BOLLETTINO U.C.F.I. (UNIONE CATTOLICA FARMACISTI ITALIANI) – SEZIONE DI VERONA LUNGADIGE SAMMICHELI, 3 C.A.P. 37129 VERONA TEL. 045/8034396 E-MAIL: ethical@brembenet .it SITO INTERNET: www.ucfi.it e www.farmacieverona.it N. 8/05 Importante punto di riferimento per chi vuol difendere la vita umana LA NATURA BIOLOGICA DELL’EMBRIONE Quando si parla di procreazione medicalmente assistita, dell’embrione e del suo utilizzo per la produzione di cellule staminali embrionali non si può prescindere da una analisi minuziosa dei processi biologici fondamentali che, dall’atto della fecondazione, attraverso la genesi e lo sviluppo dell’embrione e del feto, portano alla formazione e nascita dell’individuo. Il testo che viene proposto di seguito esamina questi processi da un punto di vista strettamente biologico, ed a questi seguirà una serie di brevi considerazioni sulla natura dell’embrione che contendono come, a prescindere dal suo stadio di sviluppo, questi rappresenti una vita umana a tutti gli effetti, sin dall’atto primo della fecondazione e fusione dei gameti maschili e femminili. Tale descrizione potrà a qualche lettore apparire tediosa, ma sarà fonte preziosa di informazione da utilizzarsi in tutti quei contesti e situazioni in cui la difesa della vita umana richieda la capacità di discutere in modo argomentato e scientificamente fondato della natura biologica dell’embrione. L’embrione e la sua origine In Biologia con il termine “embrione” si indicano i primi stadi di sviluppo di un organismo. Nell’uomo, il termine si riferisce ai primi due mesi di sviluppo. Dopo questo periodo, al termine embrione si sostituisce quello di “feto”, per indicare lo sviluppo dell’organismo fino alla nascita. Tuttavia, alcuni autori parlano di “embrione” solo dopo l’impianto della blastocisti nella mucosa uterina (endometrio). Lo sviluppo di un essere umano comincia da una singola cellula nata dalla fusione di un gamete maschile e di uno femminile. Dopo otto settimane, da questa cellula si sono formate un numero infinito di cellule. E’ evidente quindi che il termine embrione sottenda stadi diversi di sviluppo di un individuo. Lo sviluppo di un essere umano comincia dall’incontro di uno spermatozoo con una cellula uovo, in un processo che prende il nome di fecondazione. La fecondazione comprende una serie di eventi successivi che vanno dal contatto dello spermatozoo con la cellula uovo alla fusione delle membrane cellulari, all’unione dei pronuclei delle due cellule (ognuno dei quali possiede 23 cromosomi) per dare origine ad una nuova cellula che possiede un patrimonio genetico completo o diploide (46 cromosomi). La cellula uovo fecondata dallo spermatozoo è una nuova entità cellulare chiamata zigote. Le due cellule che originano dalla prima divisione cellulare dello zigote sembrano possedere caratteristiche differenti, che persistono nelle divisioni cellulari successive, in quanto dalla progenie di una cellula origina l’embrione e dalla progenie dell’altra gli annessi embrionali (tra i quali la placenta). E’ tuttavia improprio parlare di “destino” cellulare, perché se una delle prime cellule viene rimossa, le altre rimaste sono in grado di compensare. Dopo la fecondazione, le prime divisioni cellulari dello zigote avvengono lentamente in un processo chiamato segmentazione, che, partendo da una cellula, porta alla formazione di due, quattro, otto e sedici cellule. Si parla di segmentazione perché le divisioni del citoplasma portano alla formazione di incisure simili a solchi; le cellule così formate si chiamano blastomeri e l’organismo nel suo insieme viene detto morula. Molti zigoti non sopravvivono fino a questo stadio di sviluppo. Si calcola che la maggior parte degli aborti spontanei avvenga prima della fase dell’impianto in utero o poco dopo, ma ancora nelle prime fasi della gestazione. Quando la morula arriva nell’utero è costituita da trentadue cellule e comincia a rigonfiarsi attraverso l’assunzione di liquidi tra i blastomeri. Gli spazi contenenti i fluidi si raggruppano e danno origine ad una cavità. Quando la cavità diventa evidente, l’intero organismo viene chiamato blastocisti. Le cellule più esterne della blastocisti, soprattutto quelle che circondano la cavità, assumono una forma piatta e danno origine alle cellule del trafoblasto. Queste cellule contribuiranno alla formazione degli annessi embrionali. Le cellule più interne della blastocisti danno origine alle cellule del nodo embrionale: queste cellule contribuiranno alla formazione del nuovo organismo. Le cellule del nodo embrionale (inner mass cells) possono dare origine a tutti i tipi cellulari presenti nell’individuo adulto. Per questo motivo vengono dette pluripotenti. Non possono essere definite totipotenti perché non sono capaci di originare le cellule che costituiscono gli annessi embrionali (che originano esclusivamente dai trofoblasti). Le cellule staminali embrionali vengono isolate dalle cellule del nodo embrionale. Nell’utero, la blastocisti si ingrandisce e aderisce all’endometrio per mezzo dei trofolasti. Si parla di impianto della blastocisti che avviene sei giorni circa dopo la fecondazione. L’embrione inizia così la seconda settimana di sviluppo L’impianto della blastocisti si completa in tre-quattro giorni ed è generalmente terminato entro il dodicesimo giorno. Durante l’impianto, le cellule trofoblastiche prendono attivamente contatto con la superficie dell’endometrio e penetrano totalmente nell’epitelio della mucosa. Nel punto di contatto della mucosa uterina, si sviluppa un sistema circolatorio primitivo, che fornisce nutrimento alla blastocisti impiantata e agli annessi embrionali che si stanno formando. La cavità della blastocisti tende a dilatarsi e si ha la separazione definitiva tra le cellule del nodo embrionale e i trofoblasti. Si forma così il primo annesso embrionale, detta cavità amniotica. Dai trafoblasti origina un altro annesso embrionale, detto corion, da cui derivano successivamente i villi corionici e, in ultimo, la placenta. La blastocisti è così annidata completamente nel connettivo della mucosa, ricco di spazi interstiziali irrorati dal sangue materno. Quando si sviluppa la circolazione sanguigna fetale, il sangue fetale e quello materno rimangono separati e nutrienti, ossigeno e prodotti di scarto diffondono nella giusta direzione attraverso la barriera placentare. Dall’impianto nell’utero alla gastrulazione dell’embrione Durante le fasi di impianto nell’utero, i trofoblasti si differenziano in anticipo rispetto alle cellule del nodo embrionale per garantire il nutrimento dell’embrione. Tuttavia anche le cellule del nodo embrionale vanno incontro ad una serie di cambiamenti. Innanzitutto si dividono in due foglietti per dare origine al disco embrionale diblastico. Si forma così l’epiblasto (o ectoderma primitivo) più esterno e l’ipoblasto (o endoderma primitivo) più interno. Gli annessi embrionali di supporto sono esterni all’embrione che inizia a svilupparsi indipendentemente, pur rimanendo in stretta continuità con essi. All’inizio della terza settimana di sviluppo, le cellule dell’epiblasto si ispessiscono e danno origine a una struttura detta “linea primitiva”, che si estende dall’estremità caudale al centro del disco embrionale, definendo così l’asse antero-posteriore e la simmetria bilaterale dell’embrione. Alcune cellule dell’epiblasto migrano nel solco della linea primitiva e, dopo essere entrate nel solco, invertendo la direzione e continuano a migrare nella stessa direzione da cui sono venute, ma sotto la superficie, sostituendo le cellule dell’ipoblasto. Questa migrazione da origine a tre foglietti, tutti di origine epiblastica, chiamati ectoderma, mesoderma ed endoderma. Il processo che porta al completamento del differenziamento di una blastula bilaminare, costituita da un epiblasto e da un ipoblasto, in una gastrula trilaminare, costituita da ectoderma, mesoderma ed endoderma definitivo è detto gastrulazione. Bisogna evidenziare che tutti i tessuti del futuro organismo derivano dall’epiblasto. Ad oggi sembra che l’ipoblasto non contribuisca alla formazione di alcuna struttura embrionale, ma svolga un ruolo transitorio: proteggere e probabilmente istruire l’epiblasto. La gastrulazione costituisce un punto di cruciale importanza nello sviluppo embrionale; durante questo processo una blastula essenzialmente sferica si trasforma in una struttura cilindrica con una testa ed una coda e tre foglietti embrionali distinti. Dall’ectoderma origineranno la pelle, il sistema nervoso e le strutture sensoriali di occhi, orecchie e naso. Dal mesoderma avranno origine il sistema scheletrico, quello muscolare e quello circolatorio. Dall’endoderma avranno origine gli epiteli di rivestimento, come quelli del tratto digestivo e del sistema respiratorio. Negli anni sono stati approfonditi i meccanismi che portano allo sviluppo dei tre foglietti embrionali. Un tempo i tre foglietti erano considerati tre entità separate ed indipendenti, mentre oggi vengono viste come tre strutture interconnesse nel loro destino. Per esempio, un tempo si pensava che la cartilagine fosse esclusivamente di origine mesodermica. Oggi si sa che alcune strutture cartilaginee della testa e del collo sono di origine ectodermica. Recenti dati sperimentali evidenziano come alcune cellule staminali derivate da un foglietto germinale e cresciute in condizioni ben determinate in vivo posseggono una certa plasticità che permette loro di transdifferenziare in cellule derivate da un altro foglietto germinale. Dalla formazione del sistema nervoso centrale all’organogenesi Con neurulazione si indica una serie di processi che portano alla formazione del sistema nervoso centrale nell’embrione. Dall’estremità craniale della linea primitiva, si sviluppa nel mesoderma una lunga struttura che si estende anche oltre la direzione craniale. Questa struttura viene chiamata notocorda e costituisce l’asse antero-posteriore dell’embrione. Sui lati della notocorda si svilupperà la colonna vertebrale. A questo stadio di sviluppo, la notocorda e i tessuti adiacenti esercitano un’induzione primaria sull’ectoderma sottostante da cui origina la placca neurale. La placca neurale si solleva da entrambe i lati della notocorda originando le pieghe cefaliche. Le pieghe cefaliche si uniscono inglobando il tubo neurale, incominciando dal centro verso le due estremità, con un meccanismo simile a quello di una cerniera-lampo. Questo processo è completo alla fine delle terza settimana dello sviluppo embrionale. Il mesoderma, che confina con il tubo neurale, si differenzia in una serie di strutture dette somiti. Il primo paio di somiti compare nella parte craniale del tubo neurale al ventesimo giorno dopo la fecondazione. Gli altri somiti si formano via via in direzione caudale fino al trentesimo giorno. Le cellule mesenchimali che derivano dai somiti danno origine alla maggior parte delle strutture scheletriche e del sistema muscolare. La formazione del sistema circolatorio fetale inizia nell’embrione dopo tre settimane dalla fecondazione, mentre il sangue fetale viene prodotto non prima della quinta settimana. Il cuore compare come un grande vaso sanguigno, che si ripiega su se stesso per originare gli atri e i ventricoli che lo costituiscono nella sua forma finale. Tuttavia già nella struttura più primordiale a forma di tubo, le membrane plasmatiche di alcune sue cellule possiedono un potenziale elettrico e una capacità contrattile da far sì che il cuore cominci a battere dalla terza settimana, formando così un primitivo sistema circolatorio. Le principali strutture dell’organismo e le connessioni tra i vari organi e sistemi si formano tra la quarta e l’ottava settimana dello sviluppo embrionale. Anzitutto l’embrione si ripiega più volte, trasformando la struttura lineare e piatta del tubo neurale e dei somiti in una struttura a forma di “C”. Questo cambio strutturale conferisce al cervello, all’intestino e ad altri organi una posizione più fisiologica per la formazione delle connessioni anatomiche. Durante la quarta settimana le estremità del tubo neurale si chiudono, delimitando così ciò che diventerà il sistema nervoso centrale. Durante la quarta settimana compaiono anche gli abbozzi cartilaginei degli arti. Durante la chiusura del tubo neurale, si sviluppano le strutture primordiali del cervello. I nervi del cranio, come quelli degli occhi e dei muscoli della faccia, incominciano a svilupparsi a questo stadio. Il cervello embrionale inizia a svilupparsi attorno alla quinta settimana, così come compaiono a questo stadio anche la vescicola ottica e la retina dell’occhio. Lo sviluppo embrionale continua con la comparsa dei diversi organi, dell’apparato scheletrico, degli arti e della faccia. Tutto questo avviene dopo l’ottava settimana dalla fecondazione, quando l’embrione viene ormai chiamato feto. Sebbene gli elementi base dello sviluppo sono stati stabiliti durante l’embriogenesi, il pieno sviluppo del piano corporeo e le infinite connessioni tra tutti gli apparati del corpo si sviluppano durante lo stadio fetale per continuare anche dopo la nascita. Considerazioni finali Da quanto descritto, si possono evincere alcune considerazioni di carattere strettamente logico e biologico sulla natura dell’embrione, sull’inizio della vita e sulla visione corrente da parte dei vari gruppi di pensiero sull’utilizzo degli embrioni e sulla procreazione medicalmente assistita. Il problema principale della discussione sulla natura dell’embrione si incentra su un punto fondamentale. Dove è lecito, da un punto di vista strettamente biologico, delineare il limite fra la vita e la “non vita”? La risposta è, in realtà, drammaticamente semplice. L’inizio della vita coincide con l’atto del formarsi di un’entità biologica che contiene ed è dotata dell’intero programma di crescita e dell’informazione necessaria ad evolvere e ad attraversare tutti gli stadi di sviluppo che caratterizzano un essere umano e che sono parte integrante della sua storia naturale – zigote, morula, blastocisti, embrione, feto, neonato, bambino, ragazzo, uomo – fino alla morte. Quest’ultima, coincide con la perdita e/o distruzione di tale informazione e/o capacità. Su questa base, risulta evidente come l’inizio della vita, in un essere umano, coincide con l’atto della fusione tra spermatozoo ed ovulo, il quale porta alla creazione dello zigote ed allo scatenarsi di quella catena di eventi che esitano poi nella nascita di un neonato. Analizzando il problema da un’altra prospettiva, si può immaginare di partire dall’individuo adulto e ripercorrere all’indietro la sua storia biologica, cercando una soluzione di continuità nel processo vitale. Noteremo subito come tale soluzione di continuità avviene solo all’atto della fecondazione. Ad ogni stadio di sviluppo successivo alla fusione dei gameti, la vita è presente in tutti i suoi aspetti e le sue caratteristiche fondamentali, così che i vari stadi spesso suggeriti come punti di confine tra la vita e la non–vita – l’impianto in utero, la formazione di un cervello, l’autocoscienza – emergono chiaramente come arbitrari. Questi stadi demarcano esclusivamente il confine tra fasi diverse dello sviluppo vitale, ma tutti contenuti all’interno di quest’ultimo, di cui non rappresentano confine alcuno. Emerge a questo punto molto chiaramente come i tentativi di ridurre l’embrione umano a una mera entità biologica priva di vita, basandosi su parametri aleatori, volutamente vaghi, siano insostenibili da un punto di vista strettamente logico e biologico. Ad esempio, il sostenere che un embrione non rappresenta una vita poiché non è in grado di “comunicare” è improponibile. L’embrione comunica con la madre fin dai primissimi stadi di sviluppo. Questo avviene attraverso lo scambio di molecole chimiche molto specifiche. La discriminazione tra vita e non-vita, quindi, non riguarderebbe la mancanza di capacità a comunicare, ma la forma di comunicazione utilizzata, chimica nel caso dell’embrione, meccanica (il suono, vibrazione dell’aria) nel caso di individui adulti: una conclusione inaccettabile da qualsiasi punto di vista. Un altro esempio sarebbe la supposta incapacità dell’embrione ad elaborare informazione, ad agire in modo senziente, con autocoscienza: una situazione che gli negherebbe la dignità ad essere considerato una vita umana. Questo rappresenta un approccio non solo inaccettabile, ma anche molto pericoloso per le implicazioni che comporta. Tale ragionamento equivale a voler sostenere che pazienti con patologie importanti quali, ad esempio, il morbo di Alzheimer, che annulla in toto le facoltà cognitive, non rappresentano una forma di vita. E’ questo un argomento insostenibile che rimarca la mancanza di fondamento di molte delle teorie addotte a sostegno del concetto che l’embrione umano altro non sarebbe che un “grumo di cellule”. Quest’ultima è una espressione colloquiale spesso usata nel contesto della discussione attorno la natura dell’embrione umano. Essa esemplifica il grado di approssimazione a cui spesso si ricorre nel tentativo di negare l’innegabile, e cioè l’evidenza oggettiva che la vita comincia all’atto della fecondazione dell’ovulo da parte dello spermatozoo. E’ viva speranza degli scriventi che questo breve contributo sulla natura dell’embrione umano, dichiaratamente non esaustivo per ragioni di spazio, possa essere di aiuto a coloro che sono impegnati nel dibattito etico riguardante questo spinoso argomento. Auspichiamo che questo documento possa fornire alcuni spunti di riflessione e di approfondimento sia agli addetti ai lavori sia a coloro che, per amor di scienza, cultura o aspirazione alla crescita interiore, si interessano di questo argomento di vitale importanza per l’umanità intera. A.L. VESCOVI Consorzio Nazionale Cellule Staminali (CONSTEM) L. SPINARDI Università degli Studi Milano Bicocca e Fondazione San Raffaele, Milano (tratto da Medicina e Morale 2004/1, pagg. 53-63)