LA RICERCA DEL PENSIERO

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SECONDO BIENNIO
QUINTO ANNO
VOLUME 2
VOLUME 3
1A Dalle origini ad Aristotele
1B Dall’ellenismo alla scolastica
+
Quaderno del sapere filosofico
1. Il pensiero antico e medievale
978 88 395 3201 5
2A Dall’Umanesimo all’empirismo
2B Dall’Illuminismo a Hegel
+
Quaderno del sapere filosofico
2. Il pensiero moderno
978 88 395 3202 2
3A Da Schopenhauer a Freud
3B Dalla fenomenologia a Gadamer
+
Quaderno del sapere filosofico
3. Il pensiero contemporaneo
978 88 395 3203 9
3C Dalla crisi della modernità
agli sviluppi più recenti
978 88 395 3204 6
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• testi antologici aggiuntivi • Questioni e Tavole rotonde interattive • Percorsi disciplinari
di approfondimento • mappe e Concetti a confronto interattivi • verifiche interattive
• schede filmiche
“La filosofia per te” on line
Una ricca proposta di Questioni aggiuntive per ogni annualità, in formato PDF, articolate in
quattro ambiti di interesse tematico:
• uomo e società • conoscenza e scienza • logica e linguaggio • bellezza e arte
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SECONDO
I NUOVI
PROGRAMMI
LIMBOOK • I Classici della Filosofia
LA RICERCA DEL PENSIERO
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• vita e opere dei filosofi con assi del tempo, immagini, video e testi • mappe concettuali
multimediali sui temi filosofici dei principali pensatori • confronti interdisciplinari tra filosofia
e arte • la sfida (domande a partire da contenuti multimediali) • lezioni in PowerPoint
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Storia, testi e problemi della filosofia
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Giovanni Fornero
con la collaborazione di Giancarlo Burghi
LA RICERCA DEL PENSIERO
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Nicola Abbagnano
Giovanni Fornero
VOLUME 1
Nicola Abbagnano
978 88 395 32015 A
LA RICERCA DEL PENSIERO
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1A 1A Dalle origini ad Aristotele
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LA RICERCA DEL PENSIERO
Storia, testi e problemi della filosofia
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Nicola Abbagnano
Giovanni Fornero
con la collaborazione di Giancarlo Burghi
LA RICERCA DEL PENSIERO
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Storia, testi e problemi della filosofia
1A Dalle origini ad Aristotele
EAN 9788839532015
ctow-o1hg-63yn
978 88 395 32015 A
Sono in tutto o in buona parte di Giovanni Fornero i capp. 1, 2 e 3 dell’unità 1 e
le unità 2, 3 e 4.
Sono di Nicola Abbagnano e Giovanni Fornero i parr. 2 e 3 del cap. 2 e il cap. 4
dell’unità 1.
Le presentazioni della vita e delle opere dei filosofi sono quasi tutte di Nicola
Abbagnano.
I riepiloghi visivi e i glossari sono di Giovanni Fornero.
Giancarlo Burghi ha curato:
- le Tavole rotonde;
- le Questioni;
- le rubriche “Echi del pensiero”: Le radici socratiche del comportamento democratico, Il difficile rapporto tra economia e politica;
- le rubriche “Il concetto e l’immagine”: Il pianto e il riso di Eraclito e Democrito,
La rappresentazione dell’uomo nell’arte greca antica, La “scoperta” dell’aldilà tra
arte e filosofia, Platone e Aristotele nella Scuola di Atene di Raffaello ;
- le pagine di inquadramento storico-geografico “I tempi e i luoghi della filosofia”;
- i quadri cronologici relativi alla vita di Socrate, Platone, Aristotele;
- le rubriche “Laboratorio delle idee” che chiudono le Verifiche di fine unità.
Gaetano Chiurazzi ha curato:
- le rubriche “Echi del pensiero”: Gli irrazionali: i numeri “contrari” alla ragione,
L’intelligenza della vita;
- la rubrica “Il concetto e l’immagine”: Il tempio greco tra ragione e sensibilità.
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Redazione: Luisa Gallo, Elisa Bruno
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Controllo qualità: Andrea Mensio
Segreteria di redazione: Enza Menel
le idee
LA RICERCA DEL PENSIERO
Storia, testi e problemi della filosofia
I
l’anima
l titolo che abbiamo scelto per questo nuo- tri, piccoli o grandi, abbiano saputo esprimere
vo progetto si riferisce esplicitamente al un’esperienza umana fondamentale, dobbiapensiero come ricerca, ossia al fatto che mo vedere il tentativo stesso di mettere in chiala filosofia, conformemente all’etimologia e ro e portare alla soluzione i nostri problemi. Il
all’insegnamento socratico-platonico, non è problema di ciò che noi siamo e dobbiamo espossesso del sapere ma ricerca inesauribile di sere è fondamentalmente identico col probleesso. Una ricerca in cui l’individuo non opera ma di ciò che furono, e vollero essere nella loro
da solo, ma in stretta connessione con gli altri. sostanza umana, i filosofi del passato. La sepaInfatti, se esistere è co-esistere, il filosofare è razione dei due problemi toglie al filosofare il
sempre con-filosofare, ossia un dialogo inces- suo nutrimento e alla storia della filosofia la sua
sante degli uomini tra loro, dialogo che si svol- importanza vitale. L’unità dei due problemi gage nel tempo e di cui la storia della filosofia ri- rantisce l’efficacia e la forza del filosofare e fonda il valore della storiografia filosofica».
porta le vicissitudini e i momenti salienti.
La costitutiva socialità del
filosofare e il suo strutturarsi
come ricerca e dialogo fonOgni vero filosofo è un maestro
dano quindi il valore umano
o compagno di ricerca
della storia della filosofia.
Infatti, come scrive Nicola
la cui voce ci giunge affievolita
Abbagnano, sottolineando
in modo lucido e appassioattraverso il tempo, ma può avere per noi,
nato la portata esistenziale
per i problemi che ora ci occupano,
della storiografia filosofica:
«Ogni vero filosofo è un maeun’importanza decisiva.
stro o compagno di ricerca
(N. Abbagnano)
la cui voce ci giunge affievolita attraverso il tempo,
ma può avere per noi, per i problemi che ora Tutto ciò significa che i filosofi del passato
ci occupano, un’importanza decisiva. Bisogna – al pari di tutti coloro che hanno impresso una
disporsi alla ricerca con sincerità ed umiltà. Noi loro parola nella storia – non devono essere
non possiamo raggiungere, senza l’aiuto che ci visti come personalità “imbalsamate” e chiuviene dai filosofi del passato, la soluzione dei se nei loro sistemi, ma come personalità vive
problemi dai quali dipende la nostra esistenza e potenti, che attraverso i secoli hanno offerto
singola e associata. Noi dobbiamo perciò pro- agli uomini un modo di intendersi e di ritrovarporre storicamente tali problemi; e nel tentati- si, e che ancora possono – e potranno – dare
vo di intendere la parola genuina di Platone o risposte chiarificatrici alle urgenti e vitali dodi Aristotele, di Agostino o di Kant e di quant’al- mande degli uomini.
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le
competenze
disciplinari e
trasversali
Giovanni Fornero
III
Indice
I Classici
della Filosofia
L’età arcaica
2
UNITÀ 1
L’INDAGINE SULLA NATURA:
IL PENSIERO PRESOCRATICO
1. In che senso la filosofia
è nata in Grecia
2. Il problema dei rapporti con l’Oriente
Le filosofie orientali
La scienza orientale
Gli scambi commerciali e culturali con l’Oriente
3. Caratteri specifici della filosofia greca
4. Caratteri specifici della scienza greca
5. Il “genio” ellenico
6. Le condizioni storico-politiche
che facilitarono la nascita della filosofia
I caratteri della civiltà greca
Il dinamismo della società
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7. Politica, classi sociali e religione
nella vita della pólis
8. Primordi e retroterra culturale
della filosofia greca
Le cosmologie mitiche
Il dibattito sui miti greci
I Misteri e i Sette Savi
La poesia
9. Il nome e la concezione della filosofia
presso i Greci
10. Le scuole filosofiche
11. I periodi della filosofia greca
X
21
Glossario e riepilogo
22
CAPITOLO 2
La ricerca del principio
4
1. Presocratici o presofisti?
2. La scuola ionica di Mileto
La sostanza primordiale
Talete
Anassimandro
Anassimene
CAPITOLO 1
La Grecia e la nascita
della filosofia
12. Le fonti della filosofia greca
5
5
5
6
7
7
8
9
10
11
11
13
Glossario e riepilogo
3. Pitagora e i pitagorici
La matematica e la dottrina del numero
La dottrina fisica
Le teorie antropologiche e la morale
Glossario e riepilogo
4. Eraclito
La teoria del divenire
La dottrina dei contrari
L’universo come Dio-tutto
La teoria della conoscenza
Glossario e riepilogo
Mappa
23
23
24
24
25
25
27
28
29
30
33
33
34
35
36
36
37
37
38
39
Echi del pensiero
Gli irrazionali: i numeri “contrari” alla ragione
40
13
I TESTI
42
15
15
16
17
18
Talete
T1 Tutto è acqua
42
Anassimandro
T2 L’infinito è il principio
43
Pitagora e i pitagorici
T3 Il numero come principio
T4 La struttura del numero
T5 La dottrina fisica
44
19
19
20
42
43
44
45
46
Eraclito
T6 Il lógos come principio
T7 Gli uomini e il lógos
T8 La teoria del divenire
T9 La guerra
T10 L’unità e l’armonia dei contrari
47
47
48
48
49
49
CAPITOLO 3
Il problema dell’essere
1. La filosofia eleatica
2. Senofane
3. Parmenide
Il sentiero della verità
Il mondo dell’essere e della ragione
Il mondo dell’apparenza e dell’opinione
Essere, pensiero, linguaggio
La problematica “terza via” di Parmenide
50
50
50
51
51
52
53
54
54
4. Zenone
55
La difesa di Parmenide
55
Gli argomenti contro la pluralità
56
I primi due argomenti contro il movimento
56
Le discussioni critiche sull’argomento dell’Achille 56
Il terzo e il quarto argomento contro il movimento 58
5. Melisso
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Le caratteristiche dell’essere
Le differenze rispetto a Parmenide,
ovvero una via verso il pluralismo
59
59
2. L’atomismo di Democrito
Una vita per il sapere
Verità e scienza
Il sistema della natura
L’importanza di Democrito
per la storia della scienza
L’anima e la conoscenza
L’etica
La civiltà, il linguaggio e la religione
L’enciclopedismo democriteo
L’arché nei presocratici
74
74
75
75
79
80
81
82
83
83
Glossario e riepilogo
Mappa
84
I TESTI
86
Empedocle
T1 I quattro elementi
T2 Il ciclo del cosmo
86
Anassagora
T3 Tutto viene dal tutto
88
Democrito
T4 Gli atomi sono il principio
T5 La cosmologia atomistica
T6 Le qualità sensibili
89
85
86
87
88
89
90
91
Il concetto e l’immagine
60
Il pianto e il riso di Eraclito e Democrito
92
Glossario e riepilogo
Mappa
61
VERIFICA
96
I TESTI
63
Parmenide
T1 La ricerca della verità e i due sentieri
T2 Le vie da percorrere
T3 Verità e opinione
T4 Le caratteristiche dell’essere
T5 Le opinioni dei mortali
T6 La fisica delle apparenze
63
62
TAVOLA ROTONDA
63
64
65
66
67
68
CAPITOLO 4
Il principio come
sostanza complessa
1. I fisici pluralisti
Empedocle
Anassagora
Glossario e riepilogo
69
69
69
71
73
L’infinito, una sfida per il pensiero
Melisso, Anassagora, Democrito
101
ON LINE
Testi antologici
■ La legge naturale (DK 12 B 1)
■ Il rapporto con i saperi orientali (DK 14 A 9)
■ Un pensatore enigmatico e altezzoso (DK 22 A 1)
■ L’universalità del Lógos (DK 22 B 50)
■ L’errore dei mortali (DK 28 B 6)
■ L’Amicizia e la Contesa (DK 31 A 37)
■ L’etica e la civiltà (DK 68 B 5)
Approfondimenti
■ I pitagorici nella storia
■ Eraclito nella storia
■ Parmenide nella storia
■ Zenone nella storia
■ Empedocle e Anassagora nella storia
■ Democrito nella storia
XI
I TEMPI E I LUOGHI
DELLA FILOSOFIA
L’età arcaica
650 a.C.
600
550
500
450
400
350 a.C.
>>>>>>>>>>>> (624/623-548/545)
Anassimandro>>>>>>>>>>>
(611/610-547)
Anassimene
>>>>>>>>>>>(586/585-528/525)
Senofane>>>>>>>>>>>>>>>> (580/565-475?)
Pitagora>>>>>>>>>>>(571/570- 490 ca.)
Eraclito>>>>>>>>>>>>(550-480 ca.)
Parmenide>>>>>>>>>>>>>>>>>
(550-450 ca.)
Anassagora
>>>>>>>>>>>> (500/496-428 ca.)
Zenone di Elea>>>>>>>>>>>>>>>>>>
(489 ca.-431)
Melisso di Samo >>>>>>>>>>>>>>(485/480-V sec.)
Empedocle >>>>>>>>>>(484/481-424/421 ca.)
Leucippo>>>>>>>>>>>>>>
(480/475-V sec.)
Filolao>>>>>>>>>>(470 ca.- tra fine V e inizio IV sec.)
Democrito>>>>>>>>>>>>>>>>>>(460/459-360/350 ca.)
Metrodoro di Chio>>>>>>>>>>>>>> (tra metà V e metà IV sec.)
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Talete
2
MAR
NERO
Roma
MAGNA
GRECIA
TRACIA
Abdera
Metaponto
Democrito
Elea
Parmenide
Zenone
Scuola
pitagorica
GRECIA
Crotone
Delfi
Empedocle
Corinto
Micene
Agrigento
Siracusa
Sparta
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M A R M E D IT E R R A NE O
T
ASIA
MINORE
MA R E G E O
Anassagora
Tebe
Chio
ATENE
Teo Samo
Siro
Pitagora
Melisso
Clazomene
Senofane
Colofone
Efeso
Eraclito
Mileto
Talete
Anassimandro
Anassimene
Tra il VII e il VI secolo a.C., le città fondate dai Greci sulle coste della Ionia,
l’attuale Asia Minore (Mileto, Efeso, Clazomene, Colofone, Samo), erano le
più fiorenti, dinamiche e culturalmente vivaci. Collocate tra Occidente e
Oriente, aperte alla circolazione di nuove idee e a contatti con civiltà
raffinate e progredite (egiziana, assiro-babilonese, persiana), diventarono i
centri propulsori di una nuova forma di sapere che dalla Ionia si diffuse
nelle città della Magna Grecia (Elea, Crotone, Agrigento ecc.). Questo nuovo sapere era
la “filosofia”, nata da uno sguardo curioso e stupito su una natura vivida, potente e
incontaminata, e che proprio per questo inizialmente si diresse verso un’indagine
naturalistica, volta a individuare il principio della vita.
1
UNITÀ
1
L’INDAGINE SULLA
NATURA: IL PENSIERO
PRESOCRATICO
In questa unità ci soffermiamo su coloro che vengono comunemente
detti “presocratici”, ovvero su quel gruppo di filosofi (vissuti per lo più
prima di Socrate) che si sono concentrati soprattutto sul problema della
natura e della realtà in generale.
CAPITOLO 1
La Grecia
e la nascita
della filosofia
CAPITOLO 2
La ricerca
del principio
CAPITOLO 3
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Il problema
dell’essere
CAPITOLO 4
Il principio
come sostanza
complessa
4
Nel primo capitolo spieghiamo che cosa si intende quando si afferma
che la filosofia è nata nell’Ellade, delineando il retroterra storico e
culturale che ne ha favorito la fioritura.
Nel secondo capitolo affrontiamo il pensiero di quei filosofi (ionici,
pitagorici, Eraclito) che si sono interrogati sul principio fisico originario
(arché) da cui scaturiscono e a cui ciclicamente ritornano tutte le cose.
Nel terzo capitolo ci occupiamo degli “eleati”, cioè di alcuni pensatori che,
invece di riflettere sul principio corporeo delle cose, si sono concentrati sulla
realtà unica, immutabile ed eterna che sola merita il nome di “essere”.
Nel quarto capitolo studiamo i cosiddetti “fisici pluralisti”, cioè coloro
(Empedocle, Anassagora, Democrito) che hanno individuato il principio
ultimo delle cose non in un’unica sostanza, bensì in una molteplicità
ordinata di elementi, in grado di spiegare non solo l’essere, ma anche il
divenire eterno delle cose.
CAPITOLO 1
La Grecia e la nascita
della filosofia
1. In che senso la filosofia
è nata in Grecia
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Si afferma tradizionalmente che la filosofia dell’Occidente è nata in Grecia. Le ragioni di
questa tesi sono parecchie e strettamente connesse tra loro. Procedendo dal semplice al
complesso, possiamo individuarne tre fondamentali.
■ In primo luogo, si dice che i Greci sono stati gli iniziatori del pensiero occidentale in quanto
essi risultano gli autori dei primi testi scritti di filosofia della civiltà europea.
■ In secondo luogo, si è soliti muovere dai Greci perché si è figli di una cultura e di una tradizione speculativa che affondano le loro radici nel mondo ellenico.
■ In terzo luogo, si riconosce che i Greci sono stati i primi a impegnarsi in quel tipo di
indagine critica e razionale in cui individuiamo ancor oggi i tratti salienti di ciò che
chiamiamo “filosofia”. Tant’è vero che quando si sostiene che la filosofia è storicamente
“nata” nell’Ellade del VI secolo a.C., non si intende dire che l’uomo, almeno fin da
quando è divenuto homo sapiens, non abbia posseduto una qualche interpretazione
della realtà esterna e di se stesso, ossia una propria “visione del mondo”, ma semplicemente che i Greci sono stati il primo popolo occidentale a creare esplicitamente il
modo di pensare filosofico.
2. Il problema dei rapporti con l’Oriente
Ciò che si è detto lascia aperta un’interessante questione di fondo, tuttora dibattuta tra
gli studiosi. Ammesso che i Greci siano i padri del pensiero occidentale, la loro filosofia
non potrebbe essere un derivato dell’Oriente? Tale è la tesi degli “orientalisti”, i quali,
contrapponendosi agli “occidentalisti”, sostengono che i Greci non sono gli inventori
della filosofia e della scienza, ma soltanto i ripetitori e gli intermediari di un sapere più
antico, che trova le proprie matrici nelle civiltà pre-elleniche dell’Oriente.
La tesi della
derivazione orientale
della filosofia greca
5
UNITÀ 1 • L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIERO PRESOCRATICO
Le filosofie orientali
In primo luogo, gli orientalisti fanno notare da sempre come prima dell’esordio della filosofia greca, o contemporaneamente a essa, abbiano avuto origine in Estremo Oriente alcune
tra le più grandi esperienze filosofico-religiose dell’umanità.
Ad esempio, mentre la Grecia e Roma giacevano ancora nella preistoria, in India si sviluppava la corrente dell’induismo, la cui dottrina più antica è contenuta nelle parti arcaiche dei
libri sacri del Rig Veda, risalenti probabilmente al 1300-1200 a.C., e delle Upanishad, del IXVIII secolo a.C.
Sempre in India, verso la fine del VI secolo a.C., quando il pensiero greco era ancora agli albori, il Buddha (Siddhartha Gautama, 560-480 a.C. circa), traendo spunto da una meditazione sul dolore, dava origine a una delle più notevoli religioni filosofiche della storia.
In Persia, intorno al VII secolo a.C., Zarathustra si faceva profeta di una nuova visione
del mondo, interpretando quest’ultimo come un intreccio di positivo e di negativo e
come un gigantesco campo di battaglia tra un dio del Bene, Ohrmudz, e un dio del
Male, Ahriman.
In Cina, nello stesso periodo, visse e pensò Lao-Tze, considerato l’autore della dottrina del
Tao, il principio misterioso e indicibile in virtù del quale «la grande fiumana dell’Essere
nasce alla vita». A lui si oppose Kong Fuzi (“Maestro Kong”, 551-479 a.C. circa), più noto
come Confucio, fautore delle grandi gerarchie sociali e dell’ordine politico della tradizione
cinese.
Filosofia
e salvezza
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Il buddismo
6
Diversamente dalla filosofia greca degli inizi, che, secondo quanto vedremo, ha come principale oggetto di ricerca la conoscenza della natura e delle sue forze, la speculazione orientale, in particolare quella indiana, si concentra soprattutto sui problemi esistenziali e religiosi. Essa concepisce la conoscenza in funzione della salvezza, cioè della “liberazione”
dell’uomo, che viene fatta consistere nel passaggio dal piano del “samsara”, cioè della realtà dubbia e ingannevole che ci circonda e che si esprime nella ruota della nascita e della
morte, al piano del “nirvana”, ossia del ricongiungimento con la Realtà primordiale e assoluta, variamente intesa. In tal modo, la filosofia è concepita come “via alla salvezza” e il filosofo come “illuminato” e “santo”.
Tipico, in questo senso, è il buddismo, che, partendo da un’analisi della sofferenza del
vivere («Ecco la verità sublime intorno al dolore: la nascita è dolore, la vecchiaia è dolore,
la malattia è dolore, l’unione con quelli che non si amano è dolore, la separazione da
quelli che si amano è dolore, non ottenere quello che si desidera è dolore», Discorso di
Benares), perviene alle quattro «nobili verità» che distruggono l’illusorio attaccamento
alla vita dell’uomo comune e preparano la sua liberazione: la realtà del mondo è dolore;
l’origine del dolore è la brama di esistere, godere e potere; la liberazione dal dolore è possibile mediante l’estinzione di questo desiderio e il raggiungimento del “nirvana” (stato di
pace perfetta); esiste una via che conduce a tale estinzione ed è quella indicata dal Buddha.
Questa via si concretizza nel celebre «ottuplice sentiero»: retta comprensione, retto pensare, retto parlare, retto agire, retto modo di sostentarsi, retto sforzo, retta concentrazione, retta meditazione.
Capitolo 1 • La Grecia e la nascita della filosofia
La scienza orientale
In secondo luogo, grazie a una serie di studi che hanno portato alla luce un mondo che il
tempo sembrava aver definitivamente sepolto, gli orientalisti sottolineano come nelle civiltà
pre-greche si trovino non solo rilevanti invenzioni tecniche nel campo della navigazione,
dell’agricoltura, dell’ingegneria edilizia ecc., ma anche interessanti ricerche di medicina e
chirurgia, astronomia e matematica.
L’origine della medicina si perde nella notte dei tempi. All’inizio essa faceva un tutt’uno con
la magia. Ad esempio, per citare un caso significativo, parecchi crani umani risalenti all’età
neolitica presentano buchetti rotondi limitatamente rimarginati: gli studiosi hanno ipotizzato che appartenessero a uomini che subirono la trapanazione del cranio mentre erano
ancora in vita, probabilmente da parte di uno stregone che credeva in tal modo di cacciare
dai loro corpi gli spiriti maligni.
In virtù del papiro Smith, risalente al XVII secolo a.C., sappiamo invece che gli Egiziani avevano cominciato a studiare le malattie abbandonando la mentalità magica, classificando i
disturbi a seconda dei vari organi interessati e pervenendo allo schema di diagnosi-prognositerapia che costituisce ancor oggi l’ossatura della medicina scientificamente intesa.
Grazie alle 11000 tavolette di argilla scoperte a Ninive, che offrono una preziosa panoramica
sulle conoscenze della civiltà mesopotamica e di cui più di 600 sono dedicate alla medicina,
sappiamo dei progressi terapeutici dei Mesopotamici e dell’esistenza di una loro precisa arte
chirurgica (tant’è vero che il Codice di Hammurabi stabilisce gli onorari degli interventi e
ordina che siano tagliate le mani al medico che operando un paziente ne provochi la morte).
Sappiamo anche dell’esistenza di una medicina indiana, stimolata dalle terribili epidemie
delle zone del Gange; essa si fondava tuttavia su nozioni e cognizioni anatomiche e fisiologiche inadeguate, poiché tanto l’induismo quanto il buddismo, credendo nella reincarnazione, proibivano l’autopsia dei cadaveri.
Infine, cultori di medicina fin da tempi remoti furono anche i Cinesi, ai quali risale, tra
l’altro, la famosa e tuttora diffusa pratica dell’agopuntura.
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Nell’astronomia si distinsero soprattutto i Caldei, che fin da prima del 2000 a.C. avevano
cominciato a registrare e ad esplorare con attenzione i fenomeni celesti, studiando soprattutto le eclissi, le forme delle costellazioni, lo zodiaco, i congiungimenti astrali ecc.
Del campo matematico furono invece buoni conoscitori sia gli Egiziani, sia i Babilonesi: il
papiro Mosca (1800 a.C.) e il papiro Rhind (1650 a.C.) ci hanno infatti rivelato che gli Egizi utilizzavano tecniche aritmetiche e geometriche abbastanza avanzate (potenze, radici, frazioni,
progressioni ecc.) e rintracciabili anche in Mesopotamia, dove Hammurabi, re di Babilonia, aveva ordinato che i testi aritmetici e geometrici fossero raccolti e trascritti in migliaia di tavolette.
La medicina
L’astronomia
e la matematica
Gli scambi commerciali e culturali con l’Oriente
Dopo aver ricordato tutta questa mirabile fioritura filosofico-scientifica, gli orientalisti
sostengono l’esistenza di precisi rapporti commerciali e culturali tra l’Ellade e l’Oriente,
basandosi sul fatto che le prime sedi della cultura greca furono le colonie dell’Asia Minore
e delle isole dell’Egeo, che, per motivi geografici, economici e politici, erano facilitate a
I rapporti
tra l’Ellade
e l’Oriente
7
UNITÀ 1 • L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIERO PRESOCRATICO
venire in contatto con i popoli dell’Oriente mesopotamico e che, per l’innata vivacità
dello spirito greco, erano portate ad assimilare nuovi costumi e nuove idee. Ad ampliare
queste relazioni contribuiva anche l’attività marinara dei Greci, che toccava tutte quelle
parti del bacino mediterraneo, soprattutto l’Egitto, che erano sedi di antiche e prestigiose
civiltà. Tanto che più tardi gli stessi storici e filosofi greci avrebbero amato presentare i sapienti del loro paese come peregrinanti per terre lontane allo scopo di apprendere arti,
costumi e dottrine. Secondo le loro testimonianze, ad esempio, Democrito avrebbe viaggiato nell’Estremo Oriente, mentre Pitagora e, secondo notizie più attendibili, Platone
avrebbero soggiornato in Egitto; e proprio Platone, contemplando la sapienza dei venerandi sacerdoti egizi e caldei, interpreti di una saggezza accumulata da secoli, sarebbe giunto a
esclamare che i Greci, nei loro confronti, non erano che «bambini»!
> Prima o contemporaneamente alla filosofia greca, in Estremo Oriente
esistevano già grandi dottrine filosofico-religiose, come l’induismo,
il buddismo, il taoismo, il confucianesimo
Motivazioni addotte
dagli orientalisti
> Nelle civiltà pre-greche si trovavano non solo importanti invenzioni
tecniche, ma anche interessanti ricerche scientifiche (medicina,
chirurgia, matematica, astronomia)
> Tra l’Ellade e l’Oriente esistevano rapporti commerciali favoriti
dall’attività marinara dei Greci
3. Caratteri specifici della filosofia greca
A questo punto potrebbe sembrare che la disputa tra occidentalisti e orientalisti sia definitivamente risolta a favore di questi ultimi. In realtà, per quanto riguarda la filosofia, i primi
hanno risposto con una fitta serie di prove a favore della loro tesi. Vediamone le principali.
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La scarsa
consistenza
dell’ipotesi
orientalistica
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Innanzitutto, la tesi di una derivazione orientale della filosofia greca non si trova in alcun
autore dell’età classica. Sebbene si abbiano accenni alle conoscenze aritmetiche, geometriche e astronomiche degli Egizi e dei Caldei, mancano note sulla tradizione filosofica orientale e risulta assente l’idea di una sua influenza su quella greca. In effetti, l’ipotesi di una
genesi orientale del pensiero greco si diffuse soltanto in epoca ellenistica, ossia dopo le conquiste di Alessandro Magno, in un periodo in cui potenti forze nazionalistiche, culturali e
religiose avevano interesse a ricondurre la tradizione greca a quella orientale. Ad esempio,
essendosi spostato il centro della cultura scientifica ad Alessandria, sacerdoti e dotti egiziani
cominciarono ad affermare che la cultura greca era una filiazione dell’antica sapienza degli
abitanti delle pianure del Nilo.
In realtà è quasi certo che i primi filosofi greci non avessero notizie organiche e approfondite circa le dottrine dell’Estremo Oriente. Non risulta, infatti, che prima della spedizione di
Alessandro Magno i Greci possedessero conoscenze rilevanti di dottrine indiane o cinesi.
E quei popoli dell’Oriente mediterraneo con cui essi vennero a contatto (soprattutto gli AssiroBabilonesi e gli Egizi) possedevano una sapienza di tipo religioso e basata su miti cosmolo-
Capitolo 1 • La Grecia e la nascita della filosofia
gici, cioè relativi alla nascita dell’universo, ma non una vera e propria sapienza filosofica: in
altre parole, essi si trovavano nella stessa situazione in cui erano i Greci prima della nascita
della filosofia.
Inoltre, anche se si presume (giacché non esistono prove in proposito) la derivazione
orientale di qualche dottrina della Grecia antica, ciò non implica l’idea dell’origine orientale della filosofia greca in blocco. Anzi, l’originalità del filosofare ellenico emerge proprio
in antitesi alla cultura dell’Oriente: se la sapienza orientale è di tipo religioso e tradizionalistico (poiché è privilegio e patrimonio della casta sacerdotale, e dunque ancorata a
una tradizione ritenuta sacra e immodificabile), la sapienza greca si presenta invece, in
quanto filosofia, come una ricerca razionale che nasce da un atto di libertà di fronte alla
tradizione, al costume e a qualunque credenza accettata come tale. Ogni uomo, secondo
i Greci, può filosofare, in quanto l’uomo è un “animale ragionevole” e la sua “ragionevolezza” consiste nella possibilità di cercare in modo autonomo la verità (ovviamente qui si
parla di individui “liberi”, poiché agli schiavi la società antica non riconosce dignità di
persone). Le parole con cui inizia la Metafisica di Aristotele – «Tutti gli uomini tendono
per natura al sapere» – esprimono bene questo concetto, giacché «tendono» vuol dire che
non solo lo desiderano, ma possono conseguirlo.
Infine – e questo è il punto decisivo –, mentre il sapere orientale pre-ellenico è immerso
in un’atmosfera di tipo religioso, il filosofare greco tende fin dall’inizio a strutturarsi
come un’indagine razionale fondata unicamente sulla forza del pensiero e da esso soltanto guidata (si è detto “tende”, perché il trapasso dal mito al pensiero speculativo non si
attua, ovviamente, tutto d’un tratto e il mito continua talora a far sentire il proprio peso).
Tant’è vero che il termine polemico della filosofia è abitualmente costituito dall’opinione
corrente, dalla tradizione e dalla religione, al di là delle quali essa cerca di procedere; e
anche quando perviene a una conferma della tradizione, la filosofia deriva il proprio valore unicamente dalla forza razionale dell’argomentazione. In questo senso, ossia come
libera indagine critica e razionale, la filosofia appare veramente come un prodotto, anzi
come il grande parto, del “genio” ellenico.
L’originalità della
filosofia greca
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4. Caratteri specifici della scienza greca
Per quanto riguarda la scienza, oggi si è d’accordo nell’escludere l’idea di una nascita “miracolistica” delle varie branche della scienza presso i Greci e nell’ammettere l’esistenza di
un evidente legame, confermato anche dalle testimonianze di Erodoto e di Platone, tra
scienza orientale e scienza greca. Appare, infatti, logicamente e storicamente possibile che
la civiltà ellenica, affacciatasi più tardi sulla scena della storia, si sia avvalsa delle cognizioni
dei suoi più anziani vicini. Tuttavia, gli occidentalisti mettono in luce la profonda diversità
di indirizzi e di metodi che separa la scienza dei Greci da quella degli altri popoli.
Il tratto differenziale specifico della scienza greca tende a essere individuato nel suo
carattere teorico.
Mentre gli Egiziani e i Mesopotamici sviluppavano le scienze soprattutto per scopi immediati e di pratico interesse, i Greci tendevano a coltivarle principalmente per il desiderio di
conoscere e comprendere il “perché” delle cose.
Il carattere teorico
della scienza greca
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UNITÀ 1 • L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIERO PRESOCRATICO
Ad esempio, la leggendaria competenza astronomica dei Babilonesi era prevalentemente di
tipo astrologico-oroscopistico, in quanto lo studio delle stelle e delle eclissi veniva interpretato come una scienza dell’ordine divino del cosmo e aveva come obiettivo la previsione di
eventuali sciagure per Babilonia o per i suoi nemici: per queste ragioni, essa inclinava a
prendere atto dei moti celesti o delle eclissi senza chiedersi la ragione del manifestarsi di tali
fenomeni.
I primi filosofi greci, invece, videro nell’astronomia una scienza naturale e quindi si chiesero il perché dei movimenti astrali, la causa delle eclissi, il motivo per cui i corpi celesti
restano sospesi nel vuoto ecc. Alla semplice descrizione degli oggetti celesti e dei loro stadi,
o all’interpretazione religiosa dei medesimi, essi sostituirono la ricerca di una spiegazione
naturale e razionale delle loro cause. Così facendo, i Greci giunsero a quell’idea dell’astronomia come pura ricerca teorica, distinta da ogni fine utilitario o da ogni credenza religiosa, che rappresenta il primo passo in direzione di un’astronomia scientifica.
Analogamente, le celebrate conoscenze matematiche dell’Egitto presentavano uno spiccato
carattere pratico, pienamente confermato dalla tesi di Erodoto secondo cui la geometria
sarebbe nata in Egitto sotto forma di agrimensura, cioè per la necessità di misurare la terra
e di spartirla tra i suoi proprietari dopo le periodiche inondazioni del Nilo. Le stesse tecniche matematiche di cui parla il papiro Rhind, nonostante il loro carattere avanzato, difettano di spirito scientifico, in quanto, limitandosi al precetto spicciolo «Fa’ sempre come in
questo caso», sono prive di quelle tipiche conquiste greche che sono la formula e la legge,
vale a dire l’inclusione degli illimitati casi possibili in una regola astratta. E ancora, a Babilonia la matematica si configurava come strettamente connessa alla vita quotidiana e i suoi
problemi vertevano per lo più su oggetti concreti quali merci, pani, terreni, recipienti ecc.
Infine, la scuola medica greca, sorta nel VII secolo a.C. a Cnido, colonia dell’Asia Minore,
si diede un’organizzazione più marcatamente scientifica di quella egiziana e babilonese,
la quale, sebbene avesse già cominciato a liberarsi dalla mentalità magica e mitica, rimaneva ancora a uno stadio empirico.
5. Il “genio” ellenico
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La differenza
qualitativa tra
il sapere orientale
e quello greco
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Alla luce di quanto affermato, sembra di poter dire che i Greci non si sono limitati a “ricevere” nozioni astronomiche, matematiche, mediche ecc. dagli altri popoli, ma a tale materiale hanno dato una forma di scientificità che agli altri era per lo più sconosciuta.
E sebbene qualche studioso abbia sostenuto che non è legittimo irrigidire la distinzione tra
atteggiamento pratico-orientale e atteggiamento teorico-greco in una differenza qualitativa, e abbia inoltre ipotizzato che alcuni sacerdoti egiziani e caldei fossero a conoscenza di
una matematica e di un’astronomia “superiori”, basate su formule e leggi, ciò non cambia
la sostanza del problema. Infatti, ammettere che tra l’indirizzo empirico-pratico degli
Orientali e quello razionale-teorico dei Greci vi sia una differenza di quantità e di gradazione non significa escludere che, a un certo livello, ci si trovi di fronte a un vero e proprio
salto di qualità. Inoltre, anche se si supponesse ciò che finora non è stato provato, ossia che
qualche isolato sacerdote egizio o mesopotamico avesse raggiunto livelli superiori di scientificità, con questo non si sminuirebbe affatto l’originalità dei Greci, che sono stati i primi
a impegnarsi pubblicamente in un ben preciso tipo di ricerca razionale.
Capitolo 1 • La Grecia e la nascita della filosofia
In conclusione, quanto si è detto spiega perché gli storici, nonostante l’interesse per il
sapere pre-ellenico e per le grandi filosofie dell’Estremo Oriente, continuino a ripetere
che, così come sono state intese e praticate in Occidente, «la filosofia e la scienza sono
nate in Grecia» (L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, Garzanti, Milano
1970, p. 26).
> si concentra soprattutto sul problema della salvezza
o della “liberazione” dell’uomo
Il sapere orientale
(secondo gli occidentalisti)
> è di tipo religioso
e tradizionalistico, ossia
> privilegio e patrimonio di una casta sacerdotale
> dipendente da un’autorità
ritenuta sacra e immodificabile
> è immerso in un’atmosfera mitica ed è intriso di rappresentazioni fantastiche
> persegue scopi prevalentemente pratici
> si concentra soprattutto sulla conoscenza della natura e dell’essere in generale
Il sapere greco
(secondo gli occidentalisti)
si caratterizza come
libera
indagine critica
>
e razionale, poiché
> nasce da un atto di libertà di fronte
alla tradizione e ad ogni credenza precostituita
> ogni uomo può filosofare in quanto
“animale ragionevole”
> pur presupponendo il mito, tende a riconoscere la ragione
come unica guida
> presenta carattere teorico (dettato dal desiderio di conoscere
il "perché" delle cose)
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6. Le condizioni storico-politiche
che facilitarono la nascita della filosofia
I caratteri della civiltà greca
Appurata l’originalità della filosofia e della scienza elleniche, sorge spontanea la domanda:
quali sono i fattori che spiegano il sorgere del pensiero greco?
A questo interrogativo non si può certo rispondere adducendo una serie di “cause” che
avrebbero inevitabilmente prodotto la filosofia, ma soltanto chiarendo alcune delle condizioni politiche, sociali, economiche e culturali che ne hanno favorito e permesso il germoglio e la fioritura. Tali condizioni si assommano nel tipo di civiltà creato dai Greci, del
tutto originale rispetto alle culture del vicino e del lontano Oriente.
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UNITÀ 1 • L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIERO PRESOCRATICO
Il carattere
autoritario
e tradizionalista
delle civiltà
pre-greche
Il cammino
delle póleis verso
la democrazia
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La spinta del ceto
commerciante
e artigiano
Un atteggiamento
critico e dinamico
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Le civiltà pre-greche erano, nella loro quasi totalità, monarchie stataliste e accentratrici,
con potenti caste sacerdotali e guerriere che detenevano le chiavi del potere e del sapere, e
che rappresentavano il basilare strumento di dominio di sovrani assoluti venerati come semidivinità. Esse presentavano dunque un carattere tendenzialmente autoritario e tradizionalista, e quindi statico, poiché tendevano a sottoporre la loro cultura al minor numero di
mutazioni possibile, presentando come sacri i modi di vivere e di pensare dominanti. In
questo tipo di società, lo sbocciare di una libera indagine critica e razionale, qual è quella
della filosofia, avrebbe ovviamente trovato grossi ostacoli.
In Grecia la situazione appariva diversa:
■ innanzitutto, all’antica monarchia patriarcale erano per lo più succeduti, fin dai tempi
omerici, governi e repubbliche di tipo aristocratico;
■ in secondo luogo, al posto di uno Stato accentratore si era costituita una variopinta e
frazionata costellazione di città-Stato, o póleis;
■ in terzo luogo, le aristocrazie dominanti non erano affatto assimilabili alle caste guerriere
o sacerdotali dell’Oriente, poiché quella greca era una civiltà in cui i sacerdoti, nonostante
la perdurante importanza della religione, avevano poco potere e scarsa rilevanza.
Per tutte queste ragioni, lo sviluppo delle póleis greche non si arrestò, di norma, allo stadio
del predominio delle aristocrazie oligarchiche, ma proseguì, sia pure attraverso convulsioni
complesse (delle quali spesso approfittarono singoli individui per attribuirsi un potere incontrollato: i tiranni), verso forme di direzione democratica dello Stato, che furono le
prime della storia del mondo.
Il motivo di questa ulteriore e decisiva evoluzione della situazione politica greca, che nei
suoi tratti più vistosi avvenne tra il V e il IV secolo a.C., è ancor oggi tema di discussione.
A determinarla contribuì probabilmente un nutrito ceto plutocratico, cioè una classe danarosa (da plútos, “ricchezza”) formatasi attraverso i commerci marittimi, per la quale la forma
prevalente di ricchezza era mobiliare (merci, navi, servi ecc.) e non agraria (come nel caso
della vecchia aristocrazia). Tale ceto, che era costituito sostanzialmente dalle borghesie
commerciali e dall’artigianato cittadino, e in cui talora confluivano esponenti di una nuova aristocrazia più vicina alla mentalità imprenditoriale, finì per ingaggiare una lotta senza
quartiere contro il monopolio della vecchia aristocrazia a base agraria: risultati di tale processo furono il progressivo affermarsi del principio dell’isonomia, secondo il quale i vari
ceti di una società devono godere di uguali diritti politici (da ísos, “uguale”, e nómos, “legge”), e l’autocostituzione della pólis come comunità di uomini liberi che decidono autonomamente, mediante pubblici dibattiti, su questioni di interesse generale.
Proprio la discussione e lo scontro critico tra le varie opinioni presupponevano, e nello
stesso tempo forgiarono, una mentalità che non si accontentava più dell’ossequio passivo
e del rispetto cieco per la tradizione e per le sue forme culturali (mito, religione, poesia
ecc.), ma che tendeva a ricercare motivazioni intellettualmente convincenti per la propria
condotta e per le proprie idee, distinguendo tra ciò che appariva “ragionevole” e ciò che
invece non lo era. In un tale dinamico ambiente socio-politico, caratterizzato dal cambiamento e dalla messa in discussione dei modelli cristallizzati del passato, la filosofia
ebbe modo di emergere e di rafforzarsi come mai prima, contribuendo essa stessa allo
Capitolo 1 • La Grecia e la nascita della filosofia
svecchiamento e alla laicizzazione della cultura. Tanto più che in Grecia – e gli studiosi
sono ormai unanimi nel riconoscere l’importanza di questo fatto, che non ha pressoché
paralleli nelle società precedenti – la classe sacerdotale non era custode di alcun libro sacro ritenuto frutto della parola divina, cosa che permise al libero pensiero dei filosofi di
affermarsi più facilmente.
Il dinamismo della società
La connessione che abbiamo evidenziato tra pensiero filosofico e società dinamica (che è la
consapevole ripresa di una tesi “classica”, oggi nuovamente apprezzata dagli studiosi) ci permette anche di capire, come controprova,
a) perché la filosofia non si sia sviluppata, ad esempio, in una società come quella spartana;
b) perché la filosofia greca sia fiorita nelle colonie prima ancora che nella madrepatria.
Per quanto riguarda il primo punto, una società militarista e autoritaria come quella spartana, caratterizzata da una ferrea staticità conservatrice, non era certo l’ambiente ideale per
la produzione della filosofia.
Del resto, almeno in un primo tempo, non lo era neppure Atene, che presentava ancora il
volto di un’antica città chiusa nei propri atavici modi di vivere e di pensare, e che appariva
ben lontana da quella plastica capacità di rinnovamento che l’avrebbe caratterizzata in seguito. Le colonie ioniche dell’Asia Minore, che, come vedremo, avevano raggiunto per prime un certo benessere e avevano dato luogo a una società “mista”, fondata non solo sulla
terra ma anche sui traffici, presentavano invece condizioni economiche, sociali e politiche
atte a favorire il sorgere di una cultura e di una mentalità più elastiche, propizie alla diffusione della filosofia. Nella Ionia, infatti, si trovavano quella dinamica circolazione di merci,
di idee e di esperienze e quelle libere istituzioni che concorsero a determinare, prima ancora che in madrepatria, quel tipo di società aperta che abbiamo descritto come specifica
della Grecia in rapporto agli altri popoli e come “terreno” atto a stimolare il germoglio della razionalità filosofica.
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Soltanto dopo le guerre persiane, quando ebbe conquistato il potere politico e cominciato a
svecchiare le proprie strutture sociali e culturali, dando luogo a forme istituzionali democratiche, Atene divenne il cuore della vita intellettuale dell’Ellade, assurgendo contemporaneamente, come è stato detto, a capitale della libertà greca e della filosofia.
Dalle colonie
ioniche…
… ad Atene
7. Politica, classi sociali e religione
nella vita della pólis
Ciò che si è detto finora sul genere di civiltà creato dai Greci e sulle strutture della pólis
dev’essere integrato da alcune precisazioni, senza le quali si avrebbe una visione incompleta
e distorta della società ellenica e non si comprenderebbero alcuni caratteri e sviluppi della
sua cultura e della sua filosofia.
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UNITÀ 1 • L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIERO PRESOCRATICO
La centralità
della politica
Un privilegio
per cittadini liberi
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Tra popolo
e aristocrazia
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■
Innanzitutto occorre notare che il “particolarismo” e l’“individualismo”, di cui si parla
spesso come di peculiarità greche e che sembra si addicano a una società a spiccato carattere commerciale e marinaro, non vanno intesi in termini troppo moderni. Oggi un cittadino vive tutta una serie di esperienze private (familiari, ricreative, religiose…) che hanno
poco a che fare con lo Stato. Invece nella Grecia antica ogni cosa era legata alla vita della
città. Ad esempio, la religione era affare di Stato e così pure gli spettacoli teatrali e sportivi.
L’esistenza del cittadino greco era pertanto fortemente plasmata dalla pólis. Da ciò l’interesse
verso la politica da parte dei filosofi greci dell’età classica. Talete, Anassimandro e Pitagora
furono uomini politici. Di Parmenide si narra che diede le leggi alla sua città e di Zenone che
perì vittima del tentativo di liberare i suoi concittadini da un tiranno. Empedocle restaurò la
democrazia ad Agrigento. I sofisti furono maestri e consiglieri di uomini politici. Platone
fece della ricerca di uno Stato ideale lo scopo della sua vita e della sua filosofia. Solo nell’età
ellenistica, con la crisi delle città-Stato e con i rivolgimenti politici dovuti all’inglobamento
della Grecia nel regno di Macedonia (338 a.C.), cominciò ad attuarsi quella separazione tra
cittadino e Stato che avrebbe portato alla progressiva “spoliticizzazione” del discorso filosofico e all’affermarsi dei temi etici ed esistenziali.
■
La democraticità della vita delle città-Stato greche trovava tuttavia un limite nella grande
quantità di schiavi e di cittadini stranieri che, pur vivendo nella pólis, erano privi di diritti
politici (ad Atene erano chiamati “metèci”): così i cittadini liberi finivano per essere, di fatto,
una minoranza, venendo a costituire una specie di aristocrazia rispetto alla restante popolazione della città. Il dibattito politico e la cultura riguardavano perciò necessariamente un
settore ristretto ed elitario della società, e le mirabili conquiste della filosofia e della scienza
rimanevano un privilegio di pochi, anche se, rispetto a quanto avveniva nelle società orientali, interessavano senz’altro una cerchia più ampia di persone, poiché erano riconosciute
come patrimonio potenziale di tutti gli uomini liberi, ovvero dei “cittadini”.
■
Nelle città greche vi era inoltre una tendenziale contrapposizione, ora sotterranea, ora
aperta, tra due componenti sociali: l’aristocrazia, portatrice di una mentalità più conservatrice e legata al passato, e il popolo (il démos), formato da cittadini benestanti e
portatore di una mentalità più progressista e aperta al nuovo. Di conseguenza – pur evitando di ridurre la problematica della nascente filosofia greca a una sorta di proiezione
fotografica di sottostanti lotte sociali interpretabili secondo punti di vista ideologici e
politici odierni – è possibile distinguere, all’interno della filosofia greca degli inizi, un
filone più legato al démos e alla sua mentalità progressista e un filone più legato all’aristocrazia e alla sua mentalità conservatrice1.
Esempi del primo gruppo sono i pensatori ionici (Talete, Anassimandro e Anassimene), a
cui sono collegati, sebbene cronologicamente successivi, Empedocle, Anassagora, gli atomisti e, in parte, i sofisti. Esempi del secondo gruppo, pur in contesti geografici e cronologici
diversi, sono Pitagora, Eraclito, Parmenide e Platone. Queste due linee della filosofia greca,
più marcate all’inizio, con l’andar del tempo finirono per contaminarsi a vicenda, perdendo
sempre di più, anche in rapporto all’approfondirsi della problematica filosofica e agli sviluppi storici della pólis, la loro primitiva fisionomia e confluendo in filosofie più complesse
(ad esempio quella di Aristotele), che ne sintetizzavano le rispettive istanze.
1 Si veda soprattutto AA.VV., Filosofia e società, Zanichelli, Bologna 1975, vol. 1.
Capitolo 1 • La Grecia e la nascita della filosofia
■
Infine è bene ricordare che la città-Stato greca non era una realtà solamente politica,
come gli Stati moderni, ma anche un’entità religiosa. Infatti, sebbene i sacerdoti non rivestissero una grandissima importanza, la religione giocava all’interno della pólis un ruolo basilare. Ogni città si gloriava di un mitico fondatore di origine divina o semi-divina,
e possedeva un suo nume particolare, che considerava suo protettore. Le leggi stesse,
all’inizio, venivano ritenute di origine o di ispirazione divina e solo lentamente vennero
riconosciute come opera umana.
La pólis non rinnegò mai questo suo carattere etico-religioso: piuttosto, nel corso del
tempo, lo modificò gradualmente, conciliandolo con nuove istanze. Tutto ciò pose alcune restrizioni a quella libertà di pensiero di cui visse e si nutrì la nascente filosofia greca:
il misconoscimento aperto degli dei patri in certi casi provocò accuse di empietà (come
quelle mosse ad Anassagora e a Protagora) e fu una delle principali motivazioni del processo contro Socrate. Queste restrizioni, tuttavia, non assunsero proporzioni tali da bloccare lo sviluppo della libera ricerca filosofico-scientifica dei Greci.
Pólis
e religione
8. Primordi e retroterra culturale
della filosofia greca
Prima che la filosofia prendesse esplicitamente avvio, l’arte e la religione in Grecia avevano già abbozzato per loro conto alcune riflessioni generali sull’uomo e sulla realtà. Ciò era
avvenuto soprattutto nelle cosmologie mitiche, nelle dottrine religiose dei Misteri, nei
motti dei Sette Savi e nella riflessione etico-politica dei poeti. Di conseguenza, è proprio
in queste manifestazioni che si possono rintracciare i primordi del pensiero filosofico.
Le cosmologie mitiche
Il più antico documento della cosmologia mitica presso i Greci si deve a Esiodo, poeta vissuto in Beozia tra l’VIII e il VII secolo a.C., nella cui opera confluirono certamente antiche
tradizioni. Secondo la testimonianza di Aristotele, Esiodo fu il primo a cercare il principio
delle cose, come emerge dal suo poema intitolato Teogonia, in cui si legge:
Esiodo
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primissimo fu il caos, poi fu la terra dall’ampio seno […] e l’amore che eccelle fra gli dèi
immortali.
(Teogonia, 166 e ss.)
Di natura filosofica appare qui il problema dell’origine delle cose e della forza che le produsse. Ma se il problema è filosofico, la risposta è mitica. Il caos («abisso sbadigliante»), la terra,
l’amore ecc. sono personificati in entità mitiche.
Dopo Esiodo, il secondo poeta di cui conosciamo la cosmologia è Ferecide di Siro, contemporaneo di Anassimandro, nato probabilmente verso il 600-596 a.C. Egli narrò che prima di
ogni cosa ed eternamente c’erano Zeus, Crono e Ctono. Ctono era la terra, Crono il tempo,
Zeus il cielo. Quest’ultimo, trasformato in Eros, cioè in amore, procedette alla costruzione
dell’universo. Nel mito di Ferecide di Siro compare la prima distinzione tra la materia e la
forza organizzatrice del mondo.
Ferecide di Siro
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UNITÀ 1 • L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIERO PRESOCRATICO
Il dibattito sui miti greci
Le difficoltà nello
studio dei miti
Il mito come
“storia vera”
La funzione
pre-filosofica e
pre-scientifica
del mito
Il mito come
simbolo
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La peculiarità
del linguaggio
mitologico
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Lo studio dei miti greci deve affrontare una serie nutrita di problemi:
■ il carattere oscuro del mito e le conseguenti difficoltà di intenderne il significato;
■ le svariate forme in cui i racconti mitici si presentano (ci sono miti cosmogonici, miti di
dei ed eroi, miti orfici ecc.);
■ la stratificazione di formulazioni differenti e le molteplici modalità di trasmissione;
■ i diversi modi in cui, nelle epoche successive, le narrazioni mitologiche furono considerate dai Greci.
Tutto ciò determina una grande varietà di approcci nei confronti di questa forma culturale.
Il primo elemento che emerge è che il mito non è una storia fantastica, ma il tentativo di
spiegare o razionalizzare alcuni aspetti della realtà e dell’esperienza. Non a caso lo studioso romeno Karl Kerényi (1897-1973) propone di tradurre il termine greco mýthos con
l’espressione “storia vera”. Ma allora, più precisamente, che cosa sono i miti? Allegorie descrittive di alcuni aspetti della natura, spiegazioni di eventi naturali, tentativi di convalidare
determinate pratiche religiose o sociali, o altro ancora?
La svedese Paula Philippson (1874-1949), in un lavoro ormai classico pubblicato nel 1944,
individua nel mito una produzione culturale che apre la strada a quella filosofica e scientifica,
poiché tenta di conferire ordine e unità alla molteplicità dei fenomeni naturali. Lo stesso
pensiero filosofico delle origini non è del tutto adeguato a questo compito: per questo continua a fare ricorso al mito. Così è in Parmenide e, in qualche misura, nello stesso Platone. In
questo senso il mito sarebbe dunque l’espressione ancora inadeguata di concetti che verranno
gradualmente messi a fuoco nei successivi sviluppi della cultura greca.
L’autonomia della dimensione mitologica è invece affermata con forza dal filosofo tedesco
Ernst Cassirer (1874-1945), il quale rigetta esplicitamente il carattere allegorico del mito,
che interpreta piuttosto come simbolo, cioè come un modo di rispondere a problemi conoscitivi e, più in generale, come una forma completa di cultura. Tuttavia, anche Cassirer
finisce per intendere il mito come una risposta più emotiva che razionale alle questioni che
lo suscitano.
Il dibattito sul tema è stato e continua a essere molto ampio, coinvolgendo antichisti,
antropologi e psicoanalisti. Recentemente alcuni studiosi hanno rifiutato le teorie che
abbiamo appena ricordato e altre ancora, definite “monolitiche” (Geoffrey S. Kirk,
1921-2003), per il fatto che i miti sono tanti e diversi, e di conseguenza risultano sospette tutte quelle ipotesi che intendano individuarne un unico significato e una sola
funzione.
Al di là dei diversi approcci e delle diverse conclusioni, va comunque tenuto sempre
presente che il mito arcaico è una forma di sapere, una riflessione sulle divinità, sul
cosmo e sul passato che integra una visione del tutto peculiare del mondo. Per questo
non è possibile “tradurre” i miti in una forma che oggi a noi sembri razionale: lungi
dall’essere un mero rivestimento letterario o favolistico per concetti presenti nella coscienza arcaica sotto altre spoglie, essi costituiscono un approccio a tali concetti adeguato allo spirito e alla cultura del tempo, forse l’unico che in quel particolare momento
storico fosse praticabile.
Capitolo 1 • La Grecia e la nascita della filosofia
Ad esempio, un antichissimo mito cosmogonico di matrice orfica narra che la notte – sotto forma di un uccello dalle ali nere – venne fecondata dal vento e depose quindi un gigantesco uovo d’argento; esso si divise in due, generando Eros e dando origine al cosmo:
sopra una concavità, il cielo, e sotto l’altra, la terra. Ora, è evidente che le due metà
dell’uovo sono una raffigurazione fisica e che le ali della notte richiamano l’oscurità: anche il mito non può rinunciare a confrontarsi con i dati empirici. Allo stesso tempo, però,
noi non siamo in grado di indicare, per ogni immagine di questo mito, un corrispondente oggetto fisico o cosmologico inteso come oggi lo intendiamo, per il fatto che l’immagine del mondo offerta dai miti è semplicemente diversa e, per certi aspetti, incommensurabile rispetto alla nostra.
I Misteri e i Sette Savi
Un’ulteriore affermazione dell’esigenza filosofica si nota nella religione dei Misteri, diffusasi in Grecia a cominciare dal VI secolo a.C. A questa religione appartennero il culto di
Dioniso, che veniva dalla Tracia, il culto di Demetra, i cui riti si celebravano a Eleusi, e soprattutto l’orfismo.
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Anche l’orfismo era dedicato al culto di Dioniso, ma era organizzato in comunità e poneva
in una forma di rivelazione l’origine dell’autorità religiosa: rivelazione attribuita al poeta
tracio Orfeo (da cui il nome del movimento), del quale si narrava che fosse disceso nell’Ade.
Lo scopo dei riti che la comunità celebrava era quello di purificare l’anima dell’iniziato e di
sottrarla così alla “ruota” delle nascite, cioè alla trasmigrazione nel corpo di altri esseri viventi. In questo senso l’orfismo attuò un vero e proprio capovolgimento della prospettiva antropologica della tradizione omerica, secondo la quale l’uomo trovava la sua manifestazione più
propria nella vitalità del corpo. Al contrario, per gli orfici il corpo non era che la prigione
dell’anima, ovvero di una “scintilla” divina che preesisteva e sopravviveva al corpo e che era
necessario liberare dalle catene della materia.
L’insegnamento “filosofico” fondamentale dell’orfismo consiste nella visione della scienza e, in
generale, dell’attività del pensiero come un cammino di vita, cioè come una ricerca che conduce l’uomo alla vita autentica. In questo stesso modo, più di un secolo dopo, intenderà e
praticherà la filosofia Platone, che nel Fedone si rifarà esplicitamente alle credenze orfiche.
Accanto al primo balenare della filosofia nei miti cosmologici e nei Misteri, troviamo una
prima forma di riflessione morale nella leggenda dei Sette Savi. Questi sono variamente
enumerati dagli scrittori antichi, ma quattro di essi, Talete, Biante, Pìttaco e Solone, sono
compresi in tutte le liste. Platone, che per primo li elencò, a questi quattro aggiunse Cleobulo,
Misone e Chilone (Protagora, 343a).
Ai Sette Savi si attribuivano brevi sentenze morali (da cui la denominazione di “gnomici”, da ghnóme, “sentenza”), alcune delle quali divennero famose. A Talete si attribuisce
il motto «Conosci te stesso» (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, I, 40). A Biante le massime
«I più sono malvagi» (Diogene Laerzio, I, 88) e «La carica rivela l’uomo» (Aristotele, Etica
nicomachea, V, 3). A Pìttaco il motto «Sappi cogliere l’opportunità» (Diogene Laerzio,
I, 79). A Solone le sentenze «Prendi a cuore le cose importanti» e «Nulla di troppo» (Diogene Laerzio, I, 60 e 63). A Cleobulo il motto «Ottima è la misura» (Diogene Laerzio, I, 93).
A Misone la massima «Indaga le parole a partire dalle cose, non le cose a partire dalle
L’orfismo
IL CONCETTO
E L’IMMAGINE
La “scoperta”
dell’aldilà tra arte
e filosofia, p. 256
I Sette Savi
e le sentenze morali
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UNITÀ 1 • L’INDAGINE SULLA NATURA: IL PENSIERO PRESOCRATICO
parole» (Diogene Laerzio, I, 108). A Chilone i motti «Bada a te stesso» e «Non desiderare
l’impossibile» (Diogene Laerzio, I, 70).
Come si vede, questi motti sono tutti di natura pratica, o morale, e dimostrano che la prima
riflessione filosofica si rivolse in Grecia alla saggezza della vita, più che alla pura contemplazione (come invece preferì credere Aristotele). Questi motti preludono a una vera e propria
indagine sulla condotta dell’uomo nel mondo. E forse non a caso il primo dei Sette Savi,
Talete, è anche considerato il primo vero rappresentante della filosofia greca.
La poesia
Come abbiamo anticipato, anche la poesia contribuì in modo determinante a creare il clima
nel quale poté nascere e fiorire la filosofia greca. La riflessione morale dei poeti, infatti, in
Grecia elaborò quei concetti fondamentali che dovevano servire ai filosofi per l’interpretazione del mondo.
Legge
e giustizia
Giustizia
e misura
In Omero si trova per la prima volta il concetto di una legge che dà unità al mondo umano:
l’Odissea è tutta dominata dalla fede in una legge di giustizia, di cui gli dei sono custodi e
garanti, che determina nelle vicende umane un ordine provvidenziale per il quale il giusto
trionfa e l’ingiusto viene punito.
Esiodo personifica tale legge nella dea Díke (Giustizia), figlia di Zeus, che siede accanto al
padre e vigila affinché siano puniti gli uomini che commettono ingiustizia. L’infrazione di
questa legge appare nello stesso Esiodo come tracotanza (hýbris), dovuta alla sfrenatezza
delle passioni e in generale a forze irrazionali. Oltre a Esiodo, si esprimono in questi termini anche Archiloco, Mimnermo e Teognide.
Solone (uomo politico e poeta ateniese vissuto tra il VII e il VI secolo a.C.) afferma con
grande energia l’infallibilità della punizione che colpisce colui che infrange la norma di
giustizia sulla quale è fondata la vita associata: anche quando il colpevole si sottrae alla punizione, questa colpisce infallibilmente i suoi discendenti. L’apparente disordine delle vicende umane, per il quale la Moira, o il destino, sembra colpire anche gli innocenti, trova la
propria giustificazione, secondo Solone, nella necessità di restringere entro giusti limiti i
desideri umani smodati e di allontanare l’uomo da qualsiasi eccesso. Sicché la legge di giustizia è anche norma di misura, e Solone esprime in un famoso frammento la convinzione
morale più radicata nei Greci:
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La cosa più difficile di tutte è cogliere l’invisibile misura della saggezza, la quale sola reca in
sé i limiti di tutte le cose.
(frammento 16)
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Il poeta tragico Eschilo (VI-V secolo a.C.) è, infine, il profeta religioso di questa legge universale di giustizia, della quale la sua tragedia vuole esprimere il trionfo.
Prima, dunque, che la filosofia scoprisse e giustificasse l’unità della legge al di sotto della
molteplicità dispersa dei fenomeni naturali, la poesia greca aveva scoperto e giustificato
l’unità della legge al di sotto delle vicende apparentemente disordinate e mutevoli della
vita umana associata. Vedremo come la speculazione dei primi fisici non abbia fatto che
cercare nel mondo della natura quello stesso ordine che i poeti avevano rintracciato nel
mondo degli uomini.
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