43 Form. 14 Richiesta di risarcimento danni del pedone (art. 148, D

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Fase stragiudiziale
Form. 14
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Richiesta di risarcimento danni del pedone
(art. 148, D.Lgs. 209/2005)
………… Ass.ni S.p.A.
Via ………… n. … (sede legale)
………… Ass.ni S.p.A.
Agenzia di …………
Via ………… n. …
Racc. A.R.
Oggetto: richiesta di risarcimento danni - sinistro del … in località … - targa della controparte …
Con la presente, in nome e per conto del sig. …, nato a … il ……………,
residente in … via … n. …, c.f. …, professione …, chiedo il risarcimento dei
danni subiti dal mio cliente a causa del sinistro avvenuto in …………… in
data …, come da modulo di denuncia di sinistro ex art. 143, D.Lgs.
209/2005 che si allega e già inviatovi dal vostro assicurato.
Il sinistro si è verificato secondo le seguenti modalità: il sig. …, mentre camminava lungo via …, nell’attraversare le strisce pedonali all’altezza di …
veniva investito dall’autovettura … targa …, di proprietà del sig. …, vostro
assicurato.
A causa del sinistro il sig. … riportava lesioni personali con postumi permanenti del …% (1). La valutazione medico-legale delle conseguenze delle lesioni subite è riportata nell’allegata consulenza di parte, per la cui prestazione è stato corrisposto l’importo di euro …
Ai sensi dell’art. 142, D.Lgs. 209/2005, il sig. … dichiara di avere/non
avere diritto a prestazioni da parte di istituti che gestiscono assicurazioni
sociali obbligatorie.
Si precisa che il danneggiato svolge la professione di … e che ha … anni.
Si allegano:
—denuncia di sinistro;
—dichiarazione dei redditi del sig. … per l’anno …
—perizia medico-legale redatta dal dott. …
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Parte Prima
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—documento di identità;
—…………………
…………, lì …………
Avv. …………………
(1) Il nuovo secondo comma dell’art. 139 D.Lgs. 209/2005, modificato dal D.L. 1/2012,
convertito in L. 27/2012 stabilisce che «In ogni caso le lesioni di lieve entità che non siano
suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente».
L’art. 32, co. 3quater, D.L. 1/2012, convertito in L. 27/2012, aggiunge che «Il danno alla
persona per lesioni di lieve entità di cui all’articolo 139 del decreto legislativo 7 settembre
2005, n. 209, è risarcito solo a seguito di riscontro medico-legale da cui risulti visivamente
o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione».
Secondo la comunicazione dell’Isvap resa alle imprese di assicurazione e al mercato del 19-42012, «la prima disposizione, che integra il comma 2 dell’art. 139 del Codice delle assicurazioni, riferendosi espressamente al danno biologico permanente e, nulla dicendo sul danno
biologico temporaneo, consente, pur in assenza di accertamento clinico strumentale obiettivo,
il risarcimento di quest’ultimo. La seconda, con valenza più generale, non è espressamente
riferita ad alcuna tipologia di danno biologico (temporaneo o permanente) e consente di
accertare la lesione sia visivamente che strumentalmente. La lettura combinata e sistematica
delle due disposizioni porta a ritenere che soltanto il danno biologico permanente — cioè i
postumi invalidanti conseguenti alla lesione — per poter dar luogo a risarcimento debba
essere stato valutato dal medico legale attraverso un accertamento clinico strumentale obiettivo. Il danno biologico temporaneo, cioè i giorni di inabilità temporanea assoluta o relativa
conseguenti all’evento lesivo, potrà invece essere accertato dal medico legale sia visivamente
che strumentalmente. Tale conclusione è avvalorata dal fatto che un evento lesivo può dar
luogo a un danno biologico temporaneo, ma non necessariamente a un danno biologico
permanente».
Giurisprudenza correlata
• La responsabilità del conducente coinvolto nell’investimento del pedone pur essendo presunta, può tuttavia essere esclusa non solo quando l’investitore abbia fornito la prova di avere fatto
tutto il possibile per evitare il danno, ma anche quando risulti con certezza dalle modalità del
fatto che non vi era alcuna reale possibilità di evitare da parte sua l’incidente, come nel caso in
cui il pedone abbia compiuto un movimento inatteso e repentino sì da non consentire al conducente del veicolo, data la imprevedibilità e anormalità di esso, di porre in atto la manovra che
avrebbe potuto impedirne l’investimento (Cass. civ., sez. III, 8-11-2002, n. 15709).
• Nell’ipotesi di investimento di pedone minore di età da parte di motociclo, sussiste la responsabilità del conducente di quest’ultimo, con esclusione del concorso del pedone, qualora risulti, in
relazione allo stato dei luoghi (strada chiusa di periferia destinata al parcheggio ed al gioco) che
il conducente non abbia fatto tutto il possibile per evitare l’investimento e questo sia avvenuto da
tergo provocando gravi lesioni al soggetto investito (Giud. pace Torino, sez. V, 3-7-2002).
• La circolazione delle biciclette rientra nell’ambito di previsione delle fondamentali norme di
cui all’art. 2054 del codice civile. I velocipedi sono infatti considerati veicoli anche nei casi del
tutto particolari di conduzione a mano e di conduzione con i piedi per terra senza azionamento
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dei pedali. Conseguentemente, in caso di incertezza circa la dinamica di un sinistro stradale, è
applicabile la presunzione di pari colpa, anche in caso di scontro tra un motoveicolo e una bicicletta (Giud. pace Torino, sez. IV, 3-6-2002).
• In materia di responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale e di valutazione del
concorso di colpa, se il conducente di un autoveicolo, procedendo a velocità eccessiva (art. 102
del D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393), investe un pedone mentre attraversa la carreggiata fuori
degli appositi spazi (art. 134 stesso D.P.R.), non può ritenersi più grave la colpa del primo in
base alla maggiore gravità della sanzione penale, perché questa è correlata alla rilevanza sociale del bene protetto, e non alla gravità della colpa (Cass. civ., sez. III, 16-6-2003, n. 9620).
• In base agli artt. 190, comma 2, e 191, comma 2, c.s. il pedone che stia finendo l’attraversamento della carreggiata senza servirsi degli appositi spazi pedonali, trovandosi questi a più di
100 metri dal punto di attraversamento, ha diritto di precedenza rispetto al conducente del veicolo sopraggiungente (Trib. civ. Roma, sez. XII, 21-5-2003).
• Nei casi di investimento di pedone da parte di un autoveicolo gli elementi da valutare, ai fini
dell’accertamento delle relative responsabilità, non concernono solo la prova liberatoria da
parte del conducente circa l’osservanza di un comportamento esente da colpa in quanto conforme alle norme dettate dal Codice della strada. Doverosa, infatti, è la valutazione del comportamento del pedone onde appurare se abbia costituito elemento di causalità esclusivo del sinistro
laddove il conducente, in seguito ad esso, sia stato impossibilitato ad effettuare la manovra
d’emergenza atta a scongiurare l’investimento (App. Genova, sez. II, 27-7-2004, n. 533).
• In tema di violazione stradale, il conducente di un veicolo è tenuto a vigilare al fine di avvistare il pedone, implicando il relativo avvistamento la percezione di una situazione di pericolo,
in presenza della quale il conducente è tenuto a porre in essere una serie di accorgimenti (in
particolare, moderare la velocità e, all’occorrenza, arrestare la marcia del veicolo) al fine di
prevenire il rischio di un investimento. Da ciò consegue che, nel caso di investimento di un
pedone, perché possa essere affermata la colpa esclusiva di costui per le lesioni subìte o per la
morte, rileva la sua «avvistabilità» da parte del conducente del veicolo investitore. È cioè necessario che quest’ultimo si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza,
nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido ed inatteso; occorre, inoltre, che nessuna infrazione alle norme della
circolazione stradale ed a quelle di comune prudenza sia riscontrabile nel comportamento del
conducente del veicolo (Cass. pen., sez. IV, 10-11-2005, n. 40908).
• Il pedone che in violazione dell’art. 190, secondo comma, c.d.s. abbia attraversato la carreggiata quasi al centro di due attraversamenti pedonali, uno ad 80 metri da una parte e un altro a
35 metri dal punto d’impatto, è corresponsabile nella misura del 20% nella causazione del sinistro, tanto più se questo si è verificato in ora buia, su strada a scorrimento veloce e resa viscida
dalla pioggia (Trib. civ. Roma, sez. XII, 8-11-2005, n. 24093).
• Non sussiste la violazione di cui all’art. 190, secondo comma, c.d.s., nel caso in cui un pedone per attraversare la carreggiata non si sia servito di apposito sottopassaggio situato a distanza
inferiore a cento metri, qualora tale sottopassaggio non sia visibile né segnalato (Cass. civ., sez.
I, 31-10-2005, n. 21188).
• Nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, il giudice di merito deve verificare
— ove la sua mancanza costituisca motivo di opposizione — la configurabilità o meno dell’elemento psicologico del dolo o della colpa nella commissione dell’illecito, previsto in generale
dall’art. 3 della legge n. 689 del 1981, e quindi la conoscenza, o la conoscibilità, secondo l’ordinaria diligenza, dei presupposti di fatto dell’illecito; in particolare, in caso di sanzione amministrativa irrogata per aver attraversato la carreggiata stradale senza servirsi degli attraversamenti pedonali (in violazione dell’art. 190, comma secondo, del codice della strada), pur in
presenza di un apposito sottopassaggio situato a meno di cento metri, va verificato se il sottopassaggio fosse visibile o segnalato nel punto in cui il pedone aveva effettuato l’attraversamen-
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to, dovendo escludersi in caso contrario la configurabilità dell’elemento psicologico (Cass. civ.,
sez. I, 31-10-2005, n. 21188).
• Il pedone investito fuori dalle strisce pedonali va comunque risarcito, a meno che non abbia
attraversato la strada improvvisamente, in modo da impedire all’automobilista qualsiasi manovra d’urgenza necessaria ad evitare l’investimento (Cass. civ., sez. III, 27-10-2005, n. 20910).
• In caso di investimento mortale di un anziano che ha attraversato la strada al di fuori delle
strisce pedonali, non è possibile affermare la ricorrenza di un caso fortuito, ovvero di un avvenimento imprevisto ed imprevedibile che si inserisce d’improvviso nell’azione del soggetto e
che non può in alcun modo — neanche a titolo di colpa — farsi risalire all’azione dell’agente,
laddove l’agente stesso sia posto in condizioni di illegittimità tenendo una condotta non conforme alle norme di legge o ai fondamentali principi di comune prudenza. In tali ipotesi, infatti, il
profilo di colpa addebitabile all’imputato deve essere più propriamente individuato in una fase
anteriore a quella immediatamente precedente all’investimento e che, nella fattispecie, consiste
nell’avere tenuto una velocità, che pur non spropositata, era eccessiva e in ogni caso nel non
avere prestato la necessaria attenzione a ciò che avveniva sulla strada (Trib. pen. Roma, sez. IX,
12-10-2005, n. 19070).
• La presunzione di colpa del conducente del veicolo investitore prevista dall’art. 2054 comma
primo c.c. non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata
sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana. Pertanto, il fatto che il conducente non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione, non preclude l’indagine in
ordine all’eventuale concorso di colpa del pedone danneggiato; e, una volta accertata la pericolosità e l’imprudenza della condotta del pedone, la sua colpa concorre, ai sensi dell’art. 1227
comma primo c.c., con quella presunta del conducente (Cass. civ., sez. III, 9-6-2005, n. 12127).
• In tema di circolazione stradale, la regola della destra rigorosa non implica che vi sia obbligo
di rasentare il margine destro della carreggiata, ciò che in molte circostanze può essere fonte di
pericolo e va, quindi, considerato come elemento di colpa quando da un simile comportamento
consegua un elemento di danno. Ne deriva che il conducente, il quale si accinge a superare un
pedone, specialmente di notte, ha l’obbligo non solo di moderare la velocità, ma anche quello
di assicurare un adeguato margine di sicurezza laterale, essendo comunemente prevedibile la
presenza di pedoni sul lato destro della strada e la probabilità di spostamenti di essi (Cass. pen.,
sez. IV, 26-4-2005, n. 15373).
• In caso di investimento di pedone al di fuori delle apposite strisce, deve ritenersi irrilevante ai
fini di un’eventuale attribuzione di responsabilità al pedone, la presenza a circa sessanta metri dal
luogo del sinistro di un attraversamento pedonale. La violazione amministrativa da parte del pedone dell’art. 190, comma 2, c.d.s. non incide sulla responsabilità dell’evento laddove risulti che
il pedone non abbia violato alcuna norma sulla precedenza ai veicoli. Infatti, come accaduto nella
fattispecie, il pedone aveva già attraversato una semicarreggiata e quando è stato investito era
fermo in prossimità della mezzeria in attesa di attraversare l’altra carreggiata. Tali risultanze consentono di affermare la piena responsabilità del veicolo investitore per avere violato l’art. 141,
comma 2, c.d.s. che impone al conducente l’arresto del veicolo entro i limiti del suo campo di
visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile (Trib. civ. Roma, sez. XII, 20-4-2005, n. 8902).
• In tema di circolazione stradale e di comportamento dei conducenti nei confronti dei pedoni,
integra violazione dell’art. 191, primo comma, del codice della strada (D.L.vo 30 aprile 1992 n.
285), ed è sanzionabile, anche la condotta del conducente del veicolo che, approssimandosi la
zona pedonale, non sia attenta e particolarmente prudente, con adeguata limitazione della velocità del mezzo, e non consenta di cedere la precedenza al pedone che attraversi la carreggiata
negli immediati pressi delle strisce pedonali, piuttosto che su queste (Cass. civ., sez. I, 20-12005, n. 1220).
• Al fine di escludere la presunzione di colpa prevista dall’art. 2054, comma 1, c.c. la prova
liberatoria non deve essere necessariamente formata in modo diretto e, in particolare, non oc-
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corre la prova di una diligenza eccezionale, ma è sufficiente che il conducente dimostri di
avere osservato tutte le norme della circolazione stradale e di aver adoperato le cautele della
normale diligenza trovandosi nell’effettiva impossibilità di evitare l’evento (Trib. civ. Como,
4-1-2005, n. 39).
• Nell’ipotesi di collisione di un motociclo con un pedone che abbia attraversato la strada fuori
dalle strisce pedonali, senza dare la precedenza al veicolo, avendo valutato male la distanza
intercorrente tra di essi, deve riconoscersi il concorso di colpa del pedone nella misura dei 2/3
per i danni cagionati al conducente (Trib. civ. Milano, sez. V, 8-8-2006).
• La presunzione di colpa di cui all’art. 2054, comma 1, c.c., a carico del conducente di un
autobus non esclude il concorso di colpa del pedone nella causazione dell’incidente qualora
quest’ultimo abbia attraversato la carreggiata in maniera imprudente ed il conducente non abbia
fatto tutto il possibile per evitare l’urto (Trib. civ. Roma, sez. XII, 26-4-2006, n. 9482).
• In tema di circolazione di veicoli, e per il caso di investimento da parte di autoveicolo di pedone che attraversa la sede stradale, la presunzione di colpa del conducente investitore prevista
dall’art. 2054, primo comma, c.c., non opera in contrasto con il principio della responsabilità
per fatto illecito fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana, nel
senso che se il conducente del veicolo investitore non ha fornito la prova idonea a vincere la
suddetta presunzione, non è preclusa l’indagine da parte del giudice di merito in ordine al concorso di colpa del pedone investito. Di conseguenza, allorquando siano accertate la pericolosità
e l’imprudenza della condotta del pedone, la colpa di questo concorre a norma dell’art. 1227,
primo comma, c.c. con quella presunta dal conducente del veicolo investitore (nella specie,
relativa a domanda di danni da lesioni personali esperita dal pedone investito da un’autovettura,
la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva accertato il concorso di colpa del pedone per
il fatto che questi aveva imprevedibilmente attraversato la strada fuori dalle strisce pedonali)
(Cass. civ., sez. III, 31-1-2006, n. 2127).
• Il pedone che si accinga ad attraversare la strada sulle strisce pedonali non è tenuto, alla stregua dell’ordinaria diligenza, a verificare se i conducenti in transito mostrino o meno l’intenzione di rallentare e lasciarlo attraversare, potendo egli fare ragionevole affidamento sugli obblighi
di cautela gravanti sui conducenti. Ne consegue che la mera circostanza che il pedone abbia
attraversato la strada, sulle strisce pedonali, frettolosamente e senza guardare non costituisce da
sola presupposto per l’applicabilità dell’art. 1227, comma primo, cod. civ., occorrendo invece a
tal fine che la condotta del pedone sia stata del tutto straordinaria ed imprevedibile (Cass. civ.,
sez. III, 30-9-2009, n. 20949; tratta da Ipsoa).
• In tema di circolazione stradale, il pedone che attraversa in ora notturna una strada a quattro
corsie con scorrimento rapido, scavalcando il guard-rail, concorre a porre in essere una situazione di pericolo, ponendo i veicoli sopravvenienti in condizioni di difficoltà e di emergenza
ove, avvistandolo, non possano poi porre in essere adeguate manovre per evitare o ridurre l’impatto. Pertanto, nella ricostruzione della dinamica del fatto il giudice, ai fini del riparto delle
responsabilità, ai sensi degli artt. 2054 e 1227 cod. civ., deve ponderare tutte le cause imputabili alle condotte imprudenti del pedone ed inesperte o negligenti dei conducenti in relazione
agli altri elementi obbiettivi riscontrati sul luogo dell’investimento. (Nella specie, la S.C. ha
ritenuto irragionevole, cassandola con rinvio, la decisione della Corte di merito che, pur avendo
accertato la condotta imprudente ed imprevedibile del pedone, aveva escluso che essa potesse
avere concorso a determinare l’evento mortale dello stesso, causato da due sopravvenuti ulteriori investimenti di veicoli) (Cass. civ., sez. III, 24-11-2009, n. 24689; tratta da Ipsoa).
• In caso di investimento pedonale, la circostanza che il pedone abbia repentinamente attraversato la strada non vale ad escludere la responsabilità dell’automobilista, ove tale condotta anomala del pedone fosse, per le circostanze di tempo e di luogo, ragionevolmente prevedibile; tale
prevedibilità, in particolare, deve ritenersi di norma sussistente con riferimento alla condotta dei
bambini, in quanto istintivamente imprudenti, con la conseguenza che in presenza di essi, e
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massimamente in prossimità di istituti scolastici, l’automobilista ha l’obbligo di procedere con
la massima cautela, e tenersi pronto ad arrestare il veicolo in caso di necessità (in applicazione
di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità di un automobilista per l’investimento di una bambina in prossimità di una scuola e
nell’ora di uscita degli scolari, osservando che il giudice di merito non aveva indagato se la
condotta pur imprudente della bimba potesse essere prevista dal conducente) (Cass. civ., sez.
III, 12-1-2011, n. 524; tratta da Ipsoa).
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Fase giudiziale
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Verbale di accertamento che preveda soltanto il pagamento a mezzo di
conto corrente postale
(art. 7, D.Lgs. 150/2011; art. 204bis, D.Lgs. 285/1992)
GIUDICE DI PACE DI …
RICORSO EX ART. 7, D.LGS 150/2011
Per: Tizio, residente in … via … n. …, c.f. …, elettivamente domiciliato in …
via … n. … presso lo studio dell’avv. …, c.f. …, il quale lo rappresenta e
difende, in virtù di procura a margine del presente atto e dichiara di voler
ricevere le comunicazioni al n. di fax … o all’indirizzo di posta elettronica
certificata … comunicato al proprio ordine
Contro: il Comune di … in persona del sindaco pro-tempore.
PREMESSA
1) Tizio impugna il verbale di violazione n. … elevato in data … dalla polizia municipale del Comune di … eccependo l’illegittimità a causa dell’imposizione a provvedere in ordine al pagamento in misura ridotta della sanzione unicamente a mezzo di conto corrente postale, con ingiustificato onere
pecuniario a carico dello stesso, in violazione dell’art. 202, D.Lgs. 285/1992.
2) Sul piano normativo, il pagamento della sanzione costituisce, infatti, uno
dei modi di estinzione dell’obbligazione da illecito, purché connotato dei
caratteri della tempestività (rispetto al termine massimo) e dell’esaustività
(rispetto all’intera somma dovuta): in tal caso, la relativa ricevuta (o parte del
bollettino) a titolo di attestazione del pagamento ha effetto liberatorio ai
sensi dell’art. 387, co. 1, Reg. C.D.S.
3) Nel caso di specie, si legge, nel corpo del verbale di contestazione, che il
pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa pecuniaria va
effettuato «avvalendosi del bollettino allegato mediante versamento in conto
corrente postale n. …. intestato al comune di …».
Non si evince alcun obbligo in tal senso dall’analisi del testo normativo di cui
all’art. 202 Cod. strada, che così recita: «Per le violazioni per le quali il
presente codice stabilisce una sanzione amministrativa pecuniaria, ferma
restando l’applicazione delle eventuali sanzioni accessorie, il trasgressore è
ammesso a pagare, entro sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione, una somma pari al minimo fissato dalle singole norme. Il trasgres-
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Parte Seconda
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sore può corrispondere la somma dovuta presso l’ufficio dal quale dipende
l’agente accertatore oppure a mezzo di versamento in conto corrente postale, oppure, se l’amministrazione lo prevede, a mezzo di conto corrente bancario. All’uopo, nel verbale contestato o notificato devono essere indicate le
modalità di pagamento, con il richiamo delle norme sui versamenti in conto
corrente postale o, eventualmente, su quelli in conto corrente bancario».
Interpretando letteralmente la norma, appare evidente che il pagamento può
(nel senso di «deve») essere effettuato, in alternativa, o presso l’ente accertatore, ossia il comando di polizia municipale, o a mezzo di versamento in
conto corrente postale: queste due ipotesi sono alternative tra loro.
La terza ipotesi considerata, ossia il versamento in conto corrente bancario,
rappresenta una terza alternativa, obbligatoria ex lege solo se l’amministrazione (nella specie il comando di polizia municipale) la prevede.
In sostanza, sulla scorta di quanto rilevato, l’accertamento di violazione appare illegittimo in quanto posto in essere in violazione della normativa suesposta, prevedendo unicamente ed esclusivamente per il contravventore il
pagamento a mezzo di conto corrente postale, con considerevole aggravio
per lo stesso dal punto di vista economico.
4) A tale riguardo, appare opportuno svolgere alcune brevi riflessioni circa
il vizio — proprio del diritto amministrativo — di violazione di legge.
L’atto amministrativo può, in generale, presentare vizi di legittimità, quando
risulta difforme da norme giuridiche esplicite o implicite (è il caso dell’eccesso di potere), oppure presentare vizi di merito quando lo stesso non è conforme a regole non giuridiche (norme di buona amministrazione).
I vizi di legittimità, a seconda degli elementi sui quali incidono, possono
determinare diverse forme d’invalidità dell’atto amministrativo, possono,
cioè, dar luogo a nullità (qualora l’atto manchi di requisiti essenziali, ovvero
qualora l’atto contrasti con un precedente giudicato, o se l’atto sia stato adottato in difetto di attribuzione del potere o negli altri casi previsti dalla legge,
ex art 21septies, L. 241/1990) o annullabilità (qualora sussista incompetenza relativa, violazione di legge, nei casi non determinanti la nullità o eccesso
di potere, ex art. 21octies, L. 241/1990).
L’annullabilità dell’atto amministrativo, nello specifico, è determinata dall’illegittimità di uno degli elementi essenziali dell’atto stesso.
I vizi di legittimità dell’atto amministrativo sono la violazione di legge, l’incompetenza e l’eccesso di potere.
In particolare, la violazione di legge costituisce un vizio residuale dell’atto
amministrativo, nel senso che sia l’incompetenza che l’eccesso di potere costituiscono delle specie del più ampio genere della violazione di legge.
Con riferimento all’annullabilità dell’atto amministrativo, deve infine soggiungersi che l’art. 21octies, L. 241/1990 ha distinto tra vizi formali e procedimentali e vizi sostanziali stabilendo che, in relazione all’attività vincolata
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Fase giudiziale
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della pubblica amministrazione — e vincolata nel senso dell’esistenza di una
norma giuridica che impone alla stessa un determinato atto — solo con riferimento a questi ultimi è sempre ammesso l’annullamento dell’atto amministrativo: questo, fra l’altro, l’orientamento consolidato della giurisprudenza
del Consiglio di Stato (Cons. Stato 219/1994, 270/1998).
I giudici amministrativi, in particolare, affermano il principio di diritto — che
si attaglia al caso di specie — secondo cui «perché sussista l’interesse ad
impugnare un atto amministrativo, non è sufficiente che il ricorrente abbia un
vantaggio dalla sua eliminazione, ma occorre che il vantaggio derivi dall’eliminazione del vizio dell’atto, ossia occorre che la lesività dell’atto consegua
al vizio di legittimità», per cui «l’ambito oggettivo del giudicato di annullamento va delimitato con riferimento alla statuizione di invalidità dell’atto
amministrativo individuale impugnato, in correlazione con il petitum proposto alla stregua del vizio di legittimità del quale è accertato il fondamento
nella fattispecie cui inserire il medesimo atto».
5) Sulla scorta dell’art. 202 Cod. strada e in base ai principi giuridici espressi dalla giurisprudenza amministrativista, il verbale di contestazione impugnato appare illegittimo, in quanto non rispettoso della normativa di riferimento (art. 202 Cod. strada), prevedendo unicamente il pagamento in misura ridotta a mezzo di conto corrente postale e, pertanto, va annullato.
Tutto ciò premesso, Tizio, rappresentato e difeso come in atti
RICORRE
al Giudice di pace di …. affinché, previa sospensione dell’efficacia esecutiva
del verbale impugnato, lo annulli.
Con vittoria delle spese di giudizio.
Si allegano:
—copia del verbale n. …
—…………
Ai sensi dell’art. 14, co. 2, T.U. 115/2002, gli atti del processo e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta.
…………, lì …………
Avv. …………………
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