n°08 La natura biologica dell´embrione

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N. 8/05
Importante punto di riferimento per chi vuol difendere la vita umana
LA NATURA BIOLOGICA DELL’EMBRIONE
Quando si parla di procreazione medicalmente assistita, dell’embrione e del suo
utilizzo per la produzione di cellule staminali embrionali non si può prescindere
da una analisi minuziosa dei processi biologici fondamentali che, dall’atto della
fecondazione, attraverso la genesi e lo sviluppo dell’embrione e del feto, portano
alla formazione e nascita dell’individuo. Il testo che viene proposto di seguito
esamina questi processi da un punto di vista strettamente biologico, ed a questi
seguirà una serie di brevi considerazioni sulla natura dell’embrione che
contendono come, a prescindere dal suo stadio di sviluppo, questi rappresenti
una vita umana a tutti gli effetti, sin dall’atto primo della fecondazione e fusione
dei gameti maschili e femminili. Tale descrizione potrà a qualche lettore apparire
tediosa, ma sarà fonte preziosa di informazione da utilizzarsi in tutti quei
contesti e situazioni in cui la difesa della vita umana richieda la capacità di
discutere in modo argomentato e scientificamente fondato della natura biologica
dell’embrione.
L’embrione e la sua origine
In Biologia con il termine “embrione” si indicano
i primi stadi di sviluppo di un organismo.
Nell’uomo, il termine si riferisce ai primi due
mesi di sviluppo. Dopo questo periodo, al termine
embrione si sostituisce quello di “feto”, per
indicare lo sviluppo dell’organismo fino alla
nascita. Tuttavia, alcuni autori parlano di
“embrione” solo dopo l’impianto della blastocisti
nella mucosa uterina (endometrio). Lo sviluppo di
un essere umano comincia da una singola cellula
nata dalla fusione di un gamete maschile e di uno
femminile. Dopo otto settimane, da questa cellula
si sono formate un numero infinito di cellule. E’
evidente quindi che il termine embrione sottenda
stadi diversi di sviluppo di un individuo. Lo
sviluppo di un essere umano comincia
dall’incontro di uno spermatozoo con una cellula
uovo, in un processo che prende il nome di
fecondazione. La fecondazione comprende una
serie di eventi successivi che vanno dal contatto
dello spermatozoo con la cellula uovo alla fusione
delle membrane cellulari, all’unione dei pronuclei
delle due cellule (ognuno dei quali possiede 23
cromosomi) per dare origine ad una nuova cellula
che possiede un patrimonio genetico completo o
diploide (46 cromosomi). La cellula uovo
fecondata dallo spermatozoo è una nuova entità
cellulare chiamata zigote. Le due cellule che
originano dalla prima divisione cellulare dello
zigote sembrano possedere caratteristiche
differenti, che persistono nelle divisioni cellulari
successive, in quanto dalla progenie di una cellula
origina l’embrione e dalla progenie dell’altra gli
annessi embrionali (tra i quali la placenta). E’
tuttavia improprio parlare di “destino” cellulare,
perché se una delle prime cellule viene rimossa, le
altre rimaste sono in grado di compensare. Dopo
la fecondazione, le prime divisioni cellulari dello
zigote avvengono lentamente in un processo
chiamato segmentazione, che, partendo da una
cellula, porta alla formazione di due, quattro, otto
e sedici cellule. Si parla di segmentazione perché
le divisioni del citoplasma portano alla
formazione di incisure simili a solchi; le cellule
così formate si chiamano blastomeri e l’organismo
nel suo insieme viene detto morula. Molti zigoti
non sopravvivono fino a questo stadio di sviluppo.
Si calcola che la maggior parte degli aborti
spontanei avvenga prima della fase dell’impianto
in utero o poco dopo, ma ancora nelle prime fasi
della gestazione. Quando la morula arriva
nell’utero è costituita da trentadue cellule e
comincia a rigonfiarsi attraverso l’assunzione di
liquidi tra i blastomeri. Gli spazi contenenti i
fluidi si raggruppano e danno origine ad una
cavità. Quando la cavità diventa evidente, l’intero
organismo viene chiamato blastocisti. Le cellule
più esterne della blastocisti, soprattutto quelle che
circondano la cavità, assumono una forma piatta e
danno origine alle cellule del trafoblasto. Queste
cellule contribuiranno alla formazione degli
annessi embrionali. Le cellule più interne della
blastocisti danno origine alle cellule del nodo
embrionale: queste cellule contribuiranno alla
formazione del nuovo organismo. Le cellule del
nodo embrionale (inner mass cells) possono dare
origine a tutti i tipi cellulari presenti
nell’individuo adulto. Per questo motivo vengono
dette pluripotenti. Non possono essere definite
totipotenti perché non sono capaci di originare le
cellule che costituiscono gli annessi embrionali
(che originano esclusivamente dai trofoblasti). Le
cellule staminali embrionali vengono isolate dalle
cellule del nodo embrionale. Nell’utero, la
blastocisti si ingrandisce e aderisce all’endometrio
per mezzo dei trofolasti. Si parla di impianto della
blastocisti che avviene sei giorni circa dopo la
fecondazione. L’embrione inizia così la seconda
settimana di sviluppo L’impianto della blastocisti
si completa in tre-quattro giorni ed è generalmente
terminato entro il dodicesimo giorno. Durante
l’impianto, le cellule trofoblastiche prendono
attivamente
contatto
con
la
superficie
dell’endometrio
e
penetrano
totalmente
nell’epitelio della mucosa. Nel punto di contatto
della mucosa uterina, si sviluppa un sistema
circolatorio primitivo, che fornisce nutrimento alla
blastocisti impiantata e agli annessi embrionali
che si stanno formando. La cavità della blastocisti
tende a dilatarsi e si ha la separazione definitiva
tra le cellule del nodo embrionale e i trofoblasti.
Si forma così il primo annesso embrionale, detta
cavità amniotica. Dai trafoblasti origina un altro
annesso embrionale, detto corion, da cui derivano
successivamente i villi corionici e, in ultimo, la
placenta. La blastocisti è così annidata
completamente nel connettivo della mucosa, ricco
di spazi interstiziali irrorati dal sangue materno.
Quando si sviluppa la circolazione sanguigna
fetale, il sangue fetale e quello materno
rimangono separati e nutrienti, ossigeno e prodotti
di scarto diffondono nella giusta direzione
attraverso la barriera placentare.
Dall’impianto nell’utero alla gastrulazione
dell’embrione
Durante le fasi di impianto nell’utero, i trofoblasti
si differenziano in anticipo rispetto alle cellule del
nodo embrionale per garantire il nutrimento
dell’embrione. Tuttavia anche le cellule del nodo
embrionale vanno incontro ad una serie di
cambiamenti. Innanzitutto si dividono in due
foglietti per dare origine al disco embrionale
diblastico. Si forma così l’epiblasto (o ectoderma
primitivo) più esterno e l’ipoblasto (o endoderma
primitivo) più interno. Gli annessi embrionali di
supporto sono esterni all’embrione che inizia a
svilupparsi indipendentemente, pur rimanendo in
stretta continuità con essi. All’inizio della terza
settimana di sviluppo, le cellule dell’epiblasto si
ispessiscono e danno origine a una struttura detta
“linea primitiva”, che si estende dall’estremità
caudale al centro del disco embrionale, definendo
così l’asse antero-posteriore e la simmetria
bilaterale
dell’embrione.
Alcune
cellule
dell’epiblasto migrano nel solco della linea
primitiva e, dopo essere entrate nel solco,
invertendo la direzione e continuano a migrare
nella stessa direzione da cui sono venute, ma sotto
la superficie, sostituendo le cellule dell’ipoblasto.
Questa migrazione da origine a tre foglietti, tutti
di origine epiblastica, chiamati ectoderma,
mesoderma ed endoderma. Il processo che porta al
completamento del differenziamento di una
blastula bilaminare, costituita da un epiblasto e da
un ipoblasto, in una gastrula trilaminare, costituita
da ectoderma, mesoderma ed endoderma
definitivo è detto gastrulazione. Bisogna
evidenziare che tutti i tessuti del futuro organismo
derivano dall’epiblasto. Ad oggi sembra che
l’ipoblasto non contribuisca alla formazione di
alcuna struttura embrionale, ma svolga un ruolo
transitorio: proteggere e probabilmente istruire
l’epiblasto. La gastrulazione costituisce un punto
di cruciale importanza nello sviluppo embrionale;
durante
questo
processo
una
blastula
essenzialmente sferica si trasforma in una struttura
cilindrica con una testa ed una coda e tre foglietti
embrionali distinti. Dall’ectoderma origineranno
la pelle, il sistema nervoso e le strutture sensoriali
di occhi, orecchie e naso. Dal mesoderma avranno
origine il sistema scheletrico, quello muscolare e
quello circolatorio. Dall’endoderma avranno
origine gli epiteli di rivestimento, come quelli del
tratto digestivo e del sistema respiratorio. Negli
anni sono stati approfonditi i meccanismi che
portano allo sviluppo dei tre foglietti embrionali.
Un tempo i tre foglietti erano considerati tre entità
separate ed indipendenti, mentre oggi vengono
viste come tre strutture interconnesse nel loro
destino. Per esempio, un tempo si pensava che la
cartilagine fosse esclusivamente di origine
mesodermica. Oggi si sa che alcune strutture
cartilaginee della testa e del collo sono di origine
ectodermica.
Recenti
dati
sperimentali
evidenziano come alcune cellule staminali
derivate da un foglietto germinale e cresciute in
condizioni ben determinate in vivo posseggono
una certa plasticità che permette loro di
transdifferenziare in cellule derivate da un altro
foglietto germinale.
Dalla formazione del sistema nervoso centrale
all’organogenesi
Con neurulazione si indica una serie di processi
che portano alla formazione del sistema nervoso
centrale nell’embrione. Dall’estremità craniale
della linea primitiva, si sviluppa nel mesoderma
una lunga struttura che si estende anche oltre la
direzione craniale. Questa struttura viene chiamata
notocorda e costituisce l’asse antero-posteriore
dell’embrione. Sui lati della notocorda si
svilupperà la colonna vertebrale. A questo stadio
di sviluppo, la notocorda e i tessuti adiacenti
esercitano un’induzione primaria sull’ectoderma
sottostante da cui origina la placca neurale. La
placca neurale si solleva da entrambe i lati della
notocorda originando le pieghe cefaliche. Le
pieghe cefaliche si uniscono inglobando il tubo
neurale, incominciando dal centro verso le due
estremità, con un meccanismo simile a quello di
una cerniera-lampo. Questo processo è completo
alla fine delle terza settimana dello sviluppo
embrionale. Il mesoderma, che confina con il tubo
neurale, si differenzia in una serie di strutture
dette somiti. Il primo paio di somiti compare nella
parte craniale del tubo neurale al ventesimo
giorno dopo la fecondazione. Gli altri somiti si
formano via via in direzione caudale fino al
trentesimo giorno. Le cellule mesenchimali che
derivano dai somiti danno origine alla maggior
parte delle strutture scheletriche e del sistema
muscolare. La formazione del sistema circolatorio
fetale inizia nell’embrione dopo tre settimane
dalla fecondazione, mentre il sangue fetale viene
prodotto non prima della quinta settimana. Il
cuore compare come un grande vaso sanguigno,
che si ripiega su se stesso per originare gli atri e i
ventricoli che lo costituiscono nella sua forma
finale. Tuttavia già nella struttura più primordiale
a forma di tubo, le membrane plasmatiche di
alcune sue cellule possiedono un potenziale
elettrico e una capacità contrattile da far sì che il
cuore cominci a battere dalla terza settimana,
formando così un primitivo sistema circolatorio.
Le principali strutture dell’organismo e le
connessioni tra i vari organi e sistemi si formano
tra la quarta e l’ottava settimana dello sviluppo
embrionale. Anzitutto l’embrione si ripiega più
volte, trasformando la struttura lineare e piatta del
tubo neurale e dei somiti in una struttura a forma
di “C”. Questo cambio strutturale conferisce al
cervello, all’intestino e ad altri organi una
posizione più fisiologica per la formazione delle
connessioni anatomiche. Durante la quarta
settimana le estremità del tubo neurale si
chiudono, delimitando così ciò che diventerà il
sistema nervoso centrale. Durante la quarta
settimana compaiono anche gli abbozzi
cartilaginei degli arti. Durante la chiusura del tubo
neurale, si sviluppano le strutture primordiali del
cervello. I nervi del cranio, come quelli degli
occhi e dei muscoli della faccia, incominciano a
svilupparsi a questo stadio. Il cervello embrionale
inizia a svilupparsi attorno alla quinta settimana,
così come compaiono a questo stadio anche la
vescicola ottica e la retina dell’occhio. Lo
sviluppo embrionale continua con la comparsa dei
diversi organi, dell’apparato scheletrico, degli arti
e della faccia. Tutto questo avviene dopo l’ottava
settimana dalla fecondazione, quando l’embrione
viene ormai chiamato feto. Sebbene gli elementi
base dello sviluppo sono stati stabiliti durante
l’embriogenesi, il pieno sviluppo del piano
corporeo e le infinite connessioni tra tutti gli
apparati del corpo si sviluppano durante lo stadio
fetale per continuare anche dopo la nascita.
Considerazioni finali
Da quanto descritto, si possono evincere alcune
considerazioni di carattere strettamente logico e
biologico sulla natura dell’embrione, sull’inizio
della vita e sulla visione corrente da parte dei vari
gruppi di pensiero sull’utilizzo degli embrioni e
sulla procreazione medicalmente assistita. Il
problema principale della discussione sulla natura
dell’embrione si incentra su un punto
fondamentale. Dove è lecito, da un punto di vista
strettamente biologico, delineare il limite fra la
vita e la “non vita”? La risposta è, in realtà,
drammaticamente semplice. L’inizio della vita
coincide con l’atto del formarsi di un’entità
biologica che contiene ed è dotata dell’intero
programma di crescita e dell’informazione
necessaria ad evolvere e ad attraversare tutti gli
stadi di sviluppo che caratterizzano un essere
umano e che sono parte integrante della sua storia
naturale – zigote, morula, blastocisti, embrione,
feto, neonato, bambino, ragazzo, uomo – fino alla
morte. Quest’ultima, coincide con la perdita e/o
distruzione di tale informazione e/o capacità. Su
questa base, risulta evidente come l’inizio della
vita, in un essere umano, coincide con l’atto della
fusione tra spermatozoo ed ovulo, il quale porta
alla creazione dello zigote ed allo scatenarsi di
quella catena di eventi che esitano poi nella
nascita di un neonato. Analizzando il problema da
un’altra prospettiva, si può immaginare di partire
dall’individuo adulto e ripercorrere all’indietro la
sua storia biologica, cercando una soluzione di
continuità nel processo vitale. Noteremo subito
come tale soluzione di continuità avviene solo
all’atto della fecondazione. Ad ogni stadio di
sviluppo successivo alla fusione dei gameti, la vita
è presente in tutti i suoi aspetti e le sue
caratteristiche fondamentali, così che i vari stadi
spesso suggeriti come punti di confine tra la vita e
la non–vita – l’impianto in utero, la formazione di
un cervello, l’autocoscienza – emergono
chiaramente come arbitrari. Questi stadi
demarcano esclusivamente il confine tra fasi
diverse dello sviluppo vitale, ma tutti contenuti
all’interno di quest’ultimo, di cui non
rappresentano confine alcuno. Emerge a questo
punto molto chiaramente come i tentativi di
ridurre l’embrione umano a una mera entità
biologica priva di vita, basandosi su parametri
aleatori, volutamente vaghi, siano insostenibili da
un punto di vista strettamente logico e biologico.
Ad esempio, il sostenere che un embrione non
rappresenta una vita poiché non è in grado di
“comunicare” è improponibile. L’embrione
comunica con la madre fin dai primissimi stadi di
sviluppo. Questo avviene attraverso lo scambio di
molecole chimiche molto specifiche. La
discriminazione tra vita e non-vita, quindi, non
riguarderebbe la mancanza di capacità a
comunicare, ma la forma di comunicazione
utilizzata, chimica nel caso dell’embrione,
meccanica (il suono, vibrazione dell’aria) nel caso
di individui adulti: una conclusione inaccettabile
da qualsiasi punto di vista. Un altro esempio
sarebbe la supposta incapacità dell’embrione ad
elaborare informazione, ad agire in modo
senziente, con autocoscienza: una situazione che
gli negherebbe la dignità ad essere considerato
una vita umana. Questo rappresenta un approccio
non solo inaccettabile, ma anche molto pericoloso
per le implicazioni che comporta. Tale
ragionamento equivale a voler sostenere che
pazienti con patologie importanti quali, ad
esempio, il morbo di Alzheimer, che annulla in
toto le facoltà cognitive, non rappresentano una
forma di vita. E’ questo un argomento
insostenibile che rimarca la mancanza di
fondamento di molte delle teorie addotte a
sostegno del concetto che l’embrione umano altro
non sarebbe che un “grumo di cellule”.
Quest’ultima è una espressione colloquiale spesso
usata nel contesto della discussione attorno la
natura dell’embrione umano. Essa esemplifica il
grado di approssimazione a cui spesso si ricorre
nel tentativo di negare l’innegabile, e cioè
l’evidenza oggettiva che la vita comincia all’atto
della fecondazione dell’ovulo da parte dello
spermatozoo. E’ viva speranza degli scriventi che
questo breve contributo sulla natura dell’embrione
umano, dichiaratamente non esaustivo per ragioni
di spazio, possa essere di aiuto a coloro che sono
impegnati nel dibattito etico riguardante questo
spinoso argomento. Auspichiamo che questo
documento possa fornire alcuni spunti di
riflessione e di approfondimento sia agli addetti ai
lavori sia a coloro che, per amor di scienza,
cultura o aspirazione alla crescita interiore, si
interessano di questo argomento di vitale
importanza per l’umanità intera.
A.L. VESCOVI
Consorzio Nazionale Cellule Staminali
(CONSTEM)
L. SPINARDI
Università degli Studi Milano Bicocca e
Fondazione San Raffaele, Milano
(tratto da Medicina e Morale 2004/1, pagg. 53-63)
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