uSe Lawal va al Barcellona è una vittoria»

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IL MERCATO
uSe Lawal va
al Barcellona
è una vittoria»
TORINO. Per le stelle italiane
bisogna aspettare di avere
altri budget. Soltanto il
sardo Gigi Datome
potrebbe, ma «non adesso,
Gigi è legato alla sua terra,
un giorno potrebbe giocare
per noi, ma adesso è giusto
che aspetti la Nba e in
alternativa un'Eurolega di
alto livello». Stefano
Sardara ha un'idea precisa
su come debba essere la
filosofia di squadra 201516 e, in generale, nel futuro:
«Sharie Lawal è andato al
Barcellona? La verità che
dovremo cambiare tutti o
quasi come la scorsa
stagione. Questo scudetto
è arrivato dopo un
cambiamento radicale,
successivo alla fine
dell'epoca dei due Diener.
Ma siamo pronti è
preparati. Dobbiamo
investire su giocatori da
valorizzare. Se poi vanno
nei top team di Eurolega come Lawal - è il miglior
risultato per noi.
Un'apertura di credito sul
mercato, con gli agenti
degli atleti». Significa
dimostrare che in società si
sa come lavorare. E' un po' il
metodo che aveva rivelato il
gm del Bamberg, Baiesi,
dopo il titolo nella
Bundesliga. Il primo colpo,
è noto, è stato Christian
Eyenga, da Varese.
Bisognerà poi trovare il
sostituto di David Logan,
tornato al Panathinaikose
forse anche di Rakim
Sanders, per il quale
suonano sirene turche
(Trabzonspor). «L'unica
certezza è che
continueremo con il
sistema dei 3 americani, 4
comunitari e 5 italiani. La
base è quella perché
disputeremo l'Eurolega. E
anche in futuro vogliamo
restare in Europa». Si può
provare a trattenere
Jerome Dyson, l'uomo che
vince le partite, e magari
qualche volta te le fa
perdere. Eppoi Kenny Kadji
che resta incostante e
tenero, ma sul cui talento si
può lavorare eccome. Ma
ora la palla passa a Federico
Pasquini che ha già parlato
della squadra futura con
Sacchetti. Altro segnale
della permanenza di Meo,
nonostante la stanchezza
dell'allenatore al termine di
una stagione straordinaria,
ma «faticosa». Anche per
qualche divergenza con
Sardara. Che dice: «Siamo
fatti così, ci diciamo le cose
in faccia, magari ci
punzecchiamo, ma ci
capiamo».
P.G.
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