2. E. ANGUSTIFOLIA
2. ECHINACEA ANGUSTIFOLIA D.C.
2.1 Inquadramento botanico
Phylum………………………………………………………………….SPERMATOPHITAE
Sottodivisione…………………………………………………………….ANGIOSPERMAE
Classe………………………………………………….............…………..DICOTYLEDONES
Sottoclasse……………………………………………………………………..SYMPETALAE
Ordine...……………………………………………………………….…...CAMPANULALES
Famiglia……………………………………………….……ASTERACEAE (COMPOSITAE)
Sottofamiglia………………………..........……………......ASTEROIDAE (TUBULIFLORAE)
Genere………………………………..………………………………………….ECHINACEA
Specie…………………………………………………………….…….ANGUSTIFOLIA D.C.
Il nome di questa pianta, secondo Linneo, è Rudbeckia angustifolia dedicata a O. Rudbeck, botanico
svedese del XVII sec. Il genere fu poi rinominato da Moench, nel 1794, Echinacea (dal greco
echinos, riccio), secondo alcuni autori per la struttura dei semi che possiedono, alla loro sommità,
un margine con 4 denti appuntiti; secondo altri, per le brattee pungenti del capolino. Il termine
angustifolia si riferisce alla forma tipica delle foglie e deriva dalle due parole latine angustus (stretto)
e folium (foglia).
Il genere Echinacea appartiene alla famiglia delle Asteraceae (Compositae) e comprende nove specie
(McGregor, 1968):

E. angustifolia D.C., var. angustifolia e var. strigosa McGregor;

E. artrorubens Nutt.;

E. purpurea (L.) Moench;

E. laevigata (Boynton e Beadle) Blake;

E. pallida Nutt;

E. paradoxa (Norton) Britton, var. paradoxa e var. negletta McGregor;

E. simulata McGregor;

E. sanguinea Nutt.;

E. tennesseensis (Beadle) Small.
Le Echinacee sono piante erbacee poliennali con riposo vegetativo invernale (la parte epigea si
dissecca in autunno), appaiono dalla primavera inoltrata all’autunno e fioriscono tra Giugno e
25
2. E. ANGUSTIFOLIA
Agosto. L’apparato radicale è più o meno fascicolato, con radici singole di calibro differente; le
foglie sono lanceolate od ellittiche, con margine intero o seghettato e generalmente provviste di
peli. Il fusto, di altezza variabile, si presenta più o meno peloso, ramificato e rivestito di poche o
molte foglie, a seconda della specie. I capolini sono grandi, conici, con fiori ligulati (sterili) di
varia colorazione e lunghezza, e fiori tubulosi (fertili) ermafroditi; il polline può presentare diverse
colorazioni. Il frutto è un achenio quadrangolare con presenza od assenza di pigmentazione
marrone chiaro all’apice (figura. 6).
Fig. 6: Frutti (detti volgarmente semi) di E. angustifolia
Attualmente le Echinacee destinate alla fitoterapia sono tre: Echinacea angustifolia D.C. var
angustifolia (syn. Brauneria angustifolia Heller; Rudbeckia angustifolia L.); Echinacea pallida (Nutt.) Nutt.
e Echinacea purpurea (L.) Moench
Le tre Echinacee sono distinguibili tra loro per alcune differenze morfologiche:

E. angustifolia possiede un apparato radicale fittonante di colore bruno chiaro e steli
semplici o a volte ramificati, alti 10-50 cm, lisci o provvisti di peli nella parte bassa e con
peli irsuti o ispidi nella parte alta. Le foglie presentano forma da lineare-lanceolata ad
ellittica con margine intero, peli irsuti o ispidi, colore verde scuro e 3-5 nervature. Le
dimensioni della foglia variano a seconda della posizione: quelle della rosetta sono lunghe
5-27 cm e larghe 1-4 cm, quelle sulla parte basale del fusto 4-15 cm e quelle della parte
alta sono sessili. I capolini presentano fiori ligulati più o meno distesi, lunghi 2-4 cm, con
colore che varia dal bianco, rosa o porporino; i fiori tubulosi formano una infiorescenza
centrale di 1,5-2,5 cm. La fioritura avviene da Giugno a Luglio. Il polline è di colore
giallo. Gli acheni sono di forma quadrangolare, lunghi 4-5 mm ed hanno un colore che va
dal biancastro al bruno chiaro con pigmentazione marrone all’apice.
Il numero cromosomico è 2n=22 (diploide). (Fig. 7 A, B)
26
2. E. ANGUSTIFOLIA

E. purpurea si distingue da E. angustifolia per avere foglie con margine seghettato e
provviste di peli molto corti, uno stelo lungo fino a 150 cm e ramificato, i fiori ligulati di
colore porpora pendenti verso il basso, il frutto non pigmentato e apparato radicale
fascicolato. La fioritura si protrae fino a settembre. Il numero cromosomico è 2n=22
(diploide). (Fig. 8 C, D)

E. pallida differisce prevalentemente per il colore rosa pallido dei fiori ligulati e per il fatto
che sono pendenti. Ha il polline di colore bianco ed è tetraploide (2n=44). (Aiello, 2002).
(Fig.8 A, B).
A
B
Fig. 7: A) E. angustifolia D.C allo stato spontaneo B) Capolini di E. angustifolia
27
2. E. ANGUSTIFOLIA
A
B
D
C
Fig.8 : A)E. pallida (Nutt.) Nutt B) capolino di E. pallida C)E. purpurea (L) Moenc
D) Capolino di E. purpurea
28
2. E. ANGUSTIFOLIA
2.2 Habitat originario
Le Echinacee, originarie del Nord America, presentano un areale molto esteso che va dalle zone
costiere del Golfo del Messico alle Grandi Pianure (Great Plains), fino al Lago Grande a Nord, alle
montagne Rocciose (Rocky Mountains) ad Ovest ed alla catena degli Appalachi ad Est,
interessando numerosi stati (figura 9).
Fig 9: Areale d’origine di E. angustifolia (www.USDA.gov)
L’areale di E. angustifolia, E. purpurea ed E. pallida, considerate nel loro insieme, è più esteso
rispetto a quello di tutte le altre specie. Le tre specie di Echinacea di maggior interesse dal punto di
vista fitoterapeutico presentano dunque una ampia distribuzione, indice di una notevole
adattabilità alle diverse condizioni ambientali (Mc Gragor, 1968); crescono spontaneamente sia
nelle zone di pianura che ad alta quota (fino ad oltre 1500 m di altitudine), privilegiando aree
aperte e soleggiate, senza esigenze particolari di terreno anche se prediligono suoli
moderatamente fertili, ben drenati e tendenti al sabbioso, come quelli delle grandi praterie
nordamericane.
2.3 Composizione chimica del genere Echinacea
I principi attivi contenuti nelle tre specie più utilizzate di Echinacea (angustifolia, pallida e purpurea)
sono soprattutto derivati dell’acido caffeico, polisaccaridi, componenti lipofili, il cui contenuto
quali- quantitativo varia tra esse e nelle differenti parti della pianta. Sono presenti anche
flavonoidi e composti volatili, come un olio essenziale composto da derivati sesquiterpenici
29
2. E. ANGUSTIFOLIA
(borneolo e -pinene) presente in quantità dello 0,1% in E. pallida e 2% in E. angustifolia.(Li,
1998).
In un’analisi fitochimica delle tre principali specie di Echinacea, possiamo distinguere componenti
non volatili (classificati in base alla loro polarità) e componenti volatili, potendoli suddividere in
almeno cinque categorie principali di composti (la classificazione, in realtà, non è così categorica:
ad esempio, l’Echinacoside possiede una componente zuccherina - è un fenilpropanoide
glucoside - per cui, sebbene dal punto di vista biosintetico derivi dall’acido caffeico, viene
annoverato anche tra i polisaccaridi). (Tabella 4).
La distribuzione dei composti e le quantità relative differiscono molto nelle varie specie.
POLISACCARIDI – sono stati isolati numerosi polisaccaridi con peso molecolare da
10.000 a 75.000 dalton. I polisaccaridi di tipo arabinogalattanico sono stati prodotti anche su scala
industriale, in seguito alla scoperta della loro funzione immunostimolante. Un altro polisaccaride
ritrovato nelle specie di Echinacea è l’Inulina.
DERIVATI DELL’ACIDO CAFFEICO – (Fig.10) sono i composti che conferiscono il
vero valore medico all’Echinacea, e si classificano in:
1. derivati dell’acido chinico, come acido clorogenico e cinarina;
2. derivati dell’acido tartarico, come l‘acido cicorico;
3. fenilpropanoidi glicosidi, come verbascoside, echinacoside
In E. angustifolia ed in E. pallida la maggior concentrazione di echinacoside (il primo ed
essere stato isolato; Stoll et al., 1950) si trova nelle radici (rispettivamente con lo 0.3-1.3% e lo 0.41.7%), mentre è praticamente assente nell’estratto di E. purpurea; è, inoltre, presente in E. simulata
ed E. paradoxa (la quale, peraltro, presenta un contenuto in metaboliti secondari, nonché un
aspetto morfologico, molto simile a quello di E. pallida). La cinarina è presente esclusivamente in
E. angustifolia ed in E. tennesseensis. L’acido cicorico si trova solo in tracce nelle radici di E.
angustifolia e di E. pallida, in misura leggermente maggiore (fino allo 0.3%) nelle foglie e nei fiori
della prima ed in quantità ben più consistente (0.7-1.7%) nei fiori nella seconda, mentre trova la
sua massima concentrazione nei fiori (1.3-3.0%), foglie (0.4-1.6%) e radici (0.7-2.1%) di E.
purpurea.
FLAVONOIDI – (Fig. 12) sono presenti in tutte e tre le principali specie di Echinacea. E’
stato dimostrato che foglie di E. purpurea e di E. angustifolia contengono quercetina allo 0.38% e
0.48%, rispettivamente.
ALCHILAMMIDI – (Fig. 11) le radici di E. purpurea ed E. angustifolia contengono
alchilammidi strutturalmente diverse, mentre E. pallida ne è praticamente priva; Al contrario il
contenuto delle parti aeree delle tre specie non presenta differenze (Bauer e Reminger, 1989).
30
2. E. ANGUSTIFOLIA
COMPONENTI VOLATILI (0,05-0,2%) – tutti i tessuti, indipendentemente dalla specie,
mostrano elevati livelli di acetaldeide, campfene, beta-pinene e limonene: le aldeidi, specialmente
propanali e butanali, costituiscono il 41-57% della componente volatile nei tessuti radicali, il 1929% nei tessuti fogliari e solo il 6-14% in fiori e steli; i terpenoidi (tra cui campfene, alfa- e betapinene, limonene, mircene, ocimene e terpinene) costituiscono l’81-91% della componente
volatile in tessuti di fiori e steli, il 45-68% nelle foglie e soltanto il 6-21% nei tessuti radicali
(Mazza e Cottrell, 1999).
composti POLARI
POLISACCARIDI
DER. AC. CAFFEICO
FLAVONOIDI
echinacina B
ac. caffeico
apigenina
arabinogalattano
cinarina
luteolina
ac. cicorico
quercetina
ac. clorogenico
rutina
ac. caftarico
kampferolo
echinacoside
composti APOLARI
ALTRI
ALCHILAMMIDI
COMP. VOLATILI
echinaceina
terpeni (cariofilleni)
vitamine
isobutilammidi
alfa- e beta-pinene
glicoproteine
umulene
alcaloidi
beta-farnesene
echinolone
borneolo
Tab. 4: principali composti presenti nel genere Echinacea (Pistelli et al, 2004)
31
2. E. ANGUSTIFOLIA
Fig 10: Principali derivati dell’acido caffeico presenti in E. angustifolia
COOH
OH
HO
OH
O
HO
Acido Caffeico
CH
O
CH
O
OH
OH
COOH
Acido Caftarico
HO
O
COOH
O
HO
OH
CH
HC O
OH
COOH
O
Acido Cicorico
OH
OH
OH
HO
HO
COOH
O
O
Acido Clorogenico
OH
OH
HO
COOH O
O
O OH
O
OH
OH
Cinarina
32
2. E. ANGUSTIFOLIA
HO
O
O
OR2
HO
OH
OR1
O
Echinacoside
OH
O
OH
R1 = glucosio (1,6-)
R2 = ramnosio (1,3-)
Fig 11: Principali alchilammidi presenti nel genere Echinacea
O
H3C
CH3
CH3
N
H
Acido dodeca-2E,4E,8Z,10E-tetraenoico
O
H3C
CH3
N
H
CH3
Acido dodeca-2E,4E,8Z,10Z- tetraenoico
33
2. E. ANGUSTIFOLIA
Fig 12: Principali composti fenolici presenti nel genere Echinacea:
OH
OH
HO
HO
O
O
OH
OH
O
OH
O
Kaempferolo
Apigenina
OH
OH
OH
OH
HO
HO
O
O HO
OH
OH
CH2
Rutina
O
H3C
OH
OH
O
O
HO
O
OH
O
Quercetina
O
HO
OH
34
2. E. ANGUSTIFOLIA
2.4 Attività farmacologica
Le Echinacee posseggono una lunga storia di utilizzo: esse appartenevano, infatti, alla ricca
farmacopea dei nativi americani che, a seconda della tribù e della regione, utilizzavano specie e
porzioni diverse per curare una notevole varietà di malattie e disturbi. In particolare venivano
usate per uso interno contro mal di stomaco, mal di testa, tosse, raffreddore e per uso esterno
contro ferite, ustioni e punture di insetti; in caso di mal di gola e mal di denti si masticavano le
radici di E. angustifolia e E. pallida, ed inoltre costituivano un buon rimedio contro i morsi di
serpenti (Aiello, 2001).
Fu solo dopo la colonizzazione dell’America che queste piante si diffusero anche in Europa; basti
pensare al primo farmaco a base di tintura di Echinacea angustifolia, il Meyer’s Blood Purifier (il
purifica-sangue di Meyer), “brevettato” dall’omonimo dottore, che fu largamente utilizzato nella
pratica medica, a partire dalla fine del 1800, per infezioni localizzate e sistemiche, sindromi da
raffreddamento, infezioni cutanee. Da qui l’iserimento dell’Echinacea angustifolia nella Farmacopea
Nazionale Americana nel 1916 e intorno al 1930, anche nella Farmacopea Tedesca, la quale pose
anche attenzione sull’attività farmacologica delle radici di E. pallida e della parte aerea di E.
purpurea. Tuttavia, non compare nella Farmacopea UfficialeItaliana X ed. (1999).
La droga delle tre specie di Echinacea utilizzate in fitoterapia è costituita dalle radici e dalle parti
aeree essiccate; in particolare si usano prevalentemente radici e rizomi di E. angustifolia, e parti
aeree di E. purpurea. In terapia vengono usate indifferentemente le tre specie anche se quella
maggiormente utilizzata è l’E. angustifolia. (Pistelli, 2004). A questa specie viene infatti
riconosciuto un alto valore di mercato (Li, 1999), riconoscendole un più alto valore terapeutico.
E’ generalmente ammesso che tutte le suddette varietà di Echinacea si prestano alle stesse
applicazioni terapeutiche.
AZIONE ANTIBATTERICA, ANTIVIRALE ED ANTIMICOTICA - Gli estratti di
Echinacea sono batteriostatici e virustatici ed impediscono il diffondersi di numerose infezioni, sia
sistemiche che cutanee; queste proprietà sono state verificate nei confronti di vari ceppi batterici
e virali (herpes simplex, influenza A e B) oltre che di Trichomonas, Candida e Listeria (Pistelli,
2004). L’attività è da attribuirsi prevalentemente alla frazione polisaccaridica ad alchilammidica,
con un meccanismo d’azione sia diretto che indiretto: da un lato le isobutilammidi svolgono
un’azione foto-tossica nei confronti di molti funghi, inclusi quelli patogeni come Candida albicans
(ne inbiscono fortemente la crescita sotto una fonte di irradiazioni UV; Binns et al., 2000);
dall’altro lato gli arabinogalattani e l’echinacoside (frazione polisaccaridica) stimolano diverse
linee cellulari immunitarie per induzione della liberazione di interleuchina ed interferone, inoltre
svolgono un certo effetto antivirale ostacolando la penetrazione dei virus nelle cellule. L’
35
2. E. ANGUSTIFOLIA
echinacoside sembra possedere anche una modesta attività antibiotica diretta (6 mg svolgono
un’azione paragonabile a quella della penicillina). Infine, i derivati polifenolici dell’acido caffeico
(soprattutto acido caffeico ed acido clorogenico) costituiscono una sorta di barriera meccanica
contro la penetrazione di batteri attraverso la cute, inibendo l’enzima batterico jaluronidasi
deputato a questo scopo. Si determina, così, un aumento della capacità dell’organismo di opporsi
allo sviluppo di infezioni acute ed un’accelerazione della guarigione delle ferite.
AZIONE IMMUNOSTIMOLANTE – è la principale motivazione che ha portato
l’Echinacea ad un così vasto impiego sul mercato mondiale; numerose prove sperimentali hanno
dimostrato come essa si avvalga di diversi meccanismi per garantire tale azione: si ritiene che la
sua azione determini un aumento delle difese immunitarie endogene, attraverso una stimolazione
aspecifica del sistema immunitario, soprattutto mediante l’attivazione della fagocitosi e dei
fibroblasti, la stimolazione della produzione di interleuchine ed interferoni da parte dei macrofagi,
nonché l’aumento del tasso ematico di properidina, una proteina circolante in grado di attivare altre
proteine ematiche deputate alla distruzione di cellule estranee. I principi attivi responsabili di
queste azioni sono da individuare in alcuni dei polisaccaridi (echinacina B, arabinogalattani,
echinacoside)(Matthias, 2007), mentre un incremento dell’attività dei linfociti T viene attualmente
attribuito alla frazione glicoproteica. E’ stato dimostrato, inoltre, che anche frazioni di
alchilammidi, purificate dalle radici di E. angustifolia ed E. purpurea, e l’acido cicorico aumentano la
fagocitosi in vivo e in vitro. L’azione immunostimolante dell’Echinacea viene comunemente sfruttata,
e trova il suo principale impiego nel combattere raffreddori, influenze ed infiammazioni delle alte
vie respiratorie (Caruso, 2005). In particolare, l’azione sarebbe più che altro preventiva piuttosto
che diretta specificamente contro il rhinovirus, e il suo effetto si avrebbe sia sulla durata che
sull’incidenza del comune raffreddore (Shah, 2007).
AZIONE ANTIOSSIDANTE - E’ stato indagato l’effetto di protezione contro la
degradazione indotta dai radicali liberi sul collagene, da parte dei derivati dell’acido caffeico
(acido caffeico, acido cicorico, acido clorogenico ma soprattutto echinacoside; Facino et al., 1995).
Questo composto infatti mostra in vitro la capacità di ridurre la per ossidazione lipidica, in
particolare per estratti metanolici di radici di E. pallida (Chun Hu, 2000). Si può, quindi, pensare
ad un uso topico degli estratti di echinacee per la prevenzione e il trattamento dei danni della
pelle causati da raggi UVA/UVB. L’echinacoside possiede anche un’azione antiepatotossica, con
effetto inibitorio della citotossicità su epatociti, ed effetto protettivo del fegato. Anche le
alchilammidi hanno mostrato una buona attività antiradicalica (Chen, 2004).
AZIONE ANTIFLOGISTICA – l’azione antinfiammatoria dell’Echinacea (inferiore,
comunque, a quella dei comuni antinfiammatori) venne intuita per la prima volta nel 1950 da
Meixner, che ottenne alcuni risultati positivi nella cura di pazienti affetti da artrite cronica. Il
36
2. E. ANGUSTIFOLIA
vantaggio dell’Echinacea sta nel fatto che essa può svolgere in questo senso, una discreta azione
seppure inferiore a quella del cortisone e dei suoi derivati, ma al contrario di questi ultimi rafforza
il sistema immunitario. L’attività sembra dovuta ad alcune molecole della frazione polisaccaridica;
inoltre le alchilammidi polinsature isolate dalle varie specie di Echinacea hanno mostrato un’attività
di inibizione in vitro della 5-lipossigenasi e della ciclossigenasi, due enzimi chiave nel metabolismo
dell’acido arachidonico, responsabili della formazione rispettivamente di leucotrieni e
prostaglandine, mediatori del processo infiammatorio (Müller-Jakic, 1994).
AZIONE CICATRIZZANTE - L’echinacina B e la frazione polisaccaridica ottenuta dalla
droga, la frazione alchilammidica ed i flavonoidi sembrano essere implicati nella rigenerazione
della cute lesionata mediante stimolazione della proliferazione e sintesi dei fibroblasti. A tale
azione concorre anche l’attività protettiva sulla cute esercitata dai derivati dell’acido caffeico.
Le conoscenze sulle esigenze colturali di molte piante officinali non sono state ancora del tutto
approfondite, soprattutto nel caso di specie d’interesse relativamente recente, come ad esempio E.
angustifolia (Li, 1998): in particolar modo appare critico il reperimento del materiale di
propagazione idoneo alla coltivazione.
In un tale contesto, micropropagazione e colture in vitro permettono, oltre all’incremento del
tasso di moltiplicazione, alla rapida moltiplicazione e all’ottenimento di piante in ogni stagione,
una rapida propagazione clonale di piante selezionate per le caratteristiche dei loro principi attivi.
37
2. E. ANGUSTIFOLIA
2.5 Biotecnologie applicate al genere Echinacea : stato dell’arte
La propagazione di piante del genere Echinacea inizia nei primi anni novanta, vertendo
principalmente su E. purpurea e E. pallida, che sono notoriamente meno recalcitranti alla
propagazione in vitro rispetto all’E. angustifolia, in particolar modo alla radicazione. Riguardo a
quest’ultima c’è infatti poco materiale bibliografico perché poche sono le ricerche effettuate e
scarsi i risultati ottenuti, soprattutto in fase di radicazione.

GERMINAZIONE
Per le specie di Echinacea, come per molte specie spontanee o coltivate con metodi di agricoltura
biologica che presentano un elevato tasso di contaminazione da patogeni, i semi rappresentano il
tessuto vegetale più adatto all’allestimento di colture in vitro, consentendo di intervenire con
metodi di selezione e disinfezione del materiale (Lakhsmanan, 2002).
Le piante del genere Echinacea sono caratterizzate da germinazione non sempre semplice ed
omogenea: questo fatto, noto fino dagli anni’60, presenta un problema sia per quanto riguarda la
propagazione classica sia quella in vitro.
Il problema della dormienza di tali semi è stato indagato da numerosi esperimenti: in particolare
l’attenzione si è rivolta verso trattamenti chimici, ambientali e meccanici come la scarificazione e
il “seed-priming”per sincronizzare il tasso di emergenza e aumentare l’efficienza di produzione
dei semenzali (Fegahati, 1994).
Sono stati testati diversi metodi di scarificazione (meccanica, acida), alfine di chiarire il livello di
coinvolgimento nel fenomeno della dormienza dei semi, di eventuali fattori chimici o fisici
risiedenti negli strati che avvolgono l’embrione: pericarpo, tegumento interno e strato che avvolge
l’endosperma. Si è osservato che la rimozione dei primi due strati ha consentito un aumento della
percentuale di germinazione dal 50% al 97%; mentre la rimozione del terzo non ha avuto effetto
aggiuntivo. Inoltre questo metodo è sembrato essere efficace anche contro la contaminazione dei
semi poiché si è dimostrato come questa sia inversamente proporzionale al numero di
rivestimenti di seme rimossi (Harbage, 2001).
Anche l’effetto di vari fitoregolatori è stato testato sui semi delle tre principali specie di Echinacea.
L’effetto dell’etilene sull’aumento della % di germinazione sembra comprovato da più studi in
merito: Feghahati (1994) sostiene di aver portato la germinazione di E. angustifolia all’80% con un
®
trattamento alla luce con Etephon , un prodotto che rilascia etilene a basse temperature, a 4°C
P
P
®
per due settimane. L’efficacia dell’Etephon si manifestata anche nella sincronizzazione della
P
P
germinazione, fattore molto importante nella propagazione di massa in vitro.
38
2. E. ANGUSTIFOLIA
Anche la selezione del seme in base al peso aumenta la % di germinazione (Feghahati, 1994), dal
10% al 25 % in trattamenti senza freddo, e dal 77% al 97% per il trattamento con Etephon
®
P
sopra scritto. E’ evidente che la selezione del seme in base al peso, pur aumentando il numero di
P
semi germinati, è laboriosa e difficilmente accettabile a livello economico.
Discordanti, invece, sono le opinioni riguardo l’esigenza di GA nei pretrattamenti in varie specie
di Echinacea (Fegahati, 1994; Macchia, 2001).
Il fatto che la presenza di dormienza nei semi di questa specie possa essere superata sia con mezzi
fisici che chimici lascia pensare che nel fenomeno possano essere implicati sia fattori meccanici
che non meccanici: i fattori meccanici risiedono infatti negli involucri più esterni dei semi; per
quanto concerne i fattori non meccanici non è ancora chiaro quale sia il tipo di inibizione rimosso
dall’etilene, ma sembra possibile che esso stimoli la sintesi o il rilascio di crescita necessari per
l’instaurarsi del processo di crescita.
Un ulteriore fattore molto importante nella germinazione, in particolare se effettuata in vitro, è la
presenza di eventuali contaminazioni, soprattutto fungine. Secondo diversi autori l’aggiunta di
mezzi chimici alla soluzione di lavaggio dei semi può essere utile per eliminare la contaminazione
presente. Infatti, dopo un’ immersione in etanolo al 70% per 30 secondi, seguita da un ammollo
in una soluzione di Ipoclorito di sodio + Tween20® per 10 minuti, Choffe ha documentato che
l’aggiunta di 3 ml/l di PPM® (Plant Preservation Misture, Plant Cell Techonolgy Inc.,
Washington DC) in acqua sterile è un metodo efficace per la sterilizzazione (Choffe, 2000);
mentre per Subbaiah la giusta dose di tale sostanza sarebbe 10 ml/l in acqua sterile per tutta la
notte su un agitatore (Subbaiah et al., 2003); a queste soluzioni seguono infine risciacqui con
acqua sterile deionizzata.
E’ stato inoltre dimostrato che la facoltà germinativa, differente nelle tre specie maggiormente
utilizzate in fitoterapia, dipende anche dalle tecniche di produzione e conservazione delle sementi,
e diminuisce con il passare del tempo: in generale la terminabilità del seme dura circa tre anni
(Aiello e Bezzi, 1999).

PROPAGAZIONE IN VITRO E RIGENERAZIONE AVVENTIZIA
Pochi lavori sono stati compiuti fino ad oggi sulla messa a punto di protocolli di propagazione in
vitro per piante del genere Echinacea; in particolare le colture in vitro sono state prevalentemente
sviluppate nell’ottica del miglioramento del valore ornamentale.
Utilizzando ipocotili ottenuti per germinazione in vitro degli acheni di E. purpurea, Coker e Camper
hanno messo a punto un protocollo per la rigenerazione e formazione di callo che prevede, nel
mezzo di induzione MS (Murashige e Skoog, 1962), l’impiego di NAA e Kinetina insieme (1:1 e
2:1 mg/l), oppure di 2,4-D e Kinetina (0.5:1.5 e 1:2 mg/l). La prima combinazione ha dimostrato
39
2. E. ANGUSTIFOLIA
stimolare la formazione di nuovi germogli ed in misura minore la formazione di callo; mentre la
seconda la formazione di callo con un alto contenuto di antocianine (le quali sono indice della
presenza di un metabolismo secondario attivo che è un prerequisito per l’applicazione di
tecnologie in vitro per la produzione di prodotti di importanza medicinale) (Coker et al., 2000).
Anche Choffe, partendo da espianti di picciolo di E. purpurea derivanti da semenzali di due mesi
germinati in vitro, ha ottenuto una buona rigenerazione utilizzando un substrato contenente Sali
MS e vitamine B5 Gamborg ed ormoni come BA , NAA e IAA (0.5: 0.9: 0.8 mg/l). Lo stesso
autore partendo da espianti di ipocotile di E. purpurea ne ha ottenuto una buona radicazione
utilizzando un mezzo basale MS con l’aggiunta di IBA ed IAA . Tuttavia nelle diverse prove
l’IBA ha dimostrato una maggiore efficacia dell’IAA nell’induzione della rizogenesi (Choffe et al.,
2000).
Un confronto diretto tra le tre specie di Echinacea è stato effettuato da Harbage nel 2001 per uno
studio riguardante la conservazione del germoplasma di specie a rischio di estinzione allo stato
selvatico. La micropropagazione è stata effettuata a partire da piccioli ed espianti di semi. I
risultati ottenuti confermano molte delle difficoltà che si incontrano nella rigenerazione
dell’Echinacea: bassa germinabilità dei semi, alta contaminazione (eliminata solo tramite excisione
degli embrioni dal frutto) degli espianti ottenuti successivamente, proliferazione promossa
dall’uso di benzilamminopurina (BA) e di mezzo di coltura MS a mezza forza (anche se in questo
caso si ottenevano foglie più piccole); anche la radicazione è risultata difficile, ma solo in E.
angustifolia ed E. pallida, a differenza di E. purpurea che generalmente non presenta problemi in tal
senso.
Risale, invece, al 2002 un efficiente schema propagativi via organogenesi da colture di callo
derivate da tessuti fogliari di E. purpurea: Koroch et al (2002) hanno posto gli espianti di questa
specie in un mezzo basale contenente i fitoregolatori BA e NAA (concentrazioni di 1 mg/l e
0,01 mg/l rispettivamente hanno dato la miglior resa in germogli); successivamente hanno
ottenuto un’elevata radicazione e altrettanto elevata percentuale di sopravvivenza un mezzo
basale privo di fitoregolatori di crescita. Tale studio non ha però elaborato un protocollo di
radicazione, mettendo in evidenza che l’unico fattore significativo nell’ottenimento della
radicazione era la specie utilizzata.
Il lavoro eseguito da Lakshmanan et al. (2001) è stato invece più esteso, vertendo su quattro
specie di Echinacea: E. angustifolia, E. pallida, E. paradoxa, E. purpurea. Le prove effettuate dai
ricercatori australiani hanno riguardato anche prove di embriogenesi somatica oltre che di
proliferazione e radicazione. La proliferazione è stata studiata utilizzando come mezzo di coltura
l’MS 0 arricchito con diverse concentrazioni e combinazioni di BA, KIN, 2iP, IBA e PB. La
radicazione è stata studiata con l’utilizzo varie combinazioni di IBA nello stesso mezzo, mentre
40
2. E. ANGUSTIFOLIA
altre prove hanno fatto variare la concentrazione minerale del mezzo di crescita
contemporaneamente alla concentrazione dell’IBA.
I risultati nella proliferazione indotta con 2iP, IBA e PB sono stati scarsi, mentre l’uso di BA e
KIN hanno confermato la loro efficacia nello stimolo della proliferazione, anche se E. angustifolia
ha dato i risultati peggiori nella risposta alla BA, mentre la KIN ha indotto una proliferazione
doppia rispetto al controllo. L’embriogenesi somatica ha dato embrioni completi dopo 30 giorni
di coltura. La radicazione è risultata inibita dall’uso di auxine nel mezzo di coltura, mentre il
mezzo MS non arricchito di alcun ormone ha dato risultati migliori, variando dal 71% con il
trattamento MS + IBA al 94% con solo MS per Echinacea purpurea, mentre Echinacea angustifolia ha
variato nelle stesse prove dal 25% al 56%, confermando la difficoltà a radicare di questa specie.
Il lavoro di Subbaiah e collaboratori (2003) si è soffermato sulla rigenerazione diretta della sola
specie E. purpurea partendo da porzioni di foglia e utilizzando un mezzo WPM (woody plant
medium) (Lloyd et al, 1980) con l’aggiunta di BA e latte di cocco, una fonte naturale di
citochinine; tali piante hanno poi radicato se al mezzo WPM veniva invece aggiunto IBA e
saccarosio.
Sempre in E. purpurea è stata indotta la formazione di germogli da porzioni di foglia poste su
mezzo contenente BAP e NAA, la radicazione invece è stata indotta senza alcuna differenza tra il
mezzo di coltura puro e quello arricchito con IBA (Koroch, 2003). In Echinacea purpurea la
rigenerazione è stata ottenuta anche da protoplasti di mesofillo fogliare (Pan et al., 2004).
Per quanto riguarda l’Echinacea angustifolia, è stato di recente messo a punto un protocollo di
propagazione massale (Lata et al., 2004). In tale protocollo di propagazione si è ottenuta la
massima proliferazione di germogli nei bioreattori RITA® (che funzionano con il sistema di
P
P
immersione temporanea) contenenti il mezzo di coltura liquido MS arricchito con BA (2.2 μM).
La radicazione è invece stata indotta utilizzando diversi ormoni e sistemi di coltura: gli ormoni
usati sono NAA, IAA, IBA e i sistemi di coltura sono stati MS sottoforma liquida o di gel di agar,
con e senza zucchero, a piena o a mezza forza, con germogli incapsulati o meno, in vasi ventilati
o in vasi RITA®; ogni pianta radicata è stata poi inoculata con Glomus mossae per favorire la
sopravvivenza durante la fase di acclimatazione in serra. La percentuale più alta di radicazione è
stata dell’83% in germogli sottoposti a IBA in MS/2 senza saccarosio, in gel di agar e in
contenitori ventilati. Il sistema RITA® è risultato invece del tutto inefficace per la radicazione di
E. angustifolia.
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2. E. ANGUSTIFOLIA

COLTURE
IN
VITRO
PER
L’OTTENIMENTO
DI
METABOLITI
SECONDARI
La trasformazione con A. rhizogenes è stata realizzata per colture di E. purpurea (Liu et al, 2006),
dove la massima presenza di derivati dell’acido caffeico è stata riscontrata in condizioni colturali
di mezzo nutritivo MS addizionata a 30 g/l di saccarosio e dopo 40 giorni di coltura. Ulteriori
esperimenti (Abbasi, 2007) confermano tali risultati: qui non solo sono stati ritrovati derivati
dell’acido caffeico all’interno delle radici avventizie, ma la loro maggior presenza è stata correlata
ad una esposizione alla luce delle stesse, con conseguente stimolo dell’enzima PAL,
fenilammonioliasi, precursore della via biosintetici degli acidi clorogenici.
Incrementi nella produzione di metaboliti secondari da radici avventizie di E. purpurea sono stati
ottenuti su larga scala in bioreattori, grazie alla possibilità di indurre radicazione da radici naturali
di questa pianta (Wu, 2007). Il mezzo di coltura liquido MS in cui erano sospese tali radici era
addizionato con 50 g/l di saccarosio e 2 mg/l di IBA.
In colture di cellule in sospensione di E. angustifolia ottenute da Smith e collaboratori (2002),
sono stati identificati, tramite HPLC, i principali composti ad azione immunostimolante:
echinacoside, acido cicorico e polisaccaridi.
Infine, i principali composti derivati dell’acido caffeico sino stati riscontrati in estratti metabolici
ottenuti da germogli micropropagati di E. angustifolia (Bertoli et al, 2007): una significativa
produzione del composto isobutilamide dell’acido dodeca-2E,4E,BZ,10E-tetraenoico è stata
rilevata nei campioni di germogli di questa specie prelevati nella fase di induzione della coltura in
vitro rispetto a quelle successive (sia in vitro che in vivo dopo tre mesi di adattamento in serra). I
derivati caffeolchinici, in particolare acido clorogenico, cicorico e echinacoside sono risultati tipici
metaboliti di germogli di E. angustifolia durante la fase di sviluppo nel mezzo di coltura.
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