2 Elettrostatica

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Elettrostatica
Fenomenologia elementare
L’elettrostatica si occupa delle cariche in quiete. La fenomenologia elementare dell’elettrostatica
riguarda la capacità di certi materiali di attirare, in determinate condizioni, altri materiali. Questa
proprietà era già nota agli antichi greci: il nome “elettricità” viene infatti dal greco electron, che significa ambra; l’ambra è una resina che, strofinata con un panno, acquista la capacità di attirare
corpi leggeri. Anche il vetro può essere elettrizzato nello stesso modo, acquistando la stessa proprietà.
Elettrizzazione per strofinio.
Esperimento 1: una bacchetta di vetro viene strofinata con un panno ad un’estremità e viene accostata ad un’altra bacchetta di vetro sospesa e libera di ruotare, anch’essa strofinata ad un’estremità.
Si verifica che la bacchetta sospesa ruota su sé stessa cercando di allontanarsi dall’altra quando
vengono accostate le due estremità elettrizzate, mentre non si osservano rotazioni se si accostano
estremità non elettrizzate. Ripetendo lo stesso esperimento con due bacchette di resina si osserva lo
stesso fenomeno.
Esperimento 2: Vengono accostate le estremità strofinate di una bacchetta di vetro e una di resina:
in questo caso le estremità si attraggono.
Esperimento 3: Si esegue la stessa prova con altri materiali (bachelite, ecc.) e si vede che le sostanze si dividono in due gruppi: quelle che si comportano come il vetro e quelle che si comportano
come l’ambra.
Si conclude che esistono due stati elettrici rappresentati dal vetro e dall’ambra: tali stati vengono
chiamati carica elettrica positiva (nel caso del vetro) e carica elettrica negativa (nel caso
dell’ambra): gli aggettivi positivo e negativo vengono usati perché elettricità di tipo opposto tendono ad annullarsi. La scelta di chiamare positiva l’elettricità del vetro è del tutto arbitraria deriva da
una convenzione introdotta da B. Franklin, uno dei primi sperimentatori.
Riassumendo, i comportamenti ora descritti possono essere riassunti nelle seguenti affermazioni:
• cariche elettriche dello stesso segno di respingono
• cariche elettriche di segno opposto si attirano.
1
Le prime idee sull’elettricità.
La proprietà dell’ambra in greco ελεκτρον) di attirare, se strofinata con lana, pagliuzze o frammenti di legno era nota almeno dai tempi di Talete di Mileto (VII-VI sec. a.C.), ma non venne considerata di grande importanza a causa dell’esiguità e della rarità di tali fenomeni.
Il primo scienziato ad indagare razionalmente sulle proprietà dell’ambra fu l’inglese W. Gilbert
(1544-1603), medico alla corte della regina Elisabetta, che compì molti esperimenti individuando
anche differenze tra l’attrazione elettrica e quella magnetica, fino ad allora ritenute della stessa natura, e coniò anche il termine elettricità. Le ipotesi di Gilbert sulla natura di tale attrazione erano
però molto vaghe.
Ai primi del 1700 il francese Cisternay du Fay, compiendo esperimenti con bacchette di vetro e di
ambra, propose un’interpretazione dei fenomeni elettici che si basava sull’esistenza di due fluidi diversi (di tipo vetroso e di tipo resinoso) liberati durante lo strofinio. Questi fluidi, la cui presenza
conferiva ai materiali uno stato di elettricità (vetrosa o resinosa) erano caratterizzati dal fatto che
fluidi uguali si respingevano e fluidi diversi si attraevano.
Lo statista e scienziato B. Franklin (1706-1790) propose un modello diverso basato sull’esistenza
di un solo fluido, il cui eccesso o difetto creava lo stato di elettricità positivo o negativo.
Le teorie di du Fay e di Franklin rivaleggiarono fino a tutto l’ottocento.
Verso la metà del settecento vennero create le prime macchine elettrostatiche con le quali si riusciva
a suscitare notevoli scintille da corpi elettrizzati; l’elettricità veniva comunque ancora considerata
più un divertimento da salotto che un fenomeno da studiare con attenzione.
Nel 1752 su suggerimento di Franklin si riuscì a trarre scintille dalle nuvole temporalesche per
mezzo di un’asta metallica: questo mostrò che l’elettricità era legata ai fulmini, e che quindi poteva
mettere in gioco anche grandi quantità di energia.
Da questo momento gli studi sull’elettricità si fanno più sistematici: questo porterà nel giro di qualche decennio al concetto di carica e alla definizione delle leggi relative.
La domanda fondamentale diventò “Da dove vengono le cariche? Si creano con lo strofinio o esistono già da prima?”.
Solo alla fino del XIX secolo J. J. Thomson suggerì l’esistenza degli elettroni dando fondamento
alla seconda ipotesi: gli elettroni esistono già all’interno del materiale e lo strofinio non fa altro che
dare agli elettroni una diversa distribuzione.
Isolanti e conduttori.
Oggi noi sappiamo che la materia è costituita da un gran numero di atomi, e che un atomo di un elemento chimico è diverso da un atomo di un altro elemento. Ogni atomo è costituito da un nucleo
formato da protoni (carichi positivamente) e neutroni attorno al quale orbitano gli elettroni, carichi
negativamente. Poiché la carica di un elettrone è uguale e opposta a quella di un protone e in un atomo non ionizzato il numero dei protoni è uguale a quello degli elettroni un atomo nel suo complesso è elettricamente neutro. Sono elettricamente neutre anche le diverse sostanze, che sono costituite da atomi. Nei solidi gli atomi sono disposti secondo un reticolo cristallino.
Distinguiamo i materiali in isolanti e conduttori.
• Sono isolanti tutte quelle sostanze (come il vetro, l’ambra, la bachelite, ecc.) in cui ogni elettrone è legato al proprio nucleo. Quando strofiniamo la bachelite con la lana un certo numero di
elettroni degli atomi che costituiscono la lana resta sulla superficie della bachelite. Di conseguenza
la bachelite, che inizialmente era neutra, ha acquistato carica negativa (un eccesso di elettroni) mentre la lana, avendo perso un certo numero di cariche negative, resta carica positivamente.
Nel caso di una sostanza che, come il vetro, si carica positivamente accade il fenomeno opposto: la
lana asporta alcuni degli elettroni della superficie del vetro. Ciò che è importante capire è che con lo
strofinio si depositano o si asportano elettroni: sono solo le cariche negative che si muovono.
L’elettrizzazione per strofinio consiste nel trasferimento di elettroni da un corpo ad un altro. Strofinando si fornisce l’energia necessaria per strappare gli elettroni (occorre superare il potenziale di
ionizzazione)
2
Negli isolanti la carica rimane dove è stata generata. (vedi esperimento 1 con le parti non elettrizzate). Gli isolanti sono quindi materiali attraverso i quali le cariche non si possono muovere. I più comuni isolanti elettrici sono il vetro, la gomma, le materie plastiche, il legno, la porcellana, l’acqua
distillata (se l’acqua non è distillata la presenza di elettroliti la rende un ottimo conduttore).
• Altri materiali, come ad esempio i metalli, si comportano invece in modo diverso e sono detti conduttori. Il conduttore è costituito da atomi in cui gli elettroni più esterni,debolmente legati al
nucleo, formano una specie di nuvola elettronica (o mare elettronico). Questi elettroni sono in grado di muoversi, con moto caotico, all’interno del reticolo cristallino e vengono detti elettroni di
conduzione e si spostano liberamente, all’interno del conduttore, per effetto dell’agitazione termica.
In condizioni normalità la carica totale positiva è uguale a quella negativa e il conduttore è neutro.
Sono conduttori, i metalli, le soluzioni elettrolitiche (soluzioni di acidi, basi, sali), la terra, il corpo
umano.
• Per convenzione d’ora in poi utilizzeremo diversi simboli grafici per rappresentare isolanti e
conduttori:
conduttore
isolante
Ci si aspetterebbe che fosse molto più facile elettrizzare un conduttore poiché i suoi elettroni di
conduzione sono molto meno legati al nucleo rispetto a quelli di un isolante. Verifichiamolo con il
seguente esperimento:
Esperimento 4:
Prendiamo in mano una palla di rame e strofiniamola con una certa energia, poi avviciniamola ad
una bacchetta di vetro carica posta sul suo perno: si osserva che non si verifica né attrazione né repulsione. Sembrerebbe che il conduttore non si sia affatto caricato. Come è possibile? Quello che è successo è stato che il
nostro corpo, anch’esso conduttore, ha formato assieme alla
palla di rame un conduttore unico attraverso il quale l’eccesso
di carica si è scaricato a terra. Per evitare che questo avvenga
possiamo isolare il conduttore ponendolo su un sostegno di
plastica o di legno. Si osserva allora che, una volta strofinato,
il conduttore si è elettrizzato e che, contrariamente a quanto
avveniva per l’isolante, è elettrizzato anche nei punti in cui
non è stato strofinato. La carica in eccesso sul conduttore si è distribuita su tutto il conduttore (o
meglio, come vedremo più avanti, solo sulla sua superficie), come accade all’acqua contenuta nel
lavandino se ne togliamo o aggiungiamo un bicchiere.
L’elettrizzazione per strofinio è un fenomeno che capita spesso di osservare, ad esempio quando
scocca una scintilla tra la nostra mano e la carrozzeria della macchina, che si è caricata per strofinio
con l’aria in una giornata secca, o quando ci togliamo una maglia contenente delle fibre artificiali.
Esistono anche altri modi di elettrizzare un corpo: vediamo se il modello che abbiamo costruito si
può applicare anche a questi casi.
3
Elettrizzazione per contatto
Che cosa succede toccando con un corpo carico un corpo scarico? Abbiamo quattro possibilità:
Corpo carico
Corpo scarico
1
isolante
conduttore
2
isolante
isolante
3
conduttore
isolante
4
conduttore
conduttore
1
2
3
4
In base alle considerazioni svolte nel paragrafo precedente
si prevede che l’elettrizzazione sia massima nel 4° caso e
l’esperimento lo conferma: nei casi 1, 2 e 3 il passaggio di
carica è molto modesto mentre nel 4° caso gli elettroni di
conduzione, avendo a disposizione molto più spazio, lo occupano ripartendosi anche sul secondo
conduttore. Occorre inoltre osservare che, nel caso in cui nel contatto sia coinvolto un isolante, il
fatto che le superfici nella realtà siano frastagliate e i punti di contatto molto pochi limita moltissimo il passaggio di cariche.
Il fatto sperimentale che solo nel contatto conduttore-conduttore si verifichi un passaggio significativo di cariche conferma il modello ipotizzato di isolante e conduttore.
Elettrizzazione per induzione
È possibile elettrizzare un corpo anche senza toccarlo.
Prendiamo due corpi:
• il primo è carico (inducente) e può essere indifferentemente
isolante o conduttore.
• il secondo (indotto), che deve essere un conduttore, è scarico
inducente
oppure
+++
++
indotto
Esperimento 1.
Avviciniamo un corpo carico (inducente) ad una pallina metallica scarica .(indotto) appesa ad un filo isolante. Si osserva che la pallina viene attirata. Questo sembra contraddire quanto è stato detto in
precedenza a proposito del fatto che solo i corpi carichi provano attrazione o repulsione verso altri
corpi carichi.
Esaminiamo la situazione dal punto di vista microscopico servendoci del modello della nuvola di
elettroni. Quando avviciniamo il corpo
carico (ad esempio positivamente)
Ftot
+++
all’indotto, gli elettroni di conduzione
+++
Fatt
sono attirati e si dispongono sulla parte
Frep
dell’indotto più vicina all’inducente. Di
conseguenza la parte più lontana rimane
sguarnita di elettroni e di conseguenza carica positivamente.
Nel suo complesso la sfera è ancora neutra, ma la carica non è più distribuita in maniera uniforme. Non sappiamo ancora nulla della forza che attira le cariche, ma ci aspettiamo, in base alla
nostra conoscenza di altri tipi di interazione, che diminuisca con la distanza. La forza repulsiva sarà
4
quindi minore in modulo della forza attrattiva e la forza totale agente sulla pallina sarà attrattiva.
(osserviamo che stiamo implicitamente applicando il principio di sovrapposizione).
Nella zona negativa del conduttore si accumulano elettroni di conduzione fino a che il loro numero
non è tale da “bloccare” l’accesso di ulteriori elettroni di conduzione. Si stabilisce così una situazione di equilibrio elettrostatico.
Ci aspettiamo che :
• se allontaniamo il corpo inducente (causa) cessi l’effetto, cioè che l’indotto torni nella posizione iniziale
• se tocchiamo con il corpo inducente l’indotto, esso si carichi per contatto e, divenuto improvvisamente carico con lo stesso segno del corpo inducente, se ne allontani bruscamente.
L’esperimento conferma entrambe queste previsioni.
Esperimento 2
Costruiamo un conduttore isolato costituito da due parti staccabili, ad esempio due semisfere oppure
due sfere a contatto. Se a tale conduttore viene avvicinato un corpo carico si ha nell’indotto la separazione delle cariche descritta nel punto precedente (figura 1). Se a questo punto le due metà
dell’indotto vengono separate mentre l’inducente è ancora vicino (figura 2) si osserva che una rimane carica negativamente (quella inizialmente più vicina all’inducente) e una positivamente (quella inizialmente più lontana).
+++
++
___
__
+++
++
Figura 1
___
__
Figura 2
In questo modo abbiamo caricato un conduttore senza strofinarlo né toccarlo con un altro conduttore carico. Dopo aver allontanato la bacchetta inducente le due metà del conduttore sono ancora cariche: lo si può verificare avvicinandole ad una bacchetta mobile di vetro o, se si trattava di due sfere
appese a dei fili, si vede che avvicinandole esse si attirano.
L’elettroscopio a foglie.
La realizzazione degli esperimenti descritti evidenzia la necessità di uno strumento che mostri
quando un corpo è carico. L’elettroscopio non misura la carica, ma rivela se un corpo è carico.
L’elettroscopio a foglie è costituito da un’asta metallica con una pallina metallica
sull’estremo superiore e due leggerissime foglie metalliche collegate all’estremo inferiore. L’asta e le foglioline sono rinchiuse in una bottiglia di vetro che serve sia da
sostegno che da protezione. Quando l’elettroscopio è neutro le foglioline penzolano
sottoposte alla sola forza di gravità. Quando l’elettroscopio viene caricato (positivamente o negativamente) esse acquistano una carica dello stesso segno e si respingono, divaricandosi (figura a fianco).
A conferma del fenomeno dell’induzione elettrostatica eseguiamo il seguente esperimento:
Esperimento 3: avviciniamo alla sferetta dell’elettroscopio un corpo carico (ad esempio positivamente) senza toccarla: vediamo che le foglioline si divaricano. È successo che la sferetta (parte vicina) presenta un accumulo di cariche negative e le foglioline (parte lontana) un accumulo di cari5
che positive. Se allontaniamo la bacchetta carica le foglioline si chiudono: la nuvola elettronica si
ridispone su tutto il conduttore .
++
++
--
+ +
+
+
Esperimento 4: Ora eseguiamo un altro esperimento toccando la pallina con una bacchetta isolante elettrizzata: quando avviciniamo la bacchetta all’elettroscopio le foglioline si divaricano per
induzione, ma quando, dopo aver toccato l’elettroscopio, allontaniamo nuovamente la bacchetta, esse si riabbassano. L’elettroscopio non si è caricato perché, come abbiamo visto prima, il passaggio
di carica tra conduttore e isolante è molto modesto.
Esperimento 5: se eseguo lo stesso esperimento toccando la sferetta dell’elettroscopio con un
conduttore carico vedo che l’elettroscopio rimane carico anche quando allontano il conduttore.
Questo conferma che nel contatto conduttore-conduttore si verifica un passaggio significativo di cariche.
Esperimento 6: A questo punto l’elettroscopio è rimasto carico: come si può scaricarlo per riutilizzarlo? Ovviamente toccandolo, così da scaricare a terra le cariche in eccesso.
Esperimento 7: è possibile caricare in modo permanente un
elettroscopio per induzione, cioè senza toccarlo con un corpo carico? Basta avvicinare il corpo carico inducente alla
sferetta e toccare quest’ultima con un dito: in questo modo la
parte vicina si carica positivamente e la parte lontana negativamente: toccando la sferetta faccio sì che la parte lontana
sia costituita dal mio corpo e da tutta la terra. Se a questo
punto allontano il corpo inducente e il dito l’elettroscopio resta carico negativamente.
Esperimento 8: un elettroscopio,elettrizzato con
una carica di segno noto, permette anche di rivelare il segno dell’elettrizzazione di un dato corpo
che gli viene avvicinato:
• se il corpo che viene avvicinato ha carica
uguale a quella già presente sull’elettroscopio la
divergenza aumenta perché alle cariche già presenti sulle foglioline si aggiungono le cariche indotte.
• Se il corpo che viene avvicinato ha carica
opposta la divergenza diminuisce.
6
++
++
---- ---- ---
+ +
+ +
+
++
--
++
+
+
+
+ +
+
+ ++
++
+
+
+
L’elettroforo di Volta
A questo punto si può spiegare il funzionamento dell’elettroforo di Volta, uno strumento che lo
scienziato A. Volta ideò nel 1775 per avere la possibilità di caricare gli oggetti: accade infatti che
l’aria non è un isolante perfetto, per cui dopo un poco gli oggetti carichi si scaricano. L’elettroforo
di Volta è costituito da un disco conduttore sorretto da un manico isolante e da una lastra isolante
(ad esempio di plexiglas)
Proviamo a caricare il disco per contatto:
• Si carica per strofinio la lastra di plexiglas
• Vi si appoggia il disco conduttore
• Si stacca il disco e si avvicina all’elettroscopio: si verifica che non si è praticamente caricato.
Perché?
Come già sappiamo un conduttore non si carica per
contatto con un isolante.
Evidentemente dobbiamo caricarlo per induzione
toccandolo con un dito. Una volta tolto dalla lastra
-------l’elettroscopio, come si verifica facilmente, è carico. + + + + + + + + + +
+++
+
Si può ripetere l’esperimento senza ricaricare la pia+
stra per strofinio, in quanto la lastra non ha perso il
suo eccesso di carica. Se il clima è abbastanza secco l’elettroforo può funzionare per ore.
Contrariamente a quanto può sembrare ad un’osservazione superficiale l’elettroforo di Volta non
crea energia dal nulla. Apparentemente sembra infatti che l’unico momento in cui lo sperimentatore
fornisce energia al sistema sia durante lo strofinio, per poi produrre cariche indefinitamente. In realtà lo sperimentatore compie lavoro ogni volta che allontana il disco dalla piastra, poiché la piastra è
carica positivamente e il disco carico negativamente.
Dall’interpretazione data dei fenomeni di elettrizzazione segue un principio enunciato già da Franklin nel 1750: il principio di conservazione della carica elettrica, in base al quale la carica elettrica di un sistema isolato si mantiene costante.
Distribuzione delle cariche su un conduttore.
Durante il processo di carica di un conduttore c’è un movimento di cariche elettriche: la carica si distribuisce ovunque. Tale movimento cessa dopo una frazione di secondo dall’istante in cui ha avuto
termine il processo di carica e il conduttore raggiunge uno stato di equilibrio (equilibrio elettrostatico). Una semplice esperienza mostra come le cariche si fermino dopo aver raggiunto una particolare distribuzione.
Carichiamo una sfera conduttrice isolata carica (1) e poniamola a contatto con due emisferi conduttori inizialmente neutri (2), in modo da formare un unico conduttore. Allontaniamo poi i due emisferi (3). Si può verificare con un elettroscopio che:
• I due emisferi sono carichi
• La sfera è scarica
Nel contatto la carica è passata sulla superficie esterna (gli emisferi). Più avanti spiegheremo il motivo per cui l’eccesso di carica, se può farlo, si dispone sempre sulla superficie esterna del conduttore.
7
La polarizzazione nei dielettrici (isolanti)
Un fenomeno elettrostatico che tutti conoscono è quello dei corpi leggeri (pezzetti di carta,capelli,
ecc.) attirati da un corpo elettrizzato. Questo sembrerebbe un fenomeno analogo a quello
dell’induzione ma è diverso perché si verifica per materiali isolanti. Il fenomeno che avviene è detto
polarizzazione ed è microscopicamente molto diverso dall’induzione. Esso può avvenire in due
modi:
Per orientazione
La polarizzazione per orientazione avviene nei
materiali in cui le molecole sono polari: una
molecola polare è globalmente neutra, ma il
baricentro delle cariche positive non coincide
con quello delle cariche negative. Un esempio
è quello delle molecole di acqua. In condizioni
normali l’orientazione delle molecole è casuale, ma quando ci avviciniamo con un corpo carico le molecole si orientano. (osserviamo che
tale effetto di orientamento è contrastato
dall’aumento di temperatura, che provoca agitazione termica)
+
H
O
+
H
Per deformazione
Ogni carica positiva è vicina ad
La polarizzazione per deformazione avviene
una negativa che ne compensa
l’effetto
nelle molecole non polari, come quelle
dell’anidride carbonica, in cui il baricentro delle cariche positive coincide con quello delle cariche negative.
+
Quando ci avviciniamo con un corpo carico, esso esercita sulle cariche negaC
O
O
tive e sulle cariche positive forze di verso opposto. Il baricentro delle cariche
positive si separa leggermente da quello delle cariche negative e le molecole, che prima non erano
dipoli (a), ora lo diventano
(b).
a
b
Quando l’isolante si è polarizzato la parte più vicina al corpo carico è carica di segno opposto, la
parte più lontana di segno uguale. Si verifica perciò un fenomeno simile a quello dell’induzione:
l’isolante neutro è attratto dal corpo carico. A differenza di quanto accade con un conduttore neutro,
quando l’isolante tocca il corpo carico vi rimane attaccato.
8
La legge di Coulomb
Coulomb determinò, tramite una bilancia di torsione simile a quella usata da Cavendish, che la forza di interazione tra due cariche puntiformi è proporzionale al prodotto delle cariche e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.
q+
1
F12
F =k
q1 q 2
r2
F12 = − F21
F21
q2-
Tale forza agisce lungo la congiungente le due cariche ed è attrattiva per cariche di segno diverso,
repulsiva per cariche di segno uguale.
Naturalmente le cariche utilizzate da Coulomb non erano puntiformi, ma la legge trovata vale lo
stesso: spiegheremo questo con il teorema di Gauss. Appare evidente come l’esperienza della bilancia di torsione sia delicatissima: Coulomb determinò infatti la dipendenza dal quadrato della distanza con un’approssimazione dell’8%; questo vuol dire che l’esponente al denominatore potrebbe non
essere esattamente 2. In realtà è possibile dimostrare che la forza dipende esattamente dall’inverso
del quadrato della distanza tramite un’altra esperienza, che risulta a questo punto decisiva.
Esperienza decisiva per la dipendenza dall’inverso del quadrato.
Innanzitutto enunciamo il principio di sovrapposizione: quando sono presenti più di due cariche,
la forza di Coulomb agente su di una singola carica si ottiene sommando vettorialmente le forze ottenute considerando una carica alla volta
Che cosa succede ponendo una carica al centro di una sfera conduttrice uniformemente carica? sentirà una forza? (figura a)
b
a
La risposta immediata è “niente” e sperimentalmente si trova che è proprio così.
Che cosa succede ponendo una carica in un punto interno alla sfera diverso dal centro? La risposta
che potrebbe sembrare corretta, e cioè “viene respinta dalle cariche positive più vicine viene smentita dall’esperimento seguente:
9
Si collocano dentro un conduttore sferico cavo due sferette
conduttrici isolate a contatto tra loro (che formano così un unico
conduttore); le sferette vengono inserite attraverso un foro piccolo, così da non alterare la simmetria. Quando le sferette vengono estratte e staccate si verifica che non sono cariche. Se
nell’interno del conduttore vi fossero effetti elettrici, gli elettroni di conduzione delle sferette avrebbero sentito una forza e vi
sarebbe stata una separazione di cariche, fenomeno che si verifica immediatamente non appena poniamo le sferette fuori dalla
sfera conduttrice (figura a fianco).
Dimostriamo ora che l’assenza di effetti elettrici dentro la sfera
conduttrice è possibile solo se la forza elettrica è proporzionale all’inverso del quadrato della distanza.
Definiamo la densità di carica superficiale σ = Q / A . Su di una sfera, per simmetria, la densità di
carica è costante.
B
A
Q2
r2
r1
H
V
K
F1
q0 +
F2
r2
h2
h1
r1
Q1
Figura B
Figura A
Supponiamo di porre una carica di prova positiva q 0+ in un punto qualsiasi interno alla sfera carica.
Prendiamo come nella figura A un cono e un controcono di vertice q 0+ che intercettano la sfera di
due zone. L’angolo di apertura del cono dovrebbe essere infinitesimo. La carica esploratrice q 0+ è
soggetta alla forza dovuta alle cariche Q1 e Q2 contenute nelle zone di intersezione tra i coni e la
sfera. La carica di prova viene respinta da entrambe queste cariche con forze che chiameremo F1 e
F2. Che relazione c’è tra F1 e F2? Per dimostrare che sono esattamente uguali prendiamo in considerazione il disegno rappresentato nella figura B: dalla similitudine dei triangoli VAH e VBK dih
h
scende la relazione: r 2 = 2 r1 . Se indichiamo con p il valore del rapporto 2 possiamo scrivere
h1
h1
r2 = pr1 . La relazione tra le aree delle basi dei due coni è A2 = p 2 A1 . Se la distanza dal vertice aumenta di p volte l’area del cerchio aumenta di p2 volte.
10
Se esprimiamo le cariche Q1 e Q2 in funzione dell’area delle zone intercettate e della densità superficiale di carica otteniamo Q1 = σA1
e
Q2 = σA2 .
Per la legge di Coulomb i moduli delle due forze F1 e F2 sono
q+Q
q +Q
(*)
F1 = k 0 2 1 e F2 = k 0 2 2 .
r1
r2
Sostituiamo in entrambe le formule l’espressione trovata per le cariche Q1 e Q2 e, nella seconda, esprimiamo A2 e r2 in funzione di A1 e r1:
q0+ Q1
q0+σA1
F1 = k 2 = k 2
r1
r1
q0+ Q2
q0+σA2
q0+σp 2 A1
q0+σA1
F2 = k 2 = k
=k
= k 2 = F1
r2
( pr1 ) 2
p 2 r12
r1
Le due forze hanno lo stesso modulo, ma poichè hanno stessa direzione e verso opposto hanno come risultante zero.
L’area cresce come r2 e così anche la carica, ma la forza decresce come r2: la carica p2 più grande
esercita una forza p2 più piccola in modo che i due effetti si compensano esattamente.
Questo discorso si può ripetere per ogni cono e controcono esaurendo l’intera sfera: abbiamo così
dimostrato che sulla carica di prova non agiscono forze.
Il fatto che non vi siano effetti elettrici dentro un conduttore cavo è vero anche per conduttori di
forma qualunque (ad esempio una rete)
Restano da definire l’unità di misura della carica e il valore della costante presente nella legge di
Coulomb.
L’unità di misura della carica è detta Coulomb (simbolo C) ed è definita in termini di corrente elettrica, come vedremo più avanti.
La costante k vale nel vuoto
k 0 = 8,99 ⋅ 10 9
N ⋅ m2
C2
ed è spesso scritta nella forma
k0 =
1
4πε 0
−12
con ε 0 = 8,85 ⋅ 10
C2
N ⋅ m2
che permetterà di semplificare molti calcoli in futuro.
La costante ε 0 è detta costante dielettrica nel vuoto.
La legge di Coulomb per due cariche poste nel vuoto si può scrivere allora come
1
q1q2
F0 =
⋅ 2
4πε 0 r
11
Costante dielettrica relativa.
Se si misura la forza F0 che si esercita tra due cariche poste nel vuoto e successivamente si ripete la
misura ponendo le stesse cariche, alla stessa distanza, successivamente in mezzi dielettrici vari, si
osserva che la forza cambia al variare del dielettrico e che la forza massima si ha quando le cariche
sono poste nel vuoto:
F0
>1
F
Si osserva anche che il rapporto tra le due forze rimane costante, nello stesso dielettrico, variando le
cariche e la loro distanza. Tale rapporto è detto
εr =
F0
F
costante dielettrica relativa del mezzo.
Possiamo allora scrivere la legge di Coulomb, per due cariche poste in un mezzo, nella forma
F=
1
4πε
⋅
q1q2
r2
dove ε = ε 0ε r è detta costante dielettrica assoluto del mezzo.
Osserviamo che mentre ε 0 è una costante dipendente dal sistema di misura, ε r (che abbiamo definito come il rapporto di due forze) è un numero puro.
Problema 1
A quale distanza sono una carica puntiforme q1=+17,2µC e una carica puntiforme q2=+21,9µC poste nel vuoto se la forza elettrostatica tra loro ha un’intensità pari a 2,77 N?
Dalla legge di Coulomb ricaviamo la distanza: r = k
q1 q 2
17,2 ⋅ 21,9 ⋅ 10 −12
= 9 ⋅ 10 9
= 1,1m
F
2,77
Problema 2
Quattro cariche sono fissate ai vertici di un quadrato di lato a= 1 m.
Il valore assoluto della carica di
q1
ciascuna di esse è q = 2µC.
q1
q2
Calcola modulo e direzione della
forza che agisce su una carica di
qo
qo
prova di valore qo= +1µC posta
nel centro del quadrato per ciascuna delle configurazioni rappresentate nelle figure a lato
q4
q3
q3
A
B
12
q2
q1
q2
qo
q4
q4
q3
C
q1
q2
A: La carica qo è respinta con quattro forze di modulo uguale dalle quattro
forze poste ai vertici del quadrato. Tali forze sono a due a due opposte. Per il
principio di sovrapposizione la forza totale agente su qo è zero.
B: La carica qo è respinta da q1 e q2 e attirata da q3 e q4 . Tutte queste forze hanno lo stesso modulo ma questa volta sono a due a due concordi:
(osserviamo che r = a 2 / 2 = 2 / 2m ⇒ r 2 = 0,5m 2
qq
2 ⋅10 −12
F1 = F2 = F3 = F4 = k 0 o2 = 9 ⋅109
= 3,6 ⋅10 −2 N
r
0,5
da cui
F1 + F4 = F2 + F3 = 2 ⋅ 3,6 ⋅ 10 −2 N = 7,2 ⋅ 10 −2 N
qo
q3
q4
q1
q2
qo
F4+F1
F3+F2
R
q4
q3
La forza risultante agente su qo è data dalla somma vettoriale delle due forze da 7,2 ⋅ 10 −2 N che sono poste a 90° tra loro:
R = 7,2 ⋅10 −2 2 = 0,1N diretta verticalmente verso il basso.
q1
q
2
qo F +F
3
2
C: Le cariche q1 e q4 esercitano su qo forze uguali e opposte, mentre q3 e
q2 esercitano due forze uguali che si sommano. La forza risultante ha modu
lo R = 3,6 ⋅ 10 −2 ⋅ 2 = 7,2 ⋅ 10 −2 N e forma un angolo di 45° con
q4
q3
l’orizzontale.
Problema 3
Ripetere il problema precedente (configurazione C) con i seguenti dati:
q1 = +1µC
q 2 = −2 µC
q3 = +3µC
q4 = +4 µC
q0 = +5µC
Calcoliamo i moduli delle quattro forze agenti su qo
R
qq
5 ⋅10 −12
F1 = k 0 0 2 1 = 9 ⋅109
= 0,09 N
r
0,5
qq
10 ⋅10 −12
F2 = k 0 0 2 2 = 9 ⋅10 9
= 0,18 N
r
0,5
qq
15 ⋅ 10 −12
F3 = k 0 0 2 3 = 9 ⋅ 109
= 0,27 N
r
0,5
−12
q0 q 4
9 20 ⋅10
F4 = k 0 2 = 9 ⋅10
= 0,36 N
r
0,5
q1
q2
F3
F4
qo
F2
F1
q3
e scriviamole per componenti:
13
q4
F1 = F1
F2
F3
F4
2ˆ 2 ˆ
i − F1
j = 0,063iˆ − 0,063 ˆj
2
2
2
2
ˆj = 0,13iˆ + 0,13 ˆj
= F2
iˆ + F2
2
2
2
2
ˆj = 0,19iˆ + 0,19 ˆj
= F3
iˆ + F3
2
2
2
2
ˆj = −0,25iˆ + 0,25 ˆj
= − F4
iˆ + F4
2
2
Sommiamo le componenti per trovare la risultante:
Ftot = (0,063 + 0,13 + 0,19 − 0,25)iˆ + (−0,063 + 0,13 + 0,19 + 0,25) ˆj = 0,13iˆ + 0,5 ˆj
Il modulo della risultante è
Ftot =
(0,13)2 + (0,5)2
= 0,52 N
 0,5 
e l’angolo che forma con l’asse delle x è ϑ = arctg 
 = 75,4°
 0,13 
Problema 4
Le cariche Q1 e Q2=-2Q1 sono poste ad una distanza d. Dove deve essere posta una terza carica
qo+ affinché senta una forza nulla?
+
A
B
qO
Q 1+
Q 2-
x
d
Osserviamo intanto che la carica qo+
• non può essere messa tra le due cariche Q1 e Q2, perché verrebbe attirata da una e respinta
dall’altra e le due forze avrebbero lo stesso verso
• non può essere messa a destra del punto B perché le forze questa volta avrebbero verso oopposto, ma la forza attrattiva è necessariamente più grande in modulo di quella repulsiva perché
la carica opposta, più vicina, è anche più grande.
• deve essere posta in un punto a sinistra del punto A in modo che vi sia compensazione tra la
forza attrattiva, esercitata da una carica più grande ma più lontana, e la forza repulsiva esercitata
da una carica più piccola ma più vicina
• osserviamo inoltre che un problema analogo, affrontato l’anno scorso durante lo studio
dell’interazione gravitazionale, non aveva richiesto questa discussione perché la forza gravitazionale è solo attrattiva.
Scriviamo l’espressione delle due forze: F 1 = k
Q 1q
x
2
F2 = k
Q2 q
(d + x) 2
=k
2Q1 q
(d + x) 2
e uguagliamole:
k
Q1q0
2Q1q0
=k
2
x
(d + x) 2
⇒
1
2
=
2
x
(d + x) 2
⇒
( d + x) 2 = 2 x 2
questa equazione di secondo grado porta alle soluzioni: x = d (1 ± 2 ) : di queste accettiamo solo
quella positiva perché quella negativa corrisponderebbe a un punto posto fra A e B.
14
Problema 5
Determinare l’espressione della forza di Coulomb che agisce su una carica qo+ posta sull’asse di un
segmento di lunghezza 2d sui cui estremi sono fissate due cariche uguali Q+.
Sulla carica qo+ agiscono due forze uguali in modulo:
Qq
FA = FB = k 2 o 2
(d + y )
L’angolo ϑ rappresentato in figura è tale che
Ftot
FA
d 
ϑ = arctg  
 y 
qO
FB
y
e la forza totale Ftot = FA + FB è diretta verticalmente verso l’alto
e ha modulo
Ftot = 2 FA cos ϑ
1
Sappiamo che cos ϑ =
Ftot = 2k
ϑ
+
1 + tg 2 ϑ
A
B
Q+
Q+
d
: sostituendo nell’espressione della forza totale otteniamo:
Qq o
Qq
Qq
Qq
1
1
cos ϑ = 2k 2 o 2
= 2k 2 o 2
= 2k 2 o 2
2
(d + y )
(d + y ) 1 + tg 2ϑ
(d + y ) 1 + d 2 / y 2
(d + y )
Qq o y
= 2k
2
y
y2 + d 2
3
2
(d + y )
Se la distanza della carica qo+ diventa molto grande rispetto a d nell’espressione trovata si può trascurare il termine d2. Si ottiene:
Qq o y
2Qq o y
2Qq o
lim 2k
=k
=k
3
3
d →0
y
y2
2
2 2
(d + y )
Questa forza è la stessa che sentirebbe la carica qo per l’effetto di una carica 2Q. A grandi distanze
il dipolo si comporta come un’unica carica.
2
2
Confronto tra la forza di gravità e la forza di Coulomb:
Consideriamo l’atomo secondo il modello planetario: l’elettrone gira intorno al nucleo perché c’è la
forza centrifuga. La forza che attrae l’elettrone verso il nucleo è di due tipi: forza elettrica e forza di
gravità.
Fg = G
Fe = k
me m p
r2
= 6,67 ⋅ 10 −11
(
(
9,1 ⋅ 10 −31 ⋅ 1,8 ⋅ 10 −27
)
)
−19 2
e2
1,6 ⋅ 10
= 9 ⋅ 109
2
r
5,3 ⋅ 10−11
(5,3 ⋅ 10 )
−11 2
2
= 3,89 ⋅ 10 − 47 N
= 8,2 ⋅ 10 −8 N
Vediamo che la forza di Coulomb è circa 1040 volte più grande della forza di gravità.
Gli atomi stanno quindi assieme per le forze elettriche.
Il nucleo, formato da particelle positive (i protoni) dovrebbe esplodere: in realtà a distanze così piccole si manifesta la forza nucleare (interazione forte) che è una forza elevatissima a corto raggio
(10-15m) e va rapidamente a zero appena ci si allontana.
15
=
Perché il nucleo sia stabile sono necessari anche i neutroni, in quanto la forza nucleare (attrattiva) si
manifesta tra tutte le coppie di nucleoni (protone-protone, neutrone-neutrone, protone-neutrone)
mentre la forza di Coulomb (repulsiva) agisce solo tra protone e protone. Un sufficiente numero di
neutroni garantisce stabilità al nucleo, perché aumenta la forza a corto raggio che diventa prevalente
rispetto alla forza di Coulomb.
Il campo elettrico
Il concetto di campo
Definiamo innanzitutto il campo scalare: è una funzione che associa ad ogni punto dello spazio un
numero (uno scalare). Dal punto di vista matematico è una funzione che, ricevendo in ingresso una
terna di numeri, ne da in uscita uno solo.
( x, y , z ) →
f : ℜ3 → ℜ
f
→ t = f ( x, y , z )
Come si rappresenta un campo scalare? Noi fino ad adesso abbiamo rappresentato (mediante i grafici cartesiani) delle funzioni da ℜ a ℜ, ma questa volta il dominio della funzione non è più un sottoinsieme della retta reale ma un sottoinsieme dello spazio tridimensionale.
Pensiamo a un campo scalare che ha per insieme di definizione la lavagna e pensiamo di scrivere su
ogni punto della lavagna il valore ad esso associato: dopo un poco le scritte si sovrappongono e non
possiamo più leggere niente.
Il campo scalare si rappresenta mediante le superfici di livello, che sono il luogo geometrico dei
punti dello spazio ai quali è associato un medesimo numero.
Un campo scalare è l’altitudine: ad ogni punto della superficie terrestre (latitudine e longitudine)
viene associata la sua altitudine. Le isoipse sono le linee che con300
giungono i punti con la stessa altitudine. L’osservazione delle curve
200
di livello fornisce molte informazioni sull’andamento del campo.
100
La figura a destra rappresenta una valle: vediamo che l’altezza decresce avvicinandoci al centro.
100
300
200
La figura a sinistra rappresenta invece un
rilievo: osserviamo che sulla sinistra le curve di livello sono più ravvicinate. Questo significa che lo stesso dislivello viene percorso in meno
spazio: la pendenza è maggiore.
Un altro campo scalare è rappresentato dalla
pressione atmosferica. Le curve di livello sono
dette isobare. Se le isobare assumono una conformazione quasi concentrica con un minimo di
pressione nella parte centrale siamo in presenza
di un ciclone o depressione; se, al contrario, le
isobare assumono, sempre nella parte centrale,
il valore massimo, avremo una struttura che si
chiama anticiclone
Questo concetto ci servirà tra poco per rappresentare il potenziale elettrostatico.
16
Definiamo ora il concetto di campo vettoriale. Si dice campo vettoriale una funzione che associa
ad ogni punto dello spazio non più un numero ma un vettore. Tecnicamente si potrebbe dire che è
una funzione che va da ℜ3 a ℜ3.
f : ℜ3 → ℜ
( x, y , z ) →
f
→ v = f ( x, y, z )
Le tre componenti del vettore v sono funzione del punto a cui si sta associando il vettore:
v = (v x ( x, y, z ); v y ( x, y, z ); v z (x, y, z ))
Come si rappresenta un campo vettoriale? Anche in
questo caso è evidente che non si può “disegnare” il
vettore su ogni punto.
v1
Si introduce allora il concetto di linea di campo. Le
P1
linee di campo sono linee tali che, in ogni loro punto,
P2
sono tangenti al vettore associato al punto stesso (sono le linee di flusso che abbiamo introdotto durante
lo studio della dinamica dei fluidi).
Questa rappresentazione fornisce un’informazione sulla direzione e
sul verso dei vettori ma non sul modulo. Questa informazione in parte
recuperata infittendo le linee di campo: dove le linee di campo sono
più fitte il campo vettoriale è più intenso; diremo che l’intensità del
campo è proporzionale alla densità di linee di campo.
Le linee di campo non possono intersecarsi né formare angoli, in
quanto ad ogni punto deve essere associata una sola tangente.
v4
v3
P4
P3
v2
Il campo elettrico
Un campo elettrico è una proprietà dello spazio generata da una carica q, detta sorgente, rilevabile
mediante l’utilizzo di una carica di prova q0+. Il campo elettrico è un campo vettoriale (indicato con
Ε) definito come:
Fe
E=
qo
Osservazioni:
• Il campo elettrico si misura in N/C
• La direzione e il verso del campo elettrico sono quelli della forza Fe
L’utilità del campo elettrico rispetto alla forza elettrica è che il campo elettrico è indipendente dalla carica di prova con cui lo si misura, mentre la
forza di Coulomb non lo è.
Il campo elettrico generato da una carica q nello spazio circostante si esprime come:
qqo
2
q
E = r =k 2
qo
r
q+
E
.
q
-
Fe
.
Modulo del campo elettrico generato da una carica puntiforme q a
distanza r
k
Vediamo che il modulo del campo elettrico dipende solo dalla carica sorgente e dalla posizione del
punto (r ).
17
Anche per il campo elettrico vale il principio di sovrapposizione.
Q1
q0
F1
+
Ftot
F1
Q2
Fe tot
Etot =
q0
Caratteristiche della carica di prova:
1) deve essere positiva per convenzione. Di conseguenza una carica negativa posta in un campo
elettrico sente una forza che ha verso opposto a quello delle linee di campo.
2) deve essere piccola come estensione spaziale (al limite puntiforme) per poter associare ad ogni
punto dello spazio un vettore campo elettrico.
3) deve essere piccola come valore di carica per non alterare la distribuzione di carica della sorgente (soprattutto se questa è estesa) con fenomeni di tipo induttivo o di polarizzazione. Al limite la
carica di prova dovrebbe tendere a zero. Questo non è praticamente realizzabile perché esiste in natura il quanto indivisibile della carica: la carica dell’elettrone (e = -1,6·10-19C)
Campo elettrico di alcune distribuzioni semplici di carica:
Campo elettrico generato da
una carica puntiforme:
è un campo radiale: le linee sono uscenti dalla carica sorgente
positiva e entranti nella carica
sorgente negativa
Q+
Q
Notiamo che la densità di linee di forza decresce come il
quadrato della distanza: questo comportamento è coerente
con il fatto che il modulo della forza di Coulomb (e quindi
anche del campo elettrico) decresce con il quadrato della distanza. La superficie S1 intercetta un certo numero di linee:
per intercettare lo stesso numero di linee a distanza p volte
maggiore dobbiamo utilizzare una superficie p2 volte più
grande.
-
S2
S1
Campo elettrico generato da un dipolo formato da cariche
opposte:
Consideriamo un punto qualsiasi e proviamo a costruire il vettore campo elettrico:
Il campo elettrico associato ai
punti dell’asse del dipolo è orizzontale
Q+
Q
-
Q+
Q
18
-
Si perviene ad uno schema come quello rappresentato a fianco. Osserviamo che le linee di campo escono dalla carica positiva ed entrano
in quella negativa.
Campo elettrico generato da un dipolo formato da cariche uguali:
Abbiamo già calcolato la forza elettrica agente su una carica di
prova positiva posta sull’asse: dividendo l’espressione trovata
per qo+ troviamo l’equazione del campo elettrico per i punti
dell’asse.
Cercando il campo elettrico per vari punti dello spazio si disegna
uno schema come quello rappresentato a fianco.
Problema (per ora insolubile)
Un elettrone si avvicina ad un dipolo come rappresentato nella figura a
fianco. Di che tipo di moto si muoverà? È sempre sottoposto ad una forza,
Q+
in ogni istante del suo moto, ma tale forza non è costante. Si muove quindi
di moto accelerato ma non accelerato uniforme. Questo problema non si riesce ad affrontare (a livello di liceo) tramite l’analisi delle forze: lo affrontee
remo più avanti con la conservazione dell’energia. Questo esempio è com+
Q
plesso ma presenta un aspetto semplice: riusciamo a disegnare la traiettoria.
L’elettrone infatti l’istante successivo a quello rappresentato dal disegno
subirà una forza di intensità diversa ma con la medesima direzione.
È importante fare distinzione tra linee di campo e traiettoria. Non sono assolutamente la stessa cosa:
le linee di campo forniscono la forza istante per istante.
Osservazioni sul concetto di campo
Il campo elettrico è ciò che funge da tramite all’interazione.
• La carica genera una certa proprietà dello spazio circostante
Q1
che chiamiamo campo elettrico.
• Questo campo si propaga (vedremo poi ad una velocità finita)
• Quando il campo arriva nel punto B fa sentire la sua azione anche sulla carica Q2
• A sua volta anche la carica Q2 genera un campo elettrico
Q2
Il campo è ciò che media l’interazione.
Un esempio in parte fuorviante: se lasciamo cadere un sasso nello stagno poco distante da una boa
vediamo che la boa inizia ad oscillare dopo che è caduto il sasso. Questo esempio è fuorviante perché fa pensare che anche nel caso del campo elettrico ci sia bisogno di un mezzo materiale.
Spiegheremo invece il meccanismo per cui le onde si propagano nel vuoto.
Il flusso di un campo vettoriale.
Consideriamo innanzitutto un’area piana e ipotizziamo che il campo vettoriale (che indicheremo
con V) sia costante su tutti i punti della superficie e perpendicolare ad essa. Il flusso è una grandezza legata alla quantità di campo che passa attraverso la superficie. Dipende ovviamente:
• dall’area (se l’area è doppia il flusso è doppio, etc,)
19
• dall’intensità del campo (quindi dal modulo del vettore)
Appare per ciò naturale definire il flusso del campo V attraverso la superficie A come il prodotto di
A per V:
Φ(V ) = A ⋅ V
Osserviamo che se il campo vettoriale V fosse la velocità di un fluido, il flusso rappresenterebbe la
portata del condotto (da cui il nome di flusso).
Ora cambiamo il campo vettoriale: è ancora uniforme (cioè costante in modulo, direzione
e verso) ma forma un certo angolo con la superficie. Come cambia il flusso? Se manteniamo il parallelo con l’acqua, in questo caso il flusso diminuisce (passa meno fluido).
Per fornire questa informazione in modo geometrico si può dire che quello che conta
ai fini del flusso non è l’area vera ma l’area efficace, cioè la proiezione dell’area toAeff
tale nella direzione perpendicolare alle linee di campo. In questo caso il flusso sarà
Φ(V ) = Aeff ⋅ V
Che relazione c’è tra A e Aeff?
Se sezioniamo un cilindro perpendicolarmente otteniamo
un cerchio, quindi l’area efficace è
ϑ
Aeff = πR 2
R
R
Se invece lo sezioniamo obliquamente otteniamo
un’ellisse, che ha semiassi lunghi R e R’, dove
R’
R
R
R' =
cosϑ
Aeff
A
Aeff
πR 2
L’area dell’ellisse è A = πRR' =
=
cosϑ cos ϑ
Abbiamo quindi trovato la relazione tra l’area efficace e la sezione perpendicolare del cilindro:
Aeff = A cos ϑ
A questo punto possiamo scrivere il flusso come
Φ(V ) = Aeff ⋅ V = A cosϑ ⋅ V = AV cos ϑ
Questa espressione ricorda il prodotto scalare tra due vettori, ma l’area non è un vettore. Introduciamo allora un vettore area perpendicolare all’area stessa (quindi con la direzione del flusso) che
ha per modulo l’area della superficie. Con questa definizione l’angolo ϑ viene ad essere proprio
l’angolo compreso tra il vettore A e il vettore V. A questo punto si può definire il flusso attraverso
una superficie come il prodotto scalare tra il vettore area e il campo vettoriale:
Φ (V ) = A ⋅ V
Flusso di un campo vettoriale
V attraverso una superficie A
La definizione di flusso attraverso una superficie che abbiamo ottenuto è bel lontana dall’essere una
definizione generale, perché non è una definizione di flusso attraverso una superficie qualunque di
un campo qualunque. Infatti:
• la superficie che abbiamo preso in considerazione è piana (solo per una superficie piana ha senso parlare di vettore associato, in quanto una superficie curva non ha una perpendicolare unica)
• il campo è costante su tutti i punti della superficie
20
Nel caso più generale la superficie è qualunque e punto per punto il campo vettoriale cambia. Come
possiamo calcolare il flusso in una situazione del genere?
Si procede allora nel modo seguente:
v4
1) Spezziamo la superficie in tanti elementini ds così piccoli
• da poter essere considerati piani (allo stesso modo in cui localmente non si percepisce la curvatura della terra)
• che su di essi il campo vettoriale non cambi in modo apprezzabile (e si possa perciò considerare costante)
v5
v6
v3
v2
v1
2) Prendiamo il primo di questi elementi ds1 e calcoliamo il flusso:
Φ ds1 (V1 ) ≅ ds 2 ⋅ V2
Questo è evidentemente un risultato approssimato.
ds1
3) Si prosegue così per tutti gli elementini ds.
n
Φ tot = ∑ ds i ⋅ Vi
4) Il flusso totale è la somma dei vari flussi:
i =1
Questa sommatoria è sostanzialmente infattibile, e inoltre è approssimata.
5) Il risultato diventa esatto quando gli elementini di superficie sono il più piccolo possibile:
Φ tot = lim ∑ ds i ⋅ Vi = ∫ V ⋅ ds
n
dsi → 0 i =1
n →∞
ϑ1
Significato fisico del segno del flusso di un campo vettoriale.
Consideriamo una superficie chiusa che contiene una carica positiva.
Per definizione il vettore area associato ad una superficie chiusa
ha verso uscente dalla superficie stessa.
Le linee di campo elettrico (uscenti dalla superficie) formano un
angolo acuto con il vettore area.
Φ tot = E1.ds1 cos ϑ1 + E2 .ds2 cos ϑ2 + E3 .ds3 cos ϑ3 + ...
In questa somma ogni addendo è positivo (i moduli dei vettori
sono positivi e il coseno di un angolo acuto è positivo).
E1
ds 3
ϑ3
ϑ2=0
E2
ds 2
ds1
ϑ1
E1
ϑ3
Se invece le linee sono entranti l’angolo è ottuso, il coseno è negativo e tutti gli addendi sono negativi:
E2
ϑ2=180°
ds 2
21
E3
Q
⇒ Φ tot > 0
Il flusso positivo è associato alle linee uscenti dalla superficie
chiusa.
⇒ Φ tot < 0
ds1
Q
-
E3
ds 3
Il flusso negativo è associato alle linee uscenti dalla superficie chiusa.
Il teorema di Gauss
1 Mostriamo innanzitutto che il flusso del campo elettrico attraverso una superficie chiusa generato da una carica esterna alla superficie è zero
La superficie efficace è perpendicolare alle linee di campo: per
calcolare il prodotto scalare tra il
vettore campo elettrico e il vet
tore area possiamo
ds1 S1eff
pr
S
E
1
2eff
• Prendere solo la componente
r
di E perpendicolare alla suE2
perficie
• Considerare come area dolo
ds 2
la superficie efficace
Se p è il rapporto tra le distanze delle due superfici dalla carica che genera il campo sappiamo dalla
definizione di campo elettrico che
E1
E2 = 2 Sappiamo inoltre che il rapporto tra le sup perfici è
S2eff = p 2 S1eff
Calcoliamo il flusso attraverso le due superfici:
Φ S1 ( E1 ) = − E1S1eff
(il segno meno è dovuto al fatto che l’angolo tra E1 e S1eff è 180)
E
Φ S2 ( E2 ) = E2 S 2eff = 12 p 2 S1eff = E1S1eff = −Φ S1 ( E1 )
p
Ripetendo il ragionamento per ogni cono che attraversa la superficie chiusa arriviamo alla conclusione che il flusso totale vale zero.
I flusso attraverso una superficie chiusa arbitraria del campo elettrico generato da una carica esterna
alla superficie stessa vale zero.
2 Supponiamo ora di avere una carica interna alla superficie
Per calcolare il flusso attraverso una superficie S chiusa e arbitraria mostriamo che è lo stesso se calcolato
attraverso una sfera centrata nella carica Q.
Φ1 = S1 E1
Φ 2 = S 2 E2 = p 2 S1
S 2eff
E2
S1
E1
E1
= Φ1
p2
Ripetendo il ragionamento per ogni cono si arriva alla
conclusione che il flusso attraverso la superficie arbitraria S è lo stesso flusso che attraversa una qual22
S
siasi sfera centrata in Q.
Rimane da calcolare il flusso attraverso una sfera centrata in Q.
ϑ=0
Immaginiamo di dividere la superficie della sfera in tanti
pezzettini di area piccolissima dSi. Il campo elettrico, essendo radiale, è sempre perpendicolare alla superficie, di
conseguenza l’angolo ϑ vale zero e il suo coseno vale 1.
Tutte queste superfici sono alla stessa distanza dal centro
della sfera: su ciascuna di esse il campo elettrico vale:
kQ
E = 2 = E (r ) .
r
Il flusso attraverso ogni superficie infinitesima dS vale:
kQ
Φ i = E (r )dSi = 2 dSi
r
e il flusso totale:
E1
ds1
kQ
Φ( E ) = E (r )dS1 + E (r )dS 2 + E (r )dS 3 + ... = E (r )(
. dS1 + dS 2 + dS 3 + ...) = 2 S tot
r
2
Ricordando che la superficie della sfera è S sfera = 4πr e che la costante elettrostatica si può scrivere
1 Q
1
Q
possiamo esprimere il flusso totale come Φ( E ) =
4πr 2 =
come k =
2
4πε 0 r
4πε 0
ε0
Q
Φ( E ) =
Flusso del campo elettrico generato da una carica Q interna attraverso qualsiasi superficie.
ε0
3 Esaminiamo il caso in cui sono presenti più cariche. Grazie al principio di sovrapposizione
possiamo calcolare il flusso per ogni singola carica e sommare algebricamente i flussi così ottenuti.
Q + Q + 2Q +
Φ S1 ( E ) =
+
=
ε0
ε0
+
Q
ε0
-
Q
Q+ Q−
Φ S2 ( E ) =
+
=0
ε0
+
Q
ε0
Riassumendo, il teorema di Gauss afferma che:
Il flusso del campo elettrico attraverso una superficie
chiusa ed arbitraria è uguale alla somma algebrica
delle cariche interne alla superficie diviso εo.
S2
Teorema di Gauss
()
Φ S E = ∫ E ⋅ dS =
S
23
∑Q
int
ε0
S1
Il conduttore isolato
Il teorema di Gauss può essere impiegato per dimostrare che un eccesso di carica, posto su un conduttore isolato, si distribuisce interamente sulla superficie esterna.
Quando su un conduttore isolato viene posto un eccesso di carica, questo crea all’interno del conduttore un campo elettrico che agisce sugli elettroni di conduzione facendoli muovere. Quando gli elettroni hanno raggiunto una situazione
di equilibrio il campo elettrico in tutti i punti interni al conduttore è zero (se non lo fosse gli elettroni sentirebbero una forza e non sarebbero
all’equilibrio).
Consideriamo una superficie di Gauss contenuta all’interno del conduttore e a piccola distanza dalla superficie.
All’equilibrio elettrostatico il campo elettrico è nullo in ogni punto interno al conduttore perciò anche su ogni punto della superficie gaussiana scelta. Di conseguenza il flusso del campo elettrico attraverso la superficie è zero. Per il teorema di Gauss sarà zero anche il rapporto Q/εo e di conseguenza la carica Q contenuta nella superficie scelta.
E=0
⇒
Φ=0
⇒
Q=0
Data l’arbitrarietà della superficie possiamo concludere che la carica non è interna al conduttore:
deve perciò trovarsi sulla superficie.
Applicazioni del teorema di Gauss
Il teorema di Gauss serve a calcolare il campo elettrico generato da sorgenti che abbiano una distribuzione particolarmente simmetrica.
La tecnica dimostrativa è sempre la stessa:
a) si parte da considerazioni di simmetria per capire la direzione del campo da calcolare
b) guidati dalle considerazioni di simmetria si sceglie la superficie gaussiana attraverso la quale
calcolare il flusso.
c) si calcola il flusso del campo elettrico attraverso la superficie scelta in due modi: con il Teorema
di Gauss e per via geometrica
d) eguagliando i due flussi si ottengono informazioni sul campo elettrico
1 Campo elettrico generato da un conduttore sferico uniformemente carico.
a) Considerazioni di simmetria.
All’interno di un conduttore il campo elettrico è
nullo e la carica si distribuisce sulla superficie del
conduttore con densità di carica costante. Voglia-
dq1
dE
P’
dE1
dq1
24
P dE2
mo calcolare l’intensità di campo elettrico nel punto P esterno al conduttore.
Proiettiamo radialmente il punto P sulla circonferenza ottenendo il punto P’. Consideriamo una corona circolare di carica centrata sulla superficie. I campi elettrici generati da due elementini di superficie dq1 e dq2 della corona simmetrici rispetto a P’ hanno una risultante diretta lungo la congiungente PP’. Ripetendo il ragionamento per tutte le coppie di cariche infinitesime ottengo che il
campo elettrico in P è radiale.
Se prendo un altro punto S distante dalla superficie sferica tanto quanto P posso ripetere il ragionamento senza alcuna differenza: il punto S vede lo stesso sistema fisico (invariante per rotazione):
posso concludere che il campo elettrico in S ha lo stesso modulo che in P. Di conseguenza il campo
elettrico su tutti i punti di una sfera concentrica con il conduttore è radiale e costante in modulo.
b) Scelta della superficie gaussiana.
La superficie gaussiana opportuna è una sfera con centro coincidente con il centro del conduttore e
passante per P.
c) Calcolo del flusso in due modi.
( )
Q
Flusso del campo elettrico con il teorema di Gauss: Φ S E = tot
Flusso per via geometrica: Φ S
( )
ε0
E = E1dS1 cos ϑ1 + E2 dS 2 cos ϑ2 + E3dS3 cos ϑ3 + ...
Il campo è radiale quindi è parallelo al vettore area. Di conseguenza
ϑ1 = ϑ2 = ... = 0° ⇒ cos ϑ1 = cos ϑ2 = ... = 1 . I moduli dei vettori E1, E2 etc. sono tutti uguali a E(r) e
la somma dei vari dSi è uguale alla superficie della sfera. Si ottiene quindi:
Φ S E = E (r ) ⋅ 4π r 2
( )
d) Uguaglianza delle due espressioni del flusso.
( )
( )
Φ S E = E (r ) ⋅ 4π r 2
Q
Φ S E = tot
E (r ) ⋅ 4π r 2 =
ε0
Qtot
ε0
Possiamo concludere che:
1 Qtot
4πε 0 r 2
Una sfera conduttrice uniformemente carica genera a distanza r dal suo centro lo stesso campo elettrico che genererebbe la carica se fosse tutta concentrata nel centro della sfera.
E (r ) =
Ovviamente questo ha senso per r>R, dove R è il raggio della sfera.
Confrontiamo nella figura seguente i grafici dei campi elettrici a distanza r generati da una carica
puntiforme e da una sfera carica di raggio R:
25
R
E
E
k
Qtot
R2
Carica puntiforme
k
Sfera conduttrice
Qtot
R2
r
r
R
2 Campo elettrico generato da una sfera isolante piena uniformemente carica.
a) Considerazioni di simmetria. Esprimiamo il dato che la sfera sia piena e uniformemente carica
ponendo costante la densità di carica volumica ρ:
Q
ρ = = cost
V
Per punti esterni alla sfera valgono le stesse considerazioni di simmetria che abbiamo osservato per
la sfera conduttrice (utilizzando dischi pieni anziché corone circolari). Il campo è radiale e costante
in modulo per tutti i punti alla stessa distanza dal centro della sfera. (r>R).
Anche per i punti interni alla sfera valgono considerazioni di simmetria analoghe.
b) Scelta della superficie gaussiana.
La superficie gaussiana opportuna è una sfera con centro coincidente con il
centro della sfera.
Punto esterno (r>R): con le stesse considerazioni del punto precedente si ottiene un campo elettrico identico.
Punto interno (r<R): consideriamo una superficie gaussiana di raggio r,
quindi interna alla sfera, concentrica con la sfera stessa. La carica contenuta
4
nella sfera è Qint = ρVS = ρ π r 3 .
3
S
r
c) Calcolo del flusso in due modi.
Flusso del campo elettrico con il teorema di Gauss: Φ S
( )
Qint ρ 4π r 3
E =
=
ε0
3ε 0
( )
Flusso per via geometrica: Φ S E = E1dS1 cos ϑ1 + E2 dS 2 cos ϑ2 + E3dS3 cos ϑ3 + ... = E (r ) ⋅ 4π r 2
d) Uguaglianza delle due espressioni del flusso.
ρ 4π r 3
ΦS E =
3ε 0
( )
( )
Φ S E = E (r ) ⋅ 4π r 2
26
Da cui
E (r ) =
ρ 4π r 3
= E (r ) ⋅ 4π r 2
3ε 0
ρ
r.
3ε 0
Possiamo concludere che
Il campo elettrico a distanza r dal centro di una sfera isolante uniformemente carica di raggio R è
 1 Qtot
r≥R
 4πε r 2

0
E (r ) = 
 ρ r
r<R
 3ε 0
Osserviamo che per r=R le due espressioni coincidono:
1 Qtot
.
4πε 0 R 2
E
k
Sfera isolante carica uniformemente
Qtot
R2
r
R
3 Campo elettrico generato da una filo rettilineo infinito uniformemente carico.
a) Considerazioni di simmetria.
Esprimiamo il dato che il filo sia uniformemente carico
ponendo costante la densità di carica lineare λ:
λ=
Q
= cost
ℓ
densità lineare di carica
dq1
r
P
E2
E
E1
Le due cariche dq1 e dq2 sono uguali e equidistanti da P:
dq2
i campi elettrici da esse generati hanno modulo uguale e
risultante perpendicolare al filo. Per ogni carica infiniteE
r
S
sima dq si può trovare la corrispondente perché il filo è
infinito.
Inoltre in un punto S posto alla
stessa distanza dal filo il campo
elettrico non può avere modulo diverso, in quanto un osservatore spostato
da S a P non vedrebbe alcun cambiamento.
spaccato
del filo
27
Possiamo concludere che alla stessa distanza dal filo il campo elettrico è costante in modulo e perpendicolare al filo stesso.
b) Scelta della superficie gaussiana.
dS
La superficie gaussiana opportuna è un cilindro di altezza h e raggio r che ha il filo per asse, chiuso alle
due estremità da due superfici circolari.
Osserviamo che il flusso del campo elettrico attraverso le due basi del cilindro è zero (il campo elettrico è
perpendicolare al vettore area), mentre per tutte le aree infinitesime in cui si può suddividere la superficie
laterale del cilindro il campo elettrico è parallelo al
vettore area.
La carica contenuta nel cilindro è
E
dS
r
E
h
Q = λ ⋅h
c) Calcolo del flusso in due modi.
Q
λ ⋅h
Flusso del campo elettrico con il teorema di Gauss: Φ S E = int =
( )
ε0
ε0
Flusso per via geometrica:
Φ S E = Φ Sbase E + Φ Slat E = E (r ) ⋅ dS1 + E (r ) ⋅ dS 2 + ... = E (r ) ⋅ Slat = E (r ) ⋅ 2π rh
( )
( )
( )
d) Uguaglianza delle due espressioni del flusso.
λ ⋅h
ΦS E =
( )
( )
Φ S E = E (r ) ⋅ 2π rh
ε0
λ⋅ h
= E (r ) ⋅ 2π r h
ε0
Da cui E (r ) =
λ 1
⋅ .
2πε 0 r
Il campo elettrico a distanza r da un filo infinito uniformemente carico con densità di carica lineare
λ 1
λ è dato da:
E (r ) =
⋅
2πε 0 r
28
Osserviamo che la dipendenza dalla distanza è una proporzionalità inversa: il campo decresce come
1/r anziché come 1/r2 come nel caso di una carica puntiforme.
Il filo infinito è ovviamente una sorgente di campo irrealizzabile in pratica, tuttavia esso rappresenta una buona
approssimazione se si considerano punti abbastanza vicini
al filo (in rapporto alla sua lunghezza). Come si vede dalla
figura la perturbazione causata dagli estremi del filo è minima e il campo si può considerare radiale.
.
P
4 Campo elettrico generato da un piano infinito uniformemente carico.
a) Considerazioni di simmetria.
I piano infinito è uniformemente carico, quindi la densità di carica superficiale è costante.
Q
σ = = cost
densità superficiale di carica
A
E
Per determinare la direzione del
E
campo in un punto P consideriamo i
campi generati dalle cariche puntiE2
E1
formi appartenenti ad una corona
Q
P
circolare centrata nella proiezione di
P sul piano.
Due cariche dq diametralmente opposte generano un campo ortogonale
al piano. Ripetendo il ragionamento
dq2
dq1
per tutte le coppie di cariche della
corona circolare si ottiene un campo
perpendicolare al piano in ogni punto P. Ad un punto Q posto alla stessa distanza di P dal piano deve essere associato lo stesso campo elettrico che è associato a P. Infatti, poiché il piano è infinito, un osservatore posto in Q vede lo stesso sistema fisico di un osservatore posto in P.
.
29
b) Scelta della superficie gaussiana.
La superficie gaussiana opportuna è un cilindro di altezza 2r e area di base A , posto perpendicolarmente al piano e da esso tagliato
a metà altezza.
E
Il flusso attraverso al superficie laA
terale del cilindro è zero (in quanto
r
il campo elettrico è parallelo alla
superficie). È diverso da zero solo il
flusso attraverso le due basi: in questo caso l’angolo formato tra il vetr
tore area e il vettore campo elettrico
è zero.
A
c) Calcolo del flusso in due modi.
E
Q
σ ⋅A
Flusso del campo elettrico con il teorema di Gauss: Φ S E = int =
( )
( )
( )
( )
ε0
Flusso per via geometrica: Φ S E = Φ Slat E + Φ A E = 2 E (r ) ⋅ A
ε0
d) Uguaglianza delle due espressioni del flusso.
σ⋅A
ΦS E =
( )
Da cui E (r ) =
( )
Φ S E = 2 E (r ) ⋅ A
ε0
σ⋅ A
= 2 E (r ) ⋅ A
ε0
σ
.
2ε 0
Osserviamo che il campo elettrico non dipende da r: ha lo stesso valore in tutti i punti, da ogni parte del piano.
Il campo elettrico generato da un piano infinito uniformemente carico con densità di carica superficiale σ è dato da:
E=
σ
2ε 0
Come nel caso precedente il campo generato da un piano reale (di dimensioni finite) può essere espresso da questa formula se consideriamo punti lontani dal bordo e con una distanza dal piano piccola rispetto alle dimensioni del piano stesso.
30
6 Campo elettrico generato da due lastre parallele infinite uniformemente cariche.
E
+
Applichiamo il principio di sovrapposizione e utilizziamo i risultato ottenuti nel caso precedente.
Ciascuna delle due lastre (cariche uniformemente
con densità di carica uguale in valore assoluto)
genera sopra e sotto un campo elettrico uniforme
di intensità
σ
E+ = E− =
2ε 0
Punti Q e R (esterni alle lastre): i campi elettrici
dovuti a ciascuna delle due lastre sono opposti: la
risultante è zero.
E
-
Q
P E+
E
-
Punto P (tra le lastre): campi elettrici si sommano
dando una risultante di modulo
E
-
σ
E=
ε0
R
direzione perpendicolare alle lastre e verso uscente dalla lastra positiva.
Una configurazione di questo tipo dà luogo ad un campo elettrico uniforme confinato tra le due lastre. Se le
due lastre hanno una distanza molto minore delle loro
dimensioni gli effetti di bordo sono trascurabili. Un dispositivo di questo tipo è detto condensatore.
E
+
Effetti di
bordo
7 Campo elettrico generato da un conduttore carico.
a) Considerazioni di simmetria.
In questo caso il conduttore è di forma arbitraria, perciò non presenta nessuna simmetria. Il conduttore è carico, il che vuol dire che presenta un eccesso di carica che si è portato all’equilibrio portandosi sulla superficie. La densità di carica superficiale σ varia da punto a punto.
Vogliamo determinare quanto vale il campo elettrico nei punti esterni alla superficie e vicini ad essa. Nei punti vicini alla superficie il campo elettrico deve essere perpendicolare alla superficie.
Se così non fosse presenterebbe una componente parallela alla superficie che porterebbe la carica
libera di muoversi a sentire una forza e muoversi, contro l’ipotesi che le cariche abbiano raggiunto
una condizione di equilibrio.
E
E⊥
E
31
E
b) Scelta della superficie gaussiana.
L’assenza di simmetria ci obbliga a scegliere una superficie infinitesima: scegliamo un cilindretto come quello in figura. Poiché il campo
elettrico è zero dentro al conduttore e perpendicolare alla superficie
del conduttore stesso, l’unico contributo al flusso viene dalla superficie A esterna al conduttore.
Essendo l’area A infinitesima, su di essa il campo si può considerare
costante.
A
c) Calcolo del flusso in due modi.
Q
σ ⋅A
Flusso del campo elettrico con il teorema di Gauss: Φ S E = int =
( )
Flusso per via geometrica: Φ S
( )
( )
( )
ε0
E = Φ Slat E + Φ A E = E ⋅ A
ε0
d) Uguaglianza delle due espressioni del flusso.
σ⋅A
ΦS E =
( )
Da cui E =
( )
ΦS E = E ⋅ A
ε0
σ⋅ A
= E⋅ A
ε0
σ
.
ε0
Il campo elettrico nelle vicinanze di un conduttore carico con densità di carica superficiale σ è dato
da:
E=
σ
ε0
Osserviamo che il flusso nelle vicinanze di un conduttore carico è il doppio del flusso nelle vicinanze di una lastra non conduttrice carica uniformemente con la stessa densità di carica superficiale.
Nella formula con il simbolo σ si intende la densità di carica locale.
Il campo elettrico è perciò tanto più intenso quanto più grande è
la densità di carica.
Sulle punte, dove le cariche si addensano e la densità di carica è
più alta, il campo elettrico è particolarmente intenso.
In questa situazione può capitare che il campo elettrico sia così
intenso che riesce ad accelerare gli ioni presenti nell’aria: a loro
volta questi ioni, colpendo gli atomi, li ionizzano.
L’aria, che normalmente è un ottimo isolante, diventa così con32
duttrice e permette il passaggio delle cariche.
8 Induzione completa.
Consideriamo un oggetto carico (corpo inducente) e circondiamolo con un conduttore scarico (corpo indotto).
Le cariche positive indotte sono uguali alle cariche negative indotte.
Consideriamo una superficie gaussiana S contenuta all’interno del corpo inducente (la linea tratteggiata della figura). Sarà
ΦS E = 0
( )
perché all’interno del conduttore il campo elettrico è
zero.
Ma per il teorema di Gauss
Q
Φ S E = tot
( )
Corpo
inducente
ε0
Per cui la somma delle cariche interne, pari alla
somma delle cariche negative indotte e delle cariche
positive inducenti, è zero.
Di conseguenza deve essere
Corpo indotto
Superficie
gaussiana S
Q −indotte = Q + del corpo inducente
ma poiché abbiamo detto che le cariche positive indotte sono uguali alle cariche negative indotte
possiamo concludere che
Q + indotte = Q + del corpo inducente
Se ora colleghiamo a terra il corpo indotto le cariche “lontane” (le cariche positive) si disperdono a
terra e il guscio si carica negativamente.
Il flusso attraverso la superficie S1 della figura è diverso da zero: dentro al guscio c’è
campo.
Il guscio attraverso una qualsiasi superficie
S1 che racchiuda il guscio vale zero perché la
S
carica totale contenuta è zero.
Il guscio conduttore collegato a terra rappresenta perciò uno schermo elettrostatico: al
suo esterno il campo elettrico è nullo. Per
questo motivo le carcasse degli elettrodomestici sono collegate alla terra dell’impianto
S2
elettrico.
33
Problema:
Due fili uniformemente carichi con
densità λ+=10-6C/m e λ- = -2λ+
sono paralleli e distano 40 cm. Determinare:
a) il campo elettrico nel punto P in
figura
b) il punto in cui il campo elettrico
vale zero
a)
sen ϑ = cos ϑ =
2
2
⇒
E1
1
E2
2
d
x
r
E
ϑ 2
α
r
E
r = 20 2 cm
d = 40 cm
P
E1
ϑ = 45°
λ+ 1
10 − 6
1
N
⋅ =
= 63, 58
−12
2 πε 0 r 55, 6 ⋅ 10
C
0, 2 ⋅ 2
λ− 1
2λ + 1
E2 =
⋅ =
⋅ = 2 E1
2 πε 0 r
2 πε 0 r
E1 =
2ɵ
2ɵ
E1 = E1
i − E1
i
2
2
2ɵ
2ɵ
E2 = 2 E1
i + 2 E1
i
2
2
3 2
2 ɵ
E=
E1 ɵi +
E1 i
2
2
2
2
3 2   2 
N
E= 
E1  + 
E1  = E1 5 = 142, 2
 2
 

C

  2

1
α = arctg = 18, 4°
3
b) Il punto cercato deve essere sulla retta perpendicolare ai due fili, alla sinistra del filo 1.
λ+ 1
λ−
1
E1 =
⋅
e
E2 =
⋅
2πε 0 x
2πε 0 d + x
Se il campo elettrico deve valere zero sarà:
E1 = E2
⇒
λ+ 1 2 λ+
1
⋅ =
⋅
2πε 0 x 2πε 0 d + x
Dall’equazione ottenuta si ricava x = d.
34
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