Luoghi dell’anima
L’armata di Xianyang
Il luogo dove venne sepolto Shi
Huangdi, il “primo imperatore” della Cina, rimase sconosciuto per secoli. Alcuni documenti descrivono la
cerimonia funebre e affermano che
l’imperatore fu sepolto in una tomba
sfarzosa, dove nessuno avrebbe potuto disturbarlo.
Una mattina di marzo del 1974 un
contadino dello Shaanxi, nella regione del Nord-Ovest, iniziò uno scavo
con l’intenzione di costruire un pozzo
per l’irrigazione del suo campo. Mentre procedeva nello scavo vide affiorare dal terreno una testa di terracotta.
Il contadino capì che poteva trattarsi
di qualcosa di importante e informò
subito il comitato della comune agricola a cui apparteneva. Venne alla luce un guerriero a grandezza naturale.
Il governo cinese diede inizio a una
campagna di scavi che tra il 1975 e il
1995 portò alla più grande scoperta
Lezioni di storia antica e medievale
© 2010 DeAgostini Scuola S.p.A. - Novara
archeologica del XX secolo: un esercito di terracotta di fanti e cavalieri
con carri da guerra e cavalli.
Il luogo degli scavi è a circa 1500
metri dal tumulo funerario dell’imperatore Shi Huangdi e a circa 60
chilometri dall’antica capitale dei
Qin, Xianyang, presso l’odierna città di Xi’an.
Oggi una parte dell’area archeologica è attrezzata per le visite turistiche.
Entrando nel capannone agli occhi
del visitatore appaiono tre fosse gigantesche in cui stanno allineati da
secoli, come pronti per la battaglia,
migliaia di soldati di terracotta. Ogni
guerriero è alto da 1,75 a 1,97 metri.
Ogni statua è riempita di cocci o
malta fino alla cintura: l’espediente
serve a mantenerla perfettamente in
piedi. Tutte le statue erano dipinte a
colori vivaci, ma oggi solo alcune,
conservate in una bacheca di cristallo, mantengono i colori originali. Le
armi sono di bronzo e le lame sono
tutte perfettamente affilate.
È sorprendente il fatto che i guerrieri non sono copie l’uno dell’altro.
Ognuno ha una sua caratteristica
particolare e ce ne sono persino al-
cuni che mostrano qualche difetto fisico (labbro leporino, orecchio mozzato, naso storto, cicatrice in viso).
Anche l’espressione del volto, entro
certi limiti, ha una sua individualità.
Inoltre le uniformi sono di vario tipo: infatti, secondo gli studiosi, la
guardia dell’imperatore era formata
scegliendo i migliori soldati dagli
eserciti delle diverse regioni dell’impero. Secondo la tradizione Shi
Huangdi, l’imperatore della dinastia
dei Qin che unificò la Cina, volle
avere accanto a sé, anche dopo la
morte, la sua armata imperiale. Da
tempo in Cina non si seppellivano
più i servi vivi nella tomba del padrone e quindi si sostituirono i soldati con le statue di terracotta. Gli
archeologi sostengono che i guerrieri ritrovati (circa 7000) sono solo
una minima parte dell’esercito ancora sepolto.
Da secoli si favoleggia sulla tomba
dell’imperatore, vegliata da questo
esercito. La tradizione vuole che, sotto un enorme tumulo, ci sia un palazzo sotterraneo ricolmo di ogni tesoro
e che il sarcofago dell’imperatore sia
immerso in un lago di mercurio.
SEZIONE 1 • La preistoria e le prime civiltà
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Luoghi dell’anima
La Grande Muraglia
I cinesi la chiamano Wan-li Ch’eng, la
“muraglia dei diecimila li”, e siccome
un “li” corrisponde a circa 500 m, dovrebbe essere lunga 5000 km. In realtà
non supera i 2400 km di lunghezza,
ma le sue caratteristiche sono comunque ciclopiche. In molti tratti valica
montagne dall’altezza superiore ai
1500 m. Occorsero 180 milioni di m3
di terra per costruire una muraglia di
terra battuta ricoperta di pietre bianche, alta a seconda dei tratti da 6,50 a
8 m, che misura alla base 6,50 m e in
cima 5,50 m. La larghezza è di circa 10
m. Lo spessore delle mura raggiunge i
7 m. Sul percorso erano disposte
25 000 torri e 15 000 posti di vedetta
(oggi, pur nella generale decadenza,
ne esistono ancora rispettivamente
20 000 e 10 000). Dalle torri di avvistamento venivano segnalati gli eventuali
attacchi dall’esterno con fuochi di
notte e fumo di giorno. La costruzione
della Grande Muraglia cominciò nel
214 a.C. sotto l’imperatore Shi Huangdi. Lo scopo era duplice: da un lato
difendere la Cina dagli attacchi delle
popolazioni nomadi che premevano ai
confini settentrionali, e spesso compivano sanguinose scorrerie distruggen-
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do villaggi e raccolti; dall’altro dimostrare con un’opera colossale la potenza del “primo imperatore” della Cina.
Si dice che per la costruzione della
Grande Muraglia Shi Huangdi reclutò forzosamente un terzo della popolazione maschile dell’impero: migliaia
di uomini che dovettero lavorare in
condizioni non dissimili da quelle degli schiavi. In maggioranza erano contadini, ma molti erano avversari politici, intellettuali che l’imperatore aveva
punito anche con il pubblico rogo dei
loro libri, affermando in tal modo la
propria superiorità su tutti e tutto, anche sul sapere, considerato dai cinesi
uno dei più grandi tesori. Durante i
lunghi anni della costruzione la mortalità fu altissima, tanto che fin da allora
si disse che la Grande Muraglia era
stata costruita su ossa umane. Oggi solo pochi tratti della muraglia sono praticabili e quello meglio restaurato è a
circa 80 km da Pechino. Migliaia di cinesi affollano queste mura ogni giorno, attirati anche dal fatto che sulla
Grande Muraglia si sono intrecciate
nel corso dei secoli una serie di leggende e di storie di magia e di spiriti.
Ai due estremi della muraglia sono
poste due lapidi: quella all’inizio dice
semplicemente “Il cielo fece il mare e
le montagne”, quella alla fine recita
“Baluardo guerriero di tutto ciò che è
sotto il Sole”. In realtà, sul piano militare questa gigantesca opera non servì
praticamente a nulla, perché non riuscì ad arginare le continue scorrerie
delle tribù nomadi provenienti da
nord. Oltre alla difficoltà, infatti, di
proteggere una frontiera fortificata
lunga 2400 km, si deve considerare
che la Grande Muraglia non mostrava
in ogni sua parte uguale compattezza.
In certi punti, anzi, era soltanto costituita da un terrapieno formato da terra di riporto trovata sul luogo e ricoperta sui fianchi di pietre e mattoni. Si
spiega così perché Marco Polo – il
mercante e viaggiatore veneziano che
si recò in Cina alla fine del XIII secolo
d.C. – non ne abbia mai fatto cenno
nella sua celebre opera Il Milione. Recandosi in Cina alla corte dell’imperatore mongolo Kubilai Khan, Marco
Polo attraversò la regione del Gobi,
dove la muraglia non era per nulla imponente, e, probabilmente, non ne rimase così impressionato da ricordarla
nei suoi scritti.
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