Francesco Fiorentino
FRANCESCO FIORENTINO
Francesco Fiorentino, una vita breve, ma intensa, vissuta pienamente attimo per attimo, è uno dei
tanti uomini grandi che il nostro Sud ha elargito a piene mani, quasi che l’antica Mater
Mediterranea e il retaggio culturale della Magna Grecia abbiano lasciato un segno profondo ed
indelebile nelle generazioni.
Nacque a Sambiase, in provincia di Catanzaro, il 1° maggio 1834, il padre Gennaro, farmacista, la
madre casalinga, affidarono l’educazione del piccolo Francesco al prozio materno, teologo e valente
latinista, Giorgio Sinopoli e allo zio Bruno, fratello della madre, il quale giovanissimo fu parroco a
Maida. Nel novembre 1848 cominciò i suoi studi nel seminario di Nicastro, frequentato anche da
coloro che non si indirizzavano alla vita ecclesiastica.
Vi giunse già esperto di lingua latina, infatti faceva parlare di sé per la straordinaria capacità di
leggere, tradurre e interpretare qualsiasi passo latino gli capitasse sottomano. Lettore attento della
filosofia del Capocasale, professore di logica e metafisica nella Regia Università degli Studi di
Napoli.
Vissuto fin dai primissimi anni in un ambiente di cultura, che egli aveva avidamente assimilato,
manifestava una tendenza al sapere sempre più decisa, un forte desiderio di conoscere,
un’infaticabile fame di lettura.
Dopo tre anni trascorsi nel seminario, tornò a Sambiase per continuare gli studi sotto la guida degli
zii fino a diciannove anni.
Maturò una profonda e varia cultura dai forti interessi speculativi, dai quali non riuscivano a
distoglierlo neppure gli studi giuridici portati a termine presso l’Università di Catanzaro, una delle
tante università di provincia voluta dai Borboni per decentrare l’Università di Napoli.
A Catanzaro, infatti, cominciò ad insegnare privatamente lettere e filosofia e ben presto si impose
per la sua preparazione. Intanto iniziava la lettura del Giuberti che si sostituì al Galluppi e al Cousin
letti ed amati durante l’adolescenza: fu completamente conquistato dal suo pensiero: filosofo,
religioso, rivoluzionario, il Gioberti gli faceva intravedere i riflessi della filosofia nordica, sebbene
filtrata attraverso la sua concezione cristiana e cattolica, mentre poneva all’attenzione della pubblica
opinione il problema politico nazionale, fino ad allora patrimonio esclusivo de sette ed associazioni
segrete. Alle notizie dei successi piemontesi della seconda guerra d’indipendenza scrisse le sue
poesie patriottiche: oltre l’amore per lo studio, l’amore per la patria segnò quegli anni tanto che,
nonostante gracile e miope, decideva di partecipare attivamente alla lotta per l’Unità d’Italia e nel
1860 fu con i Garibaldini a Calderaio e Saveria Mannelli.
La fama di Francesco Fiorentino cominciò a divulgarsi dal momento in cui venne nominato con
Decreto del dicembre 1860 lettore di filosofia nel Regio Liceo di Spoleto. Nel 1861, venne
trasferito a Maddaloni: voleva essere più vicino a Napoli, dove cominciava a frequentare le
biblioteche per la stesura del suo primo libro: il Panteismo di Giordano Bruno, che gli procurò la
cattedra universitaria a Bologna.
Nel 1870 venne eletto deputato al Parlamento nel Collegio di Spoleto; nel 1871 sposò in Bologna
Restituta Trebbi che lo rese padre di quattro figli. Nel novembre dello stesso anno fu professore di
Filosofia della Storia a Napoli e nel 1883, morto Bertrando Spaventa, gli succedette
nell’insegnamento di Filosofia Teoretica. Moriva a Napoli il 21 dicembre 1884.
Francesco Fiorentino fece della sua filosofia uno stile di vita, cercando in essa l’approdo alla sua
inquietudine, la strada da percorrere per giungere alla libertà.
Condusse i suoi studi con determinazione, quasi in solitudine, spinto dal suo desiderio di
conoscere e di comprendere, sorretto dalla certezza che solo nel dubbio e nella ricerca della
conoscenza c’è riscatto e catarsi.
E’ in questa economia di vita che si dipana il suo pensiero filosofico, che a prima vista appare
stigmatizzato da stridenti contraddizioni, che fanno di lui un polemista per natura, un
anticonformista che spinse all’estremo limite le istanze polemiche di quegli anni che vedevano
rinascere in Italia il gusto per la filosofia.
Fu liberale ad oltranza; sostenitore accanito del laicismo in ogni campo della conoscenza; contrario
ad ogni forma di misticismo e di dogmatismo. Volle che la realtà non avesse segreti, né
nascondimenti e andò innanzi con serenità e determinazione, scoprendo nelle contraddizioni il
segno palese della verità della vita.
Allorchè si andò affermando una nuova fede nella natura umana, cercò ci crearsi un mondo di nuovi
valori da sostituire a quelli trascendenti: si rivolse alla Grecia, della quale esaltò gli ideali e la
serena armonia delle forme.
Quel mondo “commuove la fantasia a rappresentarsi la natura come vivente in corrispondenza
visibile con l’uomo, come nata insieme con lui e per lui. Questa compenetrazione intima e perfetta
della natura e dello Spirito, della realtà e della idealità non si verifica così puntualmente altrove; e
perciò qui vi nacque propriamente il mito, questa splendida creazione della fantasia umana nel
primo rigoglio della sua gioventù. Schelling con una stupenda metafora chiamò la facoltà
mitopoietica la fata Morgana dello Spirito” (Scritti varii, Napoli, Morano, 1876, pag. 364) andava
così elaborando una sua ideologia su cui fondare il convincimento di una religiosità immanente che,
con il Bruno, amava definire “Ansia di infinito”, convinto che le risposte che la Filosofia dà ai
problemi dell’uomo debbono essere indipendenti e distinte da quelle della Religione in quanto mai
definitive, ma matrici di altri problemi. Delineò la sua posizione nei confronti del rapporto
Filosofia-Religione nelle riflessioni sul Vico e sul concetto di provvidenza, che celebra la
razionalità degli uomini stessi, tanto che ebbe a dire “L a Provvidenza per Vico è tutta umana; è la
persuasione che noi ne abbiamo; sicchè ogni valore le perviene dalla nostra consapevolezza, non
dalla sua propria azione”.
Riconobbe la ragione umana come vera autrice della storia concetto che lo portò ad essere
innovatore della precettistica storiografica del tempo e anticipatore della metodologia moderna, che
privilegia il giudizio critico e il rigore ermeneutico, con cui intende scoprire il pensiero filosofico
latente nelle produzioni dello spirito umano. Passò ad una storiografia erudita, cercando di
assicurare alle sue ricerche una visione libera dell’uomo, della società, della storia tutta e di
coniugare impegno politico e tensione etica, intesi ed assicurare al singolo e alla comunità libertà di
scelta e di originalità.
Sulla scia di Bruno e di Vico pervenne alla convinzione che la storia non è fatta solo dalle teorie
della mente, né dipende da un progetto provvidenzialistico, ma è frutto delle cupidigie e delle
passioni degli uomini. Il divino e l’umano si ripropongono per questo come sintesi di una dualità
che trova nell’uomo il suo substrato: “Un solo Spirito, dunque, è divino e umano: umano quando si
travaglia nelle relazioni del finito; divino quando si aderge sin all’assoluto” (Scritti varii, op. cit.
pag. 235).
Trovare Dio come anima del mondo deve essere lo sforzo della ragione; al Dio del Medioevo, da
temere più che da amare, egli opponeva il Dio del Bruno, eternamente presente nello spirito, causa
immanente dell’infinita realtà ed affermava che la religione non comincia da Dio come un
capriccioso dono, ma si coglie storicamente come un sentimento “che si va dirozzando”, mentre la
teogonia è un dramma continuo per l’umanità tutta e di tutti i tempi.
E la liberazione dell’uomo viene dalla perfetta comprensione dell’Assoluto, che è opera della
ragione e non della sola fede, sebbene l’istanza della libertà storicamente sia sostenuta proprio dalla
religione e la filosofia scaturisca nel contesto di una esigenza di liberazione che ha sempre un
carattere religioso. Fiorentino fu dunque convinto assertore che nell’uomo convivono gli affetti del
cuore e l’ansia del conoscere, tanto che Giovanni Gentile nella sua opera “le origini della Filosofia
contemporanea in Italia” così scrisse di lui:
“Tra gli scrittori contemporanei di filosofia nessuno come il Fiorentino portò tanto calore di
sentimento, tanta ricchezza di individualità, tanta lirica negli scritti di filosofia; e il motivo,
variamente determinato nella forma logica, ma immutabile nella sostanza, è attinto sempre ad un
certo oscuro sentire la filosofia come fede, come guida della vita… Egli può dirsi perciò, nonostante
le sue incertezze, il poeta dell’Idealismo italiano; e questo afflato poetico dei suoi libri costituisce la
vera radice dell’amore che da giovani portammo al Fiorentino e dall’azione che egli esercitò sugli
animi nostri, attirandoci verso la filosofia come la cosa più degna cui si possa consacrare la vita
dell’uomo. E rappresenta il suo vero e maggiore valore. Ché, grazie alle sue doti di artista e di
maestro, la sua azione fu larga e poderosa; perché stette sempre sulla breccia, tutta la vita che gli
toccò di vivere nelle riviste e nei libri; scrivendo e insegnando, a inculcare quella sua ardente
religiosità indirizzata verso le cime dell’umano pensiero, che è a sua volta la cima dell’universo:
con ricostruzioni storiche, con infiniti saggi e discorsi e recensioni e critiche e polemiche, in cui il
suo spirito ora si acuiva e luccicava come spada, ora trascorreva impetuoso come forte vento
trascinando il lettore.”
Filosofo, storiografo, letterato, poeta, Francesco Fiorentino visse nella certezza che solo il
“Ragionare” può guidare l’uomo verso una vita autentica durante la quale “Esercitare la
giustizia ed ogni altra virtù e così vivere e morire” come afferma Platone nel Gorgia.
Ma l’uomo è tale ed è vivo solo per il suo filosofare, che gli permette di valutare il bene e il male, il
giusto e l’ingiusto, il vero e il falso; che lo porta a giudicare e a valutare la realtà e quindi la vita con
la quale può finalmente riconciliarsi; che lo aiuta a possedere la consapevolezza dei propri limiti e a
liberarsi delle proprie illusioni, delle proprie utopie.
La vera vita si esplica in questa tensione continua, in questa dialettica nella quale risiede la vitalità
dell’esistenza, in questa ansia che con Lessing ci fa dire “se Dio tenesse nella sua destra tutta la
verità e nella sua sinistra solo l’aspirazione perenne alla verità con la condizione di andare errando
per tutta l’eternità e mi dicesse: “Scegli!” io mi precipiterei umilmente alla sua sinistra dicendo:
“Padre ho scelto: la verità pura è per Te solo!”.
E questa continua tensione verso la verità non disgiunta da una profonda ansia di conoscenza e,
quindi di libertà è il messaggio autentico e sofferto di F. Fiorentino che deve essere trasmesso ai
giovani, affinché essi sappiano costruire il loro domani liberi da falsi preconcetti, da falsi ideali,
da sterili demagogie.
Prof. Bernardino Ceriello
LA NOSTRA STORIA
Tutti i battipagliesi devono al prof.r Italo Rocco, per l’interessamento che ha avuto nel fare istituire
una scuola media, nella popolosa area di Battipaglia.
L’attuale “Francesco Fiorentino” nacque come la prima scuola media statale a Battipaglia, anche se
inizialmente come sezione staccata della scuola media statale di Eboli.
Tutto ciò avvenne subito dopo la seconda guerra mondiale, fra gli anni scolastici 1947/48 e
1948/49.
Fu necessario un altro intervento del prof.r Italo Rocco per attrezzare del necessario la nuova scuola
media.
Lavorò tanto per reperire i fondi e comprare le varie suppellettili, visto che dal Comune non
ottenne i soldi occorrenti per le spese da sostenere per questa nuova scuola.
Con l’aumento della popolazione scolastica, fu facile chiedere ed ottenere l' autonomia.
Vista la continua crescita che registrava la nuova scuola media, i locali dati dal Comune non
bastarono e in breve tempo si ebbero delle succursali sparse nelle città di Battipaglia.
A questo punto da tutte le parti venne chiesto a gran voce una sede centrale ampia ed accogliente,
per ospitare tutte le classi sparse sul territorio e per avere anche dei laboratori, in modo da dare
impulso a tutte quelle attività extra.
Tutto questo avvenne negli anni Sessanta e da allora che questa scuola si è sempre caratterizzata per
la drammatizzazione, per i laboratori linguistici, artistici, tecnici, musicali, scientifici, multimediali
ed altro.
I presidi che in questi sessant ‘anni di autonomia si sono avvicendati con tanto entusiasmo sono:
1. ADRIANA COSTANZO 1950-1960
2. ANTONIO CESTARO 1960-1963
3. ENRICO TUCCI
1963-1964
4. VITO GIOIA
1964-1983
5. GUIDO MONACO
1983-1984
6. ALDO GIUSTI
1984-1985
7. ADRIANO D’AMBRISI 1985-1996
8. EMILIO PANNULLO
1996-2003
9. MIRIAM D’AMBROSIO 2003-2010
10. EZILDA PEPE
2010-2011
11. ROCCO SILVANA
2011-2012(reggente)
12. AVOSSA MARIA
2012-2013
13. VODOLA MARIA
2013-2015
14. PALO DARIO
2014- A TUTT’OGGI