A
R E G O L A
D ’ A R T E
DI ANDREA FANTOLI
LA SITUAZIONE ARTISTICA IN ITALIA
tra il dopoguerra e la metà degli anni
Cinquanta presenta caratteristiche comuni
a quelle che si registrano di là dellʼoceano.
Segno, gesto e materia costituiscono
le basi anche della nostra pittura
Informale
made in Italy
Emilio Vedova, Ciclo 63-b5, 1963,
olio su tela, cm 149x200
I
l maggiore rappresentante nostrano della gestualità e dell’espressionismo
astratto di fronte all’action painting statunitense è il veneziano Emilio Vedova.
Figlio di una famiglia di operai, il giovane Vedova impara il mestiere
da autodidatta, nella Venezia dell’anteguerra; i suoi maestri sono i grandi pittori
veneti della tradizione rinascimentale e le architetture della città lagunare.
Antifascista convinto, nonostante la mai negata simpatia per il futurismo,
tra il 1944 e il 1945 partecipa alla Resistenza.
Dal punto di vista pittorico, dopo un periodo astratto geometrico, durante
il quale non perde mai di vista l’impegno politico, all’inizio degli anni Cinquanta
abbraccia l’informale, la pittura segno-gesto-materia, l’espressionismo astratto,
diventandone uno degli esponenti più significativi e noti. Nel 1948 partecipa
per la prima volta alla Biennale di Venezia, rassegna che lo vedrà spesso
protagonista: dal 1952, quando gli viene riservata un’intera sala, al 1960,
quando riceve il Gran Premio per la pittura, fino al 1997, anno in cui è insignito
del premio più prestigioso, il Leone d’oro.
Scomparso nel 2006 all’età di 87 anni, Emilio Vedova è stato uno dei maggiori
espressionisti astratti italiani. «Un fratello italiano di Pollock»,
secondo la felice definizione di Giulio Carlo Argan.
80 puntoeffe