipohammond. Il tutto evolve in un delirio della chitarra elettrica che perdura per oltre 3 minuti e non può avere
altra conclusione che il silenzio, ovvero la fine del disco.
EXTRAMUSIC
http://www.extramusic.it/disco/novitadiscografiche294.htm
Tanakh è il progetto del cantautore americano residente a Firenze Jesse Poe, giunto con il recente "Ardent
Fevers" alla quarta uscita targata Alien8.
La musica di Tanakh è diventata col tempo sempre più pop da sperimentale quale era ad inizio carriera:
l'improvvisazione orientata al noise ha lasciato il posto alla forma canzone.
Nel suo ultimo album Poe sembra voler omaggiare Tim Buckley ("Drink to Shear"), Leonard Cohen ("5 AM"),
Neil Young ("Still Trying to Find You Home") ed altri grandi personaggi della storia del Rock.
Il motivo del tributo non è chiaro ma il risultato è assolutamente godibile. Come al solito Poe si fa aiutare da
una piccola orchestra di eccellenti musicisti: Michele Poulos (Poulos, Songs Of Patrick Phelan) suona il basso
elettrico e canta nei cori, Curtis Fye (Devil's Workshop, Boots of Leather) l'upright bass, Dan Calhoune il
violino, Darius Jones ( CUD, Birds in the Meadow, and Daniel Carter) il sassofono, Clarke Hedgepath
(Richmond Latin Ballet) e Ayman Fanous le altre chitarre, Ben Scott (Ting Ting Jahe, Crevlyn) si occupa dei
suoni, e Brian Jones (Brian Jones Wurlitzer Trio, Boots of Leather, Them against Them) delle percussioni.
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BAND: TANAKH
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FREAKOUT
http://www.freakout-online.com/album.aspx?idalbum=969
Pur facendo base a Firenze, i Tanakh sono uno dei numerosi gruppi italoamericani che non si fanno tanti
problemi ad attraversare l’
Oceano per autopromuoversi in tournèe –a Maggio hanno suonato in Usa e
Canada –o incidere un disco –‘
Ardent Fevers’è stato registrato da Bryan Hoffa (Royal Trux, the Kills,
Labradford) a Richmond, Virginia.
Nati come collettivo aperto più o meno estemporaneo, con questo secondo disco il gruppo si definisce bene
attorno alle personalità di Jesse Poe (che produce, scrive, canta e suona la chitarra) ed Umberto Trivella
(che firma le musiche e sta anch’
egli alle chitarre) e mira più al sodo abbandonando malìe sperimentali ed
agganciandosi al filone neofolk di Nourallah, Great Lake Swimmers, Shearwater, non riuscendo purtroppo a
suonare originale.
Dietro la copertina sfocata, che lascia intravedere 4 ombre che attraversano sulle strisce pedonali una strada
illuminata che potrebbe esere Broadway st. di notte, ‘
Ardent Fevers’alterna composizioni corali, in cui i
numerosi ospiti –una decina, tra cui una valida sezione fiati, e poi violino, organo ed un prestigioso
contributo di Isobel Campbell al violoncello –, pur nella prevedibilità, almeno possono mettere in mostra le
proprie doti accademiche, a nude ballate notturne stile Giant Sand, in cui la voce di Poe e l’
acustica di
Trivella mirano a suggestionarci e si fanno apprezzare di più: ‘
Over your Consistency’
,‘
Take and Read’e
‘
Winter Song’hanno il giusto ‘
spleen’spiritato.
Interessante anche i 7 minuti e più di ‘
Still Trying to Find you Home’
: inizio come inizierebbero i Giant Sand,
fine come finirebbero i Grateful Dead... bella idea!
PAESI TUOI
http://www.paesituoi.com/index.php?option=com_content&task=view&id=72&Itemid=30
L'album, registrato in appena 10 giorni a Richmond in Virginia, segna un ulteriore passo verso il pop; oramai
della psichedelia presente nei lavori precedenti non vi è traccia alcuna. Abbiamo modo di ascoltare ballate
elettroacustiche con l' accompagnamento di una pregevole tromba (Drink To Sher); gli assoli chitarristici di
Umberto Trivella sono, per quanto piacevoli, esageratamente lunghi (Still Trying to Find You Home, Take
and Read). Jesse Poe non manca di invitare personaggi di rilievo come Isobel Campbell (Belle & Sebastian)
impegnata al violoncello e come seconda voce, Alex Neilson (Jandek, Richard Young) alla batteria. Da
ammirare la performance del leader, il quale ha un perfetto feeling con tutta la parte strumentale,
soprattutto con la tromba (Deeper). La lunghissima traccia di chiusura è un gioco tra cantautorato e rock
elettrico, a mio avviso la più interessante. È un disco elegante e delicato anche se per certi versi può essere
noioso. Tutto sommato è ben curato per quanto riguarda la parte strumentale; perfetta l'armonia creata da
tutti i musicisti.
IL POPOLO DEL BLUES
http://www.ilpopolodelblues.com/rev/agosto06/recensione/Tanakh.html
Animati dalla figura del chitarrista e cantante Jesse Poe, I Tanakh mettono a segno un interessante album
che unisce folk, progressive e cantautorato dai toni introversi e introspettivi.
Lunghi mantra dalle melodie spesso minimali ma dagli arrangiamenti ricchi, in cui si intrecciano chitarre, fiati,
archi, organo.
Dopo aver messo a segno il disco, a cui partecipano musicisti del calibro di Isobell Campbell, il gruppo si è
riassemblato attingendo per la nuova formazione a musicisti dell’
area fiorentina.
E’un album con molte parti acustiche , che lascia spazio ad aperture più elettriche come Grey Breathers.
Gli elementi più intriganti sono la bella atmosfera che si viene a creare, specialmente grazie alla grande
varietà degli strumenti di cui il gruppo può disporre, e il meltin’pot di diverse influenze tra cui confluiscono
anche i non ancora citati jazz ( specialmente nelle linee dei fiati) e blues ( Like I used to).
Manca forse qualche raggio di sole ad aprire i toni costantemente malinconici del disco, ma è un buon album
e che denota un lavoro ben curato.
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BAND: TANAKH
TITLE: ARDENT FEVERS
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PAG. 14
LOSING TODAY ONLINE
http://www.losingtoday.com/it/reviews.php?review_id=3149
Tanakh è il progetto del cantautore americano residente a Firenze Jesse Poe, giunto con il recente "Ardent
Fevers" alla quarta uscita targata Alien8.
La musica di Tanakh è diventata col tempo sempre più pop da sperimentale quale era ad inizio carriera:
l'improvvisazione orientata al noise ha lasciato il posto alla forma canzone.
Nel suo ultimo album Poe sembra voler omaggiare Tim Buckley ("Drink to Shear"), Leonard Cohen ("5 AM"),
Neil Young ("Still Trying to Find You Home") ed altri grandi personaggi della storia del Rock.
Il motivo del tributo non è chiaro ma il risultato è assolutamente godibile. Come al solito Poe si fa aiutare da
una piccola orchestra di eccellenti musicisti: Michele Poulos (Poulos, Songs Of Patrick Phelan) suona il basso
elettrico e canta nei cori, Curtis Fye (Devil's Workshop, Boots of Leather) l'upright bass, Dan Calhoune il
violino, Darius Jones ( CUD, Birds in the Meadow, and Daniel Carter) il sassofono, Clarke Hedgepath
(Richmond Latin Ballet) e Ayman Fanous le altre chitarre, Ben Scott (Ting Ting Jahe, Crevlyn) si occupa dei
suoni, e Brian Jones (Brian Jones Wurlitzer Trio, Boots of Leather, Them against Them) delle percussioni.
MUSICCLUB ONLINE
http://www.concertiitalia.it/musicclub/jsp/rubriche/default_one.jsp?id_rubrica=5&id_numero=114449046517
00&id_testo=11444922494100
I Tanakh scivolano via leggeri, ma neppure troppo leggiadri, senza lasciare segnali sonori rilevanti dietro di
sé. E ciò non fa altro che confermare le ipotesi da me avanzate in occasione dell’
uscita del precedente lavoro
‘
Dieu Deuil’
. Infatti, sebbene abbiano messo da parte quel senso di dispersione compositiva che aleggiava
sul disco e sebbene abbiano abbandonato le velleità sperimentali, in favore di un approccio più “
pop”
, però
ciò non toglie che il loro rock psichedelico, folk, slow e progressivo non sappia incidere come dovrebbe. Le
canzoni sono povere e alla lunga risultano sin troppo ripetitive e stancanti.
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